Novembre 2006 Anno IV° - N°19 2005 Periodico di informazione del Consiglio Direttivo dell’Unione Nazionale Imprese di Comunicazione IN QUESTO NUMERO: Associazioni d’Impresa. Valore e valori. Sped. in Abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1 - FilialeI Padova dcB - A 2,00 In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio Postale di Padova Cmp detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa Le Associazioni d’Impresa vivono una stagione difficile: a partire dalle grandi Confederazioni per arrivare alle piccole e piccolissime Associazioni di categoria, tutte quante si trovano alle prese con le difficoltà derivanti da una crisi di attrattività 8 Pubblicità con giudizio L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria festeggia quarant’anni di attività mettendo in mostra a Milano, con un grande consenso ed un inatteso successo di pubblico, la “giustizia pubblicitaria”. 10 Branding. Da comunicatori a “guardiani” della marca. Esistono marche simpatiche e marche necessarie, marche che offrono ed altre che pretendono, alcune promettono altre si presentano. Tutte richiedono un atto compensato da un beneficio che premia, differenziando coloro che hanno scelto il “prodotto di marca”. 12 Pubblicità comparativa e Grande Distribuzione La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata in materia di pubblicità comparativa facendo particolare riferimento alla GDO. 16 Viral Marketing. Il passa parola che corre sul web Ci volevano gli americani per strutturare e definire in un modello, un processo di diffusione conosciuto da tutti, ma in larga misura snobbato dai teorici del marketing: il passa parola che, sul web, viene definito marketing virale. I pro, i contro e le regole perchè risulti efficace. 24 unicom EDITORIALE Finanziaria. Economia e solidarietà separate in casa A l di là di una serie di problemi che i contenuti delle politiche economico-sociali avviate dal nuovo governo pongono alle piccole imprese - soprattutto con il decreto Bersani/Visco ed alcuni passaggi della Legge Finanziaria - la connotazione ideologica di tali iniziative merita una qualche riflessione. Del decreto Bersani non riusciamo a condividere la selettività, pur apprezzandone il principio ispiratore: se liberalizzazione dev'essere, è opportuno, oltre che necessario, procedere senza riguardi per nessuna delle categorie privilegiate o protette. Per quanto attiene alla Finanziaria è evidente che alcune iniziative (TFR all'INPS, inasprimento degli studi di settore, nuove aliquote fiscali, incremento delle tariffe e delle imposte locali, indeducibilità delle spese per auto aziendali, eliminazione del 5 per mille per il terzo settore…) sono da giudicarsi del tutto inopportune, al punto che non sorprende che tale giudizio sia condiviso anche da ampi settori della sinistra. Uno per tutti: Massimo Cacciari, Sindaco di Venezia, definisce la manovra”... una finanziaria essenzialmente fiscale che colpisce le piccole e medie imprese e gli enti locali che erogano servizi sociali “ (La Stampa,16/10/06). Ma le più forti perplessità sui provvedimenti in questione si originano dalla constatazione che il contenuto di tali norme mostra con evidenza una separazione netta tra gli obiettivi di carattere economico e quelli di natura sociale, l'integrazione dei quali è stata in passato il momento qualificante del processo di modernizzazione dell’apparato ideologico della sinistra riformista. In effetti la componente più moderata dell'attuale Governo ha sostenuto - seppur timidamente le ragioni della ripresa dell'economia, mentre la sinistra radicale ha fatto proprie in via esclusiva e con grande determinazione le ragioni della solidarietà sociale. Tra le parti non c'è stato dialogo e, soprattutto, nessun tentativo di integrazione delle rispettive proposte. Con il risultato che i provvedimenti attuati e quelli in corso di definizione non sono il frutto della mediazione tra ideologia e politica o tra interessi e ideologia o, ancora, tra economia e società: l'unico intreccio che sopravvive è quello tra politica e interessi (economici o di consenso). La conseguenza di questo modus operandi è sotto gli occhi di tutti. Il testo di legge proposto risulta raffazzonato e incoerente e si risolve in un complesso di norme fortemente sconnesse e sbilanciate: nelle aree in cui prevalgono le ragioni dell'economia paga pegno il sociale, nelle aree in cui l'attenzione è indirizzata al sociale, le esigenze dell'economia risultano del tutto disattese. E tutto questo, oltre a costituire un precedente pericoloso, poiché ci riporta alla stagione della segmentazione classista della società e, quindi, della contrapposizione tra gruppi e ceti sociali, determina una forte penalizzazione delle iniziative mirate alla crescita. Questa dicotomia ha influito negativamente sulle scelte fin qui operate e rischia, laddove la legge finanziaria non venga corretta in modo significativo, di annullare gli effetti della timida ripresa in corso, penalizzando cittadini e imprese, vanificandone gli sforzi ed il quotidiano impegno e mortificandone l'entusiasmo e la voglia di fare, presupposti indispensabili per conseguire l'obiettivo del rilancio del Sistema Paese Lorenzo Strona - Presidente Unicom UNICOM SOMMARIO EDITORIALE • Finanziaria. Economia e solidarietà separate in casa di Lorenzo Strona UNICOM • Il DDL Gentiloni bocciato da Unicom ed UPA • Caro Giampietro... • Confcommercio International: notizie dalla Comunità Europea • Eventi, appuntamenti, incontri • Convegni e mostre • Complimenti a... • Confermata ad Unicom la Certificazione del Sistema di Qualità • Il road-show di presentazione della Ricerca Unicom a cura di Paolo Romoli IMPRESE E FISCO • Studi di settore. Brutte sorprese in arrivo di Alessandro Colesanti IMPRESA • Associazioni d’Impresa. Valore e valori di Lorenzo Strona • Le Associazioni d’Impresa al servizio del sistema Italia 1 2 3 4 5 7 8 MOSTRE • IAP. Pubblicità con “giudizio” di Vincenzo Guggino 10 IL MESTIERE DI COMUNICARE • Il Branding. Da comunicatori a “guardiani” della marca di Alessandro Ubertis 12 COMUNICAZIONE SOCIALE • Pubblicità Progresso nel cuore di Milano 15 di Alberto Contri DIRITTO E COMUNICAZIONE • Pubblicità comparativa e GDO di Fiammetta Malagoli 16 DIRECT MARKETING • Con Poste Italiane cresce il DM in Italia 19 ATTUALITA’ • Come diventare ricchi con la pubblicità 20 RELAZIONI PUBBLICHE • J. Navarro Vals. La carriera di un comunicatore di Alessandro Costella 21 ONLINE • Scrivere sul web. 22 Le buone regole per farsi leggere di Angela D’Amelio • Viral marketing. Il passa parola sul web 24 di Angela D’Amelio OPINIONI • “Lingue morte” e stupidaggini vive 27 di Gargamella • Bambini e pubblicità. Tra destra e sinistra... di Biagio Vanacore LA POSTA • Ci scrivono Franco Moretti e Giorgio Tramontini 28 INCONTRI • La poesia di Edgar Lee Masters 30 LETTURE • Riflessioni sull’orlo dell’Apocalisse • Amori miei a cura di Giorgio Bonifazi Razzanti 31 2 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Il DDL Gentiloni bocciato da Unicom ed UPA Sono state molto dure le critiche espresse dai Presidenti di UPA Giulio Malgara e dal Presidente di Unicom Lorenzo Strona sul Disegno di Legge messo a punto dal Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. In particolare il Presidente di Unicom, dopo aver fortemente criticato l’orientamento ad un controllo pubblico di Auditel, si è soffermato in particolare sulla norma che fissa il tetto della raccolta pubblicitaria al 45%. “Nel corso della puntata di "Porta a Porta" del 16/10 u.s., - ha dichiarato il Presidente di Unicom - il Ministro Paolo Gentiloni e l'ex Presidente dell'Autority delle Comunicazioni Enzo Cheli hanno sostenuto che il dispositivo che fissa al 45% il tetto di raccolta per il singolo operatore determinerà una redistribuzione delle risorse sulle "piccole" televisioni e sulla carta stampata. Tale affermazione non ha fondamento: la conseguenza più immediata dell'applicazione di tale normativa sarà invece una contrazione generalizzata degli investimenti pubblicitari e l'espulsione dal mercato dei "medi investitori", quelli che - a fronte del prevedibile incremento delle tariffe pubblicitarie che le emittenti interessate dovranno applicare al fine di tutelare la loro redditività - non saranno più in grado di raggiungere la soglia d'accesso al mezzo stesso. I fautori del dirigismo in economia sostengono che l'anomalia italiana nell'allocazione degli investimenti pubblicitari, caratterizzata da un forte sbilanciamento in favore della televisione a danno della stampa, è frutto di una carenza della normativa. In realtà è l'incapacità della stampa di conquistare un'audience adeguata, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, a dirottare gli investimenti verso il mezzo televisivo. Le diffusioni della stampa quotidiana in Italia sono ben lontane dalle medie europee e, soprattutto, non sono in grado di raggiungere quel target dei "responsabili acquisti" che costituisce, nella massima parte dei casi, l'obiettivo degli investitori pubblicitari che fanno ricorso al mezzo televisivo. Stante questa situazione, appare di tutta evidenza l'inopportunità dell'iniziativa che pone barriere artificiali alla naturale evoluzione delle dinamiche di mercato. Le nostre imprese - le medie soprattutto - per tentare di ovviare all'apatia del mercato, hanno necessità di aumentare la loro visibilità e di proporre ogni giorno nuovi stimoli al consumatore. Penalizzarne la possibilità di comunicare efficacemente significa deprimerne ulteriormente la capacità di competere, con danni rilevanti a carico dell'intero sistema economico del Paese.” Caro Giampietro... Il 13 Novembre è mancato Giampietro Grollo, membro del Collegio dei Probiviri e per molti anni Consigliere dell’Associazione. Lo vogliamo ricordare riportando i pensieri di alcuni dei molti colleghi che con lui hanno condiviso idee, impegno e, soprattutto, amicizia. “Caro Giampietro, avresti certamente preferito che ti dicessi addio levando un bicchiere. Ma oggi il vino è annacquato ed ha il sapore amaro delle lacrime.” Lorenzo Strona “Un gentiluomo e un amico che mi mancherà molto. Da quando parecchi anni fa ci eravamo conosciuti e avevamo scoperto di pensarla allo stesso modo su molte cose, ogni volta ritrovarci era sempre come riprendere un discorso interrotto il giorno prima. Milano, Ginevra, Sorrento, ancora Milano: mi passano davanti tante bellissime “istantanee” di Giampietro, troppo poche, con il rimpianto di non averlo conosciuto e frequentato abbastanza.“ Alessandro Colesanti “Ciao Grollo, semplicità, intesa, piacere di stare insieme, quel raro senso di sentirsi uguali se ne va, questo ci toglie il correr del tempo. Rimane, preziosa, la memoria del tuo sorridere.” Giorgio Tramontini “Era il 1° di gennaio del 2005. Erano passate da poco le dieci di sera. Tu salivi verso la chiesa di Sestri Levante, io scendevo. La testa nelle sciarpe, gli occhi al suolo. Abbiamo stentato a riconoscerci. Poi, la sorpresa per quell’incontro e pochi secondi per scambiarci gli auguri. Io lo ricordo.” Bruno Zerbini a cura di Paolo Romoli Confcommercio International Notizie dalla Comunità Europea Eventi, appuntamenti, incontri Pubblicità Senza emendamenti, il Parlamento europeo ha adottato il 12 ottobre 2006, la relazione dell’on. Giuseppe Gargani sulla versione codificata della direttiva relativa alla pubblicità ingannevole e alla pubblicità comparativa presentata dalla Commissione europea il 19 maggio 2006. Il testo della relazione è reperibile al seguente indirizzo:www.europarl. europa. eu/omk/sipade3?PUBREF=-34 nonché nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili. Rispetto ai precedenti programmi, il CIP nell’attuale versione, comporterebbe rispetto al programma precedente un aumento dei fondi del 60% all’anno. Il testo finale dovrebbe essere adottato entro l’anno. Il CIP comprende tre sottoprogrammi: - Programma per l’Innovazione e l’Imprenditorialità (PII), a cui andrà circa il 60% del budget totale a disposizione; - Programma di sostegno alla Politica TIC, che beneficerà del 20% del budget; - Programma Energia Intelligente Europa (EIE), che beneficerà del restante 20%. L’Eco-innovazione sarà un tema trasversale per l’intero CIP con un budget di 430 milioni. Il Presidente Strona al Grinzane Film Festival Nel contesto della prestigiosa manifestazione che avrà luogo a Stresa (VB) dal 29/11 al 2/12, il Presidente di Unicom Lorenzo Strona interverrà sul tema “Comunicare il territorio. Tra cinema e letteratura”. La manifestazione, giunta alla sua terza edizione, nell’edizione 2005 ha visto la proiezione di trenta film, con la partecipazione di dodicimila spettatori. Nel corso della manifestazione verranno assegnati premi a Peter Schneider per la sezione “Letteratura”, a Dino Risi e ad Ornella Muti per la sezione “Cinema”. A Giancarlo Giannini verrà invece assegnato il “Premio alla carriera”. (info: www.grinzane.it) Educazione e Media La Commissione europea ha avviato il 6/10 un’indagine sulle buone pratiche relative all’approfondimento e il miglioramento dell’educazione ai media nell’era digitale. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione permettono praticamente a chiunque di pubblicare, diffondere o comunicare, per cui diventa sempre più importante, per l’esercizio attivo delle cittadinanza e della democrazia, che i cittadini siano in grado di valutare il vero valore dei contenuti dei media e di compiere scelte consapevoli. Nel 2007, sarà presentata una comunicazione che darà conto dei risultati e delle proposte che ne scaturiranno. È stato elaborato un questionario per ottenere il parere del pubblico sulla educazione ai media in relazione alle tecnologie digitali e per raccogliere informazioni sulle iniziative relative alle telecomunicazioni commerciali, all’audiovisivo e al mondo in linea. Le risposte dovranno essere inviate entro il 15 dicembre. Link:http://ec.europa.eu/comm/avpolicy/media _literacy/index_en.htm Unicom al Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa Nell’ambito della seconda edizione di “Dal Dire al Fare - Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa” tenutosi a Milano presso l’Università IULM il 28-2911, si è svolto il laboratorio “Responsabilità e irresponsabilità del comunicatore: luci e ombre nella comunicazione della RSI” che ha visto la partecipazione di Rossella Sobrero, vicepresidente Unicom. Tre le domande sul tavolo: “Quale ruolo possono giocare i professionisti della comunicazione per trasformare una cultura d’impresa matura in cultura d’impresa socialmente responsabile?” “È giusto sottoporre alla rendicontazione dei Bilanci di Sostenibilità anche le performance comunicative? E in caso affermativo, con quali criteri e parametri? ” E infine: “La deontologia professionale può aiutare a migliorare il livello di responsabilità dei comunicatori?” Sei progetti per conoscere meglio l’Europa Nell’ambito del Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito, la Commissione europea ha deciso di assegnare 4,5 milioni di euro a sostegno di programmi paneuropei realizzati da organizzazioni senza scopo di lucro della società civile diretti a incoraggiare e a promuovere il dialogo ed il dibattito tra i cittadini su questioni relative all’Ue. I progetti saranno attuati entro fine anno e durante il 2007. Dei sei progetti selezionati, tre saranno attuati in tutti i 25 Stati membri, mentre ciascuno degli altri tre coprirà almeno 5 paesi. I progetti sono stati selezionati con l’obiettivo di sostenere iniziative paneuropee che: - promuovano la messa in rete dei cittadini dell’Ue e la loro partecipazione al dibattito sull’Europa secondo le indicazioni contenute nel Piano D - raccolgano in maniera ampia e qualitativamente adeguata le opinioni dei cittadini forniscano analisi dei contributi dei cittadini che possano offrire elementi utili ai decisori politici. I sei progetti sono: “Tomorrow’s Europe” (Fond. Notre Europe, Parigi) – “Speak up Europe” (European Movement International, Bruxelles) – “European Citizens’ Consultations” (Fondation Roi Baudouin, Bruxelles) – “Our message to Europe” (Deutsche Gesellschaft, Berlino) – “Radio Web Europe” (CENASCA, Roma) – “Our Europe - Our debite - Our contributions” (European House, Budapest). Competitività e Innovazione Il Consiglio ha adottato lo scorso 12 ottobre la decisione che istituisce Programma Quadro per la Competitività e l’Innovazione: tra il 2007 e il 2013. In base a detto programma, oltre 350.000 PMI riceveranno quale sostegno comunitario 3.621 milioni di Euro per investire nell’innovazione, nelle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione Dibattito sul futuro della stampa scritta Il 23 ottobre, la Commissaria europea responsabile della società dell’informazione e dei media, ha incontrato i capo redattori di Confcommercio International, per un dibattito sul futuro della stampa scritta. Il tema in discussione è stato: quale sarà l’evoluzione della stampa scritta di fronte al crescente utilizzo di Internet, ad una concorrenza maggiore tra i media, all’apparizione di pubblicazioni gratuite e al disinteresse sempre più forte della giovane generazione per i giornali e le riviste? Unicom al Convegno Welcomebank Nell’ambito della 4a edizione di Welcomebank (progetto per l’integrazione bancaria dei migranti, cui Unicom ha dato il proprio patrocinio) articolata quest’anno in 3 giornate tra Biella, Torino e Milano, ha avuto luogo il 13/10 a Milano una tavola rotonda nel corso della quale il Vice Presidente di Unicom Rossella Sobrero ha tenuto una relazione sul tema “L’importanza della comunicazione per la crescita di una società interculturale”. Nel corso del suo intervento Sobrero ha tra l’altro sottolineato l’opportunità che non solo le banche, ma più in generale tutte le imprese trovino strumenti e linguaggi nuovi per comunicare con i nuovi cittadini: migranti di prima, seconda, terza generazione che hanno esigenze e bisogni diversi. 