Lezione Magistrale del Prof. Angelo Persechino

Lezione Magistrale tenuta dal Prof. Angelo Persechino in occasione del suo
pensionamento dal titolo:
Anche gli animali ammalano di cuore.
Approccio clinico-metodologico al paziente.
La cardiologia veterinaria, e più segnatamente quella degli animali da
compagnia, in cui oggi vengono compresi oltre ai piccoli animali anche il cavallo
sportivo, ha ricevuto a partire dai primi anni ottanta un notevole e rapido sviluppo,
cui hanno contribuito in maniera rilevante l’applicazione di nuove tecniche
diagnostiche strumentali e di terapia cardiovascolare interventistica, per cutanea,
come la valvuloplastica, l’occlusione trans-catetere di dotti arteriosi o di difetti settali,
l’impianto di pacemaker, di defibrillatore cardiovertitore (come avviene nel boxer
con TVPs in corso di ARVC), ed ancora la possibilità di gestire il paziente
cardiopatico con nuovi presidi terapeutici, quali i vasodilatatori, i cardioattivi, i
cardiostimolanti, gli antiaritmici, gli inibitori dei recettori dell’angiotensina (c. d.
sartanici), ed altri ancora. In questo specifico settore, aggiungo, già si intravedono le
possibilità di impiego sia nell’uomo che nei piccoli animali, di nuove classi di
farmaci, quali gli antagonisti dell’ET1, del TNF, e della Vasopressina, fattori questi,
com’è noto, pesantemente attivati in corso di scompenso cardiaco cronico e
responsabili del rimodellamento cardiaco e, quindi, di aggravamento dello scompenso
stesso.
Anche la disponibilità di nuovi biomarker cardiaci, molto sensibili e specifici,
in grado di segnalare la disfunzione cardiaca sistolica, come l’ANP e il BNP, e il
danno miocardio, come la troponina, la mioglobina, e il CK, ha contribuito ad una
migliore e più precoce stratificazione diagnostica e prognostica delle patologie
miocardiche.
In particolare, nel cane come nell’uomo, la valutazione dell’ANP, del BNP e
della troponina, consente oggi di diagnosticare una compromissione cardiaca anche in
fase preclinica (occulta), di differenziare sindromi dispneizzanti acute primarie da
quelle secondarie, cardiogene, ed inoltre di monitorare la risposta del paziente alla
terapia farmacologica.
E’ fuor di dubbio che la cardiologia rappresenti una branca della medicina
interna molto interessante e suggestiva anche a livello di mass media, sia per
l’importanza considerevole che riveste la funzione cardiocircolatoria anche
nell’immaginario collettivo, sia per i rilevanti ed impressionanti progressi oggi
raggiunti: basti pensare al trapianto cardiaco nell’uomo nei primi anni settanta e
all’autotrapianto di cellule staminali mioblastiche o midollari nella riparazione di aree
di tessuto miocardico necrotico, in condizioni sperimentali, ed ancora alla svolta, che
potremmo definire storica, che si è avuta agli inizi degli anni ottanta, con
l’introduzione della diagnostica per immagini nella clinica dei piccoli animali e del
cavallo, soprattutto dell’ecografia e dell’ecodoppler, ma anche della TAC, RM, e
Scintigrafia Nucleare; tecniche le ultime due che purtroppo incontrano ancora oggi
difficoltà di applicazione nelle procedure diagnostiche sugli animali d’affezione, per
l’elevato impegno economico, tecnologico e di competenza che esse richiedono.
I motivi della così rapida diffusione dell’interesse per la cardiologia, in specie
dei piccoli animali, da parte dei medici veterinari, va ricercata nell’invecchiamento
crescente della popolazione canina e felina, come d’altra parte avviene anche per la
popolazione umana nel nostro Paese, ed ancora nella diffusione di patologie
cardiache legate a particolari fenotipi di moda, in cui viene operata una selezione
spinta; ne sono prova, ad esempio, la CMD nelle razze giganti, la SSA nel Terranova,
Rottweiler, pastore tedesco, boxer, ecc, la SP nel beagle, cocker spaniel, bull dog e
boxer ed il PDA nel barboncino e nel Collie, ma non va neppure sottovalutato
l’elevato numero di animali d’affezione presenti nel territorio nazionale, che viene
stimato oggi intorno a 30 milioni di unità.
