COMUNICATO STAMPA Ancora troppo dolore per bambini e

COMUNICATO STAMPA
Ancora troppo dolore per bambini e neonati.
Prima causa di accesso al Pronto soccorso, ma solo nel 26%
delle strutture viene preso in considerazione e quasi la
metànon applica alcun trattamento.
EMBARGO ORE 13.00 DELL’11 GIUGNO
Il dolore lascia una traccia nella memoria per tutta la vita. Dai pediatri
l’indicazione di misurarlo e trattarlo, quando è necessario, per
prevenire la cronicizzazione e l’alterazione della soglia del dolore in
età adulta. Al 70° Congresso Italiano di Pediatriain corso a Palermo il
progetto di formazione sui pediatri NienteMale Junior
Palermo, 11 giugno 2014 - I bambini provano ancora troppo dolore. E il dolore
subìto in età neonatale e nell’infanzia lascia persempre una traccia, come
testimoniano numerose ricerche. Nonostante queste conferme scientifiche il
dolore nell’infanzia continua a essere ancora sottovalutato. L’ultima conferma
arriva dai risultati di indagine condotta in Italia su 19 Pronto Soccorso dal
gruppo di studio PIPER (Pain in Pediatric Emergency Room): il dolore è la
prima causa di accesso al PS per gli under 14,tuttavia solo nel 26% delle
strutture il dolore viene preso in considerazione, circa un terzo non lo misura
attraverso apposite scale, quasi la metà non applica protocolli per il
trattamento del dolore.
Capire l’importanza del dolore e le conseguenze nel bambino, misurarlo e
contrastarlo sono gli obiettivi del progetto formativo NienteMaleJunior rivolto ai
pediatri ospedalieri e di famiglia, in corso oggi e domani al Congresso Italiano
di Pediatria a Palermo. Si tratta della terza tappa di un percorso formativo
articolato in un intervento su un gruppo di pediatri i quali, a loro volta,
dovranno formare i loro colleghi a livello regionale nell’ambito di un progetto
pilota.
Spiega Franca Benini,Membro della Commissione Nazionale Terapia del
Dolore e Cure Palliative e coordinatrice del Progetto Formativo
NienteMaleJunior: “Il dolore ha non ha solo conseguenze a breve termine
(peggioramento clinico, complicanze, prolungamento dell’ospedalizzazione…)
ma anche a lungo termine, tra cui la cronicizzazione, l’alterazione della soglia
del dolore,problemi psico-relazionali.Stimoli dolorosi ripetuti, senza copertura
analgesica, determinano infatti modificazioni strutturali e funzionali persistenti
del sistema nocicettivo/antalgico. Queste rimangono per tutta la vita e
modificano la soglia del dolore. A tutte le età, uno stimolo doloroso lascia
traccia nella memoria”.
Ciò vale ancor di più per il neonato. Già a partire dalla 23° esima settimana di
gestazione il feto è in grado di percepire il dolore. “A parità di stimolo doloroso
il neonato percepisce un dolore più intenso rispetto al bambino, perché i circuiti
neuronali sono immaturi quindi manca la capacità di rispostainibitoria
dell’organismo
allo
stimolo
doloroso”
spiega
Patrizia
Papacci,
Neonatologa,Terapia Intensiva Neonatale dell’Università Cattolica di Roma.
“Nel neonato anche la visita medica o operazioni di nursing possono essere
percepite come dolorose, specialmente se vengono effettuate dopo una
procedura dolorosa come un prelievo. Stimoli esagerati, come luci suoni,
provocano risposte analoghe a quelle causate da dolore. Nel neonato con età
gestazionale bassa procedure dolorose possono addirittura compromettere la
già precaria situazione respiratoria, cardiocircolatoria e metabolica e
determinare emorragia intraventricolare e/o patologia ipossico-ischemica
cerebrale”.
Queste alcune delle ragioni per cui è necessario valutare e trattare il
dolore in modo adeguato in tutti i bambini e in tutte le situazioni in cui
tale sintomo può manifestarsi.
Tra scale per valutare il dolore. “Per misurare il dolore – spiega Franca
Benini- esistono molte scale validate. Fra queste tresono quelle di riferimento
per efficacia nella definizione della quantità del dolore provato ed applicabilità
nei diversi setting (ospedale, ambulatorio domicilio). La scala di Flaccsi usa al
di sotto dei tre anni e prende in considerazione le reazioni non verbali
(espressione del volto, posizione delle gambe, attività, pianto e consolabilità).
La scala di Wong-Baker si utilizza a partire dai 4 anni ed è costituita da sei
facce, da quella sorridente, corrispondente a “nessun male” a quella che
piange, corrispondente a “il peggior male possibile”: al bambino si chiede di
indicare la faccia che corrisponde al male o al dolore provato in quel momento.
Da 8 anni in poi quando il bambino ha acquisito le nozioni di proporzione, può
essere utilizzata, anche dai genitori, la scala numerica: il bambino deveindicare
l’intensità di dolore che prova scegliendo o indicando il numero corrispondente
da 0 a 10”.
Non solo farmaci per trattare il dolore Oltre al trattamento farmacologico,
costituito da paracetamolo, FANS, e oppioidi (da somministrare solo in
ambiente ospedaliero nel periodo neonatale), esistono anche tecniche non
farmacologiche per il controllo del dolore, la cui validità è stata dimostrata
dalla ricerca scientifica. Tra queste la respirazione, la visualizzazione (viaggio
mentale nel luogo preferito), la lettura, il racconto di storie, le bolle di sapone
cui si aggiungono alcune tecniche di desensibilizzazione, come il guanto magico
e il gioco dell’interruttore, usate per abbassare la sensibilità di una determinata
zona corporea. La scelta della tecnica da utilizzare dipende dall’età del
bambino, dalla patologia, dal tipo di dolore. Nel neonato invece le stimolazioni
sensoriali multiple quali stimolazione tattile (“gentle handling”, carezze) in
grado di attutire la trasmissione del dolore a livello centrale, l’uso di sostanze
dolci, il contenimento, sono le tecniche più utilizzate.
Il nostro Paese sta facendo inoltre passi avanti riguardo l’accesso alle cure
palliative e alla terapia del dolore nel fine vita. La legge 38/2010 e la
successiva intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano approvata in data 25 luglio 2012 hanno previsto per l’età pediatrica
strutture e percorsi specifici. “E’ obbligo del servizio sanitario nazionale
garantire una presa in carico ed una cura attiva e globale, che salvaguardi la
dignità del bambino e supporti la famiglia”, spiega Marco Spizzicchino della
Commissione nazionale Cure Palliative e Terapia del Dolore. “La bassa
numerosità dei minori eleggibili alle Cure Palliative Pediatriche ed alla terapia
antalgica specialistica e la complessità di interventi e competenze richieste
necessitano da un lato, di una risposta specifica e dedicata, che non può essere
mutuata ed affidata ai referenti del paziente adulto, e dall’altro determinano il
bisogno di avere a disposizione interventi altamente specialistici il più possibile
vicino al luogo di vita del bambino, idealmente al suo domicilio. Il quadro
nazionale esaminato nel Rapporto al Parlamento, di prossima pubblicazione, fa
presumere che le CPP e la gestione domiciliare dei bambini inguaribili, stia
diventando, anche se con modalità differenti, un modello assistenziale attuato
ed in via di espansione”
Comunicazione e Ufficio Stampa SIP
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