Università degli Studi di Napoli “Federico II” - Cambridge X

Università degli Studi di Napoli
“Federico II”
Facoltà di Scienze MM. FF. NN.
Corso di Laurea Specialistica in Fisica - Indirizzo Astrofisico
Tesina di Astrofisica
BUCHI NERI SUPERMASSICCI
NEI NUCLEI GALATTICI ATTIVI
Relatori:
Candidato:
Prof. Giuseppe Longo
Anno accademico 2005-2006
Ciro Pinto
Matr. 358/000027
Figura 1: Espulsione di materia e radiazioni dalla gigante ellittica M87
Figura 2: Cygnus A alla lunghezza d’onda di 6 cm
1
Indice
1 Introduzione
3
2 La ricerca di Buchi Neri Supermassicci
2.1 Motivazioni dell’esistenza di SMBH . . . . . . . . .
2.2 Ricerca di Buchi Neri Supermassicci . . . . . . . . .
2.3 Metodi basati sulla dinamica stellare . . . . . . . .
2.4 Metodi basati sulla dinamica del gas . . . . . . . .
2.4.1 Emissione nell’ottico . . . . . . . . . . . . .
2.4.2 Spettroscopia Radio di MASER . . . . . . .
2.4.3 Determinazione di masse centrali nei Nuclei
Galattici Attivi . . . . . . . . . . . . . . . .
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6
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. . . . . . 11
3 Correlazione tra bulge e BH
3.1 Correlazioni nelle galassie ellittiche . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Correlazioni nelle galassie a disco . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Buchi neri nelle galassie lontane . . . . . . . . . . . . . . . . .
15
15
17
18
4 Evoluzione del BH e formazione della galassia: conclusioni 20
4.1 Effetti dei BH sulla struttura della galassia . . . . . . . . . . . 20
4.2 Conclusioni e Prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
A Modello Standard per l’Accrescimento in BH
23
A.0.1 Luminosità del disco di accrescimento di un BH . . . . 23
A.0.2 La luminosità critica di Eddington . . . . . . . . . . . 24
B Il modello unificato degli AGN
26
B.0.3 Quasar ”morti” in galassie vicine . . . . . . . . . . . . . 26
B.0.4 Il Modello Unificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
Bibliografia
31
2
Capitolo 1
Introduzione
In questo lavoro si riflettono le motivazioni e la ricerca dei buchi neri supermassicci (BH) nelle galassie. L’attività energetica del nucleo di talune
galassie comporta evidenze indirette della presenza di BH, che provvedano
ad alimentare alcuni fenomeni: emissioni smisurate di radiazioni X, radio,
γ, etc. provenienti dai nuclei di galassie per cui dette ”attive” (sono compresi AGN, QSO, Seyfert, maser, blazar). La spiegazione più plausibile di
questi fenomeni si riferisce ad un buco nero supermassiccio di massa di circa
106 − 109 M¯ , attorno al quale si formi un disco di accrescimento capace di
emettere l’energia osservata.
Le mappe demografiche di questi oggetti hanno condotto alle seguenti
conclusioni:
• La massa del BH correla con la luminosità della componente sferoidale
della galassia ospite, in media la massa del BH costituisce lo 0.13%
della massa del bulge o pseudo-bulge.
• La massa del BH correla con la dispersione della velocità media del
bulge nel suo raggio efficace.
• La massa del BH non correla con la luminosità dei dischi di spirale;
inoltre in questo caso la MBH è molto minore dello 0.13% della massa
del disco.
Alcuni miliardi di anni dopo il Big Bang l’Universo è passato attraverso
l’era dei quasar quando i nuclei galattici di alta-energia erano 10, 000 volte più
numerosi di oggi. Adesso i quasar sono diventati molto rari, e non sono più
comuni quelli di media luminosità come le galassie Seyfert. L’unica attività
che persiste ancora in alcune galassie è molto debole.
3
L’idea che i nuclei galattici attivi (AGN) sono alimentati da dischi di
accrescimento attorno a buchi neri supermassicci è basata su argomentazioni
teoriche che risalgono ai primi anni ’60 (Zel’dovich 1964, Linden-Bell 1969,
Rees 1984, Begelman et al. 1984, Blandford 1990): BH che accrescono stelle e
gas, così capaci di trasformare energia potenziale gravitazionale in radiazione.
Un’ampia serie di evidenze e osservazioni incisive ne hanno fondato l’ipotesi. Tra le più recenti possiamo menzionare la variabilità su tempi scala molto
brevi e l’emissione di getti superluminari, i quali suggeriscono che il ”motore”
dell’AGN debba essere relativisticamente compatto. Inoltre la scoperta di
quasar che verificano il valore teorico predetto di 106 − 109.5 M¯ e dell’aumentare del loro numero col redshift (e cioè con la distanza), fa supporre
che ci possano essere quasar ”morti”, o meglio dormienti, nascosti in molte
galassie vicine.
Struttura dell’articolo
Il lavoro è strutturato nel seguente modo:
Nel Capitolo2 si discutono le motivazioni per la ricerca dei buchi neri
supermassicci all’interno delle galassie attive. Quindi si passa allo studio
dei metodi di ricerca basati sulla dinamica delle stelle, del gas e di altro
materiale che prende parte nel disco di accrescimento attorno al SMBH. Lo
scopo finale sarà quello di riuscire a dare delle stime di masse centrali tramite
argomentazioni valide.
Nel Capitolo3 si passano in rassegna le possibili correlazioni che riguardano
la massa del BH con alcuni parametri tipici della galassia che lo ospita, come
ad esempio la massa e la dispersione di velocità del bulge, etc. Un pò di
attenzione sarà preservata per i possibili effetti di selezione.
Nel Capitolo4 si utilizzano i risultati riportati nei capitoli precedenti
per cercare di legare il processo di evoluzione di un SMBH col processo
di formazione della galassia ospite. Infine si daranno alcune conclusioni e
prospettive varie nel campo di ricerca dei SMBH.
