Le Galassie: la Via Lattea e la materia oscura La Via Lattea La Via Lattea La Via Lattea (All Sky) Ottico (~4000-7000 Å) Infrarosso (~1-4 μm) La Via Lattea La Via Lattea La struttura descritta per le galassia a spirale è la stessa della nostra galassia, la Via Lattea (Milky Way). La sua forma in cielo è dovuta al fatto che il Sole si trova all’interno del disco della nostra galassia, per cui la striscia luminosa in cielo (Via Lattea) rappresenta proprio il disco di stelle visto dall’interno. Galileo fu il primo a rendersi conto che la Via Lattea è costituita da “innumerevoli stelle”. Da immagini a tutto cielo (all sky) nella banda visibile è difficile distinguere il disco ed il bulge della nostra galassia a causa delle nubi molecolari nel disco, la cui polvere oscura la luce delle stelle sullo sfondo. La struttura della nostra galassia è invece ben evidente quando si osservano immagini a lunghezze d’onda più lunghe, come quelle nel vicino IR. Una quantità fisica fondamentale per capire la struttura della nostra galassia è la distanza del Sole dal centro galattico che vale R = 8.0 ± 0.5 kpc e si ottiene, per esempio, trovando il centro della distribuzione di ammassi globulari oppure dallo studio delle orbite delle stelle nel centro galattico. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 6 La Via Lattea Il gas, la polvere e le stelle nei dischi delle galassie a spirale ruotano con orbite circolari; in realtà hanno due componenti della velocità, una di moto circolare uniforme attorno al centro della galassia (dominante), ed una di moto caotico. Dai moti propri e dalle velocità radiali delle stelle in prossimità del Sole è stato possibile stimare la velocità di rotazione del Sole attorno al centro galattico, che risulta essere V = 220 km s 1 il periodo orbitale è pertanto 2 R ⇥ = V 8 ⇠ 2 ⇥ 10 yr Nel caso di una distribuzione sferica di massa abbiamo visto che la velocità di rotazione circolare è GM (R) V (R) = R 2 A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 7 La Via Lattea Da cui si ottiene la massa racchiusa entro il raggio dell’orbita solare V2R M( R ) = G ricordando che 8 kpc ⇥ (220 km s 1 )2 44 11 = ' 18 ⇥ 10 g ⇡ 10 M 8 6.7 ⇥ 10 cgs 1 kpc = 3.1 ⇥ 1021 cm Benché la distribuzione di massa della Via Lattea sia fortemente non sferica (è a disco) questa è un’ottima approssimazione del valore della massa della galassia contenuta tra il Sole ed il centro galattico. Circa la metà di questa massa è in stelle, la cui massa tipica è 0.5 M⊙. Pertanto ci sono circa 0.5 ⇥ 1011 M N? ' 0.5 M = 1011 stelle all’interno dell’orbita solare. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 8 Il disco galattico Il disco galattico ha una distribuzione di massa che decade esponenzialmente sia a partire dal centro della nostra galassia, sia a partire dal piano mediano del disco Z (r, z) = 0e r/rd e |z|/hd La lunghezza scala del disco è rd = 3.5 ± 0.5 kpc r z Y X quindi il Sole, con R⊙ = 8 kpc, si trova ad oltre 2 raggi scala dal centro, cioè nella zona esterna della galassia. Lo spessore caratteristico del disco è hd = 330 pc per le stelle di piccola massa (più vecchie) hd = 160 pc per gas, polvere e stelle di grande massa (più giovani). Il Sole si trova a z=30 pc dal piano del disco. La massa del disco entro rd è Mdisk (rd ) ⇠ 1010 M quasi tutta in stelle. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 9 Il disco galattico Se la massa tipica delle stelle è M~0.5 M⊙, ci sono 2×1010 stelle con una densità media n̄stelle 2 ⇥ 1010 ⇠ ⇠ 1 pc 2 (3500 pc) ⇥ 2 ⇥ 330 pc area disco 3 spessore La distanza media tra le stelle è (vedi prima lezione) d¯ ⇠ n̄ 1/3 ⇠ 1 pc Se σ è la sezione d’urto per collisione tra stelle, il cammino libero medio è 1 l= n̄ Consideriamo inizialmente σ come la sezione d’urto geometrica per l’urto tra due stelle di tipo Sole. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 10 Il disco galattico b è il parametro di impatto. L’urto si ha se b ≤ 2 r⊙, per cui la sezione d’urto geometrica è 2 ⇥geom = b = (2r ) v? b 2 Ci interessa calcolare il tempo medio che intercorre tra una collisione ed un’altra, ovvero ⇥coll l 1 = = v v n̄ geom Cosa usare per la velocità? Chiaramente, non la velocità circolare perché se le stelle avessero solo la componente di rotazione ordinata circolare non colliderebbero. La componente di velocità caotica (disordinata) delle stelle nel disco è tipicamente v? ⇠ 20 km s A. Marconi 1 Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 11 Il disco galattico allora 3 n̄ ⇠ 1 pc = 3 ⇥ 10 v? = 20 km s 1 2 ⇥geom = (2 R ) = 56 10 ⇥coll = v n̄ geom 2 22 ⇥ (2 ⇥ 7 ⇥ 10 cm) ' 6.2 ⇥ 10 cm ovvero 1 cm 3 2 ⇠ 2 ⇥ 1026 s = 7 ⇥ 1018 yr ⇠ 5 ⇥ 108 TU niv poiché l’età dell’Universo è TU niv = 13.5 Gyr Gran parte delle stelle non collide mai (come avevamo già visto prima)! Infatti, la probabilità di aver avuto una collisione in TUniv è P ⇠ TU niv coll ⇠ 2 ⇥ 10 9 Nella galassia ci sono ~1011 stelle, per cui il numero medio di collisioni in TUniv è Ncoll = P ⇥ Nstar ⇠ 2 ⇥ 10 A. Marconi 9 ⇥ 1011 ⇠ 200 Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 12 Il disco galattico In realtà abbiamo sottostimato la sezione d’urto, poiché abbiamo considerato solo quella geometrica. In realtà l’urto avviene grazie all’interazione gravitazionale. Consideriamo una massa puntiforme m. Il massimo parametro di impatto b si avrà quando m passa radente alla superficie di M, dove avrà velocità vmax. Dalla conservazione dell’energia E 1 1 2 2 mv = mvmax 2 2 m v? b b r M GM m r La velocità di fuga dalla superficie di M si ha per E=0 ovvero da cui si ottiene 2 2 2 v = vmax A. Marconi vf2 GM =2 r vf Dalla conservazione del momento angolare ovvero vmax 2 v vmax r f b= =r 1+ 2 v v !1/2 v b = vmax r Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 13 Il disco galattico Infine si ha ⇥ = (2b)2 = (2r)2 vf2 1+ 2 v ! = ⇥geom vf2 1+ 2 v ! abbiamo quindi trovato un fattore correttivo dovuto all’interazione gravitazionale che aumenta la sezione d’urtro rispetto al semplice caso geometrico. 1 La velocità di fuga dalla superficie del Sole è vf ' 620 km s per cui = geom " 1+ ✓ 620 km s 20 km s # ◆ 2 1 1 ⇡ 1000 geom molto più grande rispetto a prima ma comunque il tempo medio tra le collisioni diminuisce “solo” di un fattore 1000 e coll ⇠ 5 ⇥ 105 TU niv Tuttavia, nelle zone centrali della galassia dove la densità di stelle è molto più alta, la probabilità di collisione diviene significativa. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 14 Lo Sferoide Lo sferoide (bulge) della nostra galassia è appunto una distribuzione sferoidale di stelle con densità e dimensioni tipiche (r) ⇠ r 3 rbul ⇠ 1 kpc Esiste poi uno sferoide di gas e stelle detto alone (halo) che ha un simile andamento della densità ma è esteso fino a rhalo ⇠ 50 kpc Come detto le stelle nello sferoide e nell’alone sono di popolazione II ovvero stelle che si sono formate nelle prime fasi di formazione della Via Lattea (età > 12 Gyr, metallicità basse). Al contrario, le stelle nelle disco della Via Lattea sono stelle che si sono formate successivamente e costituiscono la popolazione I (età < 10 Gyr, metallicità alta tipo Sole). A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 15 Il Gruppo Locale La Via Lattea è membro di una gruppo di > 30 galassie in interazione gravitazionale. Il Gruppo Locale è composto da: due spirali giganti la Via Lattea; M31 (Andromeda); una spirale più piccola M33 (la galassia a Triangolo); il resto sono ellittiche nane e irregolari. A. Marconi Andromeda e la Via Lattea sono circondate da nubi di galassie satelliti. Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 16 Andromeda e i suoi satelliti Andromeda diametro del disco ~70 kpc; M110 massa ~3×1011 M⊙. Satelliti M31 M32 ellittica nana; diametro ~ 3 kpc; massa ~3×109 M⊙. M110 sferoidale nana; diametro ~ 6 kpc; M32 massa <15×109 M⊙. