Lezione Magistrale tenuta dal Prof. Angelo Persechino in occasione del suo pensionamento dal titolo: Anche gli animali ammalano di cuore. Approccio clinico-metodologico al paziente. La cardiologia veterinaria, e più segnatamente quella degli animali da compagnia, in cui oggi vengono compresi oltre ai piccoli animali anche il cavallo sportivo, ha ricevuto a partire dai primi anni ottanta un notevole e rapido sviluppo, cui hanno contribuito in maniera rilevante l’applicazione di nuove tecniche diagnostiche strumentali e di terapia cardiovascolare interventistica, per cutanea, come la valvuloplastica, l’occlusione trans-catetere di dotti arteriosi o di difetti settali, l’impianto di pacemaker, di defibrillatore cardiovertitore (come avviene nel boxer con TVPs in corso di ARVC), ed ancora la possibilità di gestire il paziente cardiopatico con nuovi presidi terapeutici, quali i vasodilatatori, i cardioattivi, i cardiostimolanti, gli antiaritmici, gli inibitori dei recettori dell’angiotensina (c. d. sartanici), ed altri ancora. In questo specifico settore, aggiungo, già si intravedono le possibilità di impiego sia nell’uomo che nei piccoli animali, di nuove classi di farmaci, quali gli antagonisti dell’ET1, del TNF, e della Vasopressina, fattori questi, com’è noto, pesantemente attivati in corso di scompenso cardiaco cronico e responsabili del rimodellamento cardiaco e, quindi, di aggravamento dello scompenso stesso. Anche la disponibilità di nuovi biomarker cardiaci, molto sensibili e specifici, in grado di segnalare la disfunzione cardiaca sistolica, come l’ANP e il BNP, e il danno miocardio, come la troponina, la mioglobina, e il CK, ha contribuito ad una migliore e più precoce stratificazione diagnostica e prognostica delle patologie miocardiche. In particolare, nel cane come nell’uomo, la valutazione dell’ANP, del BNP e della troponina, consente oggi di diagnosticare una compromissione cardiaca anche in fase preclinica (occulta), di differenziare sindromi dispneizzanti acute primarie da quelle secondarie, cardiogene, ed inoltre di monitorare la risposta del paziente alla terapia farmacologica. E’ fuor di dubbio che la cardiologia rappresenti una branca della medicina interna molto interessante e suggestiva anche a livello di mass media, sia per l’importanza considerevole che riveste la funzione cardiocircolatoria anche nell’immaginario collettivo, sia per i rilevanti ed impressionanti progressi oggi raggiunti: basti pensare al trapianto cardiaco nell’uomo nei primi anni settanta e all’autotrapianto di cellule staminali mioblastiche o midollari nella riparazione di aree di tessuto miocardico necrotico, in condizioni sperimentali, ed ancora alla svolta, che potremmo definire storica, che si è avuta agli inizi degli anni ottanta, con l’introduzione della diagnostica per immagini nella clinica dei piccoli animali e del cavallo, soprattutto dell’ecografia e dell’ecodoppler, ma anche della TAC, RM, e Scintigrafia Nucleare; tecniche le ultime due che purtroppo incontrano ancora oggi difficoltà di applicazione nelle procedure diagnostiche sugli animali d’affezione, per l’elevato impegno economico, tecnologico e di competenza che esse richiedono. I motivi della così rapida diffusione dell’interesse per la cardiologia, in specie dei piccoli animali, da parte dei medici veterinari, va ricercata nell’invecchiamento crescente della popolazione canina e felina, come d’altra parte avviene anche per la popolazione umana nel nostro Paese, ed ancora nella diffusione di patologie cardiache legate a particolari fenotipi di moda, in cui viene operata una selezione spinta; ne sono prova, ad esempio, la CMD nelle razze giganti, la SSA nel Terranova, Rottweiler, pastore tedesco, boxer, ecc, la SP nel beagle, cocker spaniel, bull dog e boxer ed il PDA nel barboncino e nel Collie, ma non va neppure sottovalutato l’elevato numero di animali d’affezione presenti nel territorio nazionale, che viene stimato oggi intorno a 30 milioni di unità. Indubbiamente, il prolungamento della vita media degli