069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 69 S anta Sede La remissione della scomunica Benedetto XVI, Santa Sede, Fraternità San Pio X, vescovi francesi, tedeschi, svizzeri La remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale di San Pio X ricompone l’unità cattolica con il movimento lefebvriano e avvia il processo di comunione piena. Il papa, Benedetto XVI, ha commentato la decisione così: «Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa…». Nella risposta di mons. Bernard Fellay si afferma che «la Tradizione cattolica non è più scomunicata» e si confermano «le riserve a proposito del Vaticano II». Riserve che i vescovi svizzeri, tedeschi e francesi rifiutano: «In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile». Come precisa una nota della Segreteria di stato: per un futuro riconoscimento della Fraternità «è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II» (n. 2). In riquadro i testi relativi alle posizioni negazioniste del vescovo lefebvriano R. Williamson (pp. 72-73). Stampe (29.1.2009) dai siti web www.vatican.va; www.dici.org; www.eglise.catholique.fr; www. dbk.de; www.kath.ch. Per i testi non vaticani: nostre traduzioni dal francese e dal tedesco. IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 Richiesta accolta con fiducia Santa Sede Comunicato della Sala stampa Il santo padre, dopo un processo di dialogo tra la sede apostolica e la Fraternità sacerdotale San Pio X, rappresentata dal suo superiore generale, s.e. mons. Bernard Fellay, ha accolto la richiesta formulata nuovamente da detto presule, con lettera del 15 dicembre 2008, anche a nome degli altri tre vescovi della Fraternità, s.e. mons. Bernard Tissier de Mallerais, s.e. mons. Richard Williamson e s.e. mons. Alfonso de Galarreta, di rimettere la scomunica in cui erano incorsi vent’anni fa. A causa, infatti, delle consacrazioni episcopali fatte, in data 30 giugno 1988, da s.e. mons. Marcel Lefebvre, senza mandato pontificio, i menzionati quattro presuli erano incorsi nella scomunica latae sententiae, dichiarata formalmente dalla Congregazione per i vescovi in data 1° luglio 1988. S.e. mons. Bernard Fellay, nella citata missiva, manifestava chiaramente al santo padre che: «Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione». Sua santità Benedetto XVI, che ha seguito fin dall’inizio questo processo, ha cercato sempre di ricomporre la frattura con la Fraternità, anche incontrando personalmente s.e. mons. Bernard Fellay, il 29 agosto 2005. In quell’occasione, il sommo pontefice ha manifestato la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli in tale cammino e ora, benignamente, con sollecitudine pastorale e paterna misericordia, mediante decreto della Congregazione per i vescovi del 21 gennaio 2009, rimette 69 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 70 S anta Sede Cinquant’anni or sono I l giorno successivo alla pubblicazione della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, Benedetto XVI ha presieduto nella basilica di San Paolo fuori le Mura la celebrazione dei vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La seconda parte dell’omelia, che qui pubblichiamo, è stata dedicata al 50° dell’annuncio del concilio Vaticano II, e al fondamentale contributo che «da quella provvida decisione» derivò «anche all’ecumenismo» (www.vatican.va). (...) Vorrei concludere questa mia riflessione facendo riferimento a un avvenimento che i più anziani tra noi certamente non dimenticano. Il 25 gennaio del 1959, esattamente cinquant’anni or sono, il beato papa Giovanni XXIII manifestò per la prima volta in questo luogo la sua volontà di convocare «un Concilio ecumenico per la Chiesa universale» (AAS LI [1959], 68; cf. EV 1/13*). Fece questo annuncio ai padri cardinali, nella Sala capitolare del Monastero di san Paolo, dopo aver celebrato la messa solenne nella basilica. Da quella provvida decisione, suggerita al mio venerato predecessore, secondo la sua ferma convinzione, dallo Spirito Santo, è derivato anche un fondamentale contributo all’ecumenismo, condensato nel decreto Unitatis redintegratio (UR). In esso, tra l’altro, si legge: «Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cf. Ef 4,23), dall’abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità» (n. 7; EV 1/522). L’atteggiamento di conversione interiore in Cristo, di rinnovamento spirituale, di accresciuta carità verso gli altri cristiani ha dato luogo a una nuova situazione nelle relazioni ecumeniche. I frutti dei dialoghi teologici, con le loro convergenze e con