STAGIONE 2007-2008 DELIRI E ARMONIE Martedi 29 gennaio 2008 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Ensemble 11 Nuovo Contrappunto Mario Ancillotti direttore Charo Martin cantaora di flamenco Alma Fournier-Carballo voce bianca Pierluigi Paulucci tenore Massimo Di Stefano baritono Consiglieri di turno Direttore Artistico Lodovico Barassi Mathias Deichmann Paolo Arcà Con il patrocinio di Con il contributo di Con il patrocinio e il contributo di Con il contributo di Sponsor istituzionali Con la partecipazione di Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite, e che l’ingresso in sala a concerto iniziato è possibile solo durante gli applausi, salvo eccezioni consentite dagli artisti. Ensemble Nuovo Contrappunto Mario Ancillotti direttore Charo Martin cantaora di flamenco Alma Fournier-Carballo voce bianca Pierluigi Paulucci tenore Massimo Di Stefano baritono Gabriele Giromella regia Claude Debussy (St. Germain-en-Laye 1862 – Parigi 1918) Prélude à l’après-midi d’un faune (trascrizione per ensemble di Benno Sachs, 1921) Manuel de Falla (Cadice 1876 – Alta Gracia, Argentina 1946) El amor brujo Gitaneria in un atto e due quadri su libretto di María e Gregorio Martínez Sierra Intervallo El retablo de Maese Pedro Adattazione musicale e scenica di un episodio di El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes Realizzato dagli allievi del Laboratorio Teatro di Figura dell'Accademia di Brera Claude Debussy Prélude à l’après-midi d’un faune (trascrizione per ensemble di Benno Sachs, 1921) Passati i trent’anni, la vita di Debussy rimaneva piuttosto incerta. «Quante cose non so ancora fare! – scriveva il musicista, tra il serio e il faceto, a Ernest Chausson nel 1893 – Ad esempio, dei capolavori; inoltre, non so essere realista, ho il difetto d’idealizzare troppo la mia vita e di vedere la realtà solo nel momento in cui diventa insormontabile». Debussy sembrava ancora alla ricerca di un linguaggio musicale adatto a esprimere il particolare mondo poetico che sentiva dentro di sé. Aveva lasciato la casa dei genitori solo l’anno prima, adattandosi a vivere in maniera indipendente con il poco che riusciva a guadagnare. In questi anni frequentava in prevalenza scrittori e artisti, più che altri musicisti, partecipando in maniera saltuaria ai famosi martedì letterari in casa di Mallarmé. Tra le opere del maestro del simbolismo, Debussy trovò il testo che recava in seno un nuovo respiro musicale, l’egloga L’après-midi d’un faune (1876). In questa musica Debussy intendeva cogliere l’attimo indefinibile che precedeva la parola del fauno, evocando il risveglio della sua sensualità alla vista delle ninfe nel caldo meriggio estivo. Il primo verso del poemetto, peraltro, non lasciava spazio a dubbi sul carattere erotico del monologo: Ces nymphes, je les veux perpétuer. Debussy aveva trovato nei versi di Mallarmé la miccia per accendere l’immaginazione e nel giro di un paio d’anni, tra il 1892 e il 1894, compose e rifinì con cura la breve pagina sinfonica. L’esecuzione del Prélude avvenne il 22 dicembre 1894 alla Société Nationale de Musique di Parigi, con la direzione di Gustave Doret. Sebbene non venisse salutata dall’ambiente musicale come un avvenimento, l’opera attirò l’attenzione del mondo musicale sul compositore, aprendo la strada al lavoro culminante della prima fase della carriera di Debussy, Pelléas et Mélisande. Molti anni dopo, nel 1910, l’autore ricordava in una lettera allo scrittore Georges Jean-Aubry, il quale per inciso fu anche il traduttore francese del Retablo de Maese Pedro, la prima reazione del poeta: «Mallarmé venne a trovarmi, con un’aria fatidica e addobbato di un plaid scozzese. Ascoltò. Poi, dopo un attimo di silenzio, mi disse: “Non mi aspettavo una cosa simile! La vostra musica prolunga l’emozione del mio poema, l’ambientazione è resa in maniera ancora più appassionata del colore”». Il poeta aggiunse anche dei versi di ringraziamento, dopo la prima esecuzione: Sylvain d’haleine première Si la flûte a réussi Ouïs toute la lumière Qu’y soufflera Debussy. Silvano dal soffio audace se il tuo flauto riuscì, ascolta la grande luce che vi soffiò Debussy. Questa celebre pagina sinfonica poggia soprattutto su una sensibilità del tutto particolare per la materia sonora, intuibile già dalla singolare e quasi eccentrica composizione dell’orchestra, formata da tre flauti, due oboi, due clarinetti, quattro corni, due arpe e archi, molto spesso divisi e con sordine. Per questo motivo risulta particolarmente interessante ascoltare la versione del Prélude trascritta per un organico di soli 11 strumenti da Benno Sachs. Nel 1918, a Vienna, Arnold Schönberg aveva fondato un’associazione privata di concerti (Verein für musikalische Privataufführungen), allo scopo di divulgare la musica degli autori contemporanei, che faticavano sempre di più a trovare spazio all’interno dei programmi tradizionali. Non disponendo di risorse e animato da un fervore apostolico assai caratteristico della personalità del fondatore, il Verein presentò per alcune stagioni opere dei maggiori musicisti dell’epoca. Oltre ai lavori di musica da camera, venivano eseguite anche composizioni per orchestra, in versioni preparate per l’organico a disposizione, secondo un modello di diffusione musicale ancora legato al concetto ottocentesco di riduzione pianistica. Nell’autunno del 1921, poco prima che l’associazione si sciogliesse, Schönberg aveva pregato Webern di occuparsi di due trascrizioni, Lied von der Erde di Mahler e il Prélude di Debussy. Il vecchio allievo però non ebbe tempo di portare a termine il compito e la musica di Debussy fu quindi arrangiata da un giovane studente di Schönberg, Benno Sachs, in maniera molto apprezzabile e di particolare effetto. Manuel de Falla El amor brujo Gitaneria in un atto e due quadri libretto di María e Gregorio Martínez Sierra El retablo de Maese Pedro Adattazione musicale e scenica di un episodio di El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes Una versione del Prélude à l’après-midi d’un faune orchestrata da Manuel de Falla fu suonata nel novembre del 1925 al Teatro di San Fernando di Siviglia. Non è l’unico punto di contatto tra i due musicisti, pur così differenti per carattere e stile di vita. Il loro rapporto risaliva a prima ancora dell’arrivo di Falla a Parigi, nel 1907, testimoniato da una cortese lettera di Debussy circa un arrangiamento per pianoforte della parte di arpa delle Danse sacrée et danse profane. Debussy manifestò in varie maniere la stima e la simpatia per il timido e orgoglioso musicista spagnolo, aiutandolo a farsi conoscere e dispensando vari consigli professionali, accuratamente raccolti da Falla in un quaderno di appunti. Falla scriverà anche un toccante Homenaje in memoria di Claude Debussy, nel 1920, una Elegía de la guitarra, che evoca la musica di quella Spagna immaginaria tanto amata dal compositore di Ibéria. Falla era però un autentico musicista spagnolo e la sua musica risentì in varie maniere dei problemi legati alla complessa questione dell’identità culturale del paese. La musica spagnola della prima metà del Novecento, compresa quella di Falla, è stata a lungo considerata più che altro come un ammasso di cliché, incapace di esprimere altro che una sorta di “colore locale”, già inventato nei suoi aspetti essenziali nel secolo precedente da autori russi come Glinka e RimskijKorsakov e dai grandi musicisti francesi. Soltanto negli ultimi anni, grazie anche a una visione meno legata a un pregiudizio negativo verso i linguaggi artistici di natura diversa rispetto all’estetica delle “avanguardie”, la figura di Falla è stata studiata nel suo vero contesto storico e culturale, riconoscendo il valore della sua presenza nella musica e nell’arte del suo tempo. In realtà Falla costituisce una delle personalità più forti del modernismo spagnolo, che ha contribuito in maniera considerevole a definire il panorama della cultura del Novecento. I rapporti di Falla con personaggi di grandezza assoluta come Picasso, Federico García Lorca, i filosofi José Ortega y Gasset e Miguel de Unamuno, conferiscono alla sua musica un respiro intellettuale nuovo e una visione poetica di grande rilievo. L’andalucismo e il carattere vernacolare di alcune pagine famose di Falla, come El amor brujo, nate da un amore autentico per i popoli e i luoghi della sua terra, non possono essere relegate in una dimensione locale, quasi da cartolina turistica, perché il dramma contenuto nella loro espressione idiomatica riguarda la nuda natura dell’anima umana e parla alla coscienza di chiunque assista alla cupa vicenda di Candelas e dello spettro del suo amante geloso. Tanto meno avrebbe senso ridurre una delle opere più felici della seconda stagione parigina di Falla, come El retablo de Maese Pedro, tratto da un testo di valore universale come il Don Chisciotte della Mancia, a un semplice divertissement di stampo neoclassico. Il teatro costituiva la dimensione fondamentale della musica di Falla, che non a caso scomparve senza riuscire a terminare la sua massima utopia scenica, la cantata Atlántida, il lavoro sul quale aveva speso in maniera ossessiva l’energie per vent’anni. Falla era nato nel teatro di zarzuela e il