La nascita della Meccanica quantistica

Liceo Norberto Rosa
Sede associata di
Bussoleno
Indirizzo Scientifico-tecnologico
sperimentazione Brocca
Approfondimento personale per l’Esame di Stato
FÖDELSEN AV KVANTMEKANIK
LA NASCITA DELLA
MECCANICA QUANTISTICA
Emanuele Bianco
Classe VC
1
INDICE
Motivazioni della scelta
3
Gli inizi
4
Johannes Rydberg
5
Relazione di J. Balmer
6
Relazione di Rydberg e sviluppi
7
Binomio Planck-Einstein
9
Niels Bohr e l’interpretazione di Copenaghen
14
Cenni a modelli atomici successivi
20
Riferimenti alla fisica nucleare e al dibattito etico sulla scienza
23
Conclusioni
26
Bibliografia
27
Sitografia
28
2
MOTIVAZIONE DELLA SCELTA
L’approfondimento è stato sviluppato per interesse personale su
argomenti scientifici, soprattutto riguardanti la fisica teorica delle
particelle, in una cornice formata dallo scambio interculturale ItaliaSvezia.
La
motivazione
personale
che
mi
ha
spinto
a
redigere
questo
approfondimento è stata la grandissima passione verso materie teoricosperimentali, come la fisica e la chimica, e verso il nuovo paese che ho
conosciuto nel viaggio in Svezia.
Grazie allo scambio sono riuscito a comprendere e capire nuovi modi di
pensare che altrimenti mi sarebbero stati oscuri. Quando ho conosciuto
quel popolo ho capito di voler esprimere al mondo che non esiste solo un
pensiero unico, che ci sono altre possibilità.
A quel punto ho deciso di occuparmi di ciò che ha sconvolto il mondo
della fisica a tal punto di far crollare tutte le certezze fino ad allora
accumulate in poche decine di anni.
Mi sono così avvicinato al fantastico mondo della fisica quantistica
cercando di spiegare in modo semplice e conciso ciò che portò ad una
vera e propria rivoluzione.
A proposito di ciò Einstein scrisse queste poche parole:
« Se i fatti non corrispondono alla teoria, allora cambiate i fatti.»
Einstein era quindi d’accordo nell’affermare che anche se un fatto
sembra essere reale e immutabile, esso si dovrà cambiare alla luce di
nuove scoperte come fu per la fisica ondulatoria.
L’obiettivo dell’approfondimento è proprio quello di far passare il
messaggio della possibilità del cambiamento e della diversità culturale
che unisce il mondo intero.
3
GLI INIZI
La meccanica quantistica nasce tra il XIX e il XX secolo a causa di un
susseguirsi di risultati non accettabili per la fisica classica. In quegli anni
si iniziavano ad ipotizzare teorie sulla forma degli atomi, in particolare
quello dell'idrogeno, e soprattutto sulla disposizione degli elettroni nelle
loro orbite.
Tra i maggiori scienziati che provarono e/o riuscirono a trovare la
soluzione a questo rompicapo abbiamo:
-
J.R. Rydberg, famoso fisico svedese che scoprì una formula esatta ma
empirica della distribuzione energetica delle linee di assorbimento e/o
emissione dei vari gas;
-
J. Balmer, professore ordinario della scuola secondaria in Svizzera che
trovò, a partire dallo spettro dell'atomo di idrogeno, una formula
sperimentale che ne descriveva lo spettro di emissione.
