Sed contra
I libri di «REALITAS»
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Direttori di collana:
emmanuele morandi
claudio antonio testi
Comitato scientifico:
adalberto arrigoni
simone bonini
mario enrico cerrigone
carlo marchi
Sed contra
I libri di «REALITAS»
Questa collana è strettamente collegata, per non dire legata a doppio filo, alle attività di ricerca promosse dall'Istituto Filosofico Studi
Tomistici, che animano e danno vita a «REALITAS. Rivista internazionale di teoria sociale, filosofia e scienze umane». Nati dall’interesse
di definire e vivere più adeguatamente il significato del nostro “essere realisti”, i percorsi di ricerca della rivista si aprono sempre più di
frequente su vie e scenari paralleli che chiamano in causa quelli che
potremmo definire, usando una terminologia scolastica, gli avversari
del realismo. Proprio in virtù della necessità di mantenere viva nella
filosofia la capacità di “porre questioni” e allo stesso tempo la possibilità di “essere messa in questione”, è opportuno dunque consegnare
alla scrittura tali percorsi, che non hanno la corposità di un fascicolo
di rivista, ma sono comunque frutto di ricerche interdisciplinari, e si
prestano maggiormente a una flessibilità argomentativa e di cadenza
periodica.
La collana Sed contra. I libri di «REALITAS» ospiterà dunque, da un
lato, saggi che tematizzano le gradi problematiche del pensiero di ispirazione realista — legati alle tematiche affrontate nella rivista — preoccupandosi allo stesso tempo di misurarle con le istanze dell’attuale
dibattito filosofico e culturale, rinnovando così la potenzialità epistemica delle principali categorie del pensiero realista, e rilanciando in
questo modo un confronto non equivoco con il pensiero moderno.
Dall’altra parte, verranno proposti saggi direttamente centrati su filosofi e pensatori della modernità spesso “ostili” a una prospettiva
realista, sottoponendoli a un serrato confronto con le prospettive del
realismo. L’ambizione è sempre quella di instaurare un dialogo rigoroso e possibilmente autentico che sfrutta questi grandi autori e/o tematiche moderni contemporanei come “pretesti” per un discorso sui
grandi problemi della filosofia, spingendosi eventualmente su tematiche di più ampio respiro, attinenti non solo alla ricerca filosofica, ma
anche a quella sociologica, estetico-letteraria e teologico-spirituale.
Non si esclude tuttavia di proporre anche traduzioni originali di opere
straniere e nuove curatele di saggi e contributi di filosofi italiani che
hanno accompagnato il corso della filosofia nel Novecento.
MINIMA RES
Riflessioni realiste su Niklas Luhmann
a cura di
Emmanuele Morandi
ARACNE EDITRICE
ROMA
MMXIII
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A-B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–6254–8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: agosto 2013
Pubblicato con il contributo
del Dipartimento di Tempo, Spazio, Immagine e Società,
Università degli Studi di verona
«Non deve dunque sorprendere che in un tempo come il nostro,
nel quale tante menti cercano di ristabilire tra la filosofia e il reale concreto
legami che l'esperienza idealistica ha inopportunamente spezzato,
diversi interpreti di San Tommaso abbiano insistito sul ruolo che gioca
la nozione dell'esistere nella sua dottrina».
(Étienne Gilson, il tomismo, Jaca Book, Milano 2010, p. 602;
ed. orig.: Le Thomisme, J. Vrin, Paris 1964)
SOMMARIO
emmanuele morandi
Presentazione. Per non perdere la realtà.
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emmanuele morandi
Ma di che cosa parliamo? Ci sono ragioni per accogliere i presupposti
della teoria dei sistemi di Niklas Luhmann?
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Claudio antonio testi
Dal Circolo alla spirale. Critica logico-fenomenologica
alla teoria dei sistemi
47
mario enriCo CerriGone
Essenziale è l’astratto, irrilevante la realtà.
su alcune aporie riguardanti la teoria dei sistemi di Luhmann
83
appendice
mario enriCo CerriGone
Includere l’inclusione. Alcuni cenni introduttivi alla teoria dei sistemi
di Niklas Luhmann
115
Minima Res
Riflessioni realiste su Niklas Luhmann
ISBN 978-88-548-6254-8
DOI 10.4399/97888548625481
pp. 11 – 15.
emmanuele morandi
PRESENTAzIONE.