linguaggio di quella forma minore e bastarda di spettacolo (il cosiddetto género chico) costituisce il retroterra di tutte le complesse trasformazioni del suo stile, nutritosi nel corso del tempo di molteplici esperienze musicali e intellettuali. Il primo soggiorno a Parigi, tra il 1907 e lo scoppio della Grande Guerra, rappresenta una tappa fondamentale della maturazione artistica di Falla. Poco prima di lasciare Parigi, il musicista conobbe una coppia di scrittori, María e Gregorio Martínez Sierra, destinati a segnare in maniera profonda il suo cammino teatrale. Tornato a Madrid all’inizio delle ostilità, Falla iniziò una collaborazione con i Martínez Sierra, scrivendo le musiche per una serie di loro spettacoli allestiti al Teatro Lara di Madrid. Gli studi hanno appurato che la maggior parte dei testi erano in realtà opera di María, che firmava usando il nome del marito, un rapporto analogo a quello instauratosi tra la scrittrice Colette e Willy GauthierVillars. Il 15 aprile 1915, al Teatro Lara, veniva rappresentata una gitanería in un atto e due quadri dal titolo El amor brujo. Il Lara era un teatro d’ispirazione liberale, dove si rappresentavano lavori degli autori più aperti allo stile moderno, come Jacinto Benavista e Ramón del Valle-Inclán. La sala non aveva una buca d’orchestra e Falla scrisse le musiche per un piccolo gruppo di strumenti, quindici in tutto, riuscendo nondimeno a ottenere con precisione il tipo di suono che aveva in mente. Lo spettacolo era ritagliato sulle caratteristiche di Pastora Rojas Monje, in arte Pastora Imperio, bailaora sivigliana, una delle figure più rappresentative del folclore flamenco di tutti i tempi. La sfida degli autori consisteva nel conferire dignità artistica a un genere di spettacolo ritenuto volgare e di basso livello. Il mondo del flamenco e della musica gitana aveva offerto in passato parecchi spunti per arricchire di colore esotico il teatro d’opera e la musica sinfonica, basti pensare alla Carmen di Bizet o al Capriccio spagnolo di RimskijKorsakov, ma in questo caso intendeva parlare da sé, esprimendo senza mediazioni il carattere primitivo e selvaggio della propria natura. Falla si comportava in maniera onesta verso questo mondo, al quale era sinceramente legato, sebbene il suo criterio fosse legato allo spirito del suo tempo e consistesse nel tentativo impossibile di tradurre nel linguaggio della musica colta il suono autentico di voci e strumenti della tradizione arabo-ispanica dell’Andalusia. Come il cante jondo aveva risvegliato l’immaginazione dell’autore nell’Amor brujo, così le Cantigas trecentesche di Alfonso X El sabio e lo sterminato patrimonio musicale spagnolo dell’epoca di Cervantes, dai trattati per chitarra di Gaspar Sanz al Cancionero salmantino di Ledesma e ai madrigali di Francisco Guerrero, costituirono lo sfondo storico sul quale Falla riprodusse in chiave moderna il famoso episodio della taverna del Don Chisciotte. El retablo de Maese Pedro, eseguito per la prima volta in forma da concerto a Siviglia nel marzo del 1923, voltava le spalle in maniera radicale all’andalucismo del decennio precedente per abbracciare una visione più legata alle nuove tendenze neoclassiche della musica europea. L’opera, composta come “homenaje devoto a la gloria de Miguel de Cervantes”, era una commissione della Principessa di Polignac, che ospitò nel proprio salone a Parigi, il 25 giugno 1923, la prima rappresentazione scenica, con il baritono Hector Dufranne nel ruolo di Don Chisciotte e Wanda Landowska al clavicembalo tra gli artisti coinvolti nello spettacolo. Il genere era del tutto particolare, trattandosi di uno spettacolo di marionette, nel quale si rappresentava a sua volta uno spettacolo di marionette. In questa forma, almeno, era stato concepito in origine dall’autore, che desiderava delle marionette a grandezza d’uomo per i personaggi principali e delle figure di formato minore per i burattini della “Liberazione di Melisendra”. Questo complicato arrangiamento venne poi modificato, dopo lunghe discussioni con i suoi collaboratori, tra cui anche il regista Luis Buñel, in occasione di un allestimento ad Amsterdam nel 1926. L’idea di creare un teatro esclusivamente di figura rappresentava tuttavia un atteggiamento molto significativo. La guerra aveva completamente distrutto le forme e i valori della vita ottocentesca e gli artisti più moderni avevano voltato le spalle, in maniera più o meno radicale, allo stile del secolo precedente. Falla, che aveva discusso del progetto con la Polignac sin dal 1919, rifiutava adesso di scrivere un’opera in forma tradizionale, legata al principio d’immedesimazione imposto dal teatro verista. Un personaggio di legno, anziché in carne e ossa, costituiva un sicuro deterrente contro qualunque tentazione dell’interprete di ridurre la distanza tra sé e la sua maschera. Per diversi aspetti, in particolare per quanto concerne l’uso simultaneo di tonalità differenti, lo stile musicale del Retablo non rappresenta una frattura con il mondo andaluso dell’Amor brujo. Falla prende piuttosto le distanze dalla sua vecchia estetica di stampo nazionalista, benché priva di qualunque forma di aggressività sciovinistica, per rivolgere il pensiero al significato profondo dell’arte come illusione e più in generale al rapporto tra il mondo e la sua rappresentazione. Nella musica, questo tipo di visione pessimista si traduceva con la rinuncia a ogni forma di espressività soggettiva, incarnata per così dire dal suono meccanico del clavicembalo e dal ricorso a un tipo di vocalità il più possibile neutra. Lo stile vocale dei tre ruoli cantati, come recita la nota anteposta alla partitura, deve “evitar rigurosamente todo amaneramiento teatral”, e quello di Chisciotte in particolare dev’essere “partecipe de lo bufo y de lo sublime”. Quest’ultimo carattere costituisce anche il momento culminante della breve opera, rappresentato dalla sognante ode a Dulcinea, che Don Chisciotte invoca con intenso lirismo poco prima della fine, dopo aver sconquassato il teatrino delle marionette a colpi di Durlindana. L’animo sconvolto di Don Chisciotte trova un momento di pace nel suo illusorio sogno d’amore, espresso in una nobile melodia antica, resa preziosa da un colore trasparente dell’accompagnamento e chiusa da un romanticissimo frammento solista del corno. Oreste Bossini Manuel De Falla EL AMOR BRUJO L’amore stregone Gitaneria in un atto e due quadri su libretto di María e Gregorio Martinez Sierra per cantora di flamenco e 15 strumenti (versione del 1915) Charo Martin cantaora di flamenco CUADRO PRIMERO QUADRO I Introducción y Escena Introduzione e scena Casa de los gitanos. Es de noche. En el suelo, en el centro, hay un braserillo encendido. Las dos gitanillas, sentadas en el suelo, echan las cartas. Cada una tiene delante un candil. Fuera, en la noche, se oye lejano el rumor del mar. Una gitana vieja se acerca a la puerto y dice: Fra i Gitani. Nottetempo, nel mezzo di un patio, un fuoco è acceso. Due gitane, sedute per terra, giocano a carte. Ciascuna di esse ha davanti una lampada a olio. Fuori, nella notte, si sente il rumore del mare lontano. Una vecchia gitana, si incammina verso la porta e dice: Gitana Vieja* ¡Cómo resuena la mar esta noche! Candelas ¡No tendrá que decir ná bueno! Gitana Vieja La mar no dice ná, ni bueno ni malo. Suena porque la mueve el viento y habla como los condenaos, sin licencia de Dios. Gitana vecchia Come risuona il mare stanotte! Candela Non sembra presagire niente di buono. Gitana vecchia Il mare non predice niente, né bene, né male; fa rumore perché il vento lo muove e, parla, come i dannati, senza il permesso di Dio. * Le parti della Gitana Vecchia (voce recitante), di Gitanella (soprano) e del Gitano (voce recitante) nell’esecuzione di questa sera non vengono recitate. La vieja pasa y desaparece en el interior de la casa. La vecchia maga passa e sparisce nella casa. Candelas (echando las cartas) Una, dos, tres, cuatro, cinco, seis, siete... ¡Sale mujer rubia! ¡Mujer rubia!... Gitanilla (con alegría, mirando las cartas) ¡Sale que me quiere! (palmoteando) ¡Vendrá! ¡Vendrá! Candelas ¡Ladra un perro en la calle!... ¡Ma agüero! (se apaga la luz porque entra un soplo de aire; con terror) ¡Hasta la luz se apaga! ¡Malhaya mi suerte! (acerca el cigarrillo a las cartas para seguir viendo) Una... dos... tres... cuatro... cinco... seis... siete... ¡Sale que no me quiere! (con desaliento) Una... dos... tres... cuatro... cinco... seis... siete... En este momento, habla con eya de mí... y le dice que no me quiere ni me ha querido nunca! (Tirando las cartas con rabia.) ¡Más vale dejarlo! Candela (giocando a carte) Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette... Esci, donna rossa, donna rossa! Gitanilla (gioiosamente, guardando le carte) Esci! Ed egli mi amerà! (applaudendo) Verrà, verrà! Candela Un cane abbaia per strada. È un cattivo presagio! (un colpo di vento spegne il fuoco; con terrore) Anche il fuoco si spegne! Non ho proprio fortuna! (utilizzando la sigaretta per illuminare le carte) Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette... Esce che non mi amerà! (con avvilimento) Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette... In questo momento