Novembre 2006
Anno IV° - N°19 2005
Periodico di informazione del Consiglio Direttivo dell’Unione Nazionale Imprese di Comunicazione
IN QUESTO NUMERO:
Associazioni d’Impresa.
Valore e valori.
Sped. in Abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1 - FilialeI Padova dcB - A 2,00
In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio Postale di Padova Cmp detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa
Le Associazioni d’Impresa vivono una
stagione difficile: a partire dalle grandi
Confederazioni per arrivare alle piccole
e piccolissime Associazioni di categoria,
tutte quante si trovano alle prese con
le difficoltà derivanti da
una crisi di attrattività
8
Pubblicità con giudizio
L’Istituto dell’Autodisciplina
Pubblicitaria festeggia quarant’anni
di attività mettendo in mostra
a Milano, con un grande consenso
ed un inatteso successo di pubblico,
la “giustizia pubblicitaria”.
10
Branding. Da comunicatori
a “guardiani” della marca.
Esistono marche simpatiche e marche
necessarie, marche che offrono ed
altre che pretendono, alcune
promettono altre si presentano.
Tutte richiedono un atto compensato
da un beneficio che premia,
differenziando coloro che hanno scelto
il “prodotto di marca”.
12
Pubblicità comparativa
e Grande Distribuzione
La Corte di Giustizia Europea si è
pronunciata in materia di pubblicità
comparativa facendo particolare
riferimento alla GDO.
16
Viral Marketing.
Il passa parola che corre sul web
Ci volevano gli americani per
strutturare e definire in un modello,
un processo di diffusione conosciuto
da tutti, ma in larga misura snobbato
dai teorici del marketing: il passa parola
che, sul web, viene definito
marketing virale. I pro, i contro e le
regole perchè risulti efficace.
24
unicom
EDITORIALE
Finanziaria.
Economia e solidarietà
separate in casa
A
l di là di una serie di problemi che i contenuti delle politiche economico-sociali avviate
dal nuovo governo pongono alle piccole imprese - soprattutto con il decreto Bersani/Visco ed alcuni passaggi della Legge Finanziaria - la connotazione ideologica di tali iniziative merita una qualche riflessione. Del decreto Bersani non riusciamo a condividere la selettività,
pur apprezzandone il principio ispiratore: se liberalizzazione dev'essere, è opportuno, oltre che
necessario, procedere senza riguardi per nessuna delle categorie privilegiate o protette.
Per quanto attiene alla Finanziaria è evidente che alcune iniziative (TFR all'INPS, inasprimento
degli studi di settore, nuove aliquote fiscali, incremento delle tariffe e delle imposte locali, indeducibilità delle spese per auto aziendali, eliminazione del 5 per mille per il terzo settore…) sono
da giudicarsi del tutto inopportune, al punto che non sorprende che tale giudizio sia condiviso
anche da ampi settori della sinistra. Uno per tutti: Massimo Cacciari, Sindaco di Venezia, definisce la manovra”... una finanziaria essenzialmente fiscale che colpisce le piccole e medie imprese
e gli enti locali che erogano servizi sociali “ (La Stampa,16/10/06).
Ma le più forti perplessità sui provvedimenti in questione si originano dalla constatazione che il
contenuto di tali norme mostra con evidenza una separazione netta tra gli obiettivi di carattere economico e quelli di natura sociale, l'integrazione dei quali è stata in passato il momento
qualificante del processo di modernizzazione dell’apparato ideologico della sinistra riformista.
In effetti la componente più moderata dell'attuale Governo ha sostenuto - seppur timidamente le ragioni della ripresa dell'economia, mentre la sinistra radicale ha fatto proprie in via esclusiva e con grande determinazione le ragioni della solidarietà sociale. Tra le parti non c'è stato dialogo e, soprattutto, nessun tentativo di integrazione delle rispettive proposte. Con il risultato
che i provvedimenti attuati e quelli in corso di definizione non sono il frutto della mediazione tra
ideologia e politica o tra interessi e ideologia o, ancora, tra economia e società: l'unico intreccio
che sopravvive è quello tra politica e interessi (economici o di consenso).
La conseguenza di questo modus operandi è sotto gli occhi di tutti. Il testo di legge proposto
risulta raffazzonato e incoerente e si risolve in un complesso di norme fortemente sconnesse e
sbilanciate: nelle aree in cui prevalgono le ragioni dell'economia paga pegno il sociale, nelle
aree in cui l'attenzione è indirizzata al sociale, le esigenze dell'economia risultano del tutto disattese. E tutto questo, oltre a costituire un precedente pericoloso, poiché ci riporta alla stagione della segmentazione classista della società e, quindi, della contrapposizione tra gruppi e ceti
sociali, determina una forte penalizzazione delle iniziative mirate alla crescita.
Questa dicotomia ha influito negativamente sulle scelte fin qui operate e rischia, laddove la
legge finanziaria non venga corretta in modo significativo, di annullare gli effetti della timida
ripresa in corso, penalizzando cittadini e imprese, vanificandone gli sforzi ed il quotidiano impegno e mortificandone l'entusiasmo e la voglia di fare, presupposti indispensabili per conseguire
l'obiettivo del rilancio del Sistema Paese
Lorenzo Strona - Presidente Unicom
UNICOM
SOMMARIO
EDITORIALE
• Finanziaria. Economia e solidarietà
separate in casa di Lorenzo Strona
UNICOM
• Il DDL Gentiloni bocciato
da Unicom ed UPA
• Caro Giampietro...
• Confcommercio International:
notizie dalla Comunità Europea
• Eventi, appuntamenti, incontri
• Convegni e mostre
• Complimenti a...
• Confermata ad Unicom la Certificazione
del Sistema di Qualità
• Il road-show di presentazione
della Ricerca Unicom
a cura di Paolo Romoli
IMPRESE E FISCO
• Studi di settore. Brutte sorprese in arrivo
di Alessandro Colesanti
IMPRESA
• Associazioni d’Impresa. Valore e valori
di Lorenzo Strona
• Le Associazioni d’Impresa
al servizio del sistema Italia
1
2
3
4
5
7
8
MOSTRE
• IAP. Pubblicità con “giudizio”
di Vincenzo Guggino
10
IL MESTIERE DI COMUNICARE
• Il Branding. Da comunicatori
a “guardiani” della marca
di Alessandro Ubertis
12
COMUNICAZIONE SOCIALE
• Pubblicità Progresso nel cuore di Milano 15
di Alberto Contri
DIRITTO E COMUNICAZIONE
• Pubblicità comparativa e GDO
di Fiammetta Malagoli
16
DIRECT MARKETING
• Con Poste Italiane cresce il DM in Italia
19
ATTUALITA’
• Come diventare ricchi con la pubblicità
20
RELAZIONI PUBBLICHE
• J. Navarro Vals. La carriera di un
comunicatore di Alessandro Costella
21
ONLINE
• Scrivere sul web.
22
Le buone regole per farsi leggere
di Angela D’Amelio
• Viral marketing. Il passa parola sul web 24
di Angela D’Amelio
OPINIONI
• “Lingue morte” e stupidaggini vive
27
di Gargamella
• Bambini e pubblicità. Tra destra e sinistra...
di Biagio Vanacore
LA POSTA
• Ci scrivono Franco Moretti
e Giorgio Tramontini
28
INCONTRI
• La poesia di Edgar Lee Masters
30
LETTURE
• Riflessioni sull’orlo dell’Apocalisse
• Amori miei
a cura di Giorgio Bonifazi Razzanti
31
2 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
Il DDL Gentiloni
bocciato da Unicom ed UPA
Sono state molto dure le critiche espresse
dai Presidenti di UPA Giulio Malgara e dal
Presidente di Unicom Lorenzo Strona sul Disegno di Legge messo a punto dal Ministro
delle Comunicazioni Paolo Gentiloni.
In particolare il Presidente di Unicom, dopo
aver fortemente criticato l’orientamento ad
un controllo pubblico di Auditel, si è soffermato in particolare sulla norma che fissa il
tetto della raccolta pubblicitaria al 45%.
“Nel corso della puntata di "Porta a Porta"
del 16/10 u.s., - ha dichiarato il Presidente di
Unicom - il Ministro Paolo Gentiloni e l'ex Presidente dell'Autority delle Comunicazioni
Enzo Cheli hanno sostenuto che il dispositivo
che fissa al 45% il tetto di raccolta per il singolo operatore determinerà una redistribuzione delle risorse sulle "piccole" televisioni e
sulla carta stampata.
Tale affermazione non ha fondamento: la
conseguenza più immediata dell'applicazione
di tale normativa sarà invece una contrazione
generalizzata degli investimenti pubblicitari
e l'espulsione dal mercato dei "medi investitori", quelli che - a fronte del prevedibile
incremento delle tariffe pubblicitarie che le
emittenti interessate dovranno applicare al
fine di tutelare la loro redditività - non saranno più in grado di raggiungere la soglia d'accesso al mezzo stesso.
I fautori del dirigismo in economia sostengono
che l'anomalia italiana nell'allocazione degli
investimenti pubblicitari, caratterizzata da un
forte sbilanciamento in favore della televisione
a danno della stampa, è frutto di una carenza
della normativa.
In realtà è l'incapacità della stampa di conquistare un'audience adeguata, sia dal punto di
vista qualitativo che quantitativo, a dirottare
gli investimenti verso il mezzo televisivo. Le diffusioni della stampa quotidiana in Italia sono
ben lontane dalle medie europee e, soprattutto, non sono in grado di raggiungere quel target dei "responsabili acquisti" che costituisce,
nella massima parte dei casi, l'obiettivo degli
investitori pubblicitari che fanno ricorso al
mezzo televisivo.
Stante questa situazione, appare di tutta evidenza l'inopportunità dell'iniziativa che pone
barriere artificiali alla naturale evoluzione
delle dinamiche di mercato.
Le nostre imprese - le medie soprattutto - per
tentare di ovviare all'apatia del mercato,
hanno necessità di aumentare la loro visibilità
e di proporre ogni giorno nuovi stimoli al consumatore. Penalizzarne la possibilità di comunicare efficacemente significa deprimerne ulteriormente la capacità di competere, con danni rilevanti a carico dell'intero sistema economico del Paese.”
Caro Giampietro...
Il 13 Novembre è mancato Giampietro Grollo, membro del Collegio dei Probiviri e per
molti anni Consigliere
dell’Associazione.
Lo vogliamo ricordare
riportando i pensieri di
alcuni dei molti colleghi che con lui hanno condiviso idee, impegno e, soprattutto, amicizia.
“Caro Giampietro,
avresti certamente preferito che ti dicessi addio
levando un bicchiere. Ma oggi il vino è annacquato ed ha il sapore amaro delle lacrime.”
Lorenzo Strona
“Un gentiluomo e un amico che mi mancherà
molto. Da quando parecchi anni fa ci eravamo conosciuti e avevamo scoperto di pensarla allo stesso modo su molte cose, ogni volta
ritrovarci era sempre come riprendere un discorso interrotto il giorno prima. Milano, Ginevra, Sorrento, ancora Milano: mi passano
davanti tante bellissime “istantanee” di Giampietro, troppo poche, con il rimpianto di non
averlo conosciuto e frequentato abbastanza.“
Alessandro Colesanti
“Ciao Grollo, semplicità, intesa, piacere di stare
insieme, quel raro senso di sentirsi uguali se ne
va, questo ci toglie il correr del tempo. Rimane, preziosa, la memoria del tuo sorridere.”
Giorgio Tramontini
“Era il 1° di gennaio del 2005. Erano passate da
poco le dieci di sera. Tu salivi verso la chiesa di
Sestri Levante, io scendevo. La testa nelle sciarpe, gli occhi al suolo. Abbiamo stentato a riconoscerci. Poi, la sorpresa per quell’incontro e
pochi secondi per scambiarci gli auguri.
Io lo ricordo.”
Bruno Zerbini
a cura di Paolo Romoli
Confcommercio International
Notizie dalla Comunità Europea
Eventi,
appuntamenti, incontri
Pubblicità
Senza emendamenti, il Parlamento europeo
ha adottato il 12 ottobre 2006, la relazione
dell’on. Giuseppe Gargani sulla versione codificata della direttiva relativa alla pubblicità
ingannevole e alla pubblicità comparativa
presentata dalla Commissione europea il 19
maggio 2006. Il testo della relazione è reperibile al seguente indirizzo:www.europarl.
europa. eu/omk/sipade3?PUBREF=-34
nonché nell’efficienza energetica e nelle fonti
rinnovabili. Rispetto ai precedenti programmi,
il CIP nell’attuale versione, comporterebbe
rispetto al programma precedente un aumento dei fondi del 60% all’anno.
Il testo finale dovrebbe essere adottato entro
l’anno. Il CIP comprende tre sottoprogrammi:
- Programma per l’Innovazione e l’Imprenditorialità (PII), a cui andrà circa il 60% del
budget totale a disposizione;
- Programma di sostegno alla Politica TIC, che
beneficerà del 20% del budget;
- Programma Energia Intelligente Europa (EIE),
che beneficerà del restante 20%.
L’Eco-innovazione sarà un tema trasversale per
l’intero CIP con un budget di 430 milioni.
Il Presidente Strona
al Grinzane Film Festival
Nel contesto della prestigiosa manifestazione che avrà luogo a Stresa (VB) dal 29/11 al
2/12, il Presidente di Unicom Lorenzo Strona
interverrà sul tema “Comunicare il territorio.
Tra cinema e letteratura”. La manifestazione,
giunta alla sua terza edizione, nell’edizione
2005 ha visto la proiezione di trenta film, con
la partecipazione di dodicimila spettatori.
Nel corso della manifestazione verranno assegnati premi a Peter Schneider per la sezione “Letteratura”, a Dino Risi e ad Ornella
Muti per la sezione “Cinema”. A Giancarlo
Giannini verrà invece assegnato il “Premio
alla carriera”. (info: www.grinzane.it)
Educazione e Media
La Commissione europea ha avviato il 6/10
un’indagine sulle buone pratiche relative all’approfondimento e il miglioramento dell’educazione ai media nell’era digitale.
Le nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione permettono praticamente a
chiunque di pubblicare, diffondere o comunicare, per cui diventa sempre più importante,
per l’esercizio attivo delle cittadinanza e della
democrazia, che i cittadini siano in grado di
valutare il vero valore dei contenuti dei media
e di compiere scelte consapevoli.
Nel 2007, sarà presentata una comunicazione
che darà conto dei risultati e delle proposte
che ne scaturiranno. È stato elaborato un questionario per ottenere il parere del pubblico
sulla educazione ai media in relazione alle tecnologie digitali e per raccogliere informazioni sulle iniziative relative alle telecomunicazioni commerciali, all’audiovisivo e al mondo in
linea.
Le risposte dovranno essere inviate entro il 15
dicembre.
Link:http://ec.europa.eu/comm/avpolicy/media
_literacy/index_en.htm
Unicom al Salone della Responsabilità
Sociale d’Impresa
Nell’ambito della seconda edizione di “Dal
Dire al Fare - Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa” tenutosi a Milano presso l’Università IULM il 28-2911, si è svolto il laboratorio “Responsabilità e irresponsabilità del
comunicatore: luci e ombre nella comunicazione della RSI” che ha visto la partecipazione di Rossella Sobrero, vicepresidente Unicom. Tre le domande sul tavolo: “Quale ruolo possono giocare i professionisti della comunicazione per trasformare una cultura
d’impresa matura in cultura d’impresa socialmente responsabile?”
“È giusto sottoporre alla rendicontazione dei
Bilanci di Sostenibilità anche le performance
comunicative? E in caso affermativo, con quali criteri e parametri? ” E infine: “La deontologia professionale può aiutare a migliorare
il livello di responsabilità dei comunicatori?”
Sei progetti
per conoscere meglio l’Europa
Nell’ambito del Piano D per la democrazia,
il dialogo e il dibattito, la Commissione europea ha deciso di assegnare 4,5 milioni di
euro a sostegno di programmi paneuropei
realizzati da organizzazioni senza scopo di
lucro della società civile diretti a incoraggiare e a promuovere il dialogo ed il dibattito
tra i cittadini su questioni relative all’Ue.
I progetti saranno attuati entro fine anno e
durante il 2007.
Dei sei progetti selezionati, tre saranno
attuati in tutti i 25 Stati membri, mentre ciascuno degli altri tre coprirà almeno 5 paesi.
I progetti sono stati selezionati con l’obiettivo
di sostenere iniziative paneuropee che:
- promuovano la messa in rete dei cittadini dell’Ue e la loro partecipazione al dibattito sull’Europa secondo le indicazioni contenute
nel Piano D
- raccolgano in maniera ampia e qualitativamente adeguata le opinioni dei cittadini forniscano analisi dei contributi dei cittadini che possano offrire elementi utili ai
decisori politici.
I sei progetti sono:
“Tomorrow’s Europe” (Fond. Notre Europe,
Parigi) – “Speak up Europe” (European
Movement International, Bruxelles) – “European Citizens’ Consultations” (Fondation Roi
Baudouin, Bruxelles) – “Our message to
Europe” (Deutsche Gesellschaft, Berlino) –
“Radio Web Europe” (CENASCA, Roma) –
“Our Europe - Our debite - Our contributions” (European House, Budapest).
Competitività e Innovazione
Il Consiglio ha adottato lo scorso 12 ottobre
la decisione che istituisce Programma Quadro
per la Competitività e l’Innovazione: tra il
2007 e il 2013. In base a detto programma,
oltre 350.000 PMI riceveranno quale sostegno
comunitario 3.621 milioni di Euro per investire nell’innovazione, nelle nuove tecnologie
della comunicazione e dell’informazione
Dibattito sul futuro della stampa scritta
Il 23 ottobre, la Commissaria europea responsabile della società dell’informazione e dei
media, ha incontrato i capo redattori di Confcommercio International, per un dibattito sul
futuro della stampa scritta.
Il tema in discussione è stato: quale sarà l’evoluzione della stampa scritta di fronte al crescente utilizzo di Internet, ad una concorrenza maggiore tra i media, all’apparizione di
pubblicazioni gratuite e al disinteresse sempre più forte della giovane generazione per i
giornali e le riviste?
