Sed contra I libri di «REALITAS» 1 Direttori di collana: emmanuele morandi claudio antonio testi Comitato scientifico: adalberto arrigoni simone bonini mario enrico cerrigone carlo marchi Sed contra I libri di «REALITAS» Questa collana è strettamente collegata, per non dire legata a doppio filo, alle attività di ricerca promosse dall'Istituto Filosofico Studi Tomistici, che animano e danno vita a «REALITAS. Rivista internazionale di teoria sociale, filosofia e scienze umane». Nati dall’interesse di definire e vivere più adeguatamente il significato del nostro “essere realisti”, i percorsi di ricerca della rivista si aprono sempre più di frequente su vie e scenari paralleli che chiamano in causa quelli che potremmo definire, usando una terminologia scolastica, gli avversari del realismo. Proprio in virtù della necessità di mantenere viva nella filosofia la capacità di “porre questioni” e allo stesso tempo la possibilità di “essere messa in questione”, è opportuno dunque consegnare alla scrittura tali percorsi, che non hanno la corposità di un fascicolo di rivista, ma sono comunque frutto di ricerche interdisciplinari, e si prestano maggiormente a una flessibilità argomentativa e di cadenza periodica. La collana Sed contra. I libri di «REALITAS» ospiterà dunque, da un lato, saggi che tematizzano le gradi problematiche del pensiero di ispirazione realista — legati alle tematiche affrontate nella rivista — preoccupandosi allo stesso tempo di misurarle con le istanze dell’attuale dibattito filosofico e culturale, rinnovando così la potenzialità epistemica delle principali categorie del pensiero realista, e rilanciando in questo modo un confronto non equivoco con il pensiero moderno. Dall’altra parte, verranno proposti saggi direttamente centrati su filosofi e pensatori della modernità spesso “ostili” a una prospettiva realista, sottoponendoli a un serrato confronto con le prospettive del realismo. L’ambizione è sempre quella di instaurare un dialogo rigoroso e possibilmente autentico che sfrutta questi grandi autori e/o tematiche moderni contemporanei come “pretesti” per un discorso sui grandi problemi della filosofia, spingendosi eventualmente su tematiche di più ampio respiro, attinenti non solo alla ricerca filosofica, ma anche a quella sociologica, estetico-letteraria e teologico-spirituale. Non si esclude tuttavia di proporre anche traduzioni originali di opere straniere e nuove curatele di saggi e contributi di filosofi italiani che hanno accompagnato il corso della filosofia nel Novecento. MINIMA RES Riflessioni realiste su Niklas Luhmann a cura di Emmanuele Morandi ARACNE EDITRICE ROMA MMXIII Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133/A-B 00173 Roma (06) 93781065 isbn 978–88–548–6254–8 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: agosto 2013 Pubblicato con il contributo del Dipartimento di Tempo, Spazio, Immagine e Società, Università degli Studi di verona «Non deve dunque sorprendere che in un tempo come il nostro, nel quale tante menti cercano di ristabilire tra la filosofia e il reale concreto legami che l'esperienza idealistica ha inopportunamente spezzato, diversi interpreti di San Tommaso abbiano insistito sul ruolo che gioca la nozione dell'esistere nella sua dottrina». (Étienne Gilson, il tomismo, Jaca Book, Milano 2010, p. 602; ed. orig.: Le Thomisme, J. Vrin, Paris 1964) SOMMARIO emmanuele morandi Presentazione. Per non perdere la realtà. 11 emmanuele morandi Ma di che cosa parliamo? Ci sono ragioni per accogliere i presupposti della teoria dei sistemi di Niklas Luhmann? 