CERCASI “BREEDERS” Esperti di Miglioramento genetico delle Piante coltivate Recentemente ho incontrato in FAO un dirigente di una importante multinazionale sementiera straniera che mi ha chiesto se conoscessi qualche giovane e bravo breeder italiano con già una buona preparazione professionale, da eventualmente assumere per lavorare in Italia ed all’estero e che, ovviamente, doveva anche avere una buona conoscenza dall’ inglese e del francese. La sua richiesta in quanto lui non era ancora riuscito a trovarlo. Questa richiesta mi ha fatto pensare non poco, dopo che anch’io, lì per lì, non ero stato in grado di aiutarlo. Mi sono quindi chiesto quali caratteristiche deve avere un breeder. Sono arrivato alla conclusione che un bravo breeder deve possedere una serie di conoscenze ed esperienze non facili a coesistere in una singola persona. Nel caso del breeding delle piante, oltre ad avere una buona conoscenza della botanica, della fisiologia vegetale ed, ovviamente, di genetica e citogenetica, deve anche avere conoscenze di entomologia, di patologia vegetale (e quindi anche dei presidi antiparassitari), di biochimica e di caratteristiche nutrizionali dei prodotti alimentari o industriali ottenibili, nonché di pedologia e di meteorologia agrarie. Dovrà anche conoscere le pratiche agronomiche da usare per la coltivazione delle diverse specie, dei vari attrezzi colturali necessari per le diverse colture ed infine la conoscenza delle esigenze specifiche dell’uso e del mercato dei prodotti considerati. Deve inoltre conoscere le caratteristiche e le limitazioni delle cultivar già esistenti nelle diverse specie da migliorare ed anche, per ogni specie, dove sapere dove poter trovare le risorse di germoplasma necessarie per identificare ed utilizzare la variabilità esistente nella specie investigata o in altre specie più o meno affini. Alla fine dovrà fare una sintesi delle caratteristiche che la nuova cultivar dovrà avere, sviluppando il cosiddetto “ideotipo”, cioè le necessarie e fondamentali caratteristiche morfologiche, fisiologiche, ambientali e di qualità del prodotto, necessarie per la sua proficua utilizzazione da parte degli agricoltori, dell’agroindustria e dei consumatori. Per realizzare al meglio il suo “ideotipo” dovrà anche conoscere le varie tecnologie di selezione, di ibridazione, di coltura in vitro, di mutagenesi, di genomica per poter scegliere quelle più idonee e meno esigenti riguardo ai tempi di realizzazione, alle risorse umane ed ai fondi necessari per poter ottenere progenie il più possibile simili al suo ideotipo programmato. Alla fine dovrà testare in prove agronomiche, in varie località per almeno 2-3 stagioni, tali progenie a confronto con le altre già esistenti, scelte come controlli, per poter dimostrare di aver costituito nuovi genotipi provvisti di adattamento agli ambienti di coltivazione presenti sul territorio interessato e con caratteristiche produttive e qualitative superiori a quelli già esistenti in commercio. Complessivamente il tutto, anche per i più esperti, richiede normalmente una attività condotta con continuità per almeno 10 anni. A questo punto possiamo anche chiederci se per creare una tale costellazione di competenze esistano oggi, di fatto, Istituzioni che siano in grado di preparare personale con tali multiformi competenze e capacità. Infatti non mi risulta che in Italia esista, oggi tra i numerosissimi indirizzi di laurea o di dottorato, tale specializzazione, anche perché le ormai numerose e diverse discipline coinvolte difficilmente possono, nella presente situazione istituzionale, contribuire armonicamente a realizzare tale complessa preparazione. Non è di conforto che una recente pubblicazione su Crop Science (51:2325-2336, 2011) di 5 Docenti della Università della California denunci una simile ed attuale situazione anche negli USA. Quindi, di fatto, non esistendo strutture didattiche specifiche, il giovane che intende divenire un breeder dovrà, se possibile, appoggiarsi