3 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 UNICOM Convegni e mostre La Conferenza Internazionale di Pubblicità Progresso Il 17 e 18 ottobre si è tenuta a Milano la Conferenza sulla Comunicazione Sociale 2006 dal titolo “Politically Un-Correct: la comunicazione sociale oltre il buonismo e la provocazione”, organizzata dalla Fondazione Pubblicità Progresso di cui la nostra Associazione è socio fondatore. Nell’ambito dei vari momenti, cui sono intervenuti numerosi esperti anche internazionali delle componenti interessate, mercoledì 18 ha avuto luogo una tavola rotonda su “La pubblicità sociale fra nuove regole e antiche virtù” con la partecipazione del Vice Presidente di Unicom Rossella Sobrero, che ha ricordato l’impegno di tutte le associazioni socie della Fondazione Pubblicità Progresso per migliorare la comunicazione sociale in Italia. Sobrero ha inoltre ricordato che Unicom si è già attivata al riguardo proponendo che, tra i profili professionali richiesti dal comparto comunicazione, venga inserita anche la figura dell’esperto in Comunicazione Sociale. Sobrero ha partecipato inoltre alla sessione su “Storie di straordinaria comunicazione”. La manifestazione si è conclusa con l’inaugurazione presso la triennale di Milano della Mostra di tutte le campagne realizzate nei 35 anni di Pubblicità Progresso. Sulla Mostra e sul Convegno vedi più ampio articolo riportato a pag. 14. La Mostra dello IAP a Milano È stata inaugurata il 26 Ottobre e rimarrà aperta fino al 26/11 presso la Stazione Centrale di Milano la Mostra “Pubblicità con Giudizio”, che presenta le più significative campagne pubblicitarie giudicate nei primi 40 anni di attività dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, cui Unicom è associata. La Mostra presenta oltre 50 tra manifesti e spot televisivi esaminati dal Giurì dello IAP, illustrati da brevi considerazioni a favore del sì e del no, nonché la sentenza finale del Giurì dello IAP: dal celebre scatto del bacio tra un prete e una suora, alle immagini allusive di donne in pose languide, dalla bevanda alcolica che rende belli e felici, al prodotto di igiene personale presentato come un farmaco. Tante immagini, alcune anche “scioccanti”, che sono state bloccate per difendere i diritti dei consumatori e la sensibilità del pubblico. Sulla Mostra, la storia e sulla “mission” dell’Istituto vedi l’ampio resoconto pubblicato a pag. 10. 4 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Complimenti a... Premi e riconoscimenti alle nostre associate GRAND PRIX BRAND IDENTITY Primi Premi - Cat. Guide Lines Manual: Opera (TO/RM/MI) Ariston – Visual Identity Manual - Cat. Packaging: Lumen (MI) – Spontex - Cat. Corporate Literature: Besanopoli (MI) Water Codex I e II LONDON INTERNATIONAL ADV AWARD 2006 Televisione/Cinema Cat. Arredamento/Attrezzature per la casa: Leo Burnett (MI/RO) “Mondo Sommerso” Aqualtis di Ariston. SHARK AWARDS FESTIVAL DI KINSALE - Oro – Sez. TV : Leo Burnett (MI/RM) Ariston Aqualtis “Underwater world” - Argento – Sez. TV: Leo Burnett (MI/RM) Telecom “Home to home” XXI TARGA D’ORO Targhe d’Argento - Cat. Advertising Auto: LDB (BO) “Volvo. Enjoy the track.” - Cat. Sponsorizzazioni: Egg Eventi e Spon sorizzazioni (MI) Confruit e Walt Disney “Un anno di sport con Topolino” - Cat. Promozioni: Creativando (VI) Saint Gobain “Progetto Ottavino” - Cat. In-store Merchandising: Brunazzi & Associati (TO) Caldaie Biase - Cat. Packaging: Advance (CR) Bialetti “Leonardo genius” - Cat Corporate Identity: Besanopoli (MI) Sanpellegrino “Water Codex” Targhe di Bronzo - Cat. Advertising Fashion: LDB (BO) Golden Lady - Cat. Supporti alla Promozione: LDB (BO) Supermercati Sigma - Cat. Stampa Specializzata - Prodotti di largo consumo: Creativando (VI) Saint Gobain Vetri - Cat. Beni industriali: Space Design (MI) Componenti Elettrici MTA - Cat. Prodotti di largo consumo: Trilogia (MI) Ruffino - Cat. Packaging Prodotti medicinali Brunazzi & Associati (TO) Cosmetici Previa – Cat. Packaging Prodotti alimentari: Lumen (MI) Zuegg “Confetture” e “Marmellate” – Prodotti per uso domestico: Brunazzi & Associati (TO) Profumi Interprogress - Corporate Identity - Materiali Promozionali Trilogia (MI) Vini Ruffino - Relazioni Pubbliche per la PA: Besanopoli (MI) Ministero per le Tecnologie “L’innovazione digitale per le famiglie” INTERACTIVE KEY AWARD 2006 Primo premio Cat. Trasporto ed Energia Leo Burnett (MI/RM) Fiat Auto www.fiat500.com 9ª EDIZIONE PREMIO ASSOREL - Primo premio Cat. Comunicazione Interna: EGG Eventi e Sponsorizzazioni (MI) Bocconi Sport Team; - Primo premio Comunicazione di Prodotto Multimedia Healthcare Communication Procter & Gamble – Infasil. PREMIO DIGITAL GUTEMBERG Premio speciale “Innovazione”: Sanguinetti Comunicazione (AO) Paperlight Confermata ad Unicom la Certificazione di Qualità A seguito della verifica effettuata dall’Organismo di Certificazione Tüv Italia il 26 ottobre scorso, Unicom ha visto confermata per il sesto anno consecutivo la certificazione del proprio Sistema Qualità secondo i requisiti della norma Uni En Iso 9001:2000 non essendo stata riscontrata nessuna non conformità e con la formale attestazione di “notevoli progressi nelle attività ai fini del continuo miglioramento dei servizi prestati alle Associate”. La nostra Associazione, che aveva ottenuto la Certificazione nel febbraio 2000, si conferma così la prima e tuttora unica Associazione di strutture certificata dell’intero nostro comparto. A cura di Paolo Romoli Il road-show di presentazione della Ricerca Unicom sui Prodotti Tipici La ricerca “La Comunicazione dei Prodotti Tipici in Italia” commissionata da Unicom e Unioncamere sta riscuotendo crescente interesse presso gli operatori del settore agroalimentare d’eccellenza e della comunicazione. Per questo Unicom ha predisposto un vero e proprio road-show presso le Camere di Commercio e le sedi delle Amministrazioni dei comprensori più interessati a valorizzare il proprio patrimonio di prodotti tipici. Tutto questo fa seguito alla presentazione avvenuta a Milano il 12 Giugno 2006 con la partecipazione del Presidente Unicom Lorenzo Strona e del Presidente di Unioncamere Carlo Sangalli. A Pescara il 3 Ottobre Presso la sede della locale Camera di Commercio, con l’intervento del Presidente del Consiglio Regionale Marino Rosselli, dell’Assessore all’Agricoltura Marco Verticelli, del Sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso e del Presidente della CCIAA Ezio Ardizzi, il Presidente di Unicom Lorenzo Strona e il Consigliere Donatella Consolandi, Responsabile del Centro Studi Unicom, hanno illustrato gli scopi e i dati principali della ricerca. Strona ha in particolare sottolineato l’importanza della ricerca come contributo alla valorizzazione di un patrimonio gastronomico esclusivo che appare indispensabile salvaguardare, non solo come identità culturale dei territori interessati, ma nell’interesse generale del comparto che, a dispetto della dilagante omologazione dei prodotti succedanei, si sta confermando uno dei punti di forza dell’apparato produttivo e del sistema economico italiani. Il convegno, seguito da un folto numero di addetti ai lavori che nel corso del dibattito hanno confermato vivo interesse e apprezzamento per la ricerca, si è concluso con una cena offerta in un caratteristico locale dell’entroterra, a base ovviamente di prodotti tipici. Stampa e televisione locali hanno dato ampia eco e significative cronache dell’evento, riportate sul sito Unicom alla voce “Press Room – Rassegna Stampa”. tivazioni, scopi e risultanze salienti della ricerca, analogamente a quanto già riportato sopra nella presentazione di Pescara. Anche in questo caso stampa e televisioni locali hanno dedicato ampie cronache dell’evento. A Latina il 19 Ottobre La ricerca è stata presentata presso la locale CCIAA, alla presenza di tutte le massime autorità commerciali ed imprenditoriali della provincia. I Consiglieri Unicom Francesco Miscioscia e Biagio Vanacore hanno rispettivamente illustrato motivi, finalità e dati salienti della ricerca offrendo rilevanti spunti al successivo dibattito. Il Presidente della CCIAA di Latina Vincenzo Zottola ha chiuso i lavori condividendo i concetti espressi nelle due relazioni, e congratulandosi con l’Associazione per l’ottimo lavoro svolto. Una ricca degustazione di prodotti tipici locali ha concluso l’animata serata. A Rimini il 21 Ottobre Nell’ambito delle iniziative di Travel Marketing promosse da TTG Incontri, importante manifestazione del settore turistico riservata agli operatori economici, sabato 21 Ottobre ha avuto luogo un’affollata tavola rotonda sul tema “Comunicare il territorio: da destinazione a sistema” coordinata dal Consigliere Unicom Laura Rolle, cui hanno partecipato qualificati esperti del settore. In apertura del convegno, dopo un’introduzione del Direttore di Unicom Paolo Romoli, il Vice Presidente Giorgio Bonifazi ha esaurientemente illustrato i dati salienti della ricerca, seguiti con particolare interesse dai numerosi presenti che si sono poi soffermati a richiedere ulteriori chiarimenti. Come in tutte le altre presentazioni, numerosi presenti hanno ordinato il volume della ricerca. Rai Educational il 30 Ottobre Rossella Tosto, Vicepresidente di DataContact, l’Istituto associato Unicom che ha condotto la ricerca sulla Comunicazione dei Consorzi sui Prodotti Tipici, ha commentato i dati salienti della ricerca partecipando al Talk Show sui “Sapori della Terra” trasmesso venerdì 30 Ottobre su Rai Educational. La registrazione della trasmissione è disponibile presso la Segreteria Unicom. A Treviso il 9 Novembre La Ricerca Unicom sulla Comunicazione dei Prodotti Tipici è stata presentata presso la locale CCIAA con la partecipazione di Federico Tessari Presidente Unioncamere Veneto, presenti il Pro-sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini e i Presidenti dei Consorzi di Prodotti Tipici locali. Lorenzo Strona e Donatella Consolandi, hanno illustrato le finalità e i dati salienti della ricerca. E’ seguita una tavola rotonda sul ”Prodotto tipico come elemento strategico per lo sviluppo della filiera agroalimentare”coordinata dal Presidente Strona. Hanno partecipato: Fulvio Brunetta, Presidente Coldiretti Treviso, Alessandro Conte, Presidente CNA Treviso, Mario Pozza, Presidente Confartigianato Treviso, Renato Salvadori Presidente Unascom Treviso, Flavio Sgambaro Presidente Gruppo Alimentare Unindustria Treviso. Anche in questa occasione, come in tutte le precedenti, stampa, radio e tv locali hanno dato ampi resoconti dell’evento. Ulteriori presentazioni sono calendarizzate a Modena (24/11), Frosinone (28/11), Imperia (7/12) e successivamente a Napoli, Bari, Genova, Catania, Bolzano, Forlì, Ferrara e in altre città. I programmi di tutti gli incontri saranno tempestivamente comunicati sul sito www.unicom-mi.org. Pescara - 3/10/06 A Cuneo il 6 Ottobre Presso la Camera di Commercio con l’intervento del Presidente Ferruccio Dardanello, di Mino Taricco e Emilio Lombardi, rispettivamente Assessori all’Agricoltura della Regione Piemonte e della Provincia di Cuneo, il Presidente di Unicom Lorenzo Strona e il Consigliere Laura Rolle hanno illustrato mo- 5 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 IMPRESE E FISCO Studi di settore. Brutte sorprese in arrivo Tra le molte sgradite sorprese che la Finanziaria riserverà alle piccole e medie imprese, quella della revisione, senza alcuna preventiva concertazione con le rappresentanze istituzionali delle aziende interessate, è forse la peggiore. L’inasprimento generalizzato dei parametri otterrà il solito effetto: chi ha sempre pagato pagherà di più, mentre gli evasori continueranno imperterriti ad evadere. I nostri governanti parlano sempre del rapporto di reciproca fiducia che dovrebbe instaurarsi tra i contribuenti e il Fisco, ma poi i fatti puntualmente smentiscono le buone intenzioni. Mi ero convinto che gli studi di settore fossero una metodologia seria e corretta che non predetermina alcuna minimum tax a danno di imprese e lavoratori autonomi con ricavi fino a 5 milioni di euro, ma fotografa la realtà appunto di un settore economico e dei gruppi omogenei individuati al suo interno per cogliere, attraverso appropriati modelli matematico-statistici, le relazioni esistenti tra caratteristiche dell’impresa e fatturati e redditività. In base alle attività svolte, al tipo e numero di collaboratori, alle strutture e attrezzature e alle spese sostenute, l’impresa viene inserita in un determinato gruppo omogeneo del settore e i suoi ricavi e guadagni devono risultare in linea con quelli rilevati per il gruppo di appartenenza. Conguità e coerenza Questo è il significato della congruità (dei ricavi) e della coerenza (dei valori aggiunti orari per addetto e dei margini operativi lordi quali indicatori della redditività). Se l’impresa rientra nella media il Fisco la lascia tranquilla, mentre se risulta, per due anni su tre, al di sotto di essa può venire chiamata a dare spiegazioni della propria “anomalia”. Nello stesso spirito l’aggiornamento (o l’e- voluzione come la chiama l’Agenzia delle Entrate) a distanza di qualche anno di ciascun studio di settore serve a rilevare gli eventuali cambiamenti intervenuti e a ritarare su di essi il relativo software Ge.Ri.Co. (quello che appunto, applicato ai dati rilevanti dell’impresa, stabilisce se è o no congrua e coerente). E questo avviene con il coinvolgimento delle associazioni di categoria che hanno il compito di verificare che le informazioni che si richiedono siano sufficientemente chiare e che la fotografia ottenuta rispecchi effettivamente quella determinata realtà settoriale senza penalizzazioni ingiustificate per i contribuenti. per l’aggiornamento degli Studi che diventerà annuale e automatico (senza il tempo per consultare le associazioni di categoria) e per l’obbligo di essere congrui e coerenti ogni anno, ma no assolutamente alle indebite forzature inserendo coefficienti correttivi occulti in grado a parità di condizioni di far apparire i ricavi e la redditività maggiori. Se questo dovesse avvenire davvero, lo strumento verrebbe stravolto e si trasformerebbe in un sistema vessatorio per spremere i contribuenti ben oltre il loro effettivo potenziale fiscale. Mi si dice che il ventilato inasprimento nasce dalla presunzione che tra i contribuenti oggetto degli Studi di Settore l’evasione si mantenga alta e, quindi, occorra in qualche modo recuperarla. Mi si dice anche però che ci sono moltissimi contribuenti che non risultano né congrui né coerenti, ma che non vengono controllati per inefficienza del Fisco. Perché allora non cominciare proprio da questi invece di tentare con mezzi assolutamente arbitrari di risolvere il problema spalmando su tutti il gettito mancante? In tal caso infatti a pagare ancora di più sarebbero i soliti noti che già pagano il dovuto… alla faccia della tanto sbandierata equità alla base del programma del Governo. Alessandro Colesanti Vicepresidente Unicom [email protected] Lo Studio di Settore SG82U/TG82U Così è nato nel 2003 lo Studio di Settore SG82U, dedicato alle imprese di comunicazione e così si è proceduto nel corso del 2006 al suo aggiornamento TG82U, che ha individuato 19 gruppi omogenei contro i precedenti 13 ed ha introdotto, sulla scorta dei dati statistici rilevati, una serie di cambiamenti che almeno apparentemente non ne modificano la sostanza. Perciò ho sentito suonare un campanello d’allarme quando in sede di Finanziaria 2007 si è iniziato a parlare di “inasprimento” degli Studi di Settore e del consistente gettito in più (7 miliardi di euro?) che dovrebbe derivarne. La metodologia in quanto tale infatti se applicata correttamente è neutrale e non si presta a inasprimenti di sorta. Passi ancora 7 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 IMPRESA Associazioni d’Impresa. Valore e valori. Le Associazioni d'Impresa vivono, nel nostro Paese, una stagione difficile. A partire dalle grandi Confederazioni, per arrivare alle piccole e piccolissime Associazioni di Categoria, tutte quante si trovano alle prese con una crisi di credibilità e, quindi, di attrattività. Le ragioni della crisi della rappresentanza d'Impresa in Italia sono da far risalire a cause diverse, talvolta tra loro apparentemente in contraddizione. Indagarne le cause non è compito facile, ma un tentativo in questa direzione è comunque opportuno, partendo da una riflessione che ci consenta di capire su quali elementi queste realtà hanno fino ad oggi fondato la loro capacità di attrarre consenso e, quindi, nuovi associati e qual è stato il collante che ha mantenuto saldamente coesa, negli anni ottanta e novanta, la loro base associativa. Lorenzo Strona - Presidente Unicom I punti di forza delle Associazioni Gli elementi più importanti che hanno sostenuto l'attrattività delle Associazioni d'Impresa sono stati: • La capacità di offire rappresentanza e tutela dal punto di vista sindacale, intendendo con questo tutte le attività connesse alla rappresentanza istituzionale, alla difesa degli interessi delle imprese o delle categorie rappresentate, alla tutela delle stesse rispetto ad 8 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 iniziative di carattere legislativo, vissute come momenti di prevaricazione o addirittura come sopruso. • La capacità di offrire vantaggi concreti, quali servizi, convenzioni, convenienze economiche misurabili nel contesto dell'operatività quotidiana. • Un adeguato supporto alla crescita delle imprese, sia dal punto di vista culturale e del know-how professionale (attraverso la formazione continua), sia dal punto di vista economico (creando occasioni ed opportunità di new business). • L'ideologia o il sistema di valori condivisi capace di offrire ragioni ideali alla scelta di stare insieme in un'ottica ampia di opportunità connesse alla visione, alla mission associativa e al posizionamento rispetto al mercato di riferimento ed al ruolo che alle Associazioni compete nell’ambito del sistema economico del Paese. Deboli dal punto di vista sindacale E' indubitabile che su alcuni di questi elementi l'efficacia dell'azione delle realtà rappresentative d'impresa sia tuttora perfettamente in linea con le attese degli associati (ideologia ed attività di supporto alla crescita delle imprese), ma è altrettanto vero che in altri ambiti, l'attrattività - misurabile