PER NON PERDERE La REaLtà
D
ire come è nata questa pubblicazione è un po’ descriverne
i pregi e i difetti. Regolarmente l’Istituto Filosofico di
studi tomistici organizza, intorno ad un tema che viene ritenuto
di particolare rilevanza, attività seminariali che durano per un
intero anno. È singolare che l’interesse verso Luhmann sia nato
solo indirettamente, perché in prima battuta l’interesse nasceva
dal desiderio di definire più adeguatamente il significato del nostro
“essere realisti”, in un contesto culturale dove questa definizione
rischia di essere sempre più rarefatta.
tramontato da oltre mezzo secolo l’idealismo italiano e
tramontate, pochi decenni dopo, tradizioni riconducibili in qualche
modo ad esso, sembra difficile parlare di realismo senza sollevare
una soporifera accondiscendenza, condita da una altrettanto
eloquente indifferenza. Non migliore è però la sorte delle cosiddette
scienze umane. Dopo una stagione di grandi entusiasmi, in cui la
sola parola “metodo scientifico” sembrava poter redimere l’intera
storia della cultura umana, e in cui le aspettative di una catarsi
dell’intero sapere, orami in grado di purificarsi alle sorgenti della
verità scientifica, raggiungevano vette e toni profetici, ebbene,
ora, tali saperi vengono ripagati con una emarginazione pressoché
totale, tanto da far dubitare che ancora esistano. La parola d’ordine,
ormai esasperata fino all’inverosimile, nasce da un imperante
pragmatismo che si chiede “a che cosa possono servire tali o tal’altre
conoscenze?”.
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EMMaNUELE MORaNDI
Molti evidenziano e criticano questo “pragmatismo operativo e
operazionale”, lo definiscono, a volte anche con toni severi, come
nichilismo o perdita di senso della cultura in generale, ma pochi,
secondo noi pochissimi, si interrogano su ciò che sta a monte di
questa “perdita d’aureola” della cultura umanistica all’interno di
una civiltà ormai ipertecnologica. Come è possibile che solo alcuni
decenni fa le cose fossero così diverse? È proprio in quel passato
prossimo che pensiamo vadano ricercate molte delle ragioni di
questa crisi dei saperi e della loro rilevanza sociale. C’è uno scarto
sempre più incolmabile tra la ricerca che non si traduce in tecnica
e il “mondo” in cui vivono gli uomini. C’era forse qualcosa di viziato
nel fervore di quegli anni ormai passati?
È forse alla luce di questa questione - c’era qualcosa di “viziato”
in quel recente passato? – che interrogare nuovamente il realismo e
l’idealismo (o costruttivismo) si riveste di un ben più problematico e
più intenso significato rispetto a chi pensa che ciò sia una tematica
gnoseologica. Il conflitto tra realismo e idealismo/costruttivismo
non è più solamente, ma forse non lo è mai stato, una questione
epistemologica, ma piuttosto, soprattutto nella nostra attualità,
una chiave di accesso alla comprensione di quel “vuoto”, di quella
mancanza di ruolo che la cultura umanistica ha nei processi di
civilizzazione odierni. Un “vuoto” favorito non poco da stili di vita
disperatamente accelerati.
se questo era il “clima”, la “portata”, che le attività seminariali
dell’Istituto volevano affrontare, l’incontro con la riflessione di
Luhmann è venuta quasi naturale. In Luhmann l’idealismo diventa
una pratica di pensiero che vuole essere una teoria generale della
società. Un idealismo che pensa di congedare la civiltà veteroeuropea e aprire un nuovo scenario che impatta su quella realissima
realtà che chiamiamo società. Nella riflessione di Luhmann
l’idealismo non è un problema epistemologico più di tanto rilevante,
ma è una sorta di costruzione della realtà sociale, una sorta di
creazione/rappresentazione della società stessa, tale da non essere
assolutamente riconducibile all’esperienza che ne facciamo.
Detto questo, è evidente che chi pensasse di dover affrontare una
PRESENTAzIONE
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monografia critica, anche una piccola monografia, sul pensiero di
Luhmann, rimarrebbe senza dubbio deluso. L’orizzonte di ricerca
che l’Istituto si proponeva e si propone è da certi punti di vista più
ampio e forse radicale, per non dire tragico, rispetto alla riflessione
luhmanniana, anche se non apparirà direttamente dalla lettura dei
saggi.