17 Claudio antonio testi Dal Circolo alla spirale. Critica logico-fenomenologica alla teoria dei sistemi 47 mario enriCo CerriGone Essenziale è l’astratto, irrilevante la realtà. su alcune aporie riguardanti la teoria dei sistemi di Luhmann 83 appendice mario enriCo CerriGone Includere l’inclusione. Alcuni cenni introduttivi alla teoria dei sistemi di Niklas Luhmann 115 Minima Res Riflessioni realiste su Niklas Luhmann ISBN 978-88-548-6254-8 DOI 10.4399/97888548625481 pp. 11 – 15. emmanuele morandi PRESENTAzIONE. PER NON PERDERE La REaLtà D ire come è nata questa pubblicazione è un po’ descriverne i pregi e i difetti. Regolarmente l’Istituto Filosofico di studi tomistici organizza, intorno ad un tema che viene ritenuto di particolare rilevanza, attività seminariali che durano per un intero anno. È singolare che l’interesse verso Luhmann sia nato solo indirettamente, perché in prima battuta l’interesse nasceva dal desiderio di definire più adeguatamente il significato del nostro “essere realisti”, in un contesto culturale dove questa definizione rischia di essere sempre più rarefatta. tramontato da oltre mezzo secolo l’idealismo italiano e tramontate, pochi decenni dopo, tradizioni riconducibili in qualche modo ad esso, sembra difficile parlare di realismo senza sollevare una soporifera accondiscendenza, condita da una altrettanto eloquente indifferenza. Non migliore è però la sorte delle cosiddette scienze umane. Dopo una stagione di grandi entusiasmi, in cui la sola parola “metodo scientifico” sembrava poter redimere l’intera storia della cultura umana, e in cui le aspettative di una catarsi dell’intero sapere, orami in grado di purificarsi alle sorgenti della verità scientifica, raggiungevano vette e toni profetici, ebbene, ora, tali saperi vengono ripagati con una emarginazione pressoché totale, tanto da far dubitare che ancora esistano. La parola d’ordine, ormai esasperata fino all’inverosimile, nasce da un imperante pragmatismo che si chiede “a che cosa possono servire tali o tal’altre conoscenze?”. 12 14 EMMaNUELE MORaNDI Molti evidenziano e criticano questo “pragmatismo operativo e operazionale”, lo definiscono, a volte anche con toni severi, come nichilismo o perdita di senso della cultura in generale, ma pochi, secondo noi pochissimi, si interrogano su ciò che sta a monte di questa “perdita d’aureola” della cultura umanistica all’interno di una civiltà ormai ipertecnologica. Come è possibile che solo alcuni decenni fa le cose fossero così diverse? È proprio in quel passato prossimo che pensiamo vadano ricercate molte delle ragioni di questa crisi dei saperi e della loro rilevanza sociale. C’è uno scarto sempre più incolmabile tra la ricerca che non si traduce in tecnica e il “mondo” in cui vivono gli uomini. C’era forse qualcosa di viziato nel fervore di quegli anni ormai passati? È forse alla luce di questa questione - c’era qualcosa di “viziato” in quel recente passato? – che interrogare nuovamente il realismo e l’idealismo (o costruttivismo) si riveste di un ben più problematico e più intenso significato rispetto a chi pensa che ciò sia una tematica gnoseologica. Il conflitto tra realismo e idealismo/costruttivismo non è più solamente, ma forse non lo è mai stato, una questione epistemologica, ma piuttosto, soprattutto nella nostra attualità, una chiave di accesso alla comprensione di quel “vuoto”, di quella mancanza di ruolo che la cultura umanistica ha nei processi di civilizzazione odierni. Un “vuoto” favorito non poco da stili di vita disperatamente accelerati. se questo era il “clima”, la “portata”, che le attività seminariali dell’Istituto volevano affrontare, l’incontro con la riflessione di Luhmann è venuta quasi naturale. In Luhmann l’idealismo diventa una pratica di pensiero che vuole essere una teoria generale della società. Un idealismo che pensa di congedare la civiltà veteroeuropea e aprire un nuovo scenario che impatta su quella realissima realtà che chiamiamo società. Nella riflessione di Luhmann l’idealismo non è un problema epistemologico più di tanto rilevante, ma è una sorta di costruzione della realtà sociale, una sorta di creazione/rappresentazione della società stessa, tale da non essere assolutamente riconducibile all’esperienza che ne facciamo. Detto questo, è evidente che chi pensasse di dover affrontare una PRESENTAzIONE 13 15 monografia critica, anche una piccola monografia, sul pensiero di Luhmann, rimarrebbe senza dubbio deluso. L’orizzonte di ricerca che l’Istituto si proponeva e si propone è da certi punti di vista più ampio e forse radicale, per non dire tragico, rispetto alla riflessione