in un contesto di rapporto costo/beneficio - sia da considerarsi fortemente in crisi, in particolare sul terreno della rappresentanza sindacale e sulla capacità di offrire concrete convenienze. Oggi possono vantare una "tenuta" effettiva sul piano della tutela degli interessi - in altre parole un reale potere - solo quelle Associazioni che, in forza della capacità di mobilitare settori, o anche solo segmenti, di comparti strategici per la vita dei cittadini, possono influire pesantemente su scelte e decisioni in materia legislativa, fiscale e di politica economica. Gli esempi possono essere molteplici e sono, purtroppo, all'ordine del giorno. Basti pensare agli effetti di un'agitazione, con conseguente astensione dal lavoro di un esiguo numero di controllori di volo: si tratta di un'iniziativa di un piccolo gruppo di persone in grado di mettere in crisi l'intero sistema del trasporto aereo nazionale. E' pur vero che, in questo ed in altri casi analoghi, si tratta della messa a frutto di una condizione di privilegio, fortemente lesiva dei diritti dei cittadini, ed è anche vero che tali comportamenti si configurano come un’anomalia del sistema, ma fintanto che non interverrà una revisione radicale delle normative che disegnino nuove regole (o meglio, per essere chiari, limitino fortemente il diritto di sciopero nel comparto dei pubblici servizi) il potere di condizionamento e di indirizzo di queste associazioni sindacali continuerà ad essere enorme. Di contro, quelle realtà associative e sono la maggior parte - che si ritrovano prive di una reale possibilità di condizionare i decisori, risultano, almeno sotto il profilo sindacale, prive di potere e, di conseguenza, fortemente indebolite nella loro attrattività e nella capacità di fidelizzazione della base associativa. Servizi e convenzioni non bastano Un discorso diverso, ma con conseguenze altrettanto importanti sul futuro delle associazioni di categoria, riguarda la capacità di offrire servizi e convenzioni che "giustifichino" la corresponsione di una quota associativa. Un esempio può essere mutuato anche da quanto avviene nel nostro settore: prima che la "rete" ci mettesse online con il mondo intero, reperire informazioni e dati necessari allo svolgimento della quotidiana attivià, comportava per l'impresa l'onere di far fronte a costi molto rilevanti. Oggi un'enorme massa di dati è disponibile - gratuitamente ed in tempo reale - sulla rete. Pensiamo per un attimo alle rilevazioni di audience e diffusioni, al monitoraggio delle attività della concorrenza, alle rassegne stampa: l'accesso a questi servizi per il tramite delle associazioni garantiva una riduzione molto significativa dei costi attraverso le convenzioni che le associazioni erano in grado di stipulare con i fornitori e quindi di proporre alla propria base associativa. Oggi i servizi e le convenzioni che un'associazione nazionale può erogare ai propri associati salvaguardando un rapporto costo-beneficio particolarmente allettante, si sono notevolmente ridotti di numero, con una conseguente, significativa riduzione dell'attrattività dell'associazione stessa, almeno per coloro che focalizzano sul rapporto costobeneficio il proprio orientamento ad apparentarsi o meno ad una realtà associativa. Un punto di forza: creare opportunità di crescita Diverso è invece il discorso per gli aspetti connessi a migliorare la capacità delle imprese di "stare sul mercato", di aumentarne la competitività e di offrire opportunità finalizzate alla crescita. E' indubitabile che un mondo in rapida evoluzione, nel quale il "cambiamento" è diventato condizione esistenziale permanente, il supporto che un'associazione può dare attraverso progetti di formazione continua e di aggiornamento culturale può risultare un vantaggio competitivo fondamentale per garantire successo all'opera di fidelizzazione della base associativa e, laddove l'associazione stessa riesca a comunicare efficacemente questa propria capacità, sviluppare proficuamente una valida attività di marketing associativo. I valori sono l’arma vincente Ma è sulla capacità di coinvolgere emotivamente, e non solo razionalmente, la propria compagine e, quindi, sul sistema di valori condivisi - dal quale scaturiscono e sul quale si innestano il progetto operativo, la visione e la missione - che un'associazione di categoria deve misurare la consistenza della propria attrattività. E' nella quotidianità dell'impegno, praticato e non solo annunciato, ad operare per la crescita complessiva del sistema e delle sue componenti, indicando mete ambiziose ma oggettivamente conseguibili, obiettivi importanti ma non velleitari, che un'associazione di categoria deve misurarsi, se vuole affrontare con buone probabilità di successo la sfida della compatibilità con gli attuali scenari. E' sulla capacità di volare alto, ma senza perdere di vista la realtà, che si può costruire e sviluppare il progetto di una rappresentanza in sintonia col nostro tempo e con una realtà che evolve, in tutti suoi aspetti, con una rapidità ed una imprevedibilità che il mondo dell'impresa sinora non avevano conosciuto. Lorenzo Strona Presidente Unicom Le Associazioni d’Impresa al servizio del sistema Italia Non esiste un censimento attendibile che possa attestare quante siano le Associazioni imprenditoriali e di categoria operanti in Italia. Certamente si tratta di un universo variegato nel quale operano realtà che, a loro volta, rappresentano centinaia di migliaia di aziende (Confcommercio e Confindustria) o, addirittura, poche decine di imprese. Tutte quante, a prescindere dalle dimensioni, assolvono ad una importante funzione di rappresentanza istituzionale e ad un fondamentale ruolo di supplenza rispetto alle carenze di una pubblica amministrazione incapace di rapportarsi con il mondo dell’impresa con la necessaria efficienza. Il quotidiano online Spot and Web del 25/10/06 ha pubblicato le risultanze di una ricerca condotta da Spazio RP, realizzata mediante la somministrazione di circa 8.500 questionari ad altrettante realtà associative (le risposte sono state peraltro solo 250), sul tema "Il ruolo delle Associazioni di Impresa e professionali nella crescita economica del Paese". Dallo studio emergono alcune evidenze che vale la pena di segnalare e, tra queste, la convinzione diffusa che le Associazioni di Categoria svolgono un ruolo decisivo in favore del settore che rappresentano, in particolare quelle che operano a livello nazionale, mentre appare più limitato - in virtù di una ridotta autonomia strategica - il contributo offerto dalle associazioni locali. Tuttavia, a detta delle Associazioni stesse, il loro compito appare irto di difficoltà. Tra queste la scarsa attenzione e la diffidenza di fondo della politica verso le rappresentanze imprenditoriali, che determina un deficit di concertazione e di dialogo con le istituzioni, viene individuato come l'ostacolo principale all'azione di queste realtà, sia nazionali che territoriali. Un altro fattore di debolezza viene riconosciuto nella diffusa tendenza ad un'eccessiva frammentazione del sistema associativo, frutto della tradizionale tendenza italica ad un eccesso di individualismo. Infine l'indagine rileva in molti casi - per ammissione degli stessi diretti interessati - una scarsa professionalità nella conduzione delle Associazioni stesse (quasi sempre guidate da "volonterosi" e non da professionisti) e l'incapacità di programmare strategicamente la propria azione. Cosa fare dunque per modificare questo stato di cose a vantaggio delle Associazioni e dell'intero sistema imprenditoriale italiano? Gli orientamenti più diffusi tra i diretti interessati, senza tuttavia precise indicazioni sulle possibili metodologie operative, riguardano la razionalizzazione e l'ottimizzazione dei servizi offerti agli associati, un più accentuato impegno sulla formazione continua, la promozione del business delle imprese rappresentate e, infine, la ricerca di un rapporto migliore con le istituzioni. Tra le iniziative che le Associazioni dicono di voler attuare immediamente rientrano l'organizzazione di seminari e workshop formativi, la realizzazione di una newsletter (vista come elemento di collegamento sia con la base associativa che con il mercato di riferimento), la realizzazione o l'ottimizzazione del sito web, un incremento dell'attività di relazioni con la stampa, la partecipazione a fiere di settore e, dulcis in fundo, l'attuazione di un'attività di lobby. Come commentare questi dati? Intanto non ci pare che le evidenze di questa ricerca si discostino molto da quanto aveva rilevato l'indagine Unicom condotta nel 2004/2005 (peraltro con metodologie molto più sofisticate e sulla base di un campione largamente più rappresentativo) che, pur focalizzata prevalentemente sugli aspetti relativi alla comunicazione ed alle attività di marketing delle Associazioni, aveva segnalato alcune criticità che si riscontrano anche in questa ricerca. Un ulteriore commento potrebbe anche fare riferimento al fatto che Unicom si collocherebbe - sulla base dei parametri indicati dalla ricerca in oggetto - tra le realtà che si ritrovano "più avanti" e quindi nel ristretto ambito dei casi di eccellenza, sia per quanto concerne gli strumenti adottati nella quotidiana attività, sia nella visione strategica, sia nella modalità di interpretare il proprio ruolo a sostegno delle imprese rappresentate. Tutto sommato un buon risultato che, pur gratificandoci, non ci esime dalla necessità di sforzarci a fare di più e, ove possibile, meglio. LS 9 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 MOSTRE Pubblicità con giudizio In occasione dei suoi 40 anni di attività, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha messo in mostra la “giustizia pubblicitaria” in Italia. Allestita al binario 21 della Stazione Centrale di Milano la Mostra ha riscosso generale consenso ed un grandissimo successo di pubblico. La Mostra “Pubblicità con Giudizio. 40 anni di pubblicità vista dal Giurì” ha proposto oltre 50 soggetti, tra manifesti e spot televisivi esaminati dal Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria negli ultimi 40 anni: dal bacio tra un prete e una suora, alle immagini allusive di donne in pose languide, dalla bevanda alcolica che rende belli e felici, al prodotto di igiene personale presentato come un farmaco. Tante immagini, alcune anche “scioccanti”, bloccate per difendere i diritti dei consumatori e la sensibilità del pubblico. Qualcuno ha immaginato il lancio di questa iniziativa quasi si trattasse di rendere pubblici archivi tenuti nascosti per lungo tempo. E’ un’immagine suggestiva ma che non corrisponde alla realtà perché la trasparenza riguardo alle decisioni assunte dal Giurì è uno dei cardini del sistema autodisciplinare: basti pensare che solo dopo 48 ore sono consultabili sul sito internet dell’Istituto. Certamente però è stata la prima volta che tante campagne sottoposte al giudizio autodisciplinare sono state esposte con sistematicità e corredate dai motivi della decisione: le ragioni del no e del sì, per riprendere la formula adottata in tutto il percorso della Mostra. Con questa iniziativa, lo IAP ha inteso intensificare il dialogo con i cittadini, che sono sia i principali segnalatori delle pubblicità ritenute scorrette, sia coloro che beneficiano delle decisioni autodisciplinari in quanto vedono scomparire o modificare i messaggi dichiarati dal Giurì scorretti. Ma la Mostra ha avuto anche l’obiettivo di evidenziare il valore culturale della pubblicità nel senso che essa rappresenta ed esprime valori, tendenze, opinioni che circolano nella società in un dato momento storico. La Mostra ha inoltre testimoniato l’impegno assunto dagli operatori della pubblicità – aziende, agenzie, mezzi e concessionarie – nel farsi carico della loro quota di responsabilità sociale per rendere migliore la pubblicità, intervenendo per evitarne le espressioni più deleterie. 10 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Questo impegno si è realizzato e si conferma appunto nel sostenere con convinzione il sistema dell’autodisciplina pubblicitaria italiana, il cui prestigio e risultati sono ormai unanimemente riconosciuti. La Mostra era articolata in sei sezioni: • “Il corpo dei desideri” con numerosi esempi di interventi a tutela della dignità della persona; • “Credere o non credere” o l’inganno svelato; • “Colpire l’occhio” che contiene immagini cruente e scioccanti; • “La cintura di sicurezza” che esprime il rispetto di regole di prudenza, ad esempio, nella guida di veicoli, e l’affermazione di modelli di consumo delle bevande alcoliche ispirati a misura; • “Scherza coi fanti” inerente il rispetto della sensibilità religiosa; ed infine • “I bambini ci guardano” in relazione ai diritti dell’infanzia. La Mostra è stata curata dal prof. Liborio Termine; mentre l’immagine e il progetto dell’allestimento è stato firmato da Moruzzi’s Group di Bologna, associato UNICOM. Vincenzo Guggino Segretario Generale IAP Vincenzo Guggino - Segretario Generale IAP L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria 40 anni al servizio dei cittadini e della pubblicità Scopi e finalità In uno dei pannelli della Mostra, l’attività dell’Istituto è stata riassunta in questo slogan: “Se un singolo messaggio ti aggredisce, la Pubblicità ti difende, sempre”. Lo IAP è infatti composto dalle imprese che investono in pubblicità, dalle imprese di comunicazione e dai professionisti che creano i messaggi e dai media che li veicolano. Scopo di questa istituzione, dotata di personalità giuridica, è quello di tutelare il consumatore, garantire una leale concorrenza e proteggere la dignità culturale e professionale dello strumento pubblicitario. Questa tutela viene garantita sulla base del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (CAP) sottoscritto dagli enti e dalle associazioni – fra cui UNICOM - che fanno parte dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria e che si assoggettano ad esso in maniera libera e volontaria. Il Codice ha però valore anche per gli altri soggetti che non l’hanno direttamente sottoscritto, in quanto nei contratti standard di pubblicità è presente una “clausola di accettazione”, che obbliga comunque al rispetto del CAP. Per questa ragione, le norme e le decisioni dell’Autodisciplina riguardano pressoché l’intero mondo pubblicitario. L’efficienza delle procedure adottate consente un’estrema rapidità nell’istruttoria e nel giudizio: le “pronunce“ del Giurì si hanno in media in tre settimane dall’avvio della procedura di contestazione della pubblicità. Così come risultano molto efficaci le sanzioni che comportano l’immediata cessazione della pubblicità ritenuta non conforme al Codice. Il Codice viene costantemente aggiornato; nel 2006 è in vigore la 41.a edizione. “La pubblicità deve essere onesta, veritiera, e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla”. È, questo, il primo fondamentale articolo del Codice. Le altre norme ne conseguono e fissano in dettaglio ciò che è lecito e ciò che non lo è. Il testo del Codice è consultabile sul sito www.iap.it. Il Comitato di Controllo E’ composto da 15 membri e opera su segnalazione o d’ufficio: - sottopone al Giurì la pubblicità che reputa non conforme alle norme del Codice; - può invitare le aziende a modificare la pubblicità che ritiene non del tutto conforme al Codice; - emette “ingiunzioni di desistenza” per imporre la cessazione di pubblicità in palese contrasto con il Codice; - emette, su richiesta, parere preventivo su pubblicità non ancora diffuse. Il Giurì È composto da 15 membri ed è presieduto da un alto magistrato: - esamina la pubblicità che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa secondo il Codice, con decisione definitiva; - se la decisione stabilisce che la pubblicità è contraria al Codice, ordina agli interessati di bloccarla e i mezzi pubblicitari sono tenuti a osservare la decisione; - può ordinare altresì la pubblicazione della sua decisione sui giornali. Tutti i membri del Giurì e del Comitato di Controllo sono indipendenti dal mondo della pubblicità e svolgono le loro funzioni secondo il proprio convincimento e non in rappresentanza di interessi di categoria. Gli interventi dal 1966 al 2005 sono stati circa 15.000. 11 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 IL MESTIERE DI COMUNICARE Il Branding. Da comunicatori a guardiani della marca Esistono marche simpatiche e marche necessarie, marche che offrono ed altre che pretendono, alcune promettono altre semplicemente si presentano, tutte chiedono un atto ricompensato da un beneficio che differenzia quelli che hanno scelto di compierlo. E’ vero, i clienti ormai ci scelgono mettendoci in gara su prezzi e prestazioni come in un “puttan tour”. I media ci hanno scaricato da un pezzo e non ci riconoscono più alcun ruolo nella gestione del rapporto con il cliente. I creativi baluginano “soluzioni creative” fondate sul “nuovo per il nuovo” e sulla forza d’impatto della provocazione e della “bella idea”. E alla fine noi cerchiamo di far quadrare il bilancio con marchette e qualche over. Negli anni però si è delineata una motivazione “alta” del mestiere che ho scelto, non riuscendo più a sorridere sul perchè il buon Seguéla non diceva alla mamma la verità sulla sua professione e non pensando come titolò un suo libro l’illustre Cottardo: “la pubblicità... sempre meglio che lavorare…”. Da qui parte il percorso professionale che da tempo perseguo, con soddisfazione mia, dei miei collaboratori e soprattutto delle imprese di cui godo la fiducia. Vorrei, in queste poche righe condividere con voi la mie convinzioni al fine, forse, di aiutare coloro che in momenti di sconforto, si sentono orfani di quella autorevolezza che un tempo ci competeva come comunicatori d’impresa. Essere o apparire? Il mio pensiero parte dalla risposta alla “domanda anniottanta” sull’essere e l’apparire e affermo che l’apparire è la conferma dell’essere, e quindi l’essere senza l’apparire non esiste. Se trasliamo “l’essere” nel prodotto e “l’apparire” nella sua comunicazione, tutti quelli che fanno il nostro mestiere lavorano perché il prodotto sia conosciuto e apprezzato dal pubblico per cui è nato, presentandolo nella sua forma più smagliante. Quindi noi lavoriamo perché il prodotto esista. 