Diffusione depolarizzata della luce in colloidi anisotropi

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA
Facoltá di scienze matematiche, fisiche e naturali
TESI DI LAUREA TRIENNALE IN FISICA
A.A. 2004/2005
Diffusione depolarizzata della luce
in colloidi anisotropi
Relatore:
Prof. Giancarlo Ruocco
Dr. Tullio Scopigno
Candidata:
Chiara Vitelli
2
Indice
1 Introduzione
1.1 Diffusione della luce . . . . . . . . .
1.2 Fluttuazioni e funzioni di correlazione
1.3 Densitá spettrale . . . . . . . . . . .
1.4 Realizzazioni di un esperimento
di scattering . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
temporale . . .
. . . . . . . . . .
5
5
7
10
. . . . . . . . . .
12
2 Teoria base della diffusione della luce
2.1 Risultati dalla teoria dell’elettromagnetismo . . . . . .
2.2 Approccio molecolare alla diffusione della luce . . . . .
2.3 Geometrie di scattering . . . . . . . . . . . . . . . . . .
15
15
19
20
3 Esperimenti di diffusione della luce
3.1 Metodo omodino . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Metodo eterodino . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Area di coerenza . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4 Considerazioni sperimentali: il contrasto dinamico
.
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25
26
27
28
29
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33
33
34
35
37
5 Sistemi contenenti molecole anisotrope
5.1 Scattering di molecole a simmetria cilindrica . . . . . .
5.2 Diffusione rotazionale di molecole lineari . . . . . . . .
39
40
42
6 Risultati sperimentali
6.1 L’apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.2 L’acquisizione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
45
45
46
50
4 Sistemi di molecole sferiche
4.1 Molecole sferiche . . . . . . . . . . . . .
4.2 Soluzioni diluite . . . . . . . . . . . . . .
4.2.1 Funzione di correlazione eterodina
4.2.2 Funzione di correlazione omodina
3
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4
Bibliografia
INDICE
63
Capitolo 1
Introduzione
Attraverso questo lavoro ci proponiamo di indagare la dinamica di un
sistema colloidale, mediante una tecnica sperimentale di diffusione della luce detta fotocorrelazione. Ci soffermeremo sul comportamento dei
gradi di libertá rotazionali del sistema, analizzando la radiazione depolarizzata diffusa dal campione, i.e. la luce con polarizzazione lineare
ortogonale a quella della luce incidente. Verificheremo che la dinamica di tali sistemi presenta una scala di tempo veloce, relativa alle vibrazioni delle particelle attorno alle posizioni istantanee di equilibrio
della struttura, e una lenta associata alle modificazioni della struttura,
causate da processi cooperativi che coinvolgono gruppi di particelle.
La funzione di correlazione dell’intensitá della luce diffusa dal sistema
é quindi caratterizzata da un doppio decadimento: il primo é associato
alla dinamica vibrazionale, il secondo avviene su scale di tempo tipiche
della diffusione delle particelle. Ci proponiamo infine di indagare come
la dinamica descritta dipenda dall’invecchiamento del campione.
Riportiamo di seguito i principi su cui si basa la tecnica di fotocorrelazione utilizzata; illustriamo poi i fondamenti della teoria della diffusione della luce e le tecniche sperimentali ad essa legate; presentiamo quindi due modelli di sistemi contenenti molecole isotrope e
anisotrope con le rispettive funzioni di correlazione caratteristiche; ed
infine riportiamo i risultati sperimentali ottenuti.
1.1
Diffusione della luce
La radiazione elettromagnetica permette di indagare la struttura e la
dinamica della materia: i fotoni, incidendo su di essa, possono essere
assorbiti o diffusi. L’assorbimento di ultravioletto, visibile, infrarosso
ecc. fornisce informazioni dettagliate sui livelli elettronici rotazionali e vibrazionali delle molecole e permette quindi di determinare la
5
6
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
dinamica delle molecole complesse. La diffusione elastica di raggi X o
neutroni, per esempio, permette di ricavare informazioni sulla struttura
microscopica di un sistema atomico/molecolare attraverso lo studio del
fattore di struttura. Incidendo sulla materia, i fotoni possono inoltre
essere diffusi, cedendo o guadagnando energia dai gradi di libertá elettronici, traslazionali, rotazionali e vibrazionali delle molecole, si parla
in questo caso di diffusione anelastica, e l’informazione che si ottiene
riguarda la dinamica del sistema.
Ci concentreremo essenzialmente sulle proprietá della luce diffusa dei
gradi di libertá rotazionali e traslazionali, ovvero di quello che é comunemente chiamato scattering di Rayleigh ([1]).
Classicamente si puó interpretare il fenomeno considerando che, incidendo sulla materia, il campo elettrico della luce induce un dipolo
oscillante nella materia tramite la polarizzabilitá, le molecole divengono quindi una sorgente di luce secondaria e conseguentemente diffondono luce. Le dimensioni, la forma, e le interazioni molecolari del
materiale che diffonde determinano, attraverso la polarizzabilitá, la distribuzione in frequenza, la polarizzazione e l’intensitá della luce diffusa.
Cosı́ dalle caratteristiche della luce diffusa da un dato sistema, é possibile, con l’aiuto dell’elettrodinamica e della teoria della meccanica
statistica dipendente dal tempo, ottenere informazioni circa la struttura e la dinamica molecolare del mezzo diffusore.
Figura 1.1: Schema di un esperimento di diffusione di luce
1.2. FLUTTUAZIONI E FUNZIONI DI CORRELAZIONE TEMPORALE 7
1.2
Fluttuazioni e funzioni di correlazione temporale
Nell’ambito della teoria della risposta lineare, é possibile descrivere
come la materia risponde alla radiazione conoscendo i due sistemi separatamente, ipotizzando quindi che radiazione e materia siano debolmente accoppiate.
L’agitazione termica delle molecole di un sistema colpito da un’onda
elettromagnetica provoca delle fluttuazioni nel tempo del campo elettrico diffuso, tali fluttuazioni sono ben descritte dalle funzioni di correlazione temporale, che esprimono quanto sono correlate due grandezze
per un periodo di tempo.
In generale, ogni osservabile misurata in un sistema all’equilibrio é una
media sul tempo T :
1 Z t0 +T
Ā(t0 , T ) =
dtA(t)
(1.1)
T t0
La media ha significato solo se il tempo T su cui é fatta é grande
rispetto al periodo delle fluttuazioni di A. Idealmente A andrebbe mediando su un tempo infinito:
1 Z t0 +T
dtA(t)
(1.2)
T →∞ T t0
Assumendo che A sia una proprietá stazionaria del sistema, si perde
la dipendenza da t0 . Immaginando poi che la variabile A dipenda dalla posizione e dal momento di tutte le particelle del sistema, il suo
andamento nel tempo presenterá, a causa dell’agitazione termica, un
certo grado di rumore. In generale allora il valore di A sará diverso per
due tempi t e t+τ , i due valori differiranno al crescere di τ quanto piú
questo diventerá grande rispetto alle fluttuazioni del sistema, mentre
saranno correlati per τ piccolo. Una misura di tale correlazione é data
dalla funzione di autocorrelazione di A:
Ā(t0 , T ) = lim
1ZT
dtA(t)A(t + τ )
T →∞ T 0
< A(0)A(τ ) >= lim
Si trova che
(1.3)
1
< A(0)2 > ≥ < A(0)A(τ ) >
1
Dovendo calcolare la (1.3) a passi discreti, considerando l’asse dei tempi diviso in N
intervalli ∆t, indichiamo il tempo con t = j∆t e il ritardo con τ = n∆t; la media su N
8
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
Figura 1.2: Andamento della variabile A che fluttua nel tempo, campionata
su intervalli temporali discreti
ovvero il valore della funzione di correlazione al tempo zero é massimo, mentre, per τ molto grandi, i valori di A(t) e A(t+τ ) si decorrelano:
lim < A(0)A(τ ) >=< A(0) >< A(τ ) >=< A >2
τ →∞
La funzione di autocorrelazione decade allora dal valore iniziale
<A2 > al valore <A>2 tanto piú velocemente quanto piú rapide sono
le fluttuazioni della variabile A. In molti casi di interesse pratico l’andamento é quello di un decadimento esponenziale del tipo:
intervalli discreti sará allora:
< A >≈ lim
N →∞
< A(0)A(τ ) >≈ lim
N →∞
N
1 X
A(j∆t)
N
j=1
N
1 X
A(j∆t)A((j + n)∆t)
N
j=1
Nell’ultima sommatoria si possono avere termini negativi che andranno a cancellare
termini positivi; considerando invece < A(0)A(0) > si ha che tutti i termini sono positivi,
PN
PN
infatti:
A(j∆t)A(j∆t) = j=1 A2 (j∆t) con A2 (j∆t) ≥ 0
j=1
quindi:
< A(0)A(0) >=< A2 (0) >≥< A(0)A(τ ) >
1.2. FLUTTUAZIONI E FUNZIONI DI CORRELAZIONE TEMPORALE 9
< A(0)A(τ ) >=< A >2 +(< A2 > − < A >2 ) exp[−τ /τr ]
(1.4)
dove τ r é il tempo di rilassamento o tempo di correlazione della
variabile A.
Introducendo la deviazione di A(t) dal suo valore medio come:
δA(t) ≡ A(t)− < A >
ci si puó riferire alla funzione di correlazione delle fluttuazioni, e
tenendo conto del fatto che <δA(t)>=0, si ottiene l’espressione semplificata:
< δA(0)δA(τ ) >=< A(0)A(τ ) > − < A >2
(1.5)
< δA2 >=< A2 > − < A >2
(1.6)
da cui:
Facendo riferimento alle equazioni (1.4), (1.5) e (1.6) si ottiene
allora:
< δA(0)δA(τ ) >=< δA2 > exp[−τ /τr ]
(1.7)
Si ottiene quindi che la funzione di correlazione delle fluttuazioni
ha una forma piú semplice rispetto alla funzione di correlazione della
proprietá stessa, in quanto é rimossa la parte <A2 >, invariante rispetto
al tempo.
In generale si puó introdurre un parametro che caratterizzi la scala di
tempo di decadimento delle correlazioni definendo il tempo di correlazione τ c :
τc =
Z ∞
0
dτ
< δA(0)δA(τ ) >
< δA2 >
che per un decadimento esponenziale singolo coincide ovviamente con
τr .