luhmanniana, anche se non apparirà direttamente dalla lettura dei saggi. Dall’altra parte è vero che Luhmann è forse l’autore che al termine del passato millennio incarna in modo emblematico la perdita di un rapporto umano con la realtà, in particolare con quella realtà che chiamiamo società, e questo in nome dei progressi e delle evoluzioni della scienza, in particolare della teoria dei sistemi. Proprio perché non si può dubitare dell’acutezza della sua costruzione ci sembra che Luhmann dia indicazioni importanti sulla natura di questa “perdita dei sensi” - per chiosare una recente miscellanea di Ivan Illich1 - che è forse una delle ragioni più importanti dello scollamento tra i saperi e la nostra epoca. È vero che affrontare Luhmann mette in gioco, soprattutto nell’ambito delle scienze umane, il significato più profondo di “che cosa è la sociologia”, e più volte nell’attività seminariale è emerso il problema se la sociologia debba dire “come stanno le cose” o non piuttosto come “dovrebbero essere”. Ma questa distinzione non può valere per il mondo umano, perché la comprensione dei “fatti” che nascono dalle azioni degli uomini – le azioni sociali – non sono neppure descrivibili senza la comprensione dei soggetti che li pongono in essere. In altre parole, separare le azioni, o le comunicazioni, dalle intenzionalità degli attori significa precludersi la loro comprensione: la distinzione tra “fatti” e “valori” cancella con un colpo di spugna l’elemento istituente e costitutivo dell’azione umana. L’azione umana, e soprattutto quella sociale, è resa possibile solo dalla finalità: se non possiamo conoscere i “fini” che muovono gli attori, non possiamo neppure conoscere la “con-formazione” dei “fatti”, siano essi azioni o comunicazioni. Il “fine”, mi si perdoni la semplificazione, è una parola che esprime come gli attori attuano 1 ivan illiCh, la perdita dei sensi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2009 14 16 EMMaNUELE MORaNDI (pongono in azione) il “dover essere” (la qual cosa significa ciò che essi reputano “bene”, il bene per sé e per gli altri), e ciò, se coerentemente pensato, trasforma la sociologia nel complesso studio del “dover essere” umano così come esso si manifesta nell’azione (e non nelle idee o nella cultura). La nostra breve pubblicazione sarà una critica anche severa alla riflessione di Luhmann. Ma in nessun momento nel corso dell’intero anno su cui ci siamo interrogati, confrontati e criticati - invitando eccellenti ed autorevoli studiosi del pensiero luhmanniano - è stato perso l’interrogativo di fondo che guidava la ricerca, di cui Luhmann era per noi un “caso” particolarmente significativo e non il problema. Gli atteggiamenti denigratori sono il risultato di imperdonabili provincialismi che hanno smarrito l’austera grandezza di che cosa significa pensare: all’Istituto Filosofico di studi tomistici sono atteggiamenti completamente estranei. si trattava, al contrario, di cogliere attraverso Luhmann alcune delle ragioni - o avvicinarci ad una comprensione più adeguata e meno sprovveduta - che hanno repentinamente mutato un passato culturale carico di aspettative, a volte ingiustificatamente arrogante della propria superiorità rispetto a ciò che lo ha preceduto, ad un presente in cui la cultura che non si traduce in “tecnica” sembra aver perso ogni sua possibile rilevanza storica e sociale. Non è che la mente, l’intelletto, o l’intelligenza, rimaste troppo a lungo imprigionate nel limbo dei sogni e delle costruzioni di sogni, abbiano paralizzato l’esistenza e la vita nello specchio di una acquiescente oniricità, da cui sembra impossibile uscire? L’incapacità a vivere e porre in essere un agire dotato di un senso sociale, la perdita della consapevolezza che l’azione sociale si radica nella nostra umanità e non in automatici “meccanismi” sociali, non è una conseguenza di questa perdita della realtà che molta teoria per anni ha inoculato nel corpo sociale? Non siamo ancora in grado di rispondere ad un quesito così difficile, ma ci sembra di essere sulla strada giusta. Due brevi parole sulla