12 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Se ci fermiamo a questa ovvietà, il comunicatore d’impresa si sovrappone al lavoro dei centri media, dei creativi e degli uffici stampa e loro restano i più efficienti e i più efficaci strumenti per raggiungere quel risultato. Ma se pensiamo il prodotto (nella più ampia accezione del termine) solo come la parte più concreta di un tutto che è stato creato per aver la capacità di offrire nel tempo, al suo pubblico, non solo il soddisfacimento di un bisogno, ma un motivo per sentirsi bene con sè stesso e con gli altri, allora diventa fondamentale il nostro ruolo affinché quel tutto diventi marca. Ecco il ruolo strategico che intendo riaffermare per la nostra professione. Lunga vita alla marca Lavorare per la marca vuol dire non solo contribuire a crearla, ma anche mantenerla in vita il più a lungo possibile, distinta dai suoi simili, forte del sentimento che la accomuna al suo pubblico, vero capitale aziendale che si costruisce nel corso del tempo, mattone su mattone, la cui vision è contenuta nel DNA del marchio che la rappresenta e la promessa è rappresentata nel suo linguaggio visivo e dichiarata nel suo stile. L’obbiettivo è ambizioso: fare dell’oggetto di comunicazione (prodotto o servizio o missione) l’espressione di una parte della quotidianità del suo fruitore, difficilmente sostituibile con un “altro” nell’animo del suo pubblico. Trasformare l’energia potenziale contenuta in ciascun marca, in una corrente capace di attraversare il mercato conquistando la fiducia di un pubblico con simpatia, etica, sensibilità, dimostrando carattere, inventiva, intelligenza. Quando penso a Coca Cola, Campari, Red Bull, Armani, Valentino, Dolce e Gabbana, Mercedes, Audi, BMW oggi penso solo marginalmente a bevande, abiti, auto, mi vengono in mente stili di vita, aspirazioni, linguaggi definiti, identificabili con lo spirito che li ha visti imporsi e affermarsi sul palcoscenico del mercato. Così pure Emergency, Capri, la Lega, significano un percorso, rappresentano una scelta, parlano un linguaggio definito che cattura un suo pubblico, in altre parole sono “marche”. La marca vince sempre Esistono marche simpatiche e marche necessarie, marche che offrono ed altre che pretendono, alcune promettono altre semplicemente si presentano, tutte chiedono un atto ricompensato da un beneficio che differenzia quelli che hanno scelto di compierlo. E’ un vero e proprio senso di appartenenza e di “proiezione del sè” quello che cementifica il rapporto dell’utente con la marca, essa non può permettersi di cambiare promessa e tanto meno linguaggio senza rischiare di tradire la sua essenza. Il costo subito da Coca Cola nell’aver fatto pensare di aver rinnegato l’antica ricetta in favore di Diet Coke è stato più alto della sola riduzione del consumo, si è ripercosso su tutta la politica di marca, riportandola nell’universo dei prodotti, lontana dalla posizione di icona di un credo raggiunta in anni di lavoro. Una marca può fare certe cose e altre no, sta in chi la gestisce vedere i limiti e non solo sfruttare le sue potenzialità. Chi mi conosce di persona sa che se volessi scalare l’Everest, potrei spendere energia per darmi una preparazione tecnica adeguata e denaro per un equipaggiamento all’avanguardia, ma certamente rischierei la vita già alla stazione dei bus di Katmandu. Spesso vediamo sui media, aziende che vogliono “scalare l’Everest”, sfruttando la personalità del proprio bene, la marca, proponendo prodotti troppo lontani dall’essenza della marca stessa, esempi eclatanti come le piastrelle per il bagno o le penne omaggio “firmate” sono casi entrati nella storia del cosa non si deve fare per la marca, e la marca Stark regge quando firma una tazza da cesso e non regge sul progetto di una moto per il cui rombo, narra la leggenda, fu scomodato Lucio Dalla. Il denaro non è tutto Quando si parla di marca non è il budget il problema principale, ma il pensiero a volte troppo semplice a volte troppo complesso, il problema è il progetto che presenta mete facilmente raggiungibili con tattiche di facile attuazione, non suffragate da strategie basate sulla conoscenza della realtà e delle aspettative che quella marca ha fino a quel momento soddisfatto. Il lavoro orientato alla marca deve partire dalla educazione del cliente, regalando se è a cura di Alessandro Ubertis il caso, rigore e pensiero, offrendo stimoli e opportunità, dimostrando la necessità di un percorso progettuale prima di una qualsiasi soluzione. Un percorso dinamico che parte dal perché la marca, la “sua” marca dovrebbe avere o continuare ad avere, un pubblico e dal motivo per cui lui stesso è contento di lavorare con e per lei. L’equazione che riassume questo dinamismo è la seguente Vision : Missione = Strategia : Tattica La vision è il DNA, la scintilla che spinge la marca e che le dà l’impulso a crescere, la Missione è la motivazione per cui la marca esiste, la Strategia è il disegno del percorso con cui si afferma, la Tattica è l’insieme degli interventi che la rendono visibile. Come il chirurgo non può essere del tutto lucido nel mutilare, seppur per il suo bene, il corpo della propria madre e l’avvocato non può difendere al meglio il figlio chiamato in giudizio, così per seguire la marca nel suo divenire, e perché viva e cresca nel tempo, occorre avvalersi di visioni “esterne” di professionisti che la accompagnino nel suo percorso, che operino “per”, ma non “sono parte” della marca. Il personale interno, il direttore della comunicazione, non può avere il distacco del transfert, le sue conoscenze al servizio della marca servono per agevolare il compito di costruire la marca, è lui il suo interlocutore con il mondo. Il professionista ha il ruolo chiave Ma è la sensibilità del professionista che segna il percorso, che dà alla marca la possibilità di godere di un linguaggio proprio, fatto di segni, alfabeti, colori, parole e ritualità che definiscono un territorio, connotano una scelta. In questo contesto la creatività non è un margine, diventa piuttosto il frutto di conoscenza suffragata dall’esperienza. La conoscenza è statica, l’esperienza è sempre dinamica, ogni giorno si rinnova mettendosi in discussione. E’ l’esperienza creativa la chiave per la sopravvivenza della marca, perché più la marca si sviluppa con tratti unici, aggiornati e irripetibili, più sarà forte e destinata a durare. E’ il cliente il primo da convincere della bontà del metodo con cui il prodotto diventa marca. E’ fondamentale istaurare in lui e nei suoi collaboratori, la consapevolezza che l’operare per la politica di marca vuol dire intraprendere un percorso che porta benefici non solo al prodotto ma soprattutto all’impresa. E’ un modello paragonabile alla crescita di un essere umano, la figura si delinea dalla nascita, man mano le esperienze formano la consapevolezza del sè. Alla fine più esperienze abbiamo, più emerge un individuo distinto, capace di adattarsi a situazioni differenti senza per questo snaturarsi. E’ quello che viene chiamata “evoluzione della personalità”.Il cliente per questo non deve comprare creatività, deve comprare pensiero, il pensiero è autoriflessivo, ha la capacità di crescere di diventare sistematico, di trasformarsi in filosofia. La filosofia applicata ad una marca, altro non è che la sua capacità di essere unica. L’unicità, un prodotto, ma è un elemento che contribuisce a creare un’identità, allora l’art director non è più un “artista” e l’account solo un fattorino di lusso. L’uomo media non è più “quello che compra bene la pubblicità” e soprattutto il capo dell’agenzia non è quello che piange per far vero e proprio patrimonio della marca nasce dalla stratificazione delle esperienze che fanno sì che esista una identità riconoscibile, identificabile e identificante. In questo contesto diventano strumentali tutti i ruoli tradizionali della comunicazione, partendo dalla consapevolezza che una campagna non è qualcosa che è destinato a rendere visibile quadrare i conti. Ogni progetto, e ogni professionista dedicato ad esso è un tassello anzi è una pietra d’angolo fondamentale per la marca e la sua sopravvivenza. Per far questo non serve che tutti propongano una loro soluzione, serve che tutti si pongano le stesse domande e agiscano con un intento comune: la marca e la sua vita. 13 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 COMUNICAZIONE SOCIALE a cura di Paolo Romoli Pubblicità Progresso nel cuore di Milano La Mostra “Per sempre presente” alla Triennale ha portato la pubblicità delle buone cause nel cuore culturale e sociale di Milano “C’è Pubblicità Progresso in Triennale!”: così i milanesi hanno passato la parola. Dal 21 ottobre al 5 novembre 2006, l’istituzione italiana dell’architettura, del design e della cultura ha ospitato la mostra celebrativa dei 35 anni di Pubblicità Progresso: 33 manifesti e spot esposti nell’Impluvium per concretizzare una sinergia inedita tra cultura e comunicazione sociale. Tra il grande pubblico presente in Triennale – alcune decine di migliaia di visitatori ogni mese, sopratutto attorno alle grandi mostre come Jean Michel Basquiat e Franco Albini attualmente allestite - “Per Sempre Presente” ha saputo raggiungere particolari fasce di pubblico: giovani delle scuole milanesi e lombarde, esponenti di associazioni operanti nel settore culturale e sociale, istituzioni pubbliche comunali e regionali. L’incontro con Pubblicità Progresso ha innescato numerose collaborazioni tra privato e pubblico, tra istituzioni e scuole, che sta progressivamente costituendo una vera e propria rete di partner operativi a livello regionale e nazionale. L’allestimento chiaro, didattico e di forte impatto grafico ed estetico, che ha permesso al grande pubblico di riscoprire le campagne sociali che accompagnano l’Italia dal 1971, ha anche ottenuto un’ottima accoglienza sui media locali e nazionali (Tv, radio, quotidiani), che hanno diffuso segnalazioni e recensioni della mostra per tutta la sua durata. “Per sempre presente” racconta i primi 35 anni di Pubblicità Progresso, facendo capire, grazie alle immagini e agli spot, quanto la comunicazione sociale in Italia sia debitrice a questa Fondazione: le campagne rispecchiano i mutamenti della società attraverso le sue aspirazioni e i suoi ideali. La storia di Pubblicità Progresso, che si evince scorrendo le immagini, testimonia con quanta preveggenza i fondatori avevano intuito il principio della Sussidiarietà. La Fondazione Pubblicità Progresso sviluppa ai massimi livelli quell’intuizione, contribuendo a ridurre il rumore di fondo delle campagne sociali poco professionali, a favorire quelle più efficaci, a rendere i media meno affollati di comunicazione inutile, sì da rendere più utile tanto quella sociale che quella commerciale. L’allestimento, curato dallo Studio Moruzzi’s Group di Bologna, si sviluppa su circa 200 mq a modo di “nastro cinematografico”: le campagne sono presentate in ordine cronologico per evidenziare l’evoluzione della creatività italiana mentre affronta i grandi temi sociali contemporanei. Esaminando le campagne e guardando gli spot, ci si può rendere conto di quanto siano rilevanti le tematiche toccate, dalla tutela delle minoranze alla salvaguardia dell’ambiente, dallo stimolo al progresso civile alla sensibilizzazione su fondamentali questioni socio-sanitarie. Chi non ricorda la prima campagna “C’è bisogno di sangue. Ora lo sai” del 1971? E in seguito “Il verde è tuo: difendilo” del 1972, “Per una corretta informazione sull’Aids” 1987, “Volontariato, lo straordinario di ogni giorno” del 1991, fino alle più recenti come “Computer e inglese: chi si aggiorna cresce” del 2000, “Chi ascolta cresce” 2001 “E Allora?” del 2003 contro i pregiudizi verso i disabili, fino all’attuale campagna “Movimento” per promuovere un corretto stile di vita. Una successione di immagini e spot a volte impertinenti, spesso ironici, sempre profondamente onesti. La mostra “Per sempre presente” è inoltre l’occasione per conoscere da vicino il lavoro dei professionisti della comunicazione ispirati dall’imperativo etico di diffondere il seme di una coscienza collettiva solidale, attenta e sensibile alla dignità della persona umana, dell’ambiente e dello sviluppo sociale. Nella settimana precedente l’apertura della mostra, si è svolta a Milano la Conferenza Internazionale “Politically un-correct: la comunicazione sociale oltre il buonismo e la provocazione”, che ha suscitato l’interesse del pubblico e l’attenzione della stampa nazionale e locale. Questi due eventi hanno reso la Fondazione Pubblicità Progresso protagonista della vita politica e culturale della città. Alberto Contri Tre campagne realizzate da Agenzie Unicom: ‘93/94 - Extralarge (Lorenzo Strona), ‘99/00 - Bruno Zerbini & Partners (Bruno Zerbini) e 2006 - Pan Advertsing (Giorgio Bonifazi Razzanti) 15 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 DIRITTO E COMUNICAZIONE Pubblicità comparativa e grande distribuzione La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza del 19/09/2006, si è pronunciata in materia di pubblicità comparativa, con particolare riferimento alla grande distribuzione. Il giudizio era nato a seguito di una lettera inviata ai propri clienti dalla società belga Colruyt, che gestisce una catena di grandi magazzini, nella quale evidenziava l’ammontare del risparmio ottenuto facendo la spesa presso i propri punti vendita, procedendo ad un paragone con la spesa effettuata presso altri competitors, sia supermercati sia hard discount. Nella lettera affermava anche che ogni giorno, in ogni periodo dell’anno, era in grado di offrire i prezzi più bassi. Anche sugli scontrini di cassa rilasciati dai grandi magazzini Colruyt si riportavano i medesimi dati, sia pure, necessariamente, in forma più stringata. In entrambi i casi si faceva riferimento al sito internet, dove il sistema di comparazione applicato e le modalità di calcolo dell’indice dei prezzi venivano dettagliati. Venivano altresì diffusi volantini, che ribadivano i concetti sopra enunciati. Lidl vs. Colruyt La società Lidl intentava un’azione contro la Colruyt davanti al Tribunale belga, lamentando la non oggettività, la non verificabilità e l’ingannevolezza dei messaggi della concorrente ed il Tribunale decideva di sospendere il procedimento per sottoporre alcune questioni alla Corte di Giustizia. In particolare, ci si domanda- Riferimenti legislativi - Direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla Direttiva 97/55/CEE - Sentenza 19 settembre 2006 Corte di Giustizia, procedimento C-356/04 - Codice del Consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) 16 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 va se fosse lecito comparare il livello generale dei prezzi degli operatori pubblicitari con quello dei concorrenti, estrapolando un certo numero di prodotti, perché, in tal modo, si poteva creare l’impressione che l’inserzionista fosse meno caro sull’intera gamma del suo assortimento, mentre la comparazione riguardava solo un numero limitato di beni. Ci si chiedeva, poi, se rispondesse ai dettami della direttiva la comparazione tra assortimenti di prodotti nel loro complesso o non fosse, invece, necessario raffrontare singoli beni, che soddisfino i medesimi bisogni o si propongano gli stessi obiettivi. Si rilevava che la comparazione tra livello generale dei prezzi tra concorrenti sarebbe stata obiettiva solo se avesse comportato l’elencazione dei prodotti oggetto di raffronto e dei loro prezzi. In quanto all’esigenza di verificabilità delle affermazioni pubblicitarie, ci si domandava se fosse rispettata anche quando fossero terzi a verificare la veridicità e non i destinatari del messaggio pubblicitario. Il Tribunale belga, infine, chiedeva se il prezzo dei prodotti ed il livello generale dei prezzi dei concorrenti costituissero una caratteristica verificabile. La Corte di Giustizia rileva, innanzi tutto, che l’esigenza di comparabilità mira ad evitare che la pubblicità comparativa sia utilizzata in modo sleale e negativo per la concorrenza. A tale fine, per essere comparabili, due prodotti o servizi devono rispondere agli stessi bisogni o perseguire i medesimi obiettivi: devono, in sostanza, essere intercambiabili tra loro agli occhi del consumatore. Tuttavia, la direttiva non può essere interpretata nel senso di riferirsi esclusivamente a prodotti individualmente considerati, essendo anche possibile richiamarsi ad assortimenti composti da prodotti comparabili, in un numero che sta all’esercizio della libertà economica dell’operatore scegliere. Non può escludersi a priori che tale numero possa comprendere anche tutto l’assortimento commercializzato da un operatore e dal suo concorrente. Poiché la pubblicità comparativa contribuisce ad incentivare la concorrenza tra fornitori di beni e servizi nell’interesse dei consumatori, il paragone tra assortimenti di prodotti si inserisce in quest’ottica e fornisce al consumatore il beneficio di ottenere un’informazione pubblicitaria riguardante dati aggregati e sintetici, che gli può essere utile, in particolare in un settore, come quello della grande distribuzione, dove il consumatore fa acquisti molteplici, destinati alla soddisfazione di bisogni ricorrenti. In questo senso, un’informazione sul prezzo dell’intero assortimento è addirittura più utile dell’informazione comparata sui singoli prodotti, che compongono l’assortimento, come, per altro, le stesse ricerche condotte dalle associazioni di consumatori sui prezzi generali praticati dai grandi magazzini dimostrano. Quando è lecito comparare La comparazione di assortimenti di prodotti è, pertanto, lecita, se i prodotti che li compongono, considerati singolarmente, sono comparabili, ai sensi di legge. I pregi dei beni paragonati devono essere messi in evidenza “oggettivamente”, ossia sono esclusi i confronti che dipendono da una valutazione soggettiva. Il prezzo di un prodotto o il livello generale dei prezzi non possono certamente essere considerati