indice i ii indice indice iii ELENCHOS Collana di testi e studi sul pensiero antico fondata da Gabriele Giannantoni L iv indice ELENCHOS Collana di testi e studi sul pensiero antico Comitato scientifico: Enrico Berti, Aldo Brancacci, Giuseppe Cambiano, Tullio Gregory, Anna Maria Ioppolo, Claudio Moreschini, Mario Vegetti Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee indice v ANTHROPINE SOPHIA STUDI DI FILOLOGIA E STORIOGRAFIA FILOSOFICA IN MEMORIA DI GABRIELE GIANNANTONI A cura di F. Alesse, F. Aronadio, M.C. Dalfino L. Simeoni, E. Spinelli BIBLIOPOLIS vi indice Il volume eÁ stato realizzato in collaborazione con l'Ufficio Pubblicazioni e Informazioni Scientifiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche e con il contributo della SocietaÁ Filosofica Italiana ProprietaÁ letteraria riservata ISBN 978-88-7088-563-7 Copyright # 2008 by C.N.R., Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee indice vii INDICE Premessa p. xi Francesco Adorno: Per Gabriele Giannantoni: un dialogo » 1 Carlo de Simone: Lo stato attuale degli studi sulla lingua messapica (Apulia et Calabria) » 5 Julia Annas: The Sage in Ancient Philosophy » 11 Domenico Musti: L'edonismo pericleo, i Cirenaici, l'epicureismo: omaggio a Gabriele Giannantoni » 29 Alonso Tordesillas: Gorgias et la question de la responsabilite d'HeÂleÁne » 45 Michel Narcy: Pourquoi Socrate? » 55 Mario Vegetti: Elenchos e intertestualitaÁ nei dialoghi di Platone » 69 Monique Dixsaut: La rheÂtorique, une deÂfinition impossible? » 79 Bruno Centrone: L'anamnesi nel Fedone tra conoscere e sapere » 105 Claudia Luchetti: Il carattere didattico dell'opposizione tra Vita e morte nell'ultima prova sull'immortalitaÁ dell'Anima nel Fedone, 102a-106d » 119 Matteo Nucci: Il sorriso immortale della filosofia. Un enigma nella notte di Aristodemo » 151 Giovanni Casertano: Retorica e filosofia, persuasione e veritaÁ nel Fedro e nel Simposio » 171 Aldo Brancacci: Platone e Saffo. Phaedr. 235b, 251a2-b3 » 189 viii indice Francesco Aronadio: Plat. Parm. 128e5-130a3: l'opposizione impossibile e il possibile intreccio nella dimensione ontologica delle idee p. 199 Margherita Isnardi Parente: Methexis nel Sofista di Platone? » 221 Thomas Alexander SzlezaÂk: Platons GruÈnde fuÈr philosophische ZuruÈckhaltung in der Schrift » 227 Luca Simeoni: L'astronomia alla maniera di Esiodo » 237 Klaus DoÈring: Platons Garten, sein Haus, das Museion und die StaÈtten der LehrtaÈtigkeit Platons » 257 Theodor Ebert: In Defence of the Dialectical School » 275 Enrico Berti: L'origine dell'anima intellettiva secondo Aristotele » 295 Maria Giovanna Sillitti: Aristotele e i ``due'' intelletti: ancora su De an. 430a10-26 » 329 Jaap Mansfeld: Aristotle on Socrates' Contributions to Philosophy » 337 Pier Luigi Donini: Aristotele: a chi e a che cosa serve una tragedia » 351 Luciana Repici: Il pensiero dell'anima in Epicuro e in Lucrezio » 379 Giuseppe Cambiano: Lucrezio e il greco Epicuro » 407 Francesca Longo Auricchio: La testimonianza filodemea sull'immagine di Socrate: osservazioni testuali » 423 Francesca Alesse: La teoria delle forme di appropriazione nello Stoico Ierocle » 441 Anna Maria Ioppolo: La critica di Sesto Empirico all'interpretazione di Platone ``aporetico'' » 457 Emidio Spinelli: L'attacco di Sesto Empirico alle technai: polemica antipaideutica e genuino pirronismo » 481 Riccardo Chiaradonna: Movimento dell'intelletto e movimento dell'anima in Plotino (Enn. VI 2 [43], 8.10) » 497 Cristina Rognoni: Note per uno studio dell'Ellenismo medievale nell'Italia meridionale e in Sicilia » 509 indice ix Francesco Romano: Gualtiero di Mortagne. Una soluzione originale della questione degli universali nel XII secolo p. 521 Claudio Moreschini: Il commento al Pimandro di FrancËois Foix-Candalle: prime considerazioni » 551 Indice dei nomi antichi e medievali » 563 Indice dei nomi moderni » 569 Indici prefazione x PREMESSA Questo volume eÁ dedicato alla memoria di Gabriele Giannantoni, a dieci anni dalla scomparsa, e raccoglie i contributi di quanti, colleghi e allievi, hanno condiviso il Suo costante impegno nella ricerca scientifica o beneficiato del Suo insegnamento. I saggi offrono un panorama ampio e articolato di indagini volte in prevalenza alla filosofia greca e romana ± com'era naturale attendersi in un contesto che voglia ricordare Gabriele Giannantoni come storico della filosofia antica ± e che vanno dal pensiero presocratico e classico al tardo ellenismo e alle scuole di etaÁ imperiale. Non mancano tuttavia interventi di storia, di filologia bizantina e medievale, o inerenti alla ricezione del pensiero greco in epoca umanistica. Il volume appare nella collana ``Elenchos'', fondata e diretta dallo stesso Gabriele Giannantoni, e dove ha anche trovato spazio, nel 2006, la monografia postuma Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone, curata da Bruno Centrone e pubblicata in collaborazione con l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. I curatori desiderano esprimere il loro sincero ringraziamento a tutti coloro che hanno aderito a questo progetto, permettendone la realizzazione: agli Autori; al dottor Mario Apice, Direttore dell'Ufficio Pubblicazioni e Informazioni Scientifiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche; al professor Stefano Poggi, Presidente della SocietaÁ Filosofica Italiana. La nostra piuÁ viva gratitudine, infine, va al professor Tullio Gregory che ha seguito quest'iniziativa a partire dalle prime fasi fino alla pubblicazione. I Curatori la teoria delle forme di appropriazione 441 Francesca Alesse LA TEORIA DELLE FORME DI APPROPRIAZIONE NELLO STOICO IEROCLE 1. Nella letteratura critica sull'etica stoica, un posto di primissimo piano eÁ riservato alla dottrina della oi\jei* xri| o ``appropriazione'', ampiamente attestata dalle fonti 1, e che rappresenta uno dei contributi piuÁ significativi che la filosofia morale ellenistica ha dato alla riflessione sull'origine del comportamento individuale cosõÁ come del sentimento sociale e della giustizia. I tratti principali della dottrina stoica della oi\jei* xri| possono essere individuati nell'affermazione che l'essere vivente