Programma - Società del Quartetto di Milano

STAGIONE 2007-2008
DELIRI
E ARMONIE
Martedi
29 gennaio 2008
ore 20.30
Sala Verdi
del Conservatorio
Ensemble
11
Nuovo Contrappunto
Mario Ancillotti direttore
Charo Martin cantaora di flamenco
Alma Fournier-Carballo voce bianca
Pierluigi Paulucci tenore
Massimo Di Stefano baritono
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Lodovico Barassi
Mathias Deichmann
Paolo Arcà
Con il patrocinio di
Con il contributo di
Con il patrocinio
e il contributo di
Con il contributo di
Sponsor istituzionali
Con la partecipazione di
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione
e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite, e che
l’ingresso in sala a concerto iniziato è possibile solo durante gli applausi, salvo
eccezioni consentite dagli artisti.
Ensemble Nuovo Contrappunto
Mario Ancillotti direttore
Charo Martin cantaora di flamenco
Alma Fournier-Carballo voce bianca
Pierluigi Paulucci tenore
Massimo Di Stefano baritono
Gabriele Giromella regia
Claude Debussy
(St. Germain-en-Laye 1862 – Parigi 1918)
Prélude à l’après-midi d’un faune
(trascrizione per ensemble di Benno Sachs, 1921)
Manuel de Falla
(Cadice 1876 – Alta Gracia, Argentina 1946)
El amor brujo
Gitaneria in un atto e due quadri su
libretto di María e Gregorio Martínez Sierra
Intervallo
El retablo de Maese Pedro
Adattazione musicale e scenica di un episodio di El ingenioso
Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes
Realizzato dagli allievi del Laboratorio Teatro di Figura dell'Accademia di Brera
Claude Debussy
Prélude à l’après-midi d’un faune
(trascrizione per ensemble di Benno Sachs, 1921)
Passati i trent’anni, la vita di Debussy rimaneva piuttosto incerta. «Quante cose
non so ancora fare! – scriveva il musicista, tra il serio e il faceto, a Ernest
Chausson nel 1893 – Ad esempio, dei capolavori; inoltre, non so essere realista,
ho il difetto d’idealizzare troppo la mia vita e di vedere la realtà solo nel momento in cui diventa insormontabile». Debussy sembrava ancora alla ricerca di un
linguaggio musicale adatto a esprimere il particolare mondo poetico che sentiva
dentro di sé. Aveva lasciato la casa dei genitori solo l’anno prima, adattandosi a
vivere in maniera indipendente con il poco che riusciva a guadagnare. In questi
anni frequentava in prevalenza scrittori e artisti, più che altri musicisti, partecipando in maniera saltuaria ai famosi martedì letterari in casa di Mallarmé.
Tra le opere del maestro del simbolismo, Debussy trovò il testo che recava in
seno un nuovo respiro musicale, l’egloga L’après-midi d’un faune (1876). In questa musica Debussy intendeva cogliere l’attimo indefinibile che precedeva la
parola del fauno, evocando il risveglio della sua sensualità alla vista delle ninfe
nel caldo meriggio estivo. Il primo verso del poemetto, peraltro, non lasciava
spazio a dubbi sul carattere erotico del monologo:
Ces nymphes, je les veux perpétuer.
Debussy aveva trovato nei versi di Mallarmé la miccia per accendere l’immaginazione e nel giro di un paio d’anni, tra il 1892 e il 1894, compose e rifinì con cura
la breve pagina sinfonica. L’esecuzione del Prélude avvenne il 22 dicembre 1894
alla Société Nationale de Musique di Parigi, con la direzione di Gustave Doret.
Sebbene non venisse salutata dall’ambiente musicale come un avvenimento, l’opera attirò l’attenzione del mondo musicale sul compositore, aprendo la strada
al lavoro culminante della prima fase della carriera di Debussy, Pelléas et
Mélisande.
Molti anni dopo, nel 1910, l’autore ricordava in una lettera allo scrittore
Georges Jean-Aubry, il quale per inciso fu anche il traduttore francese del
Retablo de Maese Pedro, la prima reazione del poeta: «Mallarmé venne a trovarmi, con un’aria fatidica e addobbato di un plaid scozzese. Ascoltò. Poi, dopo
un attimo di silenzio, mi disse: “Non mi aspettavo una cosa simile! La vostra
musica prolunga l’emozione del mio poema, l’ambientazione è resa in maniera
ancora più appassionata del colore”». Il poeta aggiunse anche dei versi di ringraziamento, dopo la prima esecuzione:
Sylvain d’haleine première
Si la flûte a réussi
Ouïs toute la lumière
Qu’y soufflera Debussy.
Silvano dal soffio audace
se il tuo flauto riuscì,
ascolta la grande luce
che vi soffiò Debussy.
Questa celebre pagina sinfonica poggia soprattutto su una sensibilità del tutto
particolare per la materia sonora, intuibile già dalla singolare e quasi eccentrica composizione dell’orchestra, formata da tre flauti, due oboi, due clarinetti,
quattro corni, due arpe e archi, molto spesso divisi e con sordine. Per questo
motivo risulta particolarmente interessante ascoltare la versione del Prélude
trascritta per un organico di soli 11 strumenti da Benno Sachs.
Nel 1918, a Vienna, Arnold Schönberg aveva fondato un’associazione privata di
concerti (Verein für musikalische Privataufführungen), allo scopo di divulgare
la musica degli autori contemporanei, che faticavano sempre di più a trovare
spazio all’interno dei programmi tradizionali. Non disponendo di risorse e animato da un fervore apostolico assai caratteristico della personalità del fondatore, il Verein presentò per alcune stagioni opere dei maggiori musicisti dell’epoca. Oltre ai lavori di musica da camera, venivano eseguite anche composizioni
per orchestra, in versioni preparate per l’organico a disposizione, secondo un
modello di diffusione musicale ancora legato al concetto ottocentesco di riduzione pianistica. Nell’autunno del 1921, poco prima che l’associazione si sciogliesse,
Schönberg aveva pregato Webern di occuparsi di due trascrizioni, Lied von der
Erde di Mahler e il Prélude di Debussy.
Il vecchio allievo però non ebbe tempo di portare a termine il compito e la musica di Debussy fu quindi arrangiata da un giovane studente di Schönberg, Benno
Sachs, in maniera molto apprezzabile e di particolare effetto.
Manuel de Falla
El amor brujo
Gitaneria in un atto e due quadri libretto di María e
Gregorio Martínez Sierra
El retablo de Maese Pedro
Adattazione musicale e scenica di un episodio di
El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel
de Cervantes
Una versione del Prélude à l’après-midi d’un faune orchestrata da Manuel de
Falla fu suonata nel novembre del 1925 al Teatro di San Fernando di Siviglia.
Non è l’unico punto di contatto tra i due musicisti, pur così differenti per carattere e stile di vita.
Il loro rapporto risaliva a prima ancora dell’arrivo di Falla a Parigi, nel 1907,
testimoniato da una cortese lettera di Debussy circa un arrangiamento per pianoforte della parte di arpa delle Danse sacrée et danse profane. Debussy manifestò in varie maniere la stima e la simpatia per il timido e orgoglioso musicista
spagnolo, aiutandolo a farsi conoscere e dispensando vari consigli professionali,
accuratamente raccolti da Falla in un quaderno di appunti.
Falla scriverà anche un toccante Homenaje in memoria di Claude Debussy, nel
1920, una Elegía de la guitarra, che evoca la musica di quella Spagna immaginaria tanto amata dal compositore di Ibéria.
Falla era però un autentico musicista spagnolo e la sua musica risentì in varie
maniere dei problemi legati alla complessa questione dell’identità culturale del
paese. La musica spagnola della prima metà del Novecento, compresa quella di
Falla, è stata a lungo considerata più che altro come un ammasso di cliché, incapace di esprimere altro che una sorta di “colore locale”, già inventato nei suoi
aspetti essenziali nel secolo precedente da autori russi come Glinka e RimskijKorsakov e dai grandi musicisti francesi. Soltanto negli ultimi anni, grazie anche
a una visione meno legata a un pregiudizio negativo verso i linguaggi artistici di
natura diversa rispetto all’estetica delle “avanguardie”, la figura di Falla è stata
studiata nel suo vero contesto storico e culturale, riconoscendo il valore della sua
presenza nella musica e nell’arte del suo tempo.
In realtà Falla costituisce una delle personalità più forti del modernismo spagnolo, che ha contribuito in maniera considerevole a definire il panorama della
cultura del Novecento. I rapporti di Falla con personaggi di grandezza assoluta
come Picasso, Federico García Lorca, i filosofi José Ortega y Gasset e Miguel de
Unamuno, conferiscono alla sua musica un respiro intellettuale nuovo e una
visione poetica di grande rilievo. L’andalucismo e il carattere vernacolare di
alcune pagine famose di Falla, come El amor brujo, nate da un amore autentico
per i popoli e i luoghi della sua terra, non possono essere relegate in una dimensione locale, quasi da cartolina turistica, perché il dramma contenuto nella loro
espressione idiomatica riguarda la nuda natura dell’anima umana e parla alla
coscienza di chiunque assista alla cupa vicenda di Candelas e dello spettro del
suo amante geloso. Tanto meno avrebbe senso ridurre una delle opere più felici
della seconda stagione parigina di Falla, come El retablo de Maese Pedro, tratto da un testo di valore universale come il Don Chisciotte della Mancia, a un
semplice divertissement di stampo neoclassico. Il teatro costituiva la dimensione fondamentale della musica di Falla, che non a caso scomparve senza riuscire
a terminare la sua massima utopia scenica, la cantata Atlántida, il lavoro sul
quale aveva speso in maniera ossessiva l’energie per vent’anni. Falla era nato
nel teatro di zarzuela e il linguaggio di quella forma minore e bastarda di spettacolo (il cosiddetto género chico) costituisce il retroterra di tutte le complesse
trasformazioni del suo stile, nutritosi nel corso del tempo di molteplici esperienze musicali e intellettuali.