Nell’ Appendice A viene riportato il modello standard per l’accrescimento
in BH, in quanto i risultati di tale teoria sono decisivi per lo studio e la ricerca
di BH; in particolare viene riportata la derivazione classica della luminosità
critica di Eddington, che rappresenta un pilastro fondamentale nella teoria
degli AGN.
Nell’ Appendice B ho esposto il discorso appena accennato nell’introduzione sull’ipotesi secondo la quale si possono nascondere dei quasar spenti
nelle galassie vicine. Successivamente ho scelto di esporre le linee guida del
modello unificato dei Nuclei Galattici Attivi, in quanto non ho citato le varie
caratteristiche fisiche degli AGN studiati in questo articolo; lo scopo dell’ar4
ticolo è stato infatti quello di utilizzare i dati presenti per ricavarne delle
evidenze osservative per indagare sul ruolo occupato dai SMBH nei processi
di formazione delle galassie.
Nella figura sottostante si evidenziano i possibili canali di evoluzione che
possono condurre alla formazione di buchi neri supermassicci ed i vari stadi
finali alternativi.
Figura 1.1: Schema di formazione di un SMBH.
5
Capitolo 2
La ricerca di Buchi Neri
Supermassicci
2.1
Motivazioni dell’esistenza di SMBH
I Buchi neri sono divenuti un ingrediente necessario per l’astronomia extragalattica dalla scoperta dei quasar (Schmidt,1963). Si tratta di oggetti celesti
molto lontani dotati di spaventose emissioni in particolare nel radio, da cui
appunto il nome ”quasi-stellar-radio-source”. L’energia emessa nella sola banda del radio è E ∼ 1054 J, da cui E = mc2 implica E ∼ 107 M¯ . Un’origine
nucleare è implausibile, in quanto le reazioni nucleari hanno un’efficienza dello 0.7%, per cui servirebbe una massa di circa 109 M¯ ; tuttavia la variabilità
dei quasar implica un diametro 2R . 1013 m e quindi un energia potenziale
gravitazionale GM 2 /R ∼ 1055 J. Il grosso dell’energia è prodotta dalla semplice contrazione ed il contributo nucleare è praticamente irrilevante; motivo
per il quale un BH rappresenta l’unica alternativa plausibile. Un’altra alternativa potrebbero essere le esplosioni di supernova, ma la collimazione dei
getti radio dei QSO (fino ad oltre 106 pc), suggerisce la necessità di buche di
potenziale relativistiche (Begelman,1995).
2.2
Ricerca di Buchi Neri Supermassicci
La ricerca dei SMBH è stata incrementata notevolmente con l’avvento del
Hubble Space Telescope (HST), della radio VLBI e dello spettrografo SIS, che
hanno permesso di ottenere immagini con precisione sempre maggiore.
Tra i casi più evidenti di BH figura la nostra galassia, basato sulle osservazioni delle velocità di un ammasso di stelle alla distanza di 000 .5 = 0.02pc
dalla sorgente radio centrale di Sgr A*. Le stelle più veloci si muovono ad una
6
velocità di 1350 ± 40 km s−1 , con un periodo dell’ordine della vita umana,
che corrisponde ad una massa centrale M• = (2.6 ± 0.2) × 106 M¯ . Il fatto
che tale massa debba trovarsi in una regione così piccola costringe anche a
scartare la possibilità di un eventuale ammasso di resti di stelle, come BH
stellari, stelle di neutroni e nane bianche, in quanto un ammasso siffatto
sarebbe troppo instabile. Un procedimento simile si applica anche a galassie
purché non siano troppo distanti, come M31 (Andromeda), M32, etc.
Alle grandi distanze, cioè da Virgo in poi, lo studio della dinamica del
gas ionizzato nelle regioni centrali gioca un ruolo determinante; tra i casi
più eclatanti figura M87 con M• ∼ 109 M¯ . Inoltre non bisogna trascurare il
contributo dovuto allo studio dei masers, come ad esempio NGC 4258 in cui
si stima esserci un BH di massa M• ∼ 107 M¯ .
In genere si preferisce la dinamica stellare, in quanto la dinamica del gas
è affetta anche da forze di origine non gravitazionale (per es. forze di pressione); tuttavia si è riscontrato un moto kepleriano nei dischi di accrescimento
consistente con le incertezze, e le mappe demografiche ottenute dai diversi
tipi di dinamica mostrano le stesse correlazioni.
2.3
Metodi basati sulla dinamica stellare
In genere le caratteristiche fotometriche non possono essere considerate indicatori della presenza di un SMBH nel centro della galassia, infatti abbiamo
visto che altre sorgenti sono in grado di generare fenomeni simili (es. ammassi compatti stellari). La risalita kepleriana verso il centro della dispersione
di velocità σ(r) ∝ r−1/2 costituisce una robusta predizione per una varietà
di modelli dinamici contenenti all’interno un oggetto massivo oscuro (MDO).
Un esempio è costituito da M87 in cui tali modelli prevedono una ”dark mass”
di circa ∼ 5 × 109 M¯ .
L’andamento radiale della massa può essere espresso dal primo momento
delle velocità dell’integrale di Boltzmann acollisionale,
·
¸
σφ2
V 2 r σr2 r
dlnν dlnσr2
σθ2
M (r) =
+
−
−
− (1 − 2 ) − (1 − 2 ) ,
(2.1)
G
G
dlnr
dlnr
σr
σr
dove V è la velocità di rotazione, σr e σθ con σφ sono le componenti rispettivamente radiali ed azimutali della dispersione di velocità, mentre ν è la densità
del campione di popolazione. Qui abbiamo ipotizzato una distribuzione di
massa a simmetria sferica, una rotazione media circolare ed una densità di
materia proporzionale alla densità di luminosità (M/L indipendente da r).
Bisogna dire che però gli effetti dell’anisotropia in certi casi possono complicare di molto la derivazione della M (r): i fattori moltiplicativi del termine
7
riferito alla dispersione possono cancellarsi; per questo motivo galassie come
M32 forniscono misure di MBH più precise di galassie del tipo M87.