la più precisa identificazione delle divergenze che ancora permangono, spingono a proseguire coraggiosamente in due direzioni: nella recezione di quanto positivamente è stato raggiunto e in un rinnovato impegno verso il futuro. Opportunamente il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che ringrazio per il servizio che rende alla causa dell’unità di tutti i discepoli del Signore, ha recentemente riflettuto sulla recezione e sul futuro del dialogo ecumenico. Tale riflessione, se da una parte vuole giustamente valorizzare quanto è stato acquisito, dall’altra intende trovare nuove vie per la continuazione delle relazioni fra le Chiese e comunità ecclesiali nel contesto attuale. Rimane aperto davanti a noi l’orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: «perché tutti siano una cosa sola, (...) perché il mondo creda» (Gv 17,21). Il concilio Vaticano II ci ha prospettato che «il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane» (UR 24; EV 1/572). Facendo affidamento sulla preghiera del Signore Gesù Cristo, e incoraggiati dai significativi passi compiuti dal movimento ecumenico, invochiamo con fede lo Spirito Santo perché continui a illuminare e guidare il nostro cammino. Ci sproni e ci assista dal cielo l’apostolo Paolo, che tanto ha faticato e sofferto per l’unità del corpo mistico di Cristo; ci accompagni e ci sostenga la beata Vergine Maria, Madre dell’unità della Chiesa. Basilica di san Paolo fuori le Mura, 25 gennaio 2009. BENEDETTO XVI 70 IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 la scomunica che gravava sui menzionati presuli. Il santo padre è stato ispirato in questa decisione dall’auspicio che si giunga al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione. Decreto della Congregazione per i vescovi Con lettera del 15 dicembre 2008 indirizzata a sua eminenza il sig. card. Dario Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia commissione Ecclesia Dei, mons. Bernard Fellay, anche a nome degli altri tre vescovi consacrati il giorno 30 giugno 1988, sollecitava nuovamente la rimozione della scomunica latae sententiae formalmente dichiarata con decreto del prefetto di questa Congregazione per i vescovi in data 1° luglio 1988. Nella menzionata lettera, mons. Fellay afferma, tra l’altro: «Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione». Sua santità Benedetto XVI – paternamente sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso nell’impegno da loro espresso nella citata lettera di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e soddisfacente soluzione del problema posto in origine – ha deciso di riconsiderare la situazione canonica dei vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta sorta con la loro consacrazione episcopale. Con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa sede apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l’unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione. Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del papa con la prova dell’unità visibile. In base alle facoltà espressamente concessemi dal santo padre Benedetto XVI, in virtù del presente decreto, rimetto ai vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il 1° luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall’odierna data, il decreto a quel tempo emanato. Roma, 21 gennaio 2009. GIOVANNI BATTISTA card. RE, prefetto della Congregazione per i vescovi 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 71 Un gesto coraggioso, una solida restaurazione Fraternità San Pio X Comunicato di mons. Fellay La scomunica dei vescovi consacrati da s.e. mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, che era stata dichiarata dalla Congregazione per i vescovi mediante un decreto del 1° luglio 1988 e che noi abbiamo sempre contestato, è stata ritirata mediante un altro decreto della medesima Congregazione in data 21 gennaio 2009, su mandato di papa Benedetto XVI. Esprimiamo la nostra filiale gratitudine al santo padre per questo gesto che, al di là della Fraternità sacerdotale San Pio X, recherà beneficio a tutta la Chiesa. La nostra Fraternità desidera poter aiutare sempre più il papa a porre rimedio alla crisi senza precedenti dalla quale il mondo cattolico è attualmente scosso, e che papa Giovanni Paolo II aveva definito una situazione di «apostasia silenziosa». Al di là della nostra riconoscenza nei confronti del santo padre, e nei confronti di tutti coloro che l’hanno aiutato a compiere questo coraggioso gesto, siamo lieti che il decreto del 21 gennaio riconosca che sono «necessari» dei colloqui con la Santa Sede, colloqui che consentiranno alla Fraternità sacerdotale San Pio X di esporre le ragioni dottrinali di fondo che essa ritiene siano all’origine delle attuali difficoltà della Chiesa. In questo nuovo clima, abbiamo la ferma speranza che si arriverà presto al riconoscimento dei diritti della Tradizione cattolica. Menzingen, 24 gennaio 2009. ✠ BERNARD FELLAY, superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X Lettera ai fedeli Carissimi fedeli, come ho annunciato nel comunicato allegato, «la scomunica dei vescovi consacrati da s.e. mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, che era stata dichiarata dalla Congregazione per i vescovi mediante un decreto del 1° luglio 1988 e che noi abbiamo sempre contestato, è stata ritirata mediante un altro decreto della medesima Congregazione in data 21 gennaio 2009, su mandato di papa Benedetto XVI». Era questo il contenuto dell’inten- zione di preghiera che vi avevo affidato a Lourdes, nel giorno della festa di Cristo Re del 2008. Avete risposto al di là di ogni nostra speranza, dato che un milione e settecentotremila corone sono state recitate per ottenere dall’intercessione di Nostra Signora la fine di questa ignominia che pesava, nelle persone dei vescovi della Fraternità, su tutti coloro che si sentivano legati, più o meno strettamente, alla Tradizione. Bisognerà ringraziare la santissima Vergine che ha ispirato al santo padre questo gesto unilaterale, benevolo e coraggioso. A ella andranno le nostre più fervide preghiere. Grazie a questo gesto, i cattolici del mondo intero legati alla Tradizione non saranno più ingiustamente stigmatizzati e condannati per aver conservato la fede dei loro padri. La Tradizione cattolica non è più scomunicata. Per quanto non lo sia mai stata in sé, essa lo è stata spesso e crudelmente di fatto. Allo stesso modo la messa tridentina non era mai stata abrogata in sé, come è stato felicemente ricordato dal santo padre col motu proprio Summorum pontificum del 7 luglio 2007. Il decreto del 21 gennaio cita la lettera del 15 dicembre scorso al card. Castrillón Hoyos, nella quale esprimevo il nostro attaccamento «alla Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo che è la Chiesa cattolica», e riaffermavo la nostra accettazione del suo insegnamento bimillenario e la nostra fede nel primato di Pietro. In essa ricordavo quanto è grande la nostra sofferenza per la situazione attuale della Chiesa, in cui questo insegnamento e questo primato sono irrisi, e aggiungevo: «Siamo pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, accettiamo e facciamo nostri tutti i concilii fino al Vaticano I. Ma non possiamo che manifestare delle riserve a proposito del concilio Vaticano II, che è stato voluto come un concilio “diverso dagli altri” (cf. i discorsi dei papi Giovanni XXIII e Paolo VI)». In tutto questo abbiamo la convinzione di rimanere fedeli alla linea di condotta tracciata dal nostro fondatore, mons. Marceli Lefebvre, del quale auspichiamo la pronta riabilitazione. Anche noi desideriamo accostarci a questi «colloqui» – che il decreto riconosce «necessari» – sulle questioni dottrinali che si contrappongono al magistero di ogni tempo. Non possiamo fare a meno di constatare che una crisi senza precedenti scuote oggi la Chiesa cattolica: crisi delle vocazioni, crisi della pratica religiosa, del catechismo e della frequentazione dei sacramenti... Prima di noi, lo stesso Paolo VI ha parlato di un’infiltrazione del «fumo di Satana» e dell’«autodistruzione» della Chiesa. Giovanni Paolo II non ha esitato a dire che il cattolicesimo in Europa si trovava in una sorta di «apostasia silenziosa». Poco prima della sua elezione al sommo pontificato, lo stesso Benedetto XVI paragonò la Chiesa a una «barca che fa acqua da tutte le parti». Anche noi vogliamo, durante questi colloqui con le autorità romane, esaminare le cause profonde dell’attuale situazione e, portandovi adeguato rimedio, giungere a una solida restaurazione della Chiesa. Cari fedeli, la Chiesa è nelle mani di sua madre, la santissima vergine Maria. In lei confidiamo. Le abbiamo chiesto la libertà della messa di sempre, per tutti e dappertutto. Le abbiamo chiesto la revoca del decreto di IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 71 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 72 S anta Sede scomunica. A lei che è la sede della Sapienza chiediamo nelle nostre preghiere quei necessari chiarimenti dottrinali di cui le anime tribolate hanno tanto bisogno. Menzingen, 24 gennaio 2009. ✠ BERNARD FELLAY, superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X Le reazioni dei vescovi (Francia, Germania, Svizzera) Dichiarazione del card. Ricard Il decreto firmato il 21 gennaio 2009 dal card. Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, su ri- chiesta di papa Benedetto XVI, revoca la scomunica latae sententiae in cui sono incorsi i vescovi ordinati il 30 giugno 1988 da mons. Lefebvre e formalmente dichiarata mediante decreto del card. Gantin del 1° luglio 1988. Questa revoca è stata richiesta ripetutamente da mons. Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, e in particolare con una lettera indirizzata al card. Castrillón Hoyos il 15 dicembre scorso a nome dei quattro vescovi interessati. Egli l’aveva anche indicata come una delle condizioni previe, insieme alla possibilità per tutti i sacerdoti di celebrare la messa secondo il Messale di san Pio V, per l’apertura di un dialogo con Roma, e aveva chiesto ai suoi fedeli di pregare secondo questa intenzione. Papa Benedetto XVI ha voluto giungere fino al punto più avanzato che poteva per tendere la mano, per invitare a una riconciliazione. Il papa, teologo e storico della teologia, conosce quale dramma uno scisma rappresenti per la Chiesa. Egli ode la domanda che spesso la storia degli scismi pone: sono state davvero tentate tutte le strade per evitare questo scisma? Egli si è sentito personalmente investito della missione di fare tutto il possibile per tessere nuovamente i fili dell’unità ecclesiale che sono stati strappati. Non dimentichiamo che il papa conosce bene la Le parole di Williamson N Nel corso di un’intervista televisiva rilasciata lo scorso novembre e andata in onda sulla televisione pubblica svedese SVT lo scorso 21 gennaio Richard Williamson, uno dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X a cui è stata rimessa il 24 gennaio la scomunica, ha risposto in senso inequivocabilmente negazionista ad alcune domande riguardanti la Shoah. Ecco la trascrizione dei brani più significativi dell’intervista (La Repubblica, 28.1.2009, 5). – Monsignore, è vero che lei in passato ha detto: «Nessun ebreo è stato ucciso nelle camere a gas»? Conferma queste sue parole? «Io credo che le prove storiche, l’evidenza storica, siano in misura preponderante contro l’idea che sei milioni di ebrei siano stati deliberatamente uccisi nelle camere a gas come effetto di un ordine deliberato di Adolf Hitler». – Ma lei ha detto di più: e cioè che nemmeno un ebreo è stato ucciso nelle camere a gas. Secondo lei non sono esistite camere a gas? «Io credo che non ci fossero camere a gas. E lo credo da quando ho iniziato a studiare le prove storiche, dunque non in modo emotivo. I revisionisti, cioè coloro che sono contro ciò che è largamente riconosciuto come vero sull’Olocausto, ebbene, i più seri tra questi revisionisti, arrivano alla conclusione che tra i duecentomila e i trecentomila ebrei siano morti nei campi di concentramento, ma nessuno di questi in una camera a gas. Ad esempio, conosce ciò che 72 IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 ha scritto Fred Leuchter? Era un esperto di camere a gas negli Stati Uniti. Negli anni Ottanta ha visitato quelle che sono ritenute le camere a gas tedesche, il crematorio di Auschwitz ad esempio. Ecco, le sue conclusioni sono che è impossibile che quel crematorio sia stato usato per uccidere con il gas un gran numero di persone. I gas che si dice siano stati usati erano molto pericolosi, anche per chi lavorava nei campi di concentramento. Quei gas, dopo aver ucciso le vittime, avrebbero ucciso anche chi doveva rimuoverle. Altro esempio: ci sarebbero volute ciminiere molto alte, per disperdere in cielo quei gas. Ma nessuna foto aerea degli alleati ci ha fatto vedere ciminiere alte. Altro aspetto: le porte delle camere non erano ermetiche. Il gas avrebbe ucciso chiunque nei paraggi». – Dunque lei mi sta dicendo che l’Olocausto non è mai avvenuto. «Io seguo l’evidenza storica. Io credo nelle conclusioni degli esperti. Ripeto: duecento, trecentomila morti. E non nelle camere a gas». – Ma se questo non è antisemitismo, cos’è l’antisemitismo? «Se l’antisemitismo è cattivo, è contro la verità. Se qualcosa è vero, non è cattivo. Antisemitismo è una parola che non mi interessa. E non mi interessa se qualcuno mi chiama antisemita. La verità storica si fa con le prove, non con l’emozione. Su tutta questa vicenda storica c’è stato un grande sfruttamento. La Germania ha pagato miliardi e miliardi di marchi, perché i tedeschi hanno un forte senso di colpa