Introduzione La copertura globale, la tridimensionalità delle misure e la precisione fanno del GPS uno strumento estremamente efficace per il calcolo della posizione di un punto sulla superficie terrestre. Risulta tuttavia molto complesso pensare ad un utilizzo di tale sistema per la navigazione nello spazio e lontano dalla Terra, come nel caso di missioni all’interno del Sistema Solare o al di fuori di esso. Alcuni studiosi (Coll, 2006; Rovelli, 2002; Blagojevic, 2002; Tartaglia e Ruggiero, 2007; Bini, 2008), nel corso di questi anni, hanno proposto sistemi in grado di servirsi delle linee di universo di segnali elettromagnetici provenienti da corpi celesti, al fine di effettuare un posizionamento relativistico nello spazio. E’ risultato immediato, a tale scopo, pensare di utilizzare dei set di pulsar, stelle di neutroni comparabili a “fari” stellari, come sorgenti di tali segnali elettromagnetici, data la loro capacità di emettere impulsi a periodi estremamente regolari. Nel presente lavoro di tesi verrà presentato dunque un approccio matematico all’uso di emettitori pulsanti, situati a distanza infinita rispetto all’osservatore, per definire un sistema di navigazione e di posizionamento spaziale completamente relativistico. Verrà mostrato inoltre come le pulsar possono essere utilizzate a tale scopo e particolare attenzione verrà rivolta all’analisi delle fonti di errore e delle incertezze relative al metodo di calcolo. Sarà presentato infine un algoritmo in grado di ricavare, partendo dalla simulazione di ricezione di segnali pulsar, il posizionamento di un punto nello spazio, nonché di ricostruire la sua orbita. 1 Capitolo 1 Pulsar Alla fine della loro vita, le stelle aventi una massa di circa dieci volte superiore a quella solare esplodono come supernovae: questa esplosione può portare alla nascita di una stella di neutroni, nome dovuto alla sua composizione interna. Tali corpi celesti risultano avere una massa pari a circa 1,5 masse solari ed un raggio di circa 10 km, il che implica densità enormi (dell’ordine di 1014 g/cm3) (Figura 1.1). Figura 1.1: la stella di neutroni. Una stella di neutroni isolata, senza alcuna materia attorno ad essa, è pressoché invisibile: la sua altissima temperatura la porta ad emettere un’esigua quantità di radiazione visibile ma, data la sua piccola dimensione, la luce emessa non è rilevabile a distanze astronomiche. 2 Se, al contrario, la stella di neutroni ha una compagna oppure è circondata da materia (ad esempio una nube di gas), questa può cederle massa: in tal caso la stella di neutroni si rende visibile e può manifestarsi sotto varie forme. Le pulsar – pulsating stars – sono una di tali forme osservabili dalla Terra. Esse derivano il loro nome dalla capacità di emissione di impulsi di radiazione fortemente direzionali. Furono scoperte nel 1967 da Jocelyn Bell, studentessa presso l'Università di Cambridge, e Antony Hewish, vincitore del premio Nobel per la fisica nel 1974, mentre stavano cercando di studiare la scintillazione delle quasar1. Le stelle di neutroni ruotano in modo molto rapido dopo la loro creazione per via della legge di conservazione del momento angolare: una stella di neutroni appena nata può ruotare molte volte al secondo. In generale, la velocità angolare massima che questi corpi possono raggiungere dipende dalla forza di coesione dei protoni all'interno degli stessi. In questo giocano un ruolo fondamentale sia la forza di gravità che la forza di interazione forte2. Col tempo le stelle di neutroni rallentano la rotazione dal momento che i loro campi magnetici, molto intensi, irradiano energia verso l'esterno. Questo effetto è detto frenamento magnetico: nel caso delle pulsar, il frenamento magnetico aumenta l'intervallo tra un impulso e un altro. Il ritmo a cui una stella di neutroni rallenta la propria rotazione è comunque costante e molto lento: i ritmi osservati sono tra 10-12 e 10-19 secondi al secolo. Le stelle di neutroni con un campo magnetico più debole, inoltre, risentono di un frenamento magnetico meno efficace, impiegando dunque più tempo per rallentare. __________________________________________________________________ Una quasar (contrazione di quasi-stellar radio source, radiosorgente quasi stellare) è un oggetto astronomico che somiglia ad una stella in un telescopio ottico (cioè è una sorgente puntiforme), e che mostra un grande spostamento verso il rosso (redshift) del suo spettro. Con scintillazione si indica la rapida variazione della luminosità o del colore di un oggetto luminoso distante, osservato attraverso l’atmosfera terrestre. 1 Trattasi della forza che tiene legati neutroni e protoni nei nuclei degli atomi e, su distanze nucleari (10-13 cm), essa vince su quella elettromagnetica. 2 3 Queste differenze infinitesimali sono facilmente e precisamente misurabili da orologi atomici, sui quali ogni osservatore di pulsar si sincronizza. Il campo magnetico di questi corpi celesti, cento miliardi di volte superiore a quello terrestre, può essere in generale approssimato ad un campo di dipolo simile a quello di un’enorme calamita. Tale modello spiega il fenomeno pulsar: la materia ionizzata catturata dal campo magnetico (principalmente elettroni) viene convogliata verso i poli magnetici della stella. L'accelerazione che ne consegue porta gli elettroni a velocità prossime a quella della luce e provoca l'emissione di onde elettromagnetiche, soprattutto alle lunghezze d'onda radio. Il fatto che l'emissione non avvenga su una superficie sferica, ma solo nelle due regioni polari, nonché il disallineamento dell'asse di rotazione rispetto a quello magnetico, fan sì che le pulsar si comportino come dei fari: quando la nostra linea di vista intercetta uno (o entrambi) i coni di emissione, allora vediamo la radiazione emessa per il tempo che impiega tale cono ad attraversare tale linea (Figura 1.2). Percepiamo quindi l'emissione come un impulso con periodo uguale a quello di rotazione della stella di neutroni (la metà se entrambi i coni intercettano la nostra linea di vista). Figura 1.2: il “fenomeno pulsar”. 