Indubbiamente, il prolungamento della vita media degli animali d’affezione,
strettamente correlato al miglioramento delle condizioni socio-economiche dei
proprietari, ha comportato una maggiore incidenza di patologie geriatriche in questi
animali, in particolare di quelle cardiovascolari, che impegnano non poco il medico
veterinario sul piano diagnostico e terapeutico. Trattasi, nella stragrande maggioranza
dei casi, di forme ad evoluzione cronica, per le quali sono richiesti controlli clinici
periodici. Il paziente cardiopatico può, pertanto, rappresentare per il medico
veterinario un buon investimento, professionale, di immagine ed anche economico,
sempre che ne sappia gestire con competenza l’evoluzione clinica e meritare la
fiducia dei proprietari. Tra questi, infatti, sono sempre più diffuse conoscenze
biomediche generiche “cardiologiche”, spesso di tipo giornalistico o televisivo, che
impongono al veterinario specifiche competenze cardiologiche, anche per soddisfare
le loro possibili richieste sull’impiego e sugli effetti di farmaci, sull’aspettativa di
vita, sui costi di gestione delle stessa malattia, ecc.
In questo contesto assume particolare importanza la figura di un professionista
che abbia acquisito buoni livelli clinico-diagnostici e terapeutici, al quale possa far
riferimento anche il medico veterinario di base per una più corretta diagnosi e
trattamento terapeutico, non soltanto di tipo farmacologico ma anche di tipo
interventistico, come l’impianto di pacemaker, l’estrazione di macrofilarie dal cuore
o la correzione di vizi cardiaci congeniti ( mediante valvuloplastica, occlusione
transcatetere) e l’ablazione trans-catetere mediante radiofrequenza di vie accessorie o
di focolai attivatori di FA o di altre tachiaritmie (es.: TAP sostenute).
LINEE GUIDA DI DIAGNOSTICA CLINICA CARDIOLOGICA
L’approccio clinico al paziente sospetto di patologie cardio-respiratorie
comprende, com’è ben noto, in primis un esame obiettivo generale, improntato sulla
tradizionale semiologia e metodologia clinica di tipo osservazionale e deduttivo, che
dovrà essere comunque, sempre preceduta dall’identificazione bio-fenotipica del
paziente e da una raccolta attenta e precisa dei dati anamnestici, orientata alla
definizione del o dei problemi segnalati dal proprietario.
L’esame clinico generale si svolge, poi, attraverso procedure di semiologia
fisica,
codificate agli inizi degli anni trenta ,dal Messieri in undici punti
fondamentali, ancora pienamente attuali, che consentono al clinico di trarre
informazioni sulle funzioni organiche generali dell’animale in esame, indispensabili
per poter poi sviluppare ed estendere il ragionamento clinico-diagnostico su uno o più
organi o apparati in particolare, attraverso indagini semiologiche dirette ed esami
collaterali diversi. Questi ultimi devono scaturire necessariamente
da un’attenta
valutazione di tutti i dati emersi dall’esame clinico diretto, il solo in grado di guidare
il medico veterinario nella scelta ed interpretazione degli esami di laboratorio, di
diagnostica strumentale, di prove funzionali e/o sperimentali, indispensabili oggi per
una precisa e completa diagnosi (diagnosi d’organo ed eziologica), ma anche per
definire la gravità e la possibile reversibilità del processo.
Essi possono riuscire tanto più utili se programmati dopo un primo
orientamento diagnostico e se rapportati e confrontati con le risultanze dell’esame
clinico.
La crescente disponibilità di indagini strumentali e di laboratorio anche in
cardiologia medica veterinaria e, talora, l’esigenza di pervenire rapidamente ad una
conclusione diagnostica del singolo caso, portano spesso il clinico a sorvolare su
alcuni punti o, peggio ancora, a sovvertire l’iter diagnostico e quindi il metodo clinico
classico, con conseguenze spesso imprevedibili o, addirittura, negative, potendosi in
tal guisa, tralasciare rilievi semiologici utili per la formulazione della diagnosi ed
ancora richiedere indagini di laboratorio o strumentali non essenziali.
L’esaltazione delle indagini strumentali o di laboratorio e l’ansia di una
diagnosi rapida non devono però mai sminuire l’importanza del metodo clinico nè
mettere in secondo piano il ruolo del medico veterinario: “il metodo clinico, afferma
Ballarini, assegna al clinico veterinario una specificità scientifica e gli garantisce una
dignità professionale”.