10
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
1.3
Densitá spettrale
Si definisce densitá spettrale IA (ω) della funzione di correlazione <A∗ (0)A(t)>
come la sua trasformata di Fourier nel dominio delle frequenze:
1 Z +∞
IA (ω) ≡
dt exp[−iωt] < A∗ (0)A(t) >
2π −∞
(1.8)
Negli esperimenti di diffusione di luce spesso viene misurata proprio
la densitá spettrale del campo elettrico diffuso, ci si puó allora ricondurre alla funzione di correlazione temporale semplicemente trasformando secondo Fourier:
< A∗ (0)A(t) >=
Z +∞
−∞
dω exp[iωt]IA (ω)
(1.9)
da cui:
<| A |2 >=<| A(0) |2 >=
Z +∞
−∞
dωIA (ω)
(1.10)
Immaginiamo di voler misurare la variabile A in un periodo T: un
filtro seleziona solo un intervallo di frequenze della quantitá AT (t),
tale segnale uscente dal filtro arriva al rivelatore il cui output é proporzionale a | AT O (t)| 2 che viene mediato sul tempo, per dare, come
risultato finale, <| AT O (t)|2 >t .
Nell’intervallo (-T/2,T/2) posso espandere la A(t) in serie di Fourier:
1 X
AT (t) = √
An exp[iωn t]
T n
(1.11)
Il filtro selezionerá solo alcune delle frequenze An , questo equivale a
moltiplicare i termini della sommatoria per dei fattori Fn che possono
essere 1 o 0 a seconda che la frequenza venga filtrata o meno, ottenendo
in uscita AT O .
Facendo la media temporale tra (-T/2,T/2) del modulo quadro di AT O
si ha:
<| AT O |>T =
1X 2
Fn | An |2
T n
(1.12)
1.3. DENSITÁ SPETTRALE
11
Si puó allora esprimere la funzione di autocorrelazione della variabile A come:
< A∗ (t)A(t + τ ) >=
1X
| An |2 exp[iωn t]
T n
(1.13)
Ora integrando τ tra [-T/2,T/2] e moltiplicando per exp[-iω m τ ] si
ottiene:
| Am |2 = 2πIAT (ωm )
(1.14)
T
dove IA (ω m ) é per definizione la densitá spettrale della funzione di
correlazione <A∗ (t)A(t+τ )>. La (1.12) diviene allora:
<| AT O |>T =
2π X 2 T
F I (ωn )
T n n A
(1.15)
puó essere scritto come ∆ω=ω n+1 -ω n .
dove 2π
T
Nel limite T→∞ la sommatoria diviene un integrale in dω, e | F(ω)|2
é la funzione di filtro, che é diversa da zero solo in un intervallo ∆ ω
attorno alla frequenza ω 0 se ho un filtro a banda stretta. Si ha quindi:
lim <| AT O |2 >T = IA (ω0 )∆ω
T →∞
(1.16)
Selezionando allora diversi valori di ω 0 e facendo una media temporale di |AT O |2 si ottiene lo spettro completo della fluttuazione A. In
questo senso IA (ω)dω é considerata la quantitá di A nell’intervallo di
frequenze (ω,ω+∆ω).
In particolare se ET (t) é il campo elettrico dell’onda di luce diffusa,
il filtro é a banda stretta e se il rivelatore risponde quadraticamente
all’impulso ricevuto si ha:
lim <| ET O |2 >T = IE (ω0 )∆ω
T →∞
(1.17)
dove IE (ω 0 ) é la densitá spettrale della funzione di autocorrelazione
del campo elettrico e ω 0 é definita dal filtro. Facendo filtrare frequenze
diverse si puó allora determinare IE come funzione di ω e ottenere
la funzione di correlazione del campo elettrico trasformando secondo
Fourier:
IE (ω) =
1 Z +∞
dτ < E ∗ (t)E(t + τ ) > exp[iωτ ]
2π −∞
(1.18)
12
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
Lo spettro della luce diffusa é determinato allora mediante la funzione di correlazione del campo elettrico al rivelatore, da cui possono
essere estratte importanti informazioni sulle proprietá fisiche del mezzo
diffusore.
Figura 1.3: Schema dell’apparato per la misura della densitá spettrale
1.4
Realizzazioni di un esperimento
di scattering
In un tipico esperimento di diffusione della luce, la radiazione polarizzata linearmente prodotta da un laser incide sul mezzo diffusore. La
luce diffusa passa allora in un filtro che seleziona una data polarizzazione. A questo punto l’analisi della luce diffusa puó essere effettuata
nel dominio delle frequenze, misurando la densitá spettrale come descritto nella sezione 1.3, o nel dominio dei tempi, attraverso la tecnica
della fotocorrelazione. Nel primo caso la luce diffusa viene filtrata, per
esempio attraverso un monocromatore o un interferometro, e inviata
ad un fotomoltiplicatore, nel secondo caso la luce incide direttamente
sul rivelatore e il segnale passa ad un correlatore che calcola la funzione
di correlazione dell’intensitá diffusa. Le tecniche di fotocorrelazione comunemente utilizzate sono quella omodina e quella eterodina, che illustreremo in dettaglio nel capitolo 3.
Riportiamo di seguito lo schema delle tre differenti tecniche utilizzate
nella realizzazione di un esperimento di scattering:
1.4. REALIZZAZIONI DI UN ESPERIMENTO DI SCATTERING
13
Figura 1.4: Comuni realizzazioni di un esperimento di scattering:
In un esperimento di filtraggio la luce diffusa viene filtrata prima di incidere
sul rivelatore.
In configurazione omodina la sola luce diffusa incide sul rivelatore e viene
analizzata da un correlatore.
In configurazione eterodina parte della luce proveniente dal laser viene aggiunta al facio di luce diffusa, i due fasci colpiscono il rivelatore e vengono
analizzati da un correlatore.
14
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
Capitolo 2
Teoria base della diffusione
della luce
2.1
Risultati dalla teoria dell’elettromagnetismo
Immaginiamo di schematizzare il campo elettrico incidente su un mezzo
non assorbente come un’onda piana monocromatica e polarizzata:
Ei (r, t) = ni E0 exp[ki · r]
(2.1)
tale mezzo ha una costante dielettrica locale:
ε(r, t) = ε0 I + δε(r, t)
(2.2)
dove δε é il tensore di fluttuazione della costante dielettrica alla
posizione r e al tempo t.
Si mostra 1
1
Indicando con E,D,H i campi totali (campo elettrico, spostamento dielettrico e campo
magnetico), con Ei ,Di ,Hi i campi incidenti e con Es ,Ds ,Hs quelli diffusi, poiché sia il campo
totale che quello incidente verificano le equazioni di Maxwell, anche il campo diffuso le
soddisferá per linearitá:
∇ × Es
=
∇ × Hs
=
∇ · Ds
=
1 ∂Hs
c ∂t
1 ∂Ds
c ∂t
0
∇ · Bs
=
0
−
(dove B é il vettore di induzione magnetica B=µH) se µ=1 allora Bs =Hs . Possiamo quindi
eliminare dalle prime due equazioni Hs da cui otteniamo:
∇ × (∇ × Es ) = −
15
1 ∂ 2 Ds
c2 ∂t2
16 CAPITOLO 2. TEORIA BASE DELLA DIFFUSIONE DELLA LUCE
che il campo diffuso dal campione a grande distanza R dal volume
di scattering, con polarizzazione nf , vettore d’onda kf , e frequenza ω f
é:
Es (R, t) =
Z
E0
exp[ikf R] d3 r exp i(q· r−ωi t)[nf ·[kf ×(kf ×(δ ε(r, t)·ni ))]]
4πRε0
V
(2.3)
I vettori D ed E sono legati tra loro tramite la costante dielettrica:
D = (εI + δε)(Ei + Es ) = εEi + εEs + δεEi
dove abbiamo trascurato il termine δεEs ' 0 poiché Di =εEi , si ha che:
Ds = δεEi + εEs
da cui, sostituendo Es si ha:
∇2 Ds −
ε ∂ 2 Ds
= −∇ × ∇ × (δεEi )
c2 ∂t2
Introducendo il vettore Π tale che:
Ds = ∇ × ∇ × Π
si ha:
ε ∂2Π
= −δεEi
c2 ∂t2
che puó essere risolta attraverso la funzione di Green:
∇2 Π −
Z
d3 r
Π(R, t) =
V
δ ε(r,ˆ t0 )Ei (r, t0 )
4π | r − R |
dove t’=t-(n/c)| R-r| é il tempo ritardato che tiene conto del tempo che impiega il segnale
a propagarsi nel mezzo e R é la posizione del rivelatore che consideriamo immerso in un
mezzo di costante dielettrica ε.
Assumendo ora che | R |À| r| si ha: | R − r |=| R | −r · R̂ con R̂=kˆf versore nella direzione
di R. Il tempo ritardato diventerá allora: t’'t-(n/c)(| R |-kf ·r) e potremo scrivere:
Π(R, t) =
E0
4π | R |
Z
d3 rδε(r, t0 )n̂i exp i(ki · r − ωi t + ωi (n/c) | R | −ωi (n/c)r · R̂)
V
Sviluppando ora δε in serie di Fourier le cui uniche componenti di frequenza Ωp che danno
contributo sono quelle tipiche del moto traslazionale e rotazionale del sistema, di molto
inferiore alla frequenza della luce incidente, e definendo ωf ≡ ωi − Ωp , kp ≡ (n/c)ωf kf ,
qp ≡ ki − ks si ottiene:
Es (R, t) = ∇×∇×[
XZ 3
E0
d rδεp (r)·n̂i exp iΩp (t−(n/c)(| R | −r·kˆf )+iki ·r−iωi (t−(n/c)(| R | −r·kˆf )))]
4πε | R |
V
p
da cui, poiché Ωp ¿ ωi , avremo:
Es (R, t) =
E0
exp i(ks · R − ωi t)ks × [ks ×
4πε | R |
Z
d3 r exp iq · rδε(r, t) · n̂i ]
V
2.1. RISULTATI DALLA TEORIA DELL’ELETTROMAGNETISMO 17
dove V indica che l’integrale é fatto su tutto il volume di scattering.
Il vettore q é definito come:
q = ki − kf
dove ki e kf sono i vettori d’onda della luce incidente e di quella
che raggiunge il rivelatore, rispettivamente; l’angolo tra di essi é detto
angolo di scattering.