le parla di me... le dice che non mi ama e che non mi ha mai amato! (gettando le carte per terra) Farei meglio ad abbandonarlo! Se levanta, se acerca a la candela y canta. Si alza, si dirige verso il fuoco e inizia a cantare. Canción del amor dolido Canzone dell’amore dolente Candelas ¡Ay! Yo no sé qué siento, ni sé qué me pasa, cuando éste mardito gitano me farta! ¡Ay! Candela que ardes ¡Más arde el infierno que toita mi sangre abrasa de celos! ¡Ay! Cuando el río suena ¿qué querrá decir? ¡Ay! ¡Por querer a otra so orvía de mi! ¡Ay! Cuando el fuego abrasa... Cuando el río suena... Si el agua no mata al fuego, a mí el pesar me condena! ¡A mí el querer me envenena! ¡A mí me matan las penas! ¡Ay! Candela Ah! Non so cosa sento, né cosa mi succede. Quanto mi manca questo maledetto gitano! Ah! Candela che ardi... Più arde l’inferno, più tutto il mio sangue brucia di gelosia! Ah! Quando il fiume risuona cosa vorrà dire? Ah! Per amare un’altra dimentica me! Ah! Quando il fuoco brucia... quando il fiume suona... Se l’acqua non uccide il fuoco, il dolore mi condanna! L’amare mi avvelena! Mi uccidon le pene! Ah! Al terminar la canción, dan las doce de la noche. Quando finisce la canzone è mezzanotte. Sortilegio Sortilegio Candelas (con sentído de fatalídad) ¡Las doce! Las dos gitanillas se acercan una a la puerta y otra a la ventana y hacen su conjuro. Conjurando a la noche. ¡Las doce están dando! En los brazos de la Virgen María su Hijo está orando… Por ello te pido oír puerta cerrar, niño yorar y campana repicar... ¡Lo que mi corazón desea mis ojos lo vean! Candela (con senso della fatalità) Mezzanotte! Le due gitanelle si avvicinano una alla porta e l’altra alla fínestra e fanno i loro scongiuri, nella notte. Mezzanotte! Nelle braccia della Vergine Maria suo figlio prega... Per lui ti chiedo di sentire una porta che si chiude, un bambino piangere, una campana suonare... Che i miei occhi possano vedere quello che il mio cuore desidera! Gitanilla (con allegria) Verrà! Verrà! Gitanilla (con alegría) ¡Vendrá! ¡Vendrá! Candelas (apartándose de la ventana con desaliento) ¡No ha ce venir! ¡Ya sé yo que no viene!... ¡Para qué habré vivío un día más, si no le voy a ver! (con resignacíón) ¡Las doce! ¡De todas maneras, con pena o alegría hay que cumplir lo que está mandao! (con uncíón) ¡Pa que un Debé que está en el sielo, nos entre de su mano en er dia nuevo! Pa que nos lieve por la buena via... haremos la danza del fin del dia. Candela (allontanandosi dalla finestra con scoraggiamento) Non verrà! Lo so che non verrà, come potrò vivere un giorno di più, se non posso più rivederlo! (con rassegnazione) Mezzanotte! In ogni caso, per amore o per forza, noi dobbiamo fare ciò a cui siamo destinati. (con fervore) Colui che è nel cielo ci dà un nuovo giorno, affinché possa condurci alla vita eterna.... Faremo la danza della fine del giorno. Danza del fin del dia Danza della fine del giorno Se acerca de nuevo a la candela y echa en ella un puñado de incienso. Candela si avvicina al fuoco e vi getta un pugno di incenso. Candelas (religiosamente) ¡Incienso santo! ¡Incienso nuevo! ¡Sarga lo malo y entre lo bueno! Candela (religiosamente) Incenso sacro, incenso nuovo, caccia lo spirito maligno e dacci quello buono! A medida que sube el humo del incienso, balla Candelas la danza del fin del día. Al centro della fumata provocata dall’incenso Candela balla la danza della fine del giorno. Candelas y Gitanilla Ah! ah!... (etc.) Candela e Gitanilla Ah, ah, ah, ecc. Escena (El amor vulgar) Scena (L’amor volgare) Terminada la danza, se oye en la calle un silbido: es el novio de la gitanilla que avisa su llegada. Terminata la danza si sentono dei fischi provenienti dalla strada: è l’amante di Gitanilla che annuncia il suo arrivo: Gitanilla (con alegría) ¡Ya está ahí! ¡Ya está ahí! Gitanilla (con allegria) È qui, è qui! Sale corriendo. Candelas mira salir a la otra gitanilla, se acerca a la ventana. Mira en la noche con desolacíón. Esce correndo. Candela guarda l’altra gitana uscire e si avvicina alla finestra, fissando la notte con desolazione. Candelas ¡Ná, ná, y siempre ná! Candela Niente, niente e sempre niente! Romance del pescador Romanza del pescatore Vuelve al centro ce la escena y recita con expresiva monotonía. Candela torna al centro e declama in un tono monocorde ed espressivo. Candelas Por un camino iba yo buscando la dicha mía: lo que mis sacais miraron mi corasón no lo orvía. Por la verea iba yo. A cuantos le conocían - ¿le habéis visto? - preguntaba, y nadie me respondía. Por el camino iba yo y mi amor no parecía. Er yanto der corasón por er rostro me caía. La verea se estrechaba y er dia se iba acabando. A la oriyita der río estaba un hombre pescando. Mientras las aguas corrían iba el pescador cantando: ¡No quiero apresar los pececilios del río; quiero hallar un corasón que se me ha perdío! Pescador que estás pescando, si has perdido un corasón, a mí me lo están robando a traición. El agua se levantó al oir hablar de penas de amantes y dijo con ronca voz: ¡Pascador y caminante, si sufrís los dos, en er Candela Andavo per un sentiero cercando la mia felicità: ciò che i miei occhi videro il mio cuore non lo dimentica. Andavo per il sentiero. A quanti conoscevo «Lo avete visto?», domandavo, e nessuno mi rispondeva. Andavo per il cammino e il mio amore non appariva. Il pianto del cuore mi scendeva sul volto. Il sentiero si stringeva e il giorno stava finendo. Sulla riva del fiume stava pescando un uomo. Mentre le acque correvano il pescatore stava cantando: non voglio afferrare i pesciolini del fiume; voglio trovare un cuore che mi è sfuggito. Pescatore che stai pescando, se hai perduto un cuore, a me lo stanno rubando a tradimento. L’acqua si alzò sentendo parlare di pene d’amanti e disse con voce roca: pescatore e viandante, se soffrite ambedue sulla mon- monte hay una cueva, en la cueva hay una bruja que sabe hechisos de amor! ldla a buscar que eya remedio os dará! Esto dijo er río, esto habrá que haser... ¡A la cueva de la bruja tengo ce acudir! ¡Si eya no me da er remedio me quiero morir! tagna c’è una grotta, nella grotta c’è una strega che conosce sortilegi d’amore! Andate a cercarla, ella vi darà un rimedio! Questo disse il fiume, questo si dovrà fare... Alla grotta della strega devo andare! Se ella non mi darà un rimedio, voglio morire! Intermedio Intermezzo CUADRO SEGUNDO QUADRO II lntroducción (El fuego fatuo) Introduzione (Il fuoco fatuo) La cueva de la bruja. Es de noche: la cueva está sola y oscura, pero en el fondo se ve un camino ce montaña con chumberas y malezas, iluminado por la luz de la luna. (Al levantarse el telón,) salta del suelo un fuego fatuo, y recorre la cueva en danza fantástica, paseándose en el aire, por el suelo, por los muros, etc. La grotta della maga. È notte: la grotta è scura e vuota, ma in fondo appena visibile, c’è un sentiero di montagna con fichi d’India e boscaglia, illuminato dalla luna. Un fuoco fatuo si alza da terra e percorre la grotta in una danza fantastica, alzandosi in aria, sul pavimento, sui muri, etc. Escena (El terror) Scena (Il terrore) Aparece en el sendero Candelas, llega al umbral de la cueva, llama tres veces, nadie responde; entra temerosa. Al acercarse la gitana a la entrada de la cueva, el fuego fatuo se esconde en un rincón, en el cual están reunidos los amuletos e instrumentos mágicos de la bruja. Entrando temerosa y mirando en derredor. Candela appare dal sentiero, arriva all’ingresso della grotta, chiama tre volte ma nessuno risponde. Entra impaurita. Mentre si avvicina all’entrata il fuoco fatuo si nasconde in un angolo della grotta dove si trovano i sortilegi e le pozioni magiche della maga. Entrando piena di apprensione e gettando uno sguardo nella grotta: Candelas ¿No hay nadie en la cueva? (con un poco de temor, como si se asustase de su misma voz) ¡Nadie me responde! ¿Será que la bruja sale por la noche en busca der mengue jineta en su escoba por la chimenea?... ¡Ay, Jesús me varga! ¡Qué miedo me entra! (mira en derredor y adelanta despacio por la cueva, acercándose al rincón de los encantos) ¡No hay nadíe... estoy sola!... ¡Esta es la candela!... ¡Este es el manojo de las malas yerbas!... (al nombrar los objetos, extiende la mano para tocarlos, pero retrocede siempre sin atreverse) ¡Este es el lagarto!... ¡Esta es la redoma encantá, donde el agua que sabe el secreto de todas las vidas está aprisioná! (va de un lado a otro, volviendo siempre, como invenciblemente atraída, al rincón de los encantos) ¡No hay nadie... estoy sola!... ¡Si yo me atreviera... haría el conjuro que al diablo callao desata la lengua!... ¡No hay nadie... estoy sola!... ¡Si yo me atreviera!... (se acerca con cierta resolución al ríncón do los ancantos y, cerrando los ojos, pone la mano sobre la redoma encantada. Un rumor sordo, como de trueno, demuestra la irritacíón del espíritu de la cueva, y el Fuego fatuo, que es su representante, salta del rincón en que está escondido y quiere lanzarse sobre la gitana profanadora. Candelas, espantada por el rumor, abre los ojos, y al ver el fuego fatuo, Candela Non c’è nessuno nella caverna? (timorosa, come se la sua stessa voce la spaventasse) Nessuno mi risponde, forse la maga esce la notte