2. Gli effetti limitati dei media Il funzionalismo e l’approccio degli usi e gratificazioni Facoltà di Scienze della Comunicazione Teoria della Comunicazione e dei Nuovi Media Prof. Alberto Marinelli GLI EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA 2 L’importanza delle reti sociali Nella loro ricerca sulla campagna presidenziale del 1940, Lazarsfeld, Berelson e Gaudet (1948) riconoscono il ruolo dei rapporti interpersonali (amici, familiari, parenti) nell’influenzare le decisioni degli elettori. La ricerca dei tre studiosi smentisce quindi l’assunto di atomizzazione sociale. Emerge la consapevolezza che alcuni soggetti si pongono, nei confronti delle persone a loro prossime, come leader d’opinione. Il riconoscimento delle reti sociali conduce alla riscoperta del gruppo primario. 3 3 L’importanza delle reti sociali Gli esperimenti condotti tra gli anni ‘20 e ‘30 negli stabilimenti Hawthorne, nei pressi di Chicago, evidenziano l’instaurarsi, tra gli operai, di gruppi informali con opinioni e codici di condotta autoprodotti. Conferme della rilevanza delle reti sociali in cui sono inseriti gli individui provengono anche dalla ricerca The American Soldier: l’appartenenza a un gruppo primario incide sulla predisposizione al combattimento. Privazione relativa (Merton) lo stato di privazione non deriva dalla situazione effettiva ma da un modello di aspettativa: rispetto alla possibilità di una promozione, i soldati confrontavano il loro reparto (gruppo di appartenenza) con gli altri (gruppo di riferimento). 4 4 L’influenza personale La ricerca di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet (1948) ha collocato i contatti personali in una posizione privilegiata nei processi decisionali degli individui. La rilevanza dei contatti personali è ricondotta alla loro casualità, la loro flessibilità e alla non intenzionalità della comunicazione (ossia: comunicazione non strumentale). «L’influenza personale è più pervasiva e meno autoselettiva di quanto non lo siano i media» (Lazarsfeld, Berelson e Gaudet). Inoltre, i contatti personali offrono un feedback immediato, positivo se si condivide una stessa opinione o negativo nel caso in cui ciò non si verifichi (possibilità di emarginazione). 5 5 L’influenza personale Fiducia e prestigio dell’interlocutore sono, per gli individui, importanti fattori di “credibilità” della comunicazione. L’ipotesi che alcune persone abbiano maggiori capacità persuasorie rispetto ai media ha portato all’identificazione di alcuni soggetti in grado di esercitare influenza sugli altri: appunto i leader d’opinione. I leader d’opinione risultano essere “leader molecolari”, perché rintracciabili all’interno di qualunque strato socio-economico; non hanno un ruolo istituzionalizzato ma sono considerati figure di riferimento dai soggetti con cui sono in relazione. 6 6 Il flusso a due fasi della comunicazione Una volta individuata l’importanza dell’influenza personale, diventa necessario studiare il rapporto tra leader d’opinione e mezzi di comunicazione. Il leader d’opinione si caratterizza per un elevato e frequente ricorso ai media per ottenere informazioni. I leader d’opinione sono soggetti che operano una mediazione tra i messaggi dei media e le reti sociali in cui sono inseriti. Ne consegue un flusso della comunicazione a due fasi. «le idee sembrano spesso passare dalla radio e dalla stampa ai leader d’opinione e da questi ai settori meno attivi della popolazione» (Lazarsfeld, Berelson e Gaudet, 1948). 7 Il flusso a due fasi della comunicazione L’ipotesi del flusso a due fasi della comunicazione, quindi, si distanzia nettamente dalle ipotesi semplicistiche e lineari della teoria ipodermica. Mass Media Flusso a due fasi Mass media 8 Il flusso a due fasi della comunicazione Con la concezione della comunicazioni di massa come un flusso a due fasi si postulano alcuni principi: gli individui non sono socialmente isolati la risposta ai messaggi dei media non è diretta e immediata, bensì mediata e influenzata dalle relazioni sociali sono all’opera due processi: attenzione/ricezione e risposta, espressa nella forma di accettazione o rifiuto Gli individui non sono tutti uguali davanti ai messaggi veicolati dai media I leader d’opinione hanno un consumo mediale maggiore, un minor livello di gregarismo e si autopercepiscono come influenti nei confronti degli altri. 9 Il flusso a due fasi della comunicazione Katz e Lazarsfeld (1955) riprendono gli assunti sul flusso a due fasi e li verificano nella ricerca sull’influenza personale che conducono a Decatur, una cittadina di circa 60.000 abitanti nell’Illinois. La ricerca, focalizzata sulla figura del leader d’opinione nelle sue relazioni con gli altri e rispetto al suo consumo mediale, adotta tecniche di ricerca sociometriche per individuare i rapporti tra i membri dei gruppi. I ricercatori individuano, all’interno di un campione di 800 donne, le persone più influenti in merito ad alcune attività di vita quotidiana: acquisto di oggetti di uso domestico, moda, scelta di spettacoli cinematografici e formazione di opinioni su questioni di interesse pubblico. 