Primo piano Luglio-Agosto 2010 L’Ambasciatore 3 “Terra di tutti”. Un lavoro autoprodotto dal maestro bruscianese con la collaborazione di grandi musicisti Pronto il primo album di Rocco Di Maiolo Felice Marotta Teresa Anna Iannelli “Questo album dev’essere stato fatto in paradiso”: queste parole di Jimmy Cobb, riferite all’album Kind of Blue di Miles Davis, mi sono tornate prepotentemente in mente quando ho ascoltato “Terra di tutti”, primo album del sassofonista Rocco Di Maiolo. E’ molto difficile disconoscere a Rocco un ruolo di innovatore e genio musicale. Dotato di uno stile inconfondibile ed una incomparabile gamma espressiva, negli ultimi anni si è imposto come figura chiave del jazz e della musica popolare nel territorio dell’agronolano e non solo. Le sue registrazioni, assieme ai numerosi spettacoli dal vivo, sono fondamentali per lo sviluppo artistico e per la diffusione di questo genere musicale. Di Maiolo resta famoso sia come strumentista dalle sonorità inconfondibilmente languide e melodiche, sia per il suo atteggiamento innovatore, in particolare nella mescolanza tra le caratteristiche principali del jazz e le armonie folkloristico-popolari di cui è profondo conoscitore. Tutte queste sperimentazioni trovano collocazione adeguata nel suo lavoro discografico, che vedrà la luce tra fine agosto ed inizio settembre 2010. A questo album ha collaborato il gotha della musica jazzistica campana e italiana: Dario Deidda, bassista che vanta esperienze nel campo della musica nazionale ed internazionale al fianco di artisti quali Fiorella Mannoia e Claudio Baglioni; Alberto D’Anna, batterista ufficiale di Eduardo De Crescenzo; Francesco Nastro, pianista raffinato ed icona dell’Umbria Jazz; Antonio Onorato, chitarrista e grande etnomusicologo napoletano; Pietro Condorelli, chitarrista che ha imparato il jazz dai maestri americani nei suoi lunghi soggiorni a Boston; infine ai fiati, oltre all’inconfondibile sax di Rocco, Gianfranco Campagnoli e Peppe Fiscale; Piero De Asmundis invece ha curato la programmazione degli archi e del piano rozzo. I pezzi, tutti inediti scritti da Rocco Di Maiolo, sono stati registrati alla Megaride e del mixaggio è stato autore Massimo Aluzzi, tecnico Rai. «Questo album nasce da una profonda riflessione introspettiva e anche da tanti ripensamenti» afferma il musicista bruscianese «ripensamenti e dubbi che sono tipici di un musicista che si trova di fronte ad un suo lavoro discografico. Un musicista assimila tutto, ogni esperienza è per lui un arricchimento: all’atto della pubblicazione di un lavoro devi saper fare la sintesi delle tante cose imparate, racchiudendo anni di musica nel tempo e nel ritmo di un brano». Parte di queste esperienze derivano a Rocco dalla lunga collaborazione e apprendistato come sax solista nella band di Marco Zurzolo; ma sulla sua anima musicale influi- sce anche la grande conoscenza della musica popolare, in particolare quella grande palestra che è rappresentata dalle varie feste popolari alle quali ha partecipato e, dopo un po’ di anni di assenza, ha deciso di ritornare. «Quest’anno però ci sono sostanziali differenze nella mia partecipazione alla festa dei gigli: vengo a riportare alla manifestazione ciò che ho imparato nei vari viaggi di questi anni e vengo a prendere ciò che la musica popolare soltanto può insegnare. La musica è e resta una questione di anima ed è nella musica popolare che l’anima trova la sua massima dimensione». Ulteriore soddisfazione viene al sassofonista anche dal suo ruolo di insegnante e direttore dell’Accademia Musicale Bruscianese: «Infatti di recente tre miei allievi sono risultati ai primi tre posti in una selezione indetta dal conservatorio di Avellino - afferma soddisfatto - nel mese di maggio scorso, Antonio Carpino, un giovane ed abile violinista che seguo professionalmente da ormai cinque anni, ha vinto insieme a Giuseppe Mercogliano un importante premio presso il Comune di Acerra con una magnifica