1 ANNO IN 10 IMMAGINI Gennaio 2016 Con “1 anno in 10 immagini” SYZ Asset Management presenta una panoramica annuo dell’attività economica mondiale. Visto che un’immagine può valere più di mille parole, selezioniamo 10 grafici che presentano i dati più significativi dell’attualità economica e finanziaria del anno precedente, corredati da un breve commento esplicativo. Index 1. Politica monetaria: la Fed in controtendenza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2. USA: l’industria crolla, ma i servizi sostengono la crescita. . . . . . . . . . . . . . . . . 2 3. Eurozona: la tanto attesa ripresa ciclica si è manifestata. . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 4. Giappone: crescita economica erratica, crescita dei profitti eccellente . . . . . . 3 5. Il Brasile sprofonda nella recessione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 6. Deflazione: la Cina esporta la sua deflazione negli Stati Uniti. . . . . . . . . . . . . . 4 Pubblicazione curata dal team Ricerca e analisi Autori: Adrien Pichoud, Chief Economist Wanda Mottu, Senior Analyst Maurice Harari, Analyst SYZ Asset Management (Suisse) SA Tel. +41 (0)58 799 19 05 [email protected] 7. Materie prime: la Cina responsabile della crisi sul mercato dell’acciaio . . . . . 4 8. Materie prime: il prezzo del petrolio continua a crollare nel 2015. . . . . . . . . . 5 9. Debito americano: le banche centrali hanno venduto nel 2015. . . . . . . . . . . . . 5 10. Valute: apprezzamento del dollaro e crollo delle valute emergenti . . . . . . . . . 6 1. Politica monetaria: la Fed in controtendenza –– Il 16 dicembre 2015, la banca centrale americana ha aumentato il tasso dei Fed Fund di 25 pb, mettendo la parola fine, dopo sette anni, alla politica di tassi zero. Questo incremento era a tal punto previsto che non ha quasi sortito alcun effetto sui mercati. Tuttavia, ha confermato la divergenza tra la Fed e le altre grandi banche centrali che, nell’anno appena trascorso, avevano nuovamente allentato le rispettive politiche monetarie. –– Difatti, nel 2015 la BCE ha lanciato un programma di Quantitative Easing e accentuato ulteriormente il tasso negativo al quale “remunera” il denaro che le banche depositano nei suoi conti. La BNS ha deciso di abolire il limite di cambio euro/franco svizzero e, subito dopo, ha abbassato il tasso Libor a 3 mesi al -0,75%. In Cina, la PBoC ha tagliato, a più riprese, il proprio tasso ufficiale, fino a portarlo al minimo storico. La “Bank of Japan” è stata l’unica a non aver annunciato nuove misure significative, ma occorre tuttavia notare che, negli ultimi due anni, era stata particolarmente attiva… –– In sintesi, la Fed ha proceduto a fine 2015 a una stretta delle condizioni monetarie, in controtendenza con gli altri istituti. Questa posizione opposta, giustificata dalle diverse condizioni di crescita tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, è tuttavia una novità e solleva dubbi sull’impatto che potrà effettivamente produrre, oltre al rafforzamento del dollaro USA che si è, oltretutto, già manifestato. Tassi ufficiali delle banche centrali dal 2008 4 8 3.5 7 3 6 2.5 5 2 4 1.5 3 1 2 0.5 1 0 0 -0.5 -1 2008 -1 -2 2009 2010 2011 FED FUND ECB DEPOSIT PBoC 1Y LENDING RATE 2012 2013 2014 2015 2016 ECB REFI SNB 3M LIBOR TARGET Source: SYZ AM, Bloomberg 1 1 ANNO IN 10 IMMAGINI Gennaio 2016 2. USA: l’industria crolla, ma i servizi sostengono la crescita –– Nel 2015, l’economia americana dovrebbe registrare una crescita del 2,1%, in linea con la crescita media degli ultimi cinque anni. Tuttavia, l’anno appena trascorso è stato segnato da un fenomeno insolito, ossia la crescente divergenza tra industria e servizi. –– La causa di questa divergenza è facilmente identificabile nel contesto macroeconomico: il crollo dei prezzi del petrolio, che ha imposto una battuta d’arresto al settore energetico, e l’apprezzamento del biglietto verde, che ha pesato sulla competitività delle aziende esportatrici o sottoposte alla concorrenza estera, hanno avuto un impatto