Unicom al Convegno Welcomebank
Nell’ambito della 4a edizione di Welcomebank (progetto per l’integrazione bancaria
dei migranti, cui Unicom ha dato il proprio
patrocinio) articolata quest’anno in 3 giornate tra Biella, Torino e Milano, ha avuto luogo
il 13/10 a Milano una tavola rotonda nel corso della quale il Vice Presidente di Unicom
Rossella Sobrero ha tenuto una relazione sul
tema “L’importanza della comunicazione per
la crescita di una società interculturale”. Nel
corso del suo intervento Sobrero ha tra l’altro sottolineato l’opportunità che non solo le
banche, ma più in generale tutte le imprese
trovino strumenti e linguaggi nuovi per
comunicare con i nuovi cittadini: migranti di
prima, seconda, terza generazione che hanno esigenze e bisogni diversi.
3 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
UNICOM
Convegni
e mostre
La Conferenza Internazionale
di Pubblicità Progresso
Il 17 e 18 ottobre si è tenuta a Milano la Conferenza sulla Comunicazione Sociale 2006 dal
titolo “Politically Un-Correct: la comunicazione sociale oltre il buonismo e la provocazione”, organizzata dalla Fondazione Pubblicità
Progresso di cui la nostra Associazione è socio fondatore.
Nell’ambito dei vari momenti, cui sono intervenuti numerosi esperti anche internazionali
delle componenti interessate, mercoledì 18
ha avuto luogo una tavola rotonda su “La
pubblicità sociale fra nuove regole e antiche
virtù” con la partecipazione del Vice Presidente di Unicom Rossella Sobrero, che ha
ricordato l’impegno di tutte le associazioni
socie della Fondazione Pubblicità Progresso
per migliorare la comunicazione sociale in
Italia.
Sobrero ha inoltre ricordato che Unicom si è
già attivata al riguardo proponendo che, tra
i profili professionali richiesti dal comparto
comunicazione, venga inserita anche la figura dell’esperto in Comunicazione Sociale.
Sobrero ha partecipato inoltre alla sessione
su “Storie di straordinaria comunicazione”.
La manifestazione si è conclusa con l’inaugurazione presso la triennale di Milano della
Mostra di tutte le campagne realizzate nei
35 anni di Pubblicità Progresso.
Sulla Mostra e sul Convegno vedi più ampio
articolo riportato a pag. 14.
La Mostra dello IAP a Milano
È stata inaugurata il 26 Ottobre e rimarrà
aperta fino al 26/11 presso la Stazione
Centrale di Milano la Mostra “Pubblicità con
Giudizio”, che presenta le più significative
campagne pubblicitarie giudicate nei primi
40 anni di attività dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, cui Unicom è associata.
La Mostra presenta oltre 50 tra manifesti e
spot televisivi esaminati dal Giurì dello IAP,
illustrati da brevi considerazioni a favore del
sì e del no, nonché la sentenza finale del
Giurì dello IAP: dal celebre scatto del bacio
tra un prete e una suora, alle immagini allusive di donne in pose languide, dalla bevanda alcolica che rende belli e felici, al prodotto di igiene personale presentato come un
farmaco.
Tante immagini, alcune anche “scioccanti”,
che sono state bloccate per difendere i diritti dei consumatori e la sensibilità del pubblico. Sulla Mostra, la storia e sulla “mission”
dell’Istituto vedi l’ampio resoconto pubblicato a pag. 10.
4 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
Complimenti a...
Premi e riconoscimenti alle nostre associate
GRAND PRIX BRAND IDENTITY
Primi Premi
- Cat. Guide Lines Manual: Opera (TO/RM/MI)
Ariston – Visual Identity Manual
- Cat. Packaging: Lumen (MI) – Spontex
- Cat. Corporate Literature: Besanopoli (MI)
Water Codex I e II
LONDON INTERNATIONAL
ADV AWARD 2006
Televisione/Cinema
Cat. Arredamento/Attrezzature per la casa:
Leo Burnett (MI/RO)
“Mondo Sommerso” Aqualtis di Ariston.
SHARK AWARDS FESTIVAL DI KINSALE
- Oro – Sez. TV : Leo Burnett (MI/RM)
Ariston Aqualtis “Underwater world”
- Argento – Sez. TV: Leo Burnett (MI/RM)
Telecom “Home to home”
XXI TARGA D’ORO
Targhe d’Argento
- Cat. Advertising Auto: LDB (BO)
“Volvo. Enjoy the track.”
- Cat. Sponsorizzazioni:
Egg Eventi e Spon sorizzazioni (MI)
Confruit e Walt Disney “Un anno di sport
con Topolino”
- Cat. Promozioni: Creativando (VI)
Saint Gobain “Progetto Ottavino”
- Cat. In-store Merchandising:
Brunazzi & Associati (TO) Caldaie Biase
- Cat. Packaging: Advance (CR)
Bialetti “Leonardo genius”
- Cat Corporate Identity: Besanopoli (MI)
Sanpellegrino “Water Codex”
Targhe di Bronzo
- Cat. Advertising Fashion: LDB (BO)
Golden Lady
- Cat. Supporti alla Promozione: LDB (BO)
Supermercati Sigma
- Cat. Stampa Specializzata - Prodotti di largo
consumo: Creativando (VI)
Saint Gobain Vetri
- Cat. Beni industriali: Space Design (MI)
Componenti Elettrici MTA
- Cat. Prodotti di largo consumo:
Trilogia (MI) Ruffino
- Cat. Packaging Prodotti medicinali
Brunazzi & Associati (TO)
Cosmetici Previa
– Cat. Packaging Prodotti alimentari:
Lumen (MI)
Zuegg “Confetture” e “Marmellate”
– Prodotti per uso domestico:
Brunazzi & Associati (TO)
Profumi Interprogress
- Corporate Identity - Materiali Promozionali
Trilogia (MI) Vini Ruffino
- Relazioni Pubbliche per la PA:
Besanopoli (MI) Ministero per le Tecnologie
“L’innovazione digitale per le famiglie”
INTERACTIVE KEY AWARD 2006
Primo premio Cat. Trasporto ed Energia
Leo Burnett (MI/RM)
Fiat Auto www.fiat500.com
9ª EDIZIONE PREMIO ASSOREL
- Primo premio Cat. Comunicazione Interna:
EGG Eventi e Sponsorizzazioni (MI)
Bocconi Sport Team;
- Primo premio Comunicazione di Prodotto
Multimedia Healthcare Communication
Procter & Gamble – Infasil.
PREMIO DIGITAL GUTEMBERG
Premio speciale “Innovazione”:
Sanguinetti Comunicazione (AO)
Paperlight
Confermata ad Unicom
la Certificazione di Qualità
A seguito della verifica effettuata dall’Organismo di Certificazione Tüv Italia il 26
ottobre scorso, Unicom ha visto confermata
per il sesto anno consecutivo la certificazione del proprio Sistema Qualità secondo i
requisiti della norma Uni En Iso 9001:2000
non essendo stata riscontrata nessuna non
conformità e con la formale attestazione di
“notevoli progressi nelle attività ai fini del
continuo miglioramento dei servizi prestati
alle Associate”.
La nostra Associazione, che aveva ottenuto
la Certificazione nel febbraio 2000, si conferma così la prima e tuttora unica
Associazione di strutture certificata dell’intero nostro comparto.
A cura di Paolo Romoli
Il road-show di presentazione
della Ricerca Unicom sui Prodotti Tipici
La ricerca “La Comunicazione dei Prodotti
Tipici in Italia” commissionata da Unicom e
Unioncamere sta riscuotendo crescente interesse presso gli operatori del settore agroalimentare d’eccellenza e della comunicazione.
Per questo Unicom ha predisposto un vero e
proprio road-show presso le Camere di Commercio e le sedi delle Amministrazioni dei
comprensori più interessati a valorizzare il
proprio patrimonio di prodotti tipici. Tutto
questo fa seguito alla presentazione avvenuta a Milano il 12 Giugno 2006 con la partecipazione del Presidente Unicom Lorenzo
Strona e del Presidente di Unioncamere Carlo
Sangalli.
A Pescara il 3 Ottobre
Presso la sede della locale Camera di Commercio, con l’intervento del Presidente del
Consiglio Regionale Marino Rosselli, dell’Assessore all’Agricoltura Marco Verticelli,
del Sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso e
del Presidente della CCIAA Ezio Ardizzi, il
Presidente di Unicom Lorenzo Strona e il
Consigliere Donatella Consolandi, Responsabile del Centro Studi Unicom, hanno illustrato gli scopi e i dati principali della ricerca.
Strona ha in particolare sottolineato l’importanza della ricerca come contributo alla valorizzazione di un patrimonio gastronomico
esclusivo che appare indispensabile salvaguardare, non solo come identità culturale
dei territori interessati, ma nell’interesse
generale del comparto che, a dispetto della
dilagante omologazione dei prodotti succedanei, si sta confermando uno dei punti di
forza dell’apparato produttivo e del sistema
economico italiani.
Il convegno, seguito da un folto numero di
addetti ai lavori che nel corso del dibattito
hanno confermato vivo interesse e apprezzamento per la ricerca, si è concluso con una
cena offerta in un caratteristico locale dell’entroterra, a base ovviamente di prodotti
tipici. Stampa e televisione locali hanno dato
ampia eco e significative cronache dell’evento, riportate sul sito Unicom alla voce “Press
Room – Rassegna Stampa”.
tivazioni, scopi e risultanze salienti della
ricerca, analogamente a quanto già riportato
sopra nella presentazione di Pescara. Anche
in questo caso stampa e televisioni locali
hanno dedicato ampie cronache dell’evento.
A Latina il 19 Ottobre
La ricerca è stata presentata presso la locale
CCIAA, alla presenza di tutte le massime
autorità commerciali ed imprenditoriali della
provincia.
I Consiglieri Unicom Francesco Miscioscia e
Biagio Vanacore hanno rispettivamente illustrato motivi, finalità e dati salienti della
ricerca offrendo rilevanti spunti al successivo
dibattito. Il Presidente della CCIAA di Latina
Vincenzo Zottola ha chiuso i lavori condividendo i concetti espressi nelle due relazioni,
e congratulandosi con l’Associazione per l’ottimo lavoro svolto. Una ricca degustazione di
prodotti tipici locali ha concluso l’animata
serata.
A Rimini il 21 Ottobre
Nell’ambito delle iniziative di Travel Marketing promosse da TTG Incontri, importante
manifestazione del settore turistico riservata
agli operatori economici, sabato 21 Ottobre
ha avuto luogo un’affollata tavola rotonda
sul tema “Comunicare il territorio: da destinazione a sistema” coordinata dal Consigliere Unicom Laura Rolle, cui hanno partecipato qualificati esperti del settore. In apertura del convegno, dopo un’introduzione del
Direttore di Unicom Paolo Romoli, il Vice Presidente Giorgio Bonifazi ha esaurientemente
illustrato i dati salienti della ricerca, seguiti
con particolare interesse dai numerosi presenti che si sono poi soffermati a richiedere
ulteriori chiarimenti. Come in tutte le altre
presentazioni, numerosi presenti hanno ordinato il volume della ricerca.
Rai Educational il 30 Ottobre
Rossella Tosto, Vicepresidente di DataContact, l’Istituto associato Unicom che ha condotto la ricerca sulla Comunicazione dei
Consorzi sui Prodotti Tipici, ha commentato i
dati salienti della ricerca partecipando al Talk
Show sui “Sapori della Terra” trasmesso
venerdì 30 Ottobre su Rai Educational. La
registrazione della trasmissione è disponibile
presso la Segreteria Unicom.
A Treviso il 9 Novembre
La Ricerca Unicom sulla Comunicazione dei
Prodotti Tipici è stata presentata presso la
locale CCIAA con la partecipazione di
Federico Tessari Presidente Unioncamere Veneto, presenti il Pro-sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini e i Presidenti dei Consorzi di
Prodotti Tipici locali. Lorenzo Strona e
Donatella Consolandi, hanno illustrato le
finalità e i dati salienti della ricerca. E’ seguita una tavola rotonda sul ”Prodotto tipico
come elemento strategico per lo sviluppo
della filiera agroalimentare”coordinata dal
Presidente Strona. Hanno partecipato: Fulvio
Brunetta, Presidente Coldiretti Treviso,
Alessandro Conte, Presidente CNA Treviso,
Mario Pozza, Presidente Confartigianato
Treviso, Renato Salvadori Presidente
Unascom Treviso, Flavio Sgambaro Presidente Gruppo Alimentare Unindustria Treviso. Anche in questa occasione, come in
tutte le precedenti, stampa, radio e tv locali
hanno dato ampi resoconti dell’evento.
Ulteriori presentazioni sono calendarizzate a
Modena (24/11), Frosinone (28/11), Imperia
(7/12) e successivamente a Napoli, Bari,
Genova, Catania, Bolzano, Forlì, Ferrara e in
altre città. I programmi di tutti gli incontri
saranno tempestivamente comunicati sul sito
www.unicom-mi.org.
Pescara - 3/10/06
A Cuneo il 6 Ottobre
Presso la Camera di Commercio con l’intervento del Presidente Ferruccio Dardanello, di
Mino Taricco e Emilio Lombardi, rispettivamente Assessori all’Agricoltura della Regione
Piemonte e della Provincia di Cuneo, il
Presidente di Unicom Lorenzo Strona e il
Consigliere Laura Rolle hanno illustrato mo-
5 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
IMPRESE E FISCO
Studi di settore.
Brutte sorprese
in arrivo
Tra le molte sgradite sorprese che la Finanziaria
riserverà alle piccole e medie imprese,
quella della revisione, senza alcuna preventiva
concertazione con le rappresentanze istituzionali
delle aziende interessate, è forse la peggiore.
L’inasprimento generalizzato dei parametri
otterrà il solito effetto: chi ha sempre pagato
pagherà di più, mentre gli evasori
continueranno imperterriti ad evadere.
I nostri governanti parlano sempre del rapporto di reciproca fiducia che dovrebbe
instaurarsi tra i contribuenti e il Fisco, ma poi
i fatti puntualmente smentiscono le buone
intenzioni.
Mi ero convinto che gli studi di settore fossero una metodologia seria e corretta che
non predetermina alcuna minimum tax a
danno di imprese e lavoratori autonomi con
ricavi fino a 5 milioni di euro, ma fotografa la
realtà appunto di un settore economico e dei
gruppi omogenei individuati al suo interno
per cogliere, attraverso appropriati modelli
matematico-statistici, le relazioni esistenti
tra caratteristiche dell’impresa e fatturati e
redditività.
In base alle attività svolte, al tipo e numero
di collaboratori, alle strutture e attrezzature
e alle spese sostenute, l’impresa viene inserita in un determinato gruppo omogeneo del
settore e i suoi ricavi e guadagni devono
risultare in linea con quelli rilevati per il
gruppo di appartenenza.
Conguità e coerenza
Questo è il significato della congruità (dei
ricavi) e della coerenza (dei valori aggiunti
orari per addetto e dei margini operativi
lordi quali indicatori della redditività).
Se l’impresa rientra nella media il Fisco la lascia tranquilla, mentre se risulta, per due
anni su tre, al di sotto di essa può venire
chiamata a dare spiegazioni della propria
“anomalia”.
Nello stesso spirito l’aggiornamento (o l’e-
voluzione come la chiama l’Agenzia delle
Entrate) a distanza di qualche anno di ciascun studio di settore serve a rilevare gli
eventuali cambiamenti intervenuti e a ritarare su di essi il relativo software Ge.Ri.Co.
(quello che appunto, applicato ai dati rilevanti dell’impresa, stabilisce se è o no congrua e coerente). E questo avviene con il
coinvolgimento delle associazioni di categoria che hanno il compito di verificare che le
informazioni che si richiedono siano sufficientemente chiare e che la fotografia ottenuta rispecchi effettivamente quella determinata realtà settoriale senza penalizzazioni
ingiustificate per i contribuenti.
per l’aggiornamento degli Studi che diventerà annuale e automatico (senza il tempo
per consultare le associazioni di categoria) e
per l’obbligo di essere congrui e coerenti
ogni anno, ma no assolutamente alle indebite forzature inserendo coefficienti correttivi occulti in grado a parità di condizioni di
far apparire i ricavi e la redditività maggiori.
Se questo dovesse avvenire davvero, lo strumento verrebbe stravolto e si trasformerebbe in un sistema vessatorio per spremere i contribuenti ben oltre il loro effettivo
potenziale fiscale. Mi si dice che il ventilato
inasprimento nasce dalla presunzione che tra
i contribuenti oggetto degli Studi di Settore
l’evasione si mantenga alta e, quindi, occorra
in qualche modo recuperarla.
Mi si dice anche però che ci sono moltissimi
contribuenti che non risultano né congrui né
coerenti, ma che non vengono controllati per
inefficienza del Fisco.
Perché allora non cominciare proprio da
questi invece di tentare con mezzi assolutamente arbitrari di risolvere il problema spalmando su tutti il gettito mancante?
In tal caso infatti a pagare ancora di più
sarebbero i soliti noti che già pagano il dovuto… alla faccia della tanto sbandierata equità alla base del programma del Governo.
Alessandro Colesanti
Vicepresidente Unicom
[email protected]
Lo Studio di Settore SG82U/TG82U
Così è nato nel 2003 lo Studio di Settore
SG82U, dedicato alle imprese di comunicazione e così si è proceduto nel corso del
2006 al suo aggiornamento TG82U, che ha
individuato 19 gruppi omogenei contro i precedenti 13 ed ha introdotto, sulla scorta dei
dati statistici rilevati, una serie di cambiamenti che almeno apparentemente non ne
modificano la sostanza.
Perciò ho sentito suonare un campanello
d’allarme quando in sede di Finanziaria 2007
si è iniziato a parlare di “inasprimento” degli
Studi di Settore e del consistente gettito in
più (7 miliardi di euro?) che dovrebbe derivarne.
La metodologia in quanto tale infatti se applicata correttamente è neutrale e non si
presta a inasprimenti di sorta. Passi ancora
7 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
IMPRESA
Associazioni
d’Impresa.
Valore e valori.
Le Associazioni d'Impresa vivono, nel nostro Paese,
una stagione difficile. A partire dalle grandi Confederazioni,
per arrivare alle piccole e piccolissime Associazioni
di Categoria, tutte quante si trovano alle prese
con una crisi di credibilità e, quindi, di attrattività.