a strutture che posseggano già personale specializzato nel breeding delle diverse specie di maggior interesse per il Paese, per imparare il mestiere e considerare adeguatamente le varie esigenze che dovrà soddisfare, godendo dell’esperienza guadagnata nel tempo dai più anziani. A questo punto vediamo di analizzare quali possano essere le esigenze delle Istituzioni dedicate a tali attività, che evidentemente debbono essere riconosciute di vitale importanza per ogni Paese, in quanto deputate, in modo prioritario, per provvedere all’ incremento della disponibilità alimentare dei suoi abitanti, tenendo sempre presente che, senza cibo, semplicemente si fanno rivoluzioni e si muore! Oltre alle Università, esistono in Italia diverse Istituzioni pubbliche, sia statali (quali il CRA, il CNR, l’ENEA) che regionali (Enti di sviluppo, Enti con finalità speciali ecc.), oltre che Industrie sementiere private, che possono valorizzare la presenza di allievi breeders per ottenere innovazioni varietali nelle varie specie vegetali più importanti per il Paese. Ciò perché il Paese sia in grado di competere, ma anche eventualmente di collaborare, con le specifiche Istituzioni di ricerca, sia pubbliche che private di altri Stati ed anche supernazionali, specie nei settori sementiero e vivaistico. Tuttavia, molte di tali Istituzioni nazionali esistenti, attualmente non hanno più, come in passato, oltre ai pochi ricercatori rimasti, disponibilità di sufficiente personale tecnico necessario per condurre tali attività, né tantomeno operaio, per le necessarie coltivazioni da condurre nelle serre e nei campi sperimentali. Occorre anche considerare che addirittura alcune delle nuove Facoltà o sedi periferiche di Agraria italiane non hanno proprie disponibilità di serre e campi sperimentali e quindi anche del personale normalmente addetto. Inoltre, negli ultimi anni, in molte Istituzioni, la scarsità di finanziamenti non ha permesso di sostituire il personale man mano andato in pensione di ogni categoria coinvolta col breeding. Nel frattempo, il personale esistente, specie il laureato di ruolo, è invecchiato (mediamente in molte Istituzioni ha oltre 50 anni) e come tale non ha interesse ad iniziare programmi ed attività attuabili in molti anni e che necessiti, per la loro realizzazione, personale ausiliario, come nel caso del breeding. Oggi le principali Istituzioni hanno a malapena finanziamenti per il personale e per i servizi principali e le ricerche possono essere finanziate solo concorrendo a bandi Europei o dei Ministeri, delle Regioni, sempre imposti dall’alto e non più, come una volta, proposti dai ricercatori che, ovviamente, sono molto più preparati ed aggiornati dei pochi funzionari che ora stabiliscono i soggetti dei bandi e che possono essere facilmente influenzati dalla politica e/o dalle esistenti loggie scientifiche. Inoltre, i finanziamenti per la ricerca, anche in agricoltura, sono divenuti sempre più scarsi ed anche la loro durata si è ridotta dai 5 ed anche più anni di una volta, a solo 1 – 3 anni, rendendo più attuabili le ricerche realizzabili in laboratorio, che é utilizzabile tutto l’anno e non richiedenti varie stagioni di attività, anche di pieno campo. Ovviamente, per ricerche attuabili in laboratorio, possono essere più facilmente impiegati, per tesi e dottorati che durano solo alcuni mesi, studenti ovvero neolaureati volontari o assunti a termine per la breve durata dei progetti, di certo preferiti ad operai o tecnici che possono avere maggiori diritti ed adeguati sostegni sindacali. Anche i giovani laureati e particolarmente le giovani laureate, di altre facoltà (Scienze Biologiche e Naturali, Chimica, ecc.) ovviamente preferiscono attività in laboratorio od in camere di crescita, tenendo anche conto che solo in Agraria si insegnano e si praticano varie materie tecniche (ad es. Agronomia, Meccanica, Pedologia, Idraulica, Agroindustrie, Economia ecc.) tutte competenze utili per il breeder. Inoltre, oggi, la possibilità