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 17 Le curve di rotazione delle spirali Consideriamo una galassia a spirale (a disco) e misuriamo le velocità lungo la linea di vista in vari punti del disco, sfruttando l’effetto Doppler sulle righe di emissione del gas o di assorbimento delle stelle (per esempio, Hα da regioni HII oppure riga a 21 cm da nubi HI). Nell’approssimazione di disco sottile e in rotazione circolare è possibile correggere per gli effetti di proiezione geometrica (ovvero per il fatto che vediamo solo la componente della velocità lungo la linea di vista) e risalire alla velocità di rotazione media in funzione del raggio V=V(R); tale funzione è detta curva di rotazione. A. Marconi Curve di rotazione di galassie a spirale Ottico (HII) Radio (HI) Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 18 Curve di rotazione Raggio R Velocità di rotazione V F v= oss ✓ oss lab ◆ 1 c Si misura punto per punto la velocità di rotazione del disco tramite l’effetto Doppler, si corregge per gli effetti di proiezione geometrica e si determina la curva di rotazione. La curva di rotazione della Via Lattea Nel caso della nostra galassia è più molto più complesso ottenere la curva di rotazione proprio perché ci troviamo all’interno e la correzione per la proiezione geometrica è molto più difficile. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 20 Le curve di rotazione delle spirali Un risultato notevole è che le curve di rotazione diventano piatte a grandi distanze dal centro ovvero V (R) ⇠ cost. questo vale fino a dove si riesce a vedere emissione HI del gas, ben oltre la regione dove ci sono le stelle. Immagine ottica (stelle) A. Marconi Immagine radio (HI) Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 21 Le curve di rotazione delle spirali La curva di rotazione V(R) dipende dalla massa contenuta all’interno dell’orbita di raggio R ovvero, per rotazione circolare, d GM (R) Vc (R) = R ⇠ 102 dr R 2 Chapter 2: Potential Si è usato il simbolo ~ per indicare che quella relazione è esatta solo [G MTOT/R]1/2 nel caso in cui la distribuzione di massa sia sferica, e non a disco come nel caso delle spirali. La V(R) soluzione esatta si può trovare 1/2 [G M(R)/R] analiticamente per una distribuzione esponenziale di densità in un disco sottile applicando l’equazione di Poisson; è una combinazione di funzioni di Bessel nella variabile R/2Rd che però non è troppo diversa dal caso sferico. Figure 2.17 The circular-speed curves of: an exponential disk (full curve); a p A. Marconi the same total mass (dotted curve); the spherical body for which M (r) is given by (2.166) (dashed curve). Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 22 Le curve di rotazione delle spirali Assumiamo quindi di poter scrivere GM (R) V (R) ⇠ R 2 Se la distribuzione di massa seguisse la distribuzione di luce delle stelle ci aspetteremmo, oltre il raggio massimo R0 a cui si osservano stelle, M (R > R0 ) = M0 ⇠ cost. GM0 V (R) ⇠ 1/2 R ovvero una caduta “Kepleriana” della curva di rotazione. Tuttavia la velocità costante implica M (R) ⇠ R ovvero anche dove non ho più stelle (e la massa del gas che vedo in HI è trascurabile), la massa deve continuare a crescere. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 23 La materia oscura Questa discrepanza tra la curva di rotazione piatta, V(R)~cost., e la curva di rotazione Kepleriana attesa, V(R)~GM0/R0.5, è la prova dell’esistenza di massa rivelabile solo attraverso l’attrazione gravitazionale. Questo effetto si ritrova in tutte la galassie a spirale e costituisce la prova dell’esistenza della materia oscura, rivelabile sono gravitazionalmente. Il nome materia oscura indica il contrasto con la materia luminosa, ovvero quella che costituisce le stelle. Nella nostra galassia, il disco ha una densità (R) ⇠ e R/Rd con Rd ⇠ 3.5 kpc per cui gran parte della massa si trova entro ~2 Rd = 7 kpc, ovvero entro il raggio dell’orbita solare. Oltre l’orbita solare la velocità dovrebbe decrescere in modo Kepleriano; in realtà la curva di rotazione è piatta fino oltre 30 kpc (~10 Rd); dopo non sappiamo perché non c’è più gas per tracciare la curva di rotazione. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 24 La materia oscura Quanta materia oscura c’è nella nostra galassia? Abbiamo trovato che entro l’orbita solare (R⊙=8 kpc) M ( R ) ⇠ 1011 M e che questa costituisce quasi tutta la massa in stelle della galassia. A ~30 kpc dal centro (~4 R⊙) la velocità di rotazione è la stessa di quella alla distanza del Sole ovvero 4R V 2 R(30 kpc)V 2 M (30 kpc) ⇠ ⇠ ⇠ 4 M( R ) G G ~75% della nostra galassia è costituito da materia oscura. Questa materia oscura è distribuita con densità GM (R) V (R) ⇠ R 2 nella parte piatta A. Marconi M (R) ⇠ (R)R3 M (R) ⇠ R ovvero Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 (R) ⇠ R 2 25 L’alone oscuro La distribuzione di massa dell’alone ha una densità che decresce con R2; questa legge di densità è quella che si ha per una sfera isoterma autogravitante! A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 26 La natura della materia oscura Gas atomico HI emette a 21 cm molecolare emette righe molecolari (CO) ionizzato emette nei raggi X emette nell’Infrarosso, fatta metalli solo 2% materia. Polvere Massive Compact Halo Objects (MACHOs) Stelle Seq. Principale visibili Stelle Giganti visibili Stelle Neutroni Buchi Neri da Supernovae: dove i metalli? Solo 10% massa iniziale, resto? Nane Bianche arricchimento ISM, aloni rossi per giganti (precursori) nelle galassie. Nane Marroni e Pianeti da M~10-3 M⊙ a ~0.07 M⊙ = 70 MJ (soglia accensione fusione H) Introduzione al Lensing Gravitazionale La teoria della relatività generale prevede che anche la luce risenta della gravità, pertanto la presenza di una massa è in grado di “curvare” le traiettorie dei raggi luminosi. Un raggio di luce che attraversa una zone in cui c’è un gradiente di potenziale gravitazionale curverà verso la massa che lo genera. Anche il Sole è in grado di “curvare” le traiettorie dei fotoni: una verifica famosa di questo fatto avvenne nel 1919 (la relatività generale fu pubblicata nel 1915) quando si vide la deflessione dei raggi di una stella per il passaggio vicino al Sole (ovviamente durante una eclissi totale). posizione apparente traiettoria rettilinea posizione reale Sole A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 traiettoria deviata per effetto lente grav. 28 Introduzione al Lensing Gravitazionale α b M Assunzioni: il campo gravitazionale è debole anche alla minima distanza b 2GM Rs = c2 2GM ⌧1 2 bc b è molto minore di tutte le altre distanze in gioco (approssimazione di lente sottile) Nel caso classico, assumendo che la luce si comporti come la materia si può ottenere la deviazione come col calcolo degli urti tra stelle: 2Gm v= bv A. Marconi v 2Gm = v bv 2 v 2GM ↵= = v bc2 Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 v = c; m = M 29 Introduzione al Lensing Gravitazionale Facendo il calcolo con la metrica di Schwarzschild (con ds2 = 0) si ottiene invece un valore più grande di un fattore 2 4GM 2RS ↵= = 2 bc b Nel caso del Sole, per un passaggio radente al bordo b = R 2 ⇥ 3 ⇥ 105 cm ↵ = = 8.6 ⇥ 10 7 ⇥ 1010 cm 6 ' 105 RS rad = 1.8 arcsec Questo fu proprio quello che fu misurato da Sir Arthur Eddington (quello di LEdd) nel 1919 durante una eclissi di Sole e fu proprio il fattore 2 di differenza col caso classico spiegato dalla Relatività Generale che fece diventare Einstein una celebrità. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 30 Introduzione al Lensing Gravitazionale I “Einstein Ring” A α θE b S Sorgente β DLS L Lente θE DOL O Osservatore Immagine sul piano del cielo DOS Sorgente, Lente e Osservatore, sono allineati: solo i raggi con un parametro di impatto b ben preciso arriveranno da S a O; gli altri saranno deviati troppo o troppo poco. Tutti i raggi emessi con un dato angolo β arriveranno all’Osservatore: l’immagine vista dall’Osservatore sarà quella di un anello “Einstein ring” con raggio angolare θE 2GM Assunzione di campo debole comporta ⌧ 1 bc2 Approssimazione di lente sottile comporta b ⌧ DOL A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 4GM ↵= ⌧ 1 bc2 ✓E ⌧ 1 31 Introduzione al Lensing Gravitazionale Per cui possiamo scrivere b ⌧ DLS SI = ↵DLS = ✓E DOS 2 2 SA2 = DLS + b2 ⇡ DLS b = ✓E DOL Ricavando α e b e sostituendoli nell’espressione della deflessione gravitazionale ✓E DOS 4GM 4GM = ↵= DLS ✓E DOL c2 bc2 ✓ ◆1/2 4GM DLS Angolo di Einstein che determina la ✓E = scala angolare del problema. c2 DOL DOS Se prendiamo ad esempio una lente a metà strada tra osservatore e sorgente DLS/DOS ~ 0.5 si ottiene ✓E = 0.64 ⇥ 10 A. Marconi 3 arcsec ✓ M M ◆1/2 ✓ DOL 10 kpc Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 ◆ 1/2 32 Introduzione al Lensing Gravitazionale Una lente stellare a ~20 kpc creerà un anello di Einstein di circa 1 mas. Una lente stellare in una galassia a ~1 Gpc creerà un anello di Einstein di circa 1 μas, da cui il nome micro-lensing. Vediamo il caso più generale in cui la sorgente non è sull’asse ottico del sistema ma ad un angolo β da esso. ↵⌧1 C b ⌧ DOL ) ✓ ⌧ 1 α B Sorgente b L β θLente A S θ+ α′ D O Osservatore ⌧1 considerando i piccoli angoli: AB + BC = AC DLS DOL DOS A. Marconi <✓) DOS + DLS ↵ = DOS ✓ b = ✓DOL Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 33 Introduzione al Lensing Gravitazionale Da cui si ottiene: DLS ↵=✓ DOS =✓ ✓ 2 ✓ 2 ✓E =0 DLS 4GM =✓ 2 DOS c DOL ✓ con soluzioni 2 ✓E ✓ h i 1 basicastro4 October 2 26, 20062 1/2 ± ( + 4✓E ) ✓± = 2 Quindi ci saranno sempre due immagini lensate per una massa puntiforme eccetto che nel caso in cui la sorgente è sull’asse ottico quando ritroviamo la THE MILKY WAY AND OTHER GALAXIES soluzione ad anello con ✓ = ✓E Vediamo adesso come ci apparirà la sorgente sul cielo. Se non fosse lensata sottenderebbe un angolo γ relativamente alla lente ed avrebbe dimensione radiale dβ A. Marconi Figure 6.10 Schematic illustration showing the actual location on the sky Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 34of an Introduzione al Lensing Gravitazionale L’effetto di lensing sposta le immagini sul cielo in direzione radiale rispetto alla lente e quindi “allunga” le immagini tangenzialmente di un fattore ✓± = ✓± Questo rapporto può essere calcolato con l’espressione trovata per ✓± Al tempo stesso, la dimensione radiale può essere allungata o accorciata di un fattore d✓ d ± Per cui possiamo calcolare l’ingrandimento (magnification) ovvero le variazioni relative degli angoli solidi sotto cui è vista la sorgente sul piano del cielo ✓± d✓± ✓± 1± a± = = d 2 ( A. Marconi 2 2 )1/2 + 4✓E Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 35 Introduzione al Lensing Gravitazionale La brillanza superficiale è conservata dal lensing gravitazionale (che porta un maggior numero di “raggi” nella nostra direzione) per cui l’ingrandimento implica un’amplificazione ovvero l’immagina avrà un flusso apparente maggiore: F = I d ) (F )lensed = I ✓± d✓± Il microlensing avviene su scale dove le immagini individuali non possono essere risolte dai telescopi ottici, tuttavia si può misurare l’amplificazione totale relativamente all’angolo solido sotteso dalla sorgente non lensata ovvero u2 + 2 atot = a+ + a = u(u2 + 4)1/2 u= ✓E Quando u è grande, atot → 1 come ci si aspetta. Quando u =1 (cioè la sorgente è nel punto dove ci sarebbe l’Einstein ring) 3 atot (u = 1) = p = 1.34 5 1 Per piccoli u atot ⇠ u Per u=0, si avrebbe atot infinito ma