animali d’affezione, strettamente correlato al miglioramento delle condizioni socio-economiche dei proprietari, ha comportato una maggiore incidenza di patologie geriatriche in questi animali, in particolare di quelle cardiovascolari, che impegnano non poco il medico veterinario sul piano diagnostico e terapeutico. Trattasi, nella stragrande maggioranza dei casi, di forme ad evoluzione cronica, per le quali sono richiesti controlli clinici periodici. Il paziente cardiopatico può, pertanto, rappresentare per il medico veterinario un buon investimento, professionale, di immagine ed anche economico, sempre che ne sappia gestire con competenza l’evoluzione clinica e meritare la fiducia dei proprietari. Tra questi, infatti, sono sempre più diffuse conoscenze biomediche generiche “cardiologiche”, spesso di tipo giornalistico o televisivo, che impongono al veterinario specifiche competenze cardiologiche, anche per soddisfare le loro possibili richieste sull’impiego e sugli effetti di farmaci, sull’aspettativa di vita, sui costi di gestione delle stessa malattia, ecc. In questo contesto assume particolare importanza la figura di un professionista che abbia acquisito buoni livelli clinico-diagnostici e terapeutici, al quale possa far riferimento anche il medico veterinario di base per una più corretta diagnosi e trattamento terapeutico, non soltanto di tipo farmacologico ma anche di tipo interventistico, come l’impianto di pacemaker, l’estrazione di macrofilarie dal cuore o la correzione di vizi cardiaci congeniti ( mediante valvuloplastica, occlusione transcatetere) e l’ablazione trans-catetere mediante radiofrequenza di vie accessorie o di focolai attivatori di FA o di altre tachiaritmie (es.: TAP sostenute). LINEE GUIDA DI DIAGNOSTICA CLINICA CARDIOLOGICA L’approccio clinico al paziente sospetto di patologie cardio-respiratorie comprende, com’è ben noto, in primis un esame obiettivo generale, improntato sulla tradizionale semiologia e metodologia clinica di tipo osservazionale e deduttivo, che dovrà essere comunque, sempre preceduta dall’identificazione bio-fenotipica del paziente e da una raccolta attenta e precisa dei dati anamnestici, orientata alla definizione del o dei problemi segnalati dal proprietario. L’esame clinico generale si svolge, poi, attraverso procedure di semiologia fisica, codificate agli inizi degli anni trenta ,dal Messieri in undici punti fondamentali, ancora pienamente attuali, che consentono al clinico di trarre informazioni sulle funzioni organiche generali dell’animale in esame, indispensabili per poter poi sviluppare ed estendere il ragionamento clinico-diagnostico su uno o più organi o apparati in particolare, attraverso indagini semiologiche dirette ed esami collaterali diversi. Questi ultimi devono scaturire necessariamente da un’attenta valutazione di tutti i dati emersi dall’esame clinico diretto, il solo in grado di guidare il medico veterinario nella scelta ed interpretazione degli esami di laboratorio, di diagnostica strumentale, di prove funzionali e/o sperimentali, indispensabili oggi per una precisa e completa diagnosi (diagnosi d’organo ed eziologica), ma anche per definire la gravità e la possibile reversibilità del processo. Essi possono riuscire tanto più utili se programmati dopo un primo orientamento diagnostico e se rapportati e confrontati con le risultanze dell’esame clinico. La crescente disponibilità di indagini strumentali e di laboratorio anche in cardiologia medica veterinaria e, talora, l’esigenza di pervenire rapidamente ad una conclusione diagnostica del singolo caso, portano spesso il clinico a sorvolare su alcuni punti o, peggio ancora, a sovvertire l’iter diagnostico e quindi il metodo clinico classico, con conseguenze spesso imprevedibili o, addirittura, negative, potendosi in tal guisa, tralasciare rilievi semiologici utili per la formulazione della diagnosi ed ancora richiedere indagini di laboratorio o strumentali non essenziali. L’esaltazione delle indagini strumentali o di laboratorio e l’ansia di una diagnosi rapida