estremamente deleterio sul settore industriale. Per tale motivo, l’indice ISM per l’industria manifatturiera ha subito un netto calo nel 2015, raggiungendo a fine anno un livello di contrazione dell’attività. Al contempo, il suo omonimo per il settore dei servizi è rimasto elevato toccando, durante l’estate, il massimo storico degli ultimi 10 anni. I servizi hanno beneficiato della dinamicità dei consumi, sostenuti da un tasso di disoccupazione ridotto, prezzi dell’energia in flessione e condizioni di credito sempre molto favorevoli. Indice ISM manifatturiero e non manifatturiero 65 60 55 50 45 40 35 97 98 99 00 01 02 US ISM MANUFACTURING US ISM NON MANUFACTURING 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 Source: Thomson Reuters Datastrea –– Tenendo conto della netta supremazia dei servizi nel PIL americano (circa l’80% rispetto al 12% dell’industria manifatturiera), la divergenza osservata nel 2015 non ha impedito all’economia di continuare a crescere. Inoltre, le condizioni favorevoli ai consumi e ai servizi dovrebbero confermarsi anche nel 2016. Tuttavia, occorre ricordare che, in passato, le rare volte in cui si è assistito a una tale discrepanza tra industria e servizi, hanno falto seguito da una recessione o un forte rallentamento della crescita… 3. Eurozona: la tanto attesa ripresa ciclica si è manifestata –– Per l’eurozona, il 2015 sarà ricordato come l’anno del ritorno alla crescita, dopo due recessioni in sei anni. La crescita del PIL dovrebbe essere prossima al 2% (dopo il +0,8% del 2014), grazie alla concomitanza di molteplici elementi favorevoli che hanno sostenuto una ripresa economica a lungo attesa. Eurozona: indice del sentiment economico nelle quattro principali economie e variazione annua del PIL –– L’allentamento a tutto campo della politica monetaria attuato dalla BCE ha senz’altro contribuito a questa ripresa. Misure come il programma di stimolo del credito bancario e i tassi negativi a partire dall’estate del 2014, o il programma di acquisto di titoli di Stato varato a inizio 2015, hanno permesso di rilanciare la crescita del credito, ma anche di far scendere l’euro, sostenendo in tal modo sia la domanda interna che le esportazioni. Anche i consumi hanno tratto giovamento dalla conclusione della cura a base di austerità di bilancio imposta tra il 2011 e il 2014, che ha cessato di pesare sul potere di acquisto delle famiglie. Il crollo dei prezzi dell’energia ha infine rafforzato la dinamica interna. –– La ripresa è stata particolarmente marcata per l’economia italiana. Se nel 2014 l’Italia era l’unico paese dell’eurozona con una crescita negativa, a fine 2015 evidenzia la dinamica più solida. L’economia spagnola ha mantenuto lo slancio del 2014, mentre la Germania ha fatto affidamento su una domanda interna in aumento e sulle maggiori esportazioni verso gli altri paesi dell’eurozona, che hanno compensato la flessione della domanda proveniente dall’Asia. Anche l’economia francese, fino ad allora in ritardo rispetto al miglioramento europeo, ha chiuso con una crescita superiore all’1%. Questa tendenza dovrebbe inoltre mantenersi, poiché i fattori favorevoli che si sono manifestati nel 2015 saranno in gran parte presenti anche nel 2016. 2 1 ANNO IN 10 IMMAGINI Gennaio 2016 4. Giappone: crescita economica erratica, crescita dei profitti eccellente –– La revisione positiva del PIL nel 3° trimestre del 2015 ha risparmiato all’economia giapponese la quinta recessione in otto anni… Questo non significa che la crescita reale del paese del sol levante stenti a decollare, nonostante il sostegno di una politica monetaria ultra-espansionistica (e forse, in parte, a causa di una politica di bilancio restrittiva introdotta dal 2014). Il livello assoluto del PIL reale a fine 2015 non ha superato il picco fatto registrare a inizio 2008… –– La borsa nipponica ha tuttavia evidenziato, negli ultimi tre anni, una delle migliori performance tra i grandi mercati azionari mondiali, sospinta dalla crescita degli utili delle aziende. Per quanto il