struttura della pubblicazione. Il primo saggio, redatto da chi scrive, dal titolo Ma di che cosa PRESENTAzIONE 15 17 parliamo? Ci sono ragioni per accogliere i presupposti della teoria dei sistemi di Luhmann, è una proposta che cerca di mettere in relazione teoria sistemica e gnosticismo. si tratta di progress work e i risultati sono ancora tutti da verificare ed approfondire. Il secondo saggio, scritto da Claudio antonio testi, Dal Circolo alla Spirale. Critica Logico-fenomenologica alla teoria dei sistemi, è una critica radicale che evidenzia fondamentali incongruenze della teoria dei sistemi alla luce sia della logica sia della metafisica realista. Il terzo saggio, quello di Mario Enrico Cerrigone, dal titolo Essenziale è l’astratto, irrilevante la realtà. Su alcune aporie riguardanti la teoria dei sistemi di Luhmann, evidenzia aporie talmente fondative che la mancata risposta ad esse farebbe “poggiare” la teoria sulla pura arbitrarietà. L'appendice, sempre di Cerrigone, dal titolo Includere l’inclusione vuole essere una sorta di introduzione basilare alla concettualità luhmanniana, il cui intento è quello di fornire qualche strumento per affrontare la lettura dei testi di Luhmann a coloro che conoscono Luhmann solo dalla manualistica o, peggio ancora, di “seconda mano”. È un introduzione di base, ma pensata in relazione ai temi affrontati nel volume. sarà facilmente colta l’unità di intenti che guida questa piccola pubblicazione. La comune matrice realista degli autori non è una matrice che “produce” teorie, ma scopre dimensioni, inevitabilmente parziali, della realtà. Questo è ciò che accomuna gli autori, i quali sono sicuro di esprimere un pensiero condiviso - non hanno nutrito alcun interesse a “confutare” Luhmann per Luhmann, ma attraverso sguardi critici scoprire e ri-scoprire ciò di cui abbiamo immenso bisogno, cioè il “mondo” delle cose che esistono in sé e per sé, il mondo degli uomini che vivono in società e “sono” società. Minima Res Riflessioni realiste su Niklas Luhmann ISBN 978-88-548-6254-8 DOI 10.4399/97888548625482 pp. 17 – 46. emmanuele morandi Ma DI CHE COsa PaRLIaMO? CI sONO RaGIONI PER aCCOGLIERE I PREsUPPOstI DELLa tEORIa DEI sIstEMI DI NIKLas LUHMaNN? 1. Premessa L ’architettura della costruzione luhmanniana rimane forse uno degli ultimi grandi tentativi della modernità di afferrare, attraverso una particolare pratica e semantica dei concetti di teoria e di scienza, la natura di quella particolare totalità che è la società. Il fascino che emana da questo intenso e denso tentativo di una “teoria generale” della società è indubbiamente accresciuto dalle derive metodologistiche di “certa” ricerca sociale che, per molteplici e complesse ragioni, hanno trasformato la sociologia in un incontrollato alveare di tecniche di ricerca dove “tutte le vacche”, se per caso non sono “nere”, lo diventano1. Va segnalato che da questa impasse, quella tra teorici ed empirici, divenuta ormai una crux che impedisce alla sociologia più illuminata di uscire da una sorta di storico “blocco” sia teorico sia identitario, prende brillantemente congedo il cosiddetto “realismo critico”. si tratta di uno sforzo che si è sviluppato sia in area italiana sia in area britannica, con l’apporto di studiosi europei e statunitensi, e mira a rimettere in contatto le “scienze umane”, soprattutto la sociologia, con le realtà che ne costituiscono l’oggetto di studio, superando quella dicotomia ormai diventata inconciliabile fra “teorici” ed “empirici”, e recuperando nel mentre quella tra ontologia ed epistemologia. L’intento è quello di superare la crescente divaricazione e distanziazione tra il luogo dove la vita si dipana, in particolare la vita sociale, e ciò di cui si nutre la riflessione teorica sul sociale. In Italia, è noto, tale sforzo si è sviluppato grazie alla sociologia relazionale di Pierpaolo Donati, invece in am1 18 20 EMMaNUELE MORaNDI In realtà, la nostra riflessione non intende “entrare” nel tempio della teoria dei sistemi luhmanniana, anzi l’obbiettivo è discuterla da un altro punto di vista, potremmo dire, prima che essa si articoli per diventare se stessa: vi sono, ci chiediamo, buone ragioni per accettare un “certo” modo di “fare” ed elaborare teoria e in particolare la teoria sociale, e vi sono buone ragioni per accettare il modello di sistema per quanto riguarda la società? sono interrogativi che non riguardano certamente e solamente la seducente costruzione luhmanniana, ma che nella sua opera, nella radicalità in cui essa si offre, diventano questioni determinanti e decisive. Le nostre domande si fermeranno su quella soglia, quella che si chiede “ci sono buone ragioni?”