dati valutabili in base a considerazioni di carattere soggettivo. Pretendere che, in un messaggio quale quello oggetto di esame, siano menzionati tutti i prodotti oggetto di raffronto finirebbe per inficiare la praticabilità di tale sistema di pubblicità. E’ consentita la pubblicità comparativa avente ad oggetto il livello generale dei prezzi, purché la differenza tra i livelli generali paragonati si basi su differenze reali di prezzi constatati tra prodotti comparabili ed il criterio di raffronto soddisfi i criteri stabiliti dalla direttiva ed in particolare quello dell’ oggettività. Non occorre, quindi, nel messaggio comparativo riguardante il livello generale dei prezzi che sia introdotta un’elencazione espressa ed esaustiva dei prodotti e di ogni singolo prezzo. I prezzi fanno parte delle caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative del prodotto ed il loro confronto è, in linea di principio, lecito ed anzi il confronto tra prezzi rientra nella natura stessa della pubblicità comparativa. La medesima considerazione vale anche per il confronto tra livelli generali di prezzi praticati a cura di Fiammetta Malagoli - Consulente legale Unicom da catene di grandi magazzini concorrenti, per quanto concerne il loro assortimento comparabile. Possono, infatti, essere oggetto di verifiche i prezzi di ciascun prodotto, lo stesso livello generale, il risparmio, la fondatezza dei sistemi di calcolo adottati. E’ solo necessario che i beni che compongono un assortimento, anche se non devono essere espressamente elencati nel messaggio pubblicitario, possano essere individuati singolarmente e concretamente, in relazione ad informazioni contenute nell’annuncio. I prodotti, inoltre, devono fare effettivamente parte dell’assortimento di prodotti comparabili, in base ai quali è stato determinato il livello generale dei prezzi. L’operatore pubblicitario deve essere in grado di provare l’esattezza materiale del confronto, cosa che può fare indicando ai destinatari del messaggio come e quando possano prendere agevolmente conoscenza degli elementi di raffronto, al fine di verificarne l’esattezza. Non occorre che l’esattezza delle caratteristiche sia verificata dal destinatario del messaggio in persona, ma è sufficiente che egli possa fare suddetta verifica, anche tramite terzi. Per quanto concerne il quesito se il confronto generale dei prezzi basato su un assortimento di prodotti e non sulla generalità dei beni commercializzati possa essere ingannevole, inducendo il consumatore a ritenere estensibile la maggior convenienza all’intera gamma, si deve tenere in considerazione il pubblico di riferimento, che, nel caso di specie, non è specializzato, trattandosi di beni di consumo corrente, venduti in un grande magazzino. Quando il messaggio si considera ingannevole? Il messaggio è ingannevole quando il consumatore, in base all’annuncio pubblicitario, creda erroneamente che tutti i prodotti dell’operatore siano stati presi in considerazione per calcolare il livello generale dei prezzi o che il risparmio si ottenga, a prescindere dalla qualità e quantità dei prodotti acquistati, o che tutti i prodotti di un certo operatore, senza eccezione, siano meno cari di quelli dei concorrenti. Per non essere decettivo, il messaggio pubblicitario dovrà evidenziare che il raffronto ha avuto per oggetto alcuni beni del campionario, ma non l’insieme dei prodotti commercializzati. Dovrà, inoltre, individuare gli elementi di raffronto o informare il destinatario sulla fonte di informazione presso la quale tale individuazione è accessibile. Il messaggio sarà ingannevole ogni qual volta comporti un riferimento collettivo ad una forbice di risparmi, che possono essere ottenuti dal consumatore che effettui i suoi acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso i suoi concorrenti, senza individuare il livello generale dei prezzi praticati, rispettivamente, da ciascuno dei concorrenti e l’importo dei risparmi ottenibili. La sentenza della Corte di Giustizia è indubbiamente interessante, perché ribadisce e chiarisce alcuni principi che costituiscono il supporto perché la pubblicità comparativa sia lecita e conforme alle regole, in un settore, quello della grande distribuzione, dove il confronto tra prezzi è molto agguerrito e significativo. Il riferimento normativo è quello alla direttiva comunitaria, ma i contenuti del nostro Codice del Consumo, che hanno ripreso il decreto legislativo n. 72/92, che, a sua volta, aveva recepito la direttiva, sono coincidenti con la normativa comunitaria. La pronuncia, pertanto, può costituire un utile punto riferimento per chi debba progettare e diffondere un messaggio pubblicitario comparativo nell’interesse della grande distribuzione. 17 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 DIRECT MARKETING Con Poste Italiane cresce il Direct Marketing Gli investimenti in Direct Marketing in Italia sono ancora modesti rispetto agli altri Paesi europei. Poste Italiane intende quindi posizionarsi come facilitatore di business per le agenzie e le imprese di comunicazione che utilizzano questo strumento a vantaggio dei loro Clienti. Ad oggi, il Direct Mailing in Italia non ha ancora sviluppato il suo effettivo potenziale, questo a causa della scarsa conoscenza del mezzo e delle sue peculiarità in termini di efficacia del messaggio e ritorno degli investimenti. Nel 2005 l’Italia presentava un rapporto spesa in Direct mailing su popolazione pari alla metà del valore di Spagna e Francia, e 5 volte inferiore alla Germania, con una spesa pro capite significativamente contenuta se confrontata con quella degli altri paesi esteri. Nonostante il quadro non sia dei più favorevoli, non bisogna dimenticare alcuni fattori che fino ad oggi hanno caratterizzato il nostro sistema pubblicitario e commerciale, come ad esempio la dominanza della Tv, mentre negli altri paesi occidentali è possibile osservare una distribuzione più uniforme tra i diversi media. Un mezzo che deve crescere Soffermandoci però ad analizzare i trend evolutivi delle strategie di comunicazione delle aziende, in un’era di sovraffollamento pubblicitario in cui il singolo risulta sempre più sollecitato da molteplici input esterni, diventa sempre più importante la ricerca di un rapporto profondo e personalizzato con il proprio target, finalizzato ad un coinvolgimento emotivo-sensoriale. Senza dubbio, l’esigenza più sentita, è quella di riuscire a catalizzare l’attenzione su uno specifico messaggio, in un determinato istante, riuscendo ad astrarre il proprio interlocutore dalla quotidianità e facendo sì che la comunicazione si traduca in un’esperienza indelebile. I vantaggi del one-to-one Ecco allora che in tale contesto, il direct mailing consente una elevata penetrazione del messaggio, grazie alla possibilità per il destinatario di auto-selezionare il momento di fruizione dei contenuti e di conservarlo materialmente, specialmente se veicolato attraverso un gadget, consentendo infine anche la diluizione temporale della sua funzione informativa. Il Direct Mailing, attraverso la personalizzazione dell’offerta, più di ogni altro media consente di selezionare gli investimenti su segmenti mirati, ottimizzando i profitti e creando maggior valore per l’azienda. Un partner per le imprese di comunicazione In questo scenario, Poste Italiane, si vuole posizionare come facilitatore di business per le agenzie, le imprese di comunicazione e aziende che utilizzano il Direct Mailing come mezzo di comunicazione e come partner affidabile e adattabile alle esigenze degli altri operatori di filiera. Ad oggi, nella Business Unit Mail (ex Divisione Corrispondenza), è stata sviluppata una nuova organizzazione, con la costituzione di una struttura dedicata allo sviluppo del servizio postale come media pubblicitario e mezzo di relazione ed interazione tra imprese e mercato finale. Una struttura dedicata Questa nuova struttura, raccoglie un insieme di professionalità con diversi background lavorativi e culturali ed è nata per curare tutti gli aspetti necessari alla realizzazione di questo sfidante progetto: una nuova stagione di sviluppo per il mondo del Direct Marketing in Italia ed in particolare del direct mailing. Le linee guida di tale percorso sono: svolgere il ruolo di propulsore dell’attività di Direct marketing in Italia e di catalizzatore della business community; offrire sul mercato soluzioni integrate di comunicazione/interazione con servizi che vanno dalla consulenza e creazione di network tra i clienti, fino a soluzioni di outsourcing dei processi, anche in ottica multicanale. (Informazione pubblicitaria) 19 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 ATTUALITA’ Come diventare ricchi con la pubblicità Il sottotitolo di questa pubblicazione-provocazione recita: “I due autori non ci sono ancora riusciti”. In realtà l’iniziativa di Gianni Lombardi e Pasquale Diaferia è tutt’altro che giocosa: vuole infatti, oltre a ricordare e rendere omaggio al compianto Enzo Baldoni ed a sostenere l’Associazione “Cantosospeso”, vuole indurre a riflettere sul cambiamento in corso e sul modo di rapportarsi con il “mestiere di pubblicitario”. Quelli che non ce l’hanno fatta, Gianni Lombardi e Pasquale Diaferia, sono due navigati pubblicitari con alle spalle oltre venti anni di lanci dei più svariati prodotti. Eppure, per descrivere l’allegria e la profonda differenza che questo libro ha rispetto alla media dei prodotti editoriali presenti sul mercato, hanno deciso di usare non sofisticate tecniche di marketing, bensì la presentazione che del libro ha fatto Pino Scaccia nel suo Blog, la Torre di Babele (www.pinoscaccia.splinder.com). “E’ uscito un libro dal titolo "Come diventare ricchi con la pubblicita'" dedicato dai due autori ad Enzo Baldoni. Il libro, oltre al solito banale canale delle librerie, viene distribuito dall'editore in un modo particolare: gettandolo per la strada, davanti alle Universita', alle sedi dei giornali, in prossimità dei punti di passaggio delle grandi città. E' gia' il secondo libro distribuito in “bookdropping”, nome inglese di questa invenzione italiana. Il primo caso e' stato quello di "anonimo milanese"(www.anonimomilanese. splinder.com). Gli obiettivi degli autori sono dichiaratamente tre: 1. Lanciare un sasso nello stagno immobile della pubblicita' italiana; 2. Ricordare il nome e la filosofia di Baldoni come pubblicitario (molto ben riassunta nel suo pezzo inedito sulle ricerche di mercato); 3. Raccogliere fondi per l'associazione "Cantosospeso", gestita dalla vedova di Enzo, Giusi Baldoni, che ha come obiettivo quello di fornire strumenti musicali ed assistenza ai meninos de rua di una località del Brasile.” Questa la recensione di Scaccia. Non 20 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 c’è nulla di più intelligente o preciso da aggiungere alle parole del reporter Rai. Se non che esiste un blog (www.ricchidentro.splinder.com) dove, se proprio non avete niente da dire, potete liberamente insultare i due autori, anche ben protetti dall’anonimato. Se proprio non volete neanche fare la fatica di bloggare: - Pasquale Diaferia [email protected] - 335.6008882 - Gianni Lombardi [email protected] 348. 2288110 - Luigi Durso Stratego Editore - 02.83241586 Gli autori Gianni Lombardi E’ un redattore pubblicitario e consulente strategico, cioè copywriter e strategic planner, che ha aiutato numerose aziende grandi e piccole a comunicare meglio ed a vendere di più. Ha esperienza di pubblicità classica, database marketing, direct marketing e commercio elettronico. Ha scritto tre libri su pubblicità, business writing e posta elettronica. Si occupa di internet dal 1994 ed è uno dei pochi che non si è fatto fregare dallo scoppio della bolla speculativa. In compenso si è fatto fregare dopo. E infatti, non essendo ricco di famiglia, è tuttora costretto a lavorare per vivere. E’ stato per tre anni Segretario Generale dello IAB (Interactive Advertising Bureau), Associazione internazionale di aziende che si occupano di pubblicità online. Per sette anni è stato segretario dell’Art Directors Club Italiano, l’associazione che raccoglie alcuni dei più grandi pubblicitari italiani. Ha visto tre grandi crisi della pubblicità ed ogni volta ha detto: queasta è la peggiore. Infatti questa è la peggiore. Pasquale Diaferia Da quasi venticinque anni è autore di famose pubblicità eppure sbarca il lunario a fatica e solo grazie a: - tessera dell’Ordine dei Giornalisti, - contratto da professore all’Università dell’Insubria di Varese, - partecipazione a giurie di importanti competizioni cinematografiche, letterarie, pubblicitarie: - direzione della rivistta internazionale di filosofia www.metabasis.it; - incarico di proboviro supplente di uno dei più sofisticati circoli di creativi italiani; - prestigioso record di 4 ore e 10 minuti in una delle più esotiche maratone del mondo. Ha tentato di incassare qualcosa con questo libro, ma, come al solito, ci ha rimesso del suo. RELAZIONI PUBBLICHE Alessandro Costella Joaquin Navarro-Vals. La carriera di un comunicatore E’ stato assegnato al Direttore Emerito della Sala Stampa della Santa Sede il Premio alla Carriera nel contesto della manifestazione promossa da Assorel per premiare il Comunicatore dell’Anno. Una scelta eccellente che corona una carriera esemplare. Joaquin Navarro-Vals Nel corso degli ultimi anni sono stati spesi “fiumi d’inchiostro” per valutare ed analizzare l’importanza crescente dei Media, l’esasperato aumento dell’interconnessione che ha abbattuto le barriere comunicative tra popoli e paesi e l’impatto che tutto ciò ha generato sulla società odierna da un punto di vista sociale, etico e culturale. E’ indubbio che in questo rinnovato scenario il ruolo del comunicatore ha assunto un’importanza esponenziale e, a riprova di questo fenomeno, si è assistito ad un incremento, non sempre gestito e controllato, delle iscrizioni dei giovani alle facoltà inerenti queste tematiche, a discapito dell’interesse verso i corsi di laurea tecnico/scientifici. Come spesso avviene a fronte di cambiamenti così consistenti, l’iniziale sbilanciamento tra domanda e offerta (di comunicatori) ha prodotto la proliferazione di professionisti, veri o presunti, del settore, abbassando la qualità media dell’offerta. Per differenziarsi da un mercato che stava diventando “generalista” e per far risaltare la professionalità dei propri Associati, l’assemblea dei Soci Assorel, Associazione Italiana delle Agenzie di Relazioni Pubbliche a servizio completo, ha sottoscritto già nel 2003 i tre documenti, approvati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato : - Principi Professionali e Codici di Comportamento delle Relazioni Pubbliche in Italia - Criteri per scegliere una Agenzia di Comunicazione e Relazioni Pubbliche - Le regole della qualità nelle Relazioni Pubbliche i cui testi sono reperibili su www.assorel.it e che riassumono le linee guida che vengono indicate ad utenti e agenzie per sviluppare il migliore rapporto di partnership tra gli interlocutori in questione. Inoltre Assorel ha introdotto da quest’anno nel proprio Statuto l’obbligo per i propri Soci di rispondere a standard di qualità prefissati, anche facendo propria l’esperienza dei colleghi anglossassoni che per primi, già da alcuni anni, si sono imposti tale certificazione come condizione di apppartenenza all’Associazione e il cui esempio è stato seguito e si sta diffondendo presso tutte le maggiori Associazioni di Relazioni Pubbliche globali che, come Assorel, fanno parte di ICCO, International Consultancy Communications Organisation, l’organizzazione presente nei 29 paesi nel mondo dove la disciplina è più sviluppata e la richiesta di servizio e di valore aggiunto da parte dei clienti è maggiormente avanzata. A suggello di queste iniziative e per rafforzare il ruolo e l’importanza del comunicatore, per la prima volta quest’anno Assorel ha istituito il “Premio alla carriera” per il Comunicatore dell’anno, all’interno del “Premio Assorel”, giunto alla nona edizione, che designa ogni anno, in collaborazione con il mensile “Espansione”, la migliore campagna di Relazioni Pubbliche a livello assoluto e per le otto principali Categorie di Comunicazione. Il riconoscimento è stato assegnato al Direttore Emerito della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquìn Navarro-Valls lo scorso mese di ottobre in occasione della serata di gala che ha accompagnato la premiazione, per l’integrità, la trasparenza, la tenacia e la professionalità con la quale ha svolto l’importante ruolo di comunicatore presso la Santa Sede nel corso dei lunghi anni del papato di Karol Wojtyla, e per come il suo incarico di portavoce del Papa ha contribuìto a rivoluzionare l’immagine ed il ruolo mediatico del Vaticano nello scenario mondiale. E’ stato individuato nel premiato un esempio per chi svolge la professione delle Relazioni Pubbliche e della Comunicazione d’Impresa e, allo stesso tempo, uno stimolo e riferimento determinante per i giovani che si stanno affacciando alla carriera della Comunicazione. Nel corso della premiazione il Dottor Navarro-Valls, rispondendo alle domande della giornalista che conduceva l’evento, ha confermato il suo carisma e la sua capacità comunicativa, affascinando la platea degli oltre 240 presenti in sala che gli hanno riservato una lunga standing ovation, e ha ricordato come la regola prima del buon comunicatore stia nella preparazione e nella approfondita conoscenza di ciò che si vuole comunicare per essere in grado di spiegarsi ed esprimersi con chiarezza e semplicità. Ora l’attesa del settore è già rivolta alla X edizione del “Premio Assorel” il cui Bando di Gara sarà prossimamente divulgato e pubblicato su www.assorel.it, con l’obiettivo di continuare a far risaltare le best practices realizzate dai comunicatori professionisti. Alessandro Costella Direttore Generale ASSOREL 21 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 ONLINE Scrivere sul web. Le buone regole per farsi leggere Leggere sul monitor è più faticoso che su carta. La risoluzione è più bassa e la lettura più lenta del 25%. Gli utenti del web non leggono, ma scorrono il testo alla ricerca di frasi o parole. che attirino la loro attenzione. Scrivere per il web è un mestiere diverso dallo scrivere su carta, anche se è basato sulle stesse qualità di fondo. Non è infatti possibile prescindere da una buona sintassi e una corretta grammatica! Sul web vi sono però ulteriori criteri di scrittura e composizione che vanno seguiti per facilitare la lettura, così come vi sono errori da non fare assolutamente. Riassumeremo le considerazioni sviluppandole in tre ambiti. Parleremo prima di come disporre i contenuti, poi di quale stile utilizzare, e infine ci occuperemo degli espedienti visivi che facilitano la lettura su monitor. Il contenuto 1. Scrivete seguendo le quattro massime di Grice (uno studioso della comprensione dei testi): - scrivi la quantità di informazione necessaria: non di più, non di meno (massima della quantità); - scrivi ciò di cui hai prove (sii sincero, massima della qualità); - sii pertinente: dì quello che è rilevante e coerente con l'argomento (massima della relazione); - sii chiaro (massima del modo). 