Dall’altra parte è vero che Luhmann è forse l’autore che al termine
del passato millennio incarna in modo emblematico la perdita di un
rapporto umano con la realtà, in particolare con quella realtà che
chiamiamo società, e questo in nome dei progressi e delle evoluzioni
della scienza, in particolare della teoria dei sistemi. Proprio perché
non si può dubitare dell’acutezza della sua costruzione ci sembra che
Luhmann dia indicazioni importanti sulla natura di questa “perdita
dei sensi” - per chiosare una recente miscellanea di Ivan Illich1 - che
è forse una delle ragioni più importanti dello scollamento tra i saperi
e la nostra epoca.
È vero che affrontare Luhmann mette in gioco, soprattutto
nell’ambito delle scienze umane, il significato più profondo di “che
cosa è la sociologia”, e più volte nell’attività seminariale è emerso
il problema se la sociologia debba dire “come stanno le cose” o
non piuttosto come “dovrebbero essere”. Ma questa distinzione
non può valere per il mondo umano, perché la comprensione dei
“fatti” che nascono dalle azioni degli uomini – le azioni sociali –
non sono neppure descrivibili senza la comprensione dei soggetti
che li pongono in essere. In altre parole, separare le azioni, o le
comunicazioni, dalle intenzionalità degli attori significa precludersi
la loro comprensione: la distinzione tra “fatti” e “valori” cancella
con un colpo di spugna l’elemento istituente e costitutivo dell’azione
umana. L’azione umana, e soprattutto quella sociale, è resa possibile
solo dalla finalità: se non possiamo conoscere i “fini” che muovono
gli attori, non possiamo neppure conoscere la “con-formazione” dei
“fatti”, siano essi azioni o comunicazioni. Il “fine”, mi si perdoni la
semplificazione, è una parola che esprime come gli attori attuano
1
ivan illiCh, la perdita dei sensi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2009
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EMMaNUELE MORaNDI
(pongono in azione) il “dover essere” (la qual cosa significa ciò
che essi reputano “bene”, il bene per sé e per gli altri), e ciò, se
coerentemente pensato, trasforma la sociologia nel complesso studio
del “dover essere” umano così come esso si manifesta nell’azione (e
non nelle idee o nella cultura).
La nostra breve pubblicazione sarà una critica anche severa alla
riflessione di Luhmann. Ma in nessun momento nel corso dell’intero
anno su cui ci siamo interrogati, confrontati e criticati - invitando
eccellenti ed autorevoli studiosi del pensiero luhmanniano - è stato
perso l’interrogativo di fondo che guidava la ricerca, di cui Luhmann
era per noi un “caso” particolarmente significativo e non il problema.
Gli atteggiamenti denigratori sono il risultato di imperdonabili
provincialismi che hanno smarrito l’austera grandezza di che cosa
significa pensare: all’Istituto Filosofico di studi tomistici sono
atteggiamenti completamente estranei. si trattava, al contrario, di
cogliere attraverso Luhmann alcune delle ragioni - o avvicinarci ad
una comprensione più adeguata e meno sprovveduta - che hanno
repentinamente mutato un passato culturale carico di aspettative,
a volte ingiustificatamente arrogante della propria superiorità
rispetto a ciò che lo ha preceduto, ad un presente in cui la cultura
che non si traduce in “tecnica” sembra aver perso ogni sua possibile
rilevanza storica e sociale.
Non è che la mente, l’intelletto, o l’intelligenza, rimaste troppo
a lungo imprigionate nel limbo dei sogni e delle costruzioni di
sogni, abbiano paralizzato l’esistenza e la vita nello specchio di una
acquiescente oniricità, da cui sembra impossibile uscire? L’incapacità
a vivere e porre in essere un agire dotato di un senso sociale, la
perdita della consapevolezza che l’azione sociale si radica nella
nostra umanità e non in automatici “meccanismi” sociali, non è
una conseguenza di questa perdita della realtà che molta teoria per
anni ha inoculato nel corpo sociale? Non siamo ancora in grado di
rispondere ad un quesito così difficile, ma ci sembra di essere sulla
strada giusta.
Due brevi parole sulla struttura della pubblicazione.