prova, fin dalla nascita, un'affezione per se stesso prima che per ogni altro essere; nel deciso anti-edonismo e nell'opposizione all'idea epicurea secondo cui il pqx&som oi\jei& om, dell'animale e dell'uomo, sia il piacere; infine nell'impegno a fondare sulla ``conformitaÁ alla natura'' non solo l'agire individuale ma anche il costituirsi della societaÁ e delle sue principali istituzioni. Di questa dottrina sono state studiate le relazioni con la tradizione aristotelica e peripatetica, precisamente con la teoria della uiki* a formulata da Aristotele e con la nozione teofrastea della oi\jeio*sg|, nelle quali si eÁ visto talora o la matrice o, quanto meno, un importante quadro concettuale di riferi1 Si vedano SVF I 197-8; III 178-89; cfr. anche 57 A-H Long-Sedley; il termine oi\jei* xri| ricorre anche per Posidonio, cfr. F 165 e soprattutto 169 Edelstein-Kidd, sul quale si veda I. Kidd, Posidonius, II: The Commentary, Cambridge 1988, rist. 1999, p. 618 e sgg. Per una visione d'insieme sulla teoria, cfr., ad esempio, S.G. Pembroke, Oikeiosis, in A.A. Long (ed.), Problems in Stoicism, London 1971, pp. 114-9; G. Striker, The Role of Oikeiosis in Stoic Ethics, ``Oxford Studies in Ancient Philosophy'', 1 (1983) pp. 145-67; T. Engberg-Pedersen, Discovering the Good: Oikeiosis and Kathekonta in Stoic Ethics, in M. Schofield-G. Striker (eds.), The Norms of Nature: Studies in Hellenistic Ethics, Cambridge-Paris 1986, pp. 145-83; B. Inwood, Ethics and Human Action in Early Stoicism, Oxford 1985, pp. 182-201 e 219-23; Id., Stoic Ethics. Oikeiosis and Primary Impulse, in K. Algra-J. Barnes-J. Mansfeld-M. Schofield, The Cambridge History of Hellenistic Philosophy, Cambridge 1999, pp. 677-82; C. LeÂvy, Cicero Academicus. Recherches sur les AcadeÂmiques et sur la philosophie ciceÂronienne, Roma 1992, pp. 377-87; R. Radice, Oikeiosis. Ricerche sul fondamento del pensiero stoico e sulla sua genesi, Milano 2000, pp. 182 sgg. 442 francesca alesse mento per la stessa teoria stoica 2; se ne eÁ valutato il carattere organico e unitario, sembrando ad alcuni interpreti che si debba parlare di una doppia oi\jei* xri|, quella rappresentata dall'amore di se e quella costituita dall'amore per gli altri 3; sono state quindi analizzate le dispute che su questo terreno la Stoa del II secolo a.C. ha ingaggiato con l'Accademia scettica 4. Non eÁ possibile richiamare nei dettagli i noti risultati di queste indagini. Il mio obiettivo, in questa sede, eÁ quello di analizzare alcuni argomenti addotti a sostegno della dottrina della oi\jei* xri| dallo stoico Ierocle, vissuto tra I e II secolo d.C., e di mettere in luce un possibile intreccio tra temi stoici e peripatetici comune ad altri autori della prima etaÁ imperiale. I resti dell'opera (o delle opere) dello stoico Ierocle sono conservati, com'eÁ noto, in due principali testimoni: il PBerol. 9780, documento datato al II sec. d.C. e contenente un'opera breve dal titolo \Ghijg+ rsoivei* xri|; e gli excerpta conservati nell'Anthologium di Sto2 Sull'origine stoica della dottrina, contro Arnim (Arius Didymus' Abriû der peripatetischen Ethik, Wien-Leipzig 1926) e F. Dirlmeier (Die Oikeiosis-Lehre Theophrasts, Leipzig 1937) che sostenevano la dipendenza della teoria da Aristotele e il Peritato, cfr. M. Pohlenz, Grundfragen der stoischen Philosophie, GoÈttingen 1940, pp. 1-47; Id., La Stoa. Storia di un movimento spirituale, ed. it. Firenze 1967, vol. I, pp. 229 sgg.; ritengono importante, in varia misura, il retroterra aristotelico e/o peripatetico anche: C.O. Brink, OikeioÅsis and OikeioÅtes: Theophrastus and Zeno on Nature in Moral Theory, ``Phronesis'', 1 (1956) pp. 123-45; P. Moraux, Der Aristotelismus bei den Griechen von Andronikos bis Alexander von Aphrodisias, 1: Die Renaissance des Aristotelismus im 1. Jh. V. Chr., Berlin-New York 1973, p. 316 sgg.; H. GoÈrgemanns, OikeioÅsis in Arius Didymus, in W.W. Fortenbaugh (ed.), On Stoic And Peripatetic Ethics. The Work of Arius Didymus, New Brunswick-London 1983, pp. 165-89; T. Engberg-Pedersen, The Stoic Theory of Oikeiosis, cit., pp. 16-35; K. Algra, The Mechanism of Social Appropriation and its Role in Hellenistic Ethics, ``Oxford Studies in Ancient Philosophy'', 25 (2003) p. 265 sgg. e 289 sgg. Insiste sulla differenza tra la teoria stoica e quella peripatetica G. Magnaldi, L'oi\jei*xri| peripatetica in Ario Didimo e nel `De finibus' di Cicerone, Torino 1991; si veda anche la recente messa a punto di R.W. Sharples, Peripatetics on Happiness, in R. Sorabji-R.W. Sharples, Greek and Roman Philosophy 100 BC-200 AD, London 2007, II, pp. 633 sgg. 3 Cfr. soprattutto B. Inwood, Comments on Professor's GoÈrgemann's Paper ``The Two Forms of OikeioÅsis in Arius and the Stoa'', in W.W. Fortenbaugh (ed.), On Stoic and Peripatetic Ethics, cit., pp. 191-201; Id., Ethics and Human Action in Early Stoicism, cit., p. 185 sgg.; Id., Hierocles: Theory and Argument in the Second Century AD, ``Oxford Studies in Ancient Philosophy'', 2 (1984) partic. p. 154 sg. e 165; J. Annas, The Morality of Happiness, New York-Oxford 1993, p. 260 sgg. 4 Cfr. S.G. Pembroke, Oikeiosis, cit., p. 127; G. Bastianini-A.A. Long (eds.), Hierocles. Elementa Moralia, in Corpus dei Papiri Filosofici Greci e Latini. Testi e Lessico nei papiri di cultura greca e latina. Parte I: Autori Noti, vol. 1**, Firenze 1992, p. 448 sgg.; G. Bastianini-D.N. Sedley (eds.), Commentarium in Platonis Theaetetum, ivi, p. 492 sgg. la teoria delle forme di appropriazione 443 beo e ricavati da un trattato morale sul tema peqi+ jahgjo*msxm, forse la medesima opera menzionata nel Lessico di Suidas (alle voci e\lpodx*m e ke*rvg) come Uikorouot*lema. Il primo di questi documenti fu edito, unitamente agli estratti stobeani, da Hans von Arnim 5. Quest'edizione si pote avvalere del fondamentale saggio di Karl PraÈchter 6 che, solo sulla base degli estratti stobeani e di altre scarse testimonianze, tra cui la menzione di uno Ierocle stoico da parte di Aulo Gellio (IX 5, 8), e senza poter leggere ancora il papiro berlinese, aveva sostenuto l'appartenenza di questo filosofo alla tradizione stoica anziche neoplatonica. Secondo Arnim, l'identitaÁ dell'autore della \Ghijg+ rsoivei* xri| con lo Stoico di Aulo Gellio e di Stobeo si poteva accertare, in primo luogo, da un'indagine lessicale e stilistica, i cui risultati si riflettono nell'Index verborum apposto alla fine dell'edizione, e, in secondo luogo, dai contenuti dottrinali. GiaÁ PraÈchter aveva condotto un'indagine sul lessico degli estratti stobeani, collocandone la terminologia nel II sec. d.C. Arnim constatoÁ che i risultati della ricerca di PraÈchter su Stobeo si adattavano molto bene al papiro; l'esame piuÁ propriamente stilistico, d'altra parte, metteva in luce alcune particolaritaÁ Ð ricorso costante alla prima persona, uso sistematico degli aggettivi verbali con suffisso se*om, frequente impiego della crasi ad evitare lo iato, preferenza di alcune preposizioni in luogo di altre Ð comuni al papiro, rafforzando l'ipotesi dell'identitaÁ dell'autore. PiuÁ complesso si presentava il problema del rapporto tematico tra i due documenti, se, cioeÁ, essi contenessero due opere distinte o la medesima opera. Arnim optoÁ per la seconda ipotesi, sostenendo che il nome rsoivei* xri| indicasse non uno scritto riassuntivo, del genere di una t<post*pxri|, ma una trattazione di questioni di principio e, per cosõÁ dire, propedeutiche alla comprensione del sistema. Dunque non un compendio o un'epitome, piuttosto un'introduzione. Pertanto questo scritto, nella sua brevitaÁ, doveva avere una struttura autonoma e un proprio titolo, ma era stato concepito dal suo autore anche come un'isagoge del medesimo trattato conosciuto attraverso Stobeo. La tesi dell'unitaÁ dell'opera conservata nei due testimoni eÁ stata piuÁ volte contestata e giustamente i due recenti editori del papiro ritengono che non vi siano elementi per concludere la questione in un senso o nell'altro. Vale peroÁ la pena ricordare ancora quel che Arnim scrisse a proposito del valore storico-culturale della \Ghijg+ rsoiEthische Elementarlehre (Papyrus 9780) nebst den bei StobaÈus erhaltenen ethischen Exzerpten aus Hierokles unter Mitwirkung von W. Schubart, ``Berliner Klassikertexte'' H. IV, Berlin 1906. 6 Hierokles der Stoiker, Leipzig 1901. 5 francesca alesse 444 vei* xri|: in un'epoca in cui la letteratura filosofica pare non solo concentrarsi sulle questioni pratiche, ma talora anche caratterizzarsi per un tono ``popolare'' e una combinazione di filosofia e retorica di cui Dione di Prusa offre il miglior modello, Ierocle, piuÁ di Musonio Rufo e dello stesso Epitteto, rappresenta il perpetuarsi della ``professione'' filosofica di scuola, che conserva il profilo teorico e il linguaggio tecnico della tradizione. Leggendo i resti della rsoivei* xri| capiamo di avere a che fare con qualcosa di molto diverso dai resoconti dossografici. Siamo di fronte ad un ``rappresentante professionale'' della dottrina stoica che argomenta a favore delle proprie opinioni filosofiche. In cioÁ risiede il grande valore del papiro, appunto percheÂ, per questa epoca, non si eÁ conservato nulla di simile. 2. Un rapido sguardo ai contenuti del papiro di Berlino, da un lato, e degli estratti stobeani dall'altro, permetteraÁ di ravvisare, sotto il profilo tematico e terminologico, alcune analogie fra i due testimoni. La \Ghijg+ rsoivei* xri| eÁ un breve trattato incentrato sulla dottrina della oi\jei* xri| e che si caratterizza per l'ampio spazio riservato al tema della rtmai* rhgri| o ``percezione di seÂ''. PiuÁ precisamente, il trattato solleva all'inizio la questione della definizione del pqx&som oi\jei& om dell'animale: sg&| g\hijg&| rsoiveix*rex| a\qvg+m a\qi* rsgm g<cot&lai so+m peqi+ sot& pqx*sot oi\jei* ot s{& f{*{ ko*cot. Tuttavia, il tema dell'appropriazione dell'animale a se (oi\jei* xri| pqo+| e<atso*) eÁ introdotto solo a partire da col. VI 25; esso eÁ preceduto (col. I 5-34) da una embriologia volta a mostrare che l'animale dispone della ai> rhgri| esattamente al momento della nascita, non prima e non dopo; segue, a partire da col. I 35, l'argomentazione secondo cui l'animale, fin dalla nascita, ha una continua, ininterrotta, percezione di seÂ. Solo dopo aver assodato che la percezione di se eÁ congenita e continua, si puoÁ dimostrare che l'animale percepisce se stesso e dunque ``si ama'', tutelando la propria costituzione fisica (cfr. VI 26-7). H. von Arnim 7 individuoÁ con chiarezza la sequenza degli argomenti utilizzati da Ierocle: coll. I 50-III 54: l'animale ha percezione di seÂ; III 54-V 43: la percezione di se eÁ ininterrotta; coll. V 43VI 24: la percezione di se eÁ congenita 8. L'ampio risalto concesso alla ai> rhgri| e<atsot& o rtmai* rhgri| 9 si spiega con l'intento polemico Op. cit., p. xxx. Questa ricostruzione puoÁ considerarsi alla base di quella, piuÁ articolata e approfondita nei dettagli, di Anthony Long, in G. Bastianini-A.A. Long, op. cit., pp. 288-9. 9 Cfr. soprattutto B. Inwood, Hierocles: Theory and Argument, cit., pp. 151 7 8 la teoria delle forme di appropriazione 445 dichiarato da Ierocle stesso (col. I 39-46): egli si oppone a quanti negano che l'animale abbia percezione di se fin dalla nascita e a quanti altri sostengono che la ai> rhgri| sia percezione solo di oggetti esterni e non, prima di tutto, di seÂ. Tutta la sequenza di argomentazioni, da col. I 50 a col. VI 26, eÁ dunque volta a dimostrare che so+ f{&om ai\rha*mesai e<atsot& et\ht+| a%la s{& ceme*rhai, e a tal fine Ierocle sostiene che l'animale non solo percepisce subito il proprio corpo ma percepisce anche le funzioni delle varie parti del corpo nelle strategie di attacco e di difesa. L'idea che l'animale sia in grado di percepire se stesso eÁ presente anche in epoca pre-ellenistica, ed eÁ quindi plausibile che la nozione di Á peroÁ anche rtmai* rhgri| sia stata formulata giaÁ dalla Stoa antica 10. E probabile che il tema della percezione di se sia stato sempre piuÁ, nel tempo, oggetto di dibattito tra le scuole ellenistiche e che la teoria stoica si sia scontrata con un fronte avversario costituito da coloro che ritenevano impossibile una congenita percezione di seÂ. In questo fronte potevano confluire tanto coloro per i quali il pqx&som oi\jei& om eÁ o il piacere o l'assenza di dolore, obiettivi naturali e spontanei, presenti anche nel neonato 11; quanto coloro per i quali esiste un pqx&som oi\jei& om che muove il primo impulso e che va riconosciuto in qualcosa che eÁ utile alla sopravvivenza ma che poi, alla luce della ragione e dell'esperienza, si rivela un bene apparente (cfr., per la prima posizione, Cic. De fin. II 31-2, Sen. Epist. 