non devono però mai sminuire l’importanza del metodo clinico nè mettere in secondo piano il ruolo del medico veterinario: “il metodo clinico, afferma Ballarini, assegna al clinico veterinario una specificità scientifica e gli garantisce una dignità professionale”. Anche per questo esso merita una rigida e scrupolosa osservanza. IDENTIFICAZIONE DEL PAZIENTE La precisa conoscenza della epidemiologia cardiologica relativa alla razza dell’animale, così come la sua provenienza da un determinato allevamento o da una genealogia già nota come portatrice di cardiopatie congenite, può rendere più agevole la formulazione della diagnosi. Le cardiopatie congenite, che rappresentano oggi almeno l’1,1% delle patologie cardiache del cane sono molto spesso prerogativa di alcune razze, sottoposte a selezione spinta: ricordiamo, tra quelle in cui è dimostrata l’ereditarietà, il PDA nel barboncino nano, la SSA nel Terranova e boxer, la SP nel beagle e boxer, la endocardiosi mitralica nel Cavalier King Charles Spaniel,la ARVC ancora nel boxer e nel gatto, specie nella quale abbiamo avuto la possibilità di segnalare di recente un primo caso clinico in Italia (il gatto rappresenta il modello ideale per lo studio dell’omonima malattia nell’uomo). Le cardiopatie congenite devono essere sospettate soprattutto in animali giovani di pochi mesi o di uno due anni, che manifestino ritardo nella crescita, facile affaticabilità, polipnea-dispnea, sincope, ascite, soffi cardiaci ecc, (il rilievo di un soffio cardiaco sistolico, ad esempio, in un boxer o in un Terranova giovani, deve far sospettare una stenosi aortica o polmonare congenite). Nel gatto sono più spesso presenti cardiopatie congenite complesse non sempre compatibili con la vita; fra le semplici, frequente è nel gatto la CIV, che può rimanere silente fino quattro o cinque anni, e la CMI nel persiano e nel Main Coon, dove è anche dimostrata l’ereditarietà. Non mancano, comunque, sia nel cane che nel gatto casi in cui il soffio può rimanere silente fino a tarda età, senza che sia obiettivabile, nonostante controlli accurati, per cui non si può escludere l’eventualità di una cardiopatia congenita anche in soggetti adulti. Ricordiamo, infine, che negli animali giovani i soffi legati a probabili cardiopatie congenite vanno distinti da quelli funzionali (anemici o giovanili), che non persistono nè si intensificano nel tempo, al contrario di quanto avviene in quelli congeniti, che risultano, peraltro, di maggiore intensità (IV-V-VI grado). Negli animali adulti risultano più frequenti le cardiopatie acquisite. Tra esse la più diffusa è l’endocardiosi delle valvole AV (mitrale in particolare), con una incidenza di circa il 30% nei cani di dieci anni, e del 75% in quelli di oltre diciassette anni; la valvulopatia interessa soprattutto le razze piccole, quali barboncino, volpino, pechinese, york shire e cavalier king charles spaniel (razza selezionata dalla regina Vittoria). Anche le cardiopatie primitive occupano un posto di rilievo sia nel cane (come la CMD e l’ARVC) che nel gatto (CMI). La CMD in particolare interessa per lo più le razze medio-grandi come l’alano, il PT, il boxer, il dobermann, nel quale è responsabile di circa il 26% dei decessi, nonchè il cocker e le razze molossoidi, di età superiore ai 5 o 6 anni, per lo più di sesso maschile. Anche nel gatto la CMI è più comune nei maschi. Nelle cagne prevalgono la SSS e il PDA. ANAMNESI I motivi che inducono il proprietario a far visitare i propri animali possono essere ricchi di indizi utili per la diagnosi. Nel cane viene denunciata in genere la facile affaticabilità, la svogliatezza, la tosse notturna o da sforzo, la polipnea, la debolezza del treno posteriore (per trombosi aorto-iliaca, PDA con shunt destrosinistro) e le crisi sincopali, in specie queste ultime del boxer e dobermann (TVP, FV, BAV, arresti senoatriali, s. neurocardiogena). Questi elementi acquisiscono ulteriore significatività se rapportati all’età, alla razza dell’animale, al tempo di comparsa dei sintomi e alla loro evoluzione (ingravescenza), alla eventuale risposta alla terapia con diuretici o vasodilatatori ed ancora alla provenienza degli animali (ad esempio, la filariasi, come è noto, è endemica in alcune aree geografiche). ESAME OBIETTIVO GENERALE L’importanza diagnostica dei reperti semiologici che possono scaturire dall’EOG sono stati discussi in precedenza. Ci limitiamo, pertanto, a riportare brevemente gli elementi più significativi ed indicativi di possibili cardiopatie, sulle quali verranno poi effettuati ulteriori approfondimenti semiologici e diagnostici. 