Che cosa è la preghiera?
2565- È questo il numero, a mio parere, che con maggior precisione esprime che cos'è la
preghiera, in questa primissima sezione del catechismo della Chiesa cattolica. La preghiera
viene detta comunione. È opportuno però che non vi sfugga la profondità di questo termine
e il contenuto reale di esso. Dicendo comunione il catechismo si esprime in maniera semplice
e immediata, usa la parola corrente. Comunione è stare in sintonia, stare vicino, condividere
in qualche modo. La citazione di Romani 6,5 pone l'accento sulla prima comunione che noi
abbiamo, quella con Cristo. Il catechismo ha buoni motivi per questa scelta. Infatti attraverso
Cristo noi entriamo in comunione con la Santissima Trinità. Però consentitemi un
approfondimento. Ci accorgeremo che la realtà profonda è molto più bella di quanto
possiamo immaginare. Non se ne parla molto, nemmeno nelle catechesi per gli adulti o per le
persone consacrate. Io preferisco non rifarmi a romani 6,5, dove si parla di Cristo. Preferisco
un altro testo, sempre della lettera ai romani, al capitolo precedente, dove il discorso è più
ampio e include l'intera visione del suo piano salvifico. “La speranza non delude perché
l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato
dato. Infatti mentre noi eravamo peccatori Cristo morì per noi, per gli empi. Ora a stento si
trova chi ecc. ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre eravamo peccatori
Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati
dall'ira per mezzo di lui… e proseguiamo… se quando eravamo nemici siamo stati riconciliati
con Dio per mezzo della morte del figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati saremo
salvati mediante la sua vita”.
Come avrete notato assistiano ad un crescendo, fino alla indicazione della nostra salvezza
come frutto, non soltanto della morte redentrice di Cristo ma pure, e ancor di più, come
partecipazione alla sua stessa vita di risorto. È la vita del Cristo glorificato a costituire la
nostra salvezza, la vita stessa del Dio incarnato, ormai assunto nella gloria del Padre. Un testo
parallelo in romani 10,9 lega la salvezza alla fede nella risurrezione di Cristo dai morti. Sono
questi i testi paolini fondamentali. Ecco perché questi versetti sono importantissimi: perché
Paolo afferma che l'amore di Dio ci è stato dato, è stato infuso in noi ed è la sua vita in noi.
Tale amore di Dio non va inteso come un voler bene, abbastanza generico, esso diventa una
realtà data e il dare diventa un atto di effusione, come l’acqua che riversata rimane dove
cade e viene assorbita dal terreno. Lo Spirito Santo che ci è dato, appunto perché dato, è
avuto da chi lo riceve. Noi abbiamo qualcosa quando ci viene data e chi la riceve ne entra in
qualche modo in possesso e ne può usufruire. Lo Spirito di Dio è Spirito di Cristo, è Spirito del
Padre. Quale sarà l'attività dello Spirito Santo dentro di noi? Agisce appunto da Spirito Santo,
da Spirito che soffia perché è spirato dal Padre e dal Figlio. Sono il Padre e il Figlio che danno
lo Spirito e lo pongono in noi perché anche ciascuno di noi prenda parte al movimento della
vita divina. Cosa vuol dire questo se non che la vita intima di Dio si svolge in noi, cioè la
generazione del Verbo e la conseguente spirazione appunto dello Spirito? In noi poi il soffio
dello Spirito Santo è come il vento in una vela. Noi la vela e la barca, Lui il vento che sospinge
la barca. Infatti Paolo afferma che sono figli di Dio coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio.
Che cosa è la vita se non movimento? Lo Spirito Santo ci muove, cioè ci fa vivere. Nell’uomo
morto è stato soffiato un nuovo principio vitale, un nuovo Spirito, quello stesso che muove il
sole e le altre stelle. Questa volta però la vita è di natura sua immortale essendo la vita
stessa che muove intimamente la Trinità eterna. E ancora: ci muove rispettando la nostra
libertà perché muove dal di dentro e non forza dal di fuori e poi è Amore, come anche Dante
sottolinea.
Ritorniamo per un momento al Cat d. CC. Esso definisce la preghiera come vita di comunione
con Dio, magari con un giro di parole che può sembrare complesso. La realtà è semplicissima
e ci consente di definire la vita cristiana come vita di comunione con Dio. Ma perché viene
inserito, dal Catechismo e da noi, questo termine: comunione? Che cosa significa comunione?