121, 7 e 10-1; per la seconda, Ar. Did. p. 119, 9-10 e Alex. Mant. 152-3). Non a caso dunque la \Ghijg+ rsoivei* xri| comprendeva anche una trattazione della uamsari* a (coll. VI 50-VII 25, per quanto eÁ stato possibile ricostruire), nella quale presumibilmente si descriveva l'evoluzione della capacitaÁ rappresentativa dell'animale che passa, cosõÁ, da una rappresentazione confusa ad una sempre piuÁ chiara e distinta. Con cioÁ Ierocle parrebbe accogliere almeno uno degli argomenti adsgg.; T. Engberg-Pedersen, The Stoic Theory of Oikeiosis, cit., pp. 240-1; V. Delle Donne, Sulla nuova edizione della \Ghijg+ rsoivei*xri| di Ierocle stoico, ``Studi Italiani di Filologia Classica'', 3a serie, 13 (1995) pp. 52 sgg.; A.A. Long, Representation and the Self in Stoicism, in Id., Stoic Studies, Berkeley-Los Angeles 20012, p. 264 sgg., part. p. 268; Id., Hierocles on OikeioÅsis and Self-Perception, in Stoic Studies, cit., pp. 250-64. 10 Cfr. Aristot. De sensu, 7. 448a26 sgg., ma anche le osservazioni di A.A. Long, Hierocles on OikeioÅsis and Self-Perception, cit., p. 250 e n. 1. Sull'antichitaÁ della rtmai* rhgri|, cfr. A.A. Long, in G. Bastianini-A.A. Long, op. cit., p. 383 sg. 11 Rimando al fondamentale studio di J. Brunschwig, The Cradle Argument in Epicureanism and Stoicism, in M. Schofield-G. Striker (eds.), The Norms of Nature. Studies in Hellenistic Ethics, cit., pp. 113-44. 446 francesca alesse dotti dagli avversari della rtmai* rhgri|, quello secondo cui la rappresentazione al momento della nascita e nel primo stadio della vita non ha gli stessi tratti di chiarezza della rappresentazione dell'adulto. Ma la trattazione della uamsari* a non era solo un corollario della precedente argomentazione sulla ai> rhgri|; essa era forse un ``argomentoponte'' per unire la oi\jei* xri| pqo+| e<atso* alla oi\jei* xri| sociale. Quest'ultima era trattata nella seconda parte dell'opera ed era descritta nelle sue diverse forme di oi\jei* xri| ``affettiva'' verso se e i propri familiari (et\mogsijg* e rseqjsijg*) e ``selettiva'' (ai< qesijg*) verso i beni esterni (pqo+| sa+ e\jso+| vqg*lasa, col. IX 1-10). Ierocle aggiungeva un paragone: come l'uomo si ``appropria'' dei figli rseqjsijx&| e dei beni esterni ai< qesijx&|, cosõÁ l'animale si appropria di se et\mogsijx&| e di quanto eÁ utile alla sua costituzione fisica e\jkejsijx&|. La descrizione delle forme di appropriazione di Ierocle si deve accostare a quella dell'Anonimo Commentatore del Teeteto, il quale (PBerol. 9782, col. VII 26-40) propone una distinzione tra oi\jei* xri| jgdelomijg*, volta sia al proprio bene sia al bene di coloro che ci sono prossimi, e oi\jei* xri| ai< qesijg*, volta all'appropriazione dei beni esterni. Sembra che tanto Ierocle che l'Anonimo abbiano aggiunto alla tradizionale distinzione tra oi\jei* xri| pqo+| e<atso* e oi\jei* xri| pqo+| sot+| e<se*qot|, un'ulteriore distinzione tra oi\jei* xri| puramente affettiva e diretta a coloro che amiamo per se stessi, e oi\jei* xri|, per cosõÁ dire, strumentale, volta non piuÁ a persone ma ad oggetti desiderabili per la loro utilitaÁ. Torneremo su questa distinzione che rappresenta forse un elemento di novitaÁ nella dottrina stoica dell'appropriazione. Per il momento notiamo che la oi\jei* xri| jgdelomijg* dell'Anonimo, che trae spunto dalla battuta di Theaet. 143d1 riportata a col. V 4-5, non eÁ presente nel papiro di Ierocle ma richiama la nozione di jgdelomi* a attestata negli estratti stobeani (cfr. Ecl. IV pp. 504, 505, 642, 644 H.); cioÁ permette non solo di riconoscere un terreno di riflessione e terminologico comune allo Stoico e all'Anonimo, ma anche di stabilire, seppure in forma indiretta, un rapporto tra i due testi di Ierocle, se almeno ammettiamo che la oi\jei* xri| et\mogsijg*/rseqjsijg* del papiro corrisponda alla oi\jei* xri| jgdelomijg* dell'Anonimo. In altre parole, Ierocle definirebbe come appropriazione et\mogsijg* e rseqjsijg*, quella naturale affezione a se e ai propri stretti congiunti che, in altra sede e con terminologia meno tecnica, potrebbe aver chiamato jgdelomi* a. Il trattato escerptato da Stobeo si concentrava sui doveri sociali e doveva essere strutturato in capitoli Ð talora introdotti dalla formula px&| vqgrse*om ... Ð relativi ai jahg*jomsa da adottare nei rispetti della divinitaÁ (Ecl. I pp. 63 e 64 W., p. 181 W., pp. 48-50 la teoria delle forme di appropriazione 447 Arnim), della patria (Ecl. III pp. 730, 731, 733 H., pp. 51-2 Arnim); della moglie (Ecl. IV pp. 502-7, 603-5 H., pp. 52-6 Arnim); dei propri genitori (Ecl. IV pp. 640-4 H., pp. 56-9 Arnim); dei figli (IV pp. 660-4 H., pp. 59-61 A.), dei parenti tutti (IV pp. 671-3 H., pp. 61-2 A., con la nota metafora dei circoli concentrici); l'ultimo testo restituito dall'Anthologium pare tratto da un oi\jomolijo*|, forse una sezione del medesimo trattato sui jahg*jomsa, e riguarda il tema della conduzione coniugale della casa, secondo il modello senofonteo (IV pp. 696-9 H., pp. 62-4 A.). Del contenuto di questi estratti vale la pena ricordare i seguenti punti: la giaÁ menzionata presenza della jgdelomi* a che accomuna Ierocle a Musonio Rufo (pp. 9, 11, 68, 79 Hense) e, come si eÁ detto, all'Anonimo del Teeteto; la considerazione (Ecl. IV p. 664 H., p. 60 A.) secondo cui, nell'adempimento dei doveri sociali eÁ di grande aiuto la ragione che rende affini anche gli estranei (le*ca| de+ bogho+| o< ko*co|, jai+ sot+| o\hmei* ot| jai+ lgde+m jah\ ai'la pqorg*jomsa| e\nidiot*lemo| ...) 