4 Capitolo 2 Relativistic positioning 2.1 Emission Coordinates Lo spazio-tempo è un concetto fisico, diretta conseguenza della teoria della relatività ristretta, che combina le classiche nozioni tradizionalmente distinte di spazio e di tempo in un solo costrutto unico e omogeneo. Secondo la relatività generale, spazio e tempo costituiscono dunque una varietà geometrica3 a quattro dimensioni, deformata a causa della presenza del campo gravitazionale. I punti dello spazio-tempo sono detti “eventi” e ciascuno di essi corrisponde ad un fenomeno che si verifica in una certa posizione spaziale in un determinato istante (vedi Appendice A). Al fine di localizzare un evento nello spazio-tempo, sono necessari quattro parametri indipendenti: potremmo banalmente considerare le tre coordinate spaziali cartesiane ed una coordinata temporale, ma in generale è sufficiente una quaterna di valori numerici indipendenti. Consideriamo allora quattro orologi atomici, per semplicità in caduta libera (moto geodetico4), che trasmettano regolarmente il proprio tempo tramite segnali elettromagnetici. __________________________________________________________________ In geometria, una varietà è un concetto abbastanza generale definito con lo scopo di modellare "spazi a più dimensioni", eventualmente curvi, che "visti con una lente di ingrandimento" sembrano piatti e simili allo spazio euclideo, ma che visti globalmente possono assumere le forme più svariate. 3 Le geodetiche descrivono la traiettoria di un punto materiale in presenza di un campo gravitazionale. 4 5 Un osservatore che è in grado di ricevere tali segnali da ognuno dei quattro emettitori può dunque ottenere, in qualsiasi momento, i tempi corretti di emissione del segnale di ciascuna sorgente. Ogni quaterna formata da questi tempi dipende dalla posizione nello spazio- tempo del ricevitore e ad essa è univocamente associato un evento: risulta che i quattro tempi veicolati dai segnali elettromagnetici rappresentano effettivamente un buon set di coordinate per individuare la posizione di un osservatore nello spazio-tempo. Queste coordinate sono dunque note come emission coordinates, coordinate di emissione. 2.2 Posizionamento relativistico Analizziamo ora il metodo di calcolo per il posizionamento di un osservatore nello spazio tramite l’utilizzo delle emission coordinates. Tale approccio è stato già affrontato da diversi autori: qui faremo riferimento in particolar modo al modello proposto dal Prof. A. Tartaglia e dai suoi collaboratori in [1], [2], [3]. 2.2.1 Definizione del Sistema di riferimento e composizione della Griglia nello spazio-tempo Prendiamo in esame una singola sorgente di onde elettromagnetiche, fissa nello spazio e in grado di emettere impulsi periodici: a distanza infinita, un osservatore percepirà i singoli fronti d’onda come piani e, nel complesso, il segnale come un set di fronti d’onda planari che si muovono alla velocità della luce. Dal momento che lo spazio-tempo di Minkowski (vedi Appendice A) è quadridimensionale, risulta più corretto identificare ogni impulso in un iperpiano5. __________________________________________________________________ uno spazio di dimensione finita n, è detto iperpiano un sottospazio di dimensione n-1. In questo caso il nostro iperpiano avrà dimensione 3. 5 Dato 6 L’orientamento del segnale è quindi definito da un quadrivettore6 nullo7, ortogonale a tali iperpiani e che può essere espresso nella forma: ππ = ππ ππ = (ππ 0 , ππ 1 , ππ 2 , ππ 3 ) = 1 (1, π§π§ οΏ½) ππππ (2.1) dove c è la velocità della luce e T rappresenta il periodo degli impulsi forniti in un sistema di riferimento dove la sorgente è fissa. οΏ½ è un versore di tipo spazio, a tre dimensioni, che descrive la direzione di π§π§ propagazione del segnale in un sistema a coordinate cartesiane di origine arbitraria: le sue componenti sono i coseni direttori del vettore rispetto agli assi (vedi Appendice B). Il fattore 1/cT è infine utile per ottenere quattro coordinate fisicamente omogenee. Dal momento che stiamo parlando di impulsi elettromagnetici, il quadrivettore ππ è auto-normale, ovvero si ha che ππ β ππ = 0. Consideriamo ora N sorgenti fisse che emettono segnali periodici caratterizzati ciascuno da una frequenza e da una direzione nello spazio. Al fine del calcolo della posizione di un ricevitore nello spazio, sono necessarie almeno quattro sorgenti. Consideriamo dunque N pari a 4: si avranno quattro famiglie di iperpiani, definite ciascuna da un quadrivettore ππ, che si intersecheranno le une con le altre e andranno a formare nell’intero spazio circostante una sorta di reticolo o griglia. Identificando tali sorgenti con gli indici ππ, ππ, ππ e ππ, risulta che i quattro quadrivettori nulli οΏ½ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) οΏ½ , essendo linearmente indipendenti, rappresentano una base nello spazio-tempo di Minkowski e dunque un sistema di riferimento nullo. __________________________________________________________________ In relatività ristretta, un quadrivettore, o tetravettore, è un vettore dello spazio-tempo di Minkowski, rappresentato da una quadrupla di valori che nelle trasformazioni di coordinate tra due riferimenti inerziali rispetta le trasformazioni di Lorentz. 