-
Walther Ritz, fisico teorico svizzero, stabilì una terza relazione del
tutto simile a quella di Rydberg ma molto più sofisticata;
-
Max Planck, fisico tedesco, fu il padre fondatore della prima idea di
quantizzazione della fisica moderna;
-
A. Einstein, fisico teorico tedesco che, come Planck, introdusse il
quanto d'azione nella fisica per spiegare alcuni fenomeni quali l'effetto
fotoelettrico;
-
Niels H.D. Bohr, famoso fisico danese che iniziò per primo l'era della
fisica moderna, mettendo le basi necessarie alla comprensione della
realtà infinitamente piccola;
-
Schrödinger, contribuì alla neonata meccanica quantistica, partita
dalle ipotesi di Bohr, tramite la sua equazione dell’onda ed è ricordato
tutt'oggi per il famoso paradosso felino;
-
altri illustri scienziati furono : Heisenberg noto per il suo principio di
indeterminazione, Jordan, Dirac, Born, de Broglie.
4
JOHANNES RYDBERG
Essendo questa un’area di progetto inerente
lo scambio internazionale Italia-Svezia, essa
riguarderà anche uno dei principali scienziati
e fisici sperimentali svedesi: Johannes Robert
Rydberg.
Rydberg
nacque
l’8
novembre
1954
a
Halmstad ( Svezia ) da Sven Rydberg e Maria
Anderson; egli fu importante per i suoi studi
inerenti gli spettri di emissione.
Compì i suoi primi studi, fino al 1873, al
ginnasio della sua città natale per poi iscriversi presso l’università di
Lund alla facoltà di matematica.
Si laureò poi nella stessa università scrivendo una tesi di laurea sulle
sezioni coniche. I due anni successivi alla laurea, e al premio che essa
ricevette, furono decisivi per Rydberg in quanto egli decise di rivolgere la
sua attenzione alla fisica, piuttosto che alla matematica teorica,
occupandosi di fenomeni elettrici.
Divenne docente straordinario prima ed ordinario poi avendo una
cattedra di fisica all’università di Lund.
Successivamente, dal 1914 in poi, Rydberg si ammalò seriamente fino
alla sua morte nel 1919 a Lund.
Gli fu dedicato un asteroide denominato 10506 che viaggia a circa 2.718
AU dalla terra nella fascia principale (la sua traiettoria è visibile in figura).
5
RELAZIONE DI J. BALMER
Prima di passare alla vera e propria relazione di Rydberg, ci si vuole
soffermare su una relazione precedente ad essa.
Infatti, già nel 1885, il professor J. Balmer, studiando lo spettro di
emissione dell'idrogeno, si accorse che tutte le righe dello spettro
seguivano
una
determinata
relazione.
L'equazione
proposta
dal
professore era di tipo totalmente empirico in quanto non derivava da
alcun'altra relazione fondamentale della fisica classica.
La formula di Balmer è:
f =R
(
1 ˙ 1
2
4
n
)
(1)
Nella formula:
f
frequenza di comparsa della riga di emissione;
R
costante ( chiamata in seguito di Rydberg );
4
numero quantico principale che indica lo stato finale
dell'elettrone;
n
numero quantico principale che caratterizza lo stato
elettronico iniziale.
Di conseguenza sarà possibile descrivere tutte le righe spettrali,
comprese quelle che si addensano fino al valore H∞ che corrisponde allo
spettro continuo.
6
RELAZIONE DI RYDBERG E SVILUPPI
In questa parte si approfondirà la relazione che si è dimostrata solida
base per le teorie della meccanica quantistica. Rydberg propose la
seguente equazione dopo aver sperimentato e descritto spettri di
emissione di vari gas.
Lo scienziato intuì che potesse sussistere una relazione tra le righe di
emissione e i numeri quantici principali delle orbite elettroniche. Come
abbiamo
visto
prima
non
inventò
nulla
di
nuovo,
ma
riuscì
a
generalizzare un concetto già esistente. Decise di riprendere quindi la
formula di Balmer e, ampliandone il concetto, elaborò la seguente
relazione di carattere più generico:
Enm = R
(
1 ˙ 1
2
2
n
m
)
A seconda del valore che n può assumere si sono distinte varie serie di
righe spettrali:
1 Regione ultravioletta dello spettro elettromagnetico:
1.1 serie di Lyman ( n = 1; m ≥ 1 )
2 Regione visibile:
1.1 serie di Balmer ( n = 2; m ≥ 2 )
2 Regione infrarossa:
1.1 serie di Paschen ( n = 3; m ≥ 3 )
1.2 serie di Brackett ( n = 4; m ≥ 4 )
1.3 serie di Pfund ( n = 5; m ≥ 5 )
7
Serie di righe spettrali
per
l’atomo
di
idrogeno
Spettro di emissione dell’atomo di idrogeno
8
BINOMIO PLANCK – EINSTEIN
Le relazioni sopra descritte sono solo alcune delle fondamenta della
meccanica quantistica e della teoria di Bohr.