. In realtà, se non trovassimo buone ragioni per rappresentare il problema sociologico e la realtà sociale nel modello di sistema, e di fatto non le abbiamo trovate, la domanda forse più interessante sarebbe chiedersi perché queste ragioni sono ritenute più che valide da certe tradizioni di ricerca. a questa seconda questione si può rispondere in modo estremamente banale, ma vi è invece una risposta assai più complessa che è necessario sollevare quando essa viene rivolta ad un autore di indubbio spessore teorico come lo è Luhmann. Non è infatti una questione di “gusti” o di “plubiente inglese, a partire dalla riflessione epistemologica di Roy Bhaskar, il realismo sociologico ha trovato in Margaret archer, un’interprete capace di espandere il realismo ben al di là di approcci definibili semplicemente “critici”, avvicinandosi di più ad una metafisica del sociale che guarda alla grande tradizione del pensiero sociologico europeo, quella tradizione messa brutalmente a tacere dal moderno e dai suoi esiti “scientifici”. Per un’introduzione generale alla sociologia relazionale: PierPaolo donati, Introduzione alla sociologia relazionale, Franco angeli, Milano 2006; per un approfondimento invece: PierPaolo donati, teoria relazionale della società: i concetti di base, Franco angeli, Milano 2009 (che prende spunto e sintetizza il volume, che porta il medesimo titolo, del 1991); vedi anche PierPaolo donati, Paolo terenzi, invito alla sociologia relazionale. teoria e applicazioni, Franco angeli, Milano 2006. sul realismo critico, vedi andrew Collier, Critical Realism. An Introduction to Roy Bhaskar’s Philosophy, Verso, London 1994, e marGaret arCher et alii, Critical Realism. essential Readings, Routledge, London-New York 1998. I testi fondamentali di Margaret archer sono: Culture and Agency, Cambridge U.P., Cambridge 1989; eadem, la morfogenesi della società, Franco angeli, Milano 1997; eadem, Essere umani, Marietti 1820, Milano-Genova, 2007; eadem, la conversazione interiore (2003), Erikson, trento 2006; eadem, Riflessività umana e percorsi di vita, Erikson, trento 2009. Ma DI CHE COsa PaRLIaMO? 19 21 ralismo”, ma pensiamo sia una questione di relazione tra l’attività intellettuale e il mondo a cui essa si rivolge. Rinvieremo questa questione ad un altro momento e contesto di ricerca, anche se sarà inevitabile riferirsi, pur sporadicamente, ad essa. Ci sembra importante iniziare questa nostra riflessione, giusto per marcare la fonte da cui essa è stata sollecitata e suggerita, con le parole di Eric Voegelin (che vanno però calate nel contesto storico di riferimento che è il mondo tedesco post-bellico, devastato dall’esperienza nazionalsocialista): «Quindi la realtà – scrive Voegelin - e l’esperienza della realtà vengono sostituite da una falsa immagine della realtà. L’uomo, così, non vive più nella realtà, ma in un’immagine fasulla di questa, che proclama, tuttavia, essere la realtà autentica. Vi sono quindi, nel caso si verifichi questa situazione pneumopatica, due realtà: la prima realtà, in cui vive l’uomo normalmente organizzato, e la seconda realtà, in cui vive adesso l’uomo spiritualmente disturbato e che in tal modo entra in conflitto costante con la prima realtà. […]. La conseguenza del fatto di vivere nella seconda realtà è, per l’appunto, il conflitto con la prima realtà […]. Le conseguenze di questa lotta possono essere classificate secondo due categorie principali, quella della contemplazione e quella della pratica. Nella contemplazione, la manifestazione più