M. Galli Regole fiducia 14 gennaio 2016

Dottoranda: Martina Galli
Tutor: Prof. Carlo Sotis
Titolo della tesi di dottorato: Crisi economica e diritto penale
Anno di corso: I
Ciclo di dottorato: XXXI
Reaction paper su:
Le Regole della fiducia
(E. Resta)
Ne Le regole della fiducia Eligio Resta perlustra l’orizzonte dei significati della fiducia, con il
dichiarato fine di depurarne gli aspetti retorici e metterne invece in luce i tratti di residua
vitalità all’interno delle diverse dimensioni della vita collettiva (p. 9).
E in questo pare procedere come a costruire ciò che, nella teoria del colore, è rappresentato
dalla c.d. ruota dei colori di Goethe, modello sintetico dello spettro cromatico che consente di
visualizzare un elemento di una coppia di complementari su un semicerchio e l’altro sul
semicerchio opposto, con gli elementi “caldi” distribuiti a loro volta tutti su un semicerchio, e
i “freddi” sull’altro.
Quasi a inserire un prisma nel raggio di luce bianca e indifferenziata che sprigiona dal
concetto di fiducia, per costruire, pagina dopo pagina, una sorta di ruota dei significati che il
concetto di fiducia assume nell’ambito delle relazioni sociali.
Nella parte calda si colloca la dimensione spontanea, irrazionale e fideistica della fiducia,
mentre nella complementare parte fredda si trova tutto ciò che è regolazione, calcolo, misura e
quindi, fatalmente, diritto.
Se la fiducia può infatti apparire quasi cosa ovvia in ragione della sua essenzialità per l’agire
umano (per dirla con le parole di Luhmann, «senza fiducia [la gente] non potrebbe nemmeno
alzarsi dal letto la mattina»1), i meccanismi che ne regolano il funzionamento e le dinamiche
che conducono alla sua giuridificazione sono tutt’altro che ovvii.
É l’esperienza giuridica, senza alcun dubbio, ad interessare più delle altre l’Autore: le
numerose incursioni nei territori della filosofia, della sociologia, della psicologia e
dell’economia gli servono infatti per arrivare a indagare il meccanismo che inesorabilmente
attrae la fiducia nell’orbita nella dimensione giuridica; anche se la trattazione non si trasforma
mai in un’analisi gius-teorica sulla fiducia (ad esempio, in una ricostruzione della disciplina
contrattuale in generale e del concetto di buona fede in particolare), mantenendo il respiro di
una più ampia riflessione sulle strutture della fiducia e, appunto, sulle sue regole.
In questa ottica, il titolo del saggio assume significati diversi.
Il concetto di regola evoca anzitutto una regolarità, una costante, una formula in grado di
illustrare il modo di atteggiarsi della fiducia. Ma indica anche la regolazione degli
1
LUHMANN, La fiducia, Bologna, 2002, 5.
investimenti fiduciari, il modo in cui l’esperienza giuridica predispone ambiti e istituti capaci
di garantire la fiducia tra gli uomini e, perfino, di sostituirla laddove essa risulti più debole.
Più che i contenuti, l’Autore si sofferma ad analizzare i meccanismi propri della fiducia,
concentrandosi, appunto, sulle regolarità e sulle regole che informano le dinamiche fiduciarie.
Riprendendo l’immagine del cerchio richiamata sopra, si potrebbe dire che il punto di vista
dell’Autore sia collocato esattamente nel centro, cioè nel punto rispetto al quale si
determinano i passaggi da una zona all’altra, da una “temperatura” all’altra, dell’orizzonte di
senso della fiducia. L’osservatore scruta in particolare il momento in cui lo slancio fiduciario
va trasformandosi, quasi ineluttabilmente, nel suo contrario, e fotografa le innumerevoli ma
impercettibili metamorfosi della fiducia nella vita collettiva.
Proprio in questo consiste la regolarità della fiducia, nel suo continuo oscillare dal circuito
dell’irrazionalità a quello della razionalità, nel suo essere doppia e sempre divisa tra il mondo
dei sentimenti e il mondo dei vincoli. L’ambivalenza intrinseca della fiducia, già rintracciata
da Mauss e Benveniste, si rinviene nell’ambito degli scambi economici, dove la forza e il
valore della moneta si trovano sempre in relazione con l’incommensurabile della fiducia e con
il suo fondamento mistico; la stessa dinamica si rintraccia nell’istituto del dono, cui è propria
la dinamica ossimorica dello scambio gratuitamente obbligatorio, ma anche nelle pratiche
religiose, all’interno delle quali la fiducia che il credere in Dio comporta genera in modo
automatico l’aspettativa razionale della restituzione, sotto forma di protezione. Lo schema che
domina questa regolarità, e che riemerge in molteplici forme, è di tipo paradossale: ogni
pratica razionale che sottintende uno scambio materiale e che, nel lessico giuridico, dà origine
ad un credito, richiede costitutivamente anche un sentimento, un kred.