Figura 2.1: Vettori d’onda della luce polarizzata iniziale e finale
Assumendo che la lunghezza d’onda della luce vari poco nel processo
di diffusione si ha
| k i |∼
=| kf |
tale relazione porta alla condizione di Bragg:
θ
2
Possiamo esprimere la (2.3) in termini della trasformata di Fourier
di δε:
Z
δε(q, t) =
d3 rδε(r, t) exp iq · r
q = 2ki sin
come
Es (R, t) =
V
E0
exp[ikf R−ωi t]{nf ·[kf ×(kf ×(δ ε(q, t)·ni ))]}
4πRε0
e lavorando con i prodotti vettoriali2 , otteniamo:
2
A × (B × C) = B(A · C) − C(A · B)
(2.4)
18 CAPITOLO 2. TEORIA BASE DELLA DIFFUSIONE DELLA LUCE
kf2 E0
Es (R, t) = −
exp i(kf R − ωi t)δεif (q, t)
4πRε0
(2.5)
δεif (q, t) ≡ nf · δε(q, t) · ni
(2.6)
dove:
é la componente del tensore di fluttuazione della costante dielettrica
tra le direzioni di polarizzazione iniziale e finale.
Si ottiene allora che la funzione di correlazione del campo elettrico
diffuso dipende dalla funzione di correlazione delle fluttuazioni della
costante dielettrica:
kf4 | E0 |2
< δεif (q, 0)δεif (q, t) > exp(−iωi t)
16π 2 R2 ε20
(2.7)
trasformando secondo Fourier si ottiene la densitá spettrale:
< Es∗ (R, 0)Es (R, t) >=
I0 kf4
1 Z +∞
dt < δεif (q, 0)δεif (q, t) > exp(i(ωf −ωi )t)
16π 2 R2 ε20 2π −∞
(2.8)
2
dove I0 ≡|E0 | , si nota che:
Iif (q, ωf , R) =
1. Iif ∝λ−4 che spiega, ad esempio, perché la luce blu sia piú diffusa
di quella rossa, e anche perché gli esperimenti di diffusione effettuati con la luce visibile siano piú efficaci di quelli effettuati con
luce infrarossa
2. Iif ∝ R−2 che é l’attenuazione tipica di un’onda sferica
3. Iif dipende dalla frequenza ω=ω i -ω f che é non nulla solo se δε(q,t)
varia nel tempo, se infatti le fluttuazioni sono indipendenti dal
tempo l’integrale della densitá spettrale dará una δω, in tal caso la frequenza dell’onda diffusa coinciderá con quella dell’onda
incidente
Quindi la densitá spettrale della luce diffusa é proporzionale alla
densitá spettrale delle fluttuazioni della costante dielettrica:
ε
(q, ω) =
Iif
1 Z +∞
dt exp(−iωt) < δε∗if (q, 0)δεif (q, t) >
2π −∞
ε
(q, ω)
I(q, ωf , R) ∝ Iif
(2.9)
2.2. APPROCCIO MOLECOLARE ALLA DIFFUSIONE DELLA LUCE19
con costante di proporzionalitá A =
kf4 I0
.
16π 2 R2 ε20
É chiaro quindi che sono proprio le fluttuazioni della costante dielettrica di vettore d’onda q e frequenza ω a provocare l’evento di diffusione
che produce un cambiamento di vettore d’onda q e di frequenza ω della
luce incidente.
2.2
Approccio molecolare alla diffusione della luce
Quando la luce incide su una singola molecola, di polarizzabilitá anisotropa
definita dal tensore di polarizzabilitá α, induce un momento di dipolo
variabile nel tempo: µ(t) = α · E(t) che emette radiazione elettromagnetica.
Il campo elettrico della luce diffusa al rivelatore é proporzionale a
αif (t)exp[iq·r(t)] dove:
αif (t) = nf ·α(t)·ni
(2.10)
é la componente del tensore di polarizzabilitá molecolare tra le direzioni ni e nf ; r(t) é la posizione del centro di massa della molecola al
tempo t e q é il vettore di scattering. La variazione di αif nel tempo é
dovuto alle rotazioni e alle vibrazioni della molecola, mentre il termine
exp(iq·r(t)) tiene conto della sua traslazione.
Se si considera l’accoppiamento elettronico tra le molecole debole, si
conclude che la luce diffusa dall’insieme delle molecole contenute nel
volume illuminato é data dalla sovrapposizione dei contributi provenienti da ogni singola molecola, ovvero il campo diffuso sará proporzionale
a una somma di termini:
X
0
j
αif
(t) exp(iq · r(t))
j
La densitá spettrale del campo diffuso sará quindi proporzionale a:
α
Iif
(q, ω)
1 Z +∞
α
=
dt exp(−iωt)Iif
(q, t)
2π −∞
(2.11)
dove:
∗
α
(q, 0)δαif (q, t) >
(q, t) =< δαif
Iif
e:
δαif (q, t) =
N
X
j=1
0
j
αif
(t) exp(iq · r(t))
(2.12)
20 CAPITOLO 2. TEORIA BASE DELLA DIFFUSIONE DELLA LUCE
é la componente spaziale di Fourier della densitá di polarizzabilitá:
δαif (r, t) =
N
X
0
j
αif
(t)δ(r − rj (t))
(2.13)
j=1
Tale modello non tiene conto della distorsione della distribuzione di
carica delle molecole conseguente agli urti subiti, che permane finché la
molecola non attraversa il range effettivo dell’interazione intermolecolare (∼ 10−13 s) dando luogo al cosiddetto scattering indotto da collisioni.
2.3
Geometrie di scattering
É conveniente in molti casi pratici fare riferimento a geometrie di diffusione convenzionali. Riportiamo di seguito tali geometrie e le componenti della fluttuazione della costante dielettrica che intervengono
espresse in ciascun sistema di riferimento fissato.
Il piano individuato dai vettori d’onda iniziale e finale é detto piano di
scattering ed in relazione ad esso si definisce una particolare geometria
di scattering:
2.3. GEOMETRIE DI SCATTERING
21
Geometria I
Figura 2.2: GEOMETRIA I:In questa geometria il piano XZ é il piano di
scattering. L’angolo (ki ,kf ) é l’angolo di scattering, e il vettore di scattering
q é antiparallelo all’asse Z
22 CAPITOLO 2. TEORIA BASE DELLA DIFFUSIONE DELLA LUCE
Geometria II
Figura 2.3: GEOMETRIA II:In questa geometria il piano XY é il piano di
scattering. L’angolo (ki ,kf ) é l’angolo di scattering, e il vettore di scattering
q non giace lungo nessun asse particolare
2.3. GEOMETRIE DI SCATTERING
23
Possono essere definite quattro distinte polarizzazioni rispetto al piano di scattering: al variare delle polarizzazioni dell’onda incidente e
dell’onda diffusa si misureranno valori diversi dell’intensitá della luce
diffusa:
Figura 2.4: Quattro differenti direzioni di polarizzazione sono comunemente
usate negli esperimenti di diffusione della luce
Le componenti della fluttuazione della costante dielettrica (o della fluttuazione della polarizzabilitá) responsabili per l’intensitá diffusa
nelle varie configurazioni possono essere scritte, partire dalla (2.6), in
termini dei sistemi dei riferimento definiti dalle due geometrie in figure
2.2 e 2.3: riportiamo di seguito tali espressioni in funzione dei valori
delle proiezioni della fluttuazione della costante dielettrica sugli assi
cartesiani xyz:
per la geometria I : q=-qẑ
δεV V (q, t) = δεY Y (q, t)
θ
θ
− δεY Z (q, t) cos
2
2
θ
θ
δεHV (q, t) = δεXY (q, t) sin + δεZY (q, t) cos
2
2
θ
θ
θ
θ
δεHH (q, t) = δεXX (q, t) sin2 − δεZZ (q, t) cos2 + [δεZX (q, t) − δεXZ (q, t)] sin cos (2.14)
2
2
2
2
δεV H (q, t) = δεY X (q, t) sin
24 CAPITOLO 2. TEORIA BASE DELLA DIFFUSIONE DELLA LUCE
e per la geometria II : q=q[x̂(cos θ-1)+ŷ sin θ]
δεV V (q, t)
δεV H (q, t)
δεHV (q, t)
δεHH (q, t)
=
=
=
=
δεZZ (q, t)
δεZY (q, t)
δεXY (q, t) sin θ + δεY Z (q, t) cos θ
δεXY (q, t) sin θ + δεY Y (q, t) cos θ
(2.15)
I simboli V e H corrispondono alle direzioni orizzontale e verticale
rispetto al piano di scattering. IV V é detta componente polarizzata,
mentre IV H e IHV sono le componenti depolarizzate.
Vedremo in seguito come lo studio di tali componenti riesce a dare
informazioni su gradi di libertá diversi delle molecole del campione
diffusore.
Capitolo 3
Esperimenti di diffusione
della luce
In un esperimento di fotocorrelazione l’onda elettromagnetica emessa
da un laser incide sul campione, la luce diffusa da questo viene inviata ad un fotomoltiplicatore attraverso un’ottica di raccolta; il segnale
uscente dal fototubo passa ad un correlatore che calcola la funzione
di autocorrelazione dell’intensitá diffusa. Il metodo di rivelazione del
fotofubo segue una legge quadratica in quanto il segnale da esso uscente é proporzionale al quadrato del campo incidente: i(t)∝| E(t)|2 .
Il correlatore che analizza il segnale in uscita dal fototubo dará quindi informazioni sulla funzione di correlazione dell’intensitá del campo
incidente sulla superficie del rivelatore:
< i(t)i(0) >∝<| E(t) |2 | E(0) |2 >
I processi indagati con la tecnica sopra descritta sono quelli caratterizzati da una dinamica molecolare lenta, nel senso che si tratta della
diffusione di macromolecole in soluzioni molto diluite che avviene su
scale di tempo maggiori a 10−6 sec; dinamiche piú veloci, per cui risulta insufficiente la velocitá del rivelatore, vengono indagate tramite la
tecnica del filtraggio ottico che si basa sulla misura della densitá spettrale descritta nella sezione (1.3).
In generale, in un esperimento di fotocorrelazione, si utilizzano due diversi schemi di rivelazione: il metodo omodino, in cui il fascio diffuso
dal campione colpisce direttamente il fototubo; e quello eterodino, in
cui una parte del fascio incidente é aggiunta a quello diffuso.