per aver ucciso col gas sei milioni di ebrei. Ma io non penso che siano stati uccisi sei milioni di ebrei. Attenzione, 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 73 questione perché era stato incaricato da papa Giovanni Paolo II di prendere contatto con mons. Lefebvre e di cercare di impedirgli di commettere l’irrimediabile gesto delle consacrazioni episcopali. L’allora card. Ratzinger era rimasto segnato dall’insuccesso della sua missione. La revoca della scomunica non è la fine ma l’inizio di un processo di dialogo. Essa non definisce ancora due questioni fondamentali: la struttura giuridica della Fraternità San Pio X nella Chiesa e un accordo sulle questioni dogmatiche ed ecclesiologiche. Ma apre un cammino da percorrere insieme. Tale cammino sarà senza dubbio lungo. Richiederà una migliore conoscenza reciproca e una maggiore stima. A un certo punto, si dovrà porre la questione del testo dello stesso concilio Vaticano II in quanto documento magisteriale di primaria importanza. È una questione fondamentale. Ma non tutte le difficoltà saranno necessariamente di tipo dottrinale. Potranno emergerne anche altre, di tipo culturale e politico. Le recenti parole, inaccettabili, di mons. Williamson, che negano il dramma dello sterminio degli ebrei, ne sono un esempio. Si può pertanto pensare che la dinamica suscitata dalla revoca delle scomuniche aiuterà l’avvio di quel dialogo voluto dal papa. Alla fine di questa quello che dico è contro la legge tedesca. Se ci fosse qui un funzionario dello stato tedesco, mi metterebbe in prigione. Spero (il vescovo lo dice rivolgendosi all’intervistatore; ndr) che non sia la sua intenzione». Il 27 gennaio, dopo che l’intervista, ripresa da innumerevoli fonti, aveva suscitato lo sdegno dell’opinione pubblica di tutto il mondo, il superiore della Fraternità San Pio X, mons. Bernard Fellay, ha rilasciato da Menzingen la seguente dichiarazione (www.dici.org; nostra traduzione dal francese). Siamo giunti a conoscenza di un’intervista concessa da mons. Richard Williamson, membro della nostra Fraternità San Pio X, alla televisione svedese. In tale intervista egli si esprime su alcune questioni storiche, in particolare sulla questione del genocidio ebraico da parte dei nazional-socialisti. È evidente che un vescovo cattolico non può pronunciarsi con autorità ecclesiastica se non su questioni concernenti la fede e la morale. La nostra Fraternità non rivendica alcuna autorità sulle altre questioni. La sua missione è la diffusione e la restaurazione dell’autentica dottrina cattolica, come è esposta nei dogmi della fede. È questo il motivo per cui siamo conosciuti, accettati e stimati in tutto il mondo. È con grande pena che constatiamo in quale misura la violazione di questo mandato possa arrecare danno alla nostra missione. Le affermazioni di mons. Williamson non riflettono in alcun modo la posizione della nostra associazione. Per questo gli ho proibito, fino a nuovo ordine, qualsiasi presa di posizione pubblica su questioni di carattere politico o storico. Chiediamo perdono al sovrano pontefice e a tutti gli uomini di Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani non dimentichiamo che la strada più sicura per camminare verso l’unità di tutti i discepoli di Cristo rimane la preghiera. Bordeaux, 24 gennaio 2009. card. JEAN-PIERRE RICARD, arcivescovo di Bordeaux, membro della Pontificia commissione «Ecclesia Dei» Dichiarazione del Consiglio permanente dei vescovi della Francia La revoca, da parte della Santa Sede, della scomunica dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X suscita numerose reazioni nell’opinione pubblica e nella società. La contemporaneità tra questo annuncio e la rivelazione delle parole di mons. Williamson che negano il dramma dello sterminio degli ebrei, suscita una riprovazione che non potrebbe essere più legittima. I vescovi della Francia condannano fermamente le parole di mons. buona volontà per le conseguenze drammatiche di questo atto. Sebbene riconosciamo l’inopportunità di queste parole, non possiamo fare a meno di constatare con tristezza che le continue accuse nei confronti della nostra Fraternità hanno anche il manifesto proposito di screditarla. Questo non possiamo ammetterlo, e anzi dichiariamo che continueremo a predicare la dottrina cattolica e a dispensare i sacramenti della grazia di nostro Signore Gesù Cristo (B. FELLAY, 27.1.2009). Il giorno dopo, a conclusione dell’udienza generale del mercoledì, Benedetto XVI ha fatto riferimento alla vicenda con queste parole (www.vatican.va). In questi giorni nei quali ricordiamo la Shoah, mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso. Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri fratelli destinatari della prima alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sull’imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti. Nessun uomo è un’isola, ha scritto un noto poeta. La Shoah insegni sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umilii la dignità dell’uomo! (BENEDETTO XVI, 28.1.2009). IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 73 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 9-02-2009 11:20 Pagina 74 S anta Sede Williamson, inaccettabili e scandalose. Ribadiscono inoltre alla comunità ebraica di Francia il loro impegno indefettibile in direzione del dialogo e dell’amicizia. Ricordano che Benedetto XVI non ha mai smesso di manifestare il suo attaccamento nei confronti di una relazione feconda tra ebrei e cristiani. Precisano con insistenza che la revoca della scomunica non rappresenta una riabilitazione. Costituisce il punto di partenza di un lungo cammino, che presupporrà un dialogo preciso. In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile. Nessun gruppo ecclesiale si può sostituire al magistero. I vescovi accolgono la volontà del santo padre di giungere fino al punto più avanzato che poteva come invito a una riconciliazione. Essi sono in comunione con lui nell’esercizio della sorveglianza episcopale. Esprimono il loro sostegno e la loro riconoscenza ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai laici che compongono la Chiesa cattolica in Francia e che animano con fedeltà le comunità cristiane vive e vicine agli uomini di questo tempo. Parigi, 28 gennaio 2009. IL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI DELLA FRANCIA Dichiarazione di mons. Zollitsch La remissione, resa oggi pubblica dalla Santa Sede, della scomunica dei quattro vescovi illecitamente consacrati dall’arcivescovo Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988 dimostra la disponibilità del papa Benedetto XVI a fare un altro passo incontro al movimento scismatico dell’arcivescovo defunto, per promuovere l’unità della Chiesa. Papa Benedetto XVI offre alla Fraternità sacerdotale San Pio X la mano tesa. Insieme a lui io spero e prego che la si afferri. Il papa indica la possibilità del ritorno alla piena comunione con la Chiesa cattolica e allo stesso tempo non lascia permanere alcun dubbio sul fatto che le decisioni del concilio Vaticano II siano un presupposto indispensabile per la vita della Chiesa. Münster, 24 gennaio 2009. ✠ ROBERT ZOLLITSCH, presidente della Conferenza episcopale tedesca Comunicato di mons. Mussinghoff Con un decreto del 21 gennaio 2009 del card. Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, il papa Benedetto XVI ha revocato la 74 IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 pena della scomunica inflitta il 1° luglio 1988 ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X. Ciononostante essi sono tuttora sospesi, e dunque giuridicamente, interdetti dall’esercizio del ministero della consacrazione. Il decreto è espressione della volontà del papa di rimuovere uno scisma in atto. Noi appoggiamo il papa nel suo sforzo per il superamento dello scandalo della divisione ecclesiale e a favore dell’unità della Chiesa e nella Chiesa. Certamente il passo di papa Benedetto XVI ha suscitato una serie di domande critiche, che si riferiscono alla conformità di questo atto con le più recenti prese di posizione dei papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. La preoccupazione è stata ulteriormente rafforzata dal fatto che è stata resa nota un’intervista con uno dei quattro vescovi ai quali è stata rimessa la scomunica, mons. Richard Williamson. In questa intervista televisiva mons. Williamson aveva asserito che l’evidenza storica era contro l’esistenza delle camere a gas, e che a essere stati assassinati dai nazisti non sarebbero stati sei milioni di ebrei, bensì tra i 200.000 e i 300.000. Ci opponiamo nella maniera più decisa a questa negazione esplicita della Shoah, che in Germania è già oggetto di inchieste giudiziarie. Inoltre i quattro vescovi e i responsabili della Fraternità San Pio X hanno dimostrato chiaramente in più occasioni di non rispettare la dichiarazione Nostra aetate del concilio Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, del 28 ottobre 1965. Il decreto del card. Re parla di questioni ancora aperte, la cui soluzione è affidata a dialoghi tra la Santa Sede e la Fraternità. Esprimiamo