Il creditore, in questo senso, è un attore che investe le proprie aspettative sulla base della
fiducia accordata a qualcuno (p. 66), ma che si trova sempre esposto al rischio che la fiducia
sia tradita dalla per-fidia del proprio interlocutore.
Ecco allora che le instabili relazioni umane vengono ad essere immunizzate da possibili atti
contrari alla fiducia (mal)riposta, per mezzo dell’intervento di regole, in particolare di regole
giuridiche.
L’investimento fiduciario viene dunque a essere garantito dalla dimensione coercitiva del
diritto, che si avvale della minaccia della sanzione per scongiurare il rischio della delusione
delle aspettative.
L’Autore è però convinto che il diritto, nel momento stesso in cui si presenta come rimedio
contro il tradimento della fiducia, operi una trasformazione della stessa talmente radicale da
tradirne il senso originario. Il diritto annienta la fiducia incorporandola; e se anche poi il
contratto non riesce a eliminare completamente il rischio di delusione cognitiva insito nella
fiducia (pp. 90 ss.), per il sistema appare comunque preferibile generalizzare la fiducia nel
vincolo che la fiducia tout court (p. 95).
Richiamare normativamente la fiducia significa insomma ribadirne l’assenza (p. 70), e sarà
allora il diritto stesso a nutrire scarsa o nessuna fiducia nei confronti dei soggetti cui la norma
si rivolge, non più sublimazione delle virtù umane, ma più prosaico meccanismo di
contenimento della delusione (p. 89).
Si avverte quindi una netta scissione tra il diritto e l’idea del legame sociale presente nel
pensiero di Luhmann e di Simmel, convinti che senza la fiducia nutrita vicendevolmente dalle
persone la società si disintegrerebbe, idea già emergente nel pensiero di Locke, che nei suoi
Saggi sulla legge naturale (1660) parlava della fiducia come di quel vinculum societatis che è
strumento principe di civilizzazione e pacificazione sociale.
Il diritto, dunque, appare in netta contrapposizione con la relazionalità spontanea della
fiducia, divenendo necessario sostegno delle relazioni umane, impensabili al di fuori di un
orizzonte di coercibilità che le garantisca e sostenga: poiché non esiste una mano invisibile
del libero mercato dei sentimenti (p. 72), la cooperazione, come da visione hobbesiana, dovrà
essere affidata al contratto.
Il sistema delle garanzie che esso offre sembra così assorbire e sostituire completamente la
dimensione orizzontale dei rapporti con una di tipo verticale o di secondo grado, il “sentirsi
obbligati” è supplito dall’ “avere un obbligo”. Al di fuori del timore generato dall’eventualità
di un intervento repressivo, pare negarsi qualsiasi capacità dell’uomo di agire in modo
responsabile, di avere atteggiamenti di riguardo per gli altri nel momento in cui è chiamato ad
adempiere ai propri doveri o ad esercitare i propri diritti.
Esclusa qualsiasi persistenza dell’investimento fiduciario nei rapporti individuali, una certa
dose di fiducia resiste ancora all’interno delle relazioni impersonali: è la fiducia, priva di
calcolo e strategia, che i c.d. polli, nutrono nei confronti del bene pubblico e nell’uomo stesso,
continuando a comportarsi in modo onesto e ad aspettarsi che i c.d. furbi (in realtà, gli idioti)
(p. 104), prima o poi, facciano lo stesso.
La società civile, dunque, poggia su una crosta fredda (l’organizzazione) sotto la quale si
muove un nucleo caldo di fiducia presupposta e infondata. E anche il diritto, nel momento in
cui viene a normare questi aspetti della vita pubblica, cessa di essere il regno della sfiducia.
Solo nelle ultime pagine del libro i diversi elementi del senso di – e del significato della –
fiducia dispersi nel fascio cromatico si ricompongono in un unico raggio di luce bianca che,
accecando in parte la nostra razionalità economica, sembra ancora poter consentire la
sopravvivenza della comunità.
E non a caso la discussione pubblica è oggi monopolizzata dal tema della fiducia (nei mercati
e nelle istituzioni), quale fattore di aggregazione sociale, prima ancora che di crescita
economica.