Il primo soggiorno a Parigi, tra il 1907 e lo scoppio della Grande Guerra, rappresenta una tappa fondamentale della maturazione artistica di Falla. Poco prima
di lasciare Parigi, il musicista conobbe una coppia di scrittori, María e Gregorio
Martínez Sierra, destinati a segnare in maniera profonda il suo cammino teatrale. Tornato a Madrid all’inizio delle ostilità, Falla iniziò una collaborazione con i
Martínez Sierra, scrivendo le musiche per una serie di loro spettacoli allestiti al
Teatro Lara di Madrid. Gli studi hanno appurato che la maggior parte dei testi
erano in realtà opera di María, che firmava usando il nome del marito, un rapporto analogo a quello instauratosi tra la scrittrice Colette e Willy GauthierVillars. Il 15 aprile 1915, al Teatro Lara, veniva rappresentata una gitanería in
un atto e due quadri dal titolo El amor brujo. Il Lara era un teatro d’ispirazione liberale, dove si rappresentavano lavori degli autori più aperti allo stile
moderno, come Jacinto Benavista e Ramón del Valle-Inclán. La sala non aveva
una buca d’orchestra e Falla scrisse le musiche per un piccolo gruppo di strumenti, quindici in tutto, riuscendo nondimeno a ottenere con precisione il tipo di
suono che aveva in mente.
Lo spettacolo era ritagliato sulle caratteristiche di Pastora Rojas Monje, in arte
Pastora Imperio, bailaora sivigliana, una delle figure più rappresentative del
folclore flamenco di tutti i tempi. La sfida degli autori consisteva nel conferire
dignità artistica a un genere di spettacolo ritenuto volgare e di basso livello. Il
mondo del flamenco e della musica gitana aveva offerto in passato parecchi
spunti per arricchire di colore esotico il teatro d’opera e la musica sinfonica,
basti pensare alla Carmen di Bizet o al Capriccio spagnolo di RimskijKorsakov, ma in questo caso intendeva parlare da sé, esprimendo senza mediazioni il carattere primitivo e selvaggio della propria natura. Falla si comportava
in maniera onesta verso questo mondo, al quale era sinceramente legato, sebbene il suo criterio fosse legato allo spirito del suo tempo e consistesse nel tentativo impossibile di tradurre nel linguaggio della musica colta il suono autentico di
voci e strumenti della tradizione arabo-ispanica dell’Andalusia.
Come il cante jondo aveva risvegliato l’immaginazione dell’autore nell’Amor
brujo, così le Cantigas trecentesche di Alfonso X El sabio e lo sterminato patrimonio musicale spagnolo dell’epoca di Cervantes, dai trattati per chitarra di
Gaspar Sanz al Cancionero salmantino di Ledesma e ai madrigali di Francisco
Guerrero, costituirono lo sfondo storico sul quale Falla riprodusse in chiave
moderna il famoso episodio della taverna del Don Chisciotte. El retablo de
Maese Pedro, eseguito per la prima volta in forma da concerto a Siviglia nel
marzo del 1923, voltava le spalle in maniera radicale all’andalucismo del decennio precedente per abbracciare una visione più legata alle nuove tendenze neoclassiche della musica europea.
L’opera, composta come “homenaje devoto a la gloria de Miguel de Cervantes”,
era una commissione della Principessa di Polignac, che ospitò nel proprio salone a Parigi, il 25 giugno 1923, la prima rappresentazione scenica, con il baritono
Hector Dufranne nel ruolo di Don Chisciotte e Wanda Landowska al clavicembalo tra gli artisti coinvolti nello spettacolo. Il genere era del tutto particolare,
trattandosi di uno spettacolo di marionette, nel quale si rappresentava a sua
volta uno spettacolo di marionette. In questa forma, almeno, era stato concepito in origine dall’autore, che desiderava delle marionette a grandezza d’uomo
per i personaggi principali e delle figure di formato minore per i burattini della
“Liberazione di Melisendra”. Questo complicato arrangiamento venne poi modificato, dopo lunghe discussioni con i suoi collaboratori, tra cui anche il regista
Luis Buñel, in occasione di un allestimento ad Amsterdam nel 1926.
L’idea di creare un teatro esclusivamente di figura rappresentava tuttavia un
atteggiamento molto significativo. La guerra aveva completamente distrutto le
forme e i valori della vita ottocentesca e gli artisti più moderni avevano voltato
le spalle, in maniera più o meno radicale, allo stile del secolo precedente. Falla,
che aveva discusso del progetto con la Polignac sin dal 1919, rifiutava adesso di
scrivere un’opera in forma tradizionale, legata al principio d’immedesimazione
imposto dal teatro verista. Un personaggio di legno, anziché in carne e ossa,
costituiva un sicuro deterrente contro qualunque tentazione dell’interprete di
ridurre la distanza tra sé e la sua maschera.
Per diversi aspetti, in particolare per quanto concerne l’uso simultaneo di tonalità differenti, lo stile musicale del Retablo non rappresenta una frattura con il
mondo andaluso dell’Amor brujo. Falla prende piuttosto le distanze dalla sua
vecchia estetica di stampo nazionalista, benché priva di qualunque forma di
aggressività sciovinistica, per rivolgere il pensiero al significato profondo dell’arte come illusione e più in generale al rapporto tra il mondo e la sua rappresentazione.
Nella musica, questo tipo di visione pessimista si traduceva con la rinuncia a
ogni forma di espressività soggettiva, incarnata per così dire dal suono meccanico del clavicembalo e dal ricorso a un tipo di vocalità il più possibile neutra. Lo
stile vocale dei tre ruoli cantati, come recita la nota anteposta alla partitura,
deve “evitar rigurosamente todo amaneramiento teatral”, e quello di
Chisciotte in particolare dev’essere “partecipe de lo bufo y de lo sublime”.
Quest’ultimo carattere costituisce anche il momento culminante della breve
opera, rappresentato dalla sognante ode a Dulcinea, che Don Chisciotte invoca
con intenso lirismo poco prima della fine, dopo aver sconquassato il teatrino
delle marionette a colpi di Durlindana. L’animo sconvolto di Don Chisciotte
trova un momento di pace nel suo illusorio sogno d’amore, espresso in una nobile melodia antica, resa preziosa da un colore trasparente dell’accompagnamento e chiusa da un romanticissimo frammento solista del corno.
Oreste Bossini
Manuel De Falla
EL AMOR BRUJO
L’amore stregone
Gitaneria in un atto e due quadri
su libretto di María e Gregorio Martinez Sierra
per cantora di flamenco e 15 strumenti
(versione del 1915)
Charo Martin cantaora di flamenco
CUADRO PRIMERO
QUADRO I
Introducción y Escena
Introduzione e scena
Casa de los gitanos. Es de noche. En
el suelo, en el centro, hay un braserillo encendido. Las dos gitanillas, sentadas en el suelo, echan las cartas.
Cada una tiene delante un candil.
Fuera, en la noche, se oye lejano el
rumor del mar. Una gitana vieja se
acerca a la puerto y dice:
Fra i Gitani. Nottetempo, nel mezzo
di un patio, un fuoco è acceso. Due
gitane, sedute per terra, giocano a
carte. Ciascuna di esse ha davanti
una lampada a olio. Fuori, nella
notte, si sente il rumore del mare
lontano. Una vecchia gitana, si
incammina verso la porta e dice:
Gitana Vieja*
¡Cómo resuena la mar esta noche!
Candelas
¡No tendrá que decir ná bueno!
Gitana Vieja
La mar no dice ná, ni bueno ni malo.
Suena porque la mueve el viento y
habla como los condenaos,
sin licencia de Dios.
Gitana vecchia
Come risuona il mare stanotte!
Candela
Non sembra presagire niente di buono.
Gitana vecchia
Il mare non predice niente, né bene,
né male; fa rumore perché il vento lo
muove e, parla, come i dannati,
senza il permesso di Dio.
* Le parti della Gitana Vecchia (voce recitante), di Gitanella (soprano) e del Gitano (voce
recitante) nell’esecuzione di questa sera non vengono recitate.
La vieja pasa y desaparece en el
interior de la casa.
La vecchia maga passa e sparisce
nella casa.
Candelas
(echando las cartas)
Una, dos, tres, cuatro, cinco, seis,
siete...
¡Sale mujer rubia! ¡Mujer rubia!...
Gitanilla
(con alegría, mirando las cartas)
¡Sale que me quiere!
(palmoteando)
¡Vendrá! ¡Vendrá!
Candelas
¡Ladra un perro en la calle!...
¡Ma agüero!
(se apaga la luz porque entra un
soplo de aire; con terror)
¡Hasta la luz se apaga! ¡Malhaya
mi suerte!
(acerca el cigarrillo a las cartas para
seguir viendo)
Una... dos... tres... cuatro... cinco...
seis... siete...
¡Sale que no me quiere!
(con desaliento)
Una... dos... tres... cuatro... cinco...
seis... siete...
En este momento, habla con eya de
mí... y le dice que no me quiere ni me
ha querido nunca!
(Tirando las cartas con rabia.)
¡Más vale dejarlo!
Candela
(giocando a carte)
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei,
sette...
Esci, donna rossa, donna rossa!
Gitanilla
(gioiosamente, guardando le carte)
Esci! Ed egli mi amerà!
(applaudendo)
Verrà, verrà!
Candela
Un cane abbaia per strada.
È un cattivo presagio!
(un colpo di vento spegne il fuoco;
con terrore)
Anche il fuoco si spegne! Non ho
proprio fortuna!
(utilizzando la sigaretta per illuminare le carte)
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei,
sette...
Esce che non mi amerà!
(con avvilimento)
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei,
sette...
In questo momento le parla di me... le
dice che non mi ama e che non mi ha
mai amato!
(gettando le carte per terra)
Farei meglio ad abbandonarlo!
Se levanta, se acerca a la candela
y canta.
Si alza, si dirige verso il fuoco
e inizia a cantare.
Canción del amor dolido
Canzone dell’amore dolente
Candelas
¡Ay! Yo no sé qué siento, ni sé qué me
pasa, cuando éste mardito gitano me
farta!
¡Ay! Candela que ardes ¡Más arde el
infierno que toita mi sangre abrasa de
celos!
¡Ay! Cuando el río suena ¿qué querrá
decir?
¡Ay! ¡Por querer a otra so orvía de mi!
¡Ay! Cuando el fuego abrasa... Cuando
el río suena...
Si el agua no mata al fuego, a mí
el pesar me condena!
¡A mí el querer me envenena!
¡A mí me matan las penas! ¡Ay!
Candela
Ah! Non so cosa sento, né cosa mi
succede. Quanto mi manca questo
maledetto gitano!
Ah! Candela che ardi... Più arde l’inferno, più tutto il mio sangue brucia
di gelosia!
Ah! Quando il fiume risuona cosa
vorrà dire?
Ah! Per amare un’altra dimentica me!
Ah! Quando il fuoco brucia... quando
il fiume suona...
Se l’acqua non uccide il fuoco,
il dolore mi condanna!