Le nuove osservazioni tramite HST hanno svolto un ruolo decisivo, grazie
a nuove strumentazioni che hanno permesso di incrementare la risoluzione
angolare di un ordine di grandezza rispetto alle misure da terra. In tutti i
casi si notano ulteriori aumenti nella dispersione di velocità e nella velocità
di rotazione per distanze dal centro sempre più piccole (vedi fig2.1). In
particolare il Faint Object Spectrograph (FOS) ha permesso di rivelare le
ali del profilo di velocità lungo la linea di vista (LOSVD), che nel caso di
NGC 3115 si estendono fino a valori prossimi a 1200 km s−1 . Questi risultati
incrementano il nostro livello di confidenza secondo cui i MDO debbano essere
dei SMBH.
Figura 2.1: Dati cinematici per NGC 3115 per vari modelli, nel pannello di sinistra
vi sono i migliori dati presi da terra, mentre a destra gli stessi dati presi da HST,
si noti che V e σ salgono molto più velocemente col raggio nei dati di HST.
La formula per la LOSVD è stata calcolata più volte (Bender 1990, Gerhard 1991, Van der Marel 1994), il profilo gaussiano che fa uso di uno sviluppo
in polinomiali di Gauss-Hermite Hi risulta
Ã
·
¸
·
¸!
n
X
γ
v
−
V
2
2
, (2.2)
LOSV D(v) = √
e(v−V ) /−2σ 1 +
hi Hi ·
2
σ
2πσ
i=3
dove γ è la forza della riga, se h3 < 0 la LOSVD ha una potenza superiore di
V , se h4 < 0 allora la LOSVD è più quadrata di una Gaussiana, altrimenti è
più triangolare du quest’ultima. Il coefficiente h4 è legato all’anisotropia della
8
velocità: modelli tangenzialmente anisotropi hanno h4 < 0, mentre modelli
radialmente anisotropi hanno i genere h4 > 0.
Bisogna sottolineare che la curva di rotazione scala sempre seguendo il
valore asintotico di V ; da qui si può ricavare il rapporto globale M/L, che
comporta una correzione di circa 8% del valore precedentemente ricavato dal
moto ordinato dipendente da V (r).
Un altro caso importante di derivazione della massa di un BH è quello
relativo alla nostra galassia, situato nelle regioni centrali di Sgr A*. Misure
accurate hanno evidenziato un aumento statistico nella dispersione di velocità
radiale tra 5 e 0.1 pc dal centro dinamico. Se assumiamo una distribuzione
di velocità isotropa, le osservazioni richiedono una massa M• ∼ 3 × 106 M¯
in una regione sottile di raggio r = 0.1pc con M/LK ≥ 100; si ottiene quindi
una densità di circa 109 M¯ pc−3 , che suggerisce fortemente la presenza di un
buco nero supermassiccio. A queste conclusioni ci si è potuti arrivare per
mezzo di accurate misure di moti propri di stelle all’interno della regione
centrale (1 pc), utilizzando le mappe astrometriche ad alta risoluzione della
banda K (Genzel, vedi fig2.2).
Figura 2.2: Immagini dell’ammasso di stelle che circondano Sgr A* (indicata
da una croce) alle epoche indicate. le frecce nel pannello di sinistra mostrano
approssimativamente la posizione in cui si sono spostate le stelle del pannello di
destra. La stella S1 ha un moto proprio totale di ∼ 1600kms−1 . (Eckart & Genzel,
1997, M.N.R.A.S.)
Ancora Genzel e collaboratori hanno stimato nel 1997 una massa M• '
2.61 × 106 M¯ all’interno di 0.006pc; per cui la densità raggiunge lo stupefacente valore di almeno 2 × 1012 M¯ pc−3 , che non lascia via di scampo alla
conclusione secondo cui trattasi di un SMBH. Un ulteriore supporto è cos-
9
tituito dalla rivelazione di molte stelle a circa 0.01pc dalla sorgente radio
centrale di Sgr A*, che si muovono a velocità superiori ai 1000 km s−1 .
2.4
Metodi basati sulla dinamica del gas
La cinematica del gas è molto più semplice da interpretare se il gas è in rotazione kepleriana, ma ci sono alcune complicazioni. Innanzitutto la dinamica del gas è affetta anche da contributi di natura anche non gravitazionale,
come ad esempio pressione di radiazione, venti, campi magnetici, shock, etc.
In seconda istanza non è detto che il gas si trovi in equilibrio dinamico, per
cui bisogna prima verificare che il gas si trovi in un moto effettivamente
kepleriano.
2.4.1
Emissione nell’ottico
Negli ultimi anni l’incremento della risoluzione di HST ha permesso di scoprire non pochi esempi di dischi nucleari costituiti da polveri e gas ionizzati.
I tipici dichi nucleari hanno diametri compresi tra 100 e 300pc; nel caso in
cui sono presenti dei getti, l’asse minore del disco risulta allineato con la
direzione del getto (es. M87, NGC 3115, M81, vedi tabella in fig2.6).
Il primo oggetto studiato per determinare la massa centrale tramite il
suo disco nucleare di gas è stato M87. Lo spettrografo FOS ha ottenuto
spettri in diverse zone del disco, misurando differenze nella velocità di circa
±1000 km s−1 alla distanza do 000 .25 ovvero 18pc dal nucleo (vedi fig2.3). Se
si adotta un angolo di inclinazione di 42◦ , che è stato misurato da Ford et al.
nel 1994, le velocità sono consistenti con un moto kepleriano attorno ad una
massa centrale di (2.4 ± 0.7) × 109 M¯ , dove abbiamo supposto M/LV ≈ 500.