Oltre agli apporti sugli studi degli spettri di emissione, Bohr si basò anche
sull’emergente teoria dei quanti di energia di Planck ed Einstein.
Essi
iniziarono
ad
introdurre
nella
fisica
il
nuovo
concetto
di
quantizzazione dell'energia supponendo che essa non sia una grandezza
continua, bensì discreta.
Questo
concetto
innovativo
venne
introdotto in seguito ad un problema
che veniva a crearsi nel momento in
cui si studiava la radiazione del corpo
nero. Immaginando un edificio chiuso
con solo una porta aperta, esso può
rappresentare il nostro corpo nero,
mentre le onde in uscita da esso sono
quelle che si sono andate a studiare.
Per primo Planck ipotizzò che le onde elettromagnetiche scambiassero
energia con la materia in quantità multiple di una unità fondamentale, il
quanto di energia:
E = h⋅ f
Dove nella formula:
E
h
dimensione del quanto di energia;
costante di Planck ( attualmente 6.626075·10-34 j·s ) detto
anche quanto d’azione;
f
frequenza della radiazione ( Hz ).
9
Secondo
la
legge
descritta
da
Planck per i corpi neri, l’energia
scambiata
dall’onda
elettromagnetica
deve
essere
sempre un multiplo di una unità
fondamentale
cioè
il
quanto
d’azione.
Utilizzando
l’idea
innovativa
di
Planck, in seguito si riuscirono a
definire le strutture di particelle elementari quali elettrone, protone
neutrone e molte altre ancora.
Si ha quindi quella che viene definita quantizzazione dell'energia, cioè
tutte le energie ( in questo caso dell'onda elettromagnetica nel corpo
nero ) non sono scambiate in maniera continua, bensì in maniera discreta
multipla di una costante fondamentale. Il concetto di discontinuità
introdotto da Planck è ben spiegato da alcune, semplici parole dello
scienziato Einstein:
« Talune quantità possono variare in modo continuo ed altre variano,
invece, a piccolissime porzioni non ulteriormente riducibili; queste
porzioni
indivisibili
si
chiamano
quanti
elementari
della
specifica
grandezza cui si riferiscono... Pesando notevoli quantità di sabbia, la sua
massa viene considerata come continua ma se si usa una bilancia molto
sensibile, non potremmo fare a meno di tener conto che la massa varia
sempre in ragione di un numero intero di granelli; aumentando la
finezza delle misure si può giungere a constatare la variazione
discontinua di una grandezza ritenuta continua. »1
1
EINSTEIN-INFELD, L’evoluzione della fisica
10
Partendo proprio dall’ipotesi di Planck, Einstein si concentrò sull’effetto
fotoelettrico e su una sua possibile soluzione tramite l’uso del nuovo
concetto che circonda lo scambio di energia.
Schema di funzionamento
Grafico effetto fotoelettrico
Alla sua epoca, la Fisica era in grado di spiegare, con precisione quasi
assoluta, che la luce era una grandezza continua a cui quindi si poteva
applicare in varie maniere la teoria ondulatoria.
Secondo Einstein, invece, la luce, oltre ad avere una caratteristica
ondulatoria, può comportarsi anche come insieme di corpuscoli che si
propagano e che lui stesso chiamerà fotoni. I fotoni non sono altro che
dei pacchetti di energia che la luce scambia con la materia che incontra.