1) Lo scadente sviluppo scheletrico e nutrizionale di un soggetto in seno ad una cucciolata, può indirizzare verso una cardiopatia congenita. 2) Un atteggiamento di fame d’aria, associato ad ortopnea, può essere suggestivo di scompenso cardiaco sinistro grave. 3) La presenza di edemi sottocutanei declivi e/o cavitari, (ascite), si accompagna spesso a scompenso cardiaco destro avanzato per cause diverse (insuff. tricuspidale, SP, neoplasie alla base del cuore). 4) La cianosi, di vario grado, è presente in molte cardiopatie congenite (ma anche acquisite) con shunt destro-sinistro (classica è la tetralogia di Fallot). 5) Una cianosi limitata alle mucose prepuziali e vaginali nel cane, mentre quelle orali e congiuntivali sono rosee (cianosi differenziale), deve far sospettare un PDA con shunt destro-sinistro. 6) Una linfoadenopatia periferica maligna (linfoma), associata ad edemi sottocutanei, dispnea e cianosi, deve suggerire al clinico un possibile coinvolgimento cardiaco destro o delle strutture mediastiniche . 7) Una tachicardia sinusale persistente, non giustificabile, può far supporre una patologia del miocardio. 8) Anche la compromissione delle GFO può indirizzare verso problemi cardiaci, come l’oliguria da ipoperfusione renale, gastroenteriche da stasi a carico degli organi splancnici, ecc,. le turbe EOP dell’apparato cardiovascolare Il riscontro, all’esame ispettivo della mucosa orale, di un polso capillare o di allungamento del trc, può essere indicativo, rispettivamente, di insufficienza aortica e di scompenso cardiaco con deficit della portata, per cause le più varie (ipovolemia, shock, ICC). Parimenti, la pulsazione della carotide o della femorale, molto spesso associata a polso pieno e scoccante è da correlare ad insufficienza della valvola aortica, a PDA e talora a CIV. Le giugulari turgide, pulsanti ed il reflusso epatogiugulare, fanno propendere per un sovraccarico volumetrico ventricolare destro, da insufficienza tricuspidale, filariasi cardiaca, SP, blocchi AV di IIa, o III grado. Ricordiamo che una pulsazione venosa positiva può aversi anche quando la contrazione atriale si compie in presenza della valvola tricuspide chiusa, per brusco rigurgito retrogrado di sangue nelle cave (onda a cannone); il che può manifestarsi in modo regolare, come nel ritmo nodo-giunzionale, per contrazione AV simultanea, oppure in modo irregolare in presenza di CVP o BAV, quando accade che l’attivazione atriale e ventricolare avvengono contemporaneamente. Una compressione leggera, esercitata nella doccia giugulare, al di sotto della linea di pulsazione, differenzia il polso venoso da quello arterioso, che non scompare con questa manovra. L’esame del polso arterioso ha un peso notevole nell’approccio diagnostico alle patologie cardiache. Ad esempio, la scomparsa della variabilità respiratoria fisiologica del polso (aritmia respiratoria), associata a TSA deve indurre il clinico a verificare l’esistenza di patologie cardiache o extracaridache (es.: ipertritoidismo). Questa condizione esprime una marcata attivazione simpatico- adrenergica, con depressione vagale, direttamente correlata al grado di scompenso cardiaco. Si sottolinea a tale proposito che anche la semplice TSA, se elevata e sostenuta, in un cuore sano può rendersi responsabile nel tempo di cardiomiopatia dilatativa nel cane. Si è visto sperimentalmente, infatti, che inducendo mediante pacing una tachicardia superiore a 200 bpm si ha dopo 4 settimane la perdita del 39% dei