L’amare mi avvelena!
Mi uccidon le pene! Ah!
Al terminar la canción, dan las doce
de la noche.
Quando finisce la canzone
è mezzanotte.
Sortilegio
Sortilegio
Candelas
(con sentído de fatalídad)
¡Las doce!
Las dos gitanillas se acercan una a la
puerta y otra a la ventana y hacen su
conjuro. Conjurando a la noche.
¡Las doce están dando! En los brazos
de la Virgen María su Hijo está
orando… Por ello te pido oír puerta
cerrar, niño yorar y campana
repicar... ¡Lo que mi corazón
desea mis ojos lo vean!
Candela
(con senso della fatalità)
Mezzanotte!
Le due gitanelle si avvicinano una
alla porta e l’altra alla fínestra e
fanno i loro scongiuri, nella notte.
Mezzanotte! Nelle braccia della
Vergine Maria suo figlio prega...
Per lui ti chiedo di sentire una porta
che si chiude, un bambino piangere,
una campana suonare... Che i miei
occhi possano vedere quello che il mio
cuore desidera!
Gitanilla
(con allegria)
Verrà! Verrà!
Gitanilla
(con alegría)
¡Vendrá! ¡Vendrá!
Candelas
(apartándose de la ventana con desaliento)
¡No ha ce venir! ¡Ya sé yo que no viene!...
¡Para qué habré vivío un día más,
si no le voy a ver!
(con resignacíón)
¡Las doce! ¡De todas maneras, con
pena o alegría hay que cumplir lo que
está mandao!
(con uncíón)
¡Pa que un Debé que está en el sielo,
nos entre de su mano en er dia nuevo!
Pa que nos lieve por la buena via...
haremos la danza del fin del dia.
Candela
(allontanandosi dalla finestra con
scoraggiamento)
Non verrà! Lo so che non verrà,
come potrò vivere un giorno di più,
se non posso più rivederlo!
(con rassegnazione)
Mezzanotte! In ogni caso, per amore
o per forza, noi dobbiamo fare ciò a
cui siamo destinati.
(con fervore)
Colui che è nel cielo ci dà un nuovo
giorno, affinché possa condurci alla
vita eterna.... Faremo la danza della
fine del giorno.
Danza del fin del dia
Danza della fine del giorno
Se acerca de nuevo a la candela y
echa en ella un puñado de incienso.
Candela si avvicina al fuoco e vi
getta un pugno di incenso.
Candelas
(religiosamente)
¡Incienso santo! ¡Incienso nuevo!
¡Sarga lo malo y entre lo bueno!
Candela
(religiosamente)
Incenso sacro, incenso nuovo, caccia
lo spirito maligno e dacci quello buono!
A medida que sube el humo del
incienso, balla Candelas la danza
del fin del día.
Al centro della fumata provocata
dall’incenso Candela balla la danza
della fine del giorno.
Candelas y Gitanilla
Ah! ah!... (etc.)
Candela e Gitanilla
Ah, ah, ah, ecc.
Escena (El amor vulgar)
Scena (L’amor volgare)
Terminada la danza, se oye en la
calle un silbido:
es el novio de la gitanilla
que avisa su llegada.
Terminata la danza si sentono dei
fischi provenienti dalla strada:
è l’amante di Gitanilla che annuncia
il suo arrivo:
Gitanilla
(con alegría)
¡Ya está ahí! ¡Ya está ahí!
Gitanilla
(con allegria)
È qui, è qui!
Sale corriendo. Candelas mira salir a
la otra gitanilla, se acerca
a la ventana. Mira en la noche
con desolacíón.
Esce correndo. Candela guarda l’altra
gitana uscire e si avvicina
alla finestra, fissando la notte
con desolazione.
Candelas
¡Ná, ná, y siempre ná!
Candela
Niente, niente e sempre niente!
Romance del pescador
Romanza del pescatore
Vuelve al centro ce la escena y recita
con expresiva monotonía.
Candela torna al centro e declama in
un tono monocorde ed espressivo.
Candelas
Por un camino iba yo buscando la
dicha mía: lo que mis sacais miraron
mi corasón no lo orvía. Por la verea
iba yo. A cuantos le conocían - ¿le
habéis visto? - preguntaba, y nadie
me respondía. Por el camino iba yo y
mi amor no parecía. Er yanto der
corasón por er rostro me caía. La
verea se estrechaba y er dia se iba
acabando. A la oriyita der río estaba
un hombre pescando. Mientras las
aguas corrían iba el pescador cantando: ¡No quiero apresar los pececilios
del río; quiero hallar un corasón que
se me ha perdío!
Pescador que estás pescando, si has
perdido un corasón, a mí me lo están
robando a traición. El agua se levantó al oir hablar de penas de amantes
y dijo con ronca voz: ¡Pascador y
caminante, si sufrís los dos, en er
Candela
Andavo per un sentiero cercando la
mia felicità: ciò che i miei occhi videro
il mio cuore non lo dimentica. Andavo
per il sentiero. A quanti conoscevo
«Lo avete visto?», domandavo, e nessuno mi rispondeva. Andavo per il
cammino e il mio amore non appariva. Il pianto del cuore mi scendeva
sul volto. Il sentiero si stringeva e il
giorno stava finendo. Sulla riva del
fiume stava pescando un uomo.
Mentre le acque correvano il pescatore stava cantando: non voglio afferrare i pesciolini del fiume; voglio trovare un cuore che mi è sfuggito.
Pescatore che stai pescando, se hai
perduto un cuore, a me lo stanno
rubando a tradimento. L’acqua si alzò
sentendo parlare di pene d’amanti e
disse con voce roca: pescatore e viandante, se soffrite ambedue sulla mon-
monte hay una cueva, en la cueva hay
una bruja que sabe hechisos de amor!
ldla a buscar que eya remedio os
dará! Esto dijo er río, esto habrá que
haser... ¡A la cueva de la bruja tengo
ce acudir!
¡Si eya no me da er remedio me
quiero morir!
tagna c’è una grotta, nella grotta c’è
una strega che conosce sortilegi d’amore! Andate a cercarla, ella vi darà
un rimedio! Questo disse il fiume,
questo si dovrà fare... Alla grotta
della strega devo andare!
Se ella non mi darà un rimedio,
voglio morire!
Intermedio
Intermezzo
CUADRO SEGUNDO
QUADRO II
lntroducción (El fuego fatuo)
Introduzione (Il fuoco fatuo)
La cueva de la bruja. Es de noche: la
cueva está sola y oscura, pero en el
fondo se ve un camino ce montaña
con chumberas y malezas, iluminado por la luz de la luna. (Al levantarse el telón,) salta del suelo un
fuego fatuo, y recorre la cueva en
danza fantástica, paseándose en el
aire, por el suelo, por los muros, etc.
La grotta della maga. È notte: la
grotta è scura e vuota, ma in fondo
appena visibile, c’è un sentiero di
montagna con fichi d’India e boscaglia, illuminato dalla luna. Un fuoco
fatuo si alza da terra e percorre la
grotta in una danza fantastica,
alzandosi in aria, sul pavimento,
sui muri, etc.
Escena (El terror)
Scena (Il terrore)
Aparece en el sendero Candelas,
llega al umbral de la cueva, llama
tres veces, nadie responde; entra
temerosa. Al acercarse la gitana a la
entrada de la cueva, el fuego fatuo se
esconde en un rincón, en el cual
están reunidos los amuletos e instrumentos mágicos de la bruja.
Entrando temerosa y mirando
en derredor.
Candela appare dal sentiero, arriva
all’ingresso della grotta, chiama tre
volte ma nessuno risponde. Entra
impaurita. Mentre si avvicina
all’entrata il fuoco fatuo si nasconde
in un angolo della grotta dove si trovano i sortilegi e le pozioni magiche
della maga. Entrando piena di
apprensione e gettando uno sguardo
nella grotta:
Candelas
¿No hay nadie en la cueva?
(con un poco de temor, como si se
asustase de su misma voz)
¡Nadie me responde! ¿Será que la
bruja sale por la noche en busca der mengue jineta en su escoba por la chimenea?...
¡Ay, Jesús me varga! ¡Qué miedo me entra!
(mira en derredor y adelanta despacio por la cueva, acercándose al rincón de los encantos)
¡No hay nadíe... estoy sola!... ¡Esta es
la candela!... ¡Este es el manojo de las
malas yerbas!...
(al nombrar los objetos, extiende la
mano para tocarlos, pero retrocede
siempre sin atreverse)
¡Este es el lagarto!... ¡Esta es la redoma
encantá, donde el agua que sabe el
secreto de todas las vidas está aprisioná!
(va de un lado a otro, volviendo siempre, como invenciblemente atraída, al
rincón de los encantos)
¡No hay nadie... estoy sola!... ¡Si yo me
atreviera... haría el conjuro que al diablo callao desata la lengua!...
¡No hay nadie... estoy sola!... ¡Si yo
me atreviera!...
(se acerca con cierta resolución al
ríncón do los ancantos y, cerrando los
ojos, pone la mano sobre la redoma
encantada. Un rumor sordo, como de
trueno, demuestra la irritacíón del
espíritu de la cueva, y el Fuego fatuo,
que es su representante, salta del rincón en que está escondido y quiere
lanzarse sobre la gitana profanadora.
Candelas, espantada por el rumor,
abre los ojos, y al ver el fuego fatuo,
Candela
Non c’è nessuno nella caverna?
(timorosa, come se la sua stessa voce
la spaventasse)
Nessuno mi risponde, forse la maga
esce la notte sulla sua scopa per una
passeggiata alla ricerca del demonio?
O Dio proteggimi! Sono terrorizzata!
(guarda all’intorno e avanza piano
nella grotta, avvicinandosi all’angolo
dove sono i sortilegi)
Non c’è nessuno... sono sola!... Questa
è la candela!... Questo è un fascio di
erbe velenose!...
(nominando gli oggetti, allunga la
mano per toccarli, ma indietreggia
senza osare farlo)
Questa è una lucertola!... E là è
imprigionata la fiala magica che conserva il segreto delle vite!
(va da un lato all’altro, tornando
sempre, invincibilmente attratta, sul
posto dei sortilegi)
Non c’è nessuno... sono sola. Se solo osassi, pronuncerei io stessa la formula magica che scioglie la lingua del demonio.
Non c’è nessuno qui? Sono completamente sola... Se solo osassi...