12; infine, la presenza dei termini e\jkocirlo*| ed e\jkocg* in Ecl. IV p. 503 H., p. 53 A., in un contesto in cui si argomenta che ciascun essere vive in conformitaÁ della propria natura, la pianta secondo la ut*ri|, l'animale secondo le rappresentazioni, le propensioni e le repulsioni, l'uomo secondo la ragione. Alcuni di questi elementi terminologici e dottrinali possono essere messi a confronto con altri esempi di letteratura coeva sul tema del pqx&som oi\jei& om. 3. Come eÁ stato ben messo in luce da Brad Inwood 13, il testo stoico che piuÁ di altri eÁ possibile accostare alla \Ghijg+ rsoivei* xri| eÁ l'Epistola 121 di Seneca: essa infatti mette particolarmente l'accento sulla percezione di se di cui l'animale dispone fin dalla nascita e sul ruolo che tale fenomeno svolge nella teoria della oi\jei* xri| pqo+| e<atso*; cioÁ si comprende dal fatto che gli animali usano senza alcuna difficoltaÁ e fin dalla nascita le loro facoltaÁ naturali (cfr. parr. 6 e 9). EÁ peroÁ interessante notare che, da un lato, Seneca insiste sul tema della percezione di se come fondamento della conciliatio sibi in una misura che eÁ del tutto assente ad esempio dal resoconto ciceroniano di De finibus III 16 sgg.; dall'altro lato, sostiene il principio della percezione di se dell'animale con motivazioni in parte tradizionali quali, ad esempio, la constatazione che gli animali impiegano i propri organi 12 A questa considerazione si puoÁ contrapporre il ragionamento dell'Anonimo secondo cui la oi\jei* xri| verso se e quella verso gli altri non possono avere la stessa intensitaÁ, perche la prima eÁ basata solo sulla natura, la seconda, pure se naturale, deve essere accompagnata dalla ragione (cfr. col. V 36-42). 13 Hierocles: Theory and Argument, cit. 448 francesca alesse corporei e le proprie facoltaÁ in un modo piuttosto che in un altro, non perche istintivamente indotti a conseguire il piacere o ad evitare il dolore, ma perche conoscono, in modo innato, le funzioni e le finalitaÁ della propria costituzione fisica. In altre parole Seneca adopera, a sostegno della percezione di seÂ, un argomento anti-edonistico abbastanza simile a quello impiegato da Cicerone per sostenere la teoria della conciliatio sibi. Un altro aspetto che permette di accostare la lettera senecana a Ierocle risiede nell'ammissione che la percezione di se si manifesti inizialmente come una rappresentazione confusa che deve affinarsi con il tempo: anche il neonato, pertanto, ha la sensazione della sua costituzione naturale, anche se non ne possiede una conoscenza scientifica, ne potrebbe definirla (10-11: itaque infans ille quid sit constitutio non novit, constitutionem suam novit). Seneca dunque, come Ierocle, sostiene che la conoscenza della propria costituzione fisica (rt*rsari|) eÁ in effetti un'immediata percezione dei propri organi corporei e delle loro rispettive funzioni. Al par. 14 Seneca affronta l'argomento polemico secondo cui se ogni animale si adatta subito alla sua natura, allora, secondo gli stessi principi stoici, il neonato non puoÁ provare la oi\jei* xri| pqo+| e<atso*, perche la sua ragione non eÁ ancora sviluppata. In effetti, questo sembra il primo luogo dell'epistola dove si ricorda esplicitamente il rapporto tra il tema della percezione di se e il motivo della conciliatio sibi. L'obiezione ricordata da Seneca potrebbe riflettere il punto di vista della scuola peripatetica: nella Mantissa, ad esempio, compare l'argomento secondo cui il pqx&som oi\jei& om del bambino eÁ il cibo e non la sua e\me*qceia, ovvero la realizzazione di cioÁ che eÁ in potenza 14. L'autore sostiene (p. 152 Bruns) che se cioÁ verso cui proviamo oi\jei* xri| eÁ a\caho*m, pure si deve distinguere il bene autentico, che si coglie con l'aiuto della ragione, dal bene apparente che, in genere, si identifica con il piacere. Infatti, eÁ impossibile che, appena nati, si abbia una salda cognizione del bene autentico e dunque cioÁ che desideriamo eÁ il bene apparente, cfr. p. 152, 27-9: e\pei+ de+ e\tht+| cemole*mot| a\dt*masom sot& a\kghx&| a\cahot& a\msi* kgwim i> rveim, sot& uaimole*mot a\cahot& o\qeco*leha. Ierocle impiega il termine a\msi* kgwi| per indicare o la percezione di se e delle parti del corpo (col. IV 51), o la percezione di un oggetto esterno (col. VI 2). La riflessione conservata dalla Mantissa riassume il pensiero di Peripatetici ellenistici quali Senarco e Boeto, contemporanei di Ar14 Su questo testo cfr. R.W. Sharples, Alexander of Aphrodisias. Supplement to `On the Soul', London 2004, pp. 150 sgg. la teoria delle forme di appropriazione 449 chedemo e Posidonio che sono le fonti dell'epistola senecana. EÁ legittimo supporre che tra II e I secolo a.C. si sia sviluppato un dibattito su questo tema tra Stoici e Peripatetici; questi ultimi hanno recepito elementi della teoria stoica della oi\jei* xri| o, piuÁ verosimilmente, hanno ravvisato in tale teoria alcune affinitaÁ con la concezione teofrastea della oi\jeio*sg|; in alcuni casi, hanno accolto l'aspetto peculiare della teoria stoica ammettendo che il pqx&som oi\jei& om sia il proprio stato fisico e la sua conservazione 15; hanno peroÁ sollevato anche delle obiezioni tra cui quella della difformitaÁ della uamsari* a del bambino rispetto a quella dell'adulto, difformitaÁ che si oppone all'idea che la oi\jei* xri| pqo+| e<atso* si basi solo sulla congenita percezione di seÂ. Si puoÁ supporre che lo stretto rapporto tra rtmai* rhgri| e oi\jei* xri| pqo+| e<atso* sia stato difeso e ripristinato da Archedemo e Posidonio, cui dovrebbero risalire gli argomenti in difesa della innata percezione di se riportati da Seneca. Questi infatti ribatte (par. 14) che c'eÁ una appropriazione a se per ogni stadio della vita e quindi un fenomeno di ``appropriazione'' che si va adeguando al mutamento dell'animale. C'eÁ peroÁ un elemento che distingue la trattazione di Ierocle da quella senecana, ed eÁ l'importanza conferita all'aspetto sociale della oi\jei* xri| e, quindi, alla difficile questione del passaggio dall'amore di se al sentimento sociale e alla giustizia. Gli interpreti hanno colto il terreno comune con gli argomenti dell'Anonimo del Teeteto, il quale, rifacendosi alla tradizione dell'Accademia scettica, metteva in rilievo la fondamentale opposizione tra oi\jei* xri| pqo+| e<atso* e il senso della comunitaÁ e della giustizia. In relazione alla differenza tra amore di se e amore degli altri, si sviluppa una classificazione dei tipi di appropriazione che fa trasparire un altro genere di opposizione di cui non mi pare si trovino altri esempi in