La sua ipotesi venne presa notevolmente in considerazione in quanto
riusciva a spiegare fenomeni sperimentali che non potevano essere
spiegati con la teoria ondulatoria quali l'effetto fotoelettrico.
11
Einstein spiegò così la sua interpretazione dell'effetto fotoelettrico:
«Facendo l'ipotesi che la luce eccitatrice sia costituita di quanti di
energia, la fotoemissione di raggi catodici si può spiegare nel modo
seguente: i quanti di energia penetrano nello strato superficiale del
corpo e la loro energia si trasforma, almeno in parte, in energia
cinetica degli elettroni. Bisogna supporre che ogni elettrone,
quando
raggiunge
la
superficie
del
corpo
e
per
poterlo
abbandonare, debba effettuare un lavoro W caratteristico del corpo
considerato. L'energia cinetica degli elettroni sarà, quindi, pari
all'energia comunicata dai quanti e dipendente direttamente dalla
frequenza f della luce eccitatrice, diminuita del lavoro necessario
per staccare dal corpo gli elettroni stessi:
Ecin = h⋅f Lestrazione
… Riportando Ecin su assi cartesiani in funzione di f, si ottiene una
retta la cui inclinazione è indipendente dalla sostanza e pari, come
valore, alla costante h introdotta da Planck per poter spiegare la
radiazione termica; Le mie considerazioni dimostrano che il Signor
Planck ha messo in piedi una ben più grande teoria della
radiazione e che ha introdotto nella fisica un elemento ipotetico
nuovo, il concetto di fotone.»2
2
EINSTEIN, Emissione ed assorbimento della luce da un punto di vista euristico
12
Contemporaneamente
alla
chiusura
sulla
disputa
inerente
l'interpretazione dei fenomeni fotoelettrici, Einstein aprì un nuovo
argomento di discussione attualmente dibattuto: la luce è un'onda
oppure un cosiddetto « getto di fotoni »?
È difficile trovare una spiegazione univoca perché la luce sembra
comportarsi come onda in alcuni casi, come corpuscolo in altri ed in
alcune occasioni addirittura come entrambi. Come disse Einstein:
« Ci troviamo di fronte ad un nuovo genere di difficoltà
rappresentata dal possesso di due opposte interpretazioni; da sola
nessuna delle due spiega totalmente i fenomeni in cui è coinvolta la
luce; insieme vi riescono.»3
Ci ritroviamo così ad avere due
teorie
palesemente
corrette,
ma
solo in determinate situazioni: si
parla in questo caso di dualismo
dell’onda
e
di
teoria
sostanza
la
luce
onda-
corpuscolo.
In
comportarsi
come
sembra
onda
in
esperimenti come la diffrazione e l'interferenza, mentre si comporta da
corpuscolo in esperimenti come l'effetto fotoelettrico o l'effetto Compton.
Einstein fu insignito del premio Nobel per la fisica nel 1921 per “his
services to Theoretical Physics, and especially for his discovery of the law
of the photoelectric effect"4 ( letteralmente “per i suoi servizi alla Fisica
Teorica e particolarmente per la sua scoperta della legge dell'effetto
fotoelettrico” ).
3 EINSTEIN-INFELD, L’evoluzione della fisica
4 Citazione dalla scheda ufficiale sul sito nobelprize.org
13
NIELS BOHR E L'INTERPRETAZIONE DI COPENAGHEN
I precedenti paragrafi sono serviti come preambolo per ciò che ora si
affronterà: il modello della struttura atomica dell’idrogeno di Niels Henrik
David Bohr.
Bohr fu uno dei più stimati e conosciuti scienziati del XX secolo: egli
nacque e visse in Danimarca e soprattutto a Copenaghen dove studiò
alla facoltà di fisica. Anche a lui fu dedicato un asteroide nella fascia
principale detto 3948 in figura.