questo non è possibile perchè ogni sorgente ha dimensioni finite e quindi non è possibile avere u=0 A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 36 Introduzione al Lensing Gravitazionale Adesso aggiungiamo al problema un moto trasversale la sorgente basicastro4 tra October 26, 2006 e la lente come visto dall’osservatore (questo moto può essere dovuto principalmente al moto dell’osservatore); per semplicità assumiamo un moto apparente rettilineo con v velocità nel piano della lente. L’angolo tra lente e sorgente156 adesso sarà una funzione del tempo (t) = 2 0 2 v + 2 (t Dol 1/2 t0 ) 2 Piano della lente con β0 angolo di avvicinamento minimo che avviene al tempo t0 si ha Figure 6.11 Relative motion on the sky of a lens (center, with its Einstein angl 1/2and a source that is projected behind it. Projected to the pl 2 cated) E vOL 0 lens, the source moves at a0constant transverse velocity in a straigh 0 approach β0 at time t0 . From the Pythagorean th an angle of closest E time dependence of the lens-source separation, β(t), is given by Eq. (t) (t t ) 2 u(t) = = u0 + ✓E ⌧ A. Marconi C u = ✓ Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 ✓ D ⌧= v 37 Introduzione al Lensing Gravitazionale Quindi l’ingrandimento totale è funzione del tempo e si ottiene sostituendo (t) (t t0 ) 2 u(t) = = u0 + ✓E ⌧ 2 1/2 u2 + 2 atot October = 26, 22006 1/2 in basicastro4 u(u + 4) poichè u è una funzione pari di (t-t0), atot(t) descrive una curva che è simmetrica rispetto a t0 che inizia finisce aGALAXIES tot(t)=1 con t=±∞ THE e MILKY WAY ANDper OTHER e arriva ad un valore massimo per t=t0 in un tempo scala di Einstein τ. Se si osserva una tale curva in un sorgente che è sottoposta a micorlensing transiente si possono dedurre dalla curva u0, t0 e τ. τ è funzione di v, θE, e DOL, e quindi di v, M, e DOL (supposto che la distanza della sorgente DOS sia nota). Dati v e DOL si può ricavare M, massa della lente, misurando τ. A. Marconi 157 Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 386.37, Figure 6.12 Theoretical microlensing curves, obtained by combining Eqns. 6.32 and Introduzione al Lensing Gravitazionale A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 39 Microlensing delle nubi di Magellano Osservazioni della nube di Magellano per cercare microlensing di stella della LMC (l = 50 kpc) da parte di oggetti di massa m nell’alone della galassia (MDM). Cerchiamo i MAssive Compact HAlo Objects (MACHOs) Nella LMC è possibile osservare molte stelle singolarmente. Densità di MACHOs (con massa m e massa totale MDM) tra noi e la LMC è M n= l S L O DM m 4/3⇡l3 Una stella della LMC sarà amplificata di fattore > 1.34 se si troverà entro un angolo di Einstein θE di un MACHOs. Possiamo quindi definire la sezione d’urto per il lensing per avere amplificazione > 1.34 4Gm DLS 2 = ⇡(✓E DOL ) = ⇡ 2 DOL c lDOL 2 Microlensing delle nubi di Magellano La probabilità che una lente sia attraversata da una linea di vista verso una stella della LMC è pertanto (con densità n(r) equivalente alla probabilità di trovare una lente) Plens = Z l 0 n(r) (r)dr ⇡ n l Sostituendo i valori di n e σ Plens MDM 4Gm DLS 2 ⇡ ⇡ 2 DOL l 3 m 4/3⇡l c lDOL assumendo che il tipico MACHO sia a metà strada tra noi e la LMC DLS ~ DOL ~ l/2 Plens 3GMDM 3 ⇣ v ⌘2 ⇡ = ⇠ 0.7 ⇥ 10 2 4lc 4 c 6 v = 220 km s 1 Quindi il numero di effetti di microlensing che ci aspettiamo dipende dalla velocità di rotazione del Sole! Ci aspettiamo ad ogni instante 1 evento di microlensing per ogni milione di stelle. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 41 Microlensing delle nubi di Magellano Un MACHO di massa m = 1 M☉ situato a mezza strada tra noi e la LMC avrebbe ✓E ⇠ 2 ⇥ 10 9 rad ⇠ 4 mas se la velocità è dovuta al moto del sole v ⇠ v = 220 km s 1 il tempo scala di attraversamento dell’anello di Einstein sarebbe quindi 2✓E DOL 4 ⇥ 10 9 rad ⇥ 25 kpc 7 ⌧ (1 M ) = = = 1.4 ⇥ 10 s ⇡ 6 mesi v 220 km s 1 Se invece avesse una massa pari a quella di Giove (brown dwarf) si avrebbe ⌧ (10 3 M ) ⇡ 6 giorni Negli anni ’90 è stato condotto un monitoraggio della grande nube di Magellano per rivelare questi eventi. Osservazioni regolari di 107 stelle della LMC per 5 anni. A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 42 Microlensing delle nubi di Magellano Se i MACHOS avessero massa solare ci aspetteremmo Neventi 1 = Plens ⇥ Nstelle ⇥ 5 anni ⇥ = 100 0.5 anni Se i MACHOS avessero massa di Giove ci aspetteremmo Neventi October 26, 2006 1 = Plens ⇥ Nstelle ⇥ 5 anni ⇥ = 2600 6 giorni basicastro4 Se l’alone non è fatto di MACHOs troveremmo ben pochi eventi. Dopo 7 anni di osservazioni di 10 160 milioni di stelle sono stati trovati solo 15 eventi con lenti di massa 0.1-1 M☉ rispetto ai 100 che ci saremmo attesi. Per cui la materia oscura dell’alone non è fatta di MACHOs che al più contribuiscono a pochi percento. Per concludere, si noti come il microlensing può essere usato per rivelare la presenza dei pianeti. A. Marconi CHAPTER Figure 6.14 Example of a microlensing event observed in the direction of the Galactic bulge Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 43 involving a foreground star that temporarily magnifies the light from a back La natura della materia oscura In conclusione, il numero di eventi attesi per l’esperimento da un punto di vista statistico nel caso in cui la materia oscura fosse costituita da MAssive Compact Halo Objects (MACHOs) era di ~100; ne sono stati rivelati 15 con massa 0.1-1 M☉, indicando come le nane marroni e gli altri resti stellari costituiscono, al più, il 15% della materia oscura. Oltre l’80% della materia oscura non può essere costituita da materia barionica (ovvero materia ordinaria fatta di protoni, neutroni ed elettroni). L’unica possibilità è che si tratti di materia non barionica. Si distingue tra: cold dark matter, costituita da particelle con v<<c (non relativistiche) hot dark matter, costituita da particelle relativistiche (es. i neutrini) Al momento la hot dark matter sembra potersi escludere perché non è in grado di spiegare la struttura osservata dell’universo. Esistono anche teorie alternative che spiegano la materia oscura come un effetto del cambiamento delle leggi della fisica (es. F=ma) in caso di basse accelerazioni; una di queste è la MOND (MOdified Newtonian Dynamics). A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 44 Natura della Materia Oscura Materia Oscura Barionica materia ordinaria fatta di protoni e neutroni Resti di stelle ?? (stelle neutroni, buchi neri) Non Barionica Cold Dark Matter (CDM) particelle con v≪c Hot Dark Matter (HDM) particelle con v≈c MACHOS (Massive Astrophysical Compact Halo Objects) WIMPS ?? (Weakly Interacting Massive Particles) Neutrini (ν) + ?? ~15% Ciò che resta < 3% A. Marconi Nane Brune Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 45 Modified Newtonian Dynamics (MOND) Una possibilità che è stata proposta è quella della MOND basata sulle seguenti considerazioni: accelerazione della Terra intorno al Sole a = V2/r = 0.6 cm s-2 accelerazione di Plutone attorno al Sole a = V2/R = 2 ×10-4 cm s-2 accelerazione del Sole attorno al centro galattico a = V2/R = 2 ×10-8 cm s-2 Già l’accelerazione del Sole attorno al centro galattico si trova in un regime di bassi valori non verificato direttamente con le osservazioni. E’ stato proposto che alle basse accelerazioni F=ma non valga più ma si abbia a2 F =m a0 a ⌧ a0 GM (R)m v2 allora sapendo che F = a= r2 r 1/4 si ottiene v = [GM (R) a0 ] ovvero se M(R)~cost. come dopo l’orbita del Sole, allora v~cost. come si osserva! MOND funziona bene per riprodurre le curve di rotazione delle spirali con 1 solo parametro a0 che vale a0 = 1 ⇥ 10 8 cm s 2 A. Marconi Introduzione all’Astrofisica 2015/2016 46