Le ragioni della crisi della rappresentanza
d'Impresa in Italia sono da far risalire a cause
diverse, talvolta tra loro apparentemente in
contraddizione. Indagarne le cause non è
compito facile, ma un tentativo in questa
direzione è comunque opportuno, partendo
da una riflessione che ci consenta di capire su
quali elementi queste realtà hanno fino ad
oggi fondato la loro capacità di attrarre consenso e, quindi, nuovi associati e qual è stato
il collante che ha mantenuto saldamente
coesa, negli anni ottanta e novanta, la loro
base associativa.
Lorenzo Strona - Presidente Unicom
I punti di forza delle Associazioni
Gli elementi più importanti che hanno sostenuto l'attrattività delle Associazioni d'Impresa sono stati:
• La capacità di offire rappresentanza e tutela dal punto di vista sindacale, intendendo
con questo tutte le attività connesse alla rappresentanza istituzionale, alla difesa degli
interessi delle imprese o delle categorie rappresentate, alla tutela delle stesse rispetto ad
8 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
iniziative di carattere legislativo, vissute
come momenti di prevaricazione o addirittura come sopruso.
• La capacità di offrire vantaggi concreti,
quali servizi, convenzioni, convenienze economiche misurabili nel contesto dell'operatività quotidiana.
• Un adeguato supporto alla crescita delle
imprese, sia dal punto di vista culturale e del
know-how professionale (attraverso la formazione continua), sia dal punto di vista economico (creando occasioni ed opportunità di
new business).
• L'ideologia o il sistema di valori condivisi
capace di offrire ragioni ideali alla scelta di
stare insieme in un'ottica ampia di opportunità connesse alla visione, alla mission associativa e al posizionamento rispetto al mercato di riferimento ed al ruolo che alle
Associazioni compete nell’ambito del sistema
economico del Paese.
Deboli dal punto di vista sindacale
E' indubitabile che su alcuni di questi elementi l'efficacia dell'azione delle realtà rappresentative d'impresa sia tuttora perfettamente in linea con le attese degli associati
(ideologia ed attività di supporto alla crescita delle imprese), ma è altrettanto vero che
in altri ambiti, l'attrattività - misurabile in un
contesto di rapporto costo/beneficio - sia da
considerarsi fortemente in crisi, in particolare sul terreno della rappresentanza sindacale
e sulla capacità di offrire concrete convenienze. Oggi possono vantare una "tenuta"
effettiva sul piano della tutela degli interessi
- in altre parole un reale potere - solo quelle
Associazioni che, in forza della capacità di
mobilitare settori, o anche solo segmenti, di
comparti strategici per la vita dei cittadini,
possono influire pesantemente su scelte e
decisioni in materia legislativa, fiscale e di
politica economica.
Gli esempi possono essere molteplici e sono,
purtroppo, all'ordine del giorno. Basti pensare agli effetti di un'agitazione, con conseguente astensione dal lavoro di un esiguo
numero di controllori di volo: si tratta di un'iniziativa di un piccolo gruppo di persone in
grado di mettere in crisi l'intero sistema del
trasporto aereo nazionale. E' pur vero che, in
questo ed in altri casi analoghi, si tratta della
messa a frutto di una condizione di privilegio, fortemente lesiva dei diritti dei cittadini,
ed è anche vero che tali comportamenti si
configurano come un’anomalia del sistema,
ma fintanto che non interverrà una revisione
radicale delle normative che disegnino
nuove regole (o meglio, per essere chiari,
limitino fortemente il diritto di sciopero nel
comparto dei pubblici servizi) il potere di
condizionamento e di indirizzo di queste
associazioni sindacali continuerà ad essere
enorme. Di contro, quelle realtà associative e sono la maggior parte - che si ritrovano
prive di una reale possibilità di condizionare
i decisori, risultano, almeno sotto il profilo
sindacale, prive di potere e, di conseguenza,
fortemente indebolite nella loro attrattività
e nella capacità di fidelizzazione della base
associativa.
Servizi e convenzioni non bastano
Un discorso diverso, ma con conseguenze
altrettanto importanti sul futuro delle associazioni di categoria, riguarda la capacità di
offrire servizi e convenzioni che "giustifichino" la corresponsione di una quota associativa. Un esempio può essere mutuato anche da
quanto avviene nel nostro settore: prima che
la "rete" ci mettesse online con il mondo
intero, reperire informazioni e dati necessari
allo svolgimento della quotidiana attivià,
comportava per l'impresa l'onere di far fronte a costi molto rilevanti. Oggi un'enorme
massa di dati è disponibile - gratuitamente
ed in tempo reale - sulla rete.
Pensiamo per un attimo alle rilevazioni di
audience e diffusioni, al monitoraggio delle
attività della concorrenza, alle rassegne
stampa: l'accesso a questi servizi per il tramite delle associazioni garantiva una riduzione
molto significativa dei costi attraverso le
convenzioni che le associazioni erano in
grado di stipulare con i fornitori e quindi di
proporre alla propria base associativa. Oggi i
servizi e le convenzioni che un'associazione
nazionale può erogare ai propri associati salvaguardando un rapporto costo-beneficio
particolarmente allettante, si sono notevolmente ridotti di numero, con una conseguente, significativa riduzione dell'attrattività dell'associazione stessa, almeno per
coloro che focalizzano sul rapporto costobeneficio il proprio orientamento ad apparentarsi o meno ad una realtà associativa.
Un punto di forza:
creare opportunità di crescita
Diverso è invece il discorso per gli aspetti
connessi a migliorare la capacità delle
imprese di "stare sul mercato", di aumentarne la competitività e di offrire opportunità
finalizzate alla crescita.
E' indubitabile che un mondo in rapida evoluzione, nel quale il "cambiamento" è
diventato condizione esistenziale permanente, il supporto che un'associazione può
dare attraverso progetti di formazione continua e di aggiornamento culturale può
risultare un vantaggio competitivo fondamentale per garantire successo all'opera di
fidelizzazione della base associativa e, laddove l'associazione stessa riesca a comunicare efficacemente questa propria capacità,
sviluppare proficuamente una valida attività
di marketing associativo.
I valori sono l’arma vincente
Ma è sulla capacità di coinvolgere emotivamente, e non solo razionalmente, la propria
compagine e, quindi, sul sistema di valori
condivisi - dal quale scaturiscono e sul quale
si innestano il progetto operativo, la visione
e la missione - che un'associazione di categoria deve misurare la consistenza della propria attrattività. E' nella quotidianità dell'impegno, praticato e non solo annunciato,
ad operare per la crescita complessiva del
sistema e delle sue componenti, indicando
mete ambiziose ma oggettivamente conseguibili, obiettivi importanti ma non velleitari, che un'associazione di categoria deve
misurarsi, se vuole affrontare con buone
probabilità di successo la sfida della compatibilità con gli attuali scenari.
E' sulla capacità di volare alto, ma senza perdere di vista la realtà, che si può costruire e
sviluppare il progetto di una rappresentanza
in sintonia col nostro tempo e con una realtà
che evolve, in tutti suoi aspetti, con una rapidità ed una imprevedibilità che il mondo
dell'impresa sinora non avevano conosciuto.
Lorenzo Strona
Presidente Unicom
Le Associazioni d’Impresa
al servizio del sistema Italia
Non esiste un censimento attendibile che
possa attestare quante siano le Associazioni imprenditoriali e di categoria operanti in Italia.
Certamente si tratta di un universo variegato nel quale operano realtà che, a loro
volta, rappresentano centinaia di migliaia di aziende (Confcommercio e Confindustria) o, addirittura, poche decine di
imprese.
Tutte quante, a prescindere dalle dimensioni, assolvono ad una importante funzione di rappresentanza istituzionale e
ad un fondamentale ruolo di supplenza
rispetto alle carenze di una pubblica
amministrazione incapace di rapportarsi
con il mondo dell’impresa con la necessaria efficienza.
Il quotidiano online Spot and Web del
25/10/06 ha pubblicato le risultanze di
una ricerca condotta da Spazio RP, realizzata mediante la somministrazione di
circa 8.500 questionari ad altrettante
realtà associative (le risposte sono state
peraltro solo 250), sul tema "Il ruolo
delle Associazioni di Impresa e professionali nella crescita economica del Paese".
Dallo studio emergono alcune evidenze
che vale la pena di segnalare e, tra queste, la convinzione diffusa che le Associazioni di Categoria svolgono un ruolo
decisivo in favore del settore che rappresentano, in particolare quelle che operano a livello nazionale, mentre appare più
limitato - in virtù di una ridotta autonomia strategica - il contributo offerto
dalle associazioni locali.
Tuttavia, a detta delle Associazioni stesse, il loro compito appare irto di difficoltà. Tra queste la scarsa attenzione e la
diffidenza di fondo della politica verso le
rappresentanze imprenditoriali, che determina un deficit di concertazione e di
dialogo con le istituzioni, viene individuato come l'ostacolo principale all'azione di queste realtà, sia nazionali che territoriali.
Un altro fattore di debolezza viene riconosciuto nella diffusa tendenza ad un'eccessiva frammentazione del sistema associativo, frutto della tradizionale tendenza italica ad un eccesso di individualismo.
Infine l'indagine rileva in molti casi - per
ammissione degli stessi diretti interessati
- una scarsa professionalità nella conduzione delle Associazioni stesse (quasi
sempre guidate da "volonterosi" e non
da professionisti) e l'incapacità di programmare strategicamente la propria azione.
Cosa fare dunque per modificare questo
stato di cose a vantaggio delle Associazioni e dell'intero sistema imprenditoriale italiano?
Gli orientamenti più diffusi tra i diretti
interessati, senza tuttavia precise indicazioni sulle possibili metodologie operative, riguardano la razionalizzazione e
l'ottimizzazione dei servizi offerti agli
associati, un più accentuato impegno
sulla formazione continua, la promozione del business delle imprese rappresentate e, infine, la ricerca di un rapporto
migliore con le istituzioni.
Tra le iniziative che le Associazioni dicono di voler attuare immediamente rientrano l'organizzazione di seminari e
workshop formativi, la realizzazione di
una newsletter (vista come elemento di
collegamento sia con la base associativa
che con il mercato di riferimento), la realizzazione o l'ottimizzazione del sito
web, un incremento dell'attività di relazioni con la stampa, la partecipazione a
fiere di settore e, dulcis in fundo, l'attuazione di un'attività di lobby.
Come commentare questi dati? Intanto
non ci pare che le evidenze di questa
ricerca si discostino molto da quanto
aveva rilevato l'indagine Unicom condotta nel 2004/2005 (peraltro con metodologie molto più sofisticate e sulla base di
un campione largamente più rappresentativo) che, pur focalizzata prevalentemente sugli aspetti relativi alla comunicazione ed alle attività di marketing
delle Associazioni, aveva segnalato alcune criticità che si riscontrano anche in
questa ricerca.
Un ulteriore commento potrebbe anche
fare riferimento al fatto che Unicom si
collocherebbe - sulla base dei parametri
indicati dalla ricerca in oggetto - tra le
realtà che si ritrovano "più avanti" e
quindi nel ristretto ambito dei casi di
eccellenza, sia per quanto concerne gli
strumenti adottati nella quotidiana attività, sia nella visione strategica, sia nella
modalità di interpretare il proprio ruolo
a sostegno delle imprese rappresentate.
Tutto sommato un buon risultato che,
pur gratificandoci, non ci esime dalla
necessità di sforzarci a fare di più e, ove
possibile, meglio.
LS
9 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
MOSTRE
Pubblicità
con giudizio
In occasione dei suoi 40 anni di attività,
l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria
ha messo in mostra la “giustizia pubblicitaria” in Italia.
Allestita al binario 21 della Stazione Centrale di Milano
la Mostra ha riscosso generale consenso
ed un grandissimo successo di pubblico.
La Mostra “Pubblicità con Giudizio. 40 anni
di pubblicità vista dal Giurì” ha proposto oltre 50 soggetti, tra manifesti e spot televisivi
esaminati dal Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria negli ultimi 40 anni: dal
bacio tra un prete e una suora, alle immagini allusive di donne in pose languide, dalla
bevanda alcolica che rende belli e felici, al
prodotto di igiene personale presentato
come un farmaco. Tante immagini, alcune
anche “scioccanti”, bloccate per difendere i
diritti dei consumatori e la sensibilità del
pubblico.
Qualcuno ha immaginato il lancio di questa
iniziativa quasi si trattasse di rendere pubblici archivi tenuti nascosti per lungo tempo. E’
un’immagine suggestiva ma che non corrisponde alla realtà perché la trasparenza riguardo alle decisioni assunte dal Giurì è uno
dei cardini del sistema autodisciplinare: basti
pensare che solo dopo 48 ore sono consultabili sul sito internet dell’Istituto.
Certamente però è stata la prima volta che
tante campagne sottoposte al giudizio autodisciplinare sono state esposte con sistematicità e corredate dai motivi della decisione: le
ragioni del no e del sì, per riprendere la formula adottata in tutto il percorso della
Mostra.
Con questa iniziativa, lo IAP ha inteso intensificare il dialogo con i cittadini, che sono sia
i principali segnalatori delle pubblicità ritenute scorrette, sia coloro che beneficiano
delle decisioni autodisciplinari in quanto
vedono scomparire o modificare i messaggi
dichiarati dal Giurì scorretti.
Ma la Mostra ha avuto anche l’obiettivo di
evidenziare il valore culturale della pubblicità nel senso che essa rappresenta ed esprime valori, tendenze, opinioni che circolano
nella società in un dato momento storico.
La Mostra ha inoltre testimoniato l’impegno
assunto dagli operatori della pubblicità – aziende, agenzie, mezzi e concessionarie – nel
farsi carico della loro quota di responsabilità
sociale per rendere migliore la pubblicità,
intervenendo per evitarne le espressioni più
deleterie.
10 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
Questo impegno si è realizzato e si conferma
appunto nel sostenere con convinzione il sistema dell’autodisciplina pubblicitaria italiana, il cui prestigio e risultati sono ormai unanimemente riconosciuti.
La Mostra era articolata in sei sezioni:
• “Il corpo dei desideri” con numerosi esempi di interventi a tutela della dignità
della persona;
• “Credere o non credere” o l’inganno svelato;
• “Colpire l’occhio” che contiene immagini
cruente e scioccanti;
• “La cintura di sicurezza” che esprime il
rispetto di regole di prudenza, ad esempio,
nella guida di veicoli, e l’affermazione di
modelli di consumo delle bevande alcoliche
ispirati a misura;
• “Scherza coi fanti” inerente il rispetto
della sensibilità religiosa; ed infine
• “I bambini ci guardano” in relazione ai
diritti dell’infanzia.
La Mostra è stata curata dal prof. Liborio Termine; mentre l’immagine e il progetto dell’allestimento è stato firmato da Moruzzi’s
Group di Bologna, associato UNICOM.
Vincenzo Guggino
Segretario Generale IAP
Vincenzo Guggino - Segretario Generale IAP
L’Istituto dell’Autodisciplina
Pubblicitaria
40 anni al servizio dei cittadini
e della pubblicità
Scopi e finalità
In uno dei pannelli della Mostra, l’attività dell’Istituto è stata riassunta in questo slogan: “Se un singolo messaggio ti
aggredisce, la Pubblicità ti difende, sempre”.
Lo IAP è infatti composto dalle imprese
che investono in pubblicità, dalle imprese di comunicazione e dai professionisti
che creano i messaggi e dai media che li
veicolano.
Scopo di questa istituzione, dotata di
personalità giuridica, è quello di tutelare
il consumatore, garantire una leale concorrenza e proteggere la dignità culturale e professionale dello strumento pubblicitario.
Questa tutela viene garantita sulla base
del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria
(CAP) sottoscritto dagli enti e dalle associazioni – fra cui UNICOM - che fanno
parte dell’Istituto di Autodisciplina
Pubblicitaria e che si assoggettano ad
esso in maniera libera e volontaria.
Il Codice ha però valore anche per gli
altri soggetti che non l’hanno direttamente sottoscritto, in quanto nei contratti standard di pubblicità è presente
una “clausola di accettazione”, che obbliga comunque al rispetto del CAP.
Per questa ragione, le norme e le decisioni dell’Autodisciplina riguardano
pressoché l’intero mondo pubblicitario.
L’efficienza delle procedure adottate
consente un’estrema rapidità nell’istruttoria e nel giudizio: le “pronunce“ del
Giurì si hanno in media in tre settimane
dall’avvio della procedura di contestazione della pubblicità.
Così come risultano molto efficaci le sanzioni che comportano l’immediata cessazione della pubblicità ritenuta non conforme al Codice.
Il Codice viene costantemente aggiornato; nel 2006 è in vigore la 41.a edizione.
“La pubblicità deve essere onesta, veritiera, e corretta. Essa deve evitare tutto
ciò che possa screditarla”.
È, questo, il primo fondamentale articolo del Codice. Le altre norme ne conseguono e fissano in dettaglio ciò che è
lecito e ciò che non lo è. Il testo del
Codice è consultabile sul sito www.iap.it.
Il Comitato di Controllo
E’ composto da 15 membri e opera su segnalazione o d’ufficio:
- sottopone al Giurì la pubblicità che
reputa non conforme alle norme del
Codice;
- può invitare le aziende a modificare la
pubblicità che ritiene non del tutto
conforme al Codice;
- emette “ingiunzioni di desistenza” per
imporre la cessazione di pubblicità in
palese contrasto con il Codice;
- emette, su richiesta, parere preventivo
su pubblicità non ancora diffuse.
Il Giurì
È composto da 15 membri ed è presieduto da un alto magistrato:
- esamina la pubblicità che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa secondo il Codice, con decisione definitiva;
- se la decisione stabilisce che la pubblicità è contraria al Codice, ordina agli
interessati di bloccarla e i mezzi pubblicitari sono tenuti a osservare la decisione;
- può ordinare altresì la pubblicazione
della sua decisione sui giornali.
Tutti i membri del Giurì e del Comitato di
Controllo sono indipendenti dal mondo
della pubblicità e svolgono le loro funzioni secondo il proprio convincimento e
non in rappresentanza di interessi di
categoria.
Gli interventi dal 1966 al 2005 sono stati
circa 15.000.
11 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
IL MESTIERE DI COMUNICARE
Il Branding.