2. Mettete i concetti più importanti in cima. Non scrivete cioè per arrivare a delle conclusioni attraverso un ragionamento, come insegnano a scuola, o come avviene nei romanzi. Scrivete in maniera giornalistica, scoprendo le vostre carte fin da subito, con l'esposizione della conclusione o della notizia. I dettagli vanno aggiunti in seguito. Se la lettura viene troncata a metà, l'utente deve aver già incontrato i concetti principali. Un errore abbastanza frequente è quello di instaurare una specie di gioco con il lettore, incuriosendolo, fornendo dati oscuri, in 22 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 maniera da creare un aumento di interesse che lo spinga a leggere. Be', non funziona. I lettori non vogliono perdere tempo in rete, e gradiscono i fatti, non i giochini, per i quali si rivolgono a siti specialistici. L'utente vuole sapere subito se troverà qualcosa di interessante. Se la prima frase è promettente, vorrà saperne di più. Tale modo di scrivere è talvolta definito a "piramide rovesciata". 3. Che le prime frasi siano le più importanti. Vale non solo per l'intero testo, ma anche per i singoli paragrafi. Poiché la gente non legge, ma scorre il testo, rendete possibile la comprensione anche solo attraverso le frasi principali poste in cima ai paragrafi o attraverso le frasi chiave, evidenziate. 4. Dedicate un periodo ad un solo concetto. Quando avete esaurito quell'argomento e passate al successivo, cambiate periodo. Questo faciliterà visivamente, ma anche concettualmente, il processo di comprensione del lettore, già abbastanza ostacolato dalla difficoltà di lettura. 5. Dominate il contenuto. Cambiate disposizione ai concetti, per cercare quella più efficace. Non abbiate timore, se il tempo non vi manca, di provare varie strade. Lo stile 1. A causa soprattutto delle difficoltà nella lettura, il web vuole una scrittura pratica, concisa. E' meglio evitare di essere troppo letterari ed eleganti. Togliete tutte le parole superflue. Siate oggettivi, concisi e precisi: esprimete in maniera diretta i contenuti, senza perifrasi o espressioni vaghe. Via gli aggettivi non veramente utili. Evitate le frasi lunghe e i periodi con troppe coordinate e subordinate. Abolite i gerghi, il marketese, il politichese, i termini incomprensibili. Argomentate il più possibile attraverso i fatti, tentate di separarli dalle opinioni, che pure è lecito esprimere. 2. Siate divertenti, il che non significa essere umoristici. Lasciate perdere lo humor, i giochi di parole: da una parte eventuali utenti internazionali non lo capiranno, dall'altra distrarreste dal contenuto. “Siate divertenti” significa “siate brillanti”, non rendete il vostro testo freddo e noioso. Questo non si insegna facilmente, anche se vi sono delle tecniche. Il ritmo sincopato, per esempio. Evitate frasi che abbiano tutte la stessa cadenza. Ad un periodo più lungo anteponete e posponete sequenze di frasi più brevi. Se vi viene in mente un commento su quanto state scrivendo, inseritelo pure: sembrerete più umani. L'importante è non esagerare. In una parola, dovreste divertirvi mentre scrivete, trasmettere un certo entusiasmo, ma al tempo stesso rimanere professionali. Facile, eh? 3. Ci vuole buon senso: curate anche una certa scorrevolezza, non tagliate il testo con l'accetta solo per rispettare queste regole. Ma comunque non lasciatevi andare come fareste su carta. Le frasi brillanti, i periodi articolati sono solo fatica in più in un compito che è già faticoso di suo. Espedienti visivi La lettura si fonda su due processi: il primo consiste nel riconoscimento visivo, il secondo nell'estrazione del significato. Il secondo processo (l'estrazione del significato) viene ostacolato da una cattiva percezione. Per migliorare la percezione visiva del vostro testo potete usare i seguenti espedienti: 1. Spezzate i periodi andando frequentemente a capo. Un unico blocco di testo viene visto come un ostacolo insormontabile. 2. Evidenziate le parole chiave: per farlo è meglio utilizzare il grassetto, piuttosto che il corsivo come si usa su carta, perché il monitor, composto da pixel orizzontali e verticali, non rende bene i caratteri disposti in diagonale, come nel caso del corsivo. Potete anche usare un colore per evidenziare il testo, ma accertatevi che lo stiate effettivamente enfatizzando! Dovete usare un colore saturo e non troppo luminoso (se usate il fondo chiaro). Il colore che più risalta all'occhio è il rosso. Ma se lo usate per i link, evitate di usarlo per termini che non sono linkati: generereste confusione negli utenti. Alle volte anche lo stesso link può servire ad evidenziare parti di testo. Usate comunque i link con parsimonia, e solo A cura di Angela D’Amelio - [email protected] per informazioni secondarie e non determinanti per la comprensione del discorso, perché sono dei distrattori, dato che danno all'utente la tentazione di seguirli. 3. Non utilizzate una colonna di testo troppo larga, perché gli occhi faticano a mantenersi su una riga lunga. Inoltre siamo abituati alle colonne di un giornale. 4. Utilizzate dove possibile elenchi numerati. Le voci risultano chiaramente divise e spaziate. E' meglio naturalmente mettere le voci più importanti in alto. 5. Gli articoli non dovrebbero essere troppo lunghi. Assolutamente vietato spezzarli su più pagine, una scomodità inaudita. Nielsen consiglia semmai di dividere l'argomento in più articoli diversi. 6. Infine, tutto questo sarà vano se non sceglierete colori che vi assicurino un buon contrasto. Caratteri neri su sfondo bianco offrono il contrasto migliore. Il negativo, cioé bianco su nero, per alcuni è più gradito, per altri no. In ogni caso dà un tono cupo e vagamente tecnologico alla pagina. Valutate anche l'impatto emotivo, il calore, la sensazione che la pagina trasmette. Fate attenzione ai colori: devono dare un buon contrasto anche per daltonici e discromatici. I disturbi nella percezione del colore sono più diffusi di quanto non si creda. Forse non lo sapete, ma conoscete certamente qualcuno che ha problemi di questo tipo. Ecco perché il nero su bianco rimane a mio avviso ancora la scelta migliore. 7. Utilizzate un carattere tipografico standard. Oltre a essere facilmente riconosciuto, il che aiuta la lettura, eviterete di creare inconvenienti visivi a quegli utenti che non dispongono di una particolare font. I caratteri più diffusi sono: il times, usato molto in stampa, con le grazie che aiutano la lettura; l'arial e il verdana, senza grazie, più leggibili su monitor specialmente con caratteri di dimensioni piccole (soprattutto il Verdana); il courier, carattere con grazie monospaziato, che ricorda la macchina da scrivere. A questi suggerimenti va aggiunta una considerazione più progettuale. Nelle prime pagine non ci devono assolutamente essere testi lunghi come questo (ma neanche un quarto di questo!). Solo lanci di notizie, civette, ben organizzate sulla pagina, con buoni titoli e sommari. Organizzate le pagine assieme ad un buon designer: non è (solo) un problema di scrittura, ma anche di grafica. Se un utente è interessato e voi avete seguito i suggerimenti, anche se vi dilungate un po’ farà lo sforzo di leggervi lo stesso, oppure salverà la pagina e la leggerà con calma, magari dopo averla stampata. Questi consigli non sono affatto semplici da seguire. Spesso è necessario un laborioso processo di riscrittura, di adattamento e di “potatura” del testo, soprattutto se lungo. Affidatevi se potete ad un buon web editor, che revisioni lo scritto dell'autore e, ad ogni buon conto, il tempo passato a curare i contenuti è sempre tempo ben speso, soprattutto se questi dovranno durare nel tempo. Alcuni spunti sono stati liberamente tratti da “Usabily” 23 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 ONLINE Viral marketing. Il passa-parola che corre sul web Ancora una volta ci volevano gli americani per strutturare e definire in un modello un processo di diffusione conosciuto da tutti ma a lungo snobbato dai teorici del marketing impegnati a verificare analisi e statistiche: il passa parola, che sul web si chiama viral marketing o marketing virale. Il viral marketing, è stato studiato e modellizzato da Ralph F. Wilson, di professione ECommerce Consultant che ne ha definito i principi in The Six Simple Principles of Viral Marketing. La traduzione italiana, marketing virale, potrebbe suonare quasi “offensiva”, in quanto il termine virale che deriva da virus ha un'accezione negativa in tutto il mondo. Virus in latino significa veleno Dal punto di vista biologico e medico il virus è un "parassita" responsabile di malattie. Secondo le teorie più moderne i virus deriverebbero da porzioni del genoma degli ospiti che si sono resi indipendenti. Dal punto di vista informatico invece un virus è un pezzo di codice software che, se eseguito, è in grado di infettare alcuni file in modo da riprodursi facendo copie di sé stesso. Dal punto di vista del marketing il termine virale definisce qualsiasi strategia di marketing (di vendita) che incoraggia le persone a diffondere e passarsi l'un l'altra il messaggio marketing, contribuendo quindi a farne crescere in maniera esponenziale la diffusione. 24 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 ma per i marketers il nome è, e rimane, Viral Marketing. Il viral marketing, grazie a internet e alla facilità di diffusione delle informazioni, si muove come un virus, cioè si replica in maniera esponenziale: viral marketing viral marketing viral marketing viral marketing viral marketing viral marketing Tale strategia dunque, approfitta della moltiplicazione rapida, della facilità di diffusione delle informazione e del divertimento nel farlo, per fare esplodere il messaggio portandolo a migliaia o milioni di persone in pochissimo tempo. Il termine "Viral Marketing o Marketing Virale" scelto per questa strategia sta proprio ad indicare la somiglianza di propagazione con quella dei virus. Passa parola = viral marketing Ma attenzione si parla di viral marketing se parliamo di web altrimenti anche in America si parla di “word-of-mouth", "creating a buzz", "leveraging the media" e "network marketing". Su internet alcuni hanno cercato di modificare il nome, sicuramente non molto elegante, Viral marketing: i sei principi del marketing virale E così, come in tutte le cose, alcune strategie di marketing virale funzionano meglio di altre ma, secondo Wilson, sono sei gli elementi fondamentali del viral marketing e che una strategia virale di vendita deve contenerne il maggior numero possibile al fine di ottimizzare i risultati: 1. Deve offrire servizi o prodotti gratuiti 2. Deve essere facile da trasferire ad altri (amici e conoscenti) 3. Deve essere facilmente scalabile (*) 4. Deve contenere motivazioni e comportamenti comuni 5. Deve utilizzare le reti di comunicazione usate attualmente 6. Deve approfittare delle risorse degli altri Su cosa si basa il viral marketing L’idea che sta alla base è di convincere i nostri utenti a parlare di noi ai loro conoscenti, ad esempio raccomandando loro un nostro prodotto, oppure suggerendo o stimolando l’adesione dei loro amici ai nostri programmi di marketing, oppure contribuire a formare e diffondere delle “mode”. La forza di questo modo di approcciare il mercato è evidente, così come lo è il grado di difficoltà e di incertezza. Da quando è stata inventata la pubblicità fino ad oggi, in tutto il mondo ci sono stati clienti che sono entrati in una agenzia di pubblicità con un loro prodotto chiedendo in modo perentorio di farlo diventare famoso, di moda, irrinunciabile, gettando all’istante nello sconforto il Direttore Creativo e tuuto il suo staff. Non è infatti mai stato inventato un sistema ripetibile, sicuro ed efficace per creare le mode perché, nonostante tutti i nostri sforzi, il comunicatore propone ma il consumatore dispone e decide sempre più con la propria testa. E’ davvero difficile rendere virale il marketing, la prima e principale difficoltà sta nel trasformare le persone in alfieri del nostro prodotto, in portatori della nostra azione di marketing, in rappresentanti ideali della nostra idea. E questo non è banale, perché per loro si un tuo conoscente potrai vincere una bici o una moto o un viaggio, e se fai iscrivere alla mia newsletter un tuo collega riceverai gratuitamente una stilografica, un mouse, una webcam. Una seconda strada è quella di sviluppare meccanismi tali che portino l’utente a trovare interessante e divertente un nostro messaggio (gioco, testo, filmato, animazione….) in modo che lo passino a conoscenti anche senza dar loro un vantaggio concreto, ma basandosi solo sulla forza dell’oggetto contaminante: questa è la forma di infezione più comune. tratta di mettere in gioco, almeno in parte, la propria credibilità nel proprio peer group. Schierandosi dalla nostra parte, dando un giudizio di valore sul nostro prodotto/azione, al punto di diffonderlo e raccomandarlo, si espongono al giudizio delle persone che cercano di coinvolgere, e rischiano una perdita di credibilità. Le persone possono “raccomandarci” agli amici, innescando e propagando il nostro viral marketing, ma a certe condizioni, per capire quali, occorre innanzi tutto fare un ragionamento di fondo e domandarsi: a chi giova? Perché dovrebbero farlo? Il nostro vettore aderirà alla nostra catena solo se riterrà di avere un ritorno personale positivo dal coinvolgere terzi e nel dare il proprio supporto quale “garanzia” alla nostra idea. Il ritorno può essere di vario tipo, tangibile o, più frequentemente, intangibile come ad esempio fare una bella figura (=ritengo di migliorare la percezione che gli altri hanno di me parlando di cose intelligenti, innovative, utili, divertenti). Bisogna tener conto che quanto più sono un elemento in vista della mia comunità, tanto più avrò da perdere raccomandando le cose sbagliate, o il cui valore non viene condiviso/compreso dai miei pari. Di certo l’amministratore delegato di una multinazionale ci penserà un po’ su prima di forwardare per e-mail una barzelletta sconcia e scarsamente divertente ai suoi colleghi del Rotary, ed è altrettanto vero che un teenager ci penserà su molto bene prima di passare in giro, con il proprio sigillo di garanzia, un filmato pubblicitario della nostra marca: anche lui ha una credibilità da salvaguardare, un ruolo da difendere come opinion leader, di persona “giusta” e dai gusti appropriati. Qualche esempio Ci sono tre grandi strade che si possono seguire per intraprendere azioni di viral marketing, la prima è la creazione di meccanismi che incentivino gli utenti ad arruolare nuovi utenti per noi, in cambio di un corrispettivo di qualche genere, ad esempio: se mi porti tre amici, tu viaggi gratis, se porti La terza strada è invece quella di trasformare il nostro cliente/utente in un predicatore che porta il nostro verbo. Sono quelli che quando li incontrate al bar vi rintronano sulla superiorità etica/ideologica dell’open source e di Linux, sono quelli che se li vedete in corridoio vi rifugiate in bagno perché altrimenti ricominciano a massacrarvi sul tema di quanto Macintosh sia meglio di Windows, sono quelli che finché non provate la loro marca di sigarette, il loro ristorante preferito o andate in vacanza nel loro albergo non vi lasciano in pace! Ecco, per tutti questi c’è un’adesione totale quasi etica al prodotto, riescono ad avere un coinvolgimento emotivo con una scelta forte che fa loro ritenere che il mondo sarebbe un posto oggettivamente migliore se tutti adottassero il loro prodotto preferito. Il rovescio della medaglia Purtroppo però spesso non funziona. La chiave di tutto dunque sta nella forza dell’idea, nella combinazione di valori/percezione dell’azienda o brand che origina il messaggio con il set di valori e contenuti del messaggio da viralizzare. Ossia sarà difficile che un teenager diffonda un messaggio, anche se divertente, se dietro c’è una marca che lui ritiene totalmente sfigata o lontana dal proprio mondo, così come sarà molto difficile che chiunque diffonda un messaggio,quand’anche proveniente da una marca appealing se il messaggio non ha un qualcosa di veramente speciale. Certamente non viralizzano il nostro messaggio solo per fare un piacere a noi; se non abbiamo qualcosa di forte difficilmente metteranno a rischio la propria faccia con gli amici, venendo considerati degli spammatori che intasano la mailbox con robe stupide, inutili, noiose. Se togliamo i soliti amici che mandano megabyte di barzellette pescate chissà dove, i fenomeni di viral marketing “forte” hanno luogo generalmente a fronte di qualcosa di veramente innovativo e coinvolgente. Se vi ricordate “Tu vo’ fare o’ Talebano” è stato oggetto di intensissime segnalazioni da amico ad amico oppure ricordate i filmati “wazzup” di Bud? Quelli sono stati mandati 25 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 ONLINE A cura di Angela D’Amelio - [email protected] a ciascuno di noi da almeno 5 persone diverse. Nel periodo di natale/capodanno poi sicuramente avrete ricevuto almeno una ventina di volte lo stesso sms: “Il Papa vista l’assenza