deprezzamento dello yen abbia avuto un impatto benefico sui risultati delle società esportatrici, non è l’unico fattore di questa dinamica positiva. La riorganizzazione delle attività delle società quotate verso i poli di dinamismo (grandi città) e, in determinati settori, una “pricing power” ritrovata grazie al calo dell’eccesso di capacità produttiva hanno prodotto un sensibile aumento della redditività. PIL reale ed EBITDA delle società giapponesi quotate 123 260 120 240 220 115 200 180 110 160 140 105 120 100 100 97 80 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 JAPAN REAL GDP (100= 01.01.98) JAPAN EQUITY MARKET EBITDA (100= 01.01.98)(R.H.SCALE) 10 11 12 13 14 15 Source: Thomson Reuters Datastrea –– Pertanto, malgrado un andamento erratico del PIL e dell’economia nel suo complesso, le aziende nipponiche sono riuscite a migliorare notevolmente i propri risultati, grazie a una combinazione di elementi interni e di evoluzione favorevole della valuta. Questo ha contribuito a rendere la borsa giapponese uno dei migliori mercati mondiali anche nel 2015 (+9,9% in valuta locale). 5. Il Brasile sprofonda nella recessione –– L’economia brasiliana ha continuato a sprofondare in una delle più gravi crisi politico-economiche della sua storia. La popolarità di Dilma Rousseff e del suo partito è crollata, influendo negativamente sui vari indicatori che misurano la fiducia dei consumatori e delle aziende, nonché su quelli del settore manifatturiero. Di conseguenza, nei prossimi mesi la domanda interna resterà, senza dubbio, sotto pressione. –– L’economia brasiliana ha attraversato, nel 2015, una profonda recessione; il nuovo probabile calo del PIL nel 4° trimestre si aggiungerà a quelli registrati nei tre trimestri precedenti (-0,7%, -2,1% e -1,7%). Questa situazione mina ulteriormente la salute delle finanze pubbliche, già compromesse dallo scandalo Petrobras. –– Il Brasile sembra essere caduto in una spirale negativa. L’unica via d’uscita potrebbe essere un avvicendamento a livello di governance economica e politica. Andamento del PIL brasiliano su base annua e trimestrale 10 10 8 8 6 6 4 4 2 2 0 0 -2 -2 -4 -4 -5 00 01 02 03 04 05 BRAZIL - GDP YoY %(R.H.SCALE) BRAZIL - GDP QoQ % -5 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 Source: Thomson Reuters Datastrea 3 1 ANNO IN 10 IMMAGINI Gennaio 2016 6. Deflazione: la Cina esporta la sua deflazione negli Stati Uniti 6% 4% 2% 0% -2% 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 –– Sebbene il calo dei prezzi delle importazioni sia ancora lontano dai livelli raggiunti in seguito alla crisi del 2008, la tendenza attuale resta preoccupante. La variazione annua a fine 2015 è risultata inferiore al 2013 e il rallentamento globale della crescita non lascia attualmente intravedere una ripresa della domanda di materie prime sufficiente per smaltire l’eccesso di scorte. 2007 -4% 2006 –– Per quanto la Cina sia uno dei principali produttori di materie prime (in particolare metalli di base e petrolio), il rallentamento della domanda interna, unito all’aumento esponenziale della produzione, ha spinto il paese a incrementare le forniture di prodotti petroliferi e acciaio all’estero. Inondando un mercato mondiale già saturo con un’offerta eccessiva di materie prime, il paese tenta in questo modo di trasferire il suo problema di deflazione. Di conseguenza, dopo essere stati interessati da una debole inflazione, gli Stati Uniti sembrano nuovamente minacciati dalla deflazione, questa volta proveniente direttamente dalla Cina. Andamento dell’indice USA dei prezzi delle importazioni provenienti dalla Cina 2005 –– I timori che la Cina esportasse la sua deflazione si sono concretizzati nel 2015 e gli Stati Uniti ne hanno subito le conseguenze importando materie prime. Difatti, la variazione annua dell’indice USA dei prezzi delle importazioni provenienti dal Celeste Impero ha continuato a scendere, sino a toccare a fine novembre 2015 -1,5%. Source: Bloomberg/SYZ AM 7. Materie prime: la Cina responsabile della crisi sul mercato