Una tale massa concentrata in una zona così stretta è consistente con l’ipotesi
di un BH supermassiccio posto al centro del nucleo. Inoltre osservazioni più
recenti si sono spinte in regioni più interne al disco nucleare (r = 000 .05, 3.5pc),
con l’angolo di inclinazione i = 52◦ ed M/LV & 100, ottenendo una massa di
(3.2 ± 0.9) × 109 M¯ distribuita in un raggio di ∼ 5pc; si ha cosi una densità
∼ 107 M¯ pc−3 .
2.4.2
Spettroscopia Radio di MASER
In alcune galassie con nuclei attivi sono state rivelate luminose emissioni alla
frequenza 22−GHz da maser d’acqua. Un esempio è costituito da NGC 4258
in cui si sono misurate differenze di velocità di ±900 km s−1 . Tale spettro può
essere interpretato come l’emissione di un sottile disco kepleriano in rotazione
10
Figura 2.3: Curva di rotazione delle righe di emissione nell’ottico per il disco
nucleare in M87.
attorno ad una massa ∼ 107 M¯ ; questa ipotesi è giustificata da osservazioni
tramite la VLBA di Miyoshi et al. (1995) che hanno mostrato come l’emissione provenga da un sottile anello di raggio compreso in 0.13 − 0.26 pc (vedi
fig2.4); ciò corrisponde ad una densità di almeno 4 × 109 M¯ pc−3 .
2.4.3
Determinazione di masse centrali nei Nuclei
Galattici Attivi
Un metodo per interpretare le righe di emissione di AGN è quello costituito
dall’analisi di righe provenienti dalla cosiddetta ’broad-line region’ (BLR),
una sottile e densa regione molto distante molto meno di un parsec dalla
regione centrale. La stima della massa segue dalla relazione
M• = η
ν 2 rBLR
,
G
(2.3)
in cui il fattore η ≈ 1 − 3 dipende dal modello cinematico adottato.
Il raggio della BLR viene stimato da considerazioni sulla variabilità della sorgente: l’emissione continua nell’ottico e nell’ultravioletto varia tipicamente su tempi scala che vanno da pochi giorni ad alcuni mesi. Anche le righe
di emissione seguono lo stesso periodo, ed il ritardo temporale corrisponde
11
Figura 2.4: Emissione del maser H2 O in NGC 4258 (Miyoshi et al.1995).
al cammino della luce dalla sorgente continua al gas emettitore di righe. Le
mappe di riverberazione sono utili per stimare il raggio della BLR pesato in
luminosità.
Se l’ampiezza delle righe di emissione della BLR riflettono i moti di natura
gravitazionale, allora è possibile ricavare la massa viriale, che, nell’ipotesi di
nubi in moto random, risulta
ν 2 rBLR
.
(2.4)
G
Se invece si suppone un moto in caduta il valore della massaÏ inferiore di un
fattore 2. La scelta più indicata per la ν sembra essere ν = 3/2 FWHM, la
piena ampiezza a metà del massimo di una riga ’ampia’ rappresentativa. In
genere le righe della BLR hanno ampiezze diverse, spesso conviene scegliere
quale usare la riga che presenta una maggiore statistica, come ad esempio la
riga Hβ (vedi tabella in fig2.5).
Un ulteriore metodo di ricerca e di misura di masse centrali è basato
dall’anilisi delle broad line Kα del ferro a 6.4Kev, che rappresenta la componente dei raggi X duri nello spettro degli AGN. Si pensa che sia dovuta a del
materiale freddo in un disco di accrescimento attorno ad un SMBH; infatti
la riga Kα presenta uno moto Doppler corrispondente a velocità prossime
a ∼ 100.000 km s−1 ovvero 0.3c. Tale valore è consistente con un disco di
raggio 6rS . Altri meccanismi capaci di generare un tale profilo sono possibili,
ma implausibili, per cui un SMBH resta l’unica valida alternativa.
M• =
12
Figura 2.5: Tutti i nuclei di galassie Seyfert 1 sono studiate tramite mappe di
riverberazione della riga Hβ ; nella (4) vi è la magnitudine totale apparente; nella
(5) il rapporto tra la luminosità del bulge e la luminosità totale; (6) magnitudine
assoluta nel blue del bulge; (7) ritardo misurato in giorni tra il continuo e le righe
di emissione Hβ ; (8) F W HM della broad line Hβ ; (9) massa viriale derivata da
rBLR e F W HM .
13
Figura 2.6: Nella parte alta della tabella figurano i metodi di rivelazione per BH
basati sulla dinamica stellare, nella parte intermedia i metodi basati sulla dinamica
del gas ionizzato ed in basso la dinamica dei maser. Nella colonna (5) è riportata la
dispersione di velocità della galassia; in colonna (7) il raggio della sfera d’influenza
del BH.
14
Capitolo 3
Correlazione tra bulge e BH
3.1
Correlazioni nelle galassie ellittiche
Le mappe demografiche dei BH sono importanti per risolvere una grande
varietà di fenomeni astrofisici; in particolare le correlazioni emergenti possono
aiutare molto se trattate prestante attenzione ad eventuali effetti di selezione.
La figura 3.1a mostra la correlazione tra la massa del BH e la luminosità
del bulge della galassia ospite, un test dei minimi quadrati dà la relazione
¶1.08
µ
LB,bulge
8
M• = 0.78 × 10 M¯
(3.1)
1010 LB¯
Da cui essendo M/L ∝ L0.2 , risulta che la massa del BH è proporzionale alla
0.90
massa del bulge: M• ∝ Mbulge
.
La figura 3.1b mostra invece la correlazione tra la massa del BH e la
dispersione di velocità pesata σe nel raggio efficace re . Qui ancora i minimi
quadrati forniscono la relazione
³
´3.65
σe
M• = 1.3 × 108 M¯
.
(3.2)
200 km s−1
Lo scarto nella relazione M• −MB,bulge è piuttosto grande, infatti per un dato
valore di MB,bulge c’è un range di due ordini di grandezza per la M• . Inoltre
bisogna chiedersi se tale correlazione sia reale oppure costituisca un inviluppo
superiore causato da effetti di selezione, per esempio galassie ellittiche giganti
sono molto rare e lontane, e buchi neri non molto massivi non sono facili da
trovare a grandi distanza (dove si trovano le galassie giganti), ma questa
ipotesi sembra implausibile.