del cardinal Martini sospende le festività natalizie. No Martini, no party”. Insomma è evidente che un oggetto da viralizzare non può essere “piatto”, non può essere banale, scontato o una comunicazione molto perbenina e di buona famiglia, un filmatino tutto calibrato e ben educato. Se volete intraprendere azioni di viral marketing, anche se credete più all’efficacia della strategia che non della creatività, credo sia indispensabile e strategico, investire sulla creatività cercando di spingerla molto in là. Purtroppo le aziende molto spesso non possono o non vogliono osare, sono orientate a forme comunicative molto mainstream, poco dirompenti e senza coraggio, temono il mettere in gioco il proprio brand con operazioni innovative e quindi rischiose; non riescono a concepire una propria comunicazione che possa essere oggetto di dibattito o peggio ancora, di “scandalo”. Questo tipo di approccio, prudente e conservativo, ha assolutamente diritto di cittadinanza nel mondo del marketing e della comunicazione, di certo però non porterà grandi risultati in brevi periodi, di certo non innescherà scossoni sul mercato ma ci potrà (forse) consentire di mantenere una nostra quota di mercato, di custodire una nostra immagine un po’ sonnacchiosa, ma prevedibile (e quindi, per alcuni, rassicurante). Di certo aziende che hanno poco da dire e poco da evocare, su di sé e i propri prodotti, non potranno pensare di diventare “exciting” ma chiaramente questo approccio alla comunicazione non ha diritto di cittadinanza nel viral marketing, in quanto può solo generare oggetti viralizzabili di cui non importa nulla a nessuno e che nessuno passerà mai agli altri. Il “contenuto” può essere vincente Esiste anche un’area di eccezione dove non è la forma a far premio, ma il contenuto. In aree b2b o assimilabili la messa a disposizione di contenuti di pregio ha un forte potenziale di innesco di viral marketing. È infatti una strategia consolidata quella di mettere a disposizione sul proprio sito articoli, white paper, ricerche o presentazioni, autorizzando a passarle a terzi normalmente attraverso un apposito link sul sito. In questo modo il proprietaro del contenuto si garantisce il controllo del messaggio accompagnatorio che, ovviamente, prenderà spunto dal vostro endorsement** e cercherà, in modo più o meno elegante, sofisticato, efficace, di trasformare il ricevente in nuovo contagiato ed in nuovo untore. In questo contesto quasi tutti i siti di news contengono questo meccanismo, così come molti siti di società di consulenza o di ricerche. Due esempi vincenti di questa strategia Un esempio ci viene da Google che qualche tempo fa ha lanciato un operazione di viral marketing: ha offerto gratuitamente ad un numero ristretto di suoi utenti, una casella email molto capiente e la possibilità di distribuire altri 10 inviti ad amici o conoscenti. Avere un indirizzo di posta: “[email protected]” diventò in breve un segno distintivo di appartenenza ad un gruppo privilegiato. Il seguito è storia, la diffusione è stata immediata e, oggi, gmail vanta una delle crescite piu’ rapide di numero di account. Un altro esempio di viral marketing ben riuscito è la strategia utilizzata da hotmail.com che, in poco più un anno, riuscì ad acquisire 12 milioni di abbonati spendendo relativamente poco, in campagna marketing ed in promozione. Hotmail.com regalava un servizio di indirizzo e-mail a chi accettava di vedere aggiunto automaticamente, in coda ad ogni messaggio inviato, un piccolo messaggio che diceva: "anche tu puoi ottenere il tuo indirizzo e-mail gratuito digitando www. hotmail.com". Anche in questo caso le adesioni si moltiplicarono esponenzialmente. Conclusioni Il viral marketing può costituire un’opportunità interessante, ma bisogna avere le carte in regola per poter sperare di avere successo: • dobbiamo avere una brand equity tale da poter permettere ai nostri infettandi di potersi trasformare in propagatori dell’infezione senza doversi associare a mondi di immagine negativi o non appealing. • dobbiamo avere dei messaggi da viralizzare che siano oggettivamente forti, dal punto di vista creativo/emotivo o dal punto di vista del contenuto. • dobbiamo avere propensione all’innovatività, e coraggio nel mettere in gioco il nostro brand. (*) scalabile è la capacità di un sistema di "crescere" o "decrescere" (aumentare o diminuire di scala) in funzione delle necessità e delle disponibilità. Ad esempio se ospitate mail gratuite e avete successo nella strategia, dovrete velocemente aggiungere dei mail server altrimenti il sevizio si bloccherà. (**) In generale il termine "endorsement" indica la modalità di diffusione di un messaggio pubblicitario che prevede l'intervento di testimonial chiamati a presentare un prodotto a potenziali acquirenti, dimostrandone il funzionamento in determinati contesti ed occasioni. La figura del testimonial, complice "passivo" in una campagna pubblicitaria, si evolve quindi in quella di endorser, responsabile "attivo" della veicolazione di un messaggio pubblicitario, passaggio considerato fondamentale per la comunicazione pubblicitaria in determinati settori. 26 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 OPINIONI Lingue morte e stupidaggini vive Sul tema dei valori che un laico può ritrovarsi a condividere con coloro che vivono intensamente il rapporto con la religione, si è detto e scritto molto. Si tratta in massima parte di principi connaturati con quegli elementi che costituiscono la base ed il fondamento etico e culturale della nostra civiltà. Ma risulta abbastanza sorprendente per un “vecchio” liberale, che la gerarchia ecclesiastica riesca ad offrire contributi importanti e stimoli vivaci anche su questioni solo apparentemente minori come quella della salvaguardia delle lingue classiche, minacciate quotidianamente dall’imperante - ed anche un po’ inquietante - superficialità di coloro che vorrebbero considerarle solamente alla stregua di “lingue morte” - e, come tali, da seppellire nei meandri più oscuri di dimenticate biblioteche. Il tema non è certo di poco conto. La posta in gioco é invece molto alta: si tratta infatti della salvaguardia dell’identità culturale della civiltà occidentale. Questa mia riflessione é indotta dalla notizia, riportata con evidenza dai principali quotidiani il 31 ottobre, e peraltro immediatamente accantonata il giorno successivo, dell’invito accorato della gerarchia vaticana al recupero, soprattutto attraverso la scuola, della conoscenza delle lingue classiche. In una società dove trovano ampia e quotidiana risonanza teorie inquietanti che - sulla base di un’accentuata contiguità con le più becere ed irrazionali istanze terzomondiste propugnano la costruzione della cosiddetta società multicurale, che qualcuno ci ricordi, con toni sommessi, ma con la forza di inoppugnabili argomentazioni, che le radici della nostra civiltà sono il patrimonio più prezioso del nostro popolo, del nostro Paese e dell’Europa tutta, è un segnale importante che sarebbe grave - oltre che stupido - ignorare. Ai nostri ragazzi qualcuno va suggerendo che lo studio del latino e del greco non li aiuterà a trovare un lavoro e, di contro, che, nel mondo di oggi, la conoscenza, ancorchè approssimativa, della lingua inglese e un minimo di dimestichezza con il computer, costituiscono il passepartout per entrare trionfalmente in una vita costellata di successi. La diffusione di questi messaggi, talvolta veicolati esplicitamente, ma più spesso insinuati subliminalmente, sta generando guasti incalcolabili: è sotto gli occhi di tutti la diffusione a macchia d’olio della “cultura” della superficialità e dell’approssimazione, ovunque ve- Bambini e pubblicità Tra destra e sinistra... diamo trionfare la “filosofia” del perseguimento del massimo risultato con il minimo sforzo, il tutto corredato da una buona dose di apatia e di indifferenza al cospetto della bellezza, quando quest’ultima non conviva con il nuovo o il sorprendente. Lo rileviamo ogni giorno nei palinsesti della tv generalista, scorrendo i sommari dei settimanali, ascoltando i “messaggi” che i nuovi maîtres à penser diffondono ogni volta che intravvedono un microfono o una telecamera nelle immediate vicinanze. E lo constatiamo, purtroppo e sempre più spesso, anche nei comunicati pubblicitari, soprattutto in quelli indirizzati al target dei giovanissimi e, probabilmente, “pensati” da creativi altrettanto giovani. Quelli, per intenderci, che “non hanno fatto il classico” e che taluni, in genere i più attempati, amano definire come “braccia indebitamente sottratte all’agricoltura”. E’ un’espressione certamente efficace, ma che personalmente non amo utilizzare, soprattutto per il rispetto che porto ai lavoratori della terra, che quasi sempre, invece, sanno coniugare semplicità, saggezza e perspicacia. Beninteso, la mia è solo un’opinione, peraltro autorevolmente condivisa da un certo Virgilio, che, rappresentandone l’esistenza e descrivendone la quotidiana fatica, scriveva: “O fortunatos nimium agricolas, si bona sua norint”. Gargamella [email protected] preoccupazione per i danni che l’uso dei minori come testimonial avrebbero comportato a quei poveri innocenti. Biagio Vanacore [email protected] L’utilizzo dei ragazzi nella pubblicità è di destra o di sinistra? La ricerca Unicom “Gli italiani è la pubblicità” ha evidenziato come l’utilizzo dei ragazzi nel ruolo di testimonial pubblicitari “continui ad essere soggetto che colpisce fortemente in pubblicità, sensibilizzando specie un certo target di fruitori”. Sarà per questa ragione che anche i politici, oltre ai vari opinionisti, gli indignati di professione ed i sociologi da talk show hanno presto dimenticato i fiumi di inchiostro versati quando la legge Gasparri propose di limitare l’uso dei minori nella pubblicità. Tutto finito. Oggi nessuno si scandalizza più, ma più di tutti non si scandalizzano più i nostri politici, che quest’anno hanno utilizzato a piene mani come testimonial bambini/ragazzi/ adolescenti”. La prova ecco due campagne - bipartisan naturalmente - che provano, al di là di ogni dubbio, quanto fosse sincera ed eticamente motivata la 27 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 UNICOM LA POSTA La “voglia di stupire” paga o non paga? L’articolo di Paolo Romoli pubblicato sul numero 18 della nostra rivista, che manifestava perplessità su un certo modo di “fare pubblicità”, ha suscitato commenti diversi che ben volentieri pubblichiamo. Sul numero 18 de “L’Impresa di Comunicazione” abbiamo pubblicato un articolo del Direttore Paolo Romoli dal titolo: “La Pubblicità: la voglia di stupire non paga” che intendeva richiamare l’attenzione ed aprire la discussione su certe campagne per lo più televisive - ma non solo - in cui l’aspetto “creativo” non ha nessun riferimento diretto con i prodotti o servizi che si intendono comunicare e che rischiano pertanto di venire ignorati dal target cui sono destinati. L’articolo, supportato da alcune dichiarazioni esplicitamente critiche in tal senso di Giorgio Bocca, Umberto Eco, e persino di Giorgio Brenna (AD dell’agenzia che ha firmato una delle più note campagne citate), si chiudeva con un invito ai creativi ad intervenire sull’argomento. Riceviamo e pubblichiamo volentieri questi interventi di Franco Moretti e Giorgio Tramontini Franco Moretti - Group Chief Creative Director, Leo Burnett Caro Direttore, Credo che l’articolo, già dal titolo, metta in risalto un giudizio preconcetto. Porsi delle domande sullo status quo della nostra professione è certamente sano e doveroso, soprattutto quando, come in questi tempi, nel nostro paese c’è un disperato bisogno di rinnovamento. 28 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Ma se il dubbio sollevato è legittimo, invece di cercare conferma attraverso le opinioni di personalità di rilievo e, senza dubbio, di rispetto, non sarebbe stato più opportuno chiedersi quale era l’obbiettivo, a che cosa serviva precisamente quella campagna pubblicitaria e quali risultati aveva ottenuto? Credo sia miope e alquanto dannoso chiudere l’argomento basandosi soltanto su delle opinioni per quanto autorevoli. Le opinioni sono esattamente come i “buchi d’ombelico”, ce l’hanno tutti! I fatti però sono ben altra cosa: Fatto n. 1 - Nella prima parte del 2002, in un periodo particolarmente affollato di offerte finanziarie, di sconti e di tutto ciò che contribuiva a creare il “silenzio del rumore” nei media, l’obbiettivo che si poneva la campagna “Cogli l’attimo” di Fiat Auto era quello di mettere in evidenza una particolare opportunità commerciale. I risultati di vendite, nei casi di promozioni finanziarie sull’acquisto d’autoveicoli vengono sensibilmente modificati dalla "convenienza" delle offerte finanziarie stesse. A cosa serviva quindi la pubblicità? Serviva proprio ad invitare a prendere in esame, quelle offerte, a portare cioè potenziali clienti in concessionaria. Su questo, il miglior dato “ufficiale”, è quello che ci fu riferito dai responsabili vendite Fiat: nel periodo di on-air della campagna le visite ai concessionari subirono un nettissimo incremento. Ovviamente questo trascinò in alto anche le vendite, ma resta difficile depurare l'effetto "successo" della campagna dal fattore "golosità" dell’offerta finanziaria. Ciò significa che la campagna fece il suo lavoro, quello di portare potenziali clienti nelle concessionarie. Fatto n. 2 - Un indicatore indiretto dell'efficacia di "Buonaseeera" sta nella durata della sua pianificazione: nato per andare in onda poche settimane e poi essere sostituito, lo spot restò in video per ben quattro mesi, proprio per l'ef- fetto moltiplicazione che aveva dimostrato sulle visite dei potenziali clienti Fiat. A riprova della validità creativa dello spot quando fu sostituito nella pianificazione da un altro soggetto della stessa campagna (soggetto "Scacchi") le visite ai concessionari subirono una sensibile flessione. Flessione che scomparve alla successiva e non prevista ripresa di pianificazione del soggetto "Buonaseeera". Fatto n. 3 - Nel febbraio 2002 (dopo un mese di messa in onda di “Buonaseeera”), lo share di Fiat, nella classifica generale delle marche italiane più note, aumentò del 65%. I parametri di valutazione dell’efficacia della comunicazione Fiat si impennarono proprio in concomitanza con l’on-air dello spot come dimostrò una ricerca che fu pubblicata da “Il Sole 24 ore” il 4 marzo 2002 in un articolo dal titolo: “Buonaseeera passa alla seconda puntata”. Quando la comunicazione di una marca diventa famosa presso il suo pubblico e appaga la sua voglia di essere colto di sorpresa, la sua voglia di essere stupito e coinvolto, è inevitabile che si propaghi come un passaparola che si moltiplica in modo esponenziale, diventando anche parte del lessico popolare del momento. Il termine tormentone (grande tormento) in questo caso non credo sia appropriato esprime già di per sé un sapore negativo e non descrive quello che dovrebbe essere più propriamente definito come coinvolgimento emotivo di massa. Non c’è alcun dubbio che la creatività fine a se stessa non sia garanzia di successo, ma non è proprio questo il caso. E questa non è un opinione. D’altra parte nessuno, in nessun posto, mai ha dimostrato che il successo commerciale risieda nella mancanza di coraggio e nella mediocrità delle idee. Ciò che, inoltre, mi mette a disagio è che, sempre più spesso, quello che viene messo in discussione non è tanto tutta quella grande quantità di lavoro poco ispirato, che insegue le tendenze, che affolla i mezzi di comunicazione, tutto quel “tormento” che annoia la gente che per evitarlo pratica lo zapping o aumenta le pause bagno, bensì la polemica che si accanisce, su tutto ciò che dà segnali di vitalità creativa, di freschezza, tutti quei barlumi di speranza che dovrebbero essere d’incoraggiamento alla ricerca di un migliore rendimento per l’investimento. E’ come se ci fosse un istinto universale (nel nostro paese) che persiste nel voler dimostrare che le buone idee non pagano, un’incontenibile voglia di portare validi argomenti a sostegno della mediocrità. Non è forse, proprio anche per questo, che il livello professionale creativo del nostro paese si piazza a malapena al 19° posto nella classifica mondiale dopo l’america latina, i paesi orientali, il Sud Africa? Non dobbiamo quindi essere colti di sorpresa se quando vediamo i risultati di ricerca, presentati da Astra Demoscopea per la riunione dell’UPA di fine anno, hanno indicato la necessità per le aziende di incrementare gli investimenti per mantenere lo stessa quota di mercato. Caro Paolo, Rispondo obtorto collo all’invito lanciato da te sull’ultimo numero de “L’Impresa di Comunicazione. La ragione è semplice: fare questo mestiere e prendere di mira la creatività di tanti colleghi non solo mi sembra poco elegante, ma lo trovo decisamente autocastrante, nonostante tutto in questo minestrone siamo in molti a soffrire e le opere degli autori di varie nefandezze messe on-air animeranno forse le critiche di Giorgio Bocca, Umberto Eco e chissà quant’altri, ma pochi conoscono le notti insonni e le incazzature dei presunti responsabili. Già perchè quando parte uno stanziamento tv entrano in gioco soggetti che, ben lontani dal ruolo creativo, approvano, modificano, stravolgono e spesso snaturano il pensiero d’origine. Questo non significa che la “creatività” sia innocente, ma il giudizio sui suoi aborti dovrebbe essere equamente diviso tra responsabili di varia natura, utenti compresi. La dicono lunga vari prodotti di discreta qualità presentati a Cannes tempo fa che, malgrado ridicole pianificazioni, hanno permesso ai loro autori di essere notati dalla giuria ed entrare in short list: finte campagne concepite da italici professionisti stanchi di essere ignorati per produzioni ufficiali scadenti, una specie di involontaria vendetta contro la miopia di chi, pur di non rischiare i pericoli dell’impatto e del coraggio di uscire dal coro, sono pronti ad approvare pasticci, iperboli, manierismi produttivi tanto privi di sorpresa quanto lontani da reason why e ricordo di marca. Lo spettacolo poi non cambia se allarghiamo lo sguardo