Nei suoi primi anni di studi si dedicò a
lavori teorico-sperimentali per conto
dell'università, per poi spostarsi in
Inghilterra a studiare le radiazioni con
fisici del calibro di Ernest Rutherford.
Bohr studiò e prese in considerazione
quello che in quegli anni era il
modello atomico affermato: l’atomo
di
Rutherford.
Egli
però
rimase
perplesso, come tanti scienziati suoi
contemporanei, perché quel modello
spiegava la struttura dell’atomo,
ma non era stabile.
14
Perciò egli dedicò anni di studi per completare il lavoro sui modelli
atomici dell’epoca. Per comprendere meglio i lavori di Bohr, citeremo
brevemente il modello atomico di Rutherford.
Secondo lo scienziato neozelandese, l’atomo è formato da un piccolo
nucleo centrale positivo ( raggio ≈ 3·10-12) e da elettroni carichi
negativamente in un raggio più ampio ( raggio ≈ 3·10-8 ). Gli elettroni
ruotano intorno al nucleo e vengono attratti da esso grazie alla forza
elettromagnetica.
Il modello, di concezione classica, prevedeva in modo ottimale le
caratteristiche fisiche e chimiche dell’atomo ( secondo la tavola periodica
di Mendeleev ), però aveva un problema: secondo la fisica classica, gli
elettroni avrebbero dovuto collassare sul nucleo, perdendo energia sotto
forma di onde elettromagnetiche, in soli 10-7 s.
Ciò è palesemente falso in quanto tutta la natura che la fisica stessa
studia è composta da atomi stabili i cui elettroni non collassano, salve
alcune eccezioni, sui rispettivi nuclei.
Bohr decise quindi di rivisitare queste idee e, traendo spunto dai lavori di
Rydberg, Balmer, Planck ed Einstein, descrisse un nuovo tipo di modello
atomico basato principalmente sulla quantizzazione dei livelli energetici.
Come disse Bohr:
« … Il risultato di tutto questo sembra essere una diffusa coscienza
della inadeguatezza della elettrodinamica classica quando si tratta
di discutere sistemi di dimensioni atomiche. Sembra necessario
introdurre nelle relazioni del moto degli elettroni una quantità
sconosciuta all’elettrodinamica classica, cioè la costante di Planck o
quanto elementare di azione... »5
5 BOHR, La costituzione degli atomi e delle molecole, pubblicato su “Philosophical magazine and journal of
science”
15
Avendo intuito che sussisteva una relazione tra gli elaborati di Planck e i
suoi studi, mise a punto il nuovo modello cercandosi di fondare su alcuni
principi base:
I. « L’equilibrio dinamico di sistemi in stati stazionari può essere
discusso sulla base della meccanica ordinaria, mentre il
passaggio dei sistemi da uno stato stazionario all’altro non
può essere trattato nello stesso modo. »
II. « Il passaggio da uno stato stazionario all’altro è seguito da
emissione di radiazione omogenea la cui frequenza è legata
all’energia emessa secondo la teoria di Planck.»6
L’atomo, secondo Bohr, è costituito da
un nucleo centrale fisso e da elettroni
mobili
esattamente
come
quelli
di
Rutherford; in questo modello però gli
elettroni
si
posizionano
in
stati
stazionari circolari e non più in orbite
indistinte.
Per lo scienziato danese gli elettroni
ritornano
sempre
al
loro
stato
stazionario di base, dopo un periodo di tempo, in seguito all’eccitazione
dovuta a immissione di energia nel sistema.
6 BOHR, La costituzione degli atomi e delle molecole, pubblicato su “Philosophical magazine and journal of
science”
16
Per calcolare quindi le energie possedute dagli elettroni nelle orbite
stazionarie, Bohr decise di introdurre il principio di corrispondenza, ossia:
« Assumeremo che le condizioni da usare per stabilire le energie
negli stati stazionari siano tali che le frequenze f, al limite quando
il moto in stati stazionari successivi differisce molto poco, tenda a
coincidere colle frequenze che sono da attendersi in base alla teoria
classica ordinaria per il moto in queste orbite stazionarie. »
La frase di Bohr sta a significare che, per semplificare, si ammette che le
frequenza al limite dei numeri quantici si possa calcolare tramite la fisica
classica per avere un risultato accettabile.