notevole del conflitto tra la prima realtà e la seconda realtà è la costruzione di un sistema. Dal momento che la realtà non possiede le caratteristiche di un sistema, qualunque sistema è sempre falso; e se esso afferma di descrivere la realtà, può rimanere in vita solo grazie agli stratagemmi di un inganno intellettuale […]; ma il problema ricompare ovunque vi sia un sistema. Dal momento che questo inganno intellettuale è inerente al conflitto tra la seconda realtà e la prima realtà e alla costruzione del sistema, la volontà di ingannare ha naturalmente origine proprio qua.»2. Il severo giudizio voegeliniano, che senza mezzi termini parla di “inganno”, va, come si diceva, mitigato con un contesto di riferimento in cui chiaramente Luhmann non è coinvolto (il contesto culturale tedesco che era appena uscito dalla tragedia nazionalsocialista), ma sta di fatto che l’autore solleva una questione epistemologica che, come tutte le grandi questioni di pensiero, non è semplicemente epistemologica. Quando discutiamo di realismo e idealismo, in termini sociologici di realismo e costruttivismo, non è in gioco semplicemente un problema di “correttezza” e veridicità epistemica coinvolgente il cosiddetto sistema della scienza, ma il rapporto costitutivo con la realtà e le conseguenze pra2 eriC voeGelin, Hitler e i tedeschi, Medusa, Milano 2005, pp. 84-85. 20 22 EMMaNUELE MORaNDI tiche e pragmatiche che questo rapporto ha sul piano della vita sociale e politica, oltre che individuale. Voegelin attinge al vocabolario classico parlando di “contemplazione”, noi potremmo, senza timore di sbagliare, parlare di “teoria” nell’accezione moderna che il termine assume all’interno delle scienze dell’uomo. Vi è dunque uno gnosticismo teorico che Voegelin, in modo perentorio, riconosce nella presenza di un sistema (sempre correlato alla scienza3); e vi è infine uno gnosticismo pratico – che non affronteremo nel nostro contesto e a cui Voegelin ha dedicato numerose riflessioni – che si esprime, anziché nell’inganno intellettuale, nella menzogna intesa come metodo che nega continuamente che la realtà sia ciò che è4. Voegelin, che quando scriveva quelle pagine si muoveva orami da numerosi decenni nel contesto della sociologia statunitense, utilizza il termine “sistema” in un’accezione alquanto rigorosa che non riguarda solamente la tradizione idealistica tedesca ma, appunto, anche il contesto sociologico americano5. Basterebbe semplicemente contare, sì, proprio contare, le volte in cui i termini “sistema” e “scienza” appaiono anche solo nei titoli delle grandi opere dei padri fondatori dell’idealismo tedesco, cioè Fichte, schelling ed Hegel per nominare i più noti. Non mi sembra esagerato parlare di una certa ossessione teorica. Una interessante panoramica del rapporto tra teoria moderna e gnosticismo, dove è preso in considerazione anche Luhmann, è in stefan rossbaCh, “Gnosis, science, and mysticism: a history of self-referential theory design”, «social science Information sur Les sciences sociales», 35 (1996) 2, pp. 233-255. Di fatto questo rapporto, quello tra modernità e gnosticismo, cerca d’indagare l’origine da cui scaturiscono queste costruzioni fantasmagoriche. 4 Per una prima “visione” del problema vedi eriC voeGelin, La nuova scienza politica, Borla, torino 1968; idem, Trascendenza e gnosticismo in Eric Voegelin, astra, Roma 1975 (è la raccolta dei saggi: “L’esperienza classica della ragione”; “Configurazioni della storia”; “Politica gnostica”); idem, Caratteri gnostici della moderna politica economica e sociale. Quattro saggi di E. Voegelin, astra, Roma 1980 (“apocalisse e rivoluzione”; “La formazione dell’idea marxiana di rivoluzione”; “L’uomo nella società e nella storia”; “Democrazia e società industriale”). 5 Mi permetto di rinviare all’appendice del mio La società accaduta, Franco angeli, Milano 2000, che contiene parte dell’epistolario tra Eric Voegelin e talcott Parsons (pp. 160-188). In realtà Hitler e i tedeschi di Voegelin è il frutto della traduzione delle registrazioni delle lezioni che l’autore tenne a Monaco nel dopoguerra. 3