sullo scenario media che oggi ci opprime su ogni fronte, individuare prodotti brillanti di discreta qualità è sempre più difficile e non credo sia solo colpa di art e copy veri, chiediamoci piuttosto quanti sono ormai i creativi finti, quelli che non sanno cosa siano i fondamentali dell’advertising: fotografi, producer, junior-senior-chef account, PM, general manager, brillanti nipotini che fanno il liceo artistico, l’amico pittore, l’amante fantasiosa e “questa notte mi è venuto in mente...” ecc ecc. Da queste parti il terreno della creatività non ha recinti: ci entra chi vuole, tanto il genio quanto l’imbecille, nel bel paese fare il pubblicitario è facilissimo basta disporre di qualcuno che ti dà retta per quattro soldi. Giorgio Tramontini Faccio a mia volta seguito agli interventi degli amici Franco Moretti e Giorgio Tramontini, che ringrazio per essere prontamente intervenuti, ben lieto che la mia segnalazione abbia offerto – come auspicavo – spunti per un dibattito su un tema importante che però non vorrei considerare già chiuso e su cui mi auguro IdC possa pubblicare anche altri punti di vista. A Franco in particolare tengo a precisare che avevo citato lo spot del “buonaseeeera” solo come un esempio tra i tanti, forse il più famoso, e non certo per mettere sotto accusa una campagna dove la storia – attention getter che Giorgio Tramontini - FTG (Torino) Io credo che quello che dovremmo mettere in discussione sia soprattutto il fenomeno tutto Italiano (vero “tormentone” sociale) dell’utilizzo, dell’abuso dei testimonial più o meno famosi, tutta quella pigrizia creativa che insegue le tendenze e tutto quello spreco di risorse economiche destinate ai compensi della giungla dei famosi. Io credo che la comunicazione d’impresa debba essere affrontata con spirito imprenditoriale che vuol dire essere disponibili a scoprire ed accettare idee nuove, fresche e sorprendenti, che vuol dire essere disponibili a correre dei rischi con responsabilità, rischi necessari per ottenere migliori rendimenti per gli investimenti. Se poi il dubbio dovesse essere di natura più generale sul tema della relazione che sussiste tra campagne che ottengono riconoscimenti e successo commerciale, vorrei citare i risultati di un’indagine approfondita, condotta a livello globale, dal titolo “Does award winning advertising sell?” Ricerca condotta da Donald Gunn per la Leo Burnett world-wide che ha messo sotto analisi la maggior parte delle campagne premiate su un periodo di due anni e che, dati alla mano, ha visto coinvolti sia gli uffici marketing delle aziende che le agenzie pubblicitarie, dove si metteva in evidenza che nell’80% dei casi le marche che avevano firmato campagne vincenti ne avevano ottenuto un considerevole successo commerciale, mentre per il rimanente 20 % l’insuccesso, nella maggior parte dei casi, era da attribuirsi a strategie di comunicazione sbagliate e solo in parte a campagne frivole e fuori di testa. E poi, non è forse vero che il successo di marche che hanno conquistato il mondo quali Coca-Cola, Pepsi, Vokswagen, Nike, Marlboro, Playstation, Adidas, B.M.W., Budweiser, Heinz, Mc Donald’s, Halmark, Sony, Honda, B.A., Heineken, Renault, l’Indipendent… Benetton è anche merito di grandi campagne pubblicitarie costruite intorno ad idee uniche, sorprendenti e potenti? Dove sta, quindi, il dubbio io chiedo? Mi viene il sospetto che spesso questo genere di dubbi nascano più da fonti interessate a conservare il basso livello di competitività della nostra provincia, che non da un genuino desiderio di favorire quella ripresa economica di cui il nostro paese ha urgente bisogno. Forniti quindi i fatti per rimuovere il dubbio sollevato dall’articolo, invito piuttosto “L’Impresa di comunicazione”a riflettere sui veri problemi di questa nostra industria per promuovere, incoraggiare e spingere a sperimentare nuovi, più efficaci modi di comunicare per coinvolgere un pubblico sempre più disinteressato e irritato, sollecitato dai GRP degli oltre 3.000 inviti agli acquisti quotidiani. Io credo che i premi non siano l’obbiettivo ma una conseguenza di un lavoro fatto eccezionalmente bene. Proprio in questo caso la voglia di stupire ha pagato…e tanto. Capitolo chiuso. E per quanto mi riguarda… buonaseeera a tutti. Gianfranco In difesa della creatività. Sempre. ne è al centro, ha innegabili doti creative di originalità e simpatia nonché di alto livello nella sua realizzazione, tanto da essere diventata addirittura un popolare “tormentone” al quale però, mi permetto insistere, mi risulta che pochissimi ricollegassero la promozione FIAT. A Giorgio aggiungo che non volevo nel modo più assoluto mettere in stato di accusa la creatività in generale e in particolare i creativi professionalmente seri e non improvvisati. Volevo aprire una discussione su certe campagne che rischiano di comunicare solo se stesse anziché il prodotto o il servizio che ne dovrebbero essere oggetto: campagne che molte volte sono firmate proprio da Agenzie altamente qualificate, da creativi quindi non certo improvvisati, e supportate da investimenti adeguati sia in termini di pianificazione media che di impegno produttivo. A questo punto mi sorge però un dubbio. Montanelli diceva: quando due non si capiscono, è colpa di chi non si spiega. Probabilmente anch’io non mi sono quindi espresso bene nel mio pezzo che voleva solo avanzare un dubbio, una perplessità e quindi aprire una discussione non su casi specifici ma sui rapporti in generale tra creatività e comunicazione. In altre parole: le campagne sono fatte per vincere premi o per dare messaggi con precise finalità comunicazionali? I due interventi di Moretti e Tramontini, pur pienamente legittimi e apprezzabili, mi sembra si limitino l’uno a giustificare la campagna FIAT e l’altro a difendere il lavoro dei creativi, senza però entrare nel merito del problema posto non solo da me ma anche da Giorgio Bocca Umberto Eco (che pubblicitari non sono ma comunicatori certamente sì) nonché dallo stesso Giorgio Brenna e da molti consumatori cui le campagne sono dirette: problema quindi evidentemente esistente e sentito. E se così fosse, anzi se così è, non sarò allora caduto anch’io proprio nello stesso errore da me segnalato, vale a dire quello di aver raccontato una storia che evidentemente ha interessato qualcuno, senza però essere stato chiaro nel comunicare il “messaggio” che intendevo lanciare al mio target di riferimento, cioè i creativi? E se così fosse, anzi se così è, me ne scuso con tutti, ma, tutti insieme, “meditiamo, gente, meditiamo….” Paolo Romoli 29 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 INCONTRI Edgar Lee Masters Edgar Lee Masters La collina Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso? Tutti, tutti, dormono sulla collina. Uno trapassò in una febbre, uno fu arso in miniera, uno fu ucciso in rissa, uno morì in prigione, uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari. Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina. è solo un modo per guadagnarsi da vivere. E quando sei povero e devi portare il credo cristiano e una moglie e i figli, tutto su di te, è troppo! E' per questo che inventai l'Elisir di Giovinezza, che mi spedì nella prigione di Peoria bollato come imbroglione e truffatore dall'integerrimo Giudice Federale! Il violinista Jones La terra emana una vibrazione là nel tuo cuore, e quello sei tu. E se la gente scopre che sai suonare, ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita. Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio? O un prato da attraversare per arrivare al fiume? Una morì di un parto illecito, Il vento è nel granturco; tu ti freghi le mani una di amore contrastato, per i buoi ora pronti per il mercato; una sotto le mani di un bruto in un bordello, oppure senti il fruscio delle gonne. una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale, Come le ragazze quando ballano nel Boschetto. una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi, ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag. Per Cooney Potter una colonna di polvere o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità. Tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina. Per me somigliavano a Sammy Testarossa che danzava al motivo di Toor-a-Loor. Dove sono zio Isaac e la zia Emily, Come potevo coltivare i miei quaranta acri e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton, per non parlare di acquistarne altri, e il maggiore Walker che aveva conosciuto con una ridda di corni, fagotti e ottavini uomini venerabili della Rivoluzione? agitata nella mia testa da corvi e pettirossi Tutti, tutti, dormono sulla collina. e il cigolìo di un mulino a vento - solo questo? E io non iniziai mai ad arare in vita mia Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra, senza che qualcuno si fermasse per strada e figlie infrante dalla vita, e mi portasse via per un ballo o un picnic. e i loro bimbi orfani, piangenti. Finii con quaranta acri; Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina. finii con una viola rotta e una risata spezzata, e mille ricordi, Dov'è quel vecchio suonatore Jones e nemmeno un rimpianto. che giocò con la vita per tutti i novant'anni, fronteggiando il nevischio a petto nudo, bevendo, facendo chiasso, non pensando Trainor, il farmacista né a moglie né a parenti, né al denaro, né all'amore, né al cielo? Solo il chimico può dire, e non sempre, Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa, cosa verrà fuori dall'unione delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary, di fluidi o solidi. di ciò che Abe Lincoln E chi può dire disse una volta a Springfield. come uomini e donne reagiranno fra loro, o quali figli ne risulteranno? C'erano Benjamin Pantier e sua moglie, Il dr. Siegfried Iseman (Un medico) buoni in sé stessi, ma cattivi l'uno con l'altro: lui ossigeno, lei idrogeno, Io dissi, quando mi diedero in mano il diploma, loro figlio, un fuoco devastatore. io dissi a me stesso: sarò buono Io, Trainor, il farmacista, un mescolatore e saggio e coraggioso e utile al mio prossimo. di sostanze chimiche, Dissi: porterò il credo cristiano morto mentre facevo un esperimento, nella pratica della medicina! vissi senza sposarmi. In qualche modo il mondo e gli altri medici sanno cosa c'è nel tuo cuore non appena prendi questa nobile decisione. E il fatto è che ti fanno morire di fame. E nessuno viene da te se non i poveri. Traduzione di Fernanda Pivano E tu scopri troppo tardi che fare il dottore Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie, la tenera, la semplice, la vociona, l'orgogliosa, la felice? Tutte, tutte, dormono sulla collina. 30 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Edgar Lee Masters (Garnett, Kansas, 23 agosto 1868 - Melrose, Pennsylvania 6 marzo 1950) è probabilmente il poeta americano più conosciuto ed amato in Europa. Figlio di un avvocato, trascorse la sua infanzia nella fattoria dei nonni a Petersburg e, in seguito, si trasferì con la famiglia a Lewistown, sulle sponde del fiume Spoon. A ventitrè anni si stabilisce a Chicago dove, dopo alcuni non fortunati tentativi di diventare giornalista, viene accolto nello studio di un eminente avvocato della città. Grazie a costui Masters diventa un avvocato di successo. È proprio in questo periodo che matura in lui l'idea di scrivere un componimento sulla storia del suo villaggio. Così a partire dal 29 maggio del 1914, giorno in cui viene pubblicata “La Collina”, quasi tutte le poesie dell'Antologia di Spoon River vengono pubblicate, una a una, con regolarità. Nel 1916 vede la luce la versione definitiva dell'opera che riscuote in breve tempo grande successo. Abbandona quindi la professione di avvocato per dedicarsi alla scrittura: scrive due biografie, romanzi, poesie ed un'autobiografia, ma con scarsa fortuna. All'età di 81 anni, il 6 marzo del 1950, muore a causa di una polmonite e viene sepolto nel cimitero di Petersburg. L’Antologia di Spoon River venne conosciuta in Italia nell’immediato dopoguerra grazie a Cesare Pavese che ne promosse la pubblicazione presso Einaudi. Fabrizio De Andrè ne ha tratto un album di grande successo il cui titolo “Non al denaro, non all'amore né al cielo” è costituito da un verso tratto dalla poesia “La Collina” che introduce la raccolta (1971). LETTURE a cura di Giorgio Bonifazi Razzanti - [email protected] a cura di Paolo Romoli Periodico di informazione del Consiglio Direttivo dell'Unione Nazionale Imprese di Comunicazione - UNICOM Riflessioni sull’orlo dell’Apocalisse Noam Chomsky, Bruce Stering, Deepak Chopra e altri Mondadori - Euro 10,80 Quando si pronostica il futuro si rischia inevitabilmente di prendere dei grossi abbagli che, per fortuna degli autori, quasi mai vengono ricordati quando quel futuro è diventato il presente. Questo libro è un po’ diverso dal genere, si presenta come un testo scritto a più mani che guarda al futuro ragionando su grandi temi sociali, economici e scientifici del nostro presente. Lo scrittore David Jay Brown ha messo insieme alcune delle menti più creative e brillanti in diversi campi dello scibile e ha registrato una serie di interessantissime conversazioni alle quali verrebbe voglia di avere partecipato. Si parla di scienza, di filosofia, di umanità, nella realtà quotidiana e negli sviluppi credibili del prossimo futuro. Tutti temi sui quali fa bene quali riflettere e che consentono di trarre argomenti utili per allargare la propria visione.(GBR) Amori miei Anno IV - n. 19 - Novembre 2006 Direttore Responsabile Paolo Romoli Mario Soldati La Stampa - Euro 6,90 Nel centenario della nascita dello scrittore, regista, nonchè grande comunicatore piemontese, La Stampa, della quale fu appassionato collaboratore, gli rende omaggio con una antologia di suoi articoli tuttora godibili in quanto frutto di un’insaziabile curiosità, un’intelligenza ora giocosa ora severa, un “mestiere” interpretato e vissuto con grande intensità e partecipazione. Precedono la raccolta alcuni brevi saggi di Carlo Fruttero, Claudio Gorlier, Nico Orengo e Bruno Gambarotta. Quest’ultimo in particolare, tratteggia la figura del Soldati comunicatore, ricordando quel suo “Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini” realizzato nel ‘57, per l’allora esordiente televisione, girato in 16 mm in bianco nero. Quel lavoro fu il capostipite - e rimane tuttora un caposaldo - della comunicazione del territorio, un “format” che ha avuto decine di maldestri imitatori. Recentemente un canale satellitare RAI lo ha riproposto. Il confronto tra l’originale ed i moltissimi cloni contemporanei è addirittura improponibile. E’ infatti abissale la distanza tra quel prodotto “pensato” da un grande comunicatore e da un artista vero e la molta paccottiglia contemporanea che, pur realizzata con grande dispiegamento di mezzi, mostra chiaramente che alla base di una buona comunicazione, non possono mancare “pensiero” e cultura. (LS) Comitato di Redazione Antonio Acampora Enrico Anghilante Giorgio Bonifazi Razzanti Nicola Bovoli Paolo Carmassi Alessandro Colesanti Donatella Consolandi Angela D’Amelio Juma Jannelli Fiammetta Malagoli Francesco Miscioscia Laura Rolle Rossella Sobrero Lorenzo Strona Giorgio Tramontini Biagio Vanacore Hanno collaborato a questo numero: Giorgio Bonifazi Razzanti Alberto Contri Alessandro Colesanti Alessandro Costella Angela D’Amelio Vincenzo Guggino Fiammetta Malagoli Paolo Romoli Lorenzo Strona Giorgio Tramontini Alessandro Ubertis Bruno Zerbini Immagini: - Archivio Unicom - TIPS images (per gentile concessione) UNICOM Unione Nazionale Imprese di Comunicazione 20122 Milano - Piazza Bertarelli, 1 tel. +39.02.863815 r.a. - Fax +39.02.809636 e-mail: [email protected] www.unicom-mi.org Editore incaricato: LS&P srl - Viale Marazza, 30 28021 Borgomanero (No) Iscrizione al ROC n. 1348 Stampa: Mediagraf srl Viale della Navigazione interna, 89 35027 Noventa Padovana (PD) Periodico Bimestrale registrato presso il Tribunale di Milano n. 656 con Decreto del 17-11-2003 Distribuzione 7800 copie Sped. in Abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 Filiale di Padova DCB Costo copia Euro 2,00 Abbonamento 6 numeri Euro 6,00 Pagamento anticipato a mezzo Assegno Bancario intestato a: UNICOM - P.za Bertarelli, 1 20122 Milano Ai sensi della Legge 675/96, art. 10 si informa che l'Editore incaricato tratta i dati forniti da Unicom. Nei confronti dell'Editore e di Unicom sarà quindi possibile esercitare i diritti di cui all'art. 13 della suddetta legge (cancellazione, rettifica, aggiornamento, integrazione). 31 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 19 / 06 Una scelta. Molte opportunità Conoscere la realtà in cui si vive è il primo compito di un comunicatore, così come lo è per un imprenditore. Unicom da tempo rappresenta, promuove e sostiene le imprese che operano in questo comparto, ne conosce a fondo ogni aspetto: valori, costi, problemi, e mette loro a disposizione una pluralità di servizi e convenzioni. Ma la forza di Unicom non si basa solo sulla qualità delle opportunità che offre alle imprese associate: la sua capacità di interpretare e rappresentare necessità ed aspettative del mondo della comunicazione costituisce la premessa migliore per affrontare e vincere ogni sfida, anche la più impegnativa. Aderire ad Unicom dunque significa aggiungere energie al proprio lavoro. Scegli come conoscere Unicom e cosa fare per farne parte: coupon, e-mail o telefono e poi… incontriamoci. unicom Desidero ricevere altre informazioni su Unicom Nome ...................................................................... Azienda ........................................................................... Indirizzo .................................................................. CAP .................. Città .................................................. Telefono .................................................................. E.mail ................................................................................. Piazza Bertarelli, 1 - 10122 Milano - Tel. 02.863815 - Fax 02.809636 - E,mail [email protected] - www.unicom-mi.org Unione Nazionale Imprese di Comunicazione Insieme conviene