Da comunicatori
a guardiani della
marca
Esistono marche simpatiche e marche necessarie,
marche che offrono ed altre che pretendono,
alcune promettono altre semplicemente si presentano,
tutte chiedono un atto ricompensato da un beneficio
che differenzia quelli che hanno scelto di compierlo.
E’ vero, i clienti ormai ci scelgono mettendoci in gara su prezzi e prestazioni come in un
“puttan tour”. I media ci hanno scaricato da
un pezzo e non ci riconoscono più alcun ruolo nella gestione del rapporto con il cliente.
I creativi baluginano “soluzioni creative” fondate sul “nuovo per il nuovo” e sulla forza
d’impatto della provocazione e della “bella
idea”.
E alla fine noi cerchiamo di far quadrare il
bilancio con marchette e qualche over.
Negli anni però si è delineata una motivazione “alta” del mestiere che ho scelto, non
riuscendo più a sorridere sul perchè il buon
Seguéla non diceva alla mamma la verità sulla sua professione e non pensando come titolò un suo libro l’illustre Cottardo: “la pubblicità... sempre meglio che lavorare…”.
Da qui parte il percorso professionale che da
tempo perseguo, con soddisfazione mia, dei
miei collaboratori e soprattutto delle imprese di cui godo la fiducia.
Vorrei, in queste poche righe condividere con
voi la mie convinzioni al fine, forse, di aiutare coloro che in momenti di sconforto, si
sentono orfani di quella autorevolezza che
un tempo ci competeva come comunicatori
d’impresa.
Essere o apparire?
Il mio pensiero parte dalla risposta alla
“domanda anniottanta” sull’essere e l’apparire e affermo che l’apparire è la conferma
dell’essere, e quindi l’essere senza l’apparire
non esiste.
Se trasliamo “l’essere” nel prodotto e “l’apparire” nella sua comunicazione, tutti quelli
che fanno il nostro mestiere lavorano perché
il prodotto sia conosciuto e apprezzato dal
pubblico per cui è nato, presentandolo nella
sua forma più smagliante. Quindi noi lavoriamo perché il prodotto esista.
12 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
Se ci fermiamo a questa ovvietà, il comunicatore d’impresa si sovrappone al lavoro dei
centri media, dei creativi e degli uffici stampa e loro restano i più efficienti e i più efficaci
strumenti per raggiungere quel risultato.
Ma se pensiamo il prodotto (nella più ampia
accezione del termine) solo come la parte più
concreta di un tutto che è stato creato per
aver la capacità di offrire nel tempo, al suo
pubblico, non solo il soddisfacimento di un
bisogno, ma un motivo per sentirsi bene con
sè stesso e con gli altri, allora diventa fondamentale il nostro ruolo affinché quel tutto
diventi marca.
Ecco il ruolo strategico che intendo riaffermare per la nostra professione.
Lunga vita alla marca
Lavorare per la marca vuol dire non solo contribuire a crearla, ma anche mantenerla in
vita il più a lungo possibile, distinta dai suoi
simili, forte del sentimento che la accomuna
al suo pubblico, vero capitale aziendale che si
costruisce nel corso del tempo, mattone su
mattone, la cui vision è contenuta nel DNA
del marchio che la rappresenta e la promessa
è rappresentata nel suo linguaggio visivo e
dichiarata nel suo stile.
L’obbiettivo è ambizioso: fare dell’oggetto di
comunicazione (prodotto o servizio o missione) l’espressione di una parte della quotidianità del suo fruitore, difficilmente sostituibile con un “altro” nell’animo del suo
pubblico.
Trasformare l’energia potenziale contenuta
in ciascun marca, in una corrente capace di
attraversare il mercato conquistando la fiducia di un pubblico con simpatia, etica, sensibilità, dimostrando carattere, inventiva, intelligenza.
Quando penso a Coca Cola, Campari, Red
Bull, Armani, Valentino, Dolce e Gabbana,
Mercedes, Audi, BMW oggi penso solo marginalmente a bevande, abiti, auto, mi vengono in mente stili di vita, aspirazioni, linguaggi definiti, identificabili con lo spirito
che li ha visti imporsi e affermarsi sul palcoscenico del mercato.
Così pure Emergency, Capri, la Lega, significano un percorso, rappresentano una scelta,
parlano un linguaggio definito che cattura
un suo pubblico, in altre parole sono “marche”.
La marca vince sempre
Esistono marche simpatiche e marche necessarie, marche che offrono ed altre che pretendono, alcune promettono altre semplicemente si presentano, tutte chiedono un atto
ricompensato da un beneficio che differenzia quelli che hanno scelto di compierlo.
E’ un vero e proprio senso di appartenenza e
di “proiezione del sè” quello che cementifica
il rapporto dell’utente con la marca, essa non
può permettersi di cambiare promessa e
tanto meno linguaggio senza rischiare di
tradire la sua essenza.
Il costo subito da Coca Cola nell’aver fatto
pensare di aver rinnegato l’antica ricetta in
favore di Diet Coke è stato più alto della sola
riduzione del consumo, si è ripercosso su tutta la politica di marca, riportandola nell’universo dei prodotti, lontana dalla posizione di
icona di un credo raggiunta in anni di lavoro.
Una marca può fare certe cose e altre no, sta
in chi la gestisce vedere i limiti e non solo
sfruttare le sue potenzialità.
Chi mi conosce di persona sa che se volessi
scalare l’Everest, potrei spendere energia per
darmi una preparazione tecnica adeguata e
denaro per un equipaggiamento all’avanguardia, ma certamente rischierei la vita già
alla stazione dei bus di Katmandu.
Spesso vediamo sui media, aziende che vogliono “scalare l’Everest”, sfruttando la personalità del proprio bene, la marca, proponendo prodotti troppo lontani dall’essenza
della marca stessa, esempi eclatanti come le
piastrelle per il bagno o le penne omaggio
“firmate” sono casi entrati nella storia del
cosa non si deve fare per la marca, e la marca
Stark regge quando firma una tazza da cesso
e non regge sul progetto di una moto per il
cui rombo, narra la leggenda, fu scomodato
Lucio Dalla.
Il denaro non è tutto
Quando si parla di marca non è il budget il
problema principale, ma il pensiero a volte
troppo semplice a volte troppo complesso, il
problema è il progetto che presenta mete
facilmente raggiungibili con tattiche di facile
attuazione, non suffragate da strategie basate sulla conoscenza della realtà e delle aspettative che quella marca ha fino a quel
momento soddisfatto.
Il lavoro orientato alla marca deve partire
dalla educazione del cliente, regalando se è
a cura di Alessandro Ubertis
il caso, rigore e pensiero, offrendo stimoli e
opportunità, dimostrando la necessità di un
percorso progettuale prima di una qualsiasi
soluzione. Un percorso dinamico che parte
dal perché la marca, la “sua” marca dovrebbe avere o continuare ad avere, un pubblico e dal motivo per cui lui stesso è contento di lavorare con e per lei.
L’equazione che riassume questo dinamismo
è la seguente
Vision : Missione = Strategia : Tattica
La vision è il DNA, la scintilla che spinge la
marca e che le dà l’impulso a crescere, la
Missione è la motivazione per cui la marca
esiste, la Strategia è il disegno del percorso
con cui si afferma, la Tattica è l’insieme degli
interventi che la rendono visibile.
Come il chirurgo non può essere del tutto
lucido nel mutilare, seppur per il suo bene, il
corpo della propria madre e l’avvocato non
può difendere al meglio il figlio chiamato in
giudizio, così per seguire la marca nel suo
divenire, e perché viva e cresca nel tempo,
occorre avvalersi di visioni “esterne” di professionisti che la accompagnino nel suo percorso, che operino “per”, ma non “sono parte” della marca.
Il personale interno, il direttore della comunicazione, non può avere il distacco del
transfert, le sue conoscenze al servizio della
marca servono per agevolare il compito di
costruire la marca, è lui il suo interlocutore
con il mondo.
Il professionista ha il ruolo chiave
Ma è la sensibilità del professionista che
segna il percorso, che dà alla marca la possibilità di godere di un linguaggio proprio,
fatto di segni, alfabeti, colori, parole e ritualità che definiscono un territorio, connotano
una scelta.
In questo contesto la creatività non è un
margine, diventa piuttosto il frutto di conoscenza suffragata dall’esperienza.
La conoscenza è statica, l’esperienza è sempre dinamica, ogni giorno si rinnova mettendosi in discussione. E’ l’esperienza creativa la
chiave per la sopravvivenza della marca, perché più la marca si sviluppa con tratti unici,
aggiornati e irripetibili, più sarà forte e destinata a durare.
E’ il cliente il primo da convincere della bontà del metodo con cui il prodotto diventa
marca. E’ fondamentale istaurare in lui e nei
suoi collaboratori, la consapevolezza che
l’operare per la politica di marca vuol dire
intraprendere un percorso che porta benefici non solo al prodotto ma soprattutto all’impresa. E’ un modello paragonabile alla crescita di un essere umano, la figura si delinea
dalla nascita, man mano le esperienze formano la consapevolezza del sè.
Alla fine più esperienze abbiamo, più emerge un individuo distinto, capace di adattarsi a situazioni differenti senza per questo
snaturarsi. E’ quello che viene chiamata
“evoluzione della personalità”.Il cliente per
questo non deve comprare creatività, deve
comprare pensiero, il pensiero è autoriflessivo, ha la capacità di crescere di diventare sistematico, di trasformarsi in filosofia. La
filosofia applicata ad una marca, altro non è
che la sua capacità di essere unica. L’unicità,
un prodotto, ma è un elemento che contribuisce a creare un’identità, allora l’art
director non è più un “artista” e l’account
solo un fattorino di lusso.
L’uomo media non è più “quello che compra
bene la pubblicità” e soprattutto il capo dell’agenzia non è quello che piange per far
vero e proprio patrimonio della marca nasce
dalla stratificazione delle esperienze che
fanno sì che esista una identità riconoscibile,
identificabile e identificante. In questo contesto diventano strumentali tutti i ruoli
tradizionali della comunicazione, partendo
dalla consapevolezza che una campagna non
è qualcosa che è destinato a rendere visibile
quadrare i conti.
Ogni progetto, e ogni professionista dedicato
ad esso è un tassello anzi è una pietra d’angolo fondamentale per la marca e la sua sopravvivenza. Per far questo non serve che tutti
propongano una loro soluzione, serve che
tutti si pongano le stesse domande e agiscano
con un intento comune: la marca e la sua vita.
13 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
COMUNICAZIONE SOCIALE
a cura di Paolo Romoli
Pubblicità Progresso
nel cuore di Milano
La Mostra “Per sempre presente” alla Triennale
ha portato la pubblicità delle buone cause
nel cuore culturale e sociale di Milano
“C’è Pubblicità Progresso in Triennale!”: così i milanesi hanno passato la parola. Dal 21
ottobre al 5 novembre 2006, l’istituzione
italiana dell’architettura, del design e della
cultura ha ospitato la mostra celebrativa
dei 35 anni di Pubblicità Progresso: 33 manifesti e spot esposti nell’Impluvium per
concretizzare una sinergia inedita tra cultura e comunicazione sociale.
Tra il grande pubblico presente in Triennale
– alcune decine di migliaia di visitatori ogni
mese, sopratutto attorno alle grandi mostre come Jean Michel Basquiat e Franco
Albini attualmente allestite - “Per Sempre
Presente” ha saputo raggiungere particolari fasce di pubblico: giovani delle scuole
milanesi e lombarde, esponenti di associazioni operanti nel settore culturale e sociale, istituzioni pubbliche comunali e regionali. L’incontro con Pubblicità Progresso ha
innescato numerose collaborazioni tra privato e pubblico, tra istituzioni e scuole, che
sta progressivamente costituendo una vera
e propria rete di partner operativi a livello
regionale e nazionale.
L’allestimento chiaro, didattico e di forte
impatto grafico ed estetico, che ha permesso al grande pubblico di riscoprire le campagne sociali che accompagnano l’Italia dal
1971, ha anche ottenuto un’ottima accoglienza sui media locali e nazionali (Tv,
radio, quotidiani), che hanno diffuso segnalazioni e recensioni della mostra per
tutta la sua durata.
“Per sempre presente” racconta i primi 35
anni di Pubblicità Progresso, facendo capire, grazie alle immagini e agli spot, quanto
la comunicazione sociale in Italia sia debitrice a questa Fondazione: le campagne rispecchiano i mutamenti della società attraverso le sue aspirazioni e i suoi ideali. La
storia di Pubblicità Progresso, che si evince
scorrendo le immagini, testimonia con
quanta preveggenza i fondatori avevano
intuito il principio della Sussidiarietà. La
Fondazione Pubblicità Progresso sviluppa ai
massimi livelli quell’intuizione, contribuendo a ridurre il rumore di fondo delle campagne sociali poco professionali, a favorire
quelle più efficaci, a rendere i media meno
affollati di comunicazione inutile, sì da rendere più utile tanto quella sociale che quella commerciale. L’allestimento, curato dallo
Studio Moruzzi’s Group di Bologna, si sviluppa su circa 200 mq a modo di “nastro
cinematografico”: le campagne sono presentate in ordine cronologico per evidenziare l’evoluzione della creatività italiana
mentre affronta i grandi temi sociali contemporanei. Esaminando le campagne e
guardando gli spot, ci si può rendere conto
di quanto siano rilevanti le tematiche toccate, dalla tutela delle minoranze alla salvaguardia dell’ambiente, dallo stimolo al
progresso civile alla sensibilizzazione su
fondamentali questioni socio-sanitarie.
Chi non ricorda la prima campagna “C’è
bisogno di sangue. Ora lo sai” del 1971? E
in seguito “Il verde è tuo: difendilo” del
1972, “Per una corretta informazione
sull’Aids” 1987, “Volontariato, lo straordinario di ogni giorno” del 1991, fino alle più
recenti come “Computer e inglese: chi si
aggiorna cresce” del 2000, “Chi ascolta cresce” 2001 “E Allora?” del 2003 contro i pregiudizi verso i disabili, fino all’attuale campagna “Movimento” per promuovere un
corretto stile di vita.
Una successione di immagini e spot a volte
impertinenti, spesso ironici, sempre profondamente onesti. La mostra “Per sempre
presente” è inoltre l’occasione per conoscere da vicino il lavoro dei professionisti della
comunicazione ispirati dall’imperativo etico
di diffondere il seme di una coscienza collettiva solidale, attenta e sensibile alla
dignità della persona umana, dell’ambiente
e dello sviluppo sociale.
Nella settimana precedente l’apertura della
mostra, si è svolta a Milano la Conferenza
Internazionale “Politically un-correct: la
comunicazione sociale oltre il buonismo e
la provocazione”, che ha suscitato l’interesse del pubblico e l’attenzione della stampa
nazionale e locale. Questi due eventi hanno
reso la Fondazione Pubblicità Progresso
protagonista della vita politica e culturale
della città.
Alberto Contri
Tre campagne realizzate da Agenzie Unicom: ‘93/94 - Extralarge (Lorenzo Strona), ‘99/00 - Bruno Zerbini & Partners (Bruno Zerbini) e 2006 - Pan Advertsing (Giorgio Bonifazi Razzanti)
15 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
DIRITTO E COMUNICAZIONE
Pubblicità
comparativa
e grande distribuzione
La Corte di Giustizia Europea,
con la sentenza del 19/09/2006,
si è pronunciata in materia di pubblicità comparativa,
con particolare riferimento alla grande distribuzione.
Il giudizio era nato a seguito di una lettera inviata ai propri clienti dalla società belga Colruyt,
che gestisce una catena di grandi magazzini,
nella quale evidenziava l’ammontare del risparmio ottenuto facendo la spesa presso i propri punti vendita, procedendo ad un paragone
con la spesa effettuata presso altri competitors,
sia supermercati sia hard discount.
Nella lettera affermava anche che ogni giorno,
in ogni periodo dell’anno, era in grado di offrire
i prezzi più bassi.
Anche sugli scontrini di cassa rilasciati dai grandi magazzini Colruyt si riportavano i medesimi
dati, sia pure, necessariamente, in forma più
stringata. In entrambi i casi si faceva riferimento al sito internet, dove il sistema di comparazione applicato e le modalità di calcolo dell’indice dei prezzi venivano dettagliati.
Venivano altresì diffusi volantini, che ribadivano i concetti sopra enunciati.
Lidl vs. Colruyt
La società Lidl intentava un’azione contro la
Colruyt davanti al Tribunale belga, lamentando
la non oggettività, la non verificabilità e l’ingannevolezza dei messaggi della concorrente
ed il Tribunale decideva di sospendere il procedimento per sottoporre alcune questioni alla
Corte di Giustizia. In particolare, ci si domanda-
Riferimenti legislativi
- Direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla Direttiva
97/55/CEE
- Sentenza 19 settembre 2006 Corte di Giustizia, procedimento C-356/04
- Codice del Consumo (D. Lgs. 6 settembre
2005, n. 206)
16 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
va se fosse lecito comparare il livello generale
dei prezzi degli operatori pubblicitari con quello dei concorrenti, estrapolando un certo
numero di prodotti, perché, in tal modo, si
poteva creare l’impressione che l’inserzionista
fosse meno caro sull’intera gamma del suo
assortimento, mentre la comparazione riguardava solo un numero limitato di beni.
Ci si chiedeva, poi, se rispondesse ai dettami
della direttiva la comparazione tra assortimenti
di prodotti nel loro complesso o non fosse,
invece, necessario raffrontare singoli beni, che
soddisfino i medesimi bisogni o si propongano
gli stessi obiettivi.
Si rilevava che la comparazione tra livello generale dei prezzi tra concorrenti sarebbe stata
obiettiva solo se avesse comportato l’elencazione dei prodotti oggetto di raffronto e dei
loro prezzi. In quanto all’esigenza di verificabilità delle affermazioni pubblicitarie, ci si domandava se fosse rispettata anche quando fossero
terzi a verificare la veridicità e non i destinatari
del messaggio pubblicitario.
Il Tribunale belga, infine, chiedeva se il prezzo
dei prodotti ed il livello generale dei prezzi dei
concorrenti costituissero una caratteristica verificabile.
La Corte di Giustizia rileva, innanzi tutto, che
l’esigenza di comparabilità mira ad evitare che
la pubblicità comparativa sia utilizzata in modo
sleale e negativo per la concorrenza.