Anche per questo esso merita una rigida e scrupolosa osservanza.
IDENTIFICAZIONE DEL PAZIENTE
La precisa conoscenza della epidemiologia cardiologica relativa alla razza
dell’animale, così come la sua provenienza da un determinato allevamento o da una
genealogia già nota come portatrice di cardiopatie congenite, può rendere più agevole
la formulazione della diagnosi. Le cardiopatie congenite, che rappresentano oggi
almeno l’1,1% delle patologie cardiache del cane sono molto spesso prerogativa di
alcune razze, sottoposte a selezione spinta: ricordiamo, tra quelle in cui è dimostrata
l’ereditarietà, il PDA nel barboncino nano, la SSA nel Terranova e boxer, la SP nel
beagle e boxer, la endocardiosi mitralica nel Cavalier King Charles Spaniel,la ARVC
ancora nel boxer e nel gatto, specie nella quale abbiamo avuto la possibilità di
segnalare di recente un primo caso clinico in Italia (il gatto rappresenta il modello
ideale per lo studio dell’omonima malattia nell’uomo).
Le cardiopatie congenite devono essere sospettate soprattutto in animali
giovani di pochi mesi o di uno due anni, che manifestino ritardo nella crescita, facile
affaticabilità, polipnea-dispnea, sincope, ascite, soffi cardiaci ecc, (il rilievo di un
soffio cardiaco sistolico, ad esempio, in un boxer o in un Terranova giovani, deve far
sospettare una stenosi aortica o polmonare congenite).
Nel gatto sono più spesso presenti cardiopatie congenite complesse non sempre
compatibili con la vita; fra le semplici, frequente è nel gatto la CIV, che può rimanere
silente fino quattro o cinque anni, e la CMI nel persiano e nel Main Coon, dove è
anche dimostrata l’ereditarietà. Non mancano, comunque, sia nel cane che nel gatto
casi in cui il soffio può rimanere silente fino a tarda età, senza che sia obiettivabile,
nonostante controlli accurati, per cui non si può escludere l’eventualità di una
cardiopatia congenita anche in soggetti adulti.
Ricordiamo, infine, che negli animali giovani i soffi legati a probabili
cardiopatie congenite vanno distinti da quelli funzionali (anemici o giovanili), che
non persistono nè si intensificano nel tempo, al contrario di quanto avviene in quelli
congeniti, che risultano, peraltro, di maggiore intensità (IV-V-VI grado). Negli
animali adulti risultano più frequenti le cardiopatie acquisite. Tra esse la più diffusa è
l’endocardiosi delle valvole AV (mitrale in particolare), con una incidenza di circa il
30% nei cani di dieci anni, e del 75% in quelli di oltre diciassette anni; la valvulopatia
interessa soprattutto le razze piccole, quali barboncino, volpino, pechinese, york shire
e cavalier king charles spaniel (razza selezionata dalla regina Vittoria). Anche le
cardiopatie primitive occupano un posto di rilievo sia nel cane (come la CMD e
l’ARVC) che nel gatto (CMI). La CMD in particolare interessa per lo più le razze
medio-grandi come l’alano, il PT, il boxer, il dobermann, nel quale è responsabile di
circa il 26% dei decessi, nonchè il cocker e le razze molossoidi, di età superiore ai 5
o 6 anni, per lo più di sesso maschile. Anche nel gatto la CMI è più comune nei
maschi.
Nelle cagne prevalgono la SSS e il PDA.
ANAMNESI
I motivi che inducono il proprietario a far visitare i propri animali possono
essere ricchi di indizi utili per la diagnosi. Nel cane viene denunciata in genere la
facile affaticabilità, la svogliatezza, la tosse notturna o da sforzo, la polipnea, la
debolezza del treno posteriore (per trombosi aorto-iliaca, PDA con shunt destrosinistro) e le crisi sincopali, in specie queste ultime del boxer e dobermann (TVP, FV,
BAV, arresti senoatriali, s. neurocardiogena). Questi elementi acquisiscono ulteriore
significatività se rapportati all’età, alla razza dell’animale, al tempo di comparsa dei
sintomi e alla loro evoluzione (ingravescenza), alla eventuale risposta alla terapia con
diuretici o vasodilatatori ed ancora alla provenienza degli animali (ad esempio, la
filariasi, come è noto, è endemica in alcune aree geografiche).