10 Il flusso a due fasi della comunicazione Tramite la somministrazione di due questionari a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, Katz e Lazasfeld hanno chiesto alle intervistate se avessero preso decisioni rispetto alle aree individuate. In caso di risposta affermativa, si è tentato di individuare l’influenza esercitata dai mezzi di comunicazione e/o da altre persone. Alle intervistate è stato chiesto anche se esse stesse avessero esercitato influenza su altri. Alle persone “influenti” o “influenzate” sono stati somministrati speciali questionari di follow-up per cogliere la presenza e l’ambito dell’influenza. 11 Il flusso a due fasi della comunicazione La leadership d’opinione è complessa; possono infatti darsi diversi tipi di leadership: leadership orizzontale d’opinione: è esercitata tra simili e può essere reversibile leadership verticale d’opinione: è esercitata da soggetti con una posizione sociale superiore; gli viene attribuita competenza Merton (1949) distingue tra: leader d’opinione locale: è molto inserito nel territorio ma non possiede competenze specifiche; è “polimorfico”. leader d’opinione cosmopolita: ha un debole legame con il territorio ma possiede competenze specifiche in ambiti ben definiti; è “monomorfico”. 12 Gli effetti: rafforzamento e conversione La tematica degli effetti dei media è stata impostata da Klapper (1960) nella prospettiva di effetti limitati: «la comunicazione persuasoria di massa tende, di norma, ad agire più in direzione del rafforzamento e della modificazione di lieve entità». In una ricerca condotta nella Contea di Erie (Ohio) emerge che, su 600 soggetti intervistati in due momenti distinti delle elezioni ― al termine della campagna elettorale e a ridosso del voto ― il 53% ha confermato le intenzioni di voto iniziali, il 26% si è mostrato più incerto e solo il 5% ha cambiato decisamente idea (conversione). 13 Gli effetti: rafforzamento e conversione In una ricerca di Berelson , Lazarsfeld e McPhee (1954) sulla campagna elettorale del 1949 ad Elmira (New York) l’ipotesi degli effetti limitati dei media viene confermata: «l’esposizione cristallizza e rafforza più che non converta». Conferme a questa ipotesi sono venute anche da occasioni comunicative diverse dalle campagne elettorali. Secondo Berelson (1948), «la comunicazione ha maggiore efficacia quando si deve influenzare l’opinione pubblica su argomenti nuovi o non strutturati, tali cioè da non essere collegati con costellazioni di atteggiamento preesistenti». 14 Gli effetti: rafforzamento e conversione Secondo la prospettiva degli effetti limitati, il fenomeno della conversione non deve essere confuso con l’«attivazione» di predisposizioni inconsce, la quale costituisce invece il fenomeno, più frequente, del rafforzamento. La difficoltà di operazionalizzare il concetto di “neutralità” verso gli argomenti trattati (nel senso di mancanza di opinioni), porta Klapper ad affermare che: «l’efficacia della comunicazione di massa nella creazione di opinioni va misurata soltanto su argomenti per i quali sia ben nota la mancanza di opinioni da parte del pubblico al momento dell’esposizione». 15 Gli effetti: rafforzamento e conversione Riassumendo, la visione che attribuisce ai media effetti limitati si basa sui seguenti presupposti: le comunicazioni di massa di solito non sono causa necessaria e sufficiente per gli effetti sul pubblico; è più probabile che si combinino con fattori e influenze intermediarie i mass media costituiscono un elemento cooperante e non la causa principale di un processo di rafforzamento delle condizioni preesistenti 16 Gli effetti: rafforzamento e conversione qualora i mass media dovessero produrre delle modificazioni sull’audience, è probabile che i fattori intermediari non siano operanti o che siano essi stessi promotori della modificazione In alcuni casi le comunicazioni di massa possono produrre effetti diretti l’efficacia delle comunicazioni di massa dipende da molti aspetti che riguardano: i mezzi, la comunicazione stessa, la situazione e il contesto in cui si realizza il processo comunicativo. 17 Il paradigma degli effetti limitati dei media Con l’attenzione rivolta all’influenza personale e al flusso a due fasi della comunicazione, negli anni ‘50 la communication research si è indirizzata verso il «paradigma degli effetti limitati». L’adesione a questo paradigma è stata talvolta acritica e ha comportato la messa in ombra di altri approcci e altri modi di concepire i processi comunicativi e i loro effetti (ad es. le acquisizioni della Scuola di Chicago). La concezione del flusso a due fasi della comunicazione rispecchia l’idea della democrazia americana fondata sull’individualismo e la partecipazione; questa concezione prende le distanze dall’idea di una società di massa. 