In contrasto lo scarto nella correlazione M• − σe è piccolo, galassie che
prima erano discrepanti adesso non lo sono più.
15
Figura 3.1: Correlazione della massa del BH con la magnitudine assoluta del
bulge (sinistra) e con la dispersione della velocità misurata all’interno del raggio
efficace del bulge. In entrambi i pannelli i cerchi corrispondono a metodi basati
sulla dinamica stellare, i quadrati a dinamica di gas ionizzato, e i triangoli alla
dinamica dei dischi di maser. Le tre tecniche verificano le stesse correlazioni.
Entrambe le correlazioni mostrano che c’è una stretta connessione tra la
crescita del BH e la formazione della galassia; in effetti la massa del BH è
determinata in parte dal carburante disponibile e quindi connessa alla massa
totale del bulge.
La massa del bulge è proporzionale ad σe2 re /G, per cui un buco nero che
soddisfi la correlazione M• −σe presenterà delle discrepanze nella correlazione
M• − σe2 re se re ha un valore diverso dalla norma. In altri termini la massa
di un BH è direttamente connessa a come si forma il bulge.
Questo importante risultato fornisce non poche informazioni relative al
tempo nel quale i tipici BH accrescono la loro massa, in generale ci sono tre
possibilità: (1) i BH si sono evoluti prima che la galassia si sia formata e
ne hanno regolato la formazione, (2) la crescita del BH è avvenuta durante
il processo di formazione della galassia, (3) la maggior parte della massa è
stata accresciuta dopo la formazione della galassia dal gas nel bulge. Recenti
ricerche hanno mostrato come l’alternativa (2) sia la più probabile in quanto
nella maggior parte dei casi gli eventi di merging o di dissipazione che formano
i bulge sembrano gli stessi eventi che permettono ai quasar di irraggiare.
16
Figura 3.2: Nel pannello a sinistra vi è la stessa correlazione della figura 3.1;
nel pannello di destra il plot della massa del BH vs la magnitudine assoluta della
galassia ospite. Simboli chiusi rappresentano le ellittiche, simboli aperti i bulge
delle galassie a disco, croci denotano galassie che non contengono bulge.
3.2
Correlazioni nelle galassie a disco
La mancata correlazione M• − Mdisk si nota quando si fa un plot dell’andamento della relazione tra la massa del BH e la massa totale della galassia
ospite (vedi fig 3.2). Tuttavia non bisogna commettere l’errore di ritenere
che nelle galassie spirali vi siano solo buchi neri necessariamente piccoli,
per esempio alcune di esse si sono mostrate essere galassie Seyfert, contenti
probabilmente un BH.
Il discorso fatto per i bulge delle galassie ellittiche si ripete nel caso delle
componenti sferoidali di galassie a disco, le correlazioni sono praticamente
consistenti. Tuttavia per i pseudo-bulge delle galassie a disco ci sono alcune
differenze osservative di carattere dinamico: (1) la dispersione di velocità è
più piccola di quella prevista dalla correlazione σ − MB di Faber-Jackson
(1976), (2) l’elevata velocità di rotazione rende lo sferoide isotropo, (3) la
struttura a spirale domina la parte sferoidale della galassia.
In genere i pseudo-bulge hanno una luminosità relativa bassa, ed è plausibile essendo fatti da dischi, ma per la loro bassa luminosità hanno una
normale massa di BH. In altre parole le osservazioni sono consistenti col fatto che la massa del BH è all’in circa lo 0.13% della massa del pseudo-bulge;
inoltre la presenza di BH molto piccoli indica che i relativi pseudo-bulge sono
tuttora in formazione.
17
3.3
Buchi neri nelle galassie lontane
La misura di masse di BH in galassie lontane è complicata a causa della
limitatezza nella risoluzione, infatti nei migliori casi le incertezze sono del
∼ 30%; per cui è possibile applicare modelli dinamici solo ad una piccola
cerchia di galassie sufficientemente risolte.
Nella figura 3.3 sono riportati i valori di MBH basati su modelli cinematici
(dinamica stellare), mappe di riverberazione e modelli di ionizzazione (gas in
dischi di accrescimento); le masse misurate sono consistenti con le correlazioni
precedentemente discusse.
La mappa di riverberazione sfrutta i ritardi temporali misurati tra le
variazioni di luminosità nel continuo dell’AGN e nell’emissione proveniente
dalla BLR. Ciascuno infatti è interpretato come il tempo impiegato dalla
luce per andare dal BH alla nube di gas che emette le righe. Si può quindi
stimare il raggio della BLR, mentre possiamo stimare la velocita dalla FWHM
delle righe di emissione; queste misure forniscono una massa M• ≈ V 2 r/G.
I risultati ottenuti sono soddisfacenti in quanto le mappe di riverberazione
sono in accordo con la correlazione M• − σe .
Figura 3.3: La correlazione M• − σe per metodi cinematici(simboli chiusi), mappe
di riverberazione(croci), e modelli di ionizzazione(segno +).
I risultati ottenuti sono importanti in quanto entrambe le tecniche basate
sulle mappe di riverberazione e i modelli di ionizzazione non necessitano di
18
risolvere spazialmente la regione centrale sotto l’influenza del BH. In altri
termini si possono applicare entrambe ad oggetti ad una distanza arbitraria,
e quindi si possono stimare masse di quasar finanche a z = 6. Ciò equivale a
misurare direttamente la crescita dei BH nell’universo.
Figura 3.4: log M• vs log LB (bulge) per gli oggetti in tabella2.6. L’incertezza
tipica sulle masse sono di un fattore ∼ 2. Simboli aperti denotano punti che
possono avere grosse incertezze a causa di incertezze in altre variabili. Le masse
derivate dalla dinamica stellare sono plottate come cerchi, quelle dalla cinematica
del gas come quadrati. Linee tratteggiate sono rette di uguale massa.