letteratura stoica: quella tra un'appropriazione puramente affettiva, indicata dai termini et\mogsijg* e rseqjsijg* (cfr. Hier. col. IX 3, 4, 6; Anon. col. VII 28, dove la oi\jei* xri| jgdelomijg* riassume i tratti di et\mogsijg* e rseqjsijg*); e una appropriazione selettiva che potremmo definire anche strumentale, volta a cose che non sono desiderate per se stesse e che eÁ indicata dai termini e\jkejsijg* e ai< qesijg* (cfr. Hier. col. IX 7 e 10; Anon. col. VII 32, per ai< qesijg*). Malgrado l'assenza di significativi paralleli stoici, eÁ plausibile che la distinzione di appropriazione affettiva e strumentale sia stata elaborata allo scopo di uscire dall'impasse rappresentata dal rap15 Cfr. il resoconto peripatetico di Ario Didimo, in Stob. Ecl. II pp. 116-29 W., secondo il quale l'uomo ut*rei {\jeix&rhai pqo+| e<atso*m. 450 francesca alesse porto tra amore di se e amore degli altri, delineando due modi differenti ma compatibili di vivere e agire in un contesto comune: nozioni quali et>moia, rsoqcg*, jgdelomi* a, indicherebbero l'affezione e la sollecitudine dettate dalla natura e che, con l'aiuto del ko*co|, possono estendersi dalla propria persona ai nostri congiunti 16 e ad altri esseri viventi via via piuÁ lontani da noi; i termini ai% qeri| ed e\jkocg*, storicamente appartenenti al lessico tecnico della Stoa e legati alle definizioni di se*ko|, indicherebbero la scelta di cose conformi a natura, non come fini ma come mezzi per raggiungere un fine ultimo. Le due attitudini non sono in conflitto, anzi, cooperano per consentire il superamento dell'egoismo. Se Ierocle ha adottato questo binomio, il suo pensiero va confrontato soprattutto con la tradizione peripatetica, pur senza escludere che altri Stoici abbiano fatto propria la duplicitaÁ di oi\jei* xri| affettiva e oi\jei* xri| strumentale. Nella t<pocqaug* peripatetica conservata da Ario Didimo, si sostiene la superioritaÁ dell'affezione fine a se stessa rispetto all'appropriazione selettiva. Quest'ultima non eÁ condannata e la e\jkocg* dei jasa+ ut*rim e la a\pejkocg* dei paqa+ ut*rim sono messe in stretto rapporto con la conoscenza del bene. Tuttavia, la vera oi\jeio*sg| e la vera rtcce*meia derivano dalla natura stessa dell'uomo che eÁ un essere sociale e votato all'amore reciproco (p. 120, 14: uika*kkgkom ca+q ei#mai jai+ joimxmijo+m f{&om so+m a>mhqxpom). Se si amano i figli piuÁ per loro stessi che per l'utilitaÁ che procurano allora eÁ necessario che sia cosõÁ anche per i parenti, i concittadini (p. 120, 8 sgg.), i compagni di ut*kg, i connazionali e tutto il genere umano (p. 120, 18-20). Da questo documento emerge un grande impegno a porre una continuitaÁ tra se e gli altri esseri e ad annullare o ridimensionare quanto piuÁ possibile il valore strumentale del processo di appropriazione. Questo 16 Vale la pena ricordare che nell'ellenismo il carattere puramente affettivo dell'amore per i figli eÁ oggetto di discussione, come si evince non solo dalla rapida considerazione di Ierocle, secondo cui la oi\jei* xri| per i se*jma eÁ rseqjsijg* e non ``selettiva'', ma anche e soprattutto da quanto si legge nel resoconto di Ario Didimo in cui, a p. 119, 22 sgg., si richiama l'evidenza che i figli sono amati non solo per l'utilitaÁ che se ne ricava ma anche per se stessi (ot\ lo*mom ai< qesa+ sa+ se*jma soi& | ceimale*moi| e\rsi+ dia+ sa+| vqei* a| a\kka+ jai+ di\ e<atsa*, cmx*qilom e\j sg&| e\maqcei* a|). Dunque, senza escludere che i figli siano ``utili'' (all'allargamento e al consolidamento della famiglia e dello stato), essi sono oggetto di un amore naturale e disinteressato e non frutto di e\jkocirlo*|. Una prospettiva diversa, e che potrebbe aver costituito un obiettivo polemico tanto dei Peripatetici che degli Stoici, traspare da Demetrio Lacone che, stando a PHerc. 1012, coll. LXVII e LXVIII avrebbe attribuito ad Epicuro e sostenuto lui stesso che ot\ ut*rei e\rsi+ m g< pqo+| sa+ se*jma rsoqcg*. Su come si debba interpretare questa opinione, cfr. E. Puglia (a cura di), Demetrio Lacone. Aporie testuali ed esegetiche in Epicuro (PHerc. 1012), Napoli 1988, pp. 297 sgg. la teoria delle forme di appropriazione 451 impegno presuppone comunque la distinzione delle due modalitaÁ di appropriazione di cui abbiamo detto; stando al papiro di Ierocle, essa entra nell'orizzonte stoico, ma eÁ di origine aristotelica e peripatetica. CioÁ si puoÁ sostenere se si considera l'importante frammento 531 FHSG di Teofrasto (Porph. De abstin. III 25, 1-4) 17. Secondo questa testimonianza, Teofrasto avrebbe sostenuto che: 1) coloro che sono nati da stesso padre e stessa madre sono oi\jei& oi ut*rei a\kkg*kxm; 2) coloro che discendono da medesimi antenati sono oi\jei& oi a\kkg*kxm; 3) coloro che condividono la cittaÁ sono oi\jei& oi perche condividono il territorio e le abitudini sociali (s{& sg&| se cg&| jai+ <sg&|> pqo+| a\kkg*kot| o<liki* a| joimxmei& m). Da queste considerazioni Teofrasto avrebbe ricavato il principio generale secondo cui tutti gli uomini, Greci e barbari, sono oi\jei& oi e rtccemei& | per una di queste due cause (dtoi& m ha*seqom): a) hanno gli stessi progenitori; b) condividono il cibo, o l'allevamento, i costumi e la specie (sqoug*, g>hg, ce*mo|). EÁ plausibile che nella prospettiva di Teofrasto le due cause alla base della oi\jeio*sg| e della rtcce*meia siano sufficienti a produrre una serie molto complessa di relazioni interpersonali e di appropriazioni, che partono dal rapporto tra fratelli e arrivano al genere umano. La sequenza sqoug*-g#ho|-ce*mo| (e nella quale possiamo inserire cg& e o<liki* a menzionate poco prima nel frammento) farebbe pensare ad un ordine che procede dalla relazione piuÁ stretta, la condivisione del cibo e dell'allevamento, a quelle piuÁ ampie, come la condivisione di un territorio, di un codice di comportamento e di costumi, fino alla piuÁ ampia relazione possibile, la condivisione del ce*mo|. Quel che importa notare eÁ che le due cause della oi\jeio*sg| sono costituite, la prima, dal vincolo biologico, che viene imposto dalla natura, non eÁ oggetto di e\jkocg* e non puoÁ quindi rispondere al criterio di utilitaÁ; la seconda, dalla condivisione di una terza cosa (cibo, territorio, costume, ecc.), un bene in qualche modo estrinseco ai soggetti tra i quali si stabilisce la relazione e che viene pertanto perseguito non per se stesso ma perche favorisce la relazione stessa. La seconda causa promuove la coesione tra soggetti non legati biologicamente ed eÁ utile a combattere il naturale egoismo che non consentirebbe una uiki* a oltre i confini del gruppo familiare. Questo documento esprime sicuramente un ordine di idee precedente alla Stoa, come mostrano l'assenza della 17 Su questo celebre frammento teofrasteo in relazione alla dottrina stoica, cfr., tra gli studi piuÁ recenti, C.O. Brink, Theophrastus and Zeno, cit., p. 125 sgg.; S.G. Pembroke, OikeioÅsis, cit., p. 133; W.W. Fortenbaugh, Quellen zur Ethik Theophrasts, Amsterdam 1984, pp. 274-85; G. Magnaldi, L'oi\jei*xri| peripatetica in Ario Didimo e nel `De finibus' di Cicerone, cit., p. 36 sg. francesca alesse 452 nozione di oi\jei* xri| pqo+| e<atso* e di termini stoici, di cui invece eÁ impregnato il resoconto di Ario Didimo. Inoltre la distinzione tra un modo strumentale, basato sul possesso, e un modo affettivo e piuÁ disinteressato di stabilire relazioni con altri soggetti, trae spunto da Aristotele, se leggiamo Polit. B 4. 1262b22-3: dt*o ca*q e\rsim a= la*kirsa poiei& jg*derhai sot+| a\mhqx*pot| jai+ uikei& m, so* se i> diom jai+ so+ a\capgso*m. Forse la Stoa tarda, o almeno Ierocle, ha colto in questo aspetto della tradizione peripatetica un argomento utile alla difesa della teoria della oi\jei* xri|. 4. Dopo aver enumerato i tipi di oi\jei* xri|, Ierocle espone (col. IX 6-10) un paragone tra il modo in cui questa classificazione si applica all'uomo e il modo in cui si adatta all'animale: ``Come quindi, in generale, nei confronti dei nostri figli ci `appropriamo' affettivamente e in relazione alle cose esterne selettivamente, cosõÁ anche l'animale si `appropria' di se benevolmente e selettivamente in relazione alle cose utili a proteggere la propria costituzione (jaha*peq ot#m rseqjsijx&| le+m jaho*kot oi\jeiot&leha soi& | se*jmoi|, ai< qesijx&| de+ soi& | e\jso+| vqg*larim, ot%sx jai+ so+ f{&om e<ats{& le+m et\mogsijx&|, soi& | de+ pqo+| sg*qerim sg&| rtrsa*rex| rtlue*qotrim e\jkejsijx&|)''. Secondo A.A. Long 18, il paragone tra uomo e animale eÁ da valutare alla luce di una classificazione dei modi dell'appropriazione, raggruppati in due classi: il modo diretto ad oggetti esterni a se (rseqjsijg* e ai< qesijg*), e quello volto alla tutela del se e della propria costituzione (et\mogsijg* e e\jkejsijg*). Va peroÁ aggiunta la precisazione che l'essere vivente non avraÁ quattro oi\jeix*rei| separate l'una dall'altra, ma una singola fondamentale attitudine che si articola a seconda degli oggetti cui eÁ diretta. Tuttavia, stando cosõÁ le cose, cioeÁ distinguendo solo gli oggetti della oi\jei* xri|, Long ammette che non si eÁ ovviato al problema sollevato dall'Accademia scettica, cioeÁ quello di un possibile conflitto tra l'amore di se e l'amore verso gli altri: ``... eÁ difficile escludere un conflitto potenziale tra oggetti dell'oi\jei* xri| che riguardano il se e oggetti che riguardano gli altri [...] Se Ierocle discutesse questo punto e come ponesse in relazione tra loro le varie forme di oi\jei* xri| sono domande alle quali il papiro non offre risposta''. Oltre a cioÁ, la classificazione delle appropriazioni in appropriazioni verso se e verso altro, non rende ragione del paragone tra uomo e animale che segue: ``Sulla base dell'uso che Ierocle fa di jaha*peq ... ot%sx [...] ci si aspetterebbe un'inferenza genuinamente analogica. Ma 18 In G. Bastianini-A.A. Long, op. cit., p. 449. la teoria delle forme di appropriazione 453 sembra difficile che egli potesse inferire che gli animali hanno oi\jei* xri| et\mogsijg* e e\jkejsijg* sulla base del fatto che noi uomini abbiamo le altre due forme; e non doveva neppure dire che le due forme animali corrispondono semplicemente alle due forme umane, dal momento che quelle animali si adattano anche all'uomo. Probabilmente, quindi, dobbiamo ignorare la differenza tra la prima persona plurale e f{&om, e intendere jaha*peq ... ot%sx come indicanti un'analogia tra affetto per gli affini e affetto per se stessi, e un'analogia tra scelta di cose esterne e scelta di cose che preservano la costituzione di ciascuno'' 19. Ritengo che si possa invece intendere l'analogia come se essa stabilisse una ``proporzione'' tra uomo e animale, destinata a farci capire come si debba intendere la duplice appropriazione dell'uomo anche grazie all'osservazione di come si sviluppa la duplice oi\jei* xri| nell'animale privo di ragione. In altre parole, lo Stoico ha voluto dire che esiste tanto un'identitaÁ che una differenza tra l'uomo in rapporto agli oggetti della sua duplice appropriazione, e l'animale in rapporto agli oggetti della sua duplice appropriazione: l'identitaÁ eÁ data dall'intensitaÁ dell'affezione e dal valore che si conferisce agli oggetti dell'appropriazione; la differenza eÁ dettata dalla diversitaÁ della natura, nell'uno razionale, nell'altro irrazionale. EÁ da notare che all'interno dell'analogia non si fa cenno alla ``nostra'' oi\jei* xri| pqo+| e<atso*, cioeÁ all'appropriazione verso se propria dell'uomo, e a ragione, dato che la oi\jei* xri| pqo+| e<atso* eÁ per Ierocle un fatto certo per ogni essere dotato di ai> rhgri| e o<qlg* e che non eÁ necessario ribadire nel contesto di un confronto tra uomo e animale. Pertanto, qui ora si sostiene che l'uomo conferisce ai propri figli un valore finale, espresso dalla oi\jei* xri| rseqjsijg* e corrispondente (cioeÁ identico nel genere e di pari intensitaÁ affettiva) a quello che l'animale istintivamente attribuisce a se e alla propria costituzione fisica, grazie alla oi\jei* xri| et\mogsijg*. Inoltre: il valore strumentale che l'uomo conferisce ai beni esterni o almeno ad alcuni di essi, eÁ identico, nel genere e nell'utilitaÁ, a quello che l'animale attribuisce per istinto a quanto eÁ utile per mantenersi in vita. Da una successiva porzione di testo (col. XI 1520) capiamo che Ierocle esaltava la vita comunitaria e la po*ki|, ambiente di vita piuÁ adatto all'uomo che eÁ un essere rtmecekarsijo*|. Per comprendere lo scopo che Ierocle si prefigge introducendo la proporzione tra uomo e animale, possiamo avanzare questo esempio: l'uomo giunge a conferire alle istituzioni sociali e politiche il valore 19 Ivi, pp. 449-50. 