(si avvicina risoluta all’angolo dei
sortilegi e, chiudendo gli occhi, tocca
la fiala incantata. Un rumore sordo,
come di tuono, dimostra l’irritazione
dello spirito della grotta e il fuoco
fatuo, che è il suo rappresentante,
esce dall’angolo in cui si nasconde
per lanciarsi sulla gitana profanatrice. Candela, spaventata dal rumore, apre gli occhi e, vedendo il fuoco
fatuo, sempre più spaventata,
más espantada aún, retrocede)
¡Ah!... Es er fuego fatuo, Espíritu y
rey de la cueva, que quiere vengarse
de mí... ¡No te acerques! ¡Fuego del
infierno que las almas quemas!
retrocede)
Ah!... Il fuoco fatuo! Spirito e re della
caverna che vuole vendicarsi di me!
Non t’avvicinare! Fuoco dell’inferno
che bruci le anime!
Danza del fuego fatuo
Danza del fuoco fatuo
Candelas danza frenéticamente
huyendo del fuego fatuo que la persigue: se aparta con terror, salta, se
retuerce; por fin, de la misma desesperación saca alientos para lanzarse
a perseguirlo: naturalmente, el
fuego fatuo huye y, saliendo por la
boca de la cueva, se desvanece en la
deslumbrante luz de la luna.
Candelas se apoya rendida en el quicio de la entrada y da un suspiro do
descanso. Después canta la cancíón
del fuego fatuo.
Candela danza freneticamente nel
tentativo di sfuggire al fuoco fatuo
che la insegue: si allontana terrorizzata, salta, si contorce e gira su se
stessa; alla fine, esasperata, soffia
più forte che può per provare a sbarazzarsene. Il fuoco fatuo fugge e
precipitandosi fuori dalla grotta sparisce nella luce accecante della luna.
Candela, stremata, si appoggia contro l’entrata della grotta e sospira di
fatica. Infine canta la canzone
del fuoco fatuo.
Interludio (Alucinaciones)
Interludio (Allucinazioni)
Canción del fuego fatuo
Canzone del fuoco fatuo
Candelas
¡Ah! Lo mismo que er fuego fatuo, lo
mismito es er queré. Le juyes y te
persigue, le yamas y echa a corré.
¡Lo mismo que er fuego fatuo,
lo mismito es er queré!
Nace en las noches de agosto, cuando
aprieta la calor. Va corriendo por los campos en busca de un corazón... ¡Lo mismo
que er fuego fatuo, lo mismito es el amor!
¡Malhaya los ojos negros que le
Candela
Come il fuoco fatuo, proprio così è
l’amare. Lo fuggi e ti insegue, lo
chiami e si mette a correre.
Come il fuoco fatuo,
proprio così è l’amare.
Nasce nelle notti d’agosto, quando il
calore opprime. Va correndo per i
campi in cerca di un cuore... Come il
fuoco fatuo, proprio così è l’amare.
Maledetti gli occhi neri che riuscirono
alcanzaron aver! ¡Malhaya er corazón
triste que en su yama quiso arder!
¡Lo mismo que er fuego fatuo
se desvanece er queré!
Terminada la cancíón, Candelas dice:
¡Es fuego fatuo desapareció! ¡En la
luz de la luna se desvaneció!
¡La cueva es mía! ¡Vamo a ver si
venso la mala suerte
con la brujería!
a vederlo! Maledetto il cuore triste
che volle ardere nella sua fiamma!
Come il fuoco fatuo,
proprio così è l’amare.
Terminata la canzone, Candela dice:
Il fuoco fatuo è scomparso, nella luce
della luna è scomparso.
La grotta è mia! Vediamo se posso
rompere la cattiva sorte
con dei sortilegi!
Interludio
Interludio
Se acerca resueltamente al rincón de
los encantos, y apoderándose de la
redoma encantada derrama parte del
agua sobre el fuego y hace el conjuro.
Si avvicina all’angolo delle pozioni
magiche e appropriandosi della fiala
magica sparge un po’ d’acqua sul
fuoco e compie il sortilegio.
Conjuro para reconquistar
el amor perdido
Esorcismo per riconquistare
l’amore perduto
Candelas
¡Por Satanás! ¡Por Barrabás!
¡Quiero que el hombre que me ha
orvidao me venga a buscar!
¡Cabeza de toro, ojos de león!...
¡Mi amor está lejos... que escuche
mi voz!
¡Que venga, que venga!
¡Por Satanás! ¡Por Barrabás!
¡Quiero que el hombre que me quería
me venga a buscar!
¡Elena, Elena, hija de rey y reina!...
Que no pueda parar ni sosegar, ni en
cama acostao ni en silla sentao...
hasta que a mi poder venga a parar!
¡Que venga! ¡Que venga!
Candela
Per Satana! Per Barabba!
Voglio che l’uomo che mi ha dimenticata venga a cercarmi!
Testa di toro, occhio di leone!...
Il mio amore è lontano... che ascolti
la mia voce!
Che venga, che venga!...
Per Satana! Per Barabba!
Voglio che l’uomo che mi amava mi
venga a cercare!
Elena, Elena! Figlia di re e regina!...
Che non possa fermarsi, né quietarsi,
né disteso a letto, né seduto su sedia...
finché non venga in mio potere!
Che venga, che venga!...
¡Por Satanás! ¡Por Barrabás!
¡Quiero que el hombre que me ha
engañao me venga a buscar!
Me asomé a la puerta al salir el sol...
Un hombre vestío de colorao pasó...
Le he preguntao, y me ha contestao
que iba con los cordeles de los siete
ahorcaos... Y yo le he dicho:
¡Que venga, que venga!
¡Pajarito bianco que en el viento
viene volando!...
¡Que venga, que venga!
¡Entro y convengo en el pácto!
(Rompe la redoma contro el suelo)
¡Paque venga! ¡Paque venga!
¡Paque venga!
¡Por Satanás! ¡Por Barrabás!
¡Quiero que el hombre que era mi via
me venga a buscar!
Per Satana! Per Barabba!
Voglio che l’uomo che mi ha ingannato
mi venga a cercare!
Mi affacciai alla porta col nascere del
sole... Un uomo vestito di rosso
passò... Gli ho domandato e mi ha
risposto che andava con le corde dei
sette impiccati... E io gli ho detto:
che venga, che venga!
Uccellino bianco che viene volando
nel vento!...
Che venga, che venga!
Entro e confermo il patto!
(Rompe la fiala per terra)
Perché venga! Perché venga!
Perché venga!
Per Satana! Per Barabba!
Voglio che l’uomo che era la mia vita
mi venga a cercare!
Se oye como respuesta de los poderes
infernales, ruido de cadenas arrastradas, y oscurece por completo.
Le forze diaboliche mostrano il loro
accordo con rumori di catene
e con una oscurità totale.
¡Ah... ruido de cadenas arrastrás!
¡Er diabio anda en esto!
Oh, rumori di catene trascinate!
Il diavolo c’è per qualcosa!
Escena (El amor popolar)
Scena (L’amor ordinario)
Se oye música misteriosa y suave: el
amor se acerca: se ve brillar en las
ombra un punto rojo: es la lumbre del
cigarro del amante que se va acercando por la senda oscura; a medida que
el gitano se acerca, el canto de amor
va acercándose a lo popolar. De pronto desaparece la lucecilla: es que el
cigarro del amante que viene se ha
Si sente una musica misteriosa e
soave: l’essere amato si avvicina,
nell’oscurità si vede un punto rosso.
È il sigaro dell’amante che si avvicina nel sentiero scuro. Come il gitano
si avvicina, la musica diviene più
popolare. Improvvisamente la luce
sparisce: il sigaro si è spento.
Candela va verso l’entrata della
apagado. Candelas ve la luz, se acerca
a la entrada de la cueva, y a pesar de
la oscuridad reconoce el galán.
Entonces se aparta con júbilo, y maliciosa alegría, pensando en la “broma
pesada” que piensa dar al ingrato. El
se detiene a la entrada de la cueva.
grotta, e nonostante l’oscurità riconosce il giovane amante. Essa si
allontana allora trionfalmente con
una gioia maliziosa, pensando allo
“scherzo” che è sul punto di giocare
al miserabile ingrato. Egli si
ferma sull’ingresso.
Candelas
(víéndole acercarse)
¡El es!... Su suerte lo trae. ¡Ahora vas
a ver tú lo que es bueno!
Gitano
(a la entrada de la cueva)
¡A la pá e Dió!
Candelas
(desde el fondo de la cueva, cambiando la voz)
¡Er vaya contigo, caminante!
Gitano
¡Hay argún arma güena que me quiá
dar candela pa ensendé er sigarro?
Candelas
(aparte)
¿Candela pides pa ensendé er
sigarro? ¡Pa abrasarte el arma
te la daría yo!
(Con la voz cambiada)
¡Entra y tómala!
Gitano
(entra el gitano sin verla, se acerca a
la lumbre y enciende el cigarro)
Dios se lo pague. Quear con Dios.
Candelas
Prisa llevas, gitano.
Gitano
Voy de camino.
Candelas
Tos vamos de camino en este mundo:
la gracia está en que al fin de la verea
nos aguarde arguien.
Candela
(vedendolo avvicinarsi)
È lui, il destino lo ha portato qui. Ora
andiamo a vedere quel che succederà.
Gitano
(all’ingresso della grotta)
La pace sia con te.
Candela
(dal fondo della grotta, falsando
la voce)
E con te, pellegrino!
Gitano
Hai una buona anima per darmi del
fuoco per il mio sigaro?
Candela
(fra sé)
Vuoi una fiamma per accendere il
sigaro? Te la darei se questa potesse
consumare la tua anima.
(con la voce cambiata)
Vieni a prenderla.
Gitano
(il gitano entra senza vederla; si
avvicina e accende il sigaro)
Dio ti ringrazierà, vai in pace.
Candela
Vai di fretta, gitano?
Gitano
Sono in viaggio.
Candela
Siamo tutti in viaggio in questo mondo:
il bello è che alla fine del cammino ci
sia qualcuno che si prenda cura di noi.
Gitano
Sí que hay unos ojilios negros que me
parece que van a alegrarse argo ar
verme a mi llegar.
Candelas
Pos me parece a mí que esta noche van
a tardar un rato en alegrarse.
Gitano
¿Por qué dice usté eso?
Candelas
¡Ahora lo verás!
Gitano
Oh si, ci sono degli occhi scuri, che,
io penso, andranno a rallegrarsi
al mio ritorno.
Candela
Mi sembra che tarderanno un po’
a rallegrarsi, questa notte.
Gitano
Perché dici questo?