25
26
CAPITOLO 3. ESPERIMENTI DI DIFFUSIONE DELLA LUCE
3.1
Metodo omodino
Si definisce funzione di correlazione eterodina quella del campo diffuso:
I1 ≡< Es∗ (0)Es (t) >
(3.1)
mentre la funzione di correlazione dell’intensitá diffusa, ovvero la
quantitá direttamente misurabile, é detta funzione di correlazione omodina:
I2 (t) ≡<| Es (0) |2 | Es (t) |2 >
(3.2)
Nel metodo omodino solo il campo diffuso Es colpisce il fotocatodo,
quindi < i(t)i(0) >∝ I2 (t); poiché il campo diffuso é proporzionale alle
fluttuazioni della costante dielettrica, I2 dipenderá dalla funzione di
correlazione delle fluttuazioni della costante dielettrica.
Nel caso di approssimazione gaussiana, ovvero quando é possibile dividere il volume illuminato in sottoregioni statisticamente indipendenti,
in modo che il campo diffuso totale divenga la somma dei campi diffusi singolarmente da ogni sottoregione, si puó esprimere la funzione di
correlazione omodina in funzione di quella eterodina:
I2 (t) =| I1 (0) |2 + | I1 (t) |2
(3.3)
Nel caso di soluzioni diluite di macromolecole tale approssimazione
é applicabile se nel volume illuminato c’é un gran numero di molecole,
ognuna delle quali diffonde un campo che contribuisce al campo totale
diffuso. Nel caso in cui il decadimento della funzione di correlazione si
puó assumere esponenziale, come appunto nel caso di macromolecole
in soluzioni diluite, si avrá:
I1 (t) = A exp[−
t
τete
]
da cui:
I2 (t) = A2 (1 + exp[−
2t
])
τete
ovvero la funzione di correlazione omodina segue sempre un decadimento esponenziale ma con un tempo di correlazione dimezzato rispetto al tempo caratteristico di decadimento della funzione di correlazione
eterodina.
3.2. METODO ETERODINO
27
Se invece, nell’espressione della funzione di correlazione eterodina, é
presente piú di un tempo di decadimento, ad esempio:
I1 (t) =
X
ai exp −t/τi
i
nella funzione di correlazione omodina compariranno nuove scale di
tempo:
XX
I2 =
ai aj [1 + exp −(1/τi + 1/τj )t].
i
3.2
j
Metodo eterodino
Nel metodo eterodino parte del fascio di luce proveniente dal laser,
detto campo locale ELO , é aggiunto al fascio diffuso e raggiunge il
fotocatodo: dunque il correlatore analizzerá il segnale i(t) proveniente
dal fotomoltiplicatore, la cui funzione di correlazione sará:
< i(t0 )i(t0 + t) >∝<| ELO (t0 ) + Es (t0 ) |2 | ELO (t0 + t) + Es (t0 + t) |2 >
(3.4)
Rendendo l’ampiezza dell’oscillatore locale molto piú grande dell’ampiezza del campo diffuso | ELO (t) |À| Es(t) |, considerando trascurabili le fluttuazioni del campo oscillante locale e statisticamente indipendenti i due campi, la (3.4) diviene:
2
< i(0)i(t) >∼
+ 2ILO ReI1 (t)]
= B[ILO
(3.5)
dove
ILO =<| ELO |2 >
é l’intensitá del segnale oscillante locale, e ReI1 (t) é la parte reale
di I1 (t), detta funzione di correlazione eterodina.
Poiché Es é proporzionale a δεif (q, t), o equivalentemente a δαif (q, t)
le funzioni di correlazione eterodina e omodina saranno rispettivamente
proporzionali a :
1
Iif
(q, t) =< δε∗if (q, 0)δεif (q, t) >
2
(q, t) =<| δε∗if (q, 0) |2 | δεif (q, t) |2 >
Iif
(3.6)
(3.7)
Come giá visto, nel caso in cui valga l’approssimazione gaussiana le
due funzioni di correlazione sono legate dalla relazione:
2
1
1
Iif
(q, t) =| Iif
(q, 0) |2 + | Iif
(q, t) |2
(3.8)
28
CAPITOLO 3. ESPERIMENTI DI DIFFUSIONE DELLA LUCE
3.3
Area di coerenza
Il grado di coerenza di un’onda luminosa é una misura di quanto questa
sia vicina a un’onda monocromatica pura, ovvero di estensione spaziale
e temporale infinita (quindi caratterizzata da una sola frequenza e da
un solo vettore d’onda); le onde non coerenti hanno piú componenti di
Fourier e le loro fasi e ampiezze fluttuano in modo random nel tempo
e nello spazio.
Quando la luce proveniente da una sorgente estesa, nel nostro caso il
volume illuminato che diffonde, incide su uno schermo, ad esempio la
superficie del fotocatodo, su questo é prodotto un profilo di diffrazione
che dipende, tra le altre cose, dall’estensione della sorgente, ovvero dalle
dimensioni del volume illuminato. In un punto A del fotocatodo il valore del campo elettrico sará dato dalla somma dei campi provenienti
da ogni centro diffusore; tale segnale sará piú o meno identico a quello
rilevato in un punto B vicino ad A: i due segnali si dicono coerenti.
Aumentando la distanza tra A e B la coerenza tra i due segnali verrá
meno. La lunghezza di coerenza lc é formalmente definita come la distanza oltre cui la funzione di correlazione spaziale dei campi elettrici
in A e B é decaduta in modo significativo.
Diamo allora una stima della lunghezza di coerenza nel caso unidimensionale: il campo in un punto A dello schermo sará dato dalla
sovrapposizione dei campi provenienti da ogni punto della sorgente:
E(A) =
X
E(i)
i
analogamente il campo in B sará:
E(B) =
X
E 0 (i)
i
i due segnali provenienti dal medesimo punto i e ricevuti in A e in
B, differiscono per un fattore di fase che dipende dalla differenza di
cammino compiuta per raggiungere i due punti differenti. Si dimostra
che la lunghezza di coerenza tra A e B é:
λ
(3.9)
α
dove α é l’angolo sotteso tra lo schermo e la sorgente e λ é la lunghezza d’onda media della radiazione.
Se la sorgente fosse tridimensionale e la superficie di osservazione piatta
come quella di un fotocatodo, si potrebbe definire un’area di coerenza
tale che:
lc ≈
3.4. CONSIDERAZIONI SPERIMENTALI: IL CONTRASTO DINAMICO29
λ2
(3.10)
Ω
dove Ω é l’angolo solido sotteso tra la sorgente e il rivelatore.
Acoh ≈
3.4
Considerazioni sperimentali: il contrasto dinamico
Come abbiamo visto in precedenza, l’obiettivo di un esperimento di diffusione dinamica della luce é quello di misurare la dipendenza dal tempo
della funzione di correlazione di una variabile dinamica del sistema, ad
esempio dell’intensitá luminosa([2]): I2 (q, t) ≡< i(q, 0)i(qt) > questa
é legata alla funzione di correlazione del campo diffuso I1 (q,t) dalla
relazione di Siegert: I2 (q, t) = I 2 + | I1 (q, t) |2 dove I é l’intensitá del
campo diffuso. Si possono normalizzare tali funzioni ottenendo:
Iˆ2 (q, t) ≡ I2 (q, t)/I 2
Iˆ1 (q, t) ≡ I1 (q, t)/I
Per definizione:
Iˆ1 (q, 0) = 1,
Iˆ2 (q, 0) = 2
Il valore sperimentale di I2 (q,0) viene detto contrasto dinamico e risulta
essere inferiore al valore teorico pari a 2.
30
CAPITOLO 3. ESPERIMENTI DI DIFFUSIONE DELLA LUCE
Figura 3.1: Macchie luminose proiettate sullo schermo di raccolta del segnale causate dall’interferenza tra i campi diffusi da diverse macromolecole
in soluzione
Questo si spiega immaginando che il campione diffusore, ad esempio una soluzione colloidale come nel nostro caso, sia costituita da tanti
centri diffusori, le macromolecole, i cui campi diffusi interferiscono tra
loro. Ció produce sulla superficie di raccolta del segnale l’alternanza di
macchie chiare e zone d’ombra, come risultato dell’interferenza costruttiva o distruttiva dei campi diffusi dalle varie molecole.
In generale la raccolta del segnale avviene sperimentalmente attraverso
un pinhole, le cui dimensioni lineari non devono superare quelle delle
macchie di luce, in quanto l’intensitá rivelata attraverso molte macchie
risulta inferiore a quella rivelata tramite una sola macchia. Vediamo
come questo risulta essere legato alla geometria sperimentale.
3.4. CONSIDERAZIONI SPERIMENTALI: IL CONTRASTO DINAMICO31
Figura 3.2: Definizione dei punti rl,r e degli angoli Θ±
l,r
32
CAPITOLO 3. ESPERIMENTI DI DIFFUSIONE DELLA LUCE
Definiamo rl e rr le posizioni di due punti alla sinistra e alla destra
del volume illuminato tali che |rl -rr |= 12 Vs1/3 , dove V1/3
sono le dimens
sioni lineari del volume di scattering. Supponiamo che il vettore d’onda
della radiazione incidente k0 giaccia lungo la congiungente i due punti
+
considerati; e chiamiamo Θ+
l e Θr gli angoli di scattering per cui si ha
interferenza costruttiva dei campi provenienti dai punti rl e rr , mentre
−
Θ−
l e Θr saranno gli angoli di scattering per cui l’intensitá della mac±
chia luminosa risulta minore. Le fasi, Φ±
l e Φr , della luce diffusa dai
punti rl e rr saranno:
±
±
Φ±
l,r = rl,r · (k0 − ks(l,r) ) = rl,r k0 [1 − cos Θl,r ]
Per definizione:
+
Φ+
r − Φl = 2πn,
1
−
Φ−
r − Φl = 2π(n ± )
2
con n intero. Quindi:
−
+
+
(Φ−
r − Φl ) − (Φr − Φl ) = ±π
Sia ora Θs l’angolo di scattering associato alla posizione del pin−
hole tra Θ+
l e Θr ; per piccole differenze tra gli angoli di scattering
±
Θl,r = Θs ; sviluppando Φ±
l,s in serie di Taylor, otteniamo che la
relazione precedente diviene:
+
−
−
| rr k0 sin Θs (Θ+
r − Θr ) − rl k0 sin Θs (Θl − Θl ) | = π
la taglia della macchia é:
−
+
+
lmacchia ≈ ld (Θ−
r − Θr ) ≈ ld (Θl − Θl )
dove ld é la distanza tra il detector e il volume illuminato. Ricordando che |rl -rr | = 21 Vs1/3 , troviamo che la taglia del pinhole per un
buon contrasto dinamico deve essere:
lpinhole < lmacchia = 2π
ld
1/3
Vs
1
1
|
|
k0 sin Θs
Capitolo 4
Sistemi di molecole sferiche
Ci occupiamo ora descrivere, mediante la teoria della diffusione della
luce, sistemi particolari contenenti molecole isotrope, a simmetria sferica. In seguito estenderemo la nostra indagine anche a sistemi contenenti
molecole anisotrope.