cariomiociti, per ipossia, ischemia, apoptosi. I beta-bloccanti, in questi casi, sono senz’altro d’obbligo. Un polso aritmico del tutto irregolare, a frequenza di solito alta e variabile, di diversa ampiezza, associato all’ascoltazione, a toni cardiaci parafonici, dissimili per intensità, tonalità e timbro, ed itto irregolare e diseguale (delirium cordis), è indice certo di FA. La frequenza del polso in questi casi è circa la metà di quella cardiaca (deficit pulsatile). La prognosi di questa aritmia può essere diversa: favorevole se idiopatica, legata cioè ad una massa atriale critica, per disomogeneità della refrattarietà, come avviene nell’uomo, nei cani di razze giganti, nel cavallo, in cui converte di solito al ritmo sinusale; se invece, (come più spesso accade), è secondaria ed associata a CMD o ad endocardiosi mitralica, la prognosi è sempre molto riservata (< di 6-8 mesi, nella CMD). Un’altra aritmia svelabile di solito all’esame del polso ed alla ascoltazione cardiaca, è la extrasistolia, che assume significato clinico diverso a seconda della patologia cardiaca sottostante e alle caratteristiche elettrofisiologiche presenti. Quelle associate a disionie, ad endocrinopatie, a disfunzioni autonomiche, ecc, hanno in genere prognosi più favorevole. Hanno carattere di malignità e prognosi riservata quelle associate a grave scompenso cardiaco, plurifocali, bigemine, a coppie, a raffica, con TR corto, che danno parasistolia, che hanno una frequenza maggiore di 15 al minuto, oppure, infine, se sono associate ad altre aritmie (di solito a FA). E’ possibile, talora, imbattersi in un polso anisosfigmatico, indice di trombosi aorto- iliaca: il polso prelevato alle due femorali contemporaneamente, presenta diverse ampiezze; oppure in un polso paradosso che caratterizza il tamponamento cardiaco con caduta inspiratoria dell’ampiezza del polso di oltre 20 mm/Hg. Si segnala, infine, il polso alternante, (ad un polso ampio, segue uno piccolo) ritmico ma con ampiezza alternante che si distingue da quello bigemino, con ampiezza pure alternante, ma aritmico, tipico il primo di grave ICC, mentre il secondo di bigeminismo extrasistolico. Naturalmente il trattamento terapeutico è completamente diverso in queste due condizioni aritmiche. L’ispezione e la palpazione dell’aia cardiaca possono svelare modificazioni dell’itto; questo rilievo può avere rilevanza diagnostica sia se diminuito, come nei versamenti pericardici o toracici e nei gravi deficit inotropi (CMD), sia se aumentato di intensità, come nella ipertrofia del ventricolo sinistro e nell’eretismo cardiaco, TV, CVP, ecc,. La palpazione ed ancor più l’ascoltazione consentono di apprezzare eventuali rumori di sfregamento pericardici o soffi di forte intensità (V-VI grado nel cane e IV, V, VI nell’uomo) cosiddetti “fremiti palpabili,” che possono irradiarsi in punti diversi ed essere uditi: nel solco giugulare sulla carotide, come avviene nella SSA, e sul manubrio dello sterno nel caso di PDA con shunt sinistro destro, in senso craniale, ai lati dello sterno, nella SP, ecc. Attraverso la percussione è possibile rilevare un aumento di ottusità dell’aia cardiaca in corso di versamento pericardico, ingrandimento ventricolare sinistro, presenza di masse neoplastiche ecc, soprattutto negli animali a torace stretto o di grossa mole, mentre nelle razze piccole la percussione cardiaca risulta poco diagnostica (ma non per questo, non va fatta!). Un aumento dell’aia di ottusità a destra e, talora, anche dell’itto, indica un sovraccarico di volume e di pressione del ventricolo destro come accade nell’insufficienza tricuspidale, filariasi cardiaca, PDA con shunt destro sinistro e nella SP. All’esame di auscultazione il clinico è portato in primis a ricercare la presenza di soffi cardiaci, operazione non sempre agevole soprattutto quando l’intensità e la qualità sono basse ed il paziente non collabora sufficientemente per passare poi alla identificazione dei toni su cui i soffi si sviluppano, ed i focolai di ascoltazione in cui questi si