ESAME OBIETTIVO GENERALE
L’importanza diagnostica dei reperti semiologici che possono scaturire
dall’EOG sono stati discussi in precedenza. Ci limitiamo, pertanto, a riportare
brevemente gli elementi più significativi ed indicativi di possibili cardiopatie, sulle
quali verranno poi effettuati ulteriori approfondimenti semiologici e diagnostici.
1)
Lo scadente sviluppo scheletrico e nutrizionale di un soggetto in seno
ad una cucciolata, può indirizzare verso una cardiopatia congenita.
2)
Un atteggiamento di fame d’aria, associato ad ortopnea, può essere
suggestivo di scompenso cardiaco sinistro grave.
3)
La presenza di edemi sottocutanei declivi e/o cavitari, (ascite), si
accompagna spesso a scompenso cardiaco destro avanzato per cause
diverse (insuff. tricuspidale, SP, neoplasie alla base del cuore).
4)
La cianosi, di vario grado, è presente in molte cardiopatie congenite
(ma anche acquisite) con shunt destro-sinistro (classica è la tetralogia
di Fallot).
5)
Una cianosi limitata alle mucose prepuziali e vaginali nel cane, mentre
quelle orali e congiuntivali sono rosee (cianosi differenziale), deve far
sospettare un PDA con shunt destro-sinistro.
6)
Una linfoadenopatia periferica maligna (linfoma), associata ad edemi
sottocutanei, dispnea e cianosi, deve suggerire al clinico un possibile
coinvolgimento cardiaco destro o delle strutture mediastiniche .
7)
Una tachicardia sinusale persistente, non giustificabile, può far
supporre una patologia del miocardio.
8)
Anche la compromissione delle GFO può indirizzare verso problemi
cardiaci,
come
l’oliguria
da
ipoperfusione
renale,
gastroenteriche da stasi a carico degli organi splancnici, ecc,.
le
turbe
EOP dell’apparato cardiovascolare
Il riscontro, all’esame ispettivo della mucosa orale, di un polso capillare
o di allungamento del trc, può essere indicativo, rispettivamente, di
insufficienza aortica e di scompenso cardiaco con deficit della portata, per
cause le più varie (ipovolemia, shock, ICC).
Parimenti, la pulsazione della carotide o della femorale, molto spesso associata
a polso pieno e scoccante è da correlare ad insufficienza della valvola aortica, a
PDA e talora a CIV. Le giugulari turgide, pulsanti ed il reflusso
epatogiugulare, fanno propendere per un sovraccarico volumetrico ventricolare
destro, da insufficienza tricuspidale, filariasi cardiaca, SP, blocchi AV di IIa, o
III grado.
Ricordiamo che una pulsazione venosa positiva può aversi anche quando
la contrazione atriale si compie in presenza della valvola tricuspide chiusa, per
brusco rigurgito retrogrado di sangue nelle cave (onda a cannone); il che può
manifestarsi in modo regolare, come nel ritmo nodo-giunzionale, per
contrazione AV simultanea, oppure in modo irregolare in presenza di CVP o
BAV, quando accade che l’attivazione atriale e ventricolare avvengono
contemporaneamente.
Una compressione leggera, esercitata nella doccia giugulare, al di sotto
della linea di pulsazione, differenzia il polso venoso da quello arterioso, che
non scompare con questa manovra.
L’esame del polso arterioso ha un peso notevole nell’approccio
diagnostico alle patologie cardiache. Ad esempio, la scomparsa della variabilità
respiratoria fisiologica del polso (aritmia respiratoria), associata a TSA deve
indurre il clinico a verificare l’esistenza di patologie cardiache o extracaridache (es.: ipertritoidismo). Questa condizione esprime una marcata
attivazione simpatico- adrenergica, con depressione vagale, direttamente
correlata al grado di scompenso cardiaco. Si sottolinea a tale proposito che
anche la semplice TSA, se elevata e sostenuta, in un cuore sano può rendersi
responsabile nel tempo di cardiomiopatia dilatativa nel cane. Si è visto
sperimentalmente, infatti, che inducendo mediante pacing una tachicardia
superiore a 200 bpm si ha dopo 4 settimane la perdita del 39% dei cariomiociti,
per ipossia, ischemia, apoptosi.
