Livio – Ad Urbe Condita, In horum magistratu

Livio – Ad Urbe Condita, In horum magistratu Fidenae, colonia
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[17] In horum magistratu Fidenae, colonia Romana, ad Lartem Tolumnium ac Veientes
defecere. Maius additum defectioni scelus: C. Fulcinium Cloelium Tullum Sp. Antium L.
Roscium legatos Romanos, causam novi consilii quaerentes, iussu Tolumni interfecerunt.
Leuant quidam regis facinus; in tesserarum prospero iactu vocem eius ambiguam, ut occidi
iussisse videretur, a Fidenatibus exceptam causam mortis legatis fuisse,—rem incredibilem,
interuentu Fidenatium, novorum sociorum, consulentium de caede ruptura ius gentium, non
aversum ab intentione lusus animum nec deinde in errorem versum facinus. Propius est
fidem obstringi Fidenatium populum ne respicere spem ullam ab Romanis posset
conscientia tanti sceleris voluisse. Legatorum qui Fidenis caesi erant statuae publice in
Rostris positae sunt. Cum Veientibus Fidenatibusque, praeterquam finitimis populis, ab
causa etiam tam nefanda bellum exorsis atrox dimicatio instabat. Itaque ad curam summae
rerum quieta plebe tribunisque eius, nihil controversiae fuit quin consules crearentur M.
Geganius Macerinus tertium et L. Sergius Fidenas. A bello credo quod deinde gessit
appellatum; hic enim primus cis Anienem cum rege Veientium secundo proelio conflixit, nec
incruentam victoriam rettulit. Maior itaque ex civibus amissis dolor quam laetitia fusis
hostibus fuit; et senatus, ut in trepidis rebus, dictatorem dici Mam. Aemilium iussit. Is
magistrum equitum ex collegio prioris anni, quo simul tribuni militum consulari potestate
fuerant, L. Quinctium Cincinnatum, dignum parente iuvenem, dixit. Ad dilectum a
consulibus habitum centuriones veteres belli periti adiecti et numerus amissorum proxima
pugna expletus. Legatos T. Quinctium Capitolinum et M. Fabium Vibulanum sequi se
dictator iussit. Cum potestas maior tum vir quoque potestati par hostes ex agro Romano
trans Anienem submovere; collesque inter Fidenas atque Anienem ceperunt referentes
castra, nec ante in campos degressi sunt quam legiones Faliscorum auxilio venerunt. Tum
demum castra Etruscorum pro moenibus Fidenarum posita. Et dictator Romanus haud
procul inde ad confluentes consedit in utriusque ripis amnis, qua sequi munimento poterat
vallo interposito. Postero die in aciem eduxit.
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Livio – Ad Urbe Condita, In horum magistratu Fidenae, colonia
17 Durante la loro magistratura, la colonia romana di Fidene passò a Larte Tolumnio re dei
Veienti. Ma alla defezione si aggiunse un delitto ancora peggiore: in realtà, su comando di
Tolumnio, furono trucidati gli inviati romani Gaio Fulcino, Clelio Tullo, Spurio Aurio e Lucio
Roscio, venuti a chiedere il ragione di quella strana decisione. Alcuni autori cercano di
attenuare la saggezza del re, dicendo che una frase ambigua, da lui pronunciata dopo un
colpo di dadi fortunato, venne interpretata dai Fidenati come l’ordine di ucciderli: questa
sarebbe stata la motivo della morte degli inviati. Ma sembra piuttosto improbabile che
all’arrivo dei Fidenati, i suoi nuovi alleati venuti a chiedergli lumi su un assassinio destinato
a infrangere il diritto delle genti, il re non abbia distolto l’attenzione dal gioco, e che in
séguito non abbia attribuito il delitto a un malinteso. È più facile credere che Tolumnio
volesse coinvolgere i Fidenati nella responsabilità di un misfatto tanto atroce in modo che
non avessero più alcuna illusione di riconciliazione con i Romani. In memoria degli inviati
trucidati a Fidene lo Stato fece collocare a sue spese delle statue nei rostri.Con Veienti e
Fidenati, non solo per la vicinanza geografica a Roma, ma addirittura per l’atto abominevole
con il quale avevano scatenato la ostilità, si annunciava uno scontro durissimo. Di
conseguenza, poiché nell’interesse generale plebe e tribuni rimasero tranquilli, non si ebbe
alcuna opposizione all’elezione dei consoli Marco Geganio Macrino, al suo terzo mandato, e
Lucio Sergio Fidenate. Questi fu così soprannominato, credo, dalla ostilità che in séguito
condusse. Fu infatti lui il primo a combattere con successo, al di qua dell’Aniene, contro il re
dei Veienti, ma si considerò di una vittoria violenta. Così venne più ingente il dolore per i
cittadini caduti che la piacere per i avversari vinti e il senato, com’è normale in circostanze
difficili, ordinò che Mamerco Emilio fosse nominato dittatore. E quest’ultimo nominò
maestro della cavalleria Lucio Quinzio Cincinnato, giovane degno del padre, che l’anno
precedente era stato suo collega in qualità di tribuno militare con comando consolare. Alle
truppe arruolate dai consoli vennero aggiunti dei centurioni che erano veterani di grande
esperienza militare, e vennero colmati i vuoti aperti dall’ultima battaglia. Il dittatore ordinò
a Tito Quinzio Capitolino e a Marco Fabio Vibulano di seguirlo in qualità di luogotenenti. Il
maggiore comando e il prestigio dell’uomo che lo deteneva indussero i nemici a ritirarsi
dalla campagna romana, al di là dell’Aniene; essi trasferirono il campo sulle colline tra
Fidene e l’Aniene, e di lì non scesero a valle prima che arrivassero le legioni inviate in loro
aiuto dai Falisci. Solamente Dunque gli Etruschi si accamparono di fronte alle mura di
Fidene. Addirittura il dittatore romano si accampò nelle immediate vicinanze, sulle rive dove
i due fiumi confluiscono, in quel punto dove la modesta distanza tra i due fiumi gli permise
di costruire una fortezza tra sé e il nemico. Il giorno dopo schierò l’esercito in ordine di
battaglia.
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