esibizione della “Carmen” di Bizet». Sono queste sicuramente delle gratificazioni importanti, perché la musica, come ama ricordare Rocco, è depositaria di una memoria collettiva, di emozioni che incantano l’animo di tutti e lo accarezzano trasportandolo in mondi che sentiamo nostri da sempre. È proprio questo quello che si prova al primo ascolto di “Terra di tutti”, un album che già nel titolo indica chiaramente le intenzioni del maestro che, riprendendo un grande jazzista come Miles Davis, afferma: «Il mio compito di musicista è trasformare gli schemi tradizionali del jazz, rinnovarli e soprattutto migliorarli. In questo senso la musica può essere un mezzo capace di cambiare le idee della gente». Siamo sicuri che questo cambiamento è già iniziato! IL GIOVANE CANTANTE LELLO BENEDUCE: «IL MIO SOGNO È DI POTER UN GIORNO SALIRE SUL PALCO CON ARTISTI COME ANDREA BOCELLI E MASSIMO RANIERI» Il tenore pomiglianese incanta le piazze E’ trascorso un anno e mezzo dall’uscita dell’ultimo cd e dal concerto evento “Le note dell’anima. Lello Beneduce”, durante il quale ho riscosso grandi successi con la vendita dell’album, ma anche grazie alla partecipazione al progetto Pipola all’ospedale Santobono di Napoli. Cosa stai facendo ora? Sono all’ultimo anno del conservatorio, mi sto per laureare in canto lirico, e intanto sto seguendo un corso di perfezionamento in canto con il maestro Raja presso la scuola Callas-Savarese di Napoli. Come è noto non disdegno mai né la musica lirica né la musica leggera. Ultimamente sto iniziando anche a impartire lezioni di canto, sia lirico che moderno, per i giovani che Lello Beneduce si vogliono avvicinare come me alla musica. Quali sono i tuoi programmi? Con il mio gruppo stiamo facendo concerti in Campania, in Basilicata, e Calabria, e si spera di fare più concerti e andare avanti, anche se con difficoltà, perché in Campania non vengono appoggiati i progetti dei giovani, ed è sempre necessario avere un manager che ti appoggia. Probabilmente dovrò andare via dalla terra che amo per continuare il mio sogno. Sto preparando un video della canzone “Mai dire mai” tratto dall’album “Le note dell’anima” e a metà settembre andrà in onda su tutte le emittenti private campane. Che messaggio vuoi lasciare ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di cantante? Ai giovani voglio dire che non bisogna mollare mai, bisogna crederci sempre, anche se sembra una frase fatta, ma non bisogna mai arrendersi, perché si riesce sempre a trovare la persona giusta che crede in te e che ti può dare fiducia nel cammino della tua carriera artistica e professionale. Aspiri a calcare palchi importanti insieme a artisti celebri? Sarebbe molto bello cantare con Bocelli o con Massimo Ranieri, ma sarà la sorte a deciderlo. Il momento più emozionante della tua carriera? Sicuramente il recentissimo esame di arte scenica al conservatorio. È un esame molto lungo composto da 9 prove, dopo tanti sacrifici di studio ho raccolto molte soddisfazioni sia da parte degli insegnanti che dei colleghi. Qual è stata la soddisfazione professionale più grande? In Svizzera, dove ho partecipato a un concerto di musica classica napoletana e operette liriche. L’auditorium era pieno, ho raccolto molti consensi. E in Italia? Quando ho partecipato al Pomigliano Music Festival, dove ho vinto con una cover “Un amore così grande”. È stato un momento molto emozionante perché ero nella mia citta e la canzone era dedicata a una persona a me molto importante che ora non c’è più. l.r. «SONO 40 ANNI CHE FACCIO MUSICA POPOLARE PERCHÈ SONO FIGLIO DELLA TRADIZIONE, PERCHÈ SONO NATO CON QUESTA MUSICA CHE FA PARTE DELLA NOSTRA CULTURA» Colasurdo, emblema della musica tradizionale campana Luisa Roberto Da tanti anni è sulla scena artistica della nostra regione, ha militato per 18 anni nel gruppo operaio “E Zezi” di Pomigliano d’Arco, dove lo abbiamo incontrato prima della sua esibizione alla festa dell’Unità. Marcello, da anni lei rappresenta