dell’acciaio –– Affermare che il 2015 sia stato un anno complesso per le materie prime è un eufemismo. La crisi che ha interessato il mercato petrolifero ne è un esempio, ma anche quella che ha colpito l’acciaio, più “riservata” rispetto alla precedente, non è stata da meno. Le tensioni su questo mercato si sono intensificate e, ancora una volta, è la Cina la responsabile di queste turbolenze. –– Principale produttore ed esportare di acciaio e suoi derivati, la Cina ha dovuto fronteggiare un calo della domanda interna e una produzione che ha continuato a ritmi elevati. Per smaltire questo eccesso di produzione e sbarazzarsi delle sue scorte, il paese ha rivolto il proprio sguardo all’estero. Le esportazioni della Cina sono aumentate, mentre i prezzi sono crollati in tutto il mondo, suscitando ira e preoccupazione negli altri paesi produttori, incapaci di far fronte comune anche nei rispettivi mercati nazionali. Stati Uniti, India, Gran Bretagna e da ultimo il Sudafrica si sono dimostrati pronti ad agire con l’attuazione di leggi anti-dumping (introduzione di dazi). Andamento delle esportazioni cinesi di acciaio e indice delle materie prime 200 12000 180 10000 160 8000 140 120 6000 100 4000 80 60 2010 2000 2011 2012 2013 2014 2015 Bloomberg Commodities Index (lhs) Chinese steel exports (volume in metric tons) (rhs) Source: Bloomberg/SYZ AM –– Il rallentamento della crescita cinese e le sue conseguenze sono stati alla base dei timori che hanno contraddistinto i mercati nel 2015, timori che rischiano di perdurare anche per questo anno. Lo spettro di una guerra degli scambi, alla pari di quello di una guerra dei cambi, non può essere del tutto trascurato. 4 1 ANNO IN 10 IMMAGINI Gennaio 2016 8. Materie prime: il prezzo del petrolio continua a crollare nel 2015 –– Nel 2015, le quotazioni del greggio sono tornate a scendere, con un crollo dei prezzi pari a -31% per il WTI e -36% per il barile di Brent. Il calo del prezzo del greggio è in parte spiegabile con un’offerta eccessiva e con l’apprezzamento del dollaro. –– Difatti, l’OPEC ha, fino ad ora, rifiutato di adeguare i livelli di produzione, malgrado le insistenti richieste di alcuni paesi membri di procedere in tal senso per aumentare i prezzi. La politica dell’Arabia Saudita, il maggiore produttore di petrolio dell’organizzazione, è chiara: non ridurrà la produzione e si dichiara pronta a sostenere un ulteriore calo dei prezzi per difendere le sue quote sul mercato petrolifero mondiale (soprattutto dal petrolio russo e americano). Per quanto concerne la domanda, il rallentamento economico della Cina continua a pesare sulle quotazioni, alla pari dell’elevato livello globale di riserve petrolifere. –– Nell’attuale contesto, è difficile prevedere l’andamento delle quotazioni dell’oro nero nei prossimi mesi. Il timore che questa guerra dei prezzi prosegua anche nel 2016 è ancora ampiamente presente sui mercati, soprattutto con il potenziale intensificarsi delle tensioni tra Iran e Arabia Saudita. Andamento del prezzo dell’energia 220 70 210 65 200 60 190 55 180 170 50 160 45 150 40 140 35 130 120 30 JAN FEB MAR APR MAY S&P GSCI Energy Spot - PRICE INDEX BRENT(R.H.SCALE) JUN JUL AUG WTI(R.H.SCALE) SEP OCT NOV DEC Source: Thomson Reuters Datastrea 9. Debito americano: le banche centrali hanno venduto nel 2015 billions $ 700 600 500 400 300 200 100 (100) (200) Private sector Central Banks 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 (300) 2004 –– Quest’anno le vendite di Cina e Giappone, i due principali possessori stranieri di buoni del Tesoro, sono state notevoli, alle quali si devono ancora aggiungere quelle di Russia e Norvegia. Per quanto un tale movimento abbia fatto temere una marcata risalita dei tassi di rifinanziamento del debito americano, la solida domanda di determinate banche centrali (in particolare l’India) e del settore privato (+168 miliardi di USD da ottobre 2014 allo stesso mese del 2015) ha permesso di mantenere i rendimenti relativamente stabili e a livelli ridotti. Acquisti dall’estero