sulla sua scopa per una passeggiata alla ricerca del demonio? O Dio proteggimi! Sono terrorizzata! (guarda all’intorno e avanza piano nella grotta, avvicinandosi all’angolo dove sono i sortilegi) Non c’è nessuno... sono sola!... Questa è la candela!... Questo è un fascio di erbe velenose!... (nominando gli oggetti, allunga la mano per toccarli, ma indietreggia senza osare farlo) Questa è una lucertola!... E là è imprigionata la fiala magica che conserva il segreto delle vite! (va da un lato all’altro, tornando sempre, invincibilmente attratta, sul posto dei sortilegi) Non c’è nessuno... sono sola. Se solo osassi, pronuncerei io stessa la formula magica che scioglie la lingua del demonio. Non c’è nessuno qui? Sono completamente sola... Se solo osassi... (si avvicina risoluta all’angolo dei sortilegi e, chiudendo gli occhi, tocca la fiala incantata. Un rumore sordo, come di tuono, dimostra l’irritazione dello spirito della grotta e il fuoco fatuo, che è il suo rappresentante, esce dall’angolo in cui si nasconde per lanciarsi sulla gitana profanatrice. Candela, spaventata dal rumore, apre gli occhi e, vedendo il fuoco fatuo, sempre più spaventata, más espantada aún, retrocede) ¡Ah!... Es er fuego fatuo, Espíritu y rey de la cueva, que quiere vengarse de mí... ¡No te acerques! ¡Fuego del infierno que las almas quemas! retrocede) Ah!... Il fuoco fatuo! Spirito e re della caverna che vuole vendicarsi di me! Non t’avvicinare! Fuoco dell’inferno che bruci le anime! Danza del fuego fatuo Danza del fuoco fatuo Candelas danza frenéticamente huyendo del fuego fatuo que la persigue: se aparta con terror, salta, se retuerce; por fin, de la misma desesperación saca alientos para lanzarse a perseguirlo: naturalmente, el fuego fatuo huye y, saliendo por la boca de la cueva, se desvanece en la deslumbrante luz de la luna. Candelas se apoya rendida en el quicio de la entrada y da un suspiro do descanso. Después canta la cancíón del fuego fatuo. Candela danza freneticamente nel tentativo di sfuggire al fuoco fatuo che la insegue: si allontana terrorizzata, salta, si contorce e gira su se stessa; alla fine, esasperata, soffia più forte che può per provare a sbarazzarsene. Il fuoco fatuo fugge e precipitandosi fuori dalla grotta sparisce nella luce accecante della luna. Candela, stremata, si appoggia contro l’entrata della grotta e sospira di fatica. Infine canta la canzone del fuoco fatuo. Interludio (Alucinaciones) Interludio (Allucinazioni) Canción del fuego fatuo Canzone del fuoco fatuo Candelas ¡Ah! Lo mismo que er fuego fatuo, lo mismito es er queré. Le juyes y te persigue, le yamas y echa a corré. ¡Lo mismo que er fuego fatuo, lo mismito es er queré! Nace en las noches de agosto, cuando aprieta la calor. Va corriendo por los campos en busca de un corazón... ¡Lo mismo que er fuego fatuo, lo mismito es el amor! ¡Malhaya los ojos negros que le Candela Come il fuoco fatuo, proprio così è l’amare. Lo fuggi e ti insegue, lo chiami e si mette a correre. Come il fuoco fatuo, proprio così è l’amare. Nasce nelle notti d’agosto, quando il calore opprime. Va correndo per i campi in cerca di un cuore... Come il fuoco fatuo, proprio così è l’amare. Maledetti gli occhi neri che riuscirono alcanzaron aver! ¡Malhaya er corazón triste que en su yama quiso arder! ¡Lo mismo que er fuego fatuo se desvanece er queré! Terminada la cancíón, Candelas dice: ¡Es fuego fatuo desapareció! ¡En la luz de la luna se desvaneció! ¡La cueva es mía! ¡Vamo a ver si venso la mala suerte con la brujería! a vederlo! Maledetto il cuore triste che volle ardere nella sua fiamma! Come il fuoco fatuo, proprio così è l’amare. Terminata la canzone, Candela dice: Il fuoco fatuo è scomparso, nella luce della luna è scomparso. La grotta è mia! Vediamo se posso rompere la cattiva sorte con dei sortilegi! Interludio Interludio Se acerca resueltamente al rincón de los encantos, y apoderándose de la redoma encantada derrama parte del agua sobre el fuego y hace el conjuro. Si avvicina all’angolo delle pozioni magiche e appropriandosi della fiala magica sparge un po’ d’acqua sul fuoco e compie il sortilegio. Conjuro para reconquistar el amor perdido Esorcismo per riconquistare l’amore perduto Candelas ¡Por Satanás! ¡Por Barrabás! ¡Quiero que el hombre que me ha orvidao me venga a buscar! ¡Cabeza de toro, ojos de león!... ¡Mi amor está lejos... que escuche mi voz! ¡Que venga, que venga! ¡Por Satanás! ¡Por Barrabás! ¡Quiero que el hombre que me quería me venga a buscar! ¡Elena, Elena, hija de rey y reina!... Que no pueda parar ni sosegar, ni en cama acostao ni en silla sentao... hasta que a mi poder venga a parar! ¡Que venga! ¡Que venga! Candela Per Satana! Per Barabba! Voglio che l’uomo che mi ha dimenticata venga a cercarmi! Testa di toro, occhio di leone!... Il mio amore è lontano... che ascolti la mia voce! Che venga, che venga!... Per Satana! Per Barabba! Voglio che l’uomo che mi amava mi venga a cercare! Elena, Elena! Figlia di re e regina!... Che non possa fermarsi, né quietarsi, né disteso a letto, né seduto su sedia... finché non venga in mio potere! Che venga, che venga!... ¡Por Satanás! ¡Por Barrabás! ¡Quiero que el hombre que me ha engañao me venga a buscar! Me asomé a la puerta al salir el sol... Un hombre vestío de colorao pasó... Le he preguntao, y me ha contestao que iba con los cordeles de los siete ahorcaos... Y yo le he dicho: ¡Que venga, que venga! ¡Pajarito bianco que en el viento viene volando!... ¡Que venga, que venga! ¡Entro y convengo en el pácto! (Rompe la redoma contro el suelo) ¡Paque venga! ¡Paque venga! ¡Paque venga! ¡Por Satanás! ¡Por Barrabás! ¡Quiero que el hombre que era mi via me venga a buscar! Per Satana! Per Barabba! Voglio che l’uomo che mi ha ingannato mi venga a cercare! Mi affacciai alla porta col nascere del sole... Un uomo vestito di rosso passò... Gli ho domandato e mi ha risposto che andava con le corde dei sette impiccati... E io gli ho detto: che venga, che venga! Uccellino bianco che viene volando nel vento!... Che venga, che venga! Entro e confermo il patto! (Rompe la fiala per terra) Perché venga! Perché venga! Perché venga! Per Satana! Per Barabba! Voglio che l’uomo che era la mia vita mi venga a cercare! Se oye como respuesta de los poderes infernales, ruido de cadenas arrastradas, y oscurece por completo. Le forze diaboliche mostrano il loro accordo con rumori di catene e con una oscurità totale. ¡Ah... ruido de cadenas arrastrás! ¡Er diabio anda en esto! Oh, rumori di catene trascinate! Il diavolo c’è per qualcosa! Escena (El amor popolar) Scena (L’amor ordinario) Se oye música misteriosa y suave: el amor se acerca: se ve brillar en las ombra un punto rojo: es la lumbre del cigarro del amante que se va acercando por la senda oscura; a medida que el gitano se acerca, el canto de amor va acercándose a lo popolar. De pronto desaparece la lucecilla: es que el cigarro del amante que viene se ha Si sente una musica misteriosa e soave: l’essere amato si avvicina, nell’oscurità si vede un punto rosso. È il sigaro dell’amante che si avvicina nel sentiero scuro. Come il gitano si avvicina, la musica diviene più popolare. Improvvisamente la luce sparisce: il sigaro si è spento. Candela va verso l’entrata della apagado. Candelas ve la luz, se acerca a la entrada de la cueva, y a pesar de la oscuridad reconoce el galán. Entonces se aparta con júbilo, y maliciosa alegría, pensando en la “broma pesada” que piensa dar al ingrato. El se detiene a la entrada de la cueva. grotta, e nonostante l’oscurità riconosce il giovane amante. Essa si allontana allora trionfalmente con una gioia maliziosa, pensando allo “scherzo” che è sul punto di giocare al miserabile ingrato. Egli si ferma sull’ingresso. Candelas (víéndole acercarse) ¡El es!... Su suerte lo trae. ¡Ahora vas a ver tú lo que es bueno! Gitano (a la entrada de la cueva) ¡A la pá e Dió! Candelas (desde el fondo de la cueva, cambiando la voz) ¡Er vaya contigo, caminante! Gitano ¡Hay argún arma güena que me quiá dar candela pa ensendé er sigarro? Candelas (aparte) ¿Candela pides pa ensendé er sigarro? ¡Pa abrasarte el arma te la daría yo! (Con la voz cambiada) ¡Entra y tómala! Gitano (entra el gitano sin verla, se acerca a la lumbre y enciende el cigarro) Dios se lo pague. Quear con Dios. Candelas Prisa llevas, gitano. Gitano Voy de camino. Candelas Tos vamos de camino en este mundo: la gracia está en que al fin de la verea nos aguarde arguien. Candela (vedendolo avvicinarsi) È lui, il destino lo ha portato qui. Ora andiamo a vedere quel che succederà. Gitano (all’ingresso della grotta) La pace sia con te. Candela (dal fondo della grotta, falsando la voce) E con te, pellegrino! Gitano Hai una buona anima per darmi del fuoco per il mio sigaro? Candela (fra sé) Vuoi una fiamma per accendere il sigaro? Te la darei se questa potesse consumare la tua anima. (con la voce cambiata) Vieni a prenderla. Gitano (il gitano entra senza vederla; si avvicina e accende il sigaro) Dio ti ringrazierà, vai in pace. Candela Vai di fretta, gitano? Gitano Sono in viaggio. Candela Siamo tutti in viaggio in questo mondo: il bello è che alla fine del cammino ci sia qualcuno che si prenda cura di noi. Gitano Sí que hay unos ojilios negros que me parece que