la musica popolare in Campania. «Sì, sono 40 anni che faccio musica popolare perché sono figlio della tradizione, perché sono nato con questa musica che fa parte della nostra cultura. Veniamo dai cortili della tradizione ed è lì che ci siamo formati. Possiamo dire che la nostra scuola è stato il cortile, il canto delle nostre nonne, la tammurriata delle feste mariane. Questo canto ci è stato tramandato oralmente dai genitori e dai nonni, e anche se i tempi cambiano noi cerchiamo di essere attuali, ma sempre senza dimenticare da dove veniamo». Il cuore, quindi, batte a suon di tammorra. «La tammurriata è un grande momento di festa. La tammurriata letteralmente è formata da una triade millenaria, canto, danza e suono sul tamburo. I contadini lo facevano soprattutto per stare vicini, per essere comunicativi, per non dimenticare. Cantavano nelle campagne, nei momenti di festa. La campagna è diventata fabbrica, oggi i gruppi si sono formati intorno a questo universo e cantano quello che è diventata la propria vita, ma sempre con lo stesso ritmo». Noi oggi siamo qui alla Festa dell’Unità a Pomigliano che sta vivendo un momento molto delicato. Come vede la situazione della fabbrica, lei che nello stabilimento ci ha lavorato per tanti anni? «È un momento molto difficile per Pomigliano, che ha avuto una trasformazione da cultura agreste a quella industriale. Ma la cultura industriale è una cultura economica. I contadini che sono diventati operai ora sono cassaintegrati. Il fatto è che manca una buona politica sul campo, si permette che il lavoro vada fuori la Campania, l’ Italia, e a noi restano gli spiccioli. Bisogna investire sulla campagna, sul turismo, sulle energie pulite, sulle nuove tecnologie, senza ricattare i lavoratori che hanno tanto lottato per avere un contratto con i diritti. Bisogna lavorare in armonia, perché la classe operaia produce ricchezza e i politici non la sanno gestire bene e noi paghiamo le conseguenze. Noi oggi cantiamo anche questo. Cantiamo le morti in fabbrica, sul lavoro, le sofferenze dei lavoratori attraverso questo strumento arcaico che è il tamburo, la tammurriata che si trasforma anche in megafono». Progetti attuali? «C’è in programma un altro disco perché “è meglio ‘na tammurriata ca’na guerr!”» Colasurdo sul palco della “Festa dellʼUnità” a Pomigliano “DIVERSAMENTE ABILE”, UN TESTO CHE CERCA DI ACCORCIARE LE DISTANZE E PUNTARE DRITTO AL CUORE DI CHI LA COGLIE. L’ARTISTA BRUSCIANESE PREMIATO AL “NOLA FESTIVAL” Ragosta canta i disagi dei diversamente abili Claudia Tranchese Pasquale Ragosta Quando uno spiccato senso dell’umorismo si accompagna ad un incondizionato amore per la musica, l’arte sembra avvolgersi di una luce particolare e il percorso che traccerà non potrà che attirare l’attenzione degli occhi più sensibili. Quella strada tortuosa a Brusciano è battuta da Pasquale Ragosta, giovane cantautore, che con ammirevole determinazione si inoltra nel complicato quanto affascinante mondo della musica. Pasquale inizia a comporre e presentare le sue canzoni all’età di 17 anni, predilige il genere comico-satirico, rifacendosi alla satira napoletana di Federico Salvatore, che lo porta a dipingere con irriverente simpatia i risvolti quotidiani. Il suo percorso sembra concretizzarsi nel suo primo disco, uscito nel 2009, anno in cui un particolare episodio lo porterà a rivalutare il suo genere e ad avvicinarsi ad un tema particolare: quello dei disabili. Il giovane cantautore, infatti, collabora con Alfredo Saccone alla stesura del testo “Diversamente abile”, nonostante l’enorme distanza tematica dai suoi testi fino ad allora proposti. Il tema si annovera tra i più difficili da trattare, richiede una particolare attenzione alla scelta linguistica e ai toni, ed in questo i due autori scelgono, nonostante la complessità del tema, un registro semplice e colloquiale cercando di presentare i disagi che un diversamente abile si ritrova a vivere nella propria quotidianità, niente