A tale fine, per essere comparabili, due prodotti o servizi devono rispondere agli stessi bisogni
o perseguire i medesimi obiettivi: devono, in
sostanza, essere intercambiabili tra loro agli
occhi del consumatore.
Tuttavia, la direttiva non può essere interpretata nel senso di riferirsi esclusivamente a prodotti individualmente considerati, essendo anche
possibile richiamarsi ad assortimenti composti
da prodotti comparabili, in un numero che sta
all’esercizio della libertà economica dell’operatore scegliere. Non può escludersi a priori che
tale numero possa comprendere anche tutto
l’assortimento commercializzato da un operatore e dal suo concorrente.
Poiché la pubblicità comparativa contribuisce
ad incentivare la concorrenza tra fornitori di
beni e servizi nell’interesse dei consumatori, il
paragone tra assortimenti di prodotti si inserisce in quest’ottica e fornisce al consumatore
il beneficio di ottenere un’informazione pubblicitaria riguardante dati aggregati e sintetici,
che gli può essere utile, in particolare in un settore, come quello della grande distribuzione,
dove il consumatore fa acquisti molteplici, destinati alla soddisfazione di bisogni ricorrenti.
In questo senso, un’informazione sul prezzo
dell’intero assortimento è addirittura più utile
dell’informazione comparata sui singoli prodotti, che compongono l’assortimento, come, per
altro, le stesse ricerche condotte dalle associazioni di consumatori sui prezzi generali praticati dai grandi magazzini dimostrano.
Quando è lecito comparare
La comparazione di assortimenti di prodotti è,
pertanto, lecita, se i prodotti che li compongono, considerati singolarmente, sono comparabili, ai sensi di legge.
I pregi dei beni paragonati devono essere messi
in evidenza “oggettivamente”, ossia sono
esclusi i confronti che dipendono da una valutazione soggettiva. Il prezzo di un prodotto o il
livello generale dei prezzi non possono certamente essere considerati dati valutabili in base
a considerazioni di carattere soggettivo.
Pretendere che, in un messaggio quale quello
oggetto di esame, siano menzionati tutti i
prodotti oggetto di raffronto finirebbe per inficiare la praticabilità di tale sistema di pubblicità.
E’ consentita la pubblicità comparativa avente
ad oggetto il livello generale dei prezzi, purché
la differenza tra i livelli generali paragonati si
basi su differenze reali di prezzi constatati tra
prodotti comparabili ed il criterio di raffronto
soddisfi i criteri stabiliti dalla direttiva ed in particolare quello dell’ oggettività.
Non occorre, quindi, nel messaggio comparativo riguardante il livello generale dei prezzi che
sia introdotta un’elencazione espressa ed esaustiva dei prodotti e di ogni singolo prezzo.
I prezzi fanno parte delle caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative
del prodotto ed il loro confronto è, in linea di
principio, lecito ed anzi il confronto tra prezzi
rientra nella natura stessa della pubblicità comparativa.
La medesima considerazione vale anche per il
confronto tra livelli generali di prezzi praticati
a cura di Fiammetta Malagoli - Consulente legale Unicom
da catene di grandi magazzini concorrenti, per
quanto concerne il loro assortimento comparabile. Possono, infatti, essere oggetto di verifiche
i prezzi di ciascun prodotto, lo stesso livello generale, il risparmio, la fondatezza dei sistemi di
calcolo adottati.
E’ solo necessario che i beni che compongono
un assortimento, anche se non devono essere
espressamente elencati nel messaggio pubblicitario, possano essere individuati singolarmente
e concretamente, in relazione ad informazioni
contenute nell’annuncio.
I prodotti, inoltre, devono fare effettivamente
parte dell’assortimento di prodotti comparabili,
in base ai quali è stato determinato il livello
generale dei prezzi.
L’operatore pubblicitario deve essere in grado
di provare l’esattezza materiale del confronto,
cosa che può fare indicando ai destinatari del
messaggio come e quando possano prendere
agevolmente conoscenza degli elementi di raffronto, al fine di verificarne l’esattezza.
Non occorre che l’esattezza delle caratteristiche
sia verificata dal destinatario del messaggio in
persona, ma è sufficiente che egli possa fare
suddetta verifica, anche tramite terzi.
Per quanto concerne il quesito se il confronto
generale dei prezzi basato su un assortimento
di prodotti e non sulla generalità dei beni commercializzati possa essere ingannevole, inducendo il consumatore a ritenere estensibile la
maggior convenienza all’intera gamma, si deve
tenere in considerazione il pubblico di riferimento, che, nel caso di specie, non è specializzato, trattandosi di beni di consumo corrente,
venduti in un grande magazzino.
Quando il messaggio
si considera ingannevole?
Il messaggio è ingannevole quando il consumatore, in base all’annuncio pubblicitario, creda
erroneamente che tutti i prodotti dell’operatore siano stati presi in considerazione per calcolare il livello generale dei prezzi o che il
risparmio si ottenga, a prescindere dalla qualità
e quantità dei prodotti acquistati, o che tutti i
prodotti di un certo operatore, senza eccezione,
siano meno cari di quelli dei concorrenti.
Per non essere decettivo, il messaggio pubblicitario dovrà evidenziare che il raffronto ha avuto
per oggetto alcuni beni del campionario, ma
non l’insieme dei prodotti commercializzati.
Dovrà, inoltre, individuare gli elementi di raffronto o informare il destinatario sulla fonte di
informazione presso la quale tale individuazione è accessibile. Il messaggio sarà ingannevole
ogni qual volta comporti un riferimento collettivo ad una forbice di risparmi, che possono
essere ottenuti dal consumatore che effettui i
suoi acquisti presso l’operatore pubblicitario
piuttosto che presso i suoi concorrenti, senza individuare il livello generale dei prezzi praticati,
rispettivamente, da ciascuno dei concorrenti e
l’importo dei risparmi ottenibili.
La sentenza della Corte di Giustizia è indubbiamente interessante, perché ribadisce e chiarisce
alcuni principi che costituiscono il supporto perché la pubblicità comparativa sia lecita e conforme alle regole, in un settore, quello della
grande distribuzione, dove il confronto tra
prezzi è molto agguerrito e significativo.
Il riferimento normativo è quello alla direttiva
comunitaria, ma i contenuti del nostro Codice
del Consumo, che hanno ripreso il decreto legislativo n. 72/92, che, a sua volta, aveva recepito
la direttiva, sono coincidenti con la normativa
comunitaria.
La pronuncia, pertanto, può costituire un utile
punto riferimento per chi debba progettare e
diffondere un messaggio pubblicitario comparativo nell’interesse della grande distribuzione.
17 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
DIRECT MARKETING
Con Poste Italiane
cresce
il Direct Marketing
Gli investimenti in Direct Marketing in Italia
sono ancora modesti
rispetto agli altri Paesi europei.
Poste Italiane intende quindi posizionarsi
come facilitatore di business
per le agenzie e le imprese di comunicazione
che utilizzano questo strumento
a vantaggio dei loro Clienti.
Ad oggi, il Direct Mailing in Italia non ha
ancora sviluppato il suo effettivo potenziale,
questo a causa della scarsa conoscenza del
mezzo e delle sue peculiarità in termini di
efficacia del messaggio e ritorno degli investimenti.
Nel 2005 l’Italia presentava un rapporto
spesa in Direct mailing su popolazione pari
alla metà del valore di Spagna e Francia, e 5
volte inferiore alla Germania, con una spesa
pro capite significativamente contenuta se
confrontata con quella degli altri paesi esteri.
Nonostante il quadro
non sia dei più favorevoli, non bisogna dimenticare alcuni fattori che
fino ad oggi hanno caratterizzato il nostro
sistema pubblicitario e
commerciale, come ad
esempio la dominanza
della Tv, mentre negli
altri paesi occidentali è
possibile osservare una
distribuzione più uniforme tra i diversi media.
Un mezzo
che deve crescere
Soffermandoci però ad
analizzare i trend evolutivi delle strategie di
comunicazione delle aziende, in un’era di sovraffollamento pubblicitario in cui il singolo risulta sempre più sollecitato da molteplici input
esterni, diventa sempre
più importante la ricerca
di un rapporto profondo
e personalizzato con il
proprio target, finalizzato ad un coinvolgimento
emotivo-sensoriale.
Senza dubbio, l’esigenza
più sentita, è quella di riuscire a catalizzare
l’attenzione su uno specifico messaggio, in
un determinato istante, riuscendo ad astrarre il proprio interlocutore dalla quotidianità
e facendo sì che la comunicazione si traduca
in un’esperienza indelebile.
I vantaggi del one-to-one
Ecco allora che in tale contesto, il direct mailing consente una elevata penetrazione del
messaggio, grazie alla possibilità per il destinatario di auto-selezionare il momento di
fruizione dei contenuti e di conservarlo
materialmente, specialmente se veicolato
attraverso un gadget, consentendo infine
anche la diluizione temporale della sua funzione informativa.
Il Direct Mailing, attraverso la personalizzazione dell’offerta, più di ogni altro media
consente di selezionare gli investimenti su
segmenti mirati, ottimizzando i profitti e
creando maggior valore per l’azienda.
Un partner
per le imprese
di comunicazione
In questo scenario, Poste Italiane, si vuole
posizionare come facilitatore di business per
le agenzie, le imprese di comunicazione e
aziende che utilizzano il Direct Mailing come
mezzo di comunicazione e come partner affidabile e adattabile alle esigenze degli altri
operatori di filiera.
Ad oggi, nella Business Unit Mail (ex Divisione Corrispondenza), è stata sviluppata
una nuova organizzazione, con la costituzione di una struttura dedicata allo sviluppo del
servizio postale come media pubblicitario e
mezzo di relazione ed interazione tra imprese e mercato finale.
Una struttura dedicata
Questa nuova struttura, raccoglie un insieme
di professionalità con diversi background
lavorativi e culturali ed è nata per curare
tutti gli aspetti necessari alla realizzazione di
questo sfidante progetto: una nuova stagione di sviluppo per il mondo del Direct
Marketing in Italia ed in particolare del
direct mailing.
Le linee guida di tale percorso sono: svolgere
il ruolo di propulsore dell’attività di Direct
marketing in Italia e di catalizzatore della
business community; offrire sul mercato soluzioni integrate di comunicazione/interazione
con servizi che vanno dalla consulenza e
creazione di network tra i clienti, fino a soluzioni di outsourcing dei processi, anche in
ottica multicanale.
(Informazione pubblicitaria)
19 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
ATTUALITA’
Come diventare ricchi
con la pubblicità
Il sottotitolo di questa pubblicazione-provocazione
recita: “I due autori non ci sono ancora riusciti”.
In realtà l’iniziativa di Gianni Lombardi
e Pasquale Diaferia è tutt’altro che giocosa:
vuole infatti, oltre a ricordare e rendere omaggio
al compianto Enzo Baldoni ed a sostenere
l’Associazione “Cantosospeso”, vuole indurre
a riflettere sul cambiamento in corso e sul modo
di rapportarsi con il “mestiere di pubblicitario”.
Quelli che non ce l’hanno fatta, Gianni
Lombardi e Pasquale Diaferia, sono due navigati pubblicitari con alle spalle oltre venti
anni di lanci dei più svariati prodotti.
Eppure, per descrivere l’allegria e la profonda differenza che questo libro ha rispetto alla media dei prodotti editoriali presenti sul mercato, hanno deciso di usare non
sofisticate tecniche di marketing, bensì la
presentazione che del libro ha fatto Pino
Scaccia nel suo Blog, la Torre di Babele
(www.pinoscaccia.splinder.com).
“E’ uscito un libro dal titolo "Come diventare ricchi con la pubblicita'" dedicato dai
due autori ad Enzo Baldoni.
Il libro, oltre al solito banale canale delle
librerie, viene distribuito dall'editore
in un modo particolare: gettandolo
per la strada, davanti alle Universita',
alle sedi dei giornali, in prossimità
dei punti di passaggio delle grandi
città.
E' gia' il secondo libro distribuito in
“bookdropping”, nome inglese di
questa invenzione italiana. Il primo
caso e' stato quello di "anonimo milanese"(www.anonimomilanese.
splinder.com).
Gli obiettivi degli autori sono dichiaratamente tre:
1. Lanciare un sasso nello stagno
immobile della pubblicita' italiana;
2. Ricordare il nome e la filosofia di
Baldoni come pubblicitario (molto
ben riassunta nel suo pezzo inedito
sulle ricerche di mercato);
3. Raccogliere fondi per l'associazione "Cantosospeso", gestita dalla
vedova di Enzo, Giusi Baldoni, che ha
come obiettivo quello di fornire strumenti musicali ed assistenza ai meninos de rua di una località del
Brasile.”
Questa la recensione di Scaccia. Non
20 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
c’è nulla di più intelligente o preciso da
aggiungere alle parole del reporter Rai.
Se non che esiste un blog (www.ricchidentro.splinder.com) dove, se proprio non
avete niente da dire, potete liberamente
insultare i due autori, anche ben protetti
dall’anonimato. Se proprio non volete
neanche fare la fatica di bloggare:
- Pasquale Diaferia
[email protected] - 335.6008882
- Gianni Lombardi [email protected]
348. 2288110
- Luigi Durso Stratego Editore - 02.83241586
Gli autori
Gianni Lombardi
E’ un redattore pubblicitario e consulente
strategico, cioè copywriter e strategic planner, che ha aiutato numerose aziende grandi e piccole a comunicare meglio ed a vendere di più. Ha esperienza di pubblicità
classica, database marketing, direct marketing e commercio elettronico.
Ha scritto tre libri su pubblicità, business
writing e posta elettronica. Si occupa di
internet dal 1994 ed è uno dei pochi che
non si è fatto fregare dallo scoppio della
bolla speculativa. In compenso si è fatto
fregare dopo.
E infatti, non essendo ricco di famiglia, è
tuttora costretto a lavorare per vivere.
E’ stato per tre anni Segretario Generale
dello IAB (Interactive Advertising Bureau),
Associazione internazionale di aziende che
si occupano di pubblicità online.
Per sette anni è stato segretario dell’Art Directors Club Italiano, l’associazione che raccoglie alcuni dei più grandi pubblicitari italiani.
Ha visto tre grandi crisi della pubblicità ed
ogni volta ha detto: queasta è la peggiore.
Infatti questa è la peggiore.
Pasquale Diaferia
Da quasi venticinque anni è autore di famose pubblicità eppure sbarca il lunario a fatica e solo grazie a:
- tessera dell’Ordine dei Giornalisti,
- contratto da professore all’Università dell’Insubria di Varese,
- partecipazione a giurie di importanti competizioni cinematografiche, letterarie,
pubblicitarie:
- direzione della rivistta internazionale di
filosofia www.metabasis.it;
- incarico di proboviro supplente di uno dei
più sofisticati circoli di creativi italiani;
- prestigioso record di 4 ore e 10 minuti in
una delle più esotiche maratone del mondo.
Ha tentato di incassare qualcosa con questo
libro, ma, come al solito, ci ha rimesso del
suo.
RELAZIONI PUBBLICHE
Alessandro Costella
Joaquin Navarro-Vals.
La carriera
di un comunicatore
E’ stato assegnato al Direttore Emerito
della Sala Stampa della Santa Sede
il Premio alla Carriera
nel contesto della manifestazione
promossa da Assorel per premiare
il Comunicatore dell’Anno.
Una scelta eccellente che corona una carriera esemplare.
Joaquin Navarro-Vals
Nel corso degli ultimi anni sono stati spesi
“fiumi d’inchiostro” per valutare ed analizzare l’importanza crescente dei Media, l’esasperato aumento dell’interconnessione
che ha abbattuto le barriere comunicative
tra popoli e paesi e l’impatto che tutto ciò
ha generato sulla società odierna da un
punto di vista sociale, etico e culturale.
E’ indubbio che in questo rinnovato scenario il ruolo del comunicatore ha assunto
un’importanza esponenziale e, a riprova di
questo fenomeno, si è assistito ad un incremento, non sempre gestito e controllato,
delle iscrizioni dei giovani alle facoltà inerenti queste tematiche, a discapito dell’interesse verso i corsi di laurea tecnico/scientifici.
Come spesso avviene a fronte di cambiamenti così consistenti, l’iniziale sbilanciamento tra domanda e offerta (di comunicatori) ha prodotto la proliferazione di professionisti, veri o presunti, del settore, abbassando la qualità media dell’offerta.
Per differenziarsi da un mercato che stava
diventando “generalista” e per far risaltare
la professionalità dei propri Associati, l’assemblea dei Soci Assorel, Associazione Italiana delle Agenzie di Relazioni Pubbliche a
servizio completo, ha sottoscritto già nel
2003 i tre documenti, approvati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato :
- Principi Professionali e Codici di Comportamento delle Relazioni Pubbliche in Italia
- Criteri per scegliere una Agenzia di Comunicazione e Relazioni Pubbliche
- Le regole della qualità nelle Relazioni
Pubbliche
i cui testi sono reperibili su www.assorel.it e
che riassumono le linee guida che vengono
indicate ad utenti e agenzie per sviluppare
il migliore rapporto di partnership tra gli
interlocutori in questione.
Inoltre Assorel ha introdotto da quest’anno
nel proprio Statuto l’obbligo per i propri
Soci di rispondere a standard di qualità prefissati, anche facendo propria l’esperienza
dei colleghi anglossassoni che per primi, già
da alcuni anni, si sono imposti tale certificazione come condizione di apppartenenza
all’Associazione e il cui esempio è stato seguito e si sta diffondendo presso tutte le
maggiori Associazioni di Relazioni Pubbliche globali che, come Assorel, fanno parte
di ICCO, International Consultancy Communications Organisation, l’organizzazione
presente nei 29 paesi nel mondo dove la
disciplina è più sviluppata e la richiesta di
servizio e di valore aggiunto da parte dei
clienti è maggiormente avanzata.
A suggello di queste iniziative e per rafforzare il ruolo e l’importanza del comunicatore, per la prima volta quest’anno Assorel
ha istituito il “Premio alla carriera” per il
Comunicatore dell’anno, all’interno del
“Premio Assorel”, giunto alla nona edizione, che designa ogni anno, in collaborazione con il mensile “Espansione”, la migliore
campagna di Relazioni Pubbliche a livello
assoluto e per le otto principali Categorie di
Comunicazione.