Candela
Ecco perché.
Danza y canción de la bruja fingida
Danza e canzone della finta strega
Candelas se echa por la cabeza un velo
y empieza a danzar en torno de él para
seducirle. Alterna la danza con canciones que le dice acentuando la expresión
misteriosa. El gitano, aturdido, sufre
su fascinación, sin conocerla, y después
de la primera estrofa, va detrás de ella,
intentando cogerla: pero ella huye de él,
y cuando le ve cansado, vuelve a acercársele insidiosamente: él se desespera.
Candela getta un velo sulla sua testa
e comincia a danzare attorno a lui
per sedurlo. Alterna danza e parole
per intensificare il mistero. Il gitano
è affascinato ma non la riconosce e
dopo la prima strofa si mette dietro
a lei per afferrarla, ma ella sfugge ai
suoi tentativi e quando vede che si è
stancato, ritorna maliziosamente:
egli si dispera.
Candelas
¡Tú eres aquél mal gitano que una
gitana quería! ¡El querer que eya te
daba tú no te lo merecías!
Gitano
(con asombro)
¡Eh! ¿Qué diceas?
Candelas
Sin responderle, danza voluptuosamente en derredor suyo luego canta:
¡Quién lo había de decí que
con otra la vendías!
¡Anda, mar gaché!
(con rabia)
Candela
Tu sei il miserabile gitano che una
ragazza ha amato un giorno! Non
meriti il suo amore!
Gitano
(con meraviglia)
Che dici?
Candela
Senza rispondergli, danza voluttuosamente intorno a lui e gli canta:
Chi avrebbe creduto che tu l’avresti
tradita con un’altra? Allora dunque,
che meriti?
(con rabbia)
¿Qué te merecías? ¡Que er mismísimo
Pedro Botero te abrasara esa lengua
conque amor la mentías!
Gitano
(acercándose a ella)
¿Qué sabes tú? ¿Quién te ha cantao to
eso? ¡Ven aquí!
Quiere acercarse a ella, que sigue bailando. Cuando la va a coger, se detiene en seco y canta fingíendo gran
solemnidad.
Candelas
¡No te acerques, no me mires, que soy
bruja consumá; y er que se atreva a
tocarme la mano se abrasará!
Danza huyendo de él, con movimientos insidiosos y serpentinos; él la
sígue come alucínado.
Gitano
¿Quién eres? ¿Quién eres?
Candelas
(fingiendo un aire ce fatalidad)
¡Soy la voz de tu destino!
¡Soy er fuego en que te abrasas!
¡Soy er viento en que suspiras!
¡Soy la mar en que naufragas!
El estrecha la persecución: ella sigue
danzando y huyendo, y cuando él cree
cogerla se quella con el velo entre las
manos y ella escapa riendo.
¡Ja ja ja ja ja!
La stessa cosa che le hai fatto tu, Pedro
Botero: avere la lingua bruciata, la
stessa lingua con la quale hai mentito:
Gitano
(avvicinandosi a lei)
Che sai? Chi ti ha detto questo?
Vieni qui!
Vuole avvicinarla, mentre lei continua
a danzare; quando la va a prendere, lei
si ferma improvvisamente e riprende
a cantare, fingendo grande solennità.
Candela
Non ti avvicinare, non mi toccare, io
sono una vera strega, e chiunque
tenta di toccarmi sarà bruciato.
Danza sfuggendogli, con movimenti
insidiosi e serpentini, egli la segue
come allucinato.
Gitano
Chi sei? Chi sei?
Candela
(fingendo un’aria di fatalità)
Sono la voce del tuo destino!
Sono il fuoco nel quale tu ti consumi!
Sono il vento nel quale sospiri!
Sono il mare nel quale tu naufraghi!
Egli la mette alle strette; lei continua
a ballare e fuggire, e quando crede di
prenderla rimane col velo in mano e
lei fugge ridendo:
Ah! Ah! Ah! Ah! Ah!
Final (Las campanas del amanecer)
Finale (Le campane dell’alba)
Gitano
(reconociéndola en la voz)
¡Tú... tú... Candelas!
Gitano
(riconoscendola dalla voce)
Tu, tu... Candela!
Candelas
(con soma)
¡Yo... yo!.. Candelas ¡Candeliya, que
ardía na más que pa tí, y que te deja
a oscuras pa in secula seculorum!
Se acerca a la entrada de la cueva.
Desde que ha terminado la danza se
acentúa fuera la luz del amanecer.
Gitano
(con el velo en la mano, un poco desconcertado, queriendo detenerla)
No... no pué ser… Atiende...
perdóname!
Candelas
(con altivez desde la puerta
de la cueva)
¡Ya está despuntando er dia!
¡Venme esta noche a buscar!
Veremos si se me orvía lo que
me has jecho penar
con tanta maia partía!
Gitano
(implorándola)
¡Perdóname! ¡Espérame!
Candelas
(con alegría, sin volverse)
¡Ya está despuntando er día! ¡Cantad,
campanas, cantad! ¡Que vuelve
la gloria mía!
Se oye lejano repique de campanas.
Gitano
(corriendo detrás de ella)
¡Candelas! ¡Candelas!
Candelas
(cantando a lo lejos con exaltación)
¡Ya está despuntando er dia!
Candela
(con noncuranza)
Io! Candela! La piccola Candela che si
consuma solamente per te e che ti lascia
nell’oscurità in saecula saeculorum.
Si dirige verso l’entrata della grotta.
Dopo che la danza è terminata la luce
del mattino è già accentuata.
Gitano
(con il velo in mano, un po’ sconcertato, volendo trattenerla)
No, no, è impossibile, perdonami!
Ascoltami!
Candela
(con alterigia, dalla porta
della grotta)
Già spunta il giorno!
Vieni a trovarmi questa sera!
Vedremo se dimentico ciò che
mi hai fatto soffrire con un
comportamento così malvagio.
Gitano
(implorandola)
Perdonami! Aspettami!
Candela
(con gioia, senza voltarsi)
Già spunta il giorno! Cantate,
campane, cantate! Che torna
la mia gloria!
Si sentono suonare in lontananza
le campane.
Gitano
(correndole dietro)
Candela! Candela!
Candela
(cantando da lontano con esaltazione)
Già spunta il giorno!
Repique furioso de campanas,
mientras cae el telón.
Rintocchi furiosi di campane,
mentre cala il sipario.
El retablo de Maese Pedro,
un viaggio cavalleresco per il teatro nel teatro
L’ormai mitica figura di Don Chisciotte, interprete eroico dell’essere umano, che
cavalca le inquietudini dell’esistenza, ci presenta, con le sue gesta, uno spaccato
universale che vuol essere riassunto in questo breve capolavoro (cap. XXVI),
scelto da De Falla «come devoto omaggio alla gloria di Miguel Cervantes» e
dedicato alla principessa Edmond de Polignac.
La scena si compone di due teatri: il primo, il più grande, quello che per
Cervantes era una “locanda”, contiene l’orchestra e simboleggia il tempo, la storia che si stratifica e s’imprime sulle stoffe, lasciando i segni del vissuto di un
Don Chisciotte sempre “presente”. Il secondo rappresenta lo spazio infinito di
un “quadro”, in cui, all’interno della sua cornice evocativa e simbolica, rompe i
confini di tempo, di rigore e in cui interagiscono immagini che appaiono su una
scacchiera dove il “gioco” va ad iniziare nelle sue molteplici combinazioni.
L’immedesimazione di Don Chisciotte nel racconto amoroso ed immaginario
delle gesta e dell’amore tra Don Gayferos e Melisendra fa sì che queste
“ombre” diventino come personaggi veri e lui piombi su di esse con la sua spada,
perdendo così il contatto realistico che lo porta a distruggere quel teatro del
quale anche lui, inconsapevolmente, fa parte.
Per rendere al meglio queste logiche contraddizioni, la scelta di mettere in scena
attori cantanti anziché le marionette (nelle vesti di Don Chisciotte, Sancho
Panza, il ragazzo e Don Pedro) e i personaggi della storia raccontata con il teatro delle ombre (anziché con il teatro dei burattini, come nella versione originale), sottolinea l’assoluto contrasto fra questi diversi mondi, e nello stesso tempo
rende la storia più leggibile, dando spazio all’immaginario suscitando in ogni
spettatore un personale coinvolgimento.
Allo scopo di esaltare la figura di Dulcinea è stato scelto di rappresentarla come
“unica” marionetta, sovrana e musa ispiratrice di ideali di bellezza e nobiltà di
sentimento, unica dedicataria delle gesta di Don Chisciotte, suo cavaliere devoto:
“O Dulcinea, signora del mio cuore,
Dea dei miei sogni, gloria dei miei stenti...”
Gabriele Giromella
EL RETABLO DE MAESE PEDRO
Il teatrino di mastro Pietro
Adattazione musicale e scenica di un episodio
di El ingenioso Hidalgo don Quijote de la Mancha
di Miguel de Cervantes
Alma Fournier-Carballo El Trujamán
Pierluigi Paulucci Maese Pedro
Massimo Di Stefano Don Qujote
Accademia di Belle Arti di Brera
Associazione Culturale “Teatrino Giro’”
Laboratorio “Teatro di figura”
Marianna Baggi, Allegra Bernacchioni, Marta Cartacci,
Marco Destefani, Maria Diaz, Alessandra Ferrari,
Pietro Marchese, Roberta Monopoli, Laura Stamerra
Maria Bertolini costumi
Gianmarco Giromella luci
Gabriele Giromella regia
El pregón
L’annuncio
Maese Pedro
¡Vengan, vengan a ver vuesas mercedes el retablo de la libertad de
Melisendra que es una de las cosas
más de ver que hay en el mundo!
Mastro Pietro
Vengan, vengano ad assister lor
signori all’istoria della libertà di
Melisendra che è una delle cose
più mirabili del mondo!
Sinfonia de Maese Pedro
La sinfonia di Mastro Pietro
Maese Pedro
¡Siéntense todos! Atención señores,
que comienzo.
Mastro Pietro
Siedano tutti! Attenzione, signori,
che comincio.
“Historia de la libertad de
Melisendra”
“Storia della libertà di
Melisendra”
El Trujáman
Esta verdadera historia que aqui a
vuesas mercedes se representa, es
sacada de las Crónicas francesas y de
los Romances españoles que andan
en boca de las gentes. Trata de la
libertad que dió el señor don
Gayferos a su sposa Melisendra, que
estaba cautiva en España, en poder
de moros, en la ciudad de Sansueña.