Da queste considerazioni Bohr riuscì a ipotizzare alcuni dei valori
permessi di:
momento angolare dell’elettrone attorno al nucleo
Le = me v e r = nħ
dove: n
numero quantico principale
ħ=
h
2π
raggio dell’orbita dell’elettrone
2
r = a0 n ≃ 5,291⋅10
dove:
a0 =
11
m
ħ 4 π ε0
2
me
17
nel caso in cui l'elettrone sia nello stato stazionario di base ( n=1 )
il raggio, detto anche raggio di Bohr dell'idrogeno, diventa:
2
2
r = a0 n = a0 1 ≃ 5,291⋅10
11
m
energia dell’elettrone
4
En=
me
=
2
2 2
ħ 2(4 πε0 ) n
13,6 eV
2,176⋅10
=
2
2
n
n
18
j
dove 13,6 eV rappresenta l’energia di ionizzazione dell’idrogeno.
I livelli energetici sono necessari per calcolare l'energia del fotone che
emette l'atomo durante la fase di decadimento dell'elettrone da un livello
più alto ad uno più basso.
Per esempio se l'elettrone scende dal livello 3 al livello 4 si avrà:
E 4 E 3=
2,176⋅10
16
18
(
2,176⋅10
9
18
)
= 1,36⋅10
19
j + 2,42⋅10
19
j = 1,06⋅10
19
j
Dall'energia ricavata si può poi calcolare la lunghezza d'onda per scoprire
di che onda elettromagnetica si tratta:
c
E4 → 3 = h⋅
λ
34
→
8
h⋅c 6,63⋅10 ⋅3⋅10
6
λ=
=
=1,95⋅10 m
19
E4→3
1,02⋅10
18
l'onda fa quindi parte delle radiazioni infrarosse come mostrato in figura:
Come si può evincere dall’esempio questo è solo uno dei possibili salti
che l’elettrone può compiere da un livello all’altro; di conseguenza per
ogni salto ci sarà una frequenza di radiazione diversa a seconda del
fotone emesso.
Se poi si cercano tutti i possibili salti degli elettroni che emettono fotoni
nello spettro della luce visibile, allora si otterrà quello che viene
chiamato spettro di emissione dell’atomo di idrogeno.
Bisogna inoltre precisare che il modello atomico di Bohr è valido solo per
gli atomi di idrogeno e per i gli altri atomi che possiedono un elettrone
spaiato esterno.
19
CENNI A MODELLI ATOMICI SUCCESSIVI
Dopo il modello atomico di Bohr, alcuni altri scienziati iniziarono a
studiare anch’essi il mondo atomico.
Uno di questi fu Arnold Sommerfeld, fisico di origini prussiane, che nel
1915 sviluppò un nuovo modello atomico basato sul numero quantico
orbitale.
Esso veniva associato al numero quantico principale per descrivere le
diverse eccentricità che le orbite degli elettroni potevano effettuare.
Questo numero, detto l, veniva assegnato con valori da 0 a n-1, dove 0
rappresenta la massima eccentricità, mentre n-1 la minima ( quella più
vicina a rappresentare una circonferenza ).
Come si può evincere dalle figure ogni livello con numero quantico
principale
maggiore
possiede
una
possibilità
maggiore
di
orbite
elettroniche.
Attraverso la variante apportata dal fisico tedesco, il modello è in grado
di rappresentare non solo gli atomi di idrogeno, ma anche molti altri
come l’elio ( che non verificava il comportamento di alcune righe dello
spettro di emissione).