percepiscono con maggior forza, valutando nel contempo il gradi di intensità e la qualità di essi. Il riscontro all’ascoltazione di un soffio cardiaco, costituisce una pietra miliare nella diagnostica cardiologica, potendo,talora, rappresentare il primo ed unico elemento di rilievo; inoltre, l’aspetto tipico di alcuni soffi può conferire loro carattere patognomonico, come nel PDA, dove si ha un soffio continuo tipo macchinario o a locomotiva, o nell’endocardite aortica, dove il soffio sistodiastolico assomiglia ad un muggito o barrito. Per quanto concerne il tempo di produzione dei soffi, si deve considerare la regola generale secondo cui i soffi sistolici da eiezione derivano da stenosi aortica o polmonare ed hanno tonalità aspra, mentre quelli sistolici da rigurgito, per incompetenza delle valvole AV ed hanno tonalità per lo più dolce (a getto di vapore); se però vi è rottura delle corde tendinee si può avvertire un rumore musicale a trombetta; al contrario, i soffi diastolici hanno origine dalle sigmoidee (soffi da rigurgito) o da stenosi delle valvole AV (soffio da eiezione). Ulteriori ed importanti informazioni utili ai fini clinico-diagnostici, possono essere acquisite dal rilievo di sdoppiamento dei toni: il primo tono per chiusura asincrona delle valvole AV (freq. nella SSA, nel BB), ed il secondo per chiusura asincrona della vavole semilunari (freq. nella filariasi c., BB, shunt), nonché infine, la presenza di ritmo a tre tempi o di galoppo, protodiastolico, per presenza di S3 (freq. nel cane con CMD, E Mitr), e di galoppo presistolico per presenza di S4, frequente nel boxer e nel gatto con CMI e CMR. Ricordo, infine, che è possibile apprezzare in corso di CVP, il c.d. “rumore di cannone”: trattasi di un tono cupo, intenso, derivante dalla somma del tono atriale e di quello ventricolare; accade quando per dissociazione AV, la vibrazione atriale e ventricolare si sommano, perché contemporanee o pressocchè tali). I dati scaturiti dalla valutazione biofenotipica del paziente (razza, genealogia, età ecc), dall’indagine anamnestica, dall’esame di semiologia fisica generale, nonché dalla obiettivazione clinica delle modificazioni presenti nell’apparato cardio- vascolare, consentono al clinico veterinario di disporre di una notevole quantità di informazioni, sufficienti per elaborare una diagnosi abbastanza attendibile, per impostare un protocollo terapeutico ed emettere, in molti casi, un giudizio prognostico accettabile. E’ fuori dubbio, tuttavia, che le malformazioni cardiache e vascolari complesse, le turbe del ritmo senza espressioni cliniche evidenti e le disfunzioni contrattili del miocardio, possono sfuggire ad una indagine semiologica fisica, e pertanto, richiedono competenze specifiche ed indagini collaterali adeguate, che consentano anche una migliore stratificazione diagnostica e prognostica della patologia cardiovascolare. Ricordiamo fra queste gli esami di laboratorio, l’esame ecografico e l’Holter cardiaco, l’esame radiografico del torace, quello ecocardiografico, angiografico, scintigrafico, di TAC e di RMN. Per quanto attiene agli esami di laboratorio, questi devono essere indirizzati alla valutazione di biomarker in grado di svelare danni precoci, parenchimali e funzionali miocardici, alla definizione eziopatogenetica della malattia cardiaca (possono intervenire fattori endocrini, dismetabolici, tossici, infettivi, vascolari, ecc), nonchè alla compromissione di altri organi ed apparati o dell’equilibrio elettrolitico. La registrazione elettrocardiografia, nonostante la disponibilità di nuovi mezzi di indagine molto sofisticati e tecnologici, conserva ancora tutta la sua piena ed esclusiva validità nella diagnostica delle turbe del ritmo cardiaco; fornisce inoltre indicazioni sulla forma e volume delle camere cardiache (l’ECG è però meno sensibile dell’es. RX), sull’equilibrio ionico del paziente e sulla sua risposta alla terapia. Un ulteriore contributo allo studio delle cardioaritmie può essere apportato dall’esame Holter che registra gli eventi elettrici