4.1
Molecole sferiche
In generale il momento di dipolo indotto da un campo elettrico incidente sulla materia puó essere espresso da un vettore di componenti:
µx = αxx Ex + αxy Ey + αxz Ez
µy = αyx Ex + αyy Ey + αyz Ez
µz = αzx Ex + αzy Ey + αzz Ez
(4.1)
ovvero, utilizzando una notazione vettoriale:
µ = α·E
(4.2)
dove, in generale, α é un tensore. Nel caso di molecole sferiche é un
tensore diagonale, e il momento di dipolo indotto nella materia risulta
parallelo al campo incidente:
µ = αE
(4.3)
In tale caso la (2.10) diviene:
αif = α ni · nf
da cui la (2.12) risulta:
33
(4.4)
34
CAPITOLO 4. SISTEMI DI MOLECOLE SFERICHE
δαif (q, t) = (ni · nf )α
N
X
0
exp i[q · rj (t)]
(4.5)
j=1
in cui l’apice indica che la somma é estesa solo alle particelle all’interno del volume illuminato. Sostituendo tale espressione nelle (3.1),(3.2)
si ottiene che Iif 2 (t) e Iif 1 (t) sono rispettivamente proporzionali a:
F2 (q, t) =<| ψ ∗ (q, t) |2 | ψ(q, t) |2 >
F1 (q, t) =< ψ ∗ (q, t)ψ(q, t) >
(4.6)
(4.7)
dove:
ψ(q, t) ≡
N
X
0
exp iq · rj (t)
(4.8)
j=1
Poiché la somma é estesa alle sole particelle all’interno del volume
illuminato, scrivendo la densitá di particelle come ρ(r, t) = ρ0 +δρ(r, t),
dove δρ é la fluttuazione della densitá numerica, si puó scrivere:
Z
ψ(q, t) =
V
d3 r δρ(r, t) exp iq · r = δρ(q, t)
(4.9)
ovvero la ψ(q,t) é uguale alla trasformata di Fourier della fluttuazione della densitá numerica.
Al fine di considerare le sole particelle all’interno del volume illuminato
introduciamo il parametro:
(
bj (t) =
1 j∈V
0 j∈V
/
da cui:
ψ(q, t) =
N
X
bj (t) exp iq · rj (t)
(4.10)
j=1
la somma ora corre su tutte le particelle, e non solo su quelle
all’interno del volume illuminato.
4.2
Soluzioni diluite
Le macromolecole in soluzione hanno una polarizzabilitá molto piú
grande di quella delle molecole del solvente, e rispetto a queste si
muovono molto piú lentamente. Questo comporta che le macromolecole
4.2. SOLUZIONI DILUITE
35
sono dei centri diffusori piú efficaci rispetto alle molecole del solvente,
e che il loro moto domina l’andamento di F1 e di F2 a tempi lunghi.
Si puó quindi effettuare la somma della (4.10) solo sulle N macromolecole in soluzione, considerando rj (t) la posizione del centro di massa della particella j al tempo t.
Nel caso di soluzioni molto diluite si considerano i moti delle particelle
statisticamente indipendenti 1 gli uni dagli altri, si puó allora scrivere:
F1 (q, t) =<
N
X
bj (0)bj (t) exp iq · [rj (t) − rj (0)] >
(4.11)
j=1
4.2.1
Funzione di correlazione eterodina
Facendo riferimento alla (4.11), cerchiamo di quantificare le scale di
tempo che determinano il decadimento della funzione F1 , prendendo in
esame i fattori in essa contenuti. Il termine bj (t)bj (0) passa dal valore 1 al valore 0 come la particella j abbandona il volume illuminato,
questo avviene in un tempo pari al tempo caratteristico del moto dif2
fusivo τ = LD , dove D é il coefficiente di diffusione delle particelle. Il
termine esponenziale si allontana invece dal valore unitario quando lo
spostamento rj (t) − rj (0) diventa confrontabile con la lunghezza q −1 ,
ció avviene in un tempo τete = (q 2 D)−1 . Confrontando le due scale di
tempo si ottiene:
τ
= (qL)2 ∼ 106
τete
dove sono stati considerati i valori tipici di L e q per un esperimento
di diffusione di luce.
Poiché il termine bj (t)bj (0) varia molto piú lentamente rispetto all’esponenziale si possono fattorizzare i due termini e ottenere:
F1 (q, t) =< N > Fs (q, t)
(4.12)
Fs (q, t) ≡< exp iq · [rj (t) − rj (0)] >
(4.13)
dove la
é la trasformata di Fourier della distribuzione di probabilitá Gs (R,t)
di una particella che compie uno spostamento di R nel tempo t:
Gs (R, t) =< δ(R − (ri (t) − ri (0))) >
1
Se due variabili sono statisticamente indipendenti: <xy>=<x><y>, poiché < exp iq ·
rj (t) >=δ(q)=0 per q6=0, segue che per j6=l < exp −iq · rj (0) exp iq · rl (t) >=0
36
CAPITOLO 4. SISTEMI DI MOLECOLE SFERICHE
infatti:
Z
d3 R exp iq·R < δ(R−[rj (t)−rj (0)]) >=< exp iq·(rj (t)−rj (0)) >= Fs (q, t)
Utilizzando la teoria della diffusione cerchiamo un’espressione per
Gs e per Fs . Al tempo zero si ha: Gs (R,0)=δ(R) e Fs (q,0)=1, possiamo quindi considerare Gs (R,t) come la probabilitá di trovare una
particella in un intorno d3 (R) del punto R al tempo t, considerando
che inizialmente la particella era in un intorno dell’origine. Il moto di
diffusione della particella sará un random walk, quindi ci si attende che
la Gs sia soluzione dell’equazione di diffusione:
∂
Gs (R, t) = D∇2 Gs (R, t)
∂t
(4.14)
trasformando secondo Fourier si ottiene:
∂
Fs (q, t) = −Dq 2 Fs (q, t)
∂t
(4.15)
considerando le condizioni iniziali si ha:
Fs (q, t) = exp −q 2 Dt = exp −t/τete
(4.16)
F1 (q, t) =< N > exp −t/τete
(4.17)
da cui:
Dunque la funzione di correlazione eterodina ha un decadimento
esponenziale con costante di tempo τete = (q 2 D)−1 , che rappresenta la
scala di tempo su cui le particelle si spostano di una lunghezza pari a
q −1 . Secondo la teoria del moto Browniano il coefficiente di diffusione
per una soluzione diluita di macromolecole di forma sferica é:
D=
kB T
6πηa
dove η é la viscositá del solvente e a il raggio delle macromolecole.
Se vale l’approssimazione gaussiana allora la funzione di correlazione
omodina é:
F2 (q, t) =< N >2 + < N >2 exp −2q 2 Dt
(4.18)
4.2. SOLUZIONI DILUITE
4.2.2
37
Funzione di correlazione omodina
La funzione di correlazione omodina per soluzioni diluite di macromolecole, risulta essere dalle (4.10),(4.6):
N
X
F2 (q, t) =<
bj (0)bk (0)bl (t)bm (t) exp iq·[rk (0)−rj (0)+rl (t)−rm (t)] >
j,k,l,m=1
(4.19)
Per soluzioni diluite questa espressione é notevolmente semplificata:
N
X
F2 (q, t) =<
b2j (0)b2l (t) > + <
poiché b2l (t) = bl (t) e
<
bj (0)bk (0) >| Fs (q, t) |2
j6=k=1
j,l=1
N
X
N
X
b2j (0)b2l (t)
(4.20)
P
l bl (t) = N (t),
>=<
j,l=1
N
X
bj (0)bl (t) >=< N (0)N (t) >
j,l=1
analogamente
N
X
< bj (0)bk (0) >=< N (N − 1) >
j6=k=1
quindi si ottiene:
F2 (q, t) =< N (0)N (t) > + < N (N − 1) >| Fs (q, t) |2
(4.21)
Esprimendo N (t) = N (0) + δN (t), si ha:
< N (0)N (t) >=< N >2 + < δN (0)δN (t) >
Dall’ensemble grancanonico si trova che la probabilitá PN di trovare
N particelle nel volume illuminato V non interagenti, ha una distribuzione poissoniana:
PN =
< N >N
exp − < N >
N!
questa distribuzione gode delle seguenti proprietá:
1. < N 2 >=< N >2 + < N >
2. < δN 2 >=< [N − < N >]2 >=< N 2 > − < N >2 =< N >
38
CAPITOLO 4. SISTEMI DI MOLECOLE SFERICHE
3. < N (N − 1) >=< N 2 > − < N >=< N >2
che semplificano la (4.21):
F2 (q, t) =< N >2 [1+ | Fs (q, t) |2 ]+ < δN (0)δN (t) >
(4.22)
il primo termine di tale espressione é il risultato giá ottenuto in
approssimazione gaussiana, vedi eq.(4.18), mentre il secondo rappresenta la deviazione da tale approssimazione. Risulta che F2 decade
in due tempi: il primo tempo é dell’ordine di τomo = τete
che carat2
terizza il tempo richiesto ad una particella per percorrere la distanza
q −1 ; il secondo é il tempo necessario per l’attraversamento del volume
illuminato. si ha allora:
F2 (q, t) =

2

 2<N > +<N >
< N >2 + < N >


< N >2
t=0
τ omo ¿t¿τ
tÀτ
Il termine di correzione all’approssimazione gaussiana é dell’ordine
di < N −1 > e puó quindi essere trascurato per soluzioni abbastanza
concentrate (ma non troppo da far cadere l’indipendenza statistica delle
macromolecole).
In approssimazione diffusiva allora:
F2 (q, t) =< N >2 [1 + exp −
t
τomo
]+ < δN (0)δN (t) >
(4.23)
con τomo = (2qD)−1 . Da un fit della funzione di correlazione é quindi
possibile ricavare il coefficiente di diffusione e da questo il raggio delle
macromolecole in soluzione.