Il primo saggio, redatto da chi scrive, dal titolo Ma di che cosa
PRESENTAzIONE
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parliamo? Ci sono ragioni per accogliere i presupposti della teoria dei sistemi
di Luhmann, è una proposta che cerca di mettere in relazione teoria
sistemica e gnosticismo. si tratta di progress work e i risultati sono
ancora tutti da verificare ed approfondire.
Il secondo saggio, scritto da Claudio antonio testi, Dal Circolo alla
Spirale. Critica Logico-fenomenologica alla teoria dei sistemi, è una critica
radicale che evidenzia fondamentali incongruenze della teoria dei
sistemi alla luce sia della logica sia della metafisica realista.
Il terzo saggio, quello di Mario Enrico Cerrigone, dal titolo
Essenziale è l’astratto, irrilevante la realtà. Su alcune aporie riguardanti la
teoria dei sistemi di Luhmann, evidenzia aporie talmente fondative che
la mancata risposta ad esse farebbe “poggiare” la teoria sulla pura
arbitrarietà.
L'appendice, sempre di Cerrigone, dal titolo Includere l’inclusione
vuole essere una sorta di introduzione basilare alla concettualità
luhmanniana, il cui intento è quello di fornire qualche strumento
per affrontare la lettura dei testi di Luhmann a coloro che conoscono
Luhmann solo dalla manualistica o, peggio ancora, di “seconda
mano”. È un introduzione di base, ma pensata in relazione ai temi
affrontati nel volume.
sarà facilmente colta l’unità di intenti che guida questa piccola
pubblicazione. La comune matrice realista degli autori non è una
matrice che “produce” teorie, ma scopre dimensioni, inevitabilmente
parziali, della realtà. Questo è ciò che accomuna gli autori, i quali sono sicuro di esprimere un pensiero condiviso - non hanno nutrito
alcun interesse a “confutare” Luhmann per Luhmann, ma attraverso
sguardi critici scoprire e ri-scoprire ciò di cui abbiamo immenso
bisogno, cioè il “mondo” delle cose che esistono in sé e per sé, il
mondo degli uomini che vivono in società e “sono” società.
Minima Res
Riflessioni realiste su Niklas Luhmann
ISBN 978-88-548-6254-8
DOI 10.4399/97888548625482
pp. 17 – 46.
emmanuele morandi
Ma DI CHE COsa PaRLIaMO?
CI sONO RaGIONI PER aCCOGLIERE
I PREsUPPOstI DELLa tEORIa DEI sIstEMI
DI NIKLas LUHMaNN?
1. Premessa
L
’architettura della costruzione luhmanniana rimane forse uno degli ultimi grandi tentativi della modernità di afferrare, attraverso
una particolare pratica e semantica dei concetti di teoria e di scienza, la
natura di quella particolare totalità che è la società. Il fascino che emana
da questo intenso e denso tentativo di una “teoria generale” della società
è indubbiamente accresciuto dalle derive metodologistiche di “certa” ricerca sociale che, per molteplici e complesse ragioni, hanno trasformato
la sociologia in un incontrollato alveare di tecniche di ricerca dove “tutte
le vacche”, se per caso non sono “nere”, lo diventano1.
Va segnalato che da questa impasse, quella tra teorici ed empirici, divenuta ormai
una crux che impedisce alla sociologia più illuminata di uscire da una sorta di storico “blocco” sia teorico sia identitario, prende brillantemente congedo il cosiddetto “realismo critico”. si tratta di uno sforzo che si è sviluppato sia in area italiana sia in area britannica, con l’apporto di studiosi europei e statunitensi, e mira
a rimettere in contatto le “scienze umane”, soprattutto la sociologia, con le realtà
che ne costituiscono l’oggetto di studio, superando quella dicotomia ormai diventata inconciliabile fra “teorici” ed “empirici”, e recuperando nel mentre quella tra
ontologia ed epistemologia. L’intento è quello di superare la crescente divaricazione e distanziazione tra il luogo dove la vita si dipana, in particolare la vita sociale,
e ciò di cui si nutre la riflessione teorica sul sociale. In Italia, è noto, tale sforzo si
è sviluppato grazie alla sociologia relazionale di Pierpaolo Donati, invece in am1
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EMMaNUELE MORaNDI
In realtà, la nostra riflessione non intende “entrare” nel tempio della
teoria dei sistemi luhmanniana, anzi l’obbiettivo è discuterla da un altro
punto di vista, potremmo dire, prima che essa si articoli per diventare se
stessa: vi sono, ci chiediamo, buone ragioni per accettare un “certo” modo
di “fare” ed elaborare teoria e in particolare la teoria sociale, e vi sono
buone ragioni per accettare il modello di sistema per quanto riguarda la
società?
sono interrogativi che non riguardano certamente e solamente la seducente costruzione luhmanniana, ma che nella sua opera, nella radicalità
in cui essa si offre, diventano questioni determinanti e decisive. Le nostre
domande si fermeranno su quella soglia, quella che si chiede “ci sono buone ragioni?”.