Bisogna tuttavia sottolineare che i risultati ottenuti in fig3.4 potrebbero
essere apparenti correlazioni causate da effetti di selezione. L’assenza di punti nell’angolo in alto a sinistra dovrebbe essere reale, in quanto non dovrebbe
esserci nulla che ostacoli la scoperta di un BH massivo in una piccola galassia. Viceversa potrebbe essere un artificio il vuoto in basso a destra, perché
piccole masse sono difficili da rivelare a grandi distanze. Serviranno in futuro
maggiori osservazioni atte a popolare il grafico e a risolvere il paradigma.
19
Capitolo 4
Evoluzione del BH e formazione
della galassia: conclusioni
Le osservazioni suggeriscono che la maggior parte degli eventi che formano
un bulge e le fasi principali della crescita del suo buco nero, quando esso
brilla come un AGN, sono gli stessi eventi. I processi tipici sono ad esempio
una serie di merging dissipativi che alimentano starburst ed AGN oppure la
lunghissima caduta del gas verso l’interno nei dischi, formanti pseudo-bulge
ed alimentando simultaneamente i loro buchi neri.
4.1
Effetti dei BH sulla struttura della galassia
Nel passato la ricerca dei BH è stata sempre disaccoppiata dagli studi delle
galassie, ma adesso che abbiamo constatato che l’evoluzione dei BH e la formazione delle relative galassie ospiti sono strettamente connesse ci proponiamo di affrontare i due campi di ricerca come ramificazioni di uno stesso braccio. Alcuni lavori recenti hanno portato a risultati sconvolgenti, citiamone
qualcuno.
1. Le galassie ellittiche triassiali evolvono rapidamente verso l’asimmetria se la buca di potenziale centrale sale abbastanza rapidamente, un
processo appunto possibile se vi è la presenza di un BH.
2. Alcune galassie ellittiche hanno un core con cuspide, cioè la distribuzione
di densità interrompe la legge di potenza esterna in prossimità del di
piccoli raggi per seguire leggi di potenza interne più basse; questo
fenomeni possono essere causati da BH binari che possono generare
quindi delle riduzioni di densità sufficienti ad interrompere il profilo di
densità.
20
3. I modelli dinamici con i tre integrali del moto forniscono la distribuzione
di orbite stellari attorno ad un BH; essi mostrano alcune differenze tra
le galassie con core e quelle con legge di potenza. Nelle galassie dotate
di core la dispersione di velocità tangenziale centrale σt è maggiore
della componente radiale σr , sinonimo che c’è una certa anisotropia
consistente con gli effetti di BH binari. Le galassie invece senza core
mostrano σt ' σr , che è più consistente con una crescita adiabatica di
un singolo BH tramite accrescimento di gas.
Ma saranno studi successivi a chiarire meglio questi paradigmi ed a gettare
le reti per nuove soluzioni e nuove relazioni tra i BH e la formazione delle
galassie.
4.2
Conclusioni e Prospettive
I futuro è molto promettente, infatti grazie ai nuovi accorgimenti pronti per
HST e le nuove strumentazioni permetteranno di misurare la massa dei BH
in galassie più distanti, fornendo un censimento più completo; la teoria dell’unificazione degli AGN si trova a buon punto; i nuovi satelliti rivelatori
di raggi X ed onde gravitazionali porteranno nelle immediate vicinanze del
raggio di Schwarzschild.
Tra i traguardi da raggiungere in un futuro prossimo menzioniamo quelli
più importanti ed urgenti:
1. La priorità è quella do popolare maggiormente ed in maniera più uniforme il diagramma relativo alla relazione M• − Mbul , per un ampio
range di luminosità, con lo scopo di derivare una funzione di massa per
i SMBH.
2. La relazione M• −Mbul offre qualche traccia di meccanismi di formazione
di SMBH, bisogna cercare di capire se e come una galassia trasforma
una frazione costante della massa del proprio bulge in un SMBH.
3. Comprendere le eventuali influenze del SMBH sulla struttura della
galassia che lo ospita. Per esempio tramite simulazioni ad N-corpi è
stato mostrato che una singolarità massiva nel centro di galassie triassiali distrugge le orbite stellari boxy, da cui si può perdere la simmetria assiale, anche in tempi scala relativamente piccoli. In altri termini la galassia potrebbe non auto-regolare il trasferimento di momento
angolare al gas dalle grandi alle piccola scale.
21
4. L’origine del core centrale; cioè capire perché le galassie ellittiche giganti hanno un profilo centrale di luminosità con una salita lenta, mentre in
teoria dovrebbero avere un profilo centrale con una cuspide pronunciata
(nel caso in cui ospitassero un SMBH).
5. A cosa è dovuta l’inattività, e quindi cosa si annida nei centri delle
galassie prossime alla nostra, e quindi nella Via Lattea stessa.
6. Distruzione mareale di stelle; nel senso che il tasso di distruzione di
stelle può essere usato per studi demografici dei buchi neri nell’universo.
22
Appendice A
Modello Standard per
l’Accrescimento in BH
A.0.1
Luminosità del disco di accrescimento di un BH
I getti emessi dai Nuclei Galattici attivi vengono prodotti dalla magnetosfera rotante del disco di accrescimento. Qui l’energia gravitazionale viene
convertita in energia termica e quindi in radiazione.
Per portare un oggetto di massa m dall’infinito ad un’orbita circolare
attorno ad un oggetto compatto di massa MBH , comporta
m v2
G MBH m
=
R
R2
(A.1)
L’energia di accrescimento risulta quindi:
Eacc = E∞ − ER =
·
¸
1
G MBH m
2
= 0−
mv −
=
2
R
1 G MBH m
1
=
= | Epot |
2
R
2
(A.2)
Diamo una stima dell’efficienza di accrescimento attorno ad un BH: consideriamo il raggio du Schwarzschild Rs = 2 G cM2 BH , allora la luminosità
risulta
R dm 2
d Eacc
=α
c,
Lacc =
(A.3)
dt
Rs d t
1
dove α = 1/4 e, considerati gli effetti relativistici, otteniamo Lacc ' 16
ṁc2 .
