01.01.2003 La politica allo specchio Introduzione A. Ghiringhelli , a

Dibattiti & Documenti
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La politica allo specchio
Istituzioni, partecipazione e formazione alla cittadinanza
La politica allo specchio
Istituzioni, partecipazione
e formazione alla cittadinanza
a cura di
Oscar Mazzoleni
Giampiero Casagrande editore
Introduzione
Andrea Ghiringhelli
Oscar Mazzoleni
I sistemi democratici occidentali vivono oggi una
sorta di paradosso: sono solo da pochi anni usciti
vincitori dal confronto con i loro antagonisti storici, eppure il loro stato di salute suscita non poche
preoccupazioni. Crollato il Muro di Berlino nel
1989, fondati nuovi ordinamenti regolati dalla
competizione elettorale nell’Europa centro-orientale, caduto il regime di apartheid nell’Africa del
Sud, non pochi dubbi sono stati sollevati sulla reale portata di questo successo. L’impressione è che,
mentre conquista spazi sempre più ampi, la democrazia si diluisca e perda di sostanza. Tante sembrano essere le conferme: l’erosione della partecipazione elettorale, le forti spinte anti-establishment e “anti-politiche”, il declino del peso politico
dei clivages tradizionali (confessionali, di classe),
che hanno segnato profondamente la storia degli
ultimi duecento anni. E non sono pochi coloro che
vedono nei processi di globalizzazione economica
e finanziaria, nell’emergere della “nuova società
dell’informazione”, nella crisi dei vecchi modelli
di sviluppo industriale e nella secolarizzazione crescente, una sfida seria a quella configurazione storica che ha visto l’affermazione dei diritti politici,
del suffragio universale e dell’allargamento della
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali.
Mentre negli anni ’70 alcuni osservatori temevano che l’eccesso di partecipazione potesse inceppare il funzionamento equilibrato degli apparati dello Stato, negli anni ’80 e ’90 si è affacciata la
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preoccupazione inversa, cioè che sia la crescente
disaffezione dei cittadini dalla cosa pubblica a indebolire il sistema politico. Se sembra difficile
parlare di una diffusa crisi di legittimità degli Stati
democratici attuali – anche per l’assenza di modelli alternativi credibili –, è tuttavia lecito chiedersi
fino a quando e in che modo la democrazia possa
sopravvivere in assenza di una reale partecipazione, e quali “anticorpi” siano in grado di produrre
la società e le istituzioni.
I contributi raccolti in questo volume muovono da queste comuni preoccupazioni, anche se da
punti di vista e approcci diversi. Nel tentativo di
misurare lo stato di salute dei sistemi democratici, si fa il punto sugli atteggiamenti complessivi
dei cittadini di alcune democrazie occidentali,
sulle loro aspettative, sui livelli di fiducia nei confronti delle istituzioni politiche; si riflette sull’incapacità dei regimi democratici e delle loro classi
dirigenti di fare i conti con l’aspirazione di cittadini sempre più esigenti e sulle ragioni del diffondersi di nuovi attori politici portatori di sentimenti “anti-politici”; si cerca di individuare i
meccanismi che alimentano lo scetticismo e la critica più o meno esplicita nei confronti della politica; si segnala il pericolo reale che i meccanismi
di partecipazione democratica possano generare,
senza i dovuti correttivi, dei fenomeni di esclusione o di discriminazione delle minoranze. Non
manca la riflessione sull’universo giovanile, spesso visto, a torto o a ragione, come un distillato
delle speranze e delle paure che la società adulta
proietta nel proprio futuro.
Quel che accomuna buona parte dei contributi
è la persuasione che né il disincanto, né il rifiuto
della politica siano atteggiamenti scontati. Accade
spesso che la politica si riduca a un gioco di contrapposizioni frontali e di oscure collusioni, dove i
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problemi dei cittadini sono subordinati ad ambizioni elettorali e a interessi di potere interni all’establishment. Tuttavia, sarebbe errata l’impressione di una totale generalizzazione della disaffezione dei cittadini. Intanto, quando li si interroga
con cura, i cittadini – soprattutto gli appartenenti
alle fasce più istruite – manifestano per la politica
una persistente sensibilità. In secondo luogo, sussiste pure una disponibilità alla mobilitazione ogni
qual volta la loro azione abbia qualche apprezzabile chance di riuscita. A riprova, si possono addurre
sia la vitalità delle forme di partecipazione alla vita
collettiva che si manifestano al di fuori della sfera
politica intesa in senso stretto (il volontariato, l’associazionismo), sia le nuove espressioni di mobilitazione sociale su vasta scala (i movimenti no global, il risorgere del pacifismo, ecc.). Infine, non
vanno neanche dimenticate alcune specificità, come ad esempio il diverso grado di accessibilità delle istituzioni politiche alle domande sociali, che in
qualche modo possono più o meno frenare le derive tecnocratiche e le chiusure del ceto politico.