Il riconoscimento è stato assegnato al Direttore Emerito della Sala Stampa della
Santa Sede, Joaquìn Navarro-Valls lo scorso
mese di ottobre in occasione della serata di
gala che ha accompagnato la premiazione,
per l’integrità, la trasparenza, la tenacia e
la professionalità con la quale ha svolto
l’importante ruolo di comunicatore presso
la Santa Sede nel corso dei lunghi anni del
papato di Karol Wojtyla, e per come il suo
incarico di portavoce del Papa ha contribuìto a rivoluzionare l’immagine ed il ruolo
mediatico del Vaticano nello scenario mondiale.
E’ stato individuato nel premiato un esempio per chi svolge la professione delle Relazioni Pubbliche e della Comunicazione
d’Impresa e, allo stesso tempo, uno stimolo
e riferimento determinante per i giovani
che si stanno affacciando alla carriera della
Comunicazione.
Nel corso della premiazione il Dottor Navarro-Valls, rispondendo alle domande
della giornalista che conduceva l’evento, ha
confermato il suo carisma e la sua capacità
comunicativa, affascinando la platea degli
oltre 240 presenti in sala che gli hanno
riservato una lunga standing ovation, e ha
ricordato come la regola prima del buon
comunicatore stia nella preparazione e nella approfondita conoscenza di ciò che si
vuole comunicare per essere in grado di
spiegarsi ed esprimersi con chiarezza e semplicità.
Ora l’attesa del settore è già rivolta alla X
edizione del “Premio Assorel” il cui Bando
di Gara sarà prossimamente divulgato e
pubblicato su www.assorel.it, con l’obiettivo di continuare a far risaltare le best practices realizzate dai comunicatori professionisti.
Alessandro Costella
Direttore Generale ASSOREL
21 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
ONLINE
Scrivere sul web.
Le buone regole
per farsi leggere
Leggere sul monitor è più faticoso che su carta.
La risoluzione è più bassa e la lettura più lenta del 25%.
Gli utenti del web non leggono,
ma scorrono il testo alla ricerca di frasi o parole.
che attirino la loro attenzione.
Scrivere per il web è un mestiere diverso
dallo scrivere su carta, anche se è basato sulle
stesse qualità di fondo. Non è infatti possibile prescindere da una buona sintassi e una
corretta grammatica! Sul web vi sono però
ulteriori criteri di scrittura e composizione
che vanno seguiti per facilitare la lettura,
così come vi sono errori da non fare assolutamente.
Riassumeremo le considerazioni sviluppandole in tre ambiti. Parleremo prima di come
disporre i contenuti, poi di quale stile utilizzare, e infine ci occuperemo degli espedienti
visivi che facilitano la lettura su monitor.
Il contenuto
1. Scrivete seguendo le quattro massime di
Grice (uno studioso della comprensione dei
testi):
- scrivi la quantità di informazione necessaria: non di più, non di meno (massima
della quantità);
- scrivi ciò di cui hai prove (sii sincero, massima della qualità);
- sii pertinente: dì quello che è rilevante e
coerente con l'argomento (massima della
relazione);
- sii chiaro (massima del modo).
2. Mettete i concetti più importanti in cima.
Non scrivete cioè per arrivare a delle conclusioni attraverso un ragionamento, come
insegnano a scuola, o come avviene nei
romanzi. Scrivete in maniera giornalistica,
scoprendo le vostre carte fin da subito, con
l'esposizione della conclusione o della notizia. I dettagli vanno aggiunti in seguito.
Se la lettura viene troncata a metà, l'utente
deve aver già incontrato i concetti principali.
Un errore abbastanza frequente è quello di
instaurare una specie di gioco con il lettore,
incuriosendolo, fornendo dati oscuri, in
22 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
maniera da creare un aumento di interesse
che lo spinga a leggere.
Be', non funziona. I lettori non vogliono perdere tempo in rete, e gradiscono i fatti, non
i giochini, per i quali si rivolgono a siti specialistici. L'utente vuole sapere subito se troverà qualcosa di interessante. Se la prima
frase è promettente, vorrà saperne di più.
Tale modo di scrivere è talvolta definito a
"piramide rovesciata".
3. Che le prime frasi siano le più importanti.
Vale non solo per l'intero testo, ma anche
per i singoli paragrafi. Poiché la gente non
legge, ma scorre il testo, rendete possibile la
comprensione anche solo attraverso le frasi
principali poste in cima ai paragrafi o attraverso le frasi chiave, evidenziate.
4. Dedicate un periodo ad un solo concetto.
Quando avete esaurito quell'argomento e
passate al successivo, cambiate periodo.
Questo faciliterà visivamente, ma anche concettualmente, il processo di comprensione
del lettore, già abbastanza ostacolato dalla
difficoltà di lettura.
5. Dominate il contenuto.
Cambiate disposizione ai concetti, per cercare quella più efficace. Non abbiate timore,
se il tempo non vi manca, di provare varie
strade.
Lo stile
1. A causa soprattutto delle difficoltà nella
lettura, il web vuole una scrittura pratica,
concisa. E' meglio evitare di essere troppo
letterari ed eleganti. Togliete tutte le parole
superflue. Siate oggettivi, concisi e precisi:
esprimete in maniera diretta i contenuti,
senza perifrasi o espressioni vaghe. Via gli
aggettivi non veramente utili.
Evitate le frasi lunghe e i periodi con troppe
coordinate e subordinate. Abolite i gerghi, il
marketese, il politichese, i termini incomprensibili. Argomentate il più possibile attraverso i fatti, tentate di separarli dalle opinioni, che pure è lecito esprimere.
2. Siate divertenti, il che non significa essere
umoristici. Lasciate perdere lo humor, i giochi
di parole: da una parte eventuali utenti
internazionali non lo capiranno, dall'altra
distrarreste dal contenuto. “Siate divertenti”
significa “siate brillanti”, non rendete il vostro testo freddo e noioso.
Questo non si insegna facilmente, anche se vi
sono delle tecniche. Il ritmo sincopato, per
esempio. Evitate frasi che abbiano tutte la
stessa cadenza. Ad un periodo più lungo anteponete e posponete sequenze di frasi più
brevi. Se vi viene in mente un commento su
quanto state scrivendo, inseritelo pure: sembrerete più umani.
L'importante è non esagerare. In una parola,
dovreste divertirvi mentre scrivete, trasmettere un certo entusiasmo, ma al tempo stesso
rimanere professionali. Facile, eh?
3. Ci vuole buon senso: curate anche una
certa scorrevolezza, non tagliate il testo con
l'accetta solo per rispettare queste regole.
Ma comunque non lasciatevi andare come
fareste su carta. Le frasi brillanti, i periodi articolati sono solo fatica in più in un compito
che è già faticoso di suo.
Espedienti visivi
La lettura si fonda su due processi: il primo
consiste nel riconoscimento visivo, il secondo
nell'estrazione del significato.
Il secondo processo (l'estrazione del significato) viene ostacolato da una cattiva percezione. Per migliorare la percezione visiva del
vostro testo potete usare i seguenti espedienti:
1. Spezzate i periodi andando frequentemente a capo. Un unico blocco di testo viene
visto come un ostacolo insormontabile.
2. Evidenziate le parole chiave: per farlo è
meglio utilizzare il grassetto, piuttosto che il
corsivo come si usa su carta, perché il monitor, composto da pixel orizzontali e verticali,
non rende bene i caratteri disposti in diagonale, come nel caso del corsivo.
Potete anche usare un colore per evidenziare
il testo, ma accertatevi che lo stiate effettivamente enfatizzando! Dovete usare un colore
saturo e non troppo luminoso (se usate il
fondo chiaro). Il colore che più risalta all'occhio è il rosso. Ma se lo usate per i link, evitate di usarlo per termini che non sono linkati: generereste confusione negli utenti.
Alle volte anche lo stesso link può servire ad
evidenziare parti di testo.
Usate comunque i link con parsimonia, e solo
A cura di Angela D’Amelio - [email protected]
per informazioni secondarie e non determinanti per la comprensione del discorso, perché sono dei distrattori, dato che danno
all'utente la tentazione di seguirli.
3. Non utilizzate una colonna di testo troppo
larga, perché gli occhi faticano a mantenersi
su una riga lunga. Inoltre siamo abituati alle
colonne di un giornale.
4. Utilizzate dove possibile elenchi numerati.
Le voci risultano chiaramente divise e spaziate. E' meglio naturalmente mettere le voci
più importanti in alto.
5. Gli articoli non dovrebbero essere troppo
lunghi. Assolutamente vietato spezzarli su
più pagine, una scomodità inaudita. Nielsen
consiglia semmai di dividere l'argomento in
più articoli diversi.
6. Infine, tutto questo sarà vano se non
sceglierete colori che vi assicurino un buon
contrasto. Caratteri neri su sfondo bianco
offrono il contrasto migliore.
Il negativo, cioé bianco su nero, per alcuni è
più gradito, per altri no. In ogni caso dà un
tono cupo e vagamente tecnologico alla pagina. Valutate anche l'impatto emotivo, il
calore, la sensazione che la pagina trasmette.
Fate attenzione ai colori: devono dare un
buon contrasto anche per daltonici e discromatici. I disturbi nella percezione del colore
sono più diffusi di quanto non si creda.
Forse non lo sapete, ma conoscete certamente qualcuno che ha problemi di questo
tipo. Ecco perché il nero su bianco rimane a
mio avviso ancora la scelta migliore.
7. Utilizzate un carattere tipografico standard. Oltre a essere facilmente riconosciuto,
il che aiuta la lettura, eviterete di creare inconvenienti visivi a quegli utenti che non
dispongono di una particolare font.
I caratteri più diffusi sono: il times, usato
molto in stampa, con le grazie che aiutano la
lettura; l'arial e il verdana, senza grazie, più
leggibili su monitor specialmente con caratteri di dimensioni piccole (soprattutto il
Verdana); il courier, carattere con grazie monospaziato, che ricorda la macchina da scrivere.
A questi suggerimenti va aggiunta una considerazione più progettuale. Nelle prime
pagine non ci devono assolutamente essere
testi lunghi come questo (ma neanche un
quarto di questo!). Solo lanci di notizie,
civette, ben organizzate sulla pagina, con
buoni titoli e sommari.
Organizzate le pagine assieme ad un buon
designer: non è (solo) un problema di scrittura, ma anche di grafica.
Se un utente è interessato e voi avete seguito i suggerimenti, anche se vi dilungate un
po’ farà lo sforzo di leggervi lo stesso, oppure salverà la pagina e la leggerà con calma, magari dopo averla stampata.
Questi consigli non sono affatto semplici da
seguire. Spesso è necessario un laborioso
processo di riscrittura, di adattamento e di
“potatura” del testo, soprattutto se lungo.
Affidatevi se potete ad un buon web editor,
che revisioni lo scritto dell'autore e, ad ogni
buon conto, il tempo passato a curare i contenuti è sempre tempo ben speso, soprattutto se questi dovranno durare nel tempo.
Alcuni spunti sono stati liberamente tratti da “Usabily”
23 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
ONLINE
Viral marketing.
Il passa-parola
che corre sul web
Ancora una volta ci volevano gli americani
per strutturare e definire in un modello
un processo di diffusione conosciuto da tutti
ma a lungo snobbato dai teorici del marketing
impegnati a verificare analisi e statistiche:
il passa parola, che sul web si chiama
viral marketing o marketing virale.
Il viral marketing, è stato studiato e modellizzato da Ralph F. Wilson, di professione ECommerce Consultant che ne ha definito i
principi in The Six Simple Principles of Viral
Marketing.
La traduzione italiana, marketing virale,
potrebbe suonare quasi “offensiva”, in
quanto il termine virale che deriva da virus
ha un'accezione negativa in tutto il mondo.
Virus in latino significa veleno
Dal punto di vista biologico e medico il virus
è un "parassita" responsabile di malattie.
Secondo le teorie più moderne i virus deriverebbero da porzioni del genoma degli ospiti
che si sono resi indipendenti.
Dal punto di vista informatico invece un virus
è un pezzo di codice software che, se eseguito, è in grado di infettare alcuni file in modo
da riprodursi facendo copie di sé stesso.
Dal punto di vista del marketing il termine
virale definisce qualsiasi strategia di marketing (di vendita) che incoraggia le persone a
diffondere e passarsi l'un l'altra il messaggio
marketing, contribuendo quindi a farne crescere in maniera esponenziale la diffusione.
24 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
ma per i marketers il nome è, e rimane, Viral
Marketing.
Il viral marketing, grazie a internet e alla
facilità di diffusione delle informazioni, si
muove come un virus, cioè si replica in maniera esponenziale:
viral marketing
viral marketing viral marketing
viral marketing viral marketing viral marketing
Tale strategia dunque, approfitta della moltiplicazione rapida, della facilità di diffusione
delle informazione e del divertimento nel
farlo, per fare esplodere il messaggio portandolo a migliaia o milioni di persone in pochissimo tempo.
Il termine "Viral Marketing o Marketing Virale" scelto per questa strategia sta proprio
ad indicare la somiglianza di propagazione
con quella dei virus.
Passa parola = viral marketing
Ma attenzione si parla di viral marketing se
parliamo di web altrimenti anche in America
si parla di “word-of-mouth", "creating a
buzz", "leveraging the media" e "network
marketing".
Su internet alcuni hanno cercato di modificare il nome, sicuramente non molto elegante,
Viral marketing:
i sei principi del marketing virale
E così, come in tutte le cose, alcune strategie
di marketing virale funzionano meglio di
altre ma, secondo Wilson, sono sei gli elementi fondamentali del viral marketing e che
una strategia virale di vendita deve contenerne il maggior numero possibile al fine di
ottimizzare i risultati:
1. Deve offrire servizi o prodotti gratuiti
2. Deve essere facile da trasferire ad altri
(amici e conoscenti)
3. Deve essere facilmente scalabile (*)
4. Deve contenere motivazioni e comportamenti comuni
5. Deve utilizzare le reti di comunicazione
usate attualmente
6. Deve approfittare delle risorse degli altri
Su cosa si basa
il viral marketing
L’idea che sta alla base è di convincere i nostri utenti a parlare di noi ai loro conoscenti,
ad esempio raccomandando loro un nostro
prodotto, oppure suggerendo o stimolando
l’adesione dei loro amici ai nostri programmi
di marketing, oppure contribuire a formare
e diffondere delle “mode”.
La forza di questo modo di approcciare il
mercato è evidente, così come lo è il grado
di difficoltà e di incertezza.
Da quando è stata inventata la pubblicità
fino ad oggi, in tutto il mondo ci sono stati
clienti che sono entrati in una agenzia di
pubblicità con un loro prodotto chiedendo
in modo perentorio di farlo diventare famoso, di moda, irrinunciabile, gettando all’istante nello sconforto il Direttore Creativo e
tuuto il suo staff.
Non è infatti mai stato inventato un sistema
ripetibile, sicuro ed efficace per creare le
mode perché, nonostante tutti i nostri sforzi, il comunicatore propone ma il consumatore dispone e decide sempre più con la propria testa.
E’ davvero difficile rendere virale il marketing, la prima e principale difficoltà sta nel
trasformare le persone in alfieri del nostro
prodotto, in portatori della nostra azione di
marketing, in rappresentanti ideali della nostra idea.
E questo non è banale, perché per loro si
un tuo conoscente potrai vincere una bici o
una moto o un viaggio, e se fai iscrivere alla
mia newsletter un tuo collega riceverai gratuitamente una stilografica, un mouse, una
webcam.
Una seconda strada è quella di sviluppare
meccanismi tali che portino l’utente a trovare interessante e divertente un nostro messaggio (gioco, testo, filmato, animazione….)
in modo che lo passino a conoscenti anche
senza dar loro un vantaggio concreto, ma
basandosi solo sulla forza dell’oggetto contaminante: questa è la forma di infezione
più comune.
tratta di mettere in gioco, almeno in parte,
la propria credibilità nel proprio peer group.
Schierandosi dalla nostra parte, dando un
giudizio di valore sul nostro prodotto/azione, al punto di diffonderlo e raccomandarlo,
si espongono al giudizio delle persone che
cercano di coinvolgere, e rischiano una perdita di credibilità.
Le persone possono “raccomandarci” agli
amici, innescando e propagando il nostro
viral marketing, ma a certe condizioni, per
capire quali, occorre innanzi tutto fare un
ragionamento di fondo e domandarsi: a chi
giova? Perché dovrebbero farlo?
Il nostro vettore aderirà alla nostra catena
solo se riterrà di avere un ritorno personale
positivo dal coinvolgere terzi e nel dare il
proprio supporto quale “garanzia” alla
nostra idea.
Il ritorno può essere di vario tipo, tangibile
o, più frequentemente, intangibile come ad
esempio fare una bella figura (=ritengo di
migliorare la percezione che gli altri hanno
di me parlando di cose intelligenti, innovative, utili, divertenti).
Bisogna tener conto che quanto più sono un
elemento in vista della mia comunità, tanto
più avrò da perdere raccomandando le cose
sbagliate, o il cui valore non viene condiviso/compreso dai miei pari.
Di certo l’amministratore delegato di una
multinazionale ci penserà un po’ su prima di
forwardare per e-mail una barzelletta sconcia e scarsamente divertente ai suoi colleghi
del Rotary, ed è altrettanto vero che un
teenager ci penserà su molto bene prima di
passare in giro, con il proprio sigillo di
garanzia, un filmato pubblicitario della
nostra marca: anche lui ha una credibilità da
salvaguardare, un ruolo da difendere come
opinion leader, di persona “giusta” e dai
gusti appropriati.
Qualche esempio
Ci sono tre grandi strade che si possono
seguire per intraprendere azioni di viral
marketing, la prima è la creazione di meccanismi che incentivino gli utenti ad arruolare
nuovi utenti per noi, in cambio di un corrispettivo di qualche genere, ad esempio: se
mi porti tre amici, tu viaggi gratis, se porti
La terza strada è invece quella di trasformare il nostro cliente/utente in un predicatore
che porta il nostro verbo. Sono quelli che
quando li incontrate al bar vi rintronano
sulla superiorità etica/ideologica dell’open
source e di Linux, sono quelli che se li vedete in corridoio vi rifugiate in bagno perché
altrimenti ricominciano a massacrarvi sul tema di quanto Macintosh sia meglio di Windows, sono quelli che finché non provate la
loro marca di sigarette, il loro ristorante preferito o andate in vacanza nel loro albergo
non vi lasciano in pace!