Per cui un grammo di materia darebbe una luminosità di ∼ 106 KW h.
23
Confrontato con l’efficienza del bruciamento dell’idrogeno nelle stelle, la
cui efficienza è tale che LH−burn ' 0.007ṁc2 , l’efficienza di un processo di accrescimento attorno ad un buco nero è decisamente maggiore, in altri termini
vale
·
¸
ṁ
45 erg
Lacc ' 4 × 10
(A.4)
s M¯ /yr
A.0.2
La luminosità critica di Eddington
La formula di Eddington da un limite superiore alla luminosità che può generare il disco di accrescimento; tale limite è dovuto all’aumento della pressione
di radiazione che allontana del materiale precedentemente in caduta sul BH,
la luminosità raggiunge una sorta di stallo.
Il flusso di energia attraverso la superficie di raggio si scrive
L
,
4πR2
F=
(A.5)
dove L è la luminosità. La pressione di radiazione è data da
Prad =
L
.
4πR2 c
(A.6)
Considerata la sezione d’urto Thompson (e− − p)
µ 2 ¶2
e
8π
= 6.65 × 10−25 cm2 ,
σT e− =
3 me c2
(A.7)
³
me
mp
´2
e trascuriamo la sezione d’urto p − p in quanto vale σT p =
· σT e−
Allora se la luminosità è molto elevata e quindi il campo di radiazione è
molto intenso, si può immaginare che la pressione di radiazione possa vincere
la forza gravitazionale locale. L’accrescimento termina quindi quando risulta
L
G MBH
σT e− =
· (mp me− ).
2
4πR c
R2
(A.8)
Si ottiene così la luminosità critica di Eddington, in breve limite di Eddington
4πc GMBH mp
σT e−
MBH erg
[
].
= 1.3 × 1038
M¯ s
LEdd =
(A.9)
Per esempio una galassia di Seyfert per cui risulta L ' 1042−45 erg/s, deve
contenere al suo interno un buco nero di massa MBH ' 109 M¯ .
24
Dalla (A.3) ricaviamo il tasso di accrescimento di Eddington
·
¸
M¯
−10 MBH
ṁEdd ' 5 × 10
.
M¯ yrs
(A.10)
Diamo adesso una stima della temperatura tipica di un disco di accrescimento, allora supponiamo che il materiale si sia spostato da una posizione
iniziale 2Rs ad un finale Rs , si ha così
1
LEdd = σB T 4 (4π Rs2 − π Rs2 )
2
' σB T 4 3π Rs2 ,
(A.11)
da cui si ottiene la temperatura
·
Tacc
MBH
' 3 × 10 K ·
M¯
7
¸−1/4
(A.12)
E’ da notare che l’esponente negativo impone che buchi neri più piccoli presentano dischi di accrescimento più caldi. Infine per un tipico AGN si ottiene
una temperatura Tacc ' 105 K, che corrisponde ad un’emissione di radiazione
nell’ultravioletto, tale valore è confermato dai dati sperimentali.
25
Appendice B
Il modello unificato degli AGN
B.0.3
Quasar ”morti” in galassie vicine
Le argomentazioni esposte nell’introduzione e nel capitolo2 a riguardo di possibili quasar dormienti nelle galassie vicine si possono porre in una veste più
quantitativa, affinché possiamo dare una stima della massa di BH: la popolazione dei quasar fornisce un integrale per la densità di energia comovente
dato da
Z ∞Z ∞
dt
u=
Φ(L, z)L dL
dz = 1.3 × 10−15 erg cm−3 ,
(B.1)
dz
0
0
dove Φ(L, z) è la densità comovente dei quasar di luminosità L di redshift z,
mentre t è il tempo cosmico.
Per un’efficienza ² di conversione in energia radiativa, si ha una stima per
l’equivalente densità di massa all’epoca presente, dato da
ρu =
u
= 2.2 × 104 ²−1 M¯ M pc−3 .
²c2
(B.2)
Se prendiamo in considerazione la densità di luminosità totale delle galassie,
ρg ' 1.4 × 108 h L¯ M pc−3 , dove H0 = 100 h km s−1 M pc−1 è la costante
di Hubble, allora risulta che una tipica galassia vicina (con luminosità media L∗ ' 1010 h−2 L¯ ) dovrebbe contenere un quasar dormiente di massa
M• ∼ 1.6 × 106 ²−1 h−3 M¯ . Siccome l’accrescimento in un BH ha in teoria
un efficienza di conversione in energia ² ∼ 0.1, e le migliori stime per il coefficiente di Hubble danno h = 0.71 ± 0.06, allora un tipico BH dovrebbe avere
una massa di circa 107.7 M¯ . Nelle galassie ellittiche nane i BH avrebbero
masse dell’ordine di 106 M¯ .
Come c’è da aspettarsi i quasar più lontani hanno masse molto più grandi.
Comunque bisogna sottolineare che un BH non può accrescere una quantità
26
di massa arbitraria per produrre un’altrettanto arbitraria quantità di energia.
Infatti per una data M• esiste un valore limite per il tasso di accrescimento
al di sopra del quale la pressione di radiazione, che risulta dall’elevata luminosità, spinge via la materia in accrescimento. Tale limite è chiamato ”Limite
di Eddington”, il relativo valore di luminosità vale L ∼ 1047 erg s−1 ∼ 1014 L¯ ,
esso richiede una massa M• & 109 M¯ . Riassumendo il range in cui può
variare la massa del BH vale M• ∼ 106 ÷ 109.5 M¯ .
B.0.4
Il Modello Unificato
I Nuclei Galattici Attivi si presentano in una varietà di fenomeni a dir poco
ampia: AGN che producono un’intensa emissione radio ed altri no, alcuni
hanno righe di emissione larghe nell’ottico, oppure un’alta polarizzazione
nell’ottico, altri ancora presentano una variabilità particolare, oppure hanno
intense emissioni nell X e nel gamma.