Verán vuesas mercedes cómo está
jugando a las tablas don Gayferos,
según aquello que se canta:
«Jugando está a las tablas
don Gayferos,
que ya de Melisendra
se ha olvidado».
Il Turcimanno
Questa veritiera istoria che qui per
lor signori si rappresenta è cavata
dalle Cronache francesi e dalle
Romanze castigliane che sono in
bocca della gente. Tratta della libertà
che die’ il signor don Gaifero alla
sposa Melisendra che fu prigioniera
in Ispagna, in poter dei mori, nella
città di Saragozza. Vedran loro
signori come sta giocando
agli scacchi don Gaifero, secondo
quello che si canta:
«Giocando sta agli scacchi
don Gaifero,
che già di Melisendra
s’è scordato».
Cuadro I - La Corte de Carlo Magno
Quadro I - La corte di Carlo Magno
El Trujáman
Ahora verán vuesas mercedes cómo
Il Turcimanno
E ora vedran lor signori come
el Emperador Carlo Magno, padre
putativo de la tal Melisendra, mohino
de ver el ocio y descuido de su yerno,
le sale a reñir, y despues de advertirle del peligro que corría su honra en
no procurar la libertad de su esposa,
dicen que le dijo: «¡Harto os he dicho,
miradlo!», volviendo las espadas y
dejando despechado a don Gayferos,
el cual, impaciente de la cólera, pide
apriesa las armas, y a don Roldán su
espada Durindana. Advértian luégo
vuesas mercedes, cómo don Roldán
no se la quiere prestar, ofreciéndole
su compañía en la dificil empresa;
pero el valeroso enojado no la quiere
aceptar, antes dice que él solo es
bastante para sacar a su esposa, si
bien estuviese metida en el mas
hondo centro de la tierra. Y como
esto se entra a armar para ponerse
luego en camino.
l’Imperatore Carlo Magno, padre
putativo della gran Melisendra, crucciato d’aver un genero trascurato e
pigro, lo viene a sgridare, e avendogli
esposto il pericolo che correva il suo
onore a non procacciare la libertà
della sposa, par che gli dicesse:
«Troppo v’ho detto, badate!», voltandogli le spalle e lasciando indispettito
don Gaifero, il qual, nella furia della
collera, chiede subito l’armi, e da don
Roldano vuol la Durlindana. Osservin
tosto loro signori come don Roldano
non gliela vuol prestar, offerendo la
sua compagnia nella difficile impresa;
ma il valoroso sdegnato non la vuole
accettar, anzi dice che basta egli solo
a liberar la sua sposa, se pur si
trovasse nascosta nel più profondo
centro della terra. E come egli si
arma per mettersi senz’indugio
in cammino.
Cuadro II - Melisendra
Quadro Il - Melisendra
El Trujáman
Ahora veréis la torre del Alcázar de
Zaragoza, y la dama que en un balcón
parece, es la sin par Melisendra, que
desde alli, muchas veces, se ponía á
mirar el camino de Francia, y puesta
la imaginación en París y en su esposo, se consolaba en su cautiverio.
Verán tambien vuesas mercedes
cómo un moro se llega por las espaldas de Melisendra y la dá un beso en
mitad de los labios y la priesa que
ella se da en limpiarselos y cómo se
Il Turcimanno
E ora vedrete la torre dell’Alcázar di
Saragozza, e la dama che a un balcon
s’affaccia è la gentil Melisendra che
di lassù, molte volte, a guardar si
metteva la strada di Francia, e dalla
fantasia portata a Parigi e al suo
sposo, si consolava nel suo esilio.
Vedranno poi loro signori come un
Moro s’accosta dietro le spalle di
Melisendra e le dà un bacio in mezzo
alle labbra, e la furia ch’ella ha nel
ripulirsele, e come si lamenta, mentre
lamenta, mientras el Rey Marsilio de
Sansueña, que ha visto la insolencia
del moro, su pariente y gran privado,
le manda luego prender.
che il Re Marsilio di Saragozza,
che ha visto l’insolenza
del Moro, suo parente e favorito,
lo manda tosto a pigliar.
Cuadro llI - El suplicio del Moro
Quadro III - Il supplizio del Moro
El Trujáman
Miren luégo vuesas mercedes cómo
llevan al moro a la plaza de la ciudad,
con chilladores delante y envariamento detrás, y cómo luego le dan
doscientos azotes, segun sentencia
del Rey Marsilio, ejecutada apenas
había sido puestas en ejecución la
culpa, porque entre Moros no hay
traslado a la parte, ni a prueba y
estése, como entre nosotros.
Don Quijote
Niño, niño, seguid vuestra histoira
línea recta, y no os metáis en las curvas y transversales, que para sacar
una verdad en limpio menester son
muchas pruebas y repruebas.
Maese Pedro
Muchacho, no té metas en dibujos,
sino haz que lo que ese señor te
manda: sigue tu canto llano y no te
metas en contrapuntos, que se suelen
quebrar de sotiles.
El Trujáman
Yo así lo haré.
Don Quijote
¡Adelante!
El Trujáman
Miren ahora a don Gayferos, que
aquí parece a caballo, camino de la
ciudad de Sansueña.
Il Turcimanno
Guardin tosto loro signori come portano il Moro alla piazza della città, coi
banditori davanti e con gli sgherri di
poi, e come tosto gli dan duecento
frustate per la sentenza del Re
Marsilio, sull’attimo eseguendo il
castigo della colpa commessa di
recente, perché fra i mori non si han
testimoni, né occorrono prove,
come qui si usa.
Don Chisciotte
Bimbo, bimbo, continua l’istoria in
linea retta, e non andar nelle curve o
trasversali, ché per giunger alla
verità indispensabili sono
molte prove e riprove.
Mastro Pietro
Ragazzo, non andar nei ghirigori, ma
esegui quel che il signor ti dice:
seguita in canto fermo, e non cacciarti nel contrappunto, ché ogni cosa
sottile si spezza.
Il Turcimanno
Così farò.
Don Chisciotte
Tira innanzi!
Il Turcimanno
Guardino intanto don Gaifero che
qui compare a cavallo, volando
alla città di Saragozza.
Cuadro IV - Los Pirineos
Quadro IV - I Pirenei
El Trujáman
Ahora veréis a la hermosa
Melisendra, que ya vengada del atrevimiento del enamorado moro, se ha
puesto a los miradores de la torre y
habla con su esposo creyendo que es
algún pasajero, según aquello del
Romance, que dice:
«Caballero, si a Francía ides
por Gayferos preguntade».
Veréis tambien cómo don Gayferos se
descubre y qué alegres ademanes
hace Melisendra al reconocerle,
descolgándose luego del balcón,
y cómo don Gayferos ase della,
y poniéndola sobre las ancas de su
caballo, toma de París la vía.
Il Turcimanno
E ora vedrete la vezzosa Melisendra
che, vendicata della sfacciataggine
del moro innamorato, salita sul
belvedere della torre, parla col suo
sposo, scambiandolo con un passeggero, secondo quel ch’è detto
nella canzone:
«Cavalier, se in Francia andate
di Gaifero domandate».
Vedrete poi come don Gaifero si riveli
e che lieto atteggiamento prenda
Melisendra nel ravvisarlo, giù calandosi tosto dal balcon, e come don
Gaifero le s’appressi, e mettendola
in sella sul suo veloce cavallo,
s’incammini per Parigi.
Cuadro V - La Fuga
Quadro V - La fuga
El Trujáman
Váis en paz, oh par sin par de verdaderos amantes; lleguéis a salvamento a
vuestra patria; ¡los ojos de vuestros
amigos y parientes os vean gozar en
paz tranquila los días (que los de
Nestor sean) que os quedan de la vida!
Maese Pedro
Llaneza, muchacho, no té encumbres,
que toda afectación es mala!
Il Turcimanno
Va’ con Dio, coppia gentil di veritieri
amanti; giungete a salvamento in
patria vostra; che gli occhi dei vostri
amici e parenti vi vedan goder serenamente i giorni (quanti Nestore
n’ebbe) che ancor vi rimangon!
Mastro Pietro
Ragazzo, non t’innalzare troppo, ché
ogni affettazione guasta.
Cuadro VI - Le persecucíón
Quadro VI – L’inseguimento
El Trujáman
Miren vuesas mercedes cómo el Rey
Marsilio, enterado de la fuga de
Il Turcimanno
Guardin loro signori come il Re
Marsilio, informato della fuga di
Melisendra, manda tocar al arma y
con qué priesa, que la ciudad se
hunde con el son de las campanas,
que en todas las torres
de las mezquitas suenan.
Don Quijote
¡Eso no, que es un gran disparate,
porque entre moros no se usan campanas, sino atabales y dulzainas!
Maese Pedro
No mire vuesa merced en niñerias,
señor Don Quijote. ¿No se representan casi de ordinario mil comedias llenas de mil disparates, y con todo eso
siguen felicisimamente su carrera, y
hasta se escuchan con admiración?
Don Quijote
Así es la verdad.
Maese Pedro
Prosigue, muchacho.
El Trujáman
¡Miren cuánta y cuán lucida caballeria sale de la ciudad en seguimiento
de los dos católicos amantes!
¡Cuántas dulzainas que tocan, cuántas trompetas que suenan, cuántos
atabales y atambores que retumban!
¡Témome que los han de alcanzar y
los han de volver atados a la cola de
su mismo caballo!
Don Quijote
¡Detenéos, mal nacida canalla, no le
sigáis ni persigáis; si no, con migo
sóis en la batalla!
Melisendra, manda a sonar l’allarme,
e con tal furia che la città sconquassa
il rimbombar delle campane
che assordano l’aria
da tutti i minareti.
Don Chisciotte
Questo poi è sproposito grave, perché
tra i mori non s’usan campane, ma
solo pifferi e timballi!
Mastro Pietro
Non badi vossignoria a frivolezza,
signor don Chisciotte. Non si rappresentan quasi d’ordinario commediole
piene di mille svarioni, e non di meno
seguon felicissimamente il loro corso,
e anzi s’ascoltan con ammirazion?
Don Chisciotte
È la verità.
Mastro Pietro
Prosegui, ragazzo.
Il Turcimanno
Guardin quanta e che lucente cavalleria esce dalla città per inseguire
questi due cattolici amanti.
Quanti zuffoli suonan, quante trombe
che squillan, quanti timballi
e tamburi rumoreggian!
Temo che li abbiano ad acciuffar
e li strascichino legati alla coda
dello stesso cavallo!