0 1 2 3 m:=(m ,m ,m ,m )=(ct,x,y,z). Vedi Appendice A. 6 Il termine “nullo” nel corso del presente testo indicherà grandezze vettoriali di tipo luce. Vedi Appendice A. 7 7 Introduciamo ora, nel medesimo sistema di riferimento in cui è definito il vettore di propagazione del segnale e quindi sempre rispetto ad un’origine arbitraria, il quadrivettore di posizione ππ = (ππππ, π±π±οΏ½), con π±π±οΏ½ vettore spaziale a tre dimensioni. Tale quadrivettore può anche essere scritto, secondo il formalismo delle tetradi9 e utilizzando la convenzione di Einstein8, nella forma: ππ = ππ (ππ) ππ(ππ) = ππ(ππ) ππ(ππ) , ππ = ππ, ππ, ππ, ππ (2.2) dove è utile precisare che, mentre il sistema οΏ½ππ(ππ) οΏ½ = οΏ½ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) οΏ½ è costituito da vettori nulli, il sistema οΏ½ππ(ππ) οΏ½ = { ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) } è costituito da vettori di tipo spazio. Lo scalare X è una funzione relativa all’evento spazio-temporale che, identificata appunto dal quadrivettore ππ, può essere pensata come la differenza di fase dell’onda, descritta da ππ, rispetto al suo valore nell’origine del sistema una volta raggiunto l’evento: ππ(ππ) = ππ β ππ . L’operatore “β” identifica il prodotto scalare di Minkowski. Le quattro differenze di fase ππ(ππ) = ππ(ππ) β ππ, (2.3) (2.4) relative ad ogni evento ππ, sono coordinate nulle e definiscono dunque un sistema di coordinate nullo. Inoltre, dal momento che sono legate fisicamente alla recezione di segnali elettromagnetici emessi dalle sorgenti, sono a tutti gli effetti anche delle emission coordinates. __________________________________________________________________ Secondo questa convenzione, ogni indice che compare all'interno di un fattore più di una volta deve essere sommato al variare di tutti i possibili valori che l'indice può assumere. Nelle applicazioni più comuni l'indice può valere 1,2,3 (per calcoli nello spazio euclideo), o 1,2,3,4 (per calcoli nello spazio di Minkowski), ma esso può variare in qualsiasi intervallo. 8 Il formalismo tetrade è un approccio alla relatività generale che sostituisce una scelta di coordinate locali alla scelta meno restrittiva di una base locale. 9 8 In sostanza, se consideriamo gli iperpiani relativi al sistema nullo οΏ½ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) οΏ½, nella griglia da essi definita rispetto ad un’origine arbitraria ogni evento è identificato da una propria fase dei segnali elettromagnetici: le coordinate dell’evento sono date, in tale sistema di riferimento, dalle funzioni { ππ (ππ) }. Allo stesso modo, per la (2.2), le fasi { ππ(ππ) } rappresentano le coordinate del sistema { ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) }. Se un osservatore si trovasse allora in moto nello spazio-tempo, la sua linea di universo andrebbe ad intercettare una serie di iper-celle di tale griglia, aventi i bordi di lunghezza pari a cT(a), cT(b), cT(c), cT(d): l’intersezione fra la linea di universo ed un iperpiano identificherebbe l’evento di ricezione del corrispondente impulso. 2.2.2 Posizionamento all’interno della griglia per N=4 sorgenti Supponiamo che l’osservatore sia dotato di un ricevitore in grado di riconoscere e contare gli impulsi provenienti da ciascuna delle sorgenti di segnali elettromagnetici periodici (nel nostro caso reale quattro pulsar opportunamente scelte). Al fine del calcolo è quindi fondamentale conoscere οΏ½ di propagazione dei vari segnali e le frequenze ν proprie di i quattro vettori π§π§ questi ultimi. Ammettiamo inoltre che il ricevitore sia dotato di un orologio atomico in grado di misurare con precisione, per ogni pulsar, gli intervalli temporali fra l’arrivo di un impulso e il successivo. Costruiamo allora il sistema di riferimento inerziale delle sorgenti e poniamo nella sua origine (arbitraria) un evento iniziale ππ = 0, dal quale vengono misurate le fasi di ciascun segnale. Chiameremo ricezione l’evento corrispondente all’arrivo di un impulso da una sorgente. Ad un successivo evento ππ associamo le quattro differenze di fase (2.4): in accordo alla (2.2) è possibile ottenere le coordinate dell’evento in funzione delle differenze di fase misurate: ππ = ππ(ππ) ππ(ππ) + ππ(ππ) ππ(ππ) + ππ(ππ) ππ(ππ) + ππ(ππ) ππ(ππ) . 9 (2.5) Le ππ(ππ) , dal momento che i segnali emessi delle pulsar non sono continui e consistono di una serie di impulsi, sono esprimibili come somma di un valore intero n, che numera l’ordine di arrivo di tali impulsi, e da una frazione χ , il cui valore solitamente varia da 0 a 1: ππ(ππ) = ππ(ππ) + ππ(ππ) , (2.6) ππ(ππ) = ππ(ππ) + ππ(ππ) , (2.7) ππ(ππ) = ππ(ππ) + ππ(ππ) , (2.9) ππ(ππ) = ππ(ππ) + ππ(ππ) , (2.8) Nelle equazioni (2.6 - 2.9), solo una delle χ sarà in generale a zero: quando arriva, per esempio, un impulso dalla sorgente a, ππ(ππ) sarà pari a zero, mentre ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) no. Parimenti, quando arriva un impulso dalla sorgente b, ππ(ππ) sarà pari a zero mentre le altre tre frazioni no, e così via. Una volta scelta un’origine arbitraria, il ricevitore è in grado di contare gli impulsi per ottenere le n(N); non ha tuttavia mezzi per misurare in modo diretto i valori frazionari ππ(ππ) . Essi possono comunque essere ricavati tramite calcolo numerico, a seguito di opportune ipotesi geometriche: supponiamo che l'accelerazione dell'utente sia molto piccola nel corso di una serie limitata di eventi di ricezione e che la sua linea di universo possa essere quindi identificata, in questo intervallo, con una linea retta. Tale ipotesi è detta di linearità. Sapendo che l’osservatore è in grado di misurare il corretto intervallo di tempo τij tra l’evento di arrivo i-esimo e j-esimo, procediamo come segue per determinare i valori frazionari χ. Prendiamo in considerazione due sequenze10 di tempi di arrivo dalle sorgenti: abbiamo otto eventi, ciascuno dei nella forma ππππ = ππ(ππ)ππ ππ(ππ) + ππ(ππ)ππ ππ(ππ) + ππ(ππ)ππ ππ(ππ) + ππ(ππ)ππ ππ(ππ) , ππ = 1, … 8, dove le ππ(ππ)ππ sono espressioni come le (2.6 - 2.9). (2.10) __________________________________________________________________ Essi possono essere successivi o no, purché l'intervallo di tempo totale non faccia decadere l'ipotesi di linearità della linea di universo. 