Con l’atomo di Sommerfeld-Bohr si inizia quindi a capire l’importanza
di definire nuovi numeri quantici e regole per descrivere
20
più accuratamente il mondo microscopico di cui siamo fatti.
Negli anni successivi si trovarono quindi due nuovi tipi di numeri
quantici: il numero quantico magnetico e quello di spin.
Il primo si introdusse per spiegare l’effetto Zeeman, cioè quando un
atomo è immerso in un campo magnetico, esso cambia le proprie righe
spettrali formando al posto di singole linee dei multipletti ( linee doppie
più sottili ).
Il numero quantico magnetico ( m ) descrive la componente z del
momento angolare orbitale ed è associata al numero quantico orbitale (
m può variare di numeri interi da -l a +l ).
Il secondo, detto di spin ( s ), fu
introdotto nel 1925 da due fisici
olandesi, George Uhlenbeck e Samuel
Goudsmit, in seguito all’osservazione
degli spettri di emissione di alcuni
metalli alcalini.
Esso
è
legato
al
moto
di
rotazione dell’elettrone attorno
al proprio asse e può assumere
valori semi-interi di ½ e – ½ (
detti fermioni ) oppure valori interi ( detti bosoni ).
Un ulteriore passo avanti nella
definizione
atomico
del
fu
modello
l’equazione
probabilistica di Schrödinger.
Il fisico tedesco la formulò nel
1926
per
descrivere
l’andamento delle particelle
materiali ( come l’elettrone )
durante uno specifico tempo.
La funzione ha formula:
ψ ( x,y,z;t )
21
Ciò che rivoluzionò il modo di pensare gli elettroni fu proprio la
probabilità: da questo momento in poi la posizione delle particelle non è
più identificabile in un punto definito ma in un volume definito dalla
funzione stessa.
È poi proprio dalla funzione d'onda che si partì per studiare la vera
posizione degli elettroni non più in orbite circolari o ellittiche, bensì in
volumi detti orbitali.
esempi di orbitali atomici
L'orbitale non è altro che una porzione di spazio in cui è più o meno
probabile trovare l'elettrone in un determinato istante di tempo: il
quadrato della funzione d'onda ψ è proprio legato alla posizione
dell'elettrone.
22
In seguito a tutte queste scoperte, gli scienziati vollero trovare ciò che
veramente componeva, e compone tutt'ora, la base della materia. Da
tutto ciò nacque la fisica nucleare o subatomica che si occupava di
indagare ciò di cui sono composti i nuclei atomici e le particelle
elementari in genere.
Famoso per questi studi è Enrico Fermi che con il suo team ( Pontecorvo,
Majorana, Segrè ed Amaldi ) allargarono le conoscenze sulle particelle
elementari fino al premio Nobel del 1938.
RIFERIMENTI ALLA FISICA NUCLEARE E AL DIBATTITO ETICO
SULLA SCIENZA
Tutta la fisica descritta sopra portò, nel bene e nel male, allo sviluppo di
tecnologie avanzate che permisero, tra le altre cose, di costruire la
bomba atomica. Il pensiero comune è molto spesso quello di giudicare
negativamente gli studi compiuti in questo campo; in realtà essi hanno
portato notevoli altre migliorie come ad esempio le centrali nucleari per
la produzione di energia elettrica alternativa allo sfruttamento dei
combustibili fossili.
Durante la seconda guerra mondiale, ma soprattutto durante la guerra
fredda,
i
fisici
nucleari
si
divisero su tre principali fronti.
Il primo era quello di entrare a
far
parte
Manhattan
del
progetto
andando
a
sviluppare la bomba atomica
per
contrastare
l'avanzata
dell'asse tripartito durante la
guerra.
Proprio
Fermi
ed
Einstein, con altri fisici europei e
23
americani, si cimentarono
in questo progetto anche per sfuggire alle leggi razziali che
vigevano in Europa.