Ma allora, quale cittadino dobbiamo attenderci
nei prossimi anni? Si è cercato di fornire qualche
elemento di risposta a questa complessa domanda, interrogando la capacità di due fondamentali
“agenzie” di formazione dell’opinione pubblica –
la scuola e i mezzi di informazione – di affrontare i
rischi di una cittadinanza senza partecipazione. Il
bilancio è, per così dire, in chiaroscuro. I massmedia indubbiamente rappresentano, interpretano e
costruiscono la realtà. Ma vi sono molti dubbi sia
sulla loro capacità di essere un “bene pubblico di
cittadinanza”, e quindi di offrire gli strumenti adeguati per la formazione delle opinioni dei cittadini, sia sulla loro facoltà di tenere a bada quella logica di mercato che porta a concepire i mezzi di
informazione come dei “prodotti” confezionati
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per affrontare la concorrenza, e perciò inclini a
privilegiare lo spettacolo e l’intrattenimento. A
questo proposito, ci si è concentrati sul ruolo pervasivo della televisione nel formare le coscienze
dei cittadini contemporanei, sull’ambivalenza del
ruolo dei massmedia nei confronti dei tempi e dei
luoghi della politica, sui temi della cosiddetta americanizzazione dei mezzi di informazione e sui rischi di un “videopotere” non regolamentato.
A queste riflessioni si sono poi aggiunte quelle
sul ruolo della scuola nella formazione della cittadinanza. In un contesto di partecipazione elettorale declinante, in cui i partiti sembrano ritrarsi dalla loro funzione di formatori di coscienza civica e
acculturazione politica, si è tornati a riflettere sulla funzione democratica e critica della scuola. Nella maggioranza dei paesi occidentali la questione
non fa o non fa più parte dell’agenda politica. Rari
sono infatti i progetti educativi attualmente in
campo che concepiscono la scuola come via d’accesso privilegiata alla partecipazione democratica.
Sostanzialmente le istituzioni scolastiche riflettono
oggi la generale disaffezione politica. Tuttavia, alcuni recenti tentativi di rivalutazione dell’educazione civica o dell’educazione alla cittadinanza,
qui documentati, sembrano indicare un’inversione
di tendenza, seppur timida ed esitante.
Questo volume ha almeno due pregi che vanno
menzionati: quello di raccogliere contributi nati
all’interno di discipline diverse (politologia, sociologia, storia, pedagogia e scienze della comunicazione), cercando dei temi comuni di dialogo; e
quello di posizionarsi su un spazio geo-politico
che forse per la prima volta mette in contatto, su
questi stessi temi, esperienze italiane e svizzere,
con un corollario non secondario di raffronto con
altre realtà europee, in particolare con quella francese. Riflettere con e attraverso l’esperienza di due
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paesi limitrofi come l’Italia e la Svizzera obbliga a
porsi domande in chiave di vicinanza e di distacco.
Se sul piano socio-economico le cose stanno forse
altrimenti, sul piano politico e istituzionale il distacco e le reciproche specificità, sembrano di primo acchito prevalere sulle comunanze. In questi
contributi, le differenze emergono soprattutto quando ci si china sul nodo democrazia-istituzioni, sull’“educazione alla cittadinanza” e sul mondo dei
mezzi d’informazione. Il nostro sforzo sarà premiato se da queste prime riflessioni scaturiranno
altre iniziative volte a far meglio conoscere, in Italia e in Svizzera, le rispettive realtà, istituzionali,
politiche, culturali e sociali.
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Politologi, sociologi, storici, pedagogisti e studiosi della comunicazione – provenienti dalla
Francia, dall’Italia e dalla Svizzera – si interrogano sullo “stato di salute” delle democrazie
contemporanee. Fanno il punto sulle aspettative e sulla fiducia dei cittadini verso le istituzioni politiche. Riflettono sulle difficoltà dei regimi democratici e delle loro classi dirigenti nel
rispondere alle aspirazioni di cittadini sempre
più esigenti e sul diffondersi di nuovi attori
portatori di sentimenti “antipolitici”. Ragionano sull’universo giovanile, ma anche sul ruolo
della scuola e dei mezzi di informazione di
fronte ai rischi di una cittadinanza senza partecipazione.
Fino a quando e in che modo la democrazia
può sopravvivere all’assenza di una reale partecipazione politica? Quali “anticorpi” sono in
grado di produrre la società e le istituzioni?
ISBN 88.7795.133.8
I testi, pubblicati in lingua originale, sono accompagnati da un riassunto del curatore in italiano o in francese.
Interventi di:
Angelo Agostini, Silvano Belligni, Yves Déloye, Giorgio Galli,
Daniel Gaxie, Andrea Ghiringhelli, Matteo Gianni, Dominique Gros,
Charles Heimberg, Alfio Mastropaolo, Oscar Mazzoleni, Italo Moscati,
Roland Reichenbach, Theo Mäusli, Boris Wernli.
CHF 28.-€ 19,00