van a alegrarse argo ar verme a mi llegar. Candelas Pos me parece a mí que esta noche van a tardar un rato en alegrarse. Gitano ¿Por qué dice usté eso? Candelas ¡Ahora lo verás! Gitano Oh si, ci sono degli occhi scuri, che, io penso, andranno a rallegrarsi al mio ritorno. Candela Mi sembra che tarderanno un po’ a rallegrarsi, questa notte. Gitano Perché dici questo? Candela Ecco perché. Danza y canción de la bruja fingida Danza e canzone della finta strega Candelas se echa por la cabeza un velo y empieza a danzar en torno de él para seducirle. Alterna la danza con canciones que le dice acentuando la expresión misteriosa. El gitano, aturdido, sufre su fascinación, sin conocerla, y después de la primera estrofa, va detrás de ella, intentando cogerla: pero ella huye de él, y cuando le ve cansado, vuelve a acercársele insidiosamente: él se desespera. Candela getta un velo sulla sua testa e comincia a danzare attorno a lui per sedurlo. Alterna danza e parole per intensificare il mistero. Il gitano è affascinato ma non la riconosce e dopo la prima strofa si mette dietro a lei per afferrarla, ma ella sfugge ai suoi tentativi e quando vede che si è stancato, ritorna maliziosamente: egli si dispera. Candelas ¡Tú eres aquél mal gitano que una gitana quería! ¡El querer que eya te daba tú no te lo merecías! Gitano (con asombro) ¡Eh! ¿Qué diceas? Candelas Sin responderle, danza voluptuosamente en derredor suyo luego canta: ¡Quién lo había de decí que con otra la vendías! ¡Anda, mar gaché! (con rabia) Candela Tu sei il miserabile gitano che una ragazza ha amato un giorno! Non meriti il suo amore! Gitano (con meraviglia) Che dici? Candela Senza rispondergli, danza voluttuosamente intorno a lui e gli canta: Chi avrebbe creduto che tu l’avresti tradita con un’altra? Allora dunque, che meriti? (con rabbia) ¿Qué te merecías? ¡Que er mismísimo Pedro Botero te abrasara esa lengua conque amor la mentías! Gitano (acercándose a ella) ¿Qué sabes tú? ¿Quién te ha cantao to eso? ¡Ven aquí! Quiere acercarse a ella, que sigue bailando. Cuando la va a coger, se detiene en seco y canta fingíendo gran solemnidad. Candelas ¡No te acerques, no me mires, que soy bruja consumá; y er que se atreva a tocarme la mano se abrasará! Danza huyendo de él, con movimientos insidiosos y serpentinos; él la sígue come alucínado. Gitano ¿Quién eres? ¿Quién eres? Candelas (fingiendo un aire ce fatalidad) ¡Soy la voz de tu destino! ¡Soy er fuego en que te abrasas! ¡Soy er viento en que suspiras! ¡Soy la mar en que naufragas! El estrecha la persecución: ella sigue danzando y huyendo, y cuando él cree cogerla se quella con el velo entre las manos y ella escapa riendo. ¡Ja ja ja ja ja! La stessa cosa che le hai fatto tu, Pedro Botero: avere la lingua bruciata, la stessa lingua con la quale hai mentito: Gitano (avvicinandosi a lei) Che sai? Chi ti ha detto questo? Vieni qui! Vuole avvicinarla, mentre lei continua a danzare; quando la va a prendere, lei si ferma improvvisamente e riprende a cantare, fingendo grande solennità. Candela Non ti avvicinare, non mi toccare, io sono una vera strega, e chiunque tenta di toccarmi sarà bruciato. Danza sfuggendogli, con movimenti insidiosi e serpentini, egli la segue come allucinato. Gitano Chi sei? Chi sei? Candela (fingendo un’aria di fatalità) Sono la voce del tuo destino! Sono il fuoco nel quale tu ti consumi! Sono il vento nel quale sospiri! Sono il mare nel quale tu naufraghi! Egli la mette alle strette; lei continua a ballare e fuggire, e quando crede di prenderla rimane col velo in mano e lei fugge ridendo: Ah! Ah! Ah! Ah! Ah! Final (Las campanas del amanecer) Finale (Le campane dell’alba) Gitano (reconociéndola en la voz) ¡Tú... tú... Candelas! Gitano (riconoscendola dalla voce) Tu, tu... Candela! Candelas (con soma) ¡Yo... yo!.. Candelas ¡Candeliya, que ardía na más que pa tí, y que te deja a oscuras pa in secula seculorum! Se acerca a la entrada de la cueva. Desde que ha terminado la danza se acentúa fuera la luz del amanecer. Gitano (con el velo en la mano, un poco desconcertado, queriendo detenerla) No... no pué ser… Atiende... perdóname! Candelas (con altivez desde la puerta de la cueva) ¡Ya está despuntando er dia! ¡Venme esta noche a buscar! Veremos si se me orvía lo que me has jecho penar con tanta maia partía! Gitano (implorándola) ¡Perdóname! ¡Espérame! Candelas (con alegría, sin volverse) ¡Ya está despuntando er día! ¡Cantad, campanas, cantad! ¡Que vuelve la gloria mía! Se oye lejano repique de campanas. Gitano (corriendo detrás de ella) ¡Candelas! ¡Candelas! Candelas (cantando a lo lejos con exaltación) ¡Ya está despuntando er dia! Candela (con noncuranza) Io! Candela! La piccola Candela che si consuma solamente per te e che ti lascia nell’oscurità in saecula saeculorum. Si dirige verso l’entrata della grotta. Dopo che la danza è terminata la luce del mattino è già accentuata. Gitano (con il velo in mano, un po’ sconcertato, volendo trattenerla) No, no, è impossibile, perdonami! Ascoltami! Candela (con alterigia, dalla porta della grotta) Già spunta il giorno! Vieni a trovarmi questa sera! Vedremo se dimentico ciò che mi hai fatto soffrire con un comportamento così malvagio. Gitano (implorandola) Perdonami! Aspettami! Candela (con gioia, senza voltarsi) Già spunta il giorno! Cantate, campane, cantate! Che torna la mia gloria! Si sentono suonare in lontananza le campane. Gitano (correndole dietro) Candela! Candela! Candela (cantando da lontano con esaltazione) Già spunta il giorno! Repique furioso de campanas, mientras cae el telón. Rintocchi furiosi di campane, mentre cala il sipario. El retablo de Maese Pedro, un viaggio cavalleresco per il teatro nel teatro L’ormai mitica figura di Don Chisciotte, interprete eroico dell’essere umano, che cavalca le inquietudini dell’esistenza, ci presenta, con le sue gesta, uno spaccato universale che vuol essere riassunto in questo breve capolavoro (cap. XXVI), scelto da De Falla «come devoto omaggio alla gloria di Miguel Cervantes» e dedicato alla principessa Edmond de Polignac. La scena si compone di due teatri: il primo, il più grande, quello che per Cervantes era una “locanda”, contiene l’orchestra e simboleggia il tempo, la storia che si stratifica e s’imprime sulle stoffe, lasciando i segni del vissuto di un Don Chisciotte sempre “presente”. Il secondo rappresenta lo spazio infinito di un “quadro”, in cui, all’interno della sua cornice evocativa e simbolica, rompe i confini di tempo, di rigore e in cui interagiscono immagini che appaiono su una scacchiera dove il “gioco” va ad iniziare nelle sue molteplici combinazioni. L’immedesimazione di Don Chisciotte nel racconto amoroso ed immaginario delle gesta e dell’amore tra Don Gayferos e Melisendra fa sì che queste “ombre” diventino come personaggi veri e lui piombi su di esse con la sua spada, perdendo così il contatto realistico che lo porta a distruggere quel teatro del quale anche lui, inconsapevolmente, fa parte. Per rendere al meglio queste logiche contraddizioni, la scelta di mettere in scena attori cantanti anziché le marionette (nelle vesti di Don Chisciotte, Sancho Panza, il ragazzo e Don Pedro) e i personaggi della storia raccontata con il teatro delle ombre (anziché con il teatro dei burattini, come nella versione originale), sottolinea l’assoluto contrasto fra questi diversi mondi, e nello stesso tempo rende la storia più leggibile, dando spazio all’immaginario suscitando in ogni spettatore un personale coinvolgimento. Allo scopo di esaltare la figura di Dulcinea è stato scelto di rappresentarla come “unica” marionetta, sovrana e musa ispiratrice di ideali di bellezza e nobiltà di sentimento, unica dedicataria delle gesta di Don Chisciotte, suo cavaliere devoto: “O Dulcinea, signora del mio cuore, Dea dei miei sogni, gloria dei miei stenti...” Gabriele Giromella EL RETABLO DE MAESE PEDRO Il teatrino di mastro Pietro Adattazione musicale e scenica di un episodio di El ingenioso Hidalgo don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes Alma Fournier-Carballo El Trujamán Pierluigi Paulucci Maese Pedro Massimo Di Stefano Don Qujote Accademia di Belle Arti di Brera Associazione Culturale “Teatrino Giro’” Laboratorio “Teatro di figura” Marianna Baggi, Allegra Bernacchioni, Marta Cartacci, Marco Destefani, Maria Diaz, Alessandra Ferrari, Pietro Marchese, Roberta Monopoli, Laura Stamerra Maria Bertolini costumi Gianmarco Giromella luci Gabriele Giromella regia El pregón L’annuncio Maese Pedro ¡Vengan, vengan a ver vuesas mercedes el retablo de la libertad de Melisendra que es una de las cosas más de ver que hay en el mundo! Mastro Pietro Vengan, vengano ad assister lor signori all’istoria della libertà di Melisendra che è una delle cose più mirabili del mondo! Sinfonia de Maese Pedro La sinfonia di Mastro Pietro Maese Pedro ¡Siéntense todos! Atención señores, que comienzo. Mastro Pietro Siedano tutti! Attenzione, signori, che comincio. “Historia de la libertad de Melisendra” “Storia della libertà di Melisendra” El Trujáman Esta verdadera historia que aqui a vuesas mercedes se representa, es sacada de las Crónicas francesas y de los Romances españoles que andan en boca de las gentes. Trata de la libertad que dió el señor don Gayferos a su sposa