Capitolo 5
Sistemi contenenti molecole
anisotrope
La polarizzabilitá di un sistema contenente molecole non sferiche é
in generale un tensore non diagonale. La funzione di correlazione del
campo diffuso da tale sistema dipenderá quindi, per quanto visto nella
sezione (2.2), dalla proiezione del tensore di polarizzabilitá αj della
molecola j, sulle direzioni iniziale e finale della polarizzazione della luce:
j
j
αif
= ni · αj · nf = (ni )α ααβ
(nf )β
Quindi le componenti del momento di dipolo indotto non saranno
in generale parallele al campo applicato:
µα = ααβ Eβ
Si puó tuttavia sempre trovare un sistema di assi in cui ció sia vero:
tali assi vengono chiamati assi principali, e definiscono un ellissoide di
polarizzabilitá che ha la stessa simmetria della distribuzione di carica.
Quando tutti e tre gli assi sono uguali si ha un sistema a simmetria
sferica, e quindi con polarizzabilitá isotropa; quando invece i tre assi
sono differenti la polarizzabilitá é anisotropa.
Restringendo il nostro campo d’indagine ai soli sistemi diluiti, e assumendo l’indipendenza statistica dei moti molecolari la
α
Iif
(q, t) =
N
X
0
j
j
< αif
(0)αif
(t) exp iq · [rj (t) − rj (0)] >
j=1
diviene:
α
Iif
(q, t) =
N
X
0
j
j
< αif
(0)αif
(t) > Fs (q, t)
j=1
39
(5.1)
40CAPITOLO 5. SISTEMI CONTENENTI MOLECOLE ANISOTROPE
j
j
da cui, poiché < αif
(0)αif
(t) > é uguale per ogni molecola equivalente del sistema, si ha:
α
(q, t) =< N >< αif (0)αif (t) > Fs (q, t)
Iif
(5.2)
j
j
Si nota che la funzione di correlazione < αif
(0)αif
(t) > varia perché
la molecola cambia orientazione nello spazio, mentre la dipendenza dal
moto traslazionale della molecola é contenuta nel termine Fs (q,t).
Analizzeremo di seguito il caso particolare di diffusione della luce da
parte di molecole a simmetria cilindrica e di molecole lineari.
5.1
Scattering di molecole a simmetria cilindrica
Assumendo che nel sistema di riferimento della molecola il tensore di
polarizzabilitá abbia soli elementi diagonali αk lungo l’asse principale e
α⊥ lungo gli assi ad esso perpendicolari, occorre trovare la relazione geometrica che permette di esprimere tali componenti nel sistema di riferij
j
mento del laboratorio, al fine di calcolare la quantitá < αif
(0)αif
(t) >.
Scegliendo la geometria II introdotta nel paragrafo 2.3 fissiamo il vettore kf lungo l’asse x del sistema di riferimento fisso nel laboratorio,
mentre il vettore ki é contenuto nel piano zy; selezioniamo le componenti del campo diffuso tali che ni = nf = ẑ che danno IVα V (q,t) e
ni = ẑ, nf = ŷ che danno IVα H (q,t):
IVα V (q, t) =< N >< αzz (0)αzz (t) > Fs (q, t)
IVα H (q, t) =< N >< αyz (0)αyz (t) > Fs (q, t)
(5.3)
(5.4)
Possiamo interpretare la componente αzz (t) nel sistema del laboratorio come la proiezione del momento di dipolo indotto da un campo
unitario diretto lungo l’asse z sull’asse z stesso, infatti:
µz = ẑ · µ = ẑ · α · ẑ
analogamente per αyz (t).
Prendiamo l’asse principale x0 della molecola lungo la direzione θ rispetto all’asse z (nel piano zy) del sistema del laboratorio, e gli assi y 0 e z 0
tali che il primo formi un angolo ( π2 − θ) rispetto all’asse z e il secondo
sia ortogonale ad esso.
Poiché la molecola é simmetrica per rotazioni rispetto all’asse x0 ,
queste non influenzeranno lo spettro, pertanto le ignoriamo.
Si ha che le proiezioni di ẑ e ŷ lungo x0 y 0 z 0 danno:
5.1. SCATTERING DI MOLECOLE A SIMMETRIA CILINDRICA
41
Figura 5.1: Gli assi XYZ individuano il sistema fisso nel laboratorio, mentre
X’Y’Z’ il di riferimento ella molecola


cos θ

ẑ = 
 sin θ 
0
e


sin θ sin φ

ŷ =  − cos θ sin φ 

− cos φ
da cui:
αzz

e
αyz


αk 0
0
cos θ



= (cos θ, sin θ , 0)  0 α⊥ 0   sin θ  = αk cos2 θ+α⊥ sin2 θ
0 0 α⊥
0



αk 0
0
cos θ



= (sin θ sin φ, − cos θ sin φ, − cos φ)  0 α⊥ 0   sin θ  = (αk −α⊥ ) sin θ cos θ sin φ
0 0 α⊥
0
Si possono esprimere queste componenti in termini di armoniche
sferiche del secondo ordine 1 ottenendo:
1
r
Y2,0 (θ, φ) =
5
(3 cos2 θ − 1)
16π
r
Y2,±1 (θ, φ) = ∓
15
sin θ cos θ exp ±iφ
8π
42CAPITOLO 5. SISTEMI CONTENENTI MOLECOLE ANISOTROPE
αzz = α + (
µ
αyz
2π
= i
15
16π 1
) 2 βY2,0 (θ, φ)
45
(5.5)
¶1
2
β[Y2,1 (θ, φ) + Y2,−1 (θ, φ)]
(5.6)
dove sono stati introdotti i parametri α e β detti rispettivamente
parte isotropa e parte anisotropa del tensore di polarizzabilitá:
1
(αk + 2α⊥ )
3
β ≡ (αk − α⊥ )
α ≡
(5.7)
il parametro α é pari a un terzo della traccia del tensore di polarizzabilitá, e pertanto ha lo stesso valore in ogni sistema di riferimento,
mentre il parametro β é una misura dell’anisotropia ottica del sistema,
per molecole sferiche si ha αk = α⊥ , quindi β=0.
Sostituendo quanto trovato nelle (5.3) si ottiene:
IVα V
= < N > [α2 Fs (q, t) +
IVα H (q, t) = < N >
16π 2 (2)
β F2,0 (t)(q, t)Fs (q, t)]
45
(5.8)
2π 2 (2)
(2)
(2)
(2)
β [F1,1 (t) + F1,−1 (t) + F−1,1 (t) + F−1,−1 (t)]Fs (q, t)(5.9)
15
dove
(l)
∗
Fm,m0 ≡< Ylm
0 (θ(0)φ(0))Ylm (θ(t)φ(t)) >
(5.10)
é una funzione di correlazione che riflette come gli angoli θ(t) e φ(t),
che rappresentano l’orientazione dell’asse di simmetria della molecola,
cambiano nel tempo.
5.2
Diffusione rotazionale di molecole lineari
Schematizzando la molecola lineare come una bacchetta rigida, ne specifichiamo la posizione attraverso un vettore unitario u. Il moto della
bacchetta puó essere allora rappresentato da un punto sulla superficie
della sfera di raggio u, che, in virtú delle continue collisioni tra molecole,
eseguirá sulla superficie della sfera un random walk. Descriviamo tale
diffusione rotazionale seguendo il modello di Debye, assumendo che le
5.2. DIFFUSIONE ROTAZIONALE DI MOLECOLE LINEARI
43
collisioni all’interno del liquido siano cosı́ frequenti, che la molecola puó
ruotare di soli angoli piccoli prima di subire una nuova collisione che le
dia un’orientazione diversa.
Considerando poi che l’insieme di molecole diffondano semplicemente
sulla superficie della sfera, scriviamo l’equazione che governa tale moto:
∂c(r, t)
= D∇2 c(r, t)
(5.11)
∂t
dove c(r,t) é la densitá di bacchette nel punto r=u sulla superficie
della sfera unitaria al tempo t.
Esprimendo tale equazione in coordinate polari a | r |=1 fissato, si
ottiene l’equazione di diffusione rotazionale:
∂c(r, t)
1
∂
∂
∂2
= Θ 2 [sin θ (sin θ ) + 2 ]c(r, t)
∂t
∂θ
∂θ
∂φ
sin θ
(5.12)
dove Θ é chiamato coefficiente di diffusione rotazionale.
Nell’equazione (5.12) si riconosce l’espressione dell’operatore momento
angolare orbitale adimensionale,(Iˆ2 Ylm (u) = l(l+1)Ylm (u) e Iˆz Ylm (u) =
ml Ylm (u) con l=0,1,2,....∞ e ml =-l,...,0,...+l) pertanto si puó scrivere:
∂c(q, t)
= −ΘIˆ2 c(u, t)
∂t
(5.13)
c(u, t) = exp(−tΘIˆ2 )c(u, 0)
(5.14)
la cui soluzione é:
dove Iˆ2 agisce solo su u. Imponendo le condizioni iniziali e utilizzando la relazione di chiusura valida per le armoniche sferiche si
ha:
c(u, 0) = δ(u − u0 ) =
X
∗
Ylm (u0 )Ylm
(u)
lm
da cui:
c(u, t) = exp(−tΘIˆ2 )
X
∗
Ylm (u0 )Ylm
(u)
(5.15)
lm
che per le proprietá delle armoniche sferiche diviene:
c(u, t) =
X
∗
(u)Ylm (u0 )
exp −l(l + 1)Θt Ylm
(5.16)
lm
Si puó interpretare tale soluzione dell’equazione di diffusione come
una probabilitá di transizione e si definisce la densitá di probabilitá per
44CAPITOLO 5. SISTEMI CONTENENTI MOLECOLE ANISOTROPE
una bacchetta di avere un’orientazione u al tempo t, data l’orientazione
iniziale u0 come:
Ks (u, t|u0 , 0) =
X
∗
Ylm (u0 )Ylm
(u) exp −l(l + 1)Θt
(5.17)
lm
La funzione di correlazione cercata nell’esperimento di diffusione di
luce sará allora della forma:
Z
< Yl∗0 m0 (u(0))Ylm (u(t)) >=
Z
d2 u0
d2 u Ylm (u)Gs (u, t; u0 , 0)Yl∗0 m0 (u0 )
(5.18)
dove Gs (u,t;u0 ,0)d2 u0 d2 u rappresenta la probabilitá di trovare una
bacchetta con orientazione u0 in d2 u0 inizialmente, e con orientazione u
in d2 u al tempo t. Si puó esprimere Gs in funzione di Ks e della funzione
di distribuzione delle probabilitá dell’orientazione iniziale p(u0 ):
Gs (u, t; u0 , 0) = Ks (u, t; u0 , 0)p(u0 )
Per un insieme di molecole lineari all’equilibrio ci si attende un’ori1
entazione uniforme delle molecole tale che p(u0 )= 4π
.