10 10 Gli eventi sono disposti in modo tale che ππ1 sia l'arrivo del segnale generico dalla pulsar ππ e ππ2 , ππ3 , ππ4 siano gli arrivi del primo segnale, dopo ππ1 , rispettivamente delle pulsar ππ, ππ e ππ. ππ5 è l'arrivo del segnale successivo della pulsar ππ, e così via. Le pulsar sono ordinate in funzione del periodo: dal più grande, corrispondente ad ππ, al più breve, corrispondente a ππ. L’ipotesi geometrica della planarità dei fronti d’onda consente di scrivere il quadrivettore spostamento tra due eventi di ricezione come: ππππππ = ππππ − ππππ = οΏ½ππ(ππ)ππ − ππ(ππ)ππ οΏ½ππ(ππ) = Δππ(ππ)ππππ ππ(ππ) . (2.11) Prendiamo ora in considerazione tre eventi di ricezione successivi i, j, k : ππππππ = Δππ(ππ)ππππ ππ(ππ) , ππππππ = Δππ(ππ)ππππ ππ(ππ) . (2.12) Grazie all’ipotesi di linearità possiamo scrivere: Δππ(ππ)ππππ Δππ(ππ)ππππ Δππ(ππ)ππππ Δππ(ππ)ππππ ππππππ = = = = , ππππππ Δππ(ππ)ππππ Δππ(ππ)ππππ Δππ(ππ)ππππ Δππ(ππ)ππππ (2.13) dove τji e τkj sono i tempi corretti trascorsi rispettivamente tra l'i-esimo e il j- esimo evento di ricezione e il j-esima e il k-esimo. Queste relazioni ci permettono di ottenere i valori χ che ci interessano: possiamo organizzare infatti i coefficienti dell’equazione (2.10) in una matrice 8 × 4 (8 eventi, 4 fonti): (ππ) ππ1 ππ(ππ)ππ βππ2(ππ) + ππ2(ππ) β (ππ) (ππ) βππ3 + ππ3 βππ(ππ) + ππ (ππ) = β 4 (ππ) 4 β ππ5 β (ππ) (ππ) βππ6 + ππ6 βππ(ππ) + ππ (ππ) 7 7 (ππ) (ππ) βππ8 + ππ8 (ππ) (ππ) ππ1 + ππ1 (ππ) ππ2 (ππ) (ππ) ππ3 + ππ3 (ππ) (ππ) ππ4 + ππ4 (ππ) (ππ) ππ5 + ππ5 (ππ) ππ6 (ππ) (ππ) ππ7 + ππ7 (ππ) (ππ) ππ8 + ππ8 (ππ) (ππ) ππ1 + ππ1 (ππ) (ππ) ππ2 + ππ2 (ππ) ππ3 (ππ) (ππ) ππ4 + ππ4 (ππ) (ππ) ππ5 + ππ5 (ππ) (ππ) ππ6 + ππ6 (ππ) ππ7 (ππ) (ππ) ππ8 + ππ8 (ππ) (ππ) ππ1 + ππ1 (ππ) (ππ) ππ2 + ππ2 β (ππ) (ππ) β ππ3 + ππ3 β (ππ) β ππ4 β (ππ) (ππ) ππ5 + ππ5 β (ππ) (ππ) β ππ6 + ππ6 β (ππ) (ππ) ππ7 + ππ7 β (ππ) ππ8 (2.14) β Come si vede, le χ assumono valore zero lungo le diagonali principali della metà matrice superiore e di quella inferiore. Questo avviene in corrispondenza degli arrivi degli impulsi provenienti dalle varie pulsar: all’arrivo di un impulso da ππ, la corrispondente ππ(ππ) è zero; parimenti all’arrivo di un impulso da ππ, ππ(ππ) è zero, e così via. 11 Utilizzando le relazioni della (2.13) si ottengono i valori frazionari nei termini degli intervalli corretti di tempo misurati dall’osservatore. Avremo: (ππ) ππ1 (ππ) ππ1 (ππ) = 0, (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) ππ1 = ππ3 − ππ1 − οΏ½ππ7 − ππ3 οΏ½ (ππ) ππ21 , ππ62 (ππ) = ππ2 − ππ1 − οΏ½ππ6 − ππ2 οΏ½ ππ31 , ππ73 = ππ4 − ππ1 − οΏ½ππ8 − ππ4 οΏ½ ππ2 = ππ1 − ππ2 + οΏ½ππ5 − ππ1 οΏ½ ππ41 , ππ84 ππ1 (ππ) (ππ) ππ2 (ππ) = 0, (ππ) (ππ) ππ2 = ππ3 − ππ2 + οΏ½ππ7 − ππ3 οΏ½ (ππ) ππ21 , ππ51 ππ23 , ππ73 = ππ4 − ππ2 + οΏ½ππ8 − ππ4 οΏ½ ππ3 = ππ1 − ππ3 + οΏ½ππ5 − ππ1 οΏ½ ππ3 = ππ2 − ππ3 − οΏ½ππ6 − ππ2 οΏ½ ππ24 , ππ84 ππ2 (ππ) (ππ) (ππ) ππ3 = 0, (ππ) ππ31 , ππ51 ππ23 , ππ62 = ππ4 − ππ3 + οΏ½ππ8 − ππ4 οΏ½ ππ4 = ππ1 − ππ4 + οΏ½ππ5 − ππ1 οΏ½ ππ4 = ππ2 − ππ4 − οΏ½ππ6 − ππ2 οΏ½ ππ34 , ππ84 ππ3 (ππ) (ππ) (ππ) (ππ) ππ4 = ππ3 − ππ4 − οΏ½ππ7 − ππ3 οΏ½ (ππ) ππ4 = 0, ππ41 , ππ51 ππ24 , ππ62 ππ34 , ππ73 12 e via seguendo. Spostando la coppia di sequenze e ripetendo le operazioni passo dopo passo, siamo in grado di ricostruire l'intera linea di universo del ricevitore in termini di tempi di arrivo. Richiamiamo a questo punto l’equazione (2.4): essa ci permette di calcolare le esatte coordinate π₯π₯Μ di ogni evento ππ e, per farlo, può essere scritta in forma di sistema lineare: π΄π΄π₯π₯Μ = π¦π¦οΏ½ (2.15) in cui il vettore π¦π¦οΏ½ ha come componenti le differenze di fase X(N) precedentemente ricavate: mentre la matrice ππ(ππ) βππ(ππ) β π¦π¦οΏ½ = β , ππ(ππ) β 0 ππ(ππ) 0 βππ(ππ) π΄π΄ = β 0 ππ(ππ) 0 βππ(ππ) β ππ(ππ) 1 −ππ(ππ) 1 −ππ(ππ) 1 −ππ(ππ) 1 −ππ(ππ) β (2.16) 2 −ππ(ππ) 3 −ππ(ππ) 2 −ππ(ππ) (ππ) 3 −ππ(ππ) β 2 −ππ(ππ) 2 −ππ(ππ) 3 −ππ(ππ) β 3 β −ππ (2.17) ha come componenti le ππ(ππ) , che, come visto, sono dipendenti sia dai periodi 0 −1 ππ ππ dei segnali ππ(ππ) = (ππππ(ππ) ) , sia dai coseni direttori ππ(ππ) = ππππ(ππ) ππ(ππ) , indicanti le posizioni angolari delle sorgenti. οΏ½(ππ) tutti differenti, A risulta essere una matrice non singolare: il Essendo gli π§π§ generico vettore π₯π₯ 0 ππππ 1 π₯π₯ π₯π₯Μ = οΏ½π₯π₯ 2 οΏ½ = οΏ½ π¦π¦ οΏ½, π₯π₯ π§π§ π₯π₯ 3 (2.18) appartenente a β4 (da non confondere quindi con un quadrivettore), potrà pertanto essere calcolato tramite il sistema π₯π₯Μ = π΄π΄−1 π¦π¦οΏ½ e l’utente sarà in grado di ricavare per ogni evento di ricezione degli impulsi la propria posizione nello spazio. 13 E’ opportuno ricordare che il metodo di calcolo qui descritto fornisce soluzioni rispetto ad un’origine scelta arbitrariamente in un sistema di riferimento in cui le sorgenti sono fisse: ciò significa che esso non provvede ad un posizionamento assoluto nello spazio, bensì relativo ad un evento iniziale che si collocherà in tale origine. All’atto pratico, dunque, la localizzazione esatta di un utente in moto nello spazio è possibile a patto di conoscere le coordinate relative al punto di partenza, corrispondenti all’evento di ricezione iniziale, ovvero il momento in cui viene acceso il ricevitore. 