la chiara e grande aspettativa e la richiesta urgente che nel corso dei colloqui i quattro vescovi e la Fraternità San Pio X manifestino in modo inequivocabile e credibile la loro fedeltà al concilio Vaticano II e in particolare alla dichiarazione Nostra aetate, le cui istanze vennero fatte proprie da papa Giovanni Paolo II nel suo lungo pontificato in maniera insistente e con risultati benefici. Dopo l’enorme gesto d’incontro del papa, ora attendiamo una chiara affermazione della Fraternità e dei suoi vescovi in special modo sulla Nostra aetate. In questi giorni non possiamo prescindere dall’attuale irritazione nei rapporti tra cattolici ed ebrei. Dopo i giorni tristi della guerra tra Hamas e Israele vi è stata anche da parte cattolica una critica allo Stato d’Israele, che noi dobbiamo respingere. Così il direttore del cattolico Sonntags Zeitung per la Germania, Dirk Hermann Voss, in un editoriale ha definito l’attacco israeliano nella Striscia di Gaza come una «frenesia sanguinaria» e l’ha descritto come votato «completamente alla logica della violenza». In questo modo si travalicano evidentemente i confini di una critica argomentata e fondata alla politica dello Stato d’Israele. La protesta e il lamento di fronte alle vittime dell’ultimo conflitto bellico sono comprensibilissime, ma il diritto alla sicurezza 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 75 dello Stato d’Israele e dei suoi cittadini non può essere di fatto messo in discussione attraverso una critica indifferenziata. Essa mina anche il necessario intervento per una vita nella sicurezza e nella pace per il popolo palestinese. Bonn, 26 gennaio 2009. ✠ HEINRICH MUSSINGHOFF, presidente della Sottocommissione per i rapporti religiosi con gli ebrei della Conferenza episcopale tedesca Comunicato di mons. Koch Con la revoca della scomunica dei quattro vescovi papa Benedetto XVI apre la via per il superamento della divisione provocata nel 1988 dall’ordinazione senza mandato pontificio, da parte di mons. Marcel Lefebvre, di questi quattro vescovi. Con il motu proprio del 2007 Summorum pontificum, che autorizza la celebrazione della messa secondo il Messale del 1962 (la cosiddetta messa «tridentina») come forma straordinaria del rito cattolico romano, il papa ha già, di sua iniziativa, risposto largamente alle attese della Fraternità San Pio X e dei fedeli che le sono vicni. Mons. Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X, ha chiesto al papa, a nome proprio e a nome degli altri tre vescovi Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta, la revoca della scomunica. Nella sua lettera del 15 dicembre 2008 il superiore generale assicura il riconoscimento dell’insegnamento della Chiesa e del primato del papa. Con la revoca della scomunica dei quattro vescovi il papa tende la mano alla riconciliazione. Il decreto della Congregazione per i vescovi sulla revoca della scomunica, firmato dal card. Giovanni Battista Re, sottolinea che sono ancora necessari altri passi fino al ristabilimento della piena unità tra l’insieme della Fraternità San Pio X e la Chiesa cattolica. Papa Benedetto XVI è giunto a questa decisione nella convinzione che, dopo il riconoscimento dell’insegnamento e dell’autorità del papa, si siano schiuse delle buone prospettive per condurre a termine le attuali discussioni sulle irrisolte questioni legate alla necessaria accettazione del concilio Vaticano II. In tal modo, si dovrebbe riuscire a far vedere il più rapidamente possibile una completa riconciliazione nella piena comunione, basata su una fede comune. Spero e prego che questa riconciliazione possa giungere. Soleure, 24 gennaio 2009. ✠ KURT KOCH, presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri La via verso l’unità Benedetto XVI all’udienza generale (…) Nell’omelia pronunciata in occasione della solenne inaugurazione del mio pontificato dicevo che è «esplicito» compito del pastore «la chiamata all’unità», e commentando le parole evangeliche relative alla pesca miracolosa ho detto: «Sebbene fossero così tanti i pesci, la rete non si strappò»; dopo queste parole evangeliche proseguivo: «Ahimè, amato Signore, essa [la rete] ora si è strappata! Vorremmo dire addolorati». E continuavo: «Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa, che non delude, e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità, che tu hai promesso. (…) Non permettere [Signore] che la tua rete si strappi e aiutaci a essere servitori dell’unità!» (Regno-doc. 9,2005,198). Proprio in adempimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il