di buoni del Tesoro americano a medio e lungo termine (somma annuale) 2003 –– Sebbene negli ultimi 10 anni le banche centrali abbiano ricoperto, a livello globale, il ruolo di acquirenti di buoni del Tesoro americano, il 2015 è stato segnato da un’inversione di tendenza. Difatti, le banche centrali di tutto il mondo hanno, in gran parte dei casi, liquidato una quota considerevole delle posizioni in tali titoli. Pertanto, da ottobre 2014 a ottobre 2015, le vendite hanno raggiunto 206 miliardi di dollari, una posizione di vendita netta osservata per l’intero anno appena conclusosi a partire da marzo. Source: Bloomberg/SYZ AM –– È tuttavia lecito chiedersi quale sarà l’impatto se la PBOC continuerà a incrementare le vendite per sostenere la propria economia, in un contesto in cui i timori che circondano la Cina persistono e i flussi di capitali in uscita restano elevati. 5 1 ANNO IN 10 IMMAGINI Gennaio 2016 10. Valute: apprezzamento del dollaro e crollo delle valute emergenti –– Sul mercato delle valute, il 2015 è stato segnato dal vigore del dollaro. L’attesa anticipazione di un primo aumento dei tassi da parte della Fed dopo 10 anni, da un lato, e le crescenti difficoltà delle monete emergenti legate alle materie prime, dall’altro, hanno causato, rispettivamente, l’apprezzamento del dollaro e l’indebolimento delle valute emergenti. Inoltre, in Cina lo yuan ha perso il 4% rispetto al biglietto verde nel 2015, uno dei deprezzamenti più elevati fatto registrare dalla moneta cinese rispetto al dollaro. –– Lo ‘‘US Dollar Index’’, indice che misura l’andamento del dollaro rispetto a un paniere di valute, ha offerto un rialzo di oltre il 9% nel 2015, raggiungendo il massimo storico da inizio 2006. Le cause di questo movimento sono riconducibili sia al miglioramento dell’economia americana sia alla crescente divergenza tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, in termini di crescita e di prospettive di politica monetaria. –– Il biglietto verde ha inoltre beneficiato del suo stato di valore rifugio, in un contesto di tensioni politiche / economiche (ad esempio in Brasile e in Russia) e di timori per le ripercussioni che potrà avere il calo dei prezzi del petrolio (Brent -36% nel 2015) su alcune economie emergenti. Le valute emergenti dei paesi produttori di materie prime hanno evidenziato perdite di -14% per il MXN, -18% per il RUB, -25% per lo ZAR e -32% per il BRL. Performance del dollaro nel 2015 rispetto alle valute emergenti e US Dollar index 160 150 140 130 120 110 100 90 80 JAN FEB MAR US DOLLAR INDEX USD/CNY USD/IDR USD/RUB APR MAY JUN JUL AUG USD/TRY USD/ZAR USD/BRL USD/MXN SEP OCT NOV DEC Source: Thomson Reuters Datastrea –– Infine, l’aumento dei tassi negli Stati Uniti attuato a fine anno potrebbe dare respiro ad alcune economie emergenti, che potranno in tal modo orientare meglio la propria politica monetaria e portare a termine le riforme (ad esempio l’India) in uno scenario meno incerto. 6 La presente pubblicazione è rivolta esclusivamente ai clienti e controparti professionali o istituzionali. Non è destinata alla distribuzione o all’uso da parte di clienti al dettaglio o di qualsiasi persona o organismo che sia cittadino, residente o abbia la propria sede in qualsiasi territorio, stato, paese o altra giurisdizione nella quale la distribuzione, pubblicazione, disponibilità o uso di tali informazioni sia contrario alla legge o alla regolamentazione. La presente pubblicazione è rilasciata esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo un documento contrattuale, un’offerta o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di prodotti d’investimento o di altra natura finanziaria. Le analisi sviluppate nella presente pubblicazione sono fondate su varie ipotesi. La formulazione di ipotesi diverse può tradursi con risultati sostanzialmente diversi. Le opinioni espresse sono pertinenti esclusivamente alla data della pubblicazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri. 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