Melisendra, que estaba cautiva en España, en poder de moros, en la ciudad de Sansueña. Verán vuesas mercedes cómo está jugando a las tablas don Gayferos, según aquello que se canta: «Jugando está a las tablas don Gayferos, que ya de Melisendra se ha olvidado». Il Turcimanno Questa veritiera istoria che qui per lor signori si rappresenta è cavata dalle Cronache francesi e dalle Romanze castigliane che sono in bocca della gente. Tratta della libertà che die’ il signor don Gaifero alla sposa Melisendra che fu prigioniera in Ispagna, in poter dei mori, nella città di Saragozza. Vedran loro signori come sta giocando agli scacchi don Gaifero, secondo quello che si canta: «Giocando sta agli scacchi don Gaifero, che già di Melisendra s’è scordato». Cuadro I - La Corte de Carlo Magno Quadro I - La corte di Carlo Magno El Trujáman Ahora verán vuesas mercedes cómo Il Turcimanno E ora vedran lor signori come el Emperador Carlo Magno, padre putativo de la tal Melisendra, mohino de ver el ocio y descuido de su yerno, le sale a reñir, y despues de advertirle del peligro que corría su honra en no procurar la libertad de su esposa, dicen que le dijo: «¡Harto os he dicho, miradlo!», volviendo las espadas y dejando despechado a don Gayferos, el cual, impaciente de la cólera, pide apriesa las armas, y a don Roldán su espada Durindana. Advértian luégo vuesas mercedes, cómo don Roldán no se la quiere prestar, ofreciéndole su compañía en la dificil empresa; pero el valeroso enojado no la quiere aceptar, antes dice que él solo es bastante para sacar a su esposa, si bien estuviese metida en el mas hondo centro de la tierra. Y como esto se entra a armar para ponerse luego en camino. l’Imperatore Carlo Magno, padre putativo della gran Melisendra, crucciato d’aver un genero trascurato e pigro, lo viene a sgridare, e avendogli esposto il pericolo che correva il suo onore a non procacciare la libertà della sposa, par che gli dicesse: «Troppo v’ho detto, badate!», voltandogli le spalle e lasciando indispettito don Gaifero, il qual, nella furia della collera, chiede subito l’armi, e da don Roldano vuol la Durlindana. Osservin tosto loro signori come don Roldano non gliela vuol prestar, offerendo la sua compagnia nella difficile impresa; ma il valoroso sdegnato non la vuole accettar, anzi dice che basta egli solo a liberar la sua sposa, se pur si trovasse nascosta nel più profondo centro della terra. E come egli si arma per mettersi senz’indugio in cammino. Cuadro II - Melisendra Quadro Il - Melisendra El Trujáman Ahora veréis la torre del Alcázar de Zaragoza, y la dama que en un balcón parece, es la sin par Melisendra, que desde alli, muchas veces, se ponía á mirar el camino de Francia, y puesta la imaginación en París y en su esposo, se consolaba en su cautiverio. Verán tambien vuesas mercedes cómo un moro se llega por las espaldas de Melisendra y la dá un beso en mitad de los labios y la priesa que ella se da en limpiarselos y cómo se Il Turcimanno E ora vedrete la torre dell’Alcázar di Saragozza, e la dama che a un balcon s’affaccia è la gentil Melisendra che di lassù, molte volte, a guardar si metteva la strada di Francia, e dalla fantasia portata a Parigi e al suo sposo, si consolava nel suo esilio. Vedranno poi loro signori come un Moro s’accosta dietro le spalle di Melisendra e le dà un bacio in mezzo alle labbra, e la furia ch’ella ha nel ripulirsele, e come si lamenta, mentre lamenta, mientras el Rey Marsilio de Sansueña, que ha visto la insolencia del moro, su pariente y gran privado, le manda luego prender. che il Re Marsilio di Saragozza, che ha visto l’insolenza del Moro, suo parente e favorito, lo manda tosto a pigliar. Cuadro llI - El suplicio del Moro Quadro III - Il supplizio del Moro El Trujáman Miren luégo vuesas mercedes cómo llevan al moro a la plaza de la ciudad, con chilladores delante y envariamento detrás, y cómo luego le dan doscientos azotes, segun sentencia del Rey Marsilio, ejecutada apenas había sido puestas en ejecución la culpa, porque entre Moros no hay traslado a la parte, ni a prueba y estése, como entre nosotros. Don Quijote Niño, niño, seguid vuestra histoira línea recta, y no os metáis en las curvas y transversales, que para sacar una verdad en limpio menester son muchas pruebas y repruebas. Maese Pedro Muchacho, no té metas en dibujos, sino haz que lo que ese señor te manda: sigue tu canto llano y no te metas en contrapuntos, que se suelen quebrar de sotiles. El Trujáman Yo así lo haré. Don Quijote ¡Adelante! El Trujáman Miren ahora a don Gayferos, que aquí parece a caballo, camino de la ciudad de Sansueña. Il Turcimanno Guardin tosto loro signori come portano il Moro alla piazza della città, coi banditori davanti e con gli sgherri di poi, e come tosto gli dan duecento frustate per la sentenza del Re Marsilio, sull’attimo eseguendo il castigo della colpa commessa di recente, perché fra i mori non si han testimoni, né occorrono prove, come qui si usa. Don Chisciotte Bimbo, bimbo, continua l’istoria in linea retta, e non andar nelle curve o trasversali, ché per giunger alla verità indispensabili sono molte prove e riprove. Mastro Pietro Ragazzo, non andar nei ghirigori, ma esegui quel che il signor ti dice: seguita in canto fermo, e non cacciarti nel contrappunto, ché ogni cosa sottile si spezza. Il Turcimanno Così farò. Don Chisciotte Tira innanzi! Il Turcimanno Guardino intanto don Gaifero che qui compare a cavallo, volando alla città di Saragozza. Cuadro IV - Los Pirineos Quadro IV - I Pirenei El Trujáman Ahora veréis a la hermosa Melisendra, que ya vengada del atrevimiento del enamorado moro, se ha puesto a los miradores de la torre y habla con su esposo creyendo que es algún pasajero, según aquello del Romance, que dice: «Caballero, si a Francía ides por Gayferos preguntade». Veréis tambien cómo don Gayferos se descubre y qué alegres ademanes hace Melisendra al reconocerle, descolgándose luego del balcón, y cómo don Gayferos ase della, y poniéndola sobre las ancas de su caballo, toma de París la vía. Il Turcimanno E ora vedrete la vezzosa Melisendra che, vendicata della sfacciataggine del moro innamorato, salita sul belvedere della torre, parla col suo sposo, scambiandolo con un passeggero, secondo quel ch’è detto nella canzone: «Cavalier, se in Francia andate di Gaifero domandate». Vedrete poi come don Gaifero si riveli e che lieto atteggiamento prenda Melisendra nel ravvisarlo, giù calandosi tosto dal balcon, e come don Gaifero le s’appressi, e mettendola in sella sul suo veloce cavallo, s’incammini per Parigi. Cuadro V - La Fuga Quadro V - La fuga El Trujáman Váis en paz, oh par sin par de verdaderos amantes; lleguéis a salvamento a vuestra patria; ¡los ojos de vuestros amigos y parientes os vean gozar en paz tranquila los días (que los de Nestor sean) que os quedan de la vida! Maese Pedro Llaneza, muchacho, no té encumbres, que toda afectación es mala! Il Turcimanno Va’ con Dio, coppia gentil di veritieri amanti; giungete a salvamento in patria vostra; che gli occhi dei vostri amici e parenti vi vedan goder serenamente i giorni (quanti Nestore n’ebbe) che ancor vi rimangon! Mastro Pietro Ragazzo, non t’innalzare troppo, ché ogni affettazione guasta. Cuadro VI - Le persecucíón Quadro VI – L’inseguimento El Trujáman Miren vuesas mercedes cómo el Rey Marsilio, enterado de la fuga de Il Turcimanno Guardin loro signori come il Re Marsilio, informato della fuga di Melisendra, manda tocar al arma y con qué priesa, que la ciudad se hunde con el son de las campanas, que en todas las torres de las mezquitas suenan. Don Quijote ¡Eso no, que es un gran disparate, porque entre moros no se usan campanas, sino atabales y dulzainas! Maese Pedro No mire vuesa merced en niñerias, señor Don Quijote. ¿No se representan casi de ordinario mil comedias llenas de mil disparates, y con todo eso siguen felicisimamente su carrera, y hasta se escuchan con admiración? Don Quijote Así es la verdad. Maese Pedro Prosigue, muchacho. El Trujáman ¡Miren cuánta y cuán lucida caballeria sale de la ciudad en seguimiento de los dos católicos amantes! ¡Cuántas dulzainas que tocan, cuántas trompetas que suenan, cuántos atabales y atambores que retumban! ¡Témome que los han de alcanzar y los han de volver atados a la cola de su mismo caballo! Don Quijote ¡Detenéos, mal nacida canalla, no le sigáis ni persigáis; si no, con migo sóis en la batalla! Melisendra, manda a sonar l’allarme, e con tal furia che la città sconquassa il rimbombar delle campane che assordano l’aria da tutti i minareti. Don Chisciotte Questo poi è sproposito grave, perché tra i mori non s’usan campane, ma solo pifferi e timballi! Mastro Pietro Non badi vossignoria a frivolezza, signor don Chisciotte. Non si rappresentan quasi d’ordinario commediole piene di mille svarioni, e non di meno seguon felicissimamente il loro corso, e anzi s’ascoltan con ammirazion? Don Chisciotte È la verità. Mastro Pietro Prosegui, ragazzo. Il Turcimanno Guardin quanta e che lucente cavalleria esce dalla città per inseguire questi due cattolici amanti. Quanti zuffoli suonan, quante trombe che squillan, quanti timballi e tamburi rumoreggian! Temo che li abbiano ad acciuffar e li strascichino legati alla coda dello stesso cavallo! Don