I beta-bloccanti, in questi casi, sono senz’altro d’obbligo.
Un polso aritmico del tutto irregolare, a frequenza di solito alta e
variabile, di diversa ampiezza, associato all’ascoltazione, a toni cardiaci
parafonici, dissimili per intensità, tonalità e timbro, ed itto irregolare e
diseguale (delirium cordis), è indice certo di FA.
La frequenza del polso in questi casi è circa la metà di quella cardiaca
(deficit pulsatile).
La prognosi di questa aritmia può essere diversa: favorevole se
idiopatica, legata cioè ad una massa atriale critica, per disomogeneità della
refrattarietà, come avviene nell’uomo, nei cani di razze giganti, nel cavallo, in
cui converte di solito al ritmo sinusale; se invece, (come più spesso accade), è
secondaria ed associata a CMD o ad endocardiosi mitralica, la prognosi è
sempre molto riservata (< di 6-8 mesi, nella CMD).
Un’altra aritmia svelabile di solito all’esame del polso ed alla
ascoltazione cardiaca, è la extrasistolia, che assume significato clinico diverso
a seconda della patologia cardiaca sottostante e alle caratteristiche elettrofisiologiche presenti. Quelle associate a disionie, ad endocrinopatie, a
disfunzioni autonomiche, ecc, hanno in genere prognosi più favorevole.
Hanno carattere di malignità e prognosi riservata quelle associate a grave
scompenso cardiaco, plurifocali, bigemine, a coppie, a raffica, con TR corto,
che danno parasistolia, che hanno una frequenza maggiore di 15 al minuto,
oppure, infine, se sono associate ad altre aritmie (di solito a FA).
E’ possibile, talora, imbattersi in un polso anisosfigmatico, indice di
trombosi aorto- iliaca:
il polso prelevato alle due femorali contemporaneamente, presenta diverse
ampiezze; oppure in un polso paradosso che caratterizza il tamponamento
cardiaco con caduta inspiratoria dell’ampiezza del polso di oltre 20 mm/Hg. Si
segnala, infine, il polso alternante, (ad un polso ampio, segue uno piccolo)
ritmico ma con ampiezza alternante che si distingue da quello bigemino, con
ampiezza pure alternante, ma aritmico, tipico il primo di grave ICC, mentre il
secondo di bigeminismo extrasistolico.
Naturalmente il trattamento terapeutico è completamente diverso in
queste due condizioni aritmiche.
L’ispezione e la palpazione dell’aia cardiaca possono svelare
modificazioni dell’itto; questo rilievo può avere rilevanza diagnostica sia se
diminuito, come nei versamenti pericardici o toracici e nei gravi deficit inotropi
(CMD), sia se aumentato di intensità, come nella ipertrofia del ventricolo
sinistro e nell’eretismo cardiaco, TV, CVP, ecc,.
La palpazione ed ancor più l’ascoltazione consentono di apprezzare
eventuali rumori di sfregamento pericardici o soffi di forte intensità (V-VI
grado nel cane e IV, V, VI nell’uomo) cosiddetti “fremiti palpabili,” che
possono irradiarsi in punti diversi ed essere uditi: nel solco giugulare sulla
carotide, come avviene nella SSA, e sul manubrio dello sterno nel caso di PDA
con shunt sinistro destro, in senso craniale, ai lati dello sterno, nella SP, ecc.
Attraverso la percussione è possibile rilevare un aumento di ottusità
dell’aia cardiaca in corso di versamento pericardico, ingrandimento
ventricolare sinistro, presenza di masse neoplastiche ecc, soprattutto negli
animali a torace stretto o di grossa mole, mentre nelle razze piccole la
percussione cardiaca risulta poco diagnostica (ma non per questo, non va
fatta!).
Un aumento dell’aia di ottusità a destra e, talora, anche dell’itto, indica
un sovraccarico di volume e di pressione del ventricolo destro come accade
nell’insufficienza tricuspidale, filariasi cardiaca, PDA con shunt destro sinistro
e nella SP.
All’esame di auscultazione il clinico è portato in primis a ricercare la
presenza di soffi cardiaci, operazione non sempre agevole soprattutto quando
l’intensità e la qualità sono basse ed il paziente non collabora sufficientemente
per passare poi alla identificazione dei toni su cui i soffi si sviluppano, ed i
focolai di ascoltazione in cui questi si percepiscono con maggior forza,
valutando nel contempo il gradi di intensità e la qualità di essi.