2.3 Errori sistematici e limiti del metodo di calcolo L'errore sistematico (o determinato) è definito come lo scostamento tra il valore ottenuto con una misurazione ed il valore reale della grandezza studiata: è indice dell'accuratezza11 dei dati. È detto sistematico perché è costante al ripetersi della misura e, per questo, non può essere eliminato con la ripetizione della misurazione, come avviene per l'errore statistico. In generale, gli errori sistematici dipendono dalla scarsa conoscenza di alcuni parametri del sistema o da una ricostruzione non corretta o approssimativa dei processi fisici alla base del modello di calcolo. 2.3.1 Sorgenti in movimento Ipotesi base del modello di calcolo proposto è considerare le sorgenti di segnali pulsanti fisse nello spazio, a distanza infinita: questo comporta un errore sistematico, dal momento che qualsiasi sorgente, in particolare una pulsar, possiede un moto proprio ed è locata ad una distanza finita dall’osservatore. __________________________________________________________________ L'accuratezza è il grado di corrispondenza del dato teorico, desumibile da una serie di valori misurati (campione di dati), con il dato reale o di riferimento, ovvero la differenza tra valor medio campionario e valore vero o di riferimento. 11 14 Ad ogni modo, considerando appunto il caso di pulsar reali, è stato stimato che il rateo di variazione della posizione angolare è genericamente 100 pc dell’ordine di 10−6 οΏ½ ππ οΏ½ rad all’anno: in pratica, è possibile considerare tali sorgenti fisse nello spazio per diversi mesi prima di correggere il valore dei coseni direttori relativi alla direzione di propagazione dei loro segnali. Si presuppone, ovviamente, la conoscenza del comportamento delle pulsar nel tempo. La grande distanza che ci separa da esse, infine, permette di mantenere valida la seconda ipotesi iniziale. 2.3.2 Aumento del periodo dei segnali pulsar E’ noto che, come visto nel capitolo 1, le pulsar sono soggette al frenamento magnetico, il quale comporta una perdita di energia da parte della stella. Questa perdita si traduce in un aumento del periodo dei segnali elettromagnetici da essa emessi: in generale, comunque, essendo anche questo rateo di decadimento noto e molto piccolo, è possibile considerare i periodi delle pulsar “fissi” per lungo tempo (compatibilmente all’accuratezza richiesta) per poi essere corretti. 2.3.3 Ipotesi di planarità Al fine del calcolo è utile garantire che, per tempi sufficientemente brevi, i fronti d’onda dei segnali emessi dalle sorgenti possano essere considerati delle superfici piane. Per giustificare la validità di tale assunzione in un contesto fisico reale, possiamo pensare che la velocità relativa di un emettitore rispetto all’osservatore sia, ad oggi, dell’ordine di 104 m/s: ciò implica uno spostamento massimo dell’ordine del metro durante il periodo di integrazione dell’algoritmo. A distanze molto elevate questo spostamento è percepito come una variazione angolare dai μrad fino ai nrad. Anche considerassimo un’accelerazione relativa 15 dell’emettitore rispetto al ricevitore, la più alta credibile porterebbe a una variazione della velocità dell’ordine del cm/s: lo scostamento dalla planarità sarebbe dell’ordine di 1/1019, tranquillamente trascurabile dunque per tempi brevi di ricezione e integrazione. 2.3.4 Ipotesi di linearità Cerchiamo di giustificare ora l’ipotesi di linearità, introdotta in 2.2.2, e di analizzare la validità di tale approssimazione, secondo cui è possibile, per tempi sufficientemente brevi e corrispondenti a pochi eventi di ricezione, considerare la linea di universo dell’osservatore come una retta. Chiamiamo δτ12 la precisione dell'orologio montato sul ricevitore e definiamo il massimo intervallo di tempo Δτmax , cosicché valga la seguente relazione: π₯π₯π₯π₯ππππππ = οΏ½ 2 π£π£ πΏπΏπΏπΏ , ππ (2.19) dove ππ rappresenta l’ordine di grandezza dell’accelerazione dell’utente, π£π£ la sua velocità. Supponiamo allora che l’utente sia in movimento nello spazio-tempo con, per esempio, δτ β 10-10 s, π£π£ = 5×105 m/s e ππ = 1 m/s2: per la (2.19) il Δτmax sarà dell’ordine di 10-2 s. Tale intervallo è corrispondente a diversi periodi di emissione dei segnali di una pulsar millisecondo13 ed è sufficiente al fine della ricostruzione a tratti della linea di universo. In realtà, lo scostamento della linea di universo dell'utente dalla linearità può anche essere dovuto alla curvatura dello spazio-tempo, ossia alla presenza di un campo gravitazionale. __________________________________________________________________ In questa δτ dovremmo in realtà includere anche le variazioni dovute al moto proprio e al decadimento del periodo delle pulsar, che consideriamo costante durante ogni singola fase di processo; questi ultimi sono comunque effetti da considerarsi di gran lunga inferiori a quelli dovute alla accelerazione del ricevitore. 12 Una Pulsar millisecondo (MSP) è una pulsar con un periodo rotazionale compreso tra 1 e 10 millisecondi. Può essere visibile nella porzione dello spettro in microonde o nei raggi X. 13 16 Chiamando Ο il suo potenziale, poniamo che ππ sia dello stesso ordine di grandezza del campo gravitazionale indotto dal Sole alla distanza di 1 AU14: ππ = |∇Ο| = 10-3 m/s2. Se consideriamo una velocità π£π£ = 103 m/s otteniamo ancora che, sempre per la (2.19), Δτmax = 10-2 s. E’ possibile allora far riferimento a casi reali in fisica per i quali ha senso l'ipotesi di linearità: limitatamente ad essi, la procedura di calcolo descritta per il posizionamento di un utente nello spazio-tempo è dunque valida. 