mio ministero di successore di Pietro, ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica in cui erano incorsi i quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre senza mandato pontificio. Ho compiuto questo atto di paterna misericordia, perché ripetutamente questi presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del papa e del concilio Vaticano II (…). Vaticano, aula Paolo VI, 28 gennaio 2009. BENEDETTO XVI Nessun riconoscimento canonico Nota della Segreteria di stato A seguito delle reazioni suscitate dal recente decreto della Congregazione per i vescovi, con cui si rimette la scomunica ai quattro presuli della Fraternità San Pio X, e in relazione alle dichiarazioni negazioniste o riduzioniste della Shoah da parte del vescovo Williamson della medesima Fraternità, si ritiene opportuno chiarire alcuni aspetti della vicenda. 1. Remissione della scomunica. Come già pubblicato in precedenza, il decreto della Congregazione per i IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 75 069-076:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:02 Pagina 76 S anta Sede vescovi, datato 21 gennaio 2009, è stato un atto con cui il santo padre veniva benignamente incontro a reiterate richieste da parte del superiore generale della Fraternità San Pio X. Sua santità ha voluto togliere un impedimento che pregiudicava l’apertura di una porta al dialogo. Egli ora si attende che uguale disponibilità venga espressa dai quattro vescovi in totale adesione alla dottrina e alla disciplina della Chiesa. La gravissima pena della scomunica latae sententiae, in cui detti vescovi erano incorsi il 30 giugno 1988, dichiarata poi formalmente il 1° luglio dello stesso anno, era una conseguenza della loro ordinazione illegittima da parte di mons. Marcel Lefebvre. Lo scioglimento dalla scomunica ha liberato i quattro vescovi da una pena canonica gravissima, ma non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa cattolica. Anche i quattro vescovi, benché sciolti dalla scomunica, non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano lecitamente un ministero in essa. 2. Tradizione, dottrina e concilio Vaticano II. Per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II e del magistero dei papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI. Come è già stato affermato nel decreto del 21 gennaio 2009, la Santa Sede non mancherà, nei modi giudicati opportuni, di approfondire con gli interessati le questioni ancora aperte, così da poter giungere a una piena e soddisfacente soluzione dei problemi che hanno dato origine a questa dolorosa frattura. 3. Dichiarazioni sulla Shoah. Le posizioni di mons. Williamson sulla Shoah sono assolutamente inaccettabili e fermamente rifiutate dal santo padre, come egli stesso ha rimarcato il 28 gennaio scorso quando, riferendosi a quell’efferato genocidio, ha ribadito la sua piena e indiscutibile solidarietà con i nostri fratelli destinatari della prima alleanza, e ha affermato che la memoria di quel terribile genocidio deve indurre «l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo», aggiungendo che la Shoah resta «per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti». Il vescovo Williamson, per una ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa, dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah, non conosciute dal santo padre nel momento della remissione della scomunica. Il santo padre chiede l’accompagnamento della preghiera di tutti i fedeli, affinché il Signore illumini il cammino della Chiesa. Cresca l’impegno dei pastori e di tutti i fedeli a sostegno della delicata e gravosa missione del successore dell’apostolo Pietro quale «custode dell’unità» nella Chiesa. Silvano Fausti Una comunità legge il Vangelo di Giovanni I l volume nasce da una lectio continua settimanale sul Vangelo di Giovanni, tenuta dall’autore assieme a Filippo Clerici nella chiesa di S. Fedele (Milano). Il prodotto è una risposta alla diffusa richiesta di potere disporre, in un unico volume, dei preziosi contenuti di un’opera che ha conosciuto grande successo tra i lettori. «Lettura pastorale della Bibbia» Coedizione Ancora Editrice pp. 584 - € 46,00 Della stessa serie: S. Fausti - T. Beck - U. Benedetti - G. Brambillasca - F. Clerici Una comunità legge il Vangelo di Marco pp. 736 - € 48,00 EDB Edizioni Dehoniane Bologna Dal Vaticano, 4 febbraio 2009. SEGRETERIA DI STATO Via Nosadella 6 - 40123 Bologna Tel. 051 4290011 - Fax 051 4290099 www.dehoniane.it 76 IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009