La grandezza delle cose semplici

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Gennaio-Febbraio 2011
Eco di Terrasanta
Chi è il più grande nel Regno di Dio? Il più piccolo, colui
che si fa servo di tutti. È a Nazaret che Gesù scopre, giorno
dopo giorno, lo «straordinario» della vita quotidiana
Piero Casentini,
Gesù adolescente,
spiritualità
Ciampino (Roma), 2001
I
l Vangelo, raccontandoci
la vita di Gesù, ci parla di
numerosi fatti prodigiosi,
miracoli impensabili, guarigioni di
persone disperate, moltiplicazioni
di pani e pesci capaci di sfamare
folle numerose; quelle stesse folle
che, per lo meno inizialmente, erano
affascinate da questo galileo che con
la forza della sua parola operava segni prodigiosi.
Tra le righe però, e non soltanto tra le
righe, si può scorgere una dimensione più profonda e nascosta, semplice
e sublime, che ritrae l’attenzione di
Gesù nei confronti delle piccole cose della vita. Per descrivere la verità
misteriosa e indicibile del Regno di
Dio, viene preso ad esempio un seme,
come quello dell’albero di senapa.
Chi lo ha visto, ne ha potuto contemplare l’infinita piccolezza. E a partire
da questa piccola realtà la vita cresce
e segue il suo corso.
Lo stesso Gesù ci appare poi attento
ai piccoli gesti, quasi impercettibili ad
un occhio distratto: una donna, che
nella calca umana della folla che lo circonda, lo sfiora; lui se ne accorge e si
lascia incontrare, donando vita e salvezza a piene mani.
Se si ascoltano le sue parole poi, i riferimenti a ciò che è piccolo, umile,
disprezzato, sono molti. «Chi è il più
grande?»(Mt 18,1) è la domanda che
ognuno si porta nel cuore con il de-
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La grandezza
delle cose semplici
siderio più o meno velato di poter rispondere: «Sono io!». «Il più piccolo, colui che si fa servo di tutti» (cfr.
Mc 9,35) è invece la risposta.
Non per nulla lo spazio che hanno i
bambini nei Vangeli non è irrilevante. Anzi! Anch’essi sono presi a modello del Regno. Il Regno è per chi è
come loro. Porto sempre nel cuore
l’immagine di un uomo che ha segnato la storia della cristianità e della
spiritualità occidentale nell’ultimo
secolo: frère Roger Schutz, fondatore di Taizè. Non entrava nella Chiesa
della preghiera se non accompagnato per mano dai bambini; anche se
con lui c’erano i «grandi» e i «potenti» della terra. In questo mondo sempre meno a misura di bambino, il
rapporto con loro rimane a mio avviso uno strumento di verifica concreto su quanto siamo in cammino verso il Regno.
Un episodio particolare del Vangelo
ci richiama poi alla stupenda sensibilità del Figlio di Dio. Gesù sta seduto davanti al tesoro del tempio, osservando quanti vi gettano le monete. I
suoi occhi sono rivolti al cuore della
gente, perché «il Signore non guarda
ciò che guarda l’uomo,… il Signore
guarda il cuore» (cfr 1Sam 16,7). Tra
i tanti ricchi che gettano distrattamente del loro superfluo, vi è una povera vedova che deposita una cifra irrisoria, che di sicuro non andrà a pesare sul bilancio del tempio. Quella
donna ha dato più di tutti gli altri. Solo Gesù riesce a vederla, a scorgere e
a leggere il vero significato di quel povero e semplice gesto.
Questa sensibilità non è frutto di una
scelta virtuosa, ma la naturale conseguenza di una scoperta: io non sono
il tutto, non sono il più grande, sono
una piccola creatura che sta di fronte al suo Dio nella fraternità universale che mi lega a tutte le altre creature.
Qualcosa di simile deve aver compreso anche Gesù negli anni di Nazaret,
lui che non ha perduto i tratti di una
vera umanità per il fatto di essere la
persona del Verbo Incarnato. A Nazaret infatti Gesù ha attraversato tutti i suoi processi di maturazione; qui
ha vissuto la famiglia, il gioco, il lavoro, la preghiera, le amicizie, le relazioni, i sorrisi, i pianti, il sudore, le gioie e i dolori. A Nazaret ha conosciuto le infinite sfumature delle emozioni che la vita umana può offrire e al
tempo stesso la profondità del cuore dell’uomo.
Se è vero che con l’Incarnazione Dio
si è fatto uomo, è altrettanto vero che
nella vita di Nazaret Dio è diventato
pienamente, in tutte le dimensioni,
fisica, psicologica e spirituale, uomo adulto e qui ha costruito la sua
sensibilità.
In definitiva, tutto ciò che è semplice e piccolo mi appartiene, mi descrive, mi dice, parla di me e di Lui.
Anche quando fossi chiamato a fare
cose grandi, rimanere attento e ancorato alle cose semplici e piccole della vita, è la garanzia di un cammino
umano autentico oltre che di un percorso evangelico profondo e vero.
FRATEL
MARCO
COSINI
Nazaret
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