Il riscontro all’ascoltazione di un soffio cardiaco, costituisce una pietra
miliare nella diagnostica cardiologica, potendo,talora, rappresentare il primo ed
unico elemento di rilievo; inoltre, l’aspetto tipico di alcuni soffi può conferire
loro carattere patognomonico, come nel PDA, dove si ha un soffio continuo
tipo macchinario o a locomotiva, o nell’endocardite aortica, dove il soffio
sistodiastolico assomiglia ad un muggito o barrito.
Per quanto concerne il tempo di produzione dei soffi, si deve considerare
la regola generale secondo cui i soffi sistolici da eiezione derivano da stenosi
aortica o polmonare ed hanno tonalità aspra, mentre quelli sistolici da rigurgito,
per incompetenza delle valvole AV ed hanno tonalità per lo più dolce (a getto
di vapore); se però vi è rottura delle corde tendinee si può avvertire un rumore
musicale a trombetta; al contrario, i soffi diastolici hanno origine dalle
sigmoidee (soffi da rigurgito) o da stenosi delle valvole AV (soffio da
eiezione).
Ulteriori ed importanti informazioni utili ai fini clinico-diagnostici,
possono essere acquisite dal rilievo di sdoppiamento dei toni: il primo tono per
chiusura asincrona delle valvole AV (freq. nella SSA, nel BB), ed il secondo
per chiusura asincrona della vavole semilunari (freq. nella filariasi c., BB,
shunt), nonché infine, la presenza di ritmo a tre tempi o di galoppo,
protodiastolico, per presenza di S3 (freq. nel cane con CMD, E Mitr), e di
galoppo presistolico per presenza di S4, frequente nel boxer e nel gatto con
CMI e CMR.
Ricordo, infine, che è possibile apprezzare in corso di CVP, il c.d.
“rumore di cannone”: trattasi di un tono cupo, intenso, derivante dalla somma
del tono atriale e di quello ventricolare; accade quando per dissociazione AV,
la vibrazione atriale e ventricolare si sommano, perché contemporanee o
pressocchè tali).
I dati scaturiti dalla valutazione biofenotipica del paziente (razza,
genealogia, età ecc), dall’indagine anamnestica, dall’esame
di semiologia
fisica generale, nonché dalla obiettivazione clinica delle modificazioni presenti
nell’apparato cardio- vascolare, consentono al clinico veterinario di disporre di
una notevole quantità di informazioni, sufficienti per elaborare una diagnosi
abbastanza attendibile, per impostare un protocollo terapeutico ed emettere, in
molti casi, un giudizio prognostico accettabile.
E’ fuori dubbio, tuttavia, che le malformazioni cardiache e vascolari
complesse, le turbe del ritmo senza espressioni cliniche evidenti e le
disfunzioni contrattili del miocardio, possono sfuggire ad una indagine
semiologica fisica, e pertanto, richiedono competenze specifiche ed indagini
collaterali adeguate, che consentano anche una migliore stratificazione
diagnostica e prognostica della patologia cardiovascolare. Ricordiamo fra
queste gli esami di laboratorio, l’esame ecografico e l’Holter cardiaco, l’esame
radiografico del torace, quello ecocardiografico, angiografico, scintigrafico, di
TAC e di RMN. Per quanto attiene agli esami di laboratorio, questi devono
essere indirizzati alla valutazione di biomarker in grado di svelare danni
precoci,
parenchimali
e
funzionali
miocardici,
alla
definizione
eziopatogenetica della malattia cardiaca (possono intervenire fattori endocrini,
dismetabolici, tossici, infettivi, vascolari, ecc), nonchè alla compromissione di
altri organi ed apparati o dell’equilibrio elettrolitico.
La registrazione elettrocardiografia, nonostante la disponibilità di nuovi
mezzi di indagine molto sofisticati e tecnologici, conserva ancora tutta la sua
piena ed esclusiva validità nella diagnostica delle turbe del ritmo cardiaco;
fornisce inoltre indicazioni sulla forma e volume delle camere cardiache
(l’ECG è però meno sensibile dell’es. RX), sull’equilibrio ionico del paziente e
sulla sua risposta alla terapia. Un ulteriore contributo allo studio delle
cardioaritmie può essere apportato dall’esame Holter che registra gli eventi
elettrici nelle 24 ore: il rilievo di 50-100 CVP nell’arco della giornata, può
suggerire una cardiomiopatia in fase preclinica “occulta”, nelle razze
predisposte (boxer, dobermann, alano, ecc,); mentre la presenza di tachicardia
ventricolare parossistica sostenuta, di TSV da macrorientro AV (300-400
bpm), di FA ad elevata penetranza, o di BAV di IIa o di III grado o di arresti
SA, possono giustificare la comparsa di crisi sincopali o lipotimiche.