18 Il paradigma degli effetti limitati dei media L’idea che la comunicazione venisse mediata dai contatti sociali ha ricevuto nel corso del tempo alcune rivisitazioni: in Olanda, Van Den Ban (1969) rileva che i leader d’opinione sono solo di tipo verticale, non sono più esposti all’offerta mediale ed hanno un consumo mediale differenziato (leggono molto i giornali ma non ascoltano la radio). Robinson (1976) individua, oltre ai leader d’opinione e i soggetti influenzati, una categoria nuova: «coloro che non discutono». Greenberg (1964) mette in relazione i contatti personali con le modalità di diffusione delle notizie: relazione forte per i temi di grande interesse e debole per gli argomenti “di nicchia”. 19 Il paradigma degli effetti limitati dei media L’ancoraggio teorico della comunicazione alle relazioni sociali rispecchia la concezione, molto in auge negli anni ‘50, di una società integrata e coesa. Questa idea di società è alla base del funzionalismo, che insiste sulla dimensione dell’integrazione sociale mettendola in relazione ai processi comunicativi. 20 IL FUNZIONALISMO E L’APPROCCIO DEGLI USI E GRATIFICAZIONI 21 Media e struttural-funzionalismo / 1 • L’attenzione si sposta dalla tensione verso gli obiettivi della comunicazione (effetti), dalla manipolazione, alla persuasione, all’influenza, fino alle funzioni svolte dai media nella società. • Da situazioni specifiche di fruizione mediale si passa alla situazione comunicativa “normale” e consueta della produzione e diffusione quotidiana di messaggi di massa. (Wolf 1992) 22 22 La teoria funzionalista “Nel funzionalismo, la società è concepita come un insieme di parti interconnesse, nel quale nessuna parte può essere compresa se isolata dalle altre. Un qualsiasi mutamento in una delle parti è considerato come causa di uno squilibrio che produce, a sua volta, ulteriori mutamenti in altre parti del sistema se non, addirittura, una riorganizzazione del sistema stesso. Il modello del funzionalismo è basato su quello che troviamo nelle scienze biologiche.” (Theodorson, 1969) 23 23 La teoria funzionalista Gli elementi che caratterizzano questo approccio sono: a) L’interconnessione delle parti b) L’equilibrio naturalmente autoprodotto c) La riorganizzazione che segue l’eventuale perturbamento dell’equilibrio La società è equiparata ad un organismo biologico, all’interno del quale i vari organi si dividono i compiti, lavorando di concerto per mantenere uno stato di equilibrio. 24 24 La teoria funzionalista Parsons: all’interno della società esistono istituzioni che mantengono l’equilibrio e garantiscono gli “imperativi funzionali”: a) L’adattamento all’ambiente b) Il raggiungimento di un fine c) L’integrazione delle varie parti d) Il mantenimento della struttura latente e la gestione delle tensioni Per fare ciò, diversi sottosistemi sono chiamati a collaborare. Il sottosistema dei media contribuisce a soddisfare il bisogno del mantenimento della struttura valoriale, sostenendo e rinforzando i modelli di comportamento esistenti nella struttura sociale. 25 25 Le funzioni delle comunicazioni di massa • Le comunicazioni di massa non vengono più analizzate in relazione agli effetti prodotti ma alle funzioni, ovvero alle disfunzioni che vengono attivate. • Per Lasswell il processo di comunicazione svolge tre funzioni sociali: a) Vigilanza sull'ambiente b) Mediazione fra le componenti sociali c) Trasmissione dell'eredità sociale • Wright aggiunge una quarta funzione: il divertimento 26 26 Le funzioni delle comunicazioni di massa In termini funzionali, i rapporti tra media e società devono essere letti con l’obiettivo di articolare: 1. le funzioni e 2. le disfunzioni 3. latenti e 4. manifeste delle trasmissioni 5. giornalistiche 6. informative 7. culturali 8. di intrattenimento rispetto 9. alla società 10. ai gruppi 11. all’individuo 12. al sistema culturale (Wright, 1960) 27 27 Le funzioni delle comunicazioni di massa Rispetto al sistema sociale, i media esercitano funzioni: • di allertamento, quando avvisano di minacce e pericoli • strumentale per alcune attività della società .. e disfunzioni: • diffusione potenzialmente indiscriminata di notizie Rispetto agli individui, esercitano funzioni: • di utilità e controllo sull’ambiente circostante • di attribuzione di prestigio a coloro che si tengono aggiornati • di rafforzamento delle norme sociali .. e disfunzioni: • eccesso di informazione a cui si può reagire con l’isolamento • spinta al conformismo 28 28 Media e struttural-funzionalismo / 2 • La funzione dei media viene assimilata all’uso strumentale che il pubblico fa dei media, al fine di soddisfare i propri bisogni e riceverne una gratificazione. • Per la prima volta ci si chiede (Blumler e Katz) “che cosa fanno le persone con i media” piuttosto che “cosa fanno i media alle persone” 29 29 L’«infanzia» degli usi e gratificazioni • Primi tentativi di pervenire a una “descrizione penetrante degli orientamenti dei sottogruppi dell’audience nei riguardi di selezionati contenuti mediali”. • Studio delle molteplici motivazioni che accompagnavano la scelta del consumo mediale e ricerca del nesso tra le gratificazioni tratte dagli individui e il loro consumo dei media. 