fronzoli linguistici, ma con un ammirevole veridicità che arriva dritta al cuore di chi la coglie, quasi a voler accorciare le distanze da una realtà troppo spesso messa da parte. Il nostro concittadino se inizialmente si mostra restio al tema, per paura di non riuscire ad esprimersi con la stessa natura- lezza che caratterizza tutti i suoi testi, finisce per dedicarsene totalmente, con un’irrefrenabile voglia di raccontare e mostrare una realtà difficile, interesse che non passa inosservata al pubblico: la canzone dopo aver conquistato ad una rassegna musicale a Somma Vesuviana il premio della critica e un mini contratto con Contatto Radio per un mese, al Nola Festival si aggiudica il terzo posto e viene premiata come miglior testo. I successi sembrano non aver fine: la canzone infatti porterà ad una collaborazione tra il giovane Ragosta e Thomas Mugnano, regista-attore di una compagnia teatrale dell’agro nolano, “ Matt… Attori”, che affascinato dal testo progetta la sua prossima commedia partendo proprio dai versi della canzone. A noi concittadini non resta che augurare al promettente cantante una carriera ricca di successo e soddisfazioni. Rocco Di Maiolo The Guitar School: la musica nel cuore Una grande famiglia. Cosi, il maestro Domenico Manna, proprietario e musicista di talento, descrive la sua scuola di musica. Essa nasce come progetto circa tre anni fa, ma si consolida e pone le sue basi a gennaio 2010. L’idea nasce dalla profonda passione che Domenico Manna nutre nei confronti della musica, avendo avuto la possibilità di esibirsi con Laura Pausini, Tullio De Piscopo e tanti altri. Scopo principale della scuola è di andare oltre il normale insegnamento, proponendo attività e iniziative, come il saggio finale, che contribuiscano ad animare la passione nei ragazzi, cercando di non far diventare la musica qualche cosa di sterile. La scuola non è singolare solo per i giovani ma raggruppa un po’ tutte le fasce di età dai dieci ai sessantacinque anni. Non esistono presupposti particolari per entrare a far parte di questa grande famiglia, se non la passione, la volontà e l’impegno, poiché l’immensa disponibilità dei maestri si propone di fare in modo che la musica sia udita anche a livello inconscio. “In determinati casi la musica può diventare anche una valvola di sfogo dei propri problemi” , le parole del Maestro fanno capire come in questa scuola la musica venga utilizzata in tutte le sue sfaccettature, anche per questo motivo i ragazzi si sentono uniti tra loro formando cosi la famiglia. L’iniziativa è un opportunità di crescita per i giovani e il maestro Domenico Manna si aspetta dai suoi ragazzi sincerità, semplicità e umiltà per poter prima di tutto riuscire ad affrontare le difficoltà della vita, diventando, grazie alla musica, un po’ più sensibili. Altro importante obbiettivo della scuola, è fare in modo che i ragazzi si avvicinino con più frequenza a questo modo, che oggi è più ascoltato che studiato. Sia per questo motivo sia per il fatto che a Pomigliano, gira la voce che il solo genere trattato sia il jazz, la scuola si propone di studiare e di insegnare la musica a 360 gradi. La cosa che corona il sogno di tutti gli studenti presenti nella scuola è rappresentato dal saggio finale, che presenta un tema principale. Il tema trattato quest’anno è stato denominato: “un sogno regalato”, proprio per evidenziare il sogno di ogni aspirante musicista, quello di salire su un palco di fronte a tante persone e sentirsi come artista già importante, che viene “regalato” proprio ai ragazzi di questa scuola tramite le conoscenze che il maestro Domenico Manna ha acquisito nel tempo. Prossimamente, novità assoluta, vi sarà al bar Mexico un evento che inaugurerà il nuovo anno scolastico in accademia, presente durante la serata Daniela Pedali, premiata al Music Award, e naturalmente tutti i ragazzi dell’accademia si esibiranno e mostreranno cosa significa sentire la musica nel cuore. Raul Buogiglio