nelle 24 ore: il rilievo di 50-100 CVP nell’arco della giornata, può suggerire una cardiomiopatia in fase preclinica “occulta”, nelle razze predisposte (boxer, dobermann, alano, ecc,); mentre la presenza di tachicardia ventricolare parossistica sostenuta, di TSV da macrorientro AV (300-400 bpm), di FA ad elevata penetranza, o di BAV di IIa o di III grado o di arresti SA, possono giustificare la comparsa di crisi sincopali o lipotimiche. Benché gli ultrasuoni abbiamo in parte ridimensionato l’esame radiografico nella diagnostica cardiologica, tuttavia un buon radiogramma del torace può fornire ancora informazioni molto utili sulla forma del cuore, dei grossi vasi e delle strutture toraciche (mediastino, trachea, bronchi). Ad esempio, il rilievo di una silhouette cardiaca di forma rotondeggiante (cuore a palla), con margini netti, associata a dilatazione della cava e a campi polmonari iperdiafoni (ipoperfusione polmonare), suggerisce un versamento pericardico; l’ingrandimento dell’atrio sinistro (e talora anche del ventricolo sx) giustifica la tosse secca nel cane con insufficienza mitralica in fase iniziale, per compressione dell’atrio sinistro dilatato sul bronco principale sn, mentre l’edema polmonare (peri-ilare o diffuso), conseguente a ICC sinistro retrogrado, viene segnalato dalla tosse grassa, produttiva (spesso rosata). Ancora, la vena cava dilatata accompagnata ad epatosplenomegalia ed ascite è indice di ICC destra, laddove la dilatazione delle vene polmonari può segnalare una precoce ICC sinistra, con aumento della pressione atriale. L’esame ecocardiografico rappresenta la metodica non invasiva più consolidata per la diagnosi definitiva di cardiopatia nei piccoli animali e nel cavallo. Essa è in grado di garantire in tempo reale una valutazione precisa sia morfostrutturale che funzionale del cuore. In particolare attraverso l’esame in B-Mode è possibile apprezzare alterazioni a carico di diverse strutture cardiache che consentono la diagnosi di certezza di patologie quali le neoplasie cardiache, l’endocardiosi mitralica, la stenosi aortica e polmonare, le pericardiopatie, i focolai di sclerosi ecc; inoltre,con l’ausilio anche dell’esame in M-Mode possono essere studiate le disfunzioni sistoliche e diastoliche del ventricolo sinistro, attraverso la misurazione dei diametri delle camere cardiache, degli spessori e della cinetica cardiaca e quindi calcolare il volume telediastolico e telesistolico, la gittata cardiaca , la FA, ecc. Nella diagnostica della cardioangiopatie congenite assume un ruolo di rilevante importanza l’esame Doppler che permette la visualizzazione delle caratteristiche dei flussi ematici attraverso i vasi, gli ostii valvolari, i dotti arteriosi o forami settali, nonché la determinazione dei gradienti pressori tra le varie cavità cardiache e tra i ventricoli ed i grandi vasi, molto utili sia ai fini prognostici che nella scelta del trattamento da porre in atto. La conoscenza delle dimensioni delle camere cardiache, della loro geometria e della funzione sistolica di pompa del ventricolo sinistro, rappresenta senza dubbio una tappa fondamentale e decisiva nell’approccio clinico diagnostico al paziente cardiopatico; tuttavia per la formulazione della diagnosi definitiva e completa, e soprattutto di un giudizio prognostico a breve e/o a lungo termine e del conseguente piano terapeutico di successo o mirato, è indispensabile la rielaborazione critica di tutte le informazioni acquisite attraverso le diverse fasi in cui si articola l’esame l’clinico, che abbiamo cercato succintamente di illustrare in questa circostanza. Spero che la lettura di queste brevi note sugli sviluppi della cardiologia dei piccoli animali in questi ultimi decenni e sull’approccio clinico-diagnostico al paziente cardiopatico siano state di vostro gradimento, “ma se invece, fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non si è fatto apposta”; così scriveva il Manzoni al termine del suo capolavoro-I promessi sposi-rivolgendosi ai suoi 25 lettori. Grazie per l’attenzione.