Il secondo era quello di andare a sviluppare tecnologie per paesi nemici
agli USA ( prima il terzo Reich e poi per l'URSS ).
Di questi i più famosi erano Otto Hahn e Fritz Strassmann che scoprirono
per primi i prodotti della fissione nucleare dell'uranio.
Vi era però anche una terza via che i fisici poterono prendere: aggregarsi
al nuovo istituto, il NORDITA.
Il NORDITA ( Nordic Institute for Theoretical Physics ) nacque grazie alla
collaborazione attiva di tutti i paesi cosiddetti nordici ( Danimarca,
Islanda, Svezia, Norvegia e Finlandia ) per studiare la fisica teorica e
soprattutto quella nucleare.
L'istituto fu fondato dallo stesso Niels Bohr, dal ministro svedese Torsten
Gustafsson
e
con
il
patrocinio
finanziario
del Concilio dei Ministri
Nordico.
In principio il NORDITA
era
situato
all'università
di
Copenaghen
nell'istituto Niels Bohr
ed in seguito, nel 2007,
fu
all'università
spostato
di
Stoccolma e viene tutt’oggi ospitato dal KTH (Kungl Tekniska Högskolan –
istituto reale per le tecnologie).
Il polo scientifico ha l’obiettivo di unire tutta la conoscenza in ambito
fisico-teorico dei paesi nordici per arrivare a scoperte comuni.
24
Per fare ciò, l’istituto ha predisposto dei cosiddetti programmi scientifici,
cioè settimane di meeting dei più grandi scienziati internazionali per
approfondire e scambiare informazioni a proposito dell’argomento per
cui è stato indetto il programma stesso.
I programmi sono ormai talmente ampi che riguardano un po’ tutti gli
argomenti della fisica: dall’astrofisica alle reti neurale, dalla fisica
subatomica allo studio dei superconduttori.
È proprio questo tipo di collaborazione, totalmente pacifica, che
rappresenta uno dei nuovi fronti della ricerca scientifica anche in campo
etico. Il più visibile dei risultati della collaborazione tra questi paesi è
proprio il simbolo caratteristico di NORDITA che unifica tutti i colori delle
bandiere nazionali.
25
CONCLUSIONI
Il dibattito apertosi nel novecento sul ruolo della fisica, e della scienza in
generale, non si è tutt’ora concluso a fronte di sempre nuove scoperte e
applicazioni.
Ciò accade a causa della grande influenza che l’etica esercita sugli
scienziati al fine di moderare le loro innovazioni che non sempre hanno
risvolti positivi.
Uno di questi fu proprio la bomba atomica che fu sviluppata solo per
scopi militari, e alle volte anche all’insaputa degli stessi scienziati che
lavoravano al progetto, a cui Einstein dedicò queste semplici parole:
« L'uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo
costruirebbe una trappola per topi. »
Einstein, come un po’ tutti noi, voleva un mondo più pacifico e riparato
dalle catastrofi che si stavano per avvicinare nel periodo del dopoguerra.
L’aforisma sta quindi a indicare che l’uomo deve riflettere sullo stato del
suo mondo e sulla sua proverbiale capacità di “autodistruggersi”.
L’approfondimento che ho svolto mi ha fatto capire che la scienza deve
prendere coscienza di sé per cercare di produrre qualcosa che sia utile
alla società.
Un esempio potrebbe essere il campo biomedico dove già ora si
utilizzano sistemi come i laser e le radiografie per diagnostica e curare
alcuni mali che affliggono la nostra specie.
Finendo con una citazione di Schrödinger:
« Gli elementi costitutori dell'essere vivente non sono opera umana,
ma il più bel capolavoro mai compiuto da Dio, secondo le linee della
meccanica quantica. »
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BIBLIOGRAFIA
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meccanica quantistica, Brescia, Editrice La Scuola, 1985.
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quantistica, in “Didattica delle scienze”, n° 207, anno 2000, pag. 22
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SITOGRAFIA
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immagine di copertina.
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