Don Chisciotte
Date indietro, o mai nata canaglia, e
desistete dall’inseguirli; se no, vi
sfido meco alla battaglia!
Final
Finale
Don Quijote
¡Non fuyades, cobardes, malandrines
Don Chisciotte
Non fuggite, codardi, malandrini e
y viles criaturas, que un solo caballero es el que os acomete!
Maese Pedro
¡Deténgase, deténgase vuesa merced,
mi señor Don Quijote; mire que me
destruye toda mi hacienda!
Don Quijote
¡Oh bellaco villano, mal mirado etrevido y deslenguado!
Maese Pedro
¡Desgraciado de mi!
Don Quijote
¡Y vosotros, valeroso don Gayferos,
fermosa y alta señora Melisendra, ya
la soberbia de vuestros perseguidores yace por el suelo, derribada por
este mi fuerte brazo; y porque no
penéis por saber el nombre de vuestro libertador, sabed que yo me
llamo don Quijote, caballero y cautivo
de la sin par y hermosa Dulcinea!
Maese Pedro
¡Pecador de mi!
Don Quijote
Oh Dulcinea, señora de mi alma;
dia de mi noche, gloria des
mi penas...
Maese Pedro
¡Desventurado!
Don Quijote
... norte de mis caminos...
Maese Pedro
¡Desdichado del padre que me engendró!
Don Quijote
... dulce prenda y estrella... de
mi ventura.
Maese Pedro
¡Cuitado de mi!
Don Quijote
¿Oh vosostros, valerosa compañia;
vili creature, ché un solo cavaliere
è quello che v’assale!
Mastro Pietro
Si moderi, si moderi vossignoria, mio
signore don Chisciotte; guardi che mi
rovina tutta l’attività!
Don Chisciotte
O villano birbone, malaccorto sfacciato e linguacciuto!
Mastro Pietro
Disgraziato che son!
Don Chisciotte
E voi altri, valoroso don Gaifero, leggiadra e alta signora Melisendra! Già
la superbia dei vostri persecutori è
dispersa al suolo, abbattuta da questo
mio forte braccio; e perché non peniate a saper il nome del vostro liberator, sappiate ch’io mi chiamo don
Chisciotte, cavaliere e devoto della
gentil e bella Dulcinea!
Mastro Pietro
Peccator che son!
Don Chisciotte
O Dulcinea, signora del mio cuore;
dea dei miei sogni, gloria dei
miei stenti...
Mastro Pietro
Me sventurato!
Don Chisciotte
... polo delle mie strade...
Mastro Pietro
Non avessi mai visto il lume del sol!
Don Chisciotte
... dolce pegno e stella di
mia ventura.
Mastro Pietro
Tapino che son!
Don Chisciotte
O voi altri, valorosa compagnia; cava-
caballeros y escuderos, pasajeros y
viandantes, gentes de a pié y a cáballo.
Miren si no me hallara aquí presente,
qué fuera del buen don Gayferos y de
la fermosa Melisendra? ¡Quisiera yo
tener aquí delante aquellos que no
creen de cuánto provecho sean los
caballeros andantes! ¡Dichosa edad y
siglos dichosos aquellos que vieron las
fazañas del valiente Amadis, del esforzado Felixmarte de Hircania, del atrevido Tirante el Bianco, del invencible
Don Belianis de Grecia, con toda la
caterva de innumerables caballeros,
que con sus desafíos, amores y batallas, llenaron el libro de la fama!
Maese Pedro
¡Santa Maria!
Don Quijote
En resolución: ¡Viva, viva la andante
caballería sobre todas ias cosas que
hoy viven en la tierra!
lieri e scudieri, passeggeri e viandanti, gente a piè e a cavallo. Se io non
fossi stato qui presente, che n’era del
buon don Gaifero e della leggiadra
Melisendra? Vorrei avere qui al mio
cospetto coloro che non credon di
quanto profitto sian i cavalieri erranti! Età beata e fulgidi secoli quelli che
videro le gesta del valente Amadigi,
dell’animoso Felismarte d’Ircania, del
temerario Tirante il Bianco e dell’invitto don Belianigi di Grecia, con
tutta la caterva dei numerosi cavalieri che con le loro sfide, amori
e battaglie empirono
il libro della Fama!
Mastro Pietro
Vergine Santa!
Don Quijote
E in conclusion: viva, viva l’errante
cavalleria sopra tutte le cose che
vivon sulla terra!
NUOVO CONTRAPPUNTO
L’idea di esplorare la musica in ogni suo aspetto è sempre stato lo scopo primario di Nuovo Contrappunto. È un complesso stabile, multiforme, aperto alle
più varie esperienze del linguaggio contemporaneo, del Novecento e non solo,
animato e diretto da Mario Ancillotti. L’esigenza di esplorare, conoscere, vivere l’arte del nostro tempo si è realizzata nei cicli di Musica e Cultura della
Scuola di Musica di Fiesole dove il gruppo ha lavorato con tutti i maggiori
compositori italiani e con intellettuali quali Sanguineti, Siciliano, Consolo,
Bertolucci, Squarzina, Sini, e nella rassegna “Suoni Riflessi”, arrivata alla
quarta edizione. La rassegna si occupa della ricerca di modi nuovi di presentare la musica e ha portato ad esplorazioni, elaborazioni e accostamenti con
poesia, letteratura, arti visive, teatro, in collaborazione con importanti personaggi dello spettacolo come il “musicattore” Luigi Maio, le cantanti Luisa
Castellani, Alda Caiello, Susanna Rigacci, Silvia Tocchini, Sonia Visentin,
Monica Benvenuti, gli attori Mariano Rigillo, Ugo Pagliai, Pino Caruso,
Anna Meacci, le “cantaore” di flamenco Esperanza Fernandez e Charo
Martin, la vocalista jazz Anne Ducros, il fantasista e mimo Bustric.
L’ensemble è stato ospite dei maggiori festival quali Musica Insieme a
Bologna, Accademia Filarmonica Romana e IUC a Roma, Amici della
Musica e Teatro Massimo di Palermo, Società Barattelli all’Aquila, Scuola
Normale a Pisa, Festival Lucca in Musica, Amici della Musica di Ancona,
Convegno Internazionale Dallapiccola a Firenze, Amici della Musica di
Perugia, Bologna Festival, Unione Musicale e Settembre Musica a Torino. Nel
febbraio scorso è stato pubblicato per la rivista Amadeus un CD dedicato alla
musica di Falla (El Amor Brujo e El retablo de Maese Pedro).
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Luciano Tristaino flauto - Mirco Cristiani, Nicola Barbagli oboi
Tommaso Guidi corno inglese - Marcello Bonacchelli clarinetto
Marco Donatelli fagotto - Gianluca Mugnai, Alessandro Ferrari corni
Giovanni Nicosia tromba
Daniele Iannaccone, Pino Tedeschi, Luca Paoloni, Andrea Farolfi violini
Flaminia Zanelli, Caterina Paoloni viole - Claude Hauri, Alice Gabbiani violoncelli
Gianluca Pierozzi contrabbasso - Emanuele Ardica pianoforte
Mariangela Lonardelli clavicembalo - Alessia Luise arpa
Federico Poli, Andrea Squarcialupi, Francesco Dellomo percussioni
MARIO ANCILLOTTI direttore
Mario Ancillotti, flautista, direttore e organizzatore musicale, si è formato al
Conservatorio di Firenze dove ha avuto la possibilità di frequentare e collaborare con musicisti quali Luigi Dallapiccola, Roberto Lupi, Carlo Prosperi,
Franco Rossi, Piero Farulli e Piero Bellugi. Si è poi trasferito a Roma dove è
stato con Severino Gazzelloni primo flauto dell’Orchestra della Rai di Roma e
in seguito di Santa Cecilia. Successivamente si è dedicato esclusivamente
all’attività solistica collaborando con musicisti e direttori di primo piano
quali Accardo, Muti, Canino, Spivakov, Giuranna, Geringas, Maag,
Cambreling, Bour, Soudant, Melles, Penderecki, Renzetti, Gelmetti e Ferro.
A quel periodo risalgono il suo interesse per la musica contemporanea e le collaborazioni con i maggiori compositori italiani, da Petrassi a Maderna, Berio,
Donatoni, Sciarrino, Pennisi, Clementi, e poi con Henze, Penderecki, De Pablo,
Schnebel, Feldmann, dei quali ha tenuto numerose prime esecuzioni.
Il suo interesse si è poi allargato alla direzione e organizzazione musicale. Ha
fondato Nuovo Contrappunto, complesso multiforme che anima e dirige, con il
quale è stato ospite di istituzioni musicali fra le più importanti in Italia:
Teatro Massimo e Amici della Musica a Palermo, Musica Insieme e Bologna
Festival a Bologna, Ente Filarmonico di Arezzo, Società Barattelli a L’Aquila,
Lucca in Musica, Teatro di Monfalcone, Società dei Concerti a Trieste, Unione
Musicale e Settembre Musica a Torino e IUC a Roma. Ha inoltre ideato e realizzato con il sostegno degli Enti locali toscani la manifestazione “Suoni
Riflessi”.
Da più di vent’anni insegna ai Corsi Speciali di Perfezionamento della Scuola
di Musica di Fiesole; è inoltre docente alla Scuola Universitaria di Musica di
Lugano e tiene corsi e seminari in varie parti del mondo.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
CHARO MARTIN cantaora di flamenco
Charo Martin è nata a Huelva, in Spagna. Laureata in lettere, ha studiato al
Conservatorio della sua città solfeggio e pianoforte. Si é specializzata nel
canto flamenco e nel ballo.
Dal 2001 al 2003 ha frequentato come borsista il corso di canto e storia del flamenco presso la Fundación Cristina Heeren a Siviglia, tenuto da Naranjito
de Triana, José de la Tomasa, Paco Taranto, Manuel Soler, Pepa Sanchez, e
dalla logopedista Maria José Lamas.
Possiede una lunga esperienza nell’insegnamento dei ritmi e della cultura fla-
menca. Come cantaora y bailaora ha lavorato nei tablaos piú importanti della
realtá flamenca andalusa, come Los Tarantos e La Zingara a Granada e Las
Brujas a Siviglia. Si è esibita a Huelva nel ciclo “El Cante y la Mujer”. Ha
collaborato con numerosi artisti quali Alfredo Lagos, Manuel Betanzos, José
Anillo, Antoñete, Jesús Fernandez, Fernando de la Rua, Ana Calí e Rafael
Campillo.