Utilizzando allora la proprietá di ortonormalitá delle armoniche sferiche
la (5.18) diviene:
< Yl∗0 m0 (u(0))Ylm (u(t)) >= Fl (t)δl,l0 δm,m0
(5.19)
dove:
1
exp(−l(l + 1)Θt)
4π
La funzione di correlazione (5.10) vale allora:
Fl (t) =
1
exp −6Θt δm,m0
4π
Utilizzando l’equazione (4.16), otteniamo:
(2)
Fmm0 = F2 (t)δm,m0 =
IVα V
= < N > {α2 +
4 2
β exp −q 2 Θt} exp −q 2 Dt
45
1
< N > β 2 exp −6Θt exp −q 2 Dt
15
E si puó esprimere:
IVα H =
(5.20)
(5.21)
(5.22)
(5.23)
4
α
(q, t) + IVα H (q, t)
(5.24)
IVα V (q, t) = IISO
3
dove il primo termine dá informazioni sulla sola diffusione traslazionale
mentre il secondo dá anche informazione circa il moto rotazionale.
Capitolo 6
Risultati sperimentali
Il nostro studio si propone ora di analizzare la diffusione della luce da
parte di un campione colloidale anisotropo.
Il campione utilizzato é una soluzione contenente il colloide Laponite:
un colloide é un fluido contenente un gran numero di piccole particelle
solide, le cui dimensioni variano tipicamente da 1 nm a 1000 nm, e sono
costituite da aggregati di molecole oppure da macromolecole. Le grandi dimensioni delle particelle colloidali, rispetto agli atomi dei normali
vetri, le rendono visibili al microscopio e fanno sı́ che il loro movimento
sia molto piú lento.
Le sospensioni di Laponite sono costituite da dischi dalla superficie carica negativamente, di spessore pari a 1nm e di diametro all’incirca pari
a 30 nm.
Ci proponiamo di studiare la dinamica durante l’invecchiamento del
colloide in soluzione investigando il rallentamento della diffusione rotazionale delle molecole nel campione tramite la funzione di correlazione g2V H dipendente dalla IV H introdotta nel paragrafo (5.1).
6.1
L’apparato sperimentale
Per realizzare le misure di fotocorrelazione abbiamo utilizzato come
sorgente un fascio di luce monocromatica e polarizzata verticalmente
emessa da un laser a He-Ne, dalla potenza di 8-9 mW, e come campione
una soluzione di acqua e laponite alla concentrazione del 2% . Il fascio
diffuso é stato raccolto ad un angolo θ = π2 e fatto passare attraverso un
polarizzatore in modo da selezionare la sola componente orizzontale, e
quindi attraverso un pinhole, per aumentare il contrasto dinamico, per
poi incidere sulla superficie del fotomoltiplicatore. Il segnale in uscita da
quest’ultimo é stato elaborato da un correlatore digitale, interfacciato
45
46
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
ad un PC che permette di acquisire la funzione di correlazione del
numero di fotoni raccolti dal rivelatore.
Nel preparare la soluzione di acqua deionizzata e laponite si é tenuto
conto che questa é un’argilla, e come tale tende a trattenere acqua,
circa il 16% in peso, si é pertanto aggiunta laponite in soluzione fino
a raggiungere una percentuale del 2,378 in peso. Abbiamo lasciato in
agitazione finché la soluzione non é diventata chiara, quindi abbiamo
filtrato il campione mediante un filtro Millipore 0.45µm.
6.2
L’acquisizione dei dati
Come visto nel paragrafo (5.1) il campo elettrico diffuso da molecole
anisotrope (quando é polarizzato linearmente nella direzione verticale)
ha due componenti: quella polarizzata verticalmente EV V con ampiezza
proporzionale alla polarizzabilitá media (vedi(5.8)), e quella depolarizzata nella direzione orizzontale EV H la cui ampiezza é proporzionale
all’anisotropia intrinseca β delle particelle (vedi (5.7)); esperimenti di
diffusione della luce polarizzata e depolarizzata misurano rispettivamente la funzione di correlazione temporale delle intensitá VV e VH
del campo diffuso:
gV2 V (q, t) =<
gV2 H (q, t) =<
IV V (q, t)IV V (q, 0)
>
IV V (q)2
IV H (q, t)IV H (q, 0)
>.
IV H (q)2
Dall’equazione (5.24) ricaviamo che il contributo del moto rotazionale
nella funzione di correlazione gV2 V é proporzionale a 43 IIVV HV . Sperimentalmente abbiamo osservato che il numero di fotoni rivelati dal fotomoltiplicatore quando la luce diffusa é depolarizzata risulta inferiore
rispetto al caso di luce polarizzata di circa un fattore cento, é quindi
questo l’ordine di grandezza del rapporto IIVV HV . Pertanto la dinamica
(2)
della funzione gV V riflette principalmente la diffusione traslazionale,
(2)
mentre la gV H é determinata sia dal moto traslazionale che rotazionale
delle molecole.
(2)
Abbiamo registrato la funzione di correlazione gV H per diversi tempi
di invecchiamento del campione: il fenomeno per cui alcune variabili
del sistema dipendono dal tempo di attesa tw , pari al tempo trascorso
dalla preparazione del campione, é detto invecchiamento. L’invecchiamento é legato al rallentamento della dinamica del sistema in esame, nel
nostro caso dipendente dalla concentrazione delle molecole di laponite
in soluzione: aumentando infatti il numero di molecole in soluzione il
6.2. L’ACQUISIZIONE DEI DATI
47
moto diffusivo di queste rallenta al diminuire del volume libero a loro
disposizione. Uno studio recente [3] ha mostrato come il processo di
invecchiamento evolve differentemente per alte e basse concentrazioni.
Al fine di minimizzare il rumore presente nelle singole acquisizioni,
dovuto al fatto che il numero di conteggi rilevati dal fotomoltiplicatore risultava estremamente basso (circa 60 al secondo) a causa della
scarsa intensitá della luce diffusa con polarizzazione orizzontale, abbiamo effettuato la somma dei dati registrati nell’arco delle 24 ore dal
correlatore.
Le funzioni di correlazione cosı́ ottenute per diversi ”intervalli” d’invecchiamento sono riportate nelle figure seguenti.
2,0
primo giorno
1,8
1,4
g2
VH
1,6
1,2
1,0
0,8
1E-6
1E-5
1E-4
1E-3
0,01
0,1
1
10
t (s)
Figura 6.1: Funzione di correlazione del campo diffuso in polarizzazione VH,
primo giorno di acquisizione dei dati
48
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
Per tempi di invecchiamento piccoli, i due tempi di rilassamento
del sistema sono dello stesso ordine di grandezza e quindi difficilmente
distinguibili. All’aumentare dell’invecchiamento, il secondo tempo di
rilassamento cresce, come si nota dai seguenti fit:
2,0
secondo giorno
1,8
g2
VH
1,6
1,4
1,2
1,0
1E-6
1E-5
1E-4
1E-3
0,01
0,1
1
10
t (s)
Figura 6.2: Funzione di correlazione del campo diffuso in polarizzazione VH,
secondo giorno di acquisizione dei dati
6.2. L’ACQUISIZIONE DEI DATI
49
2,0
terzo giorno
1,8
g2
VH
1,6
1,4
1,2
1,0
1E-6
1E-5
1E-4
1E-3
0,01
0,1
1
10
tempi (s)
Figura 6.3: Funzione di correlazione del campo diffuso in polarizzazione VH,
terzo giorno di acquisizione dei dati
2,0
quarto giorno
1,8
g2
VH
1,6
1,4
1,2
1,0
1E-6
1E-5
1E-4
1E-3
0,01
0,1
1
10
t (s)
Figura 6.4: Funzione di correlazione del campo diffuso in polarizzazione VH,
quarto giorno di acquisizione dei dati
50
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
2,0
quinto giorno
1,8
1,4
g2
VH
1,6
1,2
1,0
0,8
1E-6
1E-5
1E-4
1E-3
0,01
0,1
1
10
t (s)
Figura 6.5: Funzione di correlazione del campo diffuso in polarizzazione VH,
quinto giorno di acquisizione dei dati
La crescita del secondo tempo di rilassamento all’aumentare dell’invecchiamento é tipica dei sistemi non stazionari: i moti cooperativi
delle molecole che interessano le modificazioni della struttura microscopica (cui si faceva riferimento nella sezione (1)), coinvolgono tempi
di rilassamento molto piú lunghi di quelli osservabili in laboratorio;
pertanto tali sistemi sono per noi ”fuori dall’equilibrio” .
6.3
Conclusioni
Si riscontra dalle figure 6.1 - 6.5 un decadimento a due tempi della funzione di correlazione che risulta via via piú evidente con l’aumentare
dell’invecchiamento e che segue i due tempi di rilassamento dei gradi
di libertá traslazionali e rotazionali del sistema: mentre il primo tempo
di rilassamento appare pressoché indipendente dall’invecchiamento, il
secondo tempo ne risulta fortemente dipendente e cresce al crescere di
tw .
Ipotizzando, come é stato fatto nello studio [3], che la funzione di correlazione decada in due tempi, di cui uno stretchato, abbiamo effettuato
i fit dei dati sperimentali con la seguente funzione:
6.3. CONCLUSIONI
51
−t
−t
+ (1 − a) exp[ ]β ]2
(6.1)
τ1
τ2
dove τ1 é il tempo caratteristico associato alla dinamica veloce, τ2
quello associato alla dinamica lenta e β il parametro di stretching, il
parametro a descrive infine il peso relativo dei due processi.
Riportiamo nella figura 6.6 i fit che descrivono l’andamento della funzione di correlazione in funzione del tempo all’aumentare del tempo di
invecchiamento.
g2 (q, t) = 1 + b[a exp
2,0
primo giorno
secondo giorno
terzo giorno
quarto giorno
quinto giorno
1,8
g2
1,6
1,4
1,2
1,0
1E-6
1E-5
1E-4
1E-3
0,01
0,1
1
10
t (s)
Figura 6.6: Fit della funzione di correlazione VH mediante la (6.1) a tempi di invecchiamento crescenti: all’aumentare dell’invecchiamento τ1 rimane
costante, mentre τ2 cresce indefinitivamente, come ci si attende per un
sistema non stazionario.
Si osserva che, con l’aumentare dell’invecchiamento, la dinamica
lenta risulta rallentare, il secondo tempo di rilassamento τ2 é una funzione crescente del tempo di invecchiamento; riportiamo l’andamento
di τ2 in funzione di tw nella figura 6.7.
