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Guida all’ascolto
Le Sonate d’intavolatura per Organo e Cimbalo sono le uniche musiche pubblicate
di Domenico Zipoli e furono stampate a Roma nel 1716, anno in cui egli si recò in una
missione gesuitica in Paraguay. Si presentano come una raccolta stilisticamente unitaria
per l’equilibrio tra scrittura contrappuntistica e tessitura armonica, «varietà ed agilità di
ritmi e soprattutto vaghezza dell’invenzione melodica» (L. F. Tagliavini). Dalla sezione
dedicata all’organo è tratta la Toccata che sviluppa, dopo le sei misure accordali
dell’incipit, un dialogo serrato tra le due mani fatto di agili e discorsive figurazioni
su accordi tenuti che richiamano in maniera stilizzata la tradizione cinque-seicentesca.
All’Elevazione [II] è una lenta e serena meditazione in forma di canto ornamentato con
molte indicazioni di trillo, mentre nel gioioso Offertorio il serrato gioco ritmico alla
tastiera si evolve sulla nota tenuta costantemente dal pedale.
Il Cantabile del ‘nobile dilettante’ Benedetto Marcello svela una sensibilità più
malinconica di Zipoli negli ampi intervalli con cui la melodia si prolunga (in 6/8) e nelle
frequenti modulazioni alle tonalità minori. Una limpida struttura armonica valorizza un
soggetto dal profilo essenziale come quello della Fuga in sol minore: Marcello realizza
una pagina imitativa di grande tensione ritmica in cui il numero delle voci può variare da
episodio a episodio, soprattutto in funzione dei divertimenti e delle sezioni di raccordo
che si risolvono spesso in passaggi più peculiarmente tecnici, in un caso lambiti anche
dal cromatismo.
Gaetano Valerj fu un compositore e organista padovano particolarmente dedito
nel corso di tutta la sua vita al genere della sonata organistica, a partire dalle Dodici
sonate op. 1 del 1785. Sotto questo termine nel suo catalogo rientrano anche forme
di diversa struttura come cantabili, rondò, ecc., ma che tutte dimostrano una scrittura
sicura ed elegante, dai temi sempre godibili e non scontati in cui la definizione del loro
giusto carattere prevede spesso l’indicazione in partitura dei più appropriati registri,
come avviene nelle tre Sonate, ancora manoscritte, qui eseguite.
Nel confronto tra organo e orchestra una lunga e importante tappa è il connubio
che si consumerà tra melodramma e organo e che investirà per circa un ottantennio la
musica chiesastica nell’Italia del XIX secolo. Questo processo vede in Niccolò Moretti,
nativo di Breda di Piave (TV) e autore di musica sacra e organistica eseguita nelle
chiese trevigiane per tutto l’Ottocento. È uno dei primi anticipatori del particolare
rinnovamento linguistico, non ancora nelle vesti di un vero artefice ma di un compositore
che manifesta generalmente una certa predisposizione verso la componente fonica più
tipicamente «ad uso orchestra»: ne è testimone il Concertino, composizione in unico
tempo dove il contrasto tra Solo e Tutti giustifica il titolo e dove le evoluzioni dei temi,
sostenute con accompagnamenti a ‘basso albertino’ o a crome ribattute, scorrono
spigliate a creare anche un’interessante episodio in tonalità minore. Per contrasto,
invece, nell’Elevazione la melodia finemente ornata affidata alla Voce umana ricrea le
raffinate espressività del classicismo.
Un interessante parallelo si può stabilire con la coeva scuola toscana che trovò
negli strumenti dei Tronci e, poi in misura maggiore, degli Agati la tavolozza fonica
per sviluppare ed interpretare il proprio ideale artistico. I tre pezzi di anonimo lucchese
sono il frutto di un’estetica classicheggiante e mostrano un linguaggio melodicamente
molto raffinato e anche abbastanza ricercato dal punto di vista armonico. Anche se non
espressamente indicato, il registro di mutazione rende al meglio i sinuosi arabeschi
dell’Elevazione: la carica espressiva del discorso si rafforza nella seconda parte con
l’introduzione di corti suspiria che frazionano la linea melodia in un singhiozzante
procedere. Una tersa scrittura fugata caratterizza sia il Post Communio sia l’Offertorio:
nel primo, il regolare andamento ritmico si increspa di spunti cromatici e fa risaltare
l’inconsueta sestina di sedicesimi che punteggia il soggetto, mentre nel secondo il
‘violinistico’ tema a note ribattute muove tutta la composizione ad eccezione delle
sezioni di raccordo (‘divertimenti’) in cui compaiono gruppi di sedicesimi in anacrusi. La
più aggiornata concezione orchestrale irrompe invece nell’Offertorio di Gherardeschi
dove i suoi ingredienti tipici sono già tutti presenti. Il Rondò in Sol maggiore, infine, è
meritatamente noto per la sua chiarezza formale e l’accattivante tematismo che sono
sottolineati dal registri di Cornetto nel ritornello e di Trombe e Flauto nei due couplets
(che l’autore chiama «Variazioni»).