2.3.5 Influenza del campo gravitazionale Oltre a condizionare l’andamento della linea di universo dell’osservatore, la presenza di campi gravitazionali influenza anche la propagazione dei segnali elettromagnetici nello spazio. Al fine di un posizionamento reale nel Sistema Solare, nonostante il modello matematico proposto si sviluppi sotto l’ipotesi di moto nello spazio-tempo piatto di Minkowski, risulta comunque ovvio che si debba tenere conto degli effetti del campo gravitazionale del Sole (come di qualsiasi altro corpo celeste maggiore) e che vadano poste nuove condizioni al calcolo. L’ordine di grandezza del campo gravitazionale statico relativo al Sole è di circa 10−8 ( πΊπΊ ππππ ππ 2 π π 1 π΄π΄π΄π΄ π π ) e raggiunge valore massimo nelle sue vicinanze: = πΏπΏππ ≈ 10−6 . Tale campo condiziona i tempi di arrivo degli impulsi elettromagnetici provenienti dalle sorgenti: questo effetto risulta rilevante solo nel caso in cui i tempi di arrivo subiscano variazioni di quantità comparabili ai tempi di integrazione dell’algoritmo. Immaginiamo allora che un utente stia viaggiando nello spazio con velocità π―π―οΏ½ e direzione radiale π«π«οΏ½ rispetto al Sole (solo questa componente è di interesse). __________________________________________________________________ 1 AU (Astronomical Unit) = 149598000 kilometri. Esprimiamo la distanza in AU cosicché ad una distanza pari a 1 corrisponda la posizione della Terra. 14 17 Gli effetti dovuti al suo moto in un intervallo di tempo δt sono espressi in termini di variazioni in frazioni di periodo dei segnali: sapendo che πΏπΏππ,π£π£ = πΊπΊ πππ π ππ 2 π π 2 π―π―οΏ½ β π«π«οΏ½ πΏπΏπΏπΏ è quindi possibile fissare un limite superiore al valore accettabile di δt affinché l’effetto sia compatibile con la tolleranza richiesta dall’algoritmo. In ogni caso, la presenza di questi disturbi diventa trascurabile nel caso si scelgano sorgenti a grande distanza nello spazio come, appunto, le pulsar. 2.4 Incertezze ed errori relativi Dopo aver discusso gli errori sistematici legati al modello fisico che è alla base del calcolo, esaminiamo ora gli errori relativi alla procedura in sé e alle incertezze connesse alle variazioni stocastiche delle grandezze coinvolte nel processo di posizionamento. Consideriamo allora, nuovamente, il sistema (2.15). Mentre le componenti della matrice A sono affette da errori sistematici, la misura delle fasi soffre di errori casuali: è possibile calcolare il massimo errore relativo πΏπΏπ₯π₯Μ sulle soluzioni π₯π₯Μ quantificando gli errori su A e stimando tramite un’analisi statistica l’incertezza sulla misura delle fasi. 2 Definiamo dunque una norma appropriata, per esempio βπ΄π΄β = οΏ½∑ππ,ππ οΏ½ππππ,ππ οΏ½ e βπ₯π₯Μ β = οΏ½∑ππ |π₯π₯ππ |2 . Vale la seguente relazione: dove πΏπΏπ₯π₯Μ = ββπ₯π₯Μ β βπ₯π₯Μ β , πΏπΏπΏπΏ = ββπ΄π΄β βπ΄π΄β πΏπΏπ₯π₯Μ ≤ ππ(π΄π΄)2 πΏπΏπΏπΏ (2.20) e ππ(π΄π΄) è il numero di condizionamento del sistema (2.15). Se supponiamo che gli errori relativi βππ/ππ dei periodi e βππππ dei coseni direttori siano più o meno gli stessi per tutte le sorgenti e in ogni direzione, allora l’equazione (2.20) ci permette di scrivere: βππ 2 3 οΏ½ πΏπΏπ₯π₯Μ ≤ ππ(π΄π΄) οΏ½ οΏ½ οΏ½ + (βππ)2 οΏ½ . ππ 2 2 18 (2.21) ππ(π΄π΄) è sempre maggiore o uguale a 1 e, nel nostro caso, possiamo scrivere: 4 1 1 ππ(π΄π΄) ∝ οΏ½ 2 2 . 2 |det(π΄π΄)| ππ(ππ) ππ (2.22) ππ Possiamo notare che l’errore relativo è minimo quando il determinante della matrice A e i periodi sono massimi. Dal momento che le componenti spaziali della matrice A sono i coseni direttori, il determinante è massimo quando è massimo il volume individuato da questi vettori. 2.4.1 Geometric Dilution of Precision (GDOP) Al fine di garantire una maggiore accuratezza al calcolo, è utile analizzare le proprietà prettamente geometriche del sistema (2.15), in particolar modo le posizioni angolari delle sorgenti dislocate nel cielo. Faremo dunque riferimento ad una grandezza di fondamentale importanza anche per i sistemi GPS: il GDOP, ovvero il Geometric Dilution of Precision. Esso ci permette di valutare l’affidabilità del nostro set di quaterne, in funzione della posizione nello spazio delle sorgenti, l’una rispetto all’altra. Il GDOP è calcolabile tramite la matrice delle covarianze15 degli errori di posizionamento. Tale matrice può essere espressa come: cov(π₯π₯Μ ) = [π΄π΄ππ cov(π¦π¦οΏ½)π΄π΄]−1 (2.23) Se gli errori nelle misurazioni delle differenze di fase sono scorrelati e 2 distribuiti in maniera Gaussiana, con media zero e varianza ππ(ππ) , la matrice diventa: 2 2 2 2 cov(π₯π₯Μ ) = οΏ½π΄π΄ππ diag(ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) , ππ(ππ) )π΄π΄οΏ½ −1 (2.24) __________________________________________________________________ La matrice delle covarianze rappresenta la variazione di coppie di variabili aleatorie in una analisi statistica di un fenomeno, cioè rappresenta il modo in cui ogni variabile varia rispetto alle altre. 15 19 Il GDOP è allora definito come: GDOP = οΏ½TrοΏ½cov(π₯π₯Μ )οΏ½ dove con “Tr” indichiamo la traccia16 della matrice. (2.25) Considerando ora il caso in cui le misurazioni delle fasi abbiano la stessa varianza ππ 2 ed utilizzando la notazione in cofattori17 per scrivere (π΄π΄ππ π΄π΄)−1 = 1 |det (π΄π΄)|2 (cof A)T (cof A) , possiamo esprimere il GDOP come: GDOP = σ οΏ½Tr(cof A)T (cof A) |det(π΄π΄)|2 (2.26) Risulta anche qui fondamentale il ruolo del determinante di A al fine di minimizzare gli errori: il GDOP è minimo quando gli angoli compresi fra le direzioni relative alle sorgenti sono massimi. 