di carriera è sempre più legata a pubblicazioni cartacee su argomenti di base od alla moda e molto meno a realizzazioni pratiche, che, specie nel mondo universitario, ma non solo, vengono considerate di seconda priorità e di più lunga e dubbiosa durata e con risultati meno certi quanto alla realizzazione degli obiettivi perseguiti, specie se pratici. Né, tantomeno, è stata sviluppata una politica che premi, sia finanziariamente che con promozioni, i ricercatori pubblici e privati per le realizzazioni pratiche ed i brevetti eventualmente da loro realizzati con la costituzione di nuove varietà od ibridi. Infine, in questi ultimi due decenni, anche per le ragioni sopra indicate, la maggior parte dei finanziamenti in quasi tutte le Istituzioni sono andati a favorire in prevalenza attività di ricerca genomica e molecolare i cui risultati a livello pratico, almeno finora, sono stati legati, in molte specie, all’innesto di solo due “supergeni”: resistenza all’erbicida totale glifosate e resistenza a varie specie di insetti, derivata dal Bacillus thuringiensis. Infatti, dato che molte delle caratteristiche importanti per il successo di specie agrarie ed alimentari coltivate sono legate all’interazione di molti geni, solo nel caso di caratteristiche legate a pochi geni (come ad es. la resistenza a patogeni) l’innesto di singoli geni può ottenere rapidamente importanti successi pratici. Tuttavia, sono assolutamente convinto che, in un futuro molto prossimo, la genomica potrà fornire numerosi e diversificati risultati pratici che coinvolgeranno molti caratteri utili nelle più importanti specie alimentari ed industriali, in particolare se opportunamente abbinata alle tecnologie tradizionali. Infatti, come nel caso della MAC (Marker-Assisted Selection), tecnologie genomiche sono già largamente utilizzate nel mondo da molte Istituzioni pubbliche e private che si occupano di breeding, specialmente per singoli ed importanti caratteri . Certamente il breeding deve impiegare tutte le tecnologie attualmente disponibili, senza preclusioni né ignoranti pregiudizi di sorta, ma sempre con personale di tutti i livelli (ricercatori esperti nelle diverse discipline coinvolte, tecnici ed assistenti di laboratorio e di campo) in quantità appropriate alle necessità ed al ruolo coperto, con le strutture, i finanziamenti ed i tempi necessari per ottenere i risultati prefissi. Infatti il breeding non può più essere più legato, come in passato, a singoli ricercatori, ma deve sempre più contare su teams di esperti che lavorino in armonia e complementarità. Solo così saremo in grado di realizzare in modo più specifico e programmabile attività di ricerca per ottenere nuove varietà che permettano al Paese di provvedere, almeno in gran parte, alle sue sempre crescenti esigenze alimentari. In caso contrario saremo sempre più in una situazione precaria per un fattore di base per la sopravvivenza: il cibo di ogni giorno. Un Paese, che nel passato ha prodotto in questo campo numerose scuole di breeding con personalità come Strampelli, Bonvicini, De Cillis, Barbieri, Maliani, Michaelles, Pirovano, Casale, Iannelli ed altre diecine di veramente bravi breeders pubblici e privati, che hanno contribuito a sfamare non solo la nostra, ma anche altre popolazioni nel mondo, risulta ora abbastanza malridotto. Conseguentemente, In molti settori, come in Orticoltura, Frutticoltura, ed ormai anche in Cerealicoltura e nelle colture industriali, la maggior parte delle varietà ed ibridi utilizzati in Italia risultano essere di costituzione straniera. Ricordiamo sempre che nel pianeta 1 miliardo di persone come noi sono alla fame e solo chi l’ha patita sa cosa significhi! Occorre prevedere le nostre necessità future anche mediante la costituzione di nuove e migliori varietà ed ibridi di piante alimentari. Diciamolo chiaramente ai nostri Concittadini ed anche, in particolare, agli attuali Responsabili della gestione del nostro Paese, anche se temporanei. Alessandro Bozzini