In realtà, se non trovassimo buone ragioni per rappresentare il problema sociologico e la realtà sociale nel modello di sistema, e di fatto non
le abbiamo trovate, la domanda forse più interessante sarebbe chiedersi
perché queste ragioni sono ritenute più che valide da certe tradizioni di
ricerca.
a questa seconda questione si può rispondere in modo estremamente
banale, ma vi è invece una risposta assai più complessa che è necessario
sollevare quando essa viene rivolta ad un autore di indubbio spessore teorico come lo è Luhmann. Non è infatti una questione di “gusti” o di “plubiente inglese, a partire dalla riflessione epistemologica di Roy Bhaskar, il realismo sociologico ha trovato in Margaret archer, un’interprete capace di espandere
il realismo ben al di là di approcci definibili semplicemente “critici”, avvicinandosi di più ad una metafisica del sociale che guarda alla grande tradizione del pensiero
sociologico europeo, quella tradizione messa brutalmente a tacere dal moderno
e dai suoi esiti “scientifici”. Per un’introduzione generale alla sociologia relazionale: PierPaolo donati, Introduzione alla sociologia relazionale, Franco angeli, Milano
2006; per un approfondimento invece: PierPaolo donati, teoria relazionale della società: i concetti di base, Franco angeli, Milano 2009 (che prende spunto e sintetizza il
volume, che porta il medesimo titolo, del 1991); vedi anche PierPaolo donati, Paolo
terenzi, invito alla sociologia relazionale. teoria e applicazioni, Franco angeli, Milano
2006. sul realismo critico, vedi andrew Collier, Critical Realism. An Introduction to Roy
Bhaskar’s Philosophy, Verso, London 1994, e marGaret arCher et alii, Critical Realism.
essential Readings, Routledge, London-New York 1998. I testi fondamentali di Margaret archer sono: Culture and Agency, Cambridge U.P., Cambridge 1989; eadem, la
morfogenesi della società, Franco angeli, Milano 1997; eadem, Essere umani, Marietti
1820, Milano-Genova, 2007; eadem, la conversazione interiore (2003), Erikson, trento
2006; eadem, Riflessività umana e percorsi di vita, Erikson, trento 2009.
Ma DI CHE COsa PaRLIaMO?
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ralismo”, ma pensiamo sia una questione di relazione tra l’attività intellettuale e il mondo a cui essa si rivolge. Rinvieremo questa questione ad un
altro momento e contesto di ricerca, anche se sarà inevitabile riferirsi, pur
sporadicamente, ad essa.
Ci sembra importante iniziare questa nostra riflessione, giusto per marcare la fonte da cui essa è stata sollecitata e suggerita, con le parole di Eric
Voegelin (che vanno però calate nel contesto storico di riferimento che è il
mondo tedesco post-bellico, devastato dall’esperienza nazionalsocialista):
«Quindi la realtà – scrive Voegelin - e l’esperienza della realtà vengono sostituite da una falsa immagine della realtà. L’uomo, così, non vive più nella
realtà, ma in un’immagine fasulla di questa, che proclama, tuttavia, essere
la realtà autentica. Vi sono quindi, nel caso si verifichi questa situazione
pneumopatica, due realtà: la prima realtà, in cui vive l’uomo normalmente
organizzato, e la seconda realtà, in cui vive adesso l’uomo spiritualmente
disturbato e che in tal modo entra in conflitto costante con la prima realtà. […]. La conseguenza del fatto di vivere nella seconda realtà è, per l’appunto, il conflitto con la prima realtà […]. Le conseguenze di questa lotta
possono essere classificate secondo due categorie principali, quella della
contemplazione e quella della pratica. Nella contemplazione, la manifestazione più notevole del conflitto tra la prima realtà e la seconda realtà
è la costruzione di un sistema. Dal momento che la realtà non possiede le
caratteristiche di un sistema, qualunque sistema è sempre falso; e se esso
afferma di descrivere la realtà, può rimanere in vita solo grazie agli stratagemmi di un inganno intellettuale […]; ma il problema ricompare ovunque
vi sia un sistema. Dal momento che questo inganno intellettuale è inerente
al conflitto tra la seconda realtà e la prima realtà e alla costruzione del sistema, la volontà di ingannare ha naturalmente origine proprio qua.»2.