Ecco, per tutti questi c’è un’adesione totale
quasi etica al prodotto, riescono ad avere un
coinvolgimento emotivo con una scelta forte
che fa loro ritenere che il mondo sarebbe un
posto oggettivamente migliore se tutti adottassero il loro prodotto preferito.
Il rovescio della medaglia
Purtroppo però spesso non funziona. La
chiave di tutto dunque sta nella forza dell’idea, nella combinazione di valori/percezione
dell’azienda o brand che origina il messaggio con il set di valori e contenuti del messaggio da viralizzare.
Ossia sarà difficile che un teenager diffonda
un messaggio, anche se divertente, se dietro
c’è una marca che lui ritiene totalmente sfigata o lontana dal proprio mondo, così come sarà molto difficile che chiunque diffonda un messaggio,quand’anche proveniente
da una marca appealing se il messaggio non
ha un qualcosa di veramente speciale.
Certamente non viralizzano il nostro messaggio solo per fare un piacere a noi; se non
abbiamo qualcosa di forte difficilmente metteranno a rischio la propria faccia con gli
amici, venendo considerati degli spammatori che intasano la mailbox con robe stupide,
inutili, noiose.
Se togliamo i soliti amici che mandano
megabyte di barzellette pescate chissà dove,
i fenomeni di viral marketing “forte” hanno
luogo generalmente a fronte di qualcosa di
veramente innovativo e coinvolgente. Se vi
ricordate “Tu vo’ fare o’ Talebano” è stato
oggetto di intensissime segnalazioni da
amico ad amico oppure ricordate i filmati
“wazzup” di Bud? Quelli sono stati mandati
25 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
ONLINE
A cura di Angela D’Amelio - [email protected]
a ciascuno di noi da almeno 5 persone diverse. Nel periodo di natale/capodanno poi sicuramente avrete ricevuto almeno una ventina
di volte lo stesso sms: “Il Papa vista l’assenza
del cardinal Martini sospende le festività natalizie. No Martini, no party”.
Insomma è evidente che un oggetto da viralizzare non può essere “piatto”, non può
essere banale, scontato o una comunicazione
molto perbenina e di buona famiglia, un filmatino tutto calibrato e ben educato.
Se volete intraprendere azioni di viral marketing, anche se credete più all’efficacia della
strategia che non della creatività, credo sia
indispensabile e strategico, investire sulla
creatività cercando di spingerla molto in là.
Purtroppo le aziende molto spesso non possono o non vogliono osare, sono orientate a
forme comunicative molto mainstream, poco
dirompenti e senza coraggio, temono il mettere in gioco il proprio brand con operazioni
innovative e quindi rischiose; non riescono a
concepire una propria comunicazione che
possa essere oggetto di dibattito o peggio
ancora, di “scandalo”.
Questo tipo di approccio, prudente e conservativo, ha assolutamente diritto di cittadinanza nel mondo del marketing e della comunicazione, di certo però non porterà grandi risultati in brevi periodi, di certo non innescherà scossoni sul mercato ma ci potrà
(forse) consentire di mantenere una nostra
quota di mercato, di custodire una nostra immagine un po’ sonnacchiosa, ma prevedibile
(e quindi, per alcuni, rassicurante).
Di certo aziende che hanno poco da dire e
poco da evocare, su di sé e i propri prodotti,
non potranno pensare di diventare “exciting” ma chiaramente questo approccio alla
comunicazione non ha diritto di cittadinanza
nel viral marketing, in quanto può solo generare oggetti viralizzabili di cui non importa
nulla a nessuno e che nessuno passerà mai
agli altri.
Il “contenuto” può essere vincente
Esiste anche un’area di eccezione dove non è
la forma a far premio, ma il contenuto. In
aree b2b o assimilabili la messa a disposizione di contenuti di pregio ha un forte potenziale di innesco di viral marketing. È infatti
una strategia consolidata quella di mettere a
disposizione sul proprio sito articoli, white
paper, ricerche o presentazioni, autorizzando a passarle a terzi normalmente attraverso
un apposito link sul sito.
In questo modo il proprietaro del contenuto
si garantisce il controllo del messaggio
accompagnatorio che, ovviamente, prenderà
spunto dal vostro endorsement** e cercherà,
in modo più o meno elegante, sofisticato,
efficace, di trasformare il ricevente in nuovo
contagiato ed in nuovo untore. In questo
contesto quasi tutti i siti di news contengono
questo meccanismo, così come molti siti di
società di consulenza o di ricerche.
Due esempi vincenti
di questa strategia
Un esempio ci viene da Google che qualche
tempo fa ha lanciato un operazione di viral
marketing: ha offerto gratuitamente ad un
numero ristretto di suoi utenti, una casella email molto capiente e la possibilità di distribuire altri 10 inviti ad amici o conoscenti. Avere un indirizzo di posta: “[email protected]”
diventò in breve un segno distintivo di appartenenza ad un gruppo privilegiato.
Il seguito è storia, la diffusione è stata immediata e, oggi, gmail vanta una delle crescite
piu’ rapide di numero di account.
Un altro esempio di viral marketing ben riuscito è la strategia utilizzata da hotmail.com
che, in poco più un anno, riuscì ad acquisire
12 milioni di abbonati spendendo relativamente poco, in campagna marketing ed in
promozione. Hotmail.com regalava un servizio di indirizzo e-mail a chi accettava di vedere aggiunto automaticamente, in coda ad ogni messaggio inviato, un piccolo messaggio
che diceva: "anche tu puoi ottenere il tuo
indirizzo e-mail gratuito digitando www.
hotmail.com". Anche in questo caso le adesioni si moltiplicarono esponenzialmente.
Conclusioni
Il viral marketing può costituire un’opportunità interessante, ma bisogna avere le carte
in regola per poter sperare di avere successo:
• dobbiamo avere una brand equity tale da
poter permettere ai nostri infettandi di potersi trasformare in propagatori dell’infezione senza doversi associare a mondi di immagine negativi o non appealing.
• dobbiamo avere dei messaggi da viralizzare che siano oggettivamente forti, dal punto
di vista creativo/emotivo o dal punto di vista
del contenuto.
• dobbiamo avere propensione all’innovatività, e coraggio nel mettere in gioco il nostro
brand.
(*) scalabile è la capacità di un sistema di
"crescere" o "decrescere" (aumentare o diminuire di scala) in funzione delle necessità e
delle disponibilità.
Ad esempio se ospitate mail gratuite e avete
successo nella strategia, dovrete velocemente aggiungere dei mail server altrimenti il
sevizio si bloccherà.
(**) In generale il termine "endorsement"
indica la modalità di diffusione di un messaggio pubblicitario che prevede l'intervento
di testimonial chiamati a presentare un prodotto a potenziali acquirenti, dimostrandone
il funzionamento in determinati contesti ed
occasioni.
La figura del testimonial, complice "passivo"
in una campagna pubblicitaria, si evolve
quindi in quella di endorser, responsabile
"attivo" della veicolazione di un messaggio
pubblicitario, passaggio considerato fondamentale per la comunicazione pubblicitaria
in determinati settori.
26 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
OPINIONI
Lingue morte
e stupidaggini vive
Sul tema dei valori che un laico può ritrovarsi a condividere con coloro che vivono intensamente il rapporto con la religione, si è detto e scritto molto. Si tratta in massima parte
di principi connaturati con quegli elementi
che costituiscono la base ed il fondamento
etico e culturale della nostra civiltà.
Ma risulta abbastanza sorprendente per un
“vecchio” liberale, che la gerarchia ecclesiastica riesca ad offrire contributi importanti e
stimoli vivaci anche su questioni solo apparentemente minori come quella della salvaguardia delle lingue classiche, minacciate
quotidianamente dall’imperante - ed anche
un po’ inquietante - superficialità di coloro
che vorrebbero considerarle solamente alla
stregua di “lingue morte” - e, come tali, da
seppellire nei meandri più oscuri di dimenticate biblioteche.
Il tema non è certo di poco conto. La posta in
gioco é invece molto alta: si tratta infatti della salvaguardia dell’identità culturale della civiltà occidentale.
Questa mia riflessione é indotta dalla notizia,
riportata con evidenza dai principali quotidiani il 31 ottobre, e peraltro immediatamente accantonata il giorno successivo, dell’invito accorato della gerarchia vaticana al
recupero, soprattutto attraverso la scuola,
della conoscenza delle lingue classiche.
In una società dove trovano ampia e quotidiana risonanza teorie inquietanti che - sulla
base di un’accentuata contiguità con le più
becere ed irrazionali istanze terzomondiste propugnano la costruzione della cosiddetta
società multicurale, che qualcuno ci ricordi,
con toni sommessi, ma con la forza di inoppugnabili argomentazioni, che le radici della
nostra civiltà sono il patrimonio più prezioso
del nostro popolo, del nostro Paese e dell’Europa tutta, è un segnale importante che sarebbe grave - oltre che stupido - ignorare.
Ai nostri ragazzi qualcuno va suggerendo
che lo studio del latino e del greco non li aiuterà a trovare un lavoro e, di contro, che, nel
mondo di oggi, la conoscenza, ancorchè approssimativa, della lingua inglese e un minimo di dimestichezza con il computer, costituiscono il passepartout per entrare trionfalmente in una vita costellata di successi.
La diffusione di questi messaggi, talvolta veicolati esplicitamente, ma più spesso insinuati
subliminalmente, sta generando guasti incalcolabili: è sotto gli occhi di tutti la diffusione
a macchia d’olio della “cultura” della superficialità e dell’approssimazione, ovunque ve-
Bambini e pubblicità
Tra destra e sinistra...
diamo trionfare la “filosofia” del perseguimento del massimo risultato con il minimo
sforzo, il tutto corredato da una buona dose
di apatia e di indifferenza al cospetto della
bellezza, quando quest’ultima non conviva
con il nuovo o il sorprendente.
Lo rileviamo ogni giorno nei palinsesti della
tv generalista, scorrendo i sommari dei settimanali, ascoltando i “messaggi” che i nuovi
maîtres à penser diffondono ogni volta che
intravvedono un microfono o una telecamera nelle immediate vicinanze.
E lo constatiamo, purtroppo e sempre più
spesso, anche nei comunicati pubblicitari,
soprattutto in quelli indirizzati al target dei
giovanissimi e, probabilmente, “pensati” da
creativi altrettanto giovani. Quelli, per intenderci, che “non hanno fatto il classico” e che
taluni, in genere i più attempati, amano definire come “braccia indebitamente sottratte
all’agricoltura”.
E’ un’espressione certamente efficace, ma
che personalmente non amo utilizzare, soprattutto per il rispetto che porto ai lavoratori della terra, che quasi sempre, invece,
sanno coniugare semplicità, saggezza e perspicacia. Beninteso, la mia è solo un’opinione, peraltro autorevolmente condivisa da
un certo Virgilio, che, rappresentandone l’esistenza e descrivendone la quotidiana fatica, scriveva: “O fortunatos nimium agricolas,
si bona sua norint”.
Gargamella
[email protected]
preoccupazione per i danni che l’uso dei minori
come testimonial avrebbero comportato a quei
poveri innocenti.
Biagio Vanacore
[email protected]
L’utilizzo dei ragazzi nella pubblicità è di destra
o di sinistra?
La ricerca Unicom “Gli italiani è la pubblicità”
ha evidenziato come l’utilizzo dei ragazzi nel
ruolo di testimonial pubblicitari “continui ad
essere soggetto che colpisce fortemente in
pubblicità, sensibilizzando specie un certo target di fruitori”.
Sarà per questa ragione che anche i politici,
oltre ai vari opinionisti, gli indignati di professione ed i sociologi da talk show hanno presto
dimenticato i fiumi di inchiostro versati quando
la legge Gasparri propose di limitare l’uso dei
minori nella pubblicità. Tutto finito.
Oggi nessuno si scandalizza più, ma più di tutti
non si scandalizzano più i nostri politici, che
quest’anno hanno utilizzato a piene mani
come testimonial bambini/ragazzi/ adolescenti”.
La prova ecco due campagne - bipartisan naturalmente - che provano, al di là di ogni dubbio,
quanto fosse sincera ed eticamente motivata la
27 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
UNICOM
LA POSTA
La “voglia di stupire”
paga o non paga?
L’articolo di Paolo Romoli pubblicato
sul numero 18 della nostra rivista,
che manifestava perplessità su un certo
modo di “fare pubblicità”,
ha suscitato commenti diversi
che ben volentieri pubblichiamo.
Sul numero 18 de “L’Impresa di Comunicazione” abbiamo pubblicato un articolo del
Direttore Paolo Romoli dal titolo: “La Pubblicità: la voglia di stupire non paga” che
intendeva richiamare l’attenzione ed aprire la
discussione su certe campagne per lo più televisive - ma non solo - in cui l’aspetto “creativo”
non ha nessun riferimento diretto con i prodotti o servizi che si intendono comunicare e
che rischiano pertanto di venire ignorati dal
target cui sono destinati. L’articolo, supportato
da alcune dichiarazioni esplicitamente critiche
in tal senso di Giorgio Bocca, Umberto Eco, e
persino di Giorgio Brenna (AD dell’agenzia che
ha firmato una delle più note campagne citate), si chiudeva con un invito ai creativi ad
intervenire sull’argomento. Riceviamo e pubblichiamo volentieri questi interventi di Franco
Moretti e Giorgio Tramontini
Franco Moretti - Group Chief Creative Director, Leo Burnett
Caro Direttore,
Credo che l’articolo, già dal titolo, metta in risalto un giudizio preconcetto. Porsi delle domande sullo status quo della nostra professione è certamente sano e doveroso, soprattutto
quando, come in questi tempi, nel nostro paese c’è un disperato bisogno di rinnovamento.
28 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
Ma se il dubbio sollevato è legittimo, invece di
cercare conferma attraverso le opinioni di personalità di rilievo e, senza dubbio, di rispetto,
non sarebbe stato più opportuno chiedersi
quale era l’obbiettivo, a che cosa serviva precisamente quella campagna pubblicitaria e quali
risultati aveva ottenuto?
Credo sia miope e alquanto dannoso chiudere
l’argomento basandosi soltanto su delle opinioni per quanto autorevoli. Le opinioni sono
esattamente come i “buchi d’ombelico”, ce
l’hanno tutti!
I fatti però sono ben altra cosa:
Fatto n. 1 - Nella prima parte del 2002, in un
periodo particolarmente affollato di offerte
finanziarie, di sconti e di tutto ciò che contribuiva a creare il “silenzio del rumore” nei media, l’obbiettivo che si poneva la campagna
“Cogli l’attimo” di Fiat Auto era quello di mettere in evidenza una particolare opportunità
commerciale.
I risultati di vendite, nei casi di promozioni finanziarie sull’acquisto d’autoveicoli vengono
sensibilmente modificati dalla "convenienza"
delle offerte finanziarie stesse.
A cosa serviva quindi la pubblicità? Serviva proprio ad invitare a prendere in esame, quelle
offerte, a portare cioè potenziali clienti in concessionaria.
Su questo, il miglior dato “ufficiale”, è quello
che ci fu riferito dai responsabili vendite Fiat:
nel periodo di on-air della campagna le visite
ai concessionari subirono un nettissimo incremento. Ovviamente questo trascinò in alto
anche le vendite, ma resta difficile depurare
l'effetto "successo" della campagna dal fattore "golosità" dell’offerta finanziaria.
Ciò significa che la campagna fece il suo lavoro, quello di portare potenziali clienti nelle
concessionarie.
Fatto n. 2 - Un indicatore indiretto dell'efficacia di "Buonaseeera" sta nella durata della sua
pianificazione: nato per andare in onda poche
settimane e poi essere sostituito, lo spot restò
in video per ben quattro mesi, proprio per l'ef-
fetto moltiplicazione che aveva dimostrato sulle visite dei potenziali clienti Fiat.
A riprova della validità creativa dello spot
quando fu sostituito nella pianificazione da un
altro soggetto della stessa campagna (soggetto "Scacchi") le visite ai concessionari subirono
una sensibile flessione. Flessione che scomparve alla successiva e non prevista ripresa di pianificazione del soggetto "Buonaseeera".
Fatto n. 3 - Nel febbraio 2002 (dopo un mese di
messa in onda di “Buonaseeera”), lo share di
Fiat, nella classifica generale delle marche italiane più note, aumentò del 65%. I parametri
di valutazione dell’efficacia della comunicazione Fiat si impennarono proprio in concomitanza con l’on-air dello spot come dimostrò una
ricerca che fu pubblicata da “Il Sole 24 ore” il 4
marzo 2002 in un articolo dal titolo: “Buonaseeera passa alla seconda puntata”.
Quando la comunicazione di una marca diventa famosa presso il suo pubblico e appaga la
sua voglia di essere colto di sorpresa, la sua
voglia di essere stupito e coinvolto, è inevitabile che si propaghi come un passaparola che si
moltiplica in modo esponenziale, diventando
anche parte del lessico popolare del momento.
Il termine tormentone (grande tormento) in
questo caso non credo sia appropriato esprime
già di per sé un sapore negativo e non descrive quello che dovrebbe essere più propriamente definito come coinvolgimento emotivo
di massa.
Non c’è alcun dubbio che la creatività fine a se
stessa non sia garanzia di successo, ma non è
proprio questo il caso. E questa non è un opinione.
D’altra parte nessuno, in nessun posto, mai ha
dimostrato che il successo commerciale risieda
nella mancanza di coraggio e nella mediocrità
delle idee.
Ciò che, inoltre, mi mette a disagio è che, sempre più spesso, quello che viene messo in discussione non è tanto tutta quella grande
quantità di lavoro poco ispirato, che insegue le
tendenze, che affolla i mezzi di comunicazione, tutto quel “tormento” che annoia la gente
che per evitarlo pratica lo zapping o aumenta
le pause bagno, bensì la polemica che si accanisce, su tutto ciò che dà segnali di vitalità creativa, di freschezza, tutti quei barlumi di speranza che dovrebbero essere d’incoraggiamento alla ricerca di un migliore rendimento per
l’investimento. E’ come se ci fosse un istinto
universale (nel nostro paese) che persiste nel
voler dimostrare che le buone idee non pagano, un’incontenibile voglia di portare validi
argomenti a sostegno della mediocrità.