Benché gli ultrasuoni abbiamo in parte ridimensionato l’esame
radiografico nella diagnostica cardiologica, tuttavia un buon radiogramma del
torace può fornire ancora informazioni molto utili sulla forma del cuore, dei
grossi vasi e delle strutture toraciche (mediastino, trachea, bronchi).
Ad esempio, il rilievo di una silhouette cardiaca di forma rotondeggiante
(cuore a palla), con margini netti, associata a dilatazione della cava e a campi
polmonari iperdiafoni (ipoperfusione polmonare), suggerisce un versamento
pericardico; l’ingrandimento dell’atrio sinistro (e talora anche del ventricolo
sx) giustifica la tosse secca nel cane con insufficienza mitralica in fase iniziale,
per compressione dell’atrio sinistro dilatato sul bronco principale sn, mentre
l’edema polmonare (peri-ilare o diffuso), conseguente a ICC sinistro
retrogrado, viene segnalato dalla tosse grassa, produttiva (spesso rosata).
Ancora, la vena cava dilatata accompagnata ad epatosplenomegalia ed
ascite è indice di ICC destra, laddove la dilatazione delle vene polmonari può
segnalare una precoce ICC sinistra, con aumento della pressione atriale.
L’esame ecocardiografico
rappresenta la metodica non invasiva più
consolidata per la diagnosi definitiva di cardiopatia nei piccoli animali e nel
cavallo. Essa è in grado di garantire in tempo reale una valutazione precisa sia
morfostrutturale che funzionale del cuore. In particolare attraverso l’esame in
B-Mode è possibile apprezzare alterazioni
a carico di diverse strutture
cardiache che consentono la diagnosi di certezza di patologie quali le neoplasie
cardiache, l’endocardiosi mitralica,
la stenosi aortica e polmonare, le
pericardiopatie, i focolai di sclerosi ecc; inoltre,con l’ausilio anche dell’esame
in M-Mode possono essere studiate le disfunzioni sistoliche e diastoliche del
ventricolo
sinistro, attraverso la misurazione dei diametri delle camere
cardiache, degli spessori e della cinetica cardiaca e quindi calcolare il volume
telediastolico e telesistolico, la gittata cardiaca , la FA, ecc. Nella diagnostica
della cardioangiopatie congenite assume un ruolo di rilevante importanza
l’esame Doppler che permette la visualizzazione delle caratteristiche dei flussi
ematici attraverso i vasi, gli ostii valvolari, i dotti arteriosi o forami settali,
nonché la determinazione dei gradienti pressori tra le varie cavità cardiache e
tra i ventricoli ed i grandi vasi, molto utili sia ai fini prognostici che nella scelta
del trattamento da porre in atto.
La conoscenza delle dimensioni delle camere cardiache, della loro
geometria e della funzione sistolica di pompa del ventricolo sinistro,
rappresenta senza dubbio una tappa fondamentale e decisiva nell’approccio
clinico diagnostico al paziente cardiopatico; tuttavia per la formulazione della
diagnosi definitiva e completa, e soprattutto di un giudizio prognostico a breve
e/o a lungo termine e del conseguente piano terapeutico di successo o mirato, è
indispensabile la rielaborazione critica di tutte le informazioni acquisite
attraverso le diverse fasi in cui si articola l’esame l’clinico, che abbiamo
cercato succintamente di illustrare in questa circostanza.
Spero che la lettura di queste brevi note sugli sviluppi della cardiologia dei
piccoli animali in questi ultimi decenni e sull’approccio clinico-diagnostico al
paziente cardiopatico siano state di vostro gradimento, “ma se invece, fossimo
riusciti ad annoiarvi, credete che non si è fatto apposta”; così scriveva il
Manzoni al termine del suo capolavoro-I promessi sposi-rivolgendosi ai suoi
25 lettori.
Grazie per l’attenzione.