Chisciotte Date indietro, o mai nata canaglia, e desistete dall’inseguirli; se no, vi sfido meco alla battaglia! Final Finale Don Quijote ¡Non fuyades, cobardes, malandrines Don Chisciotte Non fuggite, codardi, malandrini e y viles criaturas, que un solo caballero es el que os acomete! Maese Pedro ¡Deténgase, deténgase vuesa merced, mi señor Don Quijote; mire que me destruye toda mi hacienda! Don Quijote ¡Oh bellaco villano, mal mirado etrevido y deslenguado! Maese Pedro ¡Desgraciado de mi! Don Quijote ¡Y vosotros, valeroso don Gayferos, fermosa y alta señora Melisendra, ya la soberbia de vuestros perseguidores yace por el suelo, derribada por este mi fuerte brazo; y porque no penéis por saber el nombre de vuestro libertador, sabed que yo me llamo don Quijote, caballero y cautivo de la sin par y hermosa Dulcinea! Maese Pedro ¡Pecador de mi! Don Quijote Oh Dulcinea, señora de mi alma; dia de mi noche, gloria des mi penas... Maese Pedro ¡Desventurado! Don Quijote ... norte de mis caminos... Maese Pedro ¡Desdichado del padre que me engendró! Don Quijote ... dulce prenda y estrella... de mi ventura. Maese Pedro ¡Cuitado de mi! Don Quijote ¿Oh vosostros, valerosa compañia; vili creature, ché un solo cavaliere è quello che v’assale! Mastro Pietro Si moderi, si moderi vossignoria, mio signore don Chisciotte; guardi che mi rovina tutta l’attività! Don Chisciotte O villano birbone, malaccorto sfacciato e linguacciuto! Mastro Pietro Disgraziato che son! Don Chisciotte E voi altri, valoroso don Gaifero, leggiadra e alta signora Melisendra! Già la superbia dei vostri persecutori è dispersa al suolo, abbattuta da questo mio forte braccio; e perché non peniate a saper il nome del vostro liberator, sappiate ch’io mi chiamo don Chisciotte, cavaliere e devoto della gentil e bella Dulcinea! Mastro Pietro Peccator che son! Don Chisciotte O Dulcinea, signora del mio cuore; dea dei miei sogni, gloria dei miei stenti... Mastro Pietro Me sventurato! Don Chisciotte ... polo delle mie strade... Mastro Pietro Non avessi mai visto il lume del sol! Don Chisciotte ... dolce pegno e stella di mia ventura. Mastro Pietro Tapino che son! Don Chisciotte O voi altri, valorosa compagnia; cava- caballeros y escuderos, pasajeros y viandantes, gentes de a pié y a cáballo. Miren si no me hallara aquí presente, qué fuera del buen don Gayferos y de la fermosa Melisendra? ¡Quisiera yo tener aquí delante aquellos que no creen de cuánto provecho sean los caballeros andantes! ¡Dichosa edad y siglos dichosos aquellos que vieron las fazañas del valiente Amadis, del esforzado Felixmarte de Hircania, del atrevido Tirante el Bianco, del invencible Don Belianis de Grecia, con toda la caterva de innumerables caballeros, que con sus desafíos, amores y batallas, llenaron el libro de la fama! Maese Pedro ¡Santa Maria! Don Quijote En resolución: ¡Viva, viva la andante caballería sobre todas ias cosas que hoy viven en la tierra! lieri e scudieri, passeggeri e viandanti, gente a piè e a cavallo. Se io non fossi stato qui presente, che n’era del buon don Gaifero e della leggiadra Melisendra? Vorrei avere qui al mio cospetto coloro che non credon di quanto profitto sian i cavalieri erranti! Età beata e fulgidi secoli quelli che videro le gesta del valente Amadigi, dell’animoso Felismarte d’Ircania, del temerario Tirante il Bianco e dell’invitto don Belianigi di Grecia, con tutta la caterva dei numerosi cavalieri che con le loro sfide, amori e battaglie empirono il libro della Fama! Mastro Pietro Vergine Santa! Don Quijote E in conclusion: viva, viva l’errante cavalleria sopra tutte le cose che vivon sulla terra! NUOVO CONTRAPPUNTO L’idea di esplorare la musica in ogni suo aspetto è sempre stato lo scopo primario di Nuovo Contrappunto. È un complesso stabile, multiforme, aperto alle più varie esperienze del linguaggio contemporaneo, del Novecento e non solo, animato e diretto da Mario Ancillotti. L’esigenza di esplorare, conoscere, vivere l’arte del nostro tempo si è realizzata nei cicli di Musica e Cultura della Scuola di Musica di Fiesole dove il gruppo ha lavorato con tutti i maggiori compositori italiani e con intellettuali quali Sanguineti, Siciliano, Consolo, Bertolucci, Squarzina, Sini, e nella rassegna “Suoni Riflessi”, arrivata alla quarta edizione. La rassegna si occupa della ricerca di modi nuovi di presentare la musica e ha portato ad esplorazioni, elaborazioni e accostamenti con poesia, letteratura, arti visive, teatro, in collaborazione con importanti personaggi dello spettacolo come il “musicattore” Luigi Maio, le cantanti Luisa Castellani, Alda Caiello, Susanna Rigacci, Silvia Tocchini, Sonia Visentin, Monica Benvenuti, gli attori Mariano Rigillo, Ugo Pagliai, Pino Caruso, Anna Meacci, le “cantaore” di flamenco Esperanza Fernandez e Charo Martin, la vocalista jazz Anne Ducros, il fantasista e mimo Bustric. L’ensemble è stato ospite dei maggiori festival quali Musica Insieme a Bologna, Accademia Filarmonica Romana e IUC a Roma, Amici della Musica e Teatro Massimo di Palermo, Società Barattelli all’Aquila, Scuola Normale a Pisa, Festival Lucca in Musica, Amici della Musica di Ancona, Convegno Internazionale Dallapiccola a Firenze, Amici della Musica di Perugia, Bologna Festival, Unione Musicale e Settembre Musica a Torino. Nel febbraio scorso è stato pubblicato per la rivista Amadeus un CD dedicato alla musica di Falla (El Amor Brujo e El retablo de Maese Pedro). È per la prima volta ospite della nostra Società. Luciano Tristaino flauto - Mirco Cristiani, Nicola Barbagli oboi Tommaso Guidi corno inglese - Marcello Bonacchelli clarinetto Marco Donatelli fagotto - Gianluca Mugnai, Alessandro Ferrari corni Giovanni Nicosia tromba Daniele Iannaccone, Pino Tedeschi, Luca Paoloni, Andrea Farolfi violini Flaminia Zanelli, Caterina Paoloni viole - Claude Hauri, Alice Gabbiani violoncelli Gianluca Pierozzi contrabbasso - Emanuele Ardica pianoforte Mariangela Lonardelli clavicembalo - Alessia Luise arpa Federico Poli, Andrea Squarcialupi, Francesco Dellomo percussioni MARIO ANCILLOTTI direttore Mario Ancillotti, flautista, direttore e organizzatore musicale, si è formato al Conservatorio di Firenze dove ha avuto la possibilità di frequentare e collaborare con musicisti quali Luigi Dallapiccola, Roberto Lupi, Carlo Prosperi, Franco Rossi, Piero Farulli e Piero Bellugi. Si è poi trasferito a Roma dove è stato con Severino Gazzelloni primo flauto dell’Orchestra della Rai di Roma e in seguito di Santa Cecilia. Successivamente si è dedicato esclusivamente all’attività solistica collaborando con musicisti e direttori di primo piano quali Accardo, Muti, Canino, Spivakov, Giuranna, Geringas, Maag, Cambreling, Bour, Soudant, Melles, Penderecki, Renzetti, Gelmetti e Ferro. A quel periodo risalgono il suo interesse per la musica contemporanea e le collaborazioni con i maggiori compositori italiani, da Petrassi a Maderna, Berio, Donatoni, Sciarrino, Pennisi, Clementi, e poi con Henze, Penderecki, De Pablo, Schnebel, Feldmann, dei quali ha tenuto numerose prime esecuzioni. Il suo interesse si è poi allargato alla direzione e organizzazione musicale. Ha fondato Nuovo Contrappunto, complesso multiforme che anima e dirige, con il quale è stato ospite di istituzioni musicali fra le più importanti in Italia: Teatro Massimo e Amici della Musica a Palermo, Musica Insieme e Bologna Festival a Bologna, Ente Filarmonico di Arezzo, Società Barattelli a L’Aquila, Lucca in Musica, Teatro di Monfalcone, Società dei Concerti a Trieste, Unione Musicale e Settembre Musica a Torino e IUC a Roma. Ha inoltre ideato e realizzato con il sostegno degli Enti locali toscani la manifestazione “Suoni Riflessi”. Da più di vent’anni insegna ai Corsi Speciali di Perfezionamento della Scuola di Musica di Fiesole; è inoltre docente alla Scuola Universitaria di Musica di Lugano e tiene corsi e seminari in varie parti del mondo. È per la prima volta ospite della nostra Società. CHARO MARTIN cantaora di flamenco Charo Martin è nata a Huelva, in Spagna. Laureata in lettere, ha studiato al Conservatorio della sua città solfeggio e pianoforte. Si é specializzata nel canto flamenco e nel ballo. Dal 2001 al 2003 ha frequentato come borsista il corso di canto e storia del flamenco presso la Fundación Cristina Heeren a Siviglia, tenuto da Naranjito de Triana, José de la Tomasa, Paco Taranto, Manuel Soler, Pepa Sanchez, e dalla logopedista Maria José Lamas. Possiede una lunga esperienza nell’insegnamento dei ritmi e della cultura fla- menca. Come cantaora y bailaora ha lavorato nei tablaos piú importanti della realtá flamenca andalusa, come Los Tarantos e La Zingara a Granada e Las Brujas a Siviglia. Si è esibita a Huelva nel ciclo “El Cante y la Mujer”. Ha collaborato con numerosi artisti quali Alfredo Lagos, Manuel Betanzos, José Anillo, Antoñete, Jesús Fernandez, Fernando de la Rua, Ana Calí e Rafael Campillo. In Italia, ha fatto parte di compagnie quali La Moreria, La Carboneria Flamenca e Rodrigo Ensemble ospite di importanti teatri quali Nazionale a Milano, Teatro Nuovo a Torino, Auditorium a Roma, San Carlo a Napoli e Arena del Sole a Bologna. È per la prima volta ospite della nostra Società. ALMA FOURNIER-CARBALLO voce bianca Nata a Firenze nel 