Non è forse, proprio anche per questo, che il
livello professionale creativo del nostro paese
si piazza a malapena al 19° posto nella classifica mondiale dopo l’america latina, i paesi orientali, il Sud Africa? Non dobbiamo quindi
essere colti di sorpresa se quando vediamo i
risultati di ricerca, presentati da Astra
Demoscopea per la riunione dell’UPA di fine
anno, hanno indicato la necessità per le aziende di incrementare gli investimenti per mantenere lo stessa quota di mercato.
Caro Paolo,
Rispondo obtorto collo all’invito lanciato da te
sull’ultimo numero de “L’Impresa di Comunicazione. La ragione è semplice: fare questo
mestiere e prendere di mira la creatività di
tanti colleghi non solo mi sembra poco elegante, ma lo trovo decisamente autocastrante, nonostante tutto in questo minestrone siamo in
molti a soffrire e le opere degli autori di varie
nefandezze messe on-air animeranno forse le
critiche di Giorgio Bocca, Umberto Eco e chissà
quant’altri, ma pochi conoscono le notti insonni e le incazzature dei presunti responsabili.
Già perchè quando parte uno stanziamento tv
entrano in gioco soggetti che, ben lontani dal
ruolo creativo, approvano, modificano, stravolgono e spesso snaturano il pensiero d’origine. Questo non significa che la “creatività” sia
innocente, ma il giudizio sui suoi aborti dovrebbe essere equamente diviso tra responsabili di varia natura, utenti compresi.
La dicono lunga vari prodotti di discreta qualità presentati a Cannes tempo fa che, malgrado ridicole pianificazioni, hanno permesso ai
loro autori di essere notati dalla giuria ed entrare in short list: finte campagne concepite da
italici professionisti stanchi di essere ignorati
per produzioni ufficiali scadenti, una specie di
involontaria vendetta contro la miopia di chi,
pur di non rischiare i pericoli dell’impatto e del
coraggio di uscire dal coro, sono pronti ad
approvare pasticci, iperboli, manierismi produttivi tanto privi di sorpresa quanto lontani
da reason why e ricordo di marca.
Lo spettacolo poi non cambia se allarghiamo lo
sguardo sullo scenario media che oggi ci opprime su ogni fronte, individuare prodotti brillanti di discreta qualità è sempre più difficile e
non credo sia solo colpa di art e copy veri, chiediamoci piuttosto quanti sono ormai i creativi
finti, quelli che non sanno cosa siano i fondamentali dell’advertising: fotografi, producer,
junior-senior-chef account, PM, general manager, brillanti nipotini che fanno il liceo artistico,
l’amico pittore, l’amante fantasiosa e “questa
notte mi è venuto in mente...” ecc ecc.
Da queste parti il terreno della creatività non
ha recinti: ci entra chi vuole, tanto il genio
quanto l’imbecille, nel bel paese fare il pubblicitario è facilissimo basta disporre di qualcuno
che ti dà retta per quattro soldi.
Giorgio Tramontini
Faccio a mia volta seguito agli interventi degli
amici Franco Moretti e Giorgio Tramontini, che
ringrazio per essere prontamente intervenuti,
ben lieto che la mia segnalazione abbia offerto – come auspicavo – spunti per un dibattito
su un tema importante che però non vorrei
considerare già chiuso e su cui mi auguro IdC
possa pubblicare anche altri punti di vista.
A Franco in particolare tengo a precisare che
avevo citato lo spot del “buonaseeeera” solo
come un esempio tra i tanti, forse il più famoso, e non certo per mettere sotto accusa una
campagna dove la storia – attention getter che
Giorgio Tramontini - FTG (Torino)
Io credo che quello che dovremmo mettere in
discussione sia soprattutto il fenomeno tutto
Italiano (vero “tormentone” sociale) dell’utilizzo, dell’abuso dei testimonial più o meno famosi, tutta quella pigrizia creativa che insegue
le tendenze e tutto quello spreco di risorse
economiche destinate ai compensi della giungla dei famosi.
Io credo che la comunicazione d’impresa debba essere affrontata con spirito imprenditoriale che vuol dire essere disponibili a scoprire ed
accettare idee nuove, fresche e sorprendenti,
che vuol dire essere disponibili a correre dei
rischi con responsabilità, rischi necessari per
ottenere migliori rendimenti per gli investimenti. Se poi il dubbio dovesse essere di natura più generale sul tema della relazione che
sussiste tra campagne che ottengono riconoscimenti e successo commerciale, vorrei citare i
risultati di un’indagine approfondita, condotta
a livello globale, dal titolo “Does award winning advertising sell?” Ricerca condotta da
Donald Gunn per la Leo Burnett world-wide
che ha messo sotto analisi la maggior parte
delle campagne premiate su un periodo di due
anni e che, dati alla mano, ha visto coinvolti sia
gli uffici marketing delle aziende che le agenzie pubblicitarie, dove si metteva in evidenza
che nell’80% dei casi le marche che avevano
firmato campagne vincenti ne avevano ottenuto un considerevole successo commerciale,
mentre per il rimanente 20 % l’insuccesso,
nella maggior parte dei casi, era da attribuirsi
a strategie di comunicazione sbagliate e solo in
parte a campagne frivole e fuori di testa.
E poi, non è forse vero che il successo di marche che hanno conquistato il mondo quali Coca-Cola, Pepsi, Vokswagen, Nike, Marlboro,
Playstation, Adidas, B.M.W., Budweiser, Heinz,
Mc Donald’s, Halmark, Sony, Honda, B.A.,
Heineken, Renault, l’Indipendent… Benetton
è anche merito di grandi campagne pubblicitarie costruite intorno ad idee uniche, sorprendenti e potenti? Dove sta, quindi, il dubbio io
chiedo?
Mi viene il sospetto che spesso questo genere
di dubbi nascano più da fonti interessate a
conservare il basso livello di competitività della
nostra provincia, che non da un genuino desiderio di favorire quella ripresa economica di
cui il nostro paese ha urgente bisogno.
Forniti quindi i fatti per rimuovere il dubbio
sollevato dall’articolo, invito piuttosto “L’Impresa di comunicazione”a riflettere sui veri
problemi di questa nostra industria per promuovere, incoraggiare e spingere a sperimentare nuovi, più efficaci modi di comunicare per
coinvolgere un pubblico sempre più disinteressato e irritato, sollecitato dai GRP degli oltre
3.000 inviti agli acquisti quotidiani.
Io credo che i premi non siano l’obbiettivo ma
una conseguenza di un lavoro fatto eccezionalmente bene. Proprio in questo caso la
voglia di stupire ha pagato…e tanto.
Capitolo chiuso. E per quanto mi riguarda…
buonaseeera a tutti.
Gianfranco
In difesa della creatività. Sempre.
ne è al centro, ha innegabili doti creative di originalità e simpatia nonché di alto livello nella
sua realizzazione, tanto da essere diventata
addirittura un popolare “tormentone” al
quale però, mi permetto insistere, mi risulta
che pochissimi ricollegassero la promozione
FIAT.
A Giorgio aggiungo che non volevo nel modo
più assoluto mettere in stato di accusa la creatività in generale e in particolare i creativi professionalmente seri e non improvvisati. Volevo
aprire una discussione su certe campagne che
rischiano di comunicare solo se stesse anziché il
prodotto o il servizio che ne dovrebbero essere oggetto: campagne che molte volte sono
firmate proprio da Agenzie altamente qualificate, da creativi quindi non certo improvvisati,
e supportate da investimenti adeguati sia in
termini di pianificazione media che di impegno produttivo. A questo punto mi sorge però
un dubbio. Montanelli diceva: quando due
non si capiscono, è colpa di chi non si spiega.
Probabilmente anch’io non mi sono quindi
espresso bene nel mio pezzo che voleva solo
avanzare un dubbio, una perplessità e quindi
aprire una discussione non su casi specifici ma
sui rapporti in generale tra creatività e comunicazione. In altre parole: le campagne sono
fatte per vincere premi o per dare messaggi
con precise finalità comunicazionali?
I due interventi di Moretti e Tramontini, pur
pienamente legittimi e apprezzabili, mi sembra si limitino l’uno a giustificare la campagna
FIAT e l’altro a difendere il lavoro dei creativi,
senza però entrare nel merito del problema
posto non solo da me ma anche da Giorgio
Bocca Umberto Eco (che pubblicitari non sono
ma comunicatori certamente sì) nonché dallo
stesso Giorgio Brenna e da molti consumatori
cui le campagne sono dirette: problema quindi evidentemente esistente e sentito.
E se così fosse, anzi se così è, non sarò allora
caduto anch’io proprio nello stesso errore da
me segnalato, vale a dire quello di aver raccontato una storia che evidentemente ha interessato qualcuno, senza però essere stato chiaro nel comunicare il “messaggio” che intendevo lanciare al mio target di riferimento, cioè i
creativi? E se così fosse, anzi se così è, me ne
scuso con tutti, ma, tutti insieme, “meditiamo,
gente, meditiamo….”
Paolo Romoli
29 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
INCONTRI
Edgar Lee Masters
Edgar Lee Masters
La collina
Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.
Uno trapassò in una febbre,
uno fu arso in miniera,
uno fu ucciso in rissa,
uno morì in prigione,
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari.
Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.
è solo un modo per guadagnarsi da vivere.
E quando sei povero e devi portare
il credo cristiano e una moglie e i figli,
tutto su di te, è troppo!
E' per questo che inventai l'Elisir di Giovinezza,
che mi spedì nella prigione di Peoria
bollato come imbroglione e truffatore
dall'integerrimo Giudice Federale!
Il violinista Jones
La terra emana una vibrazione
là nel tuo cuore, e quello sei tu.
E se la gente scopre che sai suonare,
ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita.
Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio?
O un prato da attraversare per arrivare al fiume?
Una morì di un parto illecito,
Il vento è nel granturco; tu ti freghi le mani
una di amore contrastato,
per i buoi ora pronti per il mercato;
una sotto le mani di un bruto in un bordello,
oppure senti il fruscio delle gonne.
una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,
Come le ragazze quando ballano nel Boschetto.
una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,
ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag. Per Cooney Potter una colonna di polvere
o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità.
Tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.
Per me somigliavano a Sammy Testarossa
che danzava al motivo di Toor-a-Loor.
Dove sono zio Isaac e la zia Emily,
Come potevo coltivare i miei quaranta acri
e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,
per non parlare di acquistarne altri,
e il maggiore Walker che aveva conosciuto
con una ridda di corni, fagotti e ottavini
uomini venerabili della Rivoluzione?
agitata nella mia testa da corvi e pettirossi
Tutti, tutti, dormono sulla collina.
e il cigolìo di un mulino a vento - solo questo?
E io non iniziai mai ad arare in vita mia
Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,
senza che qualcuno si fermasse per strada
e figlie infrante dalla vita,
e mi portasse via per un ballo o un picnic.
e i loro bimbi orfani, piangenti.
Finii con quaranta acri;
Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.
finii con una viola rotta
e una risata spezzata, e mille ricordi,
Dov'è quel vecchio suonatore Jones
e nemmeno un rimpianto.
che giocò con la vita per tutti i novant'anni,
fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando
Trainor, il farmacista
né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all'amore, né al cielo?
Solo il chimico può dire, e non sempre,
Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,
cosa verrà fuori dall'unione
delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,
di fluidi o solidi.
di ciò che Abe Lincoln
E chi può dire
disse una volta a Springfield.
come uomini e donne reagiranno
fra loro, o quali figli ne risulteranno?
C'erano Benjamin Pantier e sua moglie,
Il dr. Siegfried Iseman (Un medico)
buoni in sé stessi, ma cattivi l'uno con l'altro:
lui ossigeno, lei idrogeno,
Io dissi, quando mi diedero in mano il diploma,
loro figlio, un fuoco devastatore.
io dissi a me stesso: sarò buono
Io, Trainor, il farmacista, un mescolatore
e saggio e coraggioso e utile al mio prossimo.
di sostanze chimiche,
Dissi: porterò il credo cristiano
morto mentre facevo un esperimento,
nella pratica della medicina!
vissi senza sposarmi.
In qualche modo il mondo e gli altri medici
sanno cosa c'è nel tuo cuore non appena prendi
questa nobile decisione.
E il fatto è che ti fanno morire di fame.
E nessuno viene da te se non i poveri.
Traduzione di Fernanda Pivano
E tu scopri troppo tardi che fare il dottore
Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,
la tenera, la semplice, la vociona, l'orgogliosa, la felice?
Tutte, tutte, dormono sulla collina.
30 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
Edgar Lee Masters (Garnett, Kansas, 23
agosto 1868 - Melrose, Pennsylvania 6
marzo 1950) è probabilmente il poeta
americano più conosciuto ed amato in
Europa. Figlio di un avvocato, trascorse la
sua infanzia nella fattoria dei nonni a Petersburg e, in seguito, si trasferì con la
famiglia a Lewistown, sulle sponde del
fiume Spoon. A ventitrè anni si stabilisce
a Chicago dove, dopo alcuni non fortunati tentativi di diventare giornalista, viene
accolto nello studio di un eminente avvocato della città. Grazie a costui Masters
diventa un avvocato di successo.
È proprio in questo periodo che matura
in lui l'idea di scrivere un componimento
sulla storia del suo villaggio. Così a partire dal 29 maggio del 1914, giorno in cui
viene pubblicata “La Collina”, quasi tutte
le poesie dell'Antologia di Spoon River
vengono pubblicate, una a una, con regolarità.
Nel 1916 vede la luce la versione definitiva dell'opera che riscuote in breve tempo
grande successo. Abbandona quindi la
professione di avvocato per dedicarsi alla
scrittura: scrive due biografie, romanzi,
poesie ed un'autobiografia, ma con scarsa
fortuna. All'età di 81 anni, il 6 marzo del
1950, muore a causa di una polmonite e
viene sepolto nel cimitero di Petersburg.
L’Antologia di Spoon River venne conosciuta in Italia nell’immediato dopoguerra grazie a Cesare Pavese che ne promosse la pubblicazione presso Einaudi.
Fabrizio De Andrè ne ha tratto un album
di grande successo il cui titolo “Non al
denaro, non all'amore né al cielo” è costituito da un verso tratto dalla poesia “La
Collina” che introduce la raccolta (1971).
LETTURE
a cura di Giorgio Bonifazi Razzanti - [email protected]
a cura di Paolo Romoli
Periodico di informazione
del Consiglio Direttivo
dell'Unione Nazionale Imprese
di Comunicazione - UNICOM
Riflessioni sull’orlo
dell’Apocalisse
Noam Chomsky, Bruce Stering,
Deepak Chopra e altri
Mondadori - Euro 10,80
Quando si pronostica il futuro si rischia inevitabilmente di prendere dei grossi abbagli che, per
fortuna degli autori, quasi mai vengono ricordati quando quel futuro è diventato il presente.
Questo libro è un po’ diverso dal genere, si presenta come un testo scritto a più mani che guarda al futuro ragionando su grandi temi sociali,
economici e scientifici del nostro presente.
Lo scrittore David Jay Brown ha messo insieme
alcune delle menti più creative e brillanti in diversi campi dello scibile e ha registrato una serie di interessantissime conversazioni alle quali
verrebbe voglia di avere partecipato.
Si parla di scienza, di filosofia, di umanità, nella
realtà quotidiana e negli sviluppi credibili del
prossimo futuro.
Tutti temi sui quali fa bene quali riflettere e che
consentono di trarre argomenti utili per allargare la propria visione.(GBR)
Amori miei
Anno IV - n. 19 - Novembre 2006
Direttore Responsabile
Paolo Romoli
Mario Soldati
La Stampa - Euro 6,90
Nel centenario della nascita dello scrittore, regista, nonchè grande comunicatore piemontese,
La Stampa, della quale fu appassionato collaboratore, gli rende omaggio con una antologia di
suoi articoli tuttora godibili in quanto frutto di
un’insaziabile curiosità, un’intelligenza ora giocosa ora severa, un “mestiere” interpretato e
vissuto con grande intensità e partecipazione.
Precedono la raccolta alcuni brevi saggi di Carlo
Fruttero, Claudio Gorlier, Nico Orengo e Bruno
Gambarotta.
Quest’ultimo in particolare, tratteggia la figura
del Soldati comunicatore, ricordando quel suo
“Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi
genuini” realizzato nel ‘57, per l’allora esordiente televisione, girato in 16 mm in bianco
nero. Quel lavoro fu il capostipite - e rimane
tuttora un caposaldo - della comunicazione del
territorio, un “format” che ha avuto decine di
maldestri imitatori.
Recentemente un canale satellitare RAI lo ha
riproposto. Il confronto tra l’originale ed i moltissimi cloni contemporanei è addirittura improponibile. E’ infatti abissale la distanza tra quel
prodotto “pensato” da un grande comunicatore e da un artista vero e la molta paccottiglia
contemporanea che, pur realizzata con grande
dispiegamento di mezzi, mostra chiaramente
che alla base di una buona comunicazione, non
possono mancare “pensiero” e cultura. (LS)
Comitato di Redazione
Antonio Acampora
Enrico Anghilante
Giorgio Bonifazi Razzanti
Nicola Bovoli
Paolo Carmassi
Alessandro Colesanti
Donatella Consolandi
Angela D’Amelio
Juma Jannelli
Fiammetta Malagoli
Francesco Miscioscia
Laura Rolle
Rossella Sobrero
Lorenzo Strona
Giorgio Tramontini
Biagio Vanacore
Hanno collaborato
a questo numero:
Giorgio Bonifazi Razzanti
Alberto Contri
Alessandro Colesanti
Alessandro Costella
Angela D’Amelio
Vincenzo Guggino
Fiammetta Malagoli
Paolo Romoli
Lorenzo Strona
Giorgio Tramontini
Alessandro Ubertis
Bruno Zerbini
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31 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06
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Conoscere la realtà in cui si vive
è il primo compito di un comunicatore,
così come lo è per un imprenditore.
Unicom da tempo rappresenta, promuove
e sostiene le imprese che operano in questo comparto, ne conosce a fondo ogni aspetto:
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Ma la forza di Unicom non si basa solo
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