Il severo giudizio voegeliniano, che senza mezzi termini parla di “inganno”, va, come si diceva, mitigato con un contesto di riferimento in cui
chiaramente Luhmann non è coinvolto (il contesto culturale tedesco che
era appena uscito dalla tragedia nazionalsocialista), ma sta di fatto che
l’autore solleva una questione epistemologica che, come tutte le grandi
questioni di pensiero, non è semplicemente epistemologica.
Quando discutiamo di realismo e idealismo, in termini sociologici di
realismo e costruttivismo, non è in gioco semplicemente un problema di
“correttezza” e veridicità epistemica coinvolgente il cosiddetto sistema
della scienza, ma il rapporto costitutivo con la realtà e le conseguenze pra2
eriC voeGelin, Hitler e i tedeschi, Medusa, Milano 2005, pp. 84-85.
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EMMaNUELE MORaNDI
tiche e pragmatiche che questo rapporto ha sul piano della vita sociale e
politica, oltre che individuale.
Voegelin attinge al vocabolario classico parlando di “contemplazione”,
noi potremmo, senza timore di sbagliare, parlare di “teoria” nell’accezione
moderna che il termine assume all’interno delle scienze dell’uomo.
Vi è dunque uno gnosticismo teorico che Voegelin, in modo perentorio,
riconosce nella presenza di un sistema (sempre correlato alla scienza3); e
vi è infine uno gnosticismo pratico – che non affronteremo nel nostro contesto e a cui Voegelin ha dedicato numerose riflessioni – che si esprime,
anziché nell’inganno intellettuale, nella menzogna intesa come metodo
che nega continuamente che la realtà sia ciò che è4.
Voegelin, che quando scriveva quelle pagine si muoveva orami da numerosi decenni nel contesto della sociologia statunitense, utilizza il termine “sistema” in un’accezione alquanto rigorosa che non riguarda solamente la tradizione idealistica tedesca ma, appunto, anche il contesto
sociologico americano5.
Basterebbe semplicemente contare, sì, proprio contare, le volte in cui i termini
“sistema” e “scienza” appaiono anche solo nei titoli delle grandi opere dei padri
fondatori dell’idealismo tedesco, cioè Fichte, schelling ed Hegel per nominare i
più noti. Non mi sembra esagerato parlare di una certa ossessione teorica. Una
interessante panoramica del rapporto tra teoria moderna e gnosticismo, dove è
preso in considerazione anche Luhmann, è in stefan rossbaCh, “Gnosis, science, and
mysticism: a history of self-referential theory design”, «social science Information sur Les sciences sociales», 35 (1996) 2, pp. 233-255. Di fatto questo rapporto,
quello tra modernità e gnosticismo, cerca d’indagare l’origine da cui scaturiscono
queste costruzioni fantasmagoriche.
4
Per una prima “visione” del problema vedi eriC voeGelin, La nuova scienza politica,
Borla, torino 1968; idem, Trascendenza e gnosticismo in Eric Voegelin, astra, Roma 1975
(è la raccolta dei saggi: “L’esperienza classica della ragione”; “Configurazioni della
storia”; “Politica gnostica”); idem, Caratteri gnostici della moderna politica economica
e sociale. Quattro saggi di E. Voegelin, astra, Roma 1980 (“apocalisse e rivoluzione”;
“La formazione dell’idea marxiana di rivoluzione”; “L’uomo nella società e nella
storia”; “Democrazia e società industriale”).
5
Mi permetto di rinviare all’appendice del mio La società accaduta, Franco angeli,
Milano 2000, che contiene parte dell’epistolario tra Eric Voegelin e talcott Parsons (pp. 160-188). In realtà Hitler e i tedeschi di Voegelin è il frutto della traduzione
delle registrazioni delle lezioni che l’autore tenne a Monaco nel dopoguerra.
3