2.4.2 Disposizione delle pulsar nello spazio Avendo discusso la dipendenza dell’accuratezza del calcolo rispetto alle proprietà geometriche del sistema, è utile sottolineare che la maggioranza delle pulsar ad oggi scoperte è concentrata lungo il disco galattico, ovvero il piano di simmetria della Galassia. Questa distribuzione planare delle sorgenti è interessante al momento del posizionamento perché pone un limite minimo al GDOP, causando la presenza di un errore che, seppur piccolo, non è eliminabile. __________________________________________________________________ In matematica, si definisce traccia di una matrice quadrata la somma di tutti gli elementi della sua diagonale principale. 16 In algebra lineare, il cofattore descrive una particolare costruzione che è utile per calcolare sia determinante e l’inversa di matrici quadrate. 17 20 Capitolo 3 Posizionamento con N>4 pulsar Fino ad ora abbiamo considerato, al fine del calcolo, un numero minimo di sorgenti pari a quattro: il perché di tale numero è dettato dal fatto che le coordinate necessarie a localizzare un punto nello spazio sono appunto quattro (tre spaziali ed una temporale). E’ comunque molto sensato e conveniente utilizzare un numero N di sorgenti maggiore: il metodo di calcolo rimarrebbe invariato, ma si applicherebbe ad ogni possibile quadrupla contenuta in N e la posizione finale sarebbe determinata come media dei risultati ottenuti per ciascuna quadrupla. E’ possibile, in questo modo, smorzare gli effetti dei disturbi casuali sull’emissione dei segnali. Inoltre, se una sorgente dovesse venire meno per qualsiasi motivo (ad esempio nel caso di eclissi), la localizzazione non verrebbe interrotta. 3.1 Simulazione numerica Al fine di valutare la bontà del metodo e di applicarlo ad un numero di sorgenti superiore a quattro, abbiamo scritto in codice MATLAB un algoritmo in grado di simulare la ricezione degli impulsi elettromagnetici e la misurazione dei tempi di arrivo per ricostruire la traiettoria ellittica nota di un punto materiale nello spazio (vedi Appendice C). Si è dunque fatto riferimento a quindici millisecond pulsar18 reali supposte __________________________________________________________________ 18 Una pulsar millisecondo è una pulsar con un periodo rotazionale compreso tra 1 e 10 ms. 21 fisse nello spazio e i cui parametri principali, riportati nella Tabella 1, sono stati presi dal Catalogo Pulsar ATNF [4]. I quadrivettori base ππ di ogni sorgente sono stati ottenuti calcolando i coseni direttori a partire dai parametri relativi alle coordinate ellittiche delle pulsar scelte e ricorrendo alla formula (2.1), con N pari a 15. Si è assunto di conoscere sia periodi che coseni direttori con un’accuratezza limitata alla sola precisione numerica. Ricevendo segnali da svariati emettitori, la posizione finale del ricevitore deve essere calcolata come media dei risultati ottenuti per ciascuna quadrupla q contenuta in N: è necessario dunque calcolare le combinazioni ππ 15 βN,k , con k=4. In totale, esse saranno ππ = οΏ½ οΏ½ = οΏ½ οΏ½ = 1365 . ππ 4 Con l’obiettivo di minimizzare gli errori relativi, come visto in 2.4 e in 2.5, abbiamo ritenuto opportuno scegliere, fra la totalità delle combinazioni Q , solamente le quaterne aventi le pulsar disposte geometricamente meglio nello spazio, le une rispetto alle altre: per fare ciò abbiamo pensato di calcolare il numero di condizionamento delle matrici chi, di componenti ππ(ππ) (vedi l’espressione 2.17), e di porre un limite al suo valore per selezionare le migliori combinazioni. Un valore del numero di condizionamento accettabile per il sistema in esame è compreso fra 1 e 100: nel nostro caso abbiamo comunque imposto che debba essere inferiore a 30, al fine di garantire risultati più precisi. Per snellire il calcolo, abbiamo deciso infine di considerare un massimo di quaranta quaterne fra quelle già selezionate. Partendo a questo punto dalla conoscenza della traiettoria del ricevitore (un moto ellittico uniforme sul piano (x,y), percorso ad una velocità angolare costante e pari a quella media della Terra attorno al Sole)(Figure 3.1 e 3.2) abbiamo simulato la ricezione degli impulsi: i loro ToA (tempi di arrivo) sono stati ricavati numericamente per ciascuna quaterna intersecando la curva parametrica nota con quattro famiglie di iperpiani paralleli fra loro, corrispondenti ai segnali elettromagnetici provenienti dalle pulsar. 22 Figura 3.1: l’orbita ideale e nota del punto materiale, vista nel piano (x,y). Figura 3.2: l’orbita ideale e nota del punto materiale, vista nel piano (x,y,z). Ripercorrendo lo stesso metodo di calcolo presentato in 2.2.2 e dopo aver impostato opportunamente l’origine del nostro sistema di riferimento, è stato possibile ricostruire le orbite ellittiche per ognuna delle quaranta quaterne scelte (Figure 3.3 e 3.4), raccogliendo in appositi vettori le coordinate spaziali e la base dei tempi degli eventi di ricezione. 23 Figura 3.3: le quaranta orbite ricostruite dall’algoritmo, sul piano (x,y). Figura 3.4: le quaranta orbite ricostruite dall’algoritmo, sul piano (x,y,z). Si nota lo scostamento dal caso ideale sul piano z. In Figura 3.4 si nota come il complesso delle orbite ricostruite presenti un certo scostamento dall’orbita ideale sull’asse z: si tratta di un modesto errore imputabile ad una disposizione nello spazio ancora non ottimale di alcune quaterne. 