1986, dall’età di 4 anni ha fatto parte del Coro di voci bianche della Società corale “Guido Monaco” di Prato, diretto da Marisol Carballo, con il quale ha partecipato a diverse produzioni del Teatro Comunale di Firenze e del Teatro Comunale di Bologna con direttori quali Zubin Mehta (Carmen, Turandot, Otello), Semyon Bychkov (La Bohème), Riccardo Chailly (Terza sinfonia di Mahler) e Bruno Bartoletti (War Requiem). Nel 1997 ha partecipato come attrice radiofonica alla produzione della Rai “La scena delle voci”, nell’opera Nembo di M. Bontempelli con la regia di Federico Tiezzi. Nel 2000 ha cantato una piccola parte solista nello Stabat Mater per coro di voci bianche e ensemble strumentale di Piotr Zycowicz con il Coro Guido Monaco di Prato e l’Ensemble Zycowicz a Firenze, Prato e nella Cattedrale di Barcellona; l’opera è stata registrata per EMA Records. Dal 2002 al 2005 ha frequentato il corso di musical “Palcoscenico Giovani” alla Max Ballet Academy di Firenze. Ha inoltre studiato canto con Lucia Mazzei. Nel 2003 ha cantato come solista in concerti dedicati al repertorio jazz e al musical. Nel 2004, su invito di Johanna Knauf, è stata solista nella Messa dell’incoronazione di Mozart con il Coro e l’Orchestra “Desiderio da Settignano”. Nel 2005 ha cantato al Teatro della Pergola di Firenze nell’opera El retablo de Maese Pedro di Manuel de Falla diretta da Mauro Ceccanti. Recentemente ha partecipato a master class tenute a Firenze dalle cantanti americane Barbara De Mayo e Faye Nepon e a Brighton dall’attrice e cantante Jenna Russell. Studia alla University of East Anglia dove segue il corso di English Literature and Drama. È per la prima volta ospite della nostra Società. PIERLUIGI PAULUCCI tenore Pierluigi Paulucci ha iniziato la sua attività musicale dedicandosi al repertorio rinascimentale. Vincitore del premio “A. Curtial” come primo classificato al Torneo Internazionale di Musica di Roma, Premio Primavera di Perugia e “Premio Arte d’Autunno” con il patrocinio della Regione Lazio, dal 1990 al 1996 ha collaborato con i coristi dell’Accademia di Santa Cecilia e il coro di voci bianche dell’Arcum diretto da Paolo Lucci. È stato ospite di festival e rassegne quali il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, XVIII Festival Internazionale di Fiuggi, Rassegna Concerti d’Estate di San Leo, Civitafestival a Civita Castellana, Musicorum Tempora a Villa Adriana. Il suo repertorio comprende opere di Verdi, Puccini, Rossini, Mozart, Bizet e Donizetti e ha preso parte a produzioni operistiche al fianco di interpreti di primo piano quali Montserrat Caballè, Angela Gheorghiu, Katia Ricciarelli, José Carreras, Renato Bruson e Giuseppe Taddei. Ha collaborato con il Teatro Manzoni e il Teatro Flaiano a Roma, il Teatro dell’opera di Bruxelles, Teatro dell’Aquila di Fermo e la Stagione Lirica Invernale dell’Orchestra e Coro Haydn di Bolzano. È inoltre ospite regolare dell’Accademia di Santa Cecilia e del Teatro dell’Opera di Roma. Ha interpretato il ruolo di Maese Pedro nel Retablo de Maese Pedro di Falla presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma dove è stato protagonista anche della prima esecuzione assoluta dell’opera Ça Ira di Roger Waters. Ha inciso per la Radio Vaticana e ha partecipato a varie edizioni della trasmissione “La barcaccia” di RAI RadioTre. È per la prima volta ospite della nostra Società. MASSIMO DI STEFANO baritono Nato a Roma nel 1973, ha incominciato gli studi musicali sotto la guida di Lucia Pasquale e con Antonio Di Pofi per la composizione. Ha poi proseguito lo studio del canto lirico sotto la guida di Sherman Lowe. Con Roberto Abbondanza si è perfezionato nel repertorio barocco e contemporaneo. Ha interpretato i maggiori ruoli operistici di Rossini (Il Barbiere di Siviglia, La cambiale di matrimonio, Il Signor Bruschino, La scala di seta), Domenico Scarlatti (La dirindina), Pergolesi (La serva padrona), Donizzetti (L’elisir d’amore), e Il pastor di Corinto di Alessandro Scarlatti nella prima esecuzione dei tempi moderni. Attivo anche in ambito contemporaneo, ha interpretato in prima mondiale Il Castello di A. Samale, Don Giovanni e il Marzimino di Luis Bacalov, Averroè di M. Betta, L’uomo dal passamontagna di G. D’Aquila e Le carte salvate di A. Tageo. Il suo repertorio comprende anche capolavori del repertorio sacro di Foggia (Sacrae cantiones), Carissimi (Missa in do maggiore), Charpentier (Extremum Dei Judicium H401 e Filius prodigus H399), Buxtehude (Magnificat), Bencini (Vespri della Beata Vergine), Bach (Cantate BWV 4 e BWV 131), Haydn (Nicolai Messe), Mozart (Messa in do maggiore KV 115 e Requiem KV 626), Rossini (Petite messe solennelle e Messa di Gloria), Liszt (Via Crucis), Fauré (Requiem), Stravinskij (Messa) e Ariel Ramirez (Navidad Nuestra e Misa criolla). Tra gli impegni recenti Il flauto magico di Mozart al Teatro Rossetti di Trieste, il Requiem di Faurè e una tournèe italiana con Opera comique di Antonio Calenda. È per la prima volta ospite della nostra Società. ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BRERA Area di progettazione per lo spettacolo, Laboratorio “Teatro di figura” Dall’anno accademico 2003/04 è attivo, nell’ambito della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera il Laboratorio di Teatro di figura guidato da Gabriele Giromella con l’assistenza di Pietro Marchese. L’intento è quello di “recuperare” la tradizione storica di questo tipo di teatro, il teatro delle marionette, e di ideare nuovi personaggi e nuovi allestimenti. L’impegno è anche quello di rivalutare questo teatro che viene spesso confinato solo a un pubblico “infantile”, dimenticando che lo spettro di comprensione è così ampio e la possibilità di linguaggio metaforico così vasta ed eclettica da poter coinvolgere, sì i più piccoli, ma anche un pubblico più eterogeneo. Un teatro fatto di tanti saperi, di ricerca, di sperimentazioni, di studio, da farne potenzialmente il futuro del teatro stesso. I testi, musicali e letterari, sono l’ossatura portante del lavoro svolto dal Laboratorio che studia e approfondisce ogni componente dello spettacolo: la recitazione e la regia, la scenografia e i costumi, la luminotecnica e la coreografia. I giovani allievi hanno così la possibilità di mettere in luce le loro potenzialità e di prepararsi ad entrare nel mondo attivo del lavoro con una preparazione più concreta ed ampia possibile. Tra le produzioni già realizzate dal Laboratorio: Histoire du soldat e Petruška su musiche di Stravinskij, Pantomima KV 446 (Mozart), Cenerentola (Prokof ’ev) e il Combattimento di Tancredi e Clorinda (Monteverdi). Prossimi concerti: martedì 5 febbraio 2008, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Quartetto Alban Berg Il Quartetto Alban Berg ha rappresentato nel nostro tempo il legame con la grande tradizione della musica da camera viennese, incarnando i valori non solo musicali, ma in un certo senso anche etici della storia di una città che ha fatto da culla a un’intera civiltà. Dopo quasi quarant’anni di lavoro e di successi irripetibili, il Quartetto Berg sente il bisogno di riposare e ha deciso di salutare il pubblico con una lunga tournée di congedo, per dire addio al palcoscenico nella maniera più consona alla superba qualità delle sue interpretazioni. I quattro musicisti, ai quali è doveroso accostare anche il nome di Thomas Kakuska, scomparso nel 2005 e viola dell’ensemble dal 1981, presentano un programma che costituisce una sorta di summa del loro mondo, a partire da uno dei quartetti più belli di Haydn, il sol maggiore dell’op. 77, per arrivare alle estreme propaggini del linguaggio romantico con il Quartetto op. 3 di Alban Berg. A coronamento del loro concerto d’addio, il Berg affronta infine per il pubblico della nostra società una delle opere di maggiore spiritualità e di più intensa espressione della musica da camera di tutti i tempi, il Quartetto in la minore op. 132 di Beethoven. Programma (Discografia minima) F.J. Haydn Quartetto in sol maggiore op 77 n. 1 Hob.III.81 (Quartetto Berg, EMI 555191) L. van Beethoven Quartetto n. 15 in la minore op.132 (Quartetto Berg, EMI 3385809) A. Berg Quartetto op. 3 (Quartetto Berg, EMI 555190) martedì 19 febbraio 2008, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Richard Goode pianoforte Bach, Chopin, Mozart, Debussy Fondazione Mazzotta - Visita guidata gratuita per i Soci La Fondazione Mazzotta offre ai nostri Soci una visita guidata gratuita alla mostra “Warhol-Beuys-Omaggio a Lucio Amelio”. L’appuntamento è per giovedì 31 gennaio 2008 alle ore 18.30 nella sede della Fondazione in Foro Buonaparte 50. I Soci, in un massimo di 25 persone, possono ancora prenotarsi per telefono (02 795393) e via e-mail ([email protected]), presso la segreteria della Società. Ricordiamo inoltre che i Soci, indipendentemente da questo appuntamento, possono sempre visitare le mostre della Fondazione al costo ridotto di € 6 anziché € 8, presentando la tessera associativa. Il programma di sala dei concerti in versione pdf è disponibile sul nostro sito, www.quartettomilano.it, dal venerdì pomeriggio precedente il concerto. Società del Quartetto di Milano via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it e-mail: [email protected]