30 30 L’«infanzia» dell’approccio usi e gratificazioni Klapper: il consumo dei media da parte degli individui può essere ridotto a a) funzioni semplici offerta di relax, stimolazione dell’immaginazione, interazione sostitutiva, creazione di un terreno comune per i contatti sociali. b) funzioni complesse distensione emotiva, scuola di vita Entrambe si occupano di dare visibilità alle gratificazioni ottenute dai soggetti a seguito del consumo di prodotti mediali. 31 31 L’«infanzia» degli usi e gratificazioni Il vasto material prodotto nella fase d’infanzia di questo approccio si può ricondurre a dei tratti comuni: a) un approccio metodologico fondato su domande aperte b) un approccio esclusivamente qualitativo c) nessuna attenzione ai nessi tra le gratificazioni cercate e le origini sociali e psicologiche del bisogno che deve essere soddisfatto d) nessun tentativo di individuare la complessa rete di relazioni tra le funzioni dei diversi media 32 32 L’approccio degli usi e gratificazioni / 5 postulati di fondo 1) L’audience è considerata come attiva, una parte importante del contenuto mediale è considerato finalizzato. 2) All’interno del processo comunicativo, una parte significativa dell’iniziativa di connettere le gratificazioni e l’offerta mediale è nelle mani del destinatario. 3) Il sistema dei media compete con altre fonti per la soddisfazione dei bisogni 33 33 L’approccio degli usi e gratificazioni / 5 postulati di fondo 4) In termini metodologici, molti degli obiettivi connessi all’esposizione ai media possono essere conosciuti attraverso i dati forniti dagli stessi soggetti. 5) I giudizi di valore circa il significato culturale dei mezzi di comunicazione di massa dovrebbero essere sospesi finchè gli orientamenti dell’audience non possono essere indagati autonomamente. (Katz, Blumler, Gurevitch, 1974) 34 34 L’approccio degli usi e gratificazioni Questi studi si occupano delle “1) origini sociali e psicologiche dei 2) bisogni, che generano 3) le attese dei 4) mass media e di altre fonti, che conducono a 5) modelli differenti di esposizione ai media (o coinvolgimento in altre attività) che risultano in 6) gratificazioni del bisogno e 7) altre conseguenze, molte delle quali forse involontarie”. (Katz, Blumler, Gurevitch, 1974) 35 35 L’approccio degli usi e gratificazioni / i bisogni I media soddisfano cinque classi di bisogni: • i bisogni cognitivi acquisizione e rafforzamento delle conoscenze e della comprensione • i bisogni affettivi-estetici rafforzamento dell’esperienza estetica o emotiva • i bisogni integrativi a livello della personalità rassicurazione, stabilità emotiva, incremento di credibilità e status • I bisogni integrativi a livello sociale rafforzamento delle relazioni interpersonali, con la famiglia e con i componenti dei gruppi di riferimento • i bisogni di evasione allentamento delle tensioni e dei conflitti (Katz, Gurevitch e Haas , 1973) 36 36 L’approccio degli usi e gratificazioni / i limiti • Assumere un modello funzionalista all’interno del quale si ipotizza che la società “funzioni” come un sistema che, prima, stimola i bisogni della gente, poi propone dei media in grado di soddisfarli, fa emergere la visione di soggetti come “drogati culturali” (Talcott Parsons). • Appare rischiosa e ambigua una metodologia basata principalmente su quanto espresso direttamente dall’audience in merito a ciò che “trae” dal contenuto dei media, anche perché i resoconti personali possono fornire immagini stereotipate del consumo. 37 37 L’approccio degli usi e gratificazioni / i limiti • I media non sono l’unica fonte di soddisfazione dei bisogni dell’individuo: non tutte le alternative funzionali sono equivalenti e ugualmente accessibili. • Ne deriva che il contesto socioculturale e relazionale nel quale sono vissute le alternative funzionali concorre esso stesso a formare, descrivere e “prescrivere” l’accessibilità, l’uso e la funzionalità dei media (Wolf 1992) • i bisogni, gli usi e le gratificazioni non sono categorie statiche, ma socialmente prodotte e storicamente sviluppate in processi specifici (Peck 1989) 38 38