24 Come anticipato, è necessario a questo punto mediare le soluzioni ottenute per ciascuna quaterna al fine di ottenere un’unica orbita ricostruita. Tale operazione è resa complicata dal fatto che ogni quaterna assume come tempo di riferimento il periodo maggiore di una delle quattro pulsar di cui è composta. Si ha dunque che la scala temporale delle quaranta orbite riportate in Figura 3.4 non è sempre la stessa. Abbiamo ritenuto allora opportuno scegliere una base temporale adeguata, in funzione della quale sia possibile effettuare un’interpolazione fra le componenti spaziali dei vettori costruiti tramite le coordinate di ricezione. Abbiamo assunto quindi come base dei tempi quella relativa alla quaterna avente periodo minore in assoluto, e abbiamo eseguito un’interpolazione polinomiale di primo ordine. Le soluzioni ottenute sono riportate nelle Figure 3.5, 3.6 e 3.7: in rosso è indicata la funzione interpolante le curve relative alle componenti spaziali della traiettoria individuata da ciascuna quaterna. Figura 3.5: curva interpolante e curve relative alla componente x della traiettoria individuata dalle quaranta quaterne. 25 Figura 3.6: curva interpolante e curve relative alla componente y della traiettoria individuata dalle quaranta quaterne. Figura 3.7: curva interpolante e curve relative alla componente z della traiettoria individuata dalle quaranta quaterne. Sono osservabili gli scostamenti su sull’asse z delle orbite ellittiche ricostruite rispetto all’orbita ideale. La soluzione ottimizzata è infine riportata in figura 3.8. 26 Figura 3.8: l’orbita del punto materiale ricostruita tramite l’algoritmo. Si riscontra un’incertezza lungo l’asse z, molto piccola ed evidentemente dipendente dalla bontà della scelta di alcune quaterne. Ricordiamo a tal proposito che, come visto in 2.4.2, per quanto si cerchi di selezionare le migliori costellazioni di pulsar, esse sono locate prevalentemente lungo il piano galattico: questa particolare distribuzione influisce negativamente sull’accuratezza del posizionamento. Abbiamo ritenuto interessante, a questo punto, capire come varia l’errore spaziale all’aumentare del numero delle quaterne, mantenendo sempre il limite di 30 sul numero di condizionamento, con l’obiettivo di capire se all’aumentare delle quaterne considerate si ha un miglioramento nell’accuratezza del calcolo e se, in tal caso, esiste una quantità soglia oltre la quale i miglioramenti sono trascurabili. Abbiamo diagrammato dunque l’errore in funzione del tempo all’aumentare delle quaterne considerate, fino a considerarne un totale di quaranta: il grafico ottenuto è rappresentato in Figura 3.9. 27 Figura 3.9: errore spaziale in funzione del tempo. L’errore non tende a variare all’aumentare delle quaterne considerate: si deduce dunque che le diverse combinazioni di quaterne non rappresentano un insieme statistico e che, al fine di minimizzare l’errore, è importante analizzare la qualità e bontà di ogni quaterna scelta, scartando ulteriormente fra esse quelle che forniscono i risultati più dispersi. 28 Conclusione Abbiamo qui presentato un interessante approccio matematico all’uso di sorgenti di segnali elettromagnetici pulsanti per il posizionamento nello spazio. La procedura è completamente relativistica, non richiede sincronizzazione fra i segnali provenienti dalle diverse sorgenti né stesse frequenze, e permette di determinare la posizione di un utente rispetto ad un evento arbitrario nello spazio tempo. Quest’ultimo aspetto rappresenta un limite pratico di tale modello di calcolo in quanto l’utente, per poter ricostruire la sua posizione nello spazio, deve conoscere le esatte coordinate del suo punto di partenza. Ipotizzando una missione spaziale con partenza dalla Terra, il computer connesso al ricevitore dovrà associare all’evento di ricezione iniziale le coordinate della base terrestre da cui avviene il lancio, e non dovrà essere spento per tutta la durata della missione. Uno spegnimento o la perdita momentanea di segnale implicherebbero l’impossibilità di proseguire con il posizionamento. Nel presente lavoro di tesi abbiamo fatto riferimento ad impulsi elettromagnetici emessi da millisecond pulsar. Sebbene tali corpi celesti abbiano caratteristiche molto interessanti, quali un periodo di emissione costante per lunghi periodi di tempo e una forte direzionalità, presentano comunque un problema di rilevante importanza: la debolezza del loro segnale. Questo difetto si traduce nella necessità di antenne e dispositivi di ricezione all’avanguardia, molto ingombranti e molto costosi, che rendono difficoltosa oggigiorno un’applicazione reale di tale sistema. E’ comunque da considerare che lo stesso principio di calcolo può essere applicato a sorgenti che non siano pulsar: si potrebbe pensare, ad esempio, di 29 porre degli emettitori di segnali pulsanti su corpi celesti e satelliti in orbita all’interno del Sistema Solare, per un posizionamento all’interno dello stesso. Un utente potrebbe dunque ripercorrere gli stessi calcoli affrontati nel presente lavoro per ricostruire la sua traiettoria nello spazio, con l’accortezza di conoscere il moto esatto di ciascun emettitore e aggiornare di continuo le sue effemeridi. In conclusione, il modello di calcolo qui descritto rappresenta, al netto di errori e di incertezze già approfonditi e al netto di perfezionamenti futuri, soprattutto in ambito tecnologico, un passo importante verso un sistema di posizionamento completamente autonomo e relativistico nello spazio-tempo. 30 Riferimenti [1] A. Tartaglia, ML. Ruggiero, E. Capolongo. A null frame for spacetime positioning by means of pulsating sources. 2011. [2] A. Tartaglia. Emission coordinates for the navigation in space. 2009. [3] A. Tartaglia, ML. Ruggiero, E. Capolongo. A relativistic navigation system for space. 2011. [4] http://www.atnf.csiro.au/ [5] N. Ashby. Relativity in the Global Positioning System. 2003. http://www.livingreviews.org/lrr-2003-1. 31