Ci sono vari modi per classificare AGN, alcuni di essi hanno differenze di
carattere evolutive; altri possono essere classificati in base alla loro variabilità,
mentre altri presentano fenomeni dipendenti dal diverso angolo sotto cui sono
osservati.
Galassie Seyfert
Queste galassie furono classificate per la prima volta da Seyfert (1943), tutte
producono intense righe proibite di emissione, come ad esempio [O III] e
[Ne V]. Tuttavia alcune di esse emettono anche large righe della serie di
Balmer (∼ 10000 km s−1 ), mentre in altre galassie le righe sono strette (250−
1000 km s−1 ). Tali sistemi sono chiamati rispettivamente galassie Seyfert di
tipo1 e di tipo2; infine vi sono pochi alcuni casi in cui si presentano entrambe
le emissioni.
Il modello più accettato per i nuclei Seyfert prevede due diverse regioni
di emissioni:
• la broad line region (BLR) vicina alla sorgente continua, ad una
distanza di decine di giorni-luce; tale regione ha una massa di circa
50M¯ ed una densità nel range 1014 −1018 m−3 , temperatura . 4×104 K,
velocità v ∼ 103 − 104 km s−1 , e produce le serie di Balmer larghe;
• la narrow line region (NLR), che si espande per decine di centinaia
di parsec, ha una massa totale di 105 − 106 M¯ , densità 109.5±1 m−3 ,
temperatura ∼ 1 − 5 × 104 K e velocità ∼ 250 − 1000 km s−1 .
Tra queste due regioni non sono visibili righe di emissione, probabilmente a
causa dei fenomeni di assorbimento. Inoltre l’assenza di righe proibite nella
27
BLR è dovuta alla densità relativamente elevata del plasma contenuto; ciò
comporta una diseccitazione, per cui l’energia viene espulsa per lo più sotto
forma di energia cinetica e le righe proibite non irraggiano.
Tali proprietà spettroscopiche sono importanti per ricavare degli schemi
di unificazione.
Unificazione di galassie attive
Sono stati proposti molti schemi per unificare le galassie attive, essi hanno in
comune l’idea che vi siano poche proprietà fisiche da tenere in considerazione
per spiegare il grande range di fenomeni caratteristici degli AGN. Il più accettato e verificato sperimentalmente sostiene la tesi secondo cui esiste un
solo tipo di Nucleo Galattico Attivo (AGN), con i seguenti gradi di libertà:
1. l’opacità della polvere, la quale produce la distinzione tra tipo1 e tipo2
di AGN;
2. L’angolo di vista del getto relativistico, che differenzia i blazar dagli
AGN di tipo1;
3. La durata del ciclo di attività (frazione di tempo in cui è attivo un
AGN), la quale distingue tra AGN dotati e non di forte emissione radio,
rispettivamente AGN radio-loud e radio-quiet.
Infine ci sarebbe un ulteriore grado di libertà dovuto alla luminosità totale.
Inoltre recenti argomentazioni affermano che la potenza dell’emissione radio
è una caratteristica intrinseca e dipende dal momento angolare del buco nero
centrale.
Il modello unificato riesce a spiegare le principali caratteristiche (e quindi
anche le differenze osservative) delle galassie di Seyfert: una Seyfert di tipo1
potrebbe ospitare al suo interno una BLR ed una sorgente continua centrale,
ma queste possono essere oscurate se viste in una certa direzione.
Queste peculiarità dipendono quindi dal grado di libertà dell’orientazione
dell’angolo di vista, e rappresentano un punto fondamentale del modello unificato. Si ritiene che un toro di gas e polveri oscuranti circondi la sorgente
continua e la BLR. Quindi, quando si osserva la galassia di taglio, il toro
blocca la visibilità della BLR ed assorbe i raggi X duri, per cui l’AGN appare del tipo2 (vedi la figura B.1). Analogamente il toro bloccherà anche i
fotoni emessi dalla ionizzazione, dando un’immagine della NLR a forma di
cono come spesso emerge dai dati sperimentali.
28
Figura B.1: Profilo teorico di un AGN visto di taglio, la struttura è quella ipotizzata nel modello unificato per spiegare le principali caratteristiche di una galassia
di Seyfert.
Ci sono molte evidenze che supportano questo modello, come le seguenti:
• alcune galassie Sy2 mostrano BLR nascoste;
• il continuo è più intenso nelle Sy1 che nelle Sy2;
• le colonne di assorbimento nei raggi X sono più larghe nelle Sy2 che
nelle Sy1;
• tutte le galassie di Seyfert posseggono una NLR;
• le nubi della NLR hanno un flusso di ionizzazione maggiore di quello
osservato;
• le NLR sono a forma di cono;
• le eccitazioni delle NLR suggeriscono lo spegnimento delle Sy1;
• la variabilità differisce tra diversi tipi di galassie Seyfert;
• nessun toro è stato mai osservato, ma tale geometria non è indispensabile;
• la luce assorbita non viene più re-irradiata;
• alcune Seyfert cambiano tipo rapidamente;
29
• la galassia NGC 4151 è una Sy1, tuttavia è vista all’esterno di una
NLR;
• la BLR scatterata (teoricamente visibile) viene mancata in alcune galassie
Sy2;
30
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[29] Zeldovich, Ya. B. 1964, Soviet Physics Doklady, 9, 195
32
Ringraziamenti
Questo breve saggio non sarebbe nato senza l’apporto del professor Longo,
il quale, durante il corso specialistico di Astrofisica 1, mi ha particolarmente
avvicinato all’universo dei Nuclei Galattici Attivi. Cruciale è stato il suo
incitamento ad analizzare l’argomento riguardante la massa dei buchi neri
supermassicci, i cosiddetti ’motori’ dei nuclei galattici attivi. Si ringrazia anche il professor Paolillo, per l’aiuto fornitomi nella comprensione dei fenomeni
c riguardanti gli AGN.
33