454 francesca alesse che l'animale conferisce al cibo e al riparo. Si tratta, in entrambi i casi, di beni utili non per se stessi, ma per ``sopravvivere'' in conformitaÁ della propria natura; quindi, la oi\jei* xri| ai< qesijg* e la e\jkejsijg* sono riconducibili, anche se in modo indiretto, alla oi\jei* xri| Á evidente che la uamsari* a e<atsot& dell'uomo ha una pqo+| e<atso*. E complessitaÁ del tutto assente dalle rappresentazioni che l'essere ferino ha di seÂ, ma il valore che alcuni e\jso+| vqg*lasa rivestono nella rappresentazione del kocijo*m, puoÁ essere la stessa di quella dei beni necessari alla sopravvivenza fisica nella rappresentazione dell'animale. Riguardo invece alla prima parte dell'analogia, vediamo che Ierocle si impegna a mostrare che i figli sono per l'uomo quello che eÁ il proprio se per lo f{&om il che equivale a dire che ogni uomo vede il proprio figlio quasi come se stesso. Se, dunque, si interpreta la classificazione delle appropriazioni come se essa fosse articolata non solo sulla differenza degli oggetti, seÂ/altro da seÂ, ma anche sulla differenza del valore da conferire agli oggetti, amabili per se stessi/amabili per la loro utilitaÁ, allora constatiamo un'influenza della teoria teofrastea delle due cause della oi\jeio*sg| del fr. 531. Ierocle trasforma la duplice causa della oi\jeio*sg| teofrastea in due classi di oggetti della oi\jei* xri|: 1) le persone che amiamo per se stesse e, quindi, prima di tutto i nostri congiunti ma anche coloro con cui condividiamo un bene; 2) gli oggetti che costituiscono, per l'appunto, i beni condivisi e che rappresentano i possibili obiettivi di un'appropriazione strumentale piuttosto che affettiva. Naturalmente Ierocle, a differenza della tradizione peripatetica delle origini e in modo simile alla dossografia di Ario Didimo, prepone a tutta l'argomentazione il concetto di seÂ, che contribuisce a rendere piuÁ organica e omogenea la teoria dell'appropriazione. Non solo il se eÁ il primo oggetto di naturale e istintiva appropriazione, ma in certo qual modo esso eÁ anche l'ultimo, cioeÁ eÁ il fine autentico in vista del quale ci si appropria di beni condivisi da altri individui. Tuttavia, l'idea di se concepita da un essere dotato di ragione deve includere la convinzione che nessun individuo eÁ salvo e felice se isolato e privo di relazioni con i propri simili. Se l'interpretazione fin qui fornita eÁ corretta, eÁ possibile aggiungere che la proporzione tra l'uomo e le forme inferiori di vita allo scopo di mostrare la ``naturalezza'' delle istituzioni sociali, eÁ presente anche negli estratti stobeani. Nel frammento conservato in Ecl. IV 21, pp. 502-3 H., pp. 52-3 A., desunto dalla trattazione peqi+ ca*lot, Ierocle sostiene che la vita matrimoniale e la generazione di figli sono oggetti degni di scelta, perche la natura rende gli uomini rtmacekarsijoi* . E non solo l'uomo ma la teoria delle forme di appropriazione 455 ciascun animale vive seguendo la propria disposizione naturale e ogni pianta, ugualmente, vive in conformitaÁ di quello che si reputa sia la sua natura, a parte il fatto che (questi esseri) non ricorrono ad un ragionamento o a qualche ``computo'' (ot\j e\jkocirl{& jai+ a\qihlg*rei simi* ), ne a scelte (e\jkocai& |) dettate da cioÁ che eÁ stato oggetto di esame, ma le piante seguono la sola physis, essendo prive di anima, gli animali seguono le rappresentazioni e quindi le propensioni verso cioÁ che eÁ conforme e le repulsioni (verso cioÁ che eÁ contrario). A noi la natura ha dato la ragione e anche tutte le altre doti in comune con gli altri esseri e, piuÁ del resto, la ragione guarda proprio la natura in modo tale che, indirizzandola verso uno scopo nobile e fermo, e fatto di questo l'oggetto della scelta, ci rende capaci di vivere in modo conveniente e conforme alla natura stessa. Si puoÁ constatare in questo passo una differenza, rispetto al papiro, nell'impiego di e\jkocg* e e\jkocirlo*|, che qui indicano solo l'uso della ragione, mentre la oi\jei* xri| e\jkejsijg* nella \Ghijg+ rsoivei* xri| pare comune all'uomo e all'animale. Tuttavia, nel passo stobeano eÁ presente un ragionamento che, nelle linee generali, eÁ il medesimo che sostiene l'analogia: la ut*ri| per la pianta e la ai> rhgri| per l'animale hanno il valore di principi-guida che l'e\jkocirlo*| ha per l'uomo. Se eÁ cosõÁ, gli oggetti scelti dall'e\jkocirlo*| umano possono avere il carattere di beni strumentali ma necessari e naturali, al pari di quelli cui indirizzano ut*ri| e ai> rhgri|. Ierocle si inserisce nell'alveo di una tradizione di pensiero che, da un lato, risale ai fondamenti della dottrina morale stoica, di cui intende sostenere e difendere i principi; dall'altro lato, mutua elementi dalla tradizione aristotelica e peripatetica, la quale, a sua volta, in etaÁ imperiale, ha largamente assunto concetti e lessico stoici. L'obiettivo generale di Ierocle rimane quello di ribadire la bontaÁ della teoria generale della oi\jei* xri| contro gli avversari tradizionali e cioeÁ, in primis, gli Epicurei, con la loro convinzione che il pqx&som oi\jei& om sia il piacere e, poi, gli Accademici scettici, con la loro convinzione che amore di se e sentimento sociale siano inevitabilmente in conflitto. Egli insiste sul carattere congenito della percezione di seÂ, fondamento della oi\jei* xri| pqo+| e<atso*, sul processo di affinamento della uamsari* a Ð che porta l'uomo ad includere nel suo sentimento di appropriazione una serie sempre piuÁ complessa di relazioni intersoggettive Ð, sulla naturale continuitaÁ tra l'amore egoistico e la propensione ad amare gli altri. La sua strategia rivela l'uso di argomenti sviluppati in epoca precedente ma anche un elemento di sufficiente originalitaÁ, nell'impiego sia dell'idea di proporzione tra natura irrazionale e razionale, sia della distinzione tra oggetto amabile per se e amabile per la sua utilitaÁ, che risente della tradizione peripatetica.