Non significa semplicemente vicinanza, magari anche ma non solo, non solo sintonia, non
solo amicizia. Tutto ciò è certamente incluso, ma comunione significa avere una sola vita non
due. La nostra nuova vita si deve dire nostra perché noi l’abbiamo, giacché abbiamo l’origine
del suo movimento che è lo Spirito Santo. Insieme non è nostra perché non viene da noi ma
ci è data, anzi appartiene al solo unico e trino Dio che abita e vive la sua propria vita in noi.
Tanti altri motivi potremmo portare perché la nostra vita cristiana sia specificamente
qualificata come vita di comunione con Dio, ma troppo lunga ne sarebbe l’esposizione e
l’approfondimento. In estrema sintesi diciamo che tutto ciò ha spiegazione nella proprietà
unica dello Spirito Santo di essere ‘Comunione’, cioè legame di amore.
Comunione dice di una vita vissuta in comune. Noi sappiamo che, attraverso l'incarnazione,
Dio ha voluto condividere la nostra natura umana, cioè ha voluto vivere la nostra vita di
uomini. Fattala propria, l'ha assunta l’ha presa come sua. Ha voluto però insieme che noi
condividessimo la sua, di vita. In qualche maniera la sua natura divina diventa la nostra: noi
siamo partecipi della natura divina come conseguenza del fatto che Dio si è fatto partecipe
della natura umana. Noi abbiamo con Dio una condivisione. Vita di comunione significa allora
condividere, significa che non si può più dire questo è mio e questo è tuo. Si deve dire questo
è nostro. Nel Vangelo Gesù concretamente parla della sua comunione con gli apostoli: vi ho
chiamati amici perché tutto (proprio tutto) quello che ho udito dal Padre l’ho rivelato a voi.
Tra Gesù e i suoi non ci sono segreti cioè non esiste qualcosa che sia dell'uno e non sia
insieme anche degli altri. Non a caso Gesù nell'ultima cena, per indicare la propria comunione
con i suoi, la qualifica come amicizia.
Ci sarà molto utile anche dal punto di vista direi didattico. Voi catechisti fate normalmente
appello all'esperienza che tutti gli uomini fanno dell’amicizia, specialmente tra bambini e
ragazzi. Che cosa vuol dire per loro essere amici, avere un amico, addirittura qualificare
qualcuno come il migliore amico? Migliore amico o amichetta si considera quel ragazzo che
diventa in qualche maniera unico, quando tutto, proprio tutto della propria intimità viene
detto e tutto si vive insieme, quando si vive insieme, senza barriere, quando non si dice più
questo è mio e questo è tuo. Una gomma o una penna uno la prende anche senza chiedere il
permesso. Ciò che è dell'uno o la vita stessa dell'uno diventa vita dell'altro. È fondamentale
poi l’amicizia coniugale: nel Cantico dei cantici, lo ricordiamo, la sposa è chiamata ‘amica mia’.
perché è propria dell’amicizia la condivisione e nel matrimonio si condivide proprio tutto. E ne
consegue l’uso del simbolo matrimoniale per esprimere l’unione dell’anima col suo Dio.
Non possiamo dimenticare in proposito la vita anche sociale dei primi cristiani: niente era
considerato propria appartenenza, un cuor solo e un’anima sola, ecc. Basta l’accenno,
essendo quella esperienza ecclesiale conosciuta. Nella sua profondità però rimane
emblematica e tipica per tutti i secoli. Così pure va ricordato giustamente che la vita piena,
che ci attende nel Paradiso, altro non sarà che una condivisione perfetta, di tutti i santi,
addirittura fatti eredi della gloria di Dio.
La preghiera può essere diversa dalla vita? Se la vita è intessuta e sostanziata di preghiera, la
preghiera sarà condivisione. Ai livelli della mistica straordinaria, nelle anime introdotte ai
misteri di Cristo, vediamo che è normale partecipare alle sue sofferenze, alla sua morte,
all'incoronazione di spine. San Paolo riconosce che Cristo rivive la propria vita in lui, perché
Paolo stesso vive in e per Cristo. Ma anche senza arrivare a tanto, in realtà ogni preghiera è
condivisione. Nella preghiera ci si innalza a Dio, ma solo perché è Dio che si è incarnato ed
ora Dio, attraverso lo Spirito, rende presente Cristo e i suoi misteri nella mia carne. Lo Spirito
fa rivivere dentro di me i misteri del Figlio di Dio. Specialmente nella liturgia il mistero della
morte e risurrezione del Signore, il mistero pasquale, diventa mistero mio, diventa mia
celebrazione, mia vita di accoglienza del mistero e mia risposta al mistero che è presente e si
attualizza in me.