52
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
0,015
τ2
VH
(s)
0,010
0,005
0,000
0
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.7: Andamento del tempo di rilassamento lento VH in funzione
dell’invecchiamento. La linea continua é il fit mediante la (6.2)
Uno studio precedente del depolarizzato [5], limitato a tempi di
invecchiamento ≤ 220 min, suggerisce un andamento esponenziale di
τ2 in funzione di tw :
τ2 = τ0 exp tw /t0
(6.2)
con τ0 = 0, 3 ms e t0 =62 min. Noi abbiamo esteso lo studio di
tale andamento a tempi di invecchiamento maggiori di un ordine di
grandezza (tw ≤ 7200 min), e, fittando τ2 in funzione del tempo di
invecchiamento, (vedi figura 6.8) abbiamo ottenuto τ0 = 0, 019 ms e
t0 = 18,07 h. Il disaccordo con i risultati ottenuti in [5] é imputabile alla
diversa concentrazione della laponite in soluzione: 2, 5% in [5] e 2% per
noi.
L’andamento del parametro β, riportato in figura 6.9, in funzione
dell’invecchiamento risulta decrescente, in accordo con quanto trovato
in [3] in intervalli di tw (fino a 2500 h) superiori ai nostri (fino a 120
h).
6.3. CONCLUSIONI
53
0,01
τ2
VH
(s)
1E-3
1E-4
0
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.8: Fit lineare del logaritmo del tempo di rilassamento lento VH in
funzione dell’invecchiamento
0,60
0,55
0,50
β
0,45
0,40
0,35
0,30
0,25
0,20
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.9: Andamento del fattore β VH in funzione dell’invecchiamento del
campione
54
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
Analogamente a quanto fatto per il VV in [3] , introduciamo un
nuovo parametro che descriva la dinamica lenta del campione durante
l’invecchiamento: il tempo medio di rilassamento, legato ai parametri
β e τ2 dalla relazione:
1 1
τm = τ2 Γ( )
β β
(6.3)
Su tempi di invecchiamento lunghi (tw ≤2500 h), in VV si trova
sperimentalmente [3], vedi figura (6.16), che l’andamento di τm con tw
é del tipo:
τm = τ0 exp(B
t∞
w
tw
)
− tw
(6.4)
noi abbiamo verificato se questa dipendenza funzionale sia applicabile anche al VH, il risultato é mostrato in figura 6.10.
0,30
0,25
0,15
τm
VH
(s)
0,20
0,10
0,05
0,00
0
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.10: Andamento del tempo medio di rilassamento VH in funzione
dell’invecchiamento; la linea continua é il fit mediante la (6.4).
Per piccoli tempi di invecchiamento ( facendo riferimento alla scala
di tempi riportata in figura 2 di [3] ) si puó sviluppare in serie l’esponente della (6.4), e si ottiene che l’andamento di τ2 con tw é un
esponenziale, τm = A exp ttw1 i tre parametri della (6.4) divengono quindi ridondanti. Effettuiamo pertanto un fit lineare del logaritmo di τm
6.3. CONCLUSIONI
55
0
-2
VH
ln( τm )
-4
-6
-8
-10
-12
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.11: Per piccoli tempi di invecchiamento l’andamento del tempo di
rilassamento risulta un semplice esponenziale in tw
in funzione di tw , riportato in figura 6.11 ,e otteniamo: A=3,84 µs e
t1 =10,81 h.
56
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
É bene sottolineare che i dati analizzati in [3], [4] e [6] sono stati
raccolti in geometria VV, in range temporali molto diversi: tw ≤800
min per [4], e t ≤2500 h per [3] e [6]; pertanto noi abbiamo utilizzato nuovi dati raccolti in geometria VV [7], relativi a una soluzione di
laponite pari al 2%, ed esplorato un range temporale intermedio tra
quelli degli studi precedenti (tw ≤120 h), effettuando un confronto tra
i risultati relativi al depolarizzato e quelli relativi al polarizzato.
L’intensitá della luce diffusa in polarizzazione verticale (superiore all’intensitá della luce depolarizzata di un fattore cento) ha permesso di campionare i dati ogni ora: riportiamo quindi in figura 6.12 l’andamento del
tempo di rilassamento lento in funzione del tempo di invecchiamento:
16
14
12
8
τ2
VV
(ms)
10
6
4
2
0
0
15
30
45
60
75
90
105
120
tw (h)
Figura 6.12: Andamento del tempo di rilassamento lento dei gradi di libertá
traslazionali (VV)in funzione del tempo di invecchiamento
Per poter effettuare un confronto con i dati da noi raccolti in geometria VH, abbiamo binnato i dati VV a 24 ore, ottenendo l’andamento
esponenziale atteso in figura 6.13:
6.3. CONCLUSIONI
57
0,030
0,025
0,015
τ2
VV
(s)
0,020
0,010
0,005
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.13: Andamento del secondo tempo di rilassamento dei gradi di
libertá traslazionali (VV) in funzione di tw , mediando a 24 ore
58
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
Fittando τ2 in funzione di tw , in figura 6.14, riferendoci all’equazione
(6.2), otteniamo τ0 =0,53 ms e t0 =42,8 h.
τ2
VV
(s)
0,01
1E-3
1E-4
0
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.14: Andamento del logaritmo del secondo tempo di rilassamento
dei gradi di libertá traslazionali (VV) in funzione di tw , mediando a 24 ore
Il valore di τ0 risulta compatibile con quello trovato in [4] per cui
τ0 =0,3 ms, al contrario in [4] t0 = 10−5 sec. Ancora una volta, tale disaccordo é imputabile alle diverse concentrazioni di laponite a cui tali
dati fanno riferimento: 2,5% per [4] e 2% per noi. Riportiamo di seguito l’andamento osservato in [4] per τ2 , corrispondente a due differenti
concentrazioni di laponite (2,5% e 2,8% in peso):
6.3. CONCLUSIONI
59
Figura 6.15: Andamento del tempo di rilassamento lento VV in funzione
dell’invecchiamento osservato nell’articolo [4]: i punti sono relativi a due
concentrazioni differenti (2,5% i quadrati e 2,8% i cerchi).Nell’inserto in
basso a destra i punti sono riportati in scala log-log
60
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
Seguendo quanto giá fatto per il polarizzato, studiamo l’andamento
del tempo medio di rilassamento definito nella 6.3. In [3] i tempi tw
esplorati appartenevano a un range molto piú grande del nostro (fino
a 2500 ore) e veniva soddisfatto l’andamento (6.4):
Figura 6.16: Andamento del tempo medio di rilassamento dei gradi di libertá
traslazionali (VV) in funzione dell’invecchiamento osservato in [3] per diverse
concentrazioni
per tempi piccoli rispetto a tale scala si puó effettuare uno sviluppo
in serie della (6.4) ottenendo un andamento esponenziale, come riportato nella figura 6.17; da un fit esponenziale τm = A exp ttw1 otteniamo:
A = 0, 06 ms e t1 = 20, 67 h.
6.3. CONCLUSIONI
61
0,035
0,030
0,025
τm
VV
(s)
0,020
0,015
0,010
0,005
0,000
-0,005
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.17: Andamento del tempo medio di rilassamento dei gradi di libertá
traslazionali (VV) in funzione dell’invecchiamento
Concludiamo la nostra analisi con un confronto tra i gradi di libertá
traslazionali e quelli rotazionali: graficando l’andamento del tempo di
rilassamento lento in entrambi i casi, osserviamo (vedi figura 6.18) che
la dinamica evolve diversamente per il polarizzato e per il depolarizzato:
per piccoli tempi di invecchiamento i valori di τ2V V risultano piú grandi
di circa un ordine di grandezza rispetto ai valori di τ2V H ; a tw crescenti
peró τ2V H cresce piú rapidamente di τ2V V .
62
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
-4
VV
ln t2
VH
ln t2
-5
ln τ2
-6
-7
-8
-9
20
40
60
80
100
120
tw (h)
Figura 6.18: Gli andamenti del secondo tempo di rilassamento risultano
differenti per i gradi di libertá traslazionali e rotazionali: per tw piccoli τ2V V
é piú grande di circa un ordine di grandezza di τ2V H ; all’aumentare di tw
τ2V H cresce piú rapidamente di τ2V V
6.3. CONCLUSIONI
63
La nostra analisi sulla diffusione della luce da parte di una soluzione
colloidale ha mostrato che le dinamiche dei gradi di libertá rotazionali e traslazionali del sistema appaiono qualitativamente molto simili.
Il tempo ”breve” di rilassamento strutturale del sistema risulta pressoché indipendente dal tempo di invecchiamento, mentre il tempo di
rilassamento ”lungo” varia di diversi ordini di grandezza al crescere di
tw . Per tempi brevi si osserva infatti che le particelle effettuano un moto browniano, al crescere del tempo di invecchiamento tuttavia queste
sono confinate in delle ”gabbie” effettive formate dai loro vicini. La
fuga delle particelle dalle loro rispettive gabbie diviene sempre piú difficile come il sistema invecchia, si riscontra pertanto il rallentamento
sia della dinamica rotazionale che traslazionale del sistema.
Contrariamente a quanto osservato in [5], per cui, in una scala temporale tw ≤800 min, l’andamento dei due tempi di rilassamento τ2V V
e τ2V H risulta essere lo stesso; noi, in una scala temporale piú estesa (tw ≤120 h), abbiamo verificato che l’andamento di τ2V V e di τ2V H
segue la (6.2) con parametri diversi : τ0 =0,019 ms e t0 =18,07 h per
τ2V H , mentre τ0 =0,53 ms e t0 =42,82 h.
64
CAPITOLO 6. RISULTATI SPERIMENTALI
Bibliografia
[1] B.J. Berne,R. Pecora,Dynamic Light Scattering,Dover Publications(1976)
[2] J.K.G. Dhont An Introduction to Dynamics of Colloids,Elsevier
(1996)
[3] B. Ruzicka, L. Zulian,G. Ruocco, Phys Rev Lett 93,258301 (2004)
[4] B. Abou, D. Bonn, J. Meunier, Phys Rev E 64,021510 (2001)
[5] S. Jabbari-Farouji,E. Eiser,G. Wegdam,D. Bonn (unpublished)
[6] B. Ruzicka,L. Zulian,G. Ruocco, cond-mat 0509235
[7] D. Di Pietro, Dissertazione laurea triennale, Universitá di Roma
La Sapienza (2005)
65