In Italia, ha fatto parte di compagnie quali La Moreria, La Carboneria
Flamenca e Rodrigo Ensemble ospite di importanti teatri quali Nazionale a
Milano, Teatro Nuovo a Torino, Auditorium a Roma, San Carlo a Napoli e
Arena del Sole a Bologna.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
ALMA FOURNIER-CARBALLO voce bianca
Nata a Firenze nel 1986, dall’età di 4 anni ha fatto parte del Coro di voci bianche della Società corale “Guido Monaco” di Prato, diretto da Marisol Carballo,
con il quale ha partecipato a diverse produzioni del Teatro Comunale di
Firenze e del Teatro Comunale di Bologna con direttori quali Zubin Mehta
(Carmen, Turandot, Otello), Semyon Bychkov (La Bohème), Riccardo Chailly
(Terza sinfonia di Mahler) e Bruno Bartoletti (War Requiem). Nel 1997 ha partecipato come attrice radiofonica alla produzione della Rai “La scena delle
voci”, nell’opera Nembo di M. Bontempelli con la regia di Federico Tiezzi. Nel
2000 ha cantato una piccola parte solista nello Stabat Mater per coro di voci
bianche e ensemble strumentale di Piotr Zycowicz con il Coro Guido Monaco
di Prato e l’Ensemble Zycowicz a Firenze, Prato e nella Cattedrale di
Barcellona; l’opera è stata registrata per EMA Records. Dal 2002 al 2005 ha
frequentato il corso di musical “Palcoscenico Giovani” alla Max Ballet
Academy di Firenze. Ha inoltre studiato canto con Lucia Mazzei. Nel 2003 ha
cantato come solista in concerti dedicati al repertorio jazz e al musical. Nel
2004, su invito di Johanna Knauf, è stata solista nella Messa dell’incoronazione di Mozart con il Coro e l’Orchestra “Desiderio da Settignano”. Nel 2005 ha
cantato al Teatro della Pergola di Firenze nell’opera El retablo de Maese
Pedro di Manuel de Falla diretta da Mauro Ceccanti.
Recentemente ha partecipato a master class tenute a Firenze dalle cantanti
americane Barbara De Mayo e Faye Nepon e a Brighton dall’attrice e cantante Jenna Russell. Studia alla University of East Anglia dove segue il corso di
English Literature and Drama.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
PIERLUIGI PAULUCCI tenore
Pierluigi Paulucci ha iniziato la sua attività musicale dedicandosi al repertorio rinascimentale. Vincitore del premio “A. Curtial” come primo classificato
al Torneo Internazionale di Musica di Roma, Premio Primavera di Perugia
e “Premio Arte d’Autunno” con il patrocinio della Regione Lazio, dal 1990 al
1996 ha collaborato con i coristi dell’Accademia di Santa Cecilia e il coro di
voci bianche dell’Arcum diretto da Paolo Lucci.
È stato ospite di festival e rassegne quali il Cantiere Internazionale d’Arte di
Montepulciano, XVIII Festival Internazionale di Fiuggi, Rassegna Concerti
d’Estate di San Leo, Civitafestival a Civita Castellana, Musicorum Tempora
a Villa Adriana. Il suo repertorio comprende opere di Verdi, Puccini, Rossini,
Mozart, Bizet e Donizetti e ha preso parte a produzioni operistiche al fianco di
interpreti di primo piano quali Montserrat Caballè, Angela Gheorghiu, Katia
Ricciarelli, José Carreras, Renato Bruson e Giuseppe Taddei.
Ha collaborato con il Teatro Manzoni e il Teatro Flaiano a Roma, il Teatro
dell’opera di Bruxelles, Teatro dell’Aquila di Fermo e la Stagione Lirica
Invernale dell’Orchestra e Coro Haydn di Bolzano. È inoltre ospite regolare
dell’Accademia di Santa Cecilia e del Teatro dell’Opera di Roma.
Ha interpretato il ruolo di Maese Pedro nel Retablo de Maese Pedro di Falla
presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma dove è stato protagonista
anche della prima esecuzione assoluta dell’opera Ça Ira di Roger Waters.
Ha inciso per la Radio Vaticana e ha partecipato a varie edizioni della trasmissione “La barcaccia” di RAI RadioTre.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
MASSIMO DI STEFANO baritono
Nato a Roma nel 1973, ha incominciato gli studi musicali sotto la guida di
Lucia Pasquale e con Antonio Di Pofi per la composizione. Ha poi proseguito
lo studio del canto lirico sotto la guida di Sherman Lowe. Con Roberto
Abbondanza si è perfezionato nel repertorio barocco e contemporaneo.
Ha interpretato i maggiori ruoli operistici di Rossini (Il Barbiere di Siviglia,
La cambiale di matrimonio, Il Signor Bruschino, La scala di seta), Domenico
Scarlatti (La dirindina), Pergolesi (La serva padrona), Donizzetti (L’elisir d’amore), e Il pastor di Corinto di Alessandro Scarlatti nella prima esecuzione
dei tempi moderni.
Attivo anche in ambito contemporaneo, ha interpretato in prima mondiale Il
Castello di A. Samale, Don Giovanni e il Marzimino di Luis Bacalov, Averroè di M.
Betta, L’uomo dal passamontagna di G. D’Aquila e Le carte salvate di A. Tageo.
Il suo repertorio comprende anche capolavori del repertorio sacro di Foggia
(Sacrae cantiones), Carissimi (Missa in do maggiore), Charpentier (Extremum
Dei Judicium H401 e Filius prodigus H399), Buxtehude (Magnificat), Bencini
(Vespri della Beata Vergine), Bach (Cantate BWV 4 e BWV 131), Haydn (Nicolai
Messe), Mozart (Messa in do maggiore KV 115 e Requiem KV 626), Rossini
(Petite messe solennelle e Messa di Gloria), Liszt (Via Crucis), Fauré (Requiem),
Stravinskij (Messa) e Ariel Ramirez (Navidad Nuestra e Misa criolla).
Tra gli impegni recenti Il flauto magico di Mozart al Teatro Rossetti di Trieste, il
Requiem di Faurè e una tournèe italiana con Opera comique di Antonio Calenda.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BRERA
Area di progettazione per lo spettacolo, Laboratorio “Teatro di figura”
Dall’anno accademico 2003/04 è attivo, nell’ambito della Scuola di Scenografia
dell’Accademia di Belle Arti di Brera il Laboratorio di Teatro di figura guidato da Gabriele Giromella con l’assistenza di Pietro Marchese. L’intento è quello di “recuperare” la tradizione storica di questo tipo di teatro, il teatro delle
marionette, e di ideare nuovi personaggi e nuovi allestimenti.
L’impegno è anche quello di rivalutare questo teatro che viene spesso confinato solo a un pubblico “infantile”, dimenticando che lo spettro di comprensione
è così ampio e la possibilità di linguaggio metaforico così vasta ed eclettica da
poter coinvolgere, sì i più piccoli, ma anche un pubblico più eterogeneo. Un
teatro fatto di tanti saperi, di ricerca, di sperimentazioni, di studio, da farne
potenzialmente il futuro del teatro stesso.
I testi, musicali e letterari, sono l’ossatura portante del lavoro svolto dal
Laboratorio che studia e approfondisce ogni componente dello spettacolo: la recitazione e la regia, la scenografia e i costumi, la luminotecnica e la coreografia.
I giovani allievi hanno così la possibilità di mettere in luce le loro potenzialità
e di prepararsi ad entrare nel mondo attivo del lavoro con una preparazione
più concreta ed ampia possibile. Tra le produzioni già realizzate dal
Laboratorio: Histoire du soldat e Petruška su musiche di Stravinskij,
Pantomima KV 446 (Mozart), Cenerentola (Prokof ’ev) e il Combattimento di
Tancredi e Clorinda (Monteverdi).
Prossimi concerti:
martedì 5 febbraio 2008, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Quartetto Alban Berg
Il Quartetto Alban Berg ha rappresentato nel nostro tempo il legame con la
grande tradizione della musica da camera viennese, incarnando i valori non
solo musicali, ma in un certo senso anche etici della storia di una città che ha
fatto da culla a un’intera civiltà. Dopo quasi quarant’anni di lavoro e di
successi irripetibili, il Quartetto Berg sente il bisogno di riposare e ha deciso
di salutare il pubblico con una lunga tournée di congedo, per dire addio al
palcoscenico nella maniera più consona alla superba qualità delle sue
interpretazioni. I quattro musicisti, ai quali è doveroso accostare anche il
nome di Thomas Kakuska, scomparso nel 2005 e viola dell’ensemble dal
1981, presentano un programma che costituisce una sorta di summa del
loro mondo, a partire da uno dei quartetti più belli di Haydn, il sol maggiore
dell’op. 77, per arrivare alle estreme propaggini del linguaggio romantico con
il Quartetto op. 3 di Alban Berg. A coronamento del loro concerto d’addio, il
Berg affronta infine per il pubblico della nostra società una delle opere di
maggiore spiritualità e di più intensa espressione della musica da camera di
tutti i tempi, il Quartetto in la minore op. 132 di Beethoven.
Programma (Discografia minima)
F.J. Haydn
Quartetto in sol maggiore op 77 n. 1 Hob.III.81
(Quartetto Berg, EMI 555191)
L. van Beethoven
Quartetto n. 15 in la minore op.132
(Quartetto Berg, EMI 3385809)
A. Berg
Quartetto op. 3
(Quartetto Berg, EMI 555190)
martedì 19 febbraio 2008, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Richard Goode pianoforte
Bach, Chopin, Mozart, Debussy
Fondazione Mazzotta - Visita guidata gratuita per i Soci
La Fondazione Mazzotta offre ai nostri Soci una visita guidata gratuita alla
mostra “Warhol-Beuys-Omaggio a Lucio Amelio”.
L’appuntamento è per giovedì 31 gennaio 2008 alle ore 18.30 nella sede della
Fondazione in Foro Buonaparte 50.
I Soci, in un massimo di 25 persone, possono ancora prenotarsi per telefono
(02 795393) e via e-mail ([email protected]), presso la segreteria della
Società.
Ricordiamo inoltre che i Soci, indipendentemente da questo appuntamento,
possono sempre visitare le mostre della Fondazione al costo ridotto di € 6 anziché € 8, presentando la tessera associativa.
Il programma di sala dei concerti in versione pdf è disponibile sul nostro sito,
www.quartettomilano.it, dal venerdì pomeriggio precedente il concerto.
Società del Quartetto di Milano
via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it
e-mail: [email protected]