Dr.ssa Cristina Casella
Livorno 6 novembre 2015
Avere in classe un alunno con
Disturbo dello Spettro Autistico:
alcune cose generali che potrebbe essere
utile conoscere
Quante sono le persone
autistiche?
• Si è pensato erroneamente che l’autismo
fosse un fenomeno molto raro, finchè alcuni
studi epidemiologici a partire dalla metà
degli anni 90 hanno cominciato ad indicare
tassi di prevalenza di 1-2/1000 (contro 25/10.000 del passato)
• Studi recentissimi riportano una prevalenza
fino a 1-2/150
Quale è la causa dell’
dell’autismo?
La causa dell’autismo non è ancora nota
ma c’è una accertata
predisposizione genetica
BIOLOGICA
alla disabilità principale che è
prevalentemente di tipo
interattivo-comunicativo
Nello sviluppo atipico che porta a un
disturbo dello spettro autistico gli stimoli
sociali non assumono la priorità che
assumono nello sviluppo tipico, ma non
c’è rifiuto o ostilità verso questo tipo di
stimoli, soltano una attenuazione
dell’orientamento preferenziale ad essi
rivolto.
• Imitazione e attenzione condivisa sono
processi che stanno alla base
dell’apprendimento sociale e che, in
quanto difettose in varia misura, minano la
struttura su cui la persona autistica può
poggiare i propri apprendimenti
L’autismo si contrae dopo
essere stati vaccinati?
Il Direttore del Centro nazionale di
epidemiologia dell’Istituto Superiore di
Sanità Stefania Salmaso interviene nel
marzo 2014 con una nota sulla trentennale
querelle:
“La presenza di una possibile associazione
causale tra vaccinazioni e autismo è stata
estensivamente studiata e non è stata
evidenziata alcuna correlazione”.
• Come altri disturbi cronici o incurabili, l’autismo è stato il
bersaglio di operatori disonesti le cui tecniche finiscono per
ingannare le famiglie,che cercano disperatamente facili
risposte a domande difficili…”
• “la trattazione popolare dell’autismo da parte dei media e la
recente diffusione di internet hanno aumentato la velocità con
cui si possono ottenere le informazioni, sia quelle accurate
che quelle distorte”
• “allo stress dei genitori si aggiunge quindi la fatica di
scegliere tra le varie terapie ampiamente pubblicizzate. Essi
sono in tal modo distolti dall’affrontare i bisogni fondamentali
del figlio e dal convogliare le loro energie in utili approcci
interattivi e di insegnamento…”
•
Volkmar e Cohen 1997 (trad.it 2004)
Il nome “vero” del disturbo
• Nel tempo la categoria di disturbi comprendente
l’autismo ha cambiato nome per cui di fronte ad una
etichetta diagnostica dobbiamo chiederci in che periodo
cronologico questa è stata formulata (e anche a quale
classificazione fa riferimento)
• Tendenza attuale (DSMV ) all’utilizzo di categoria unica
“disturbi dello spettro autistico” con specificatori.
• Il DSMV è uscito dopo lunga incubazione ed è stato
pubblicato nel 2013 in italiano
DSM V
i più recenti cambiamenti nell’etichetta
diagnostica
• Autismo e disturbi correlati sono riuniti in una categoria
singola “DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
(A09)” all’interno dei “Neurodevelopmental Disorders”
• Sono scomparsi tutti gli eponimi (asperger, rett…). La
differenziazione tra diversi DPS non si è dimostrata utile
per confrontare casistiche diverse. In tal senso risultano
più utili alcuni “specificatori”:
– livello di gravità
– livello linguistico
– livello cognitivo
DSM V
• I criteri convergono in una area sociocomunicativa unica + una seconda (ex
terza!!!) area (interessi ristretti ripetitivi e
stereotipati) a cui viene data maggiore
rilevanza e senza la quale non c’è il
soddisfacimento dei criteri diagnostici per
lo spettro autistico.
Criteri Diagnostici per Disturbo dello Spettro Autistico
(DSMV):
Deve soddisfare i criteri A, B, C e D:
A.
Deficit persistente nella comunicazione sociale e dell’interazione
sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generale
dello sviluppo, e manifestato da tutti e 3 i seguenti punti:
1.
2.
3.
Deficit nella reciprocità socio-emotiva: un approccio sociale anormale e
fallimento nella normale conversazione (in avanti ed indietro) e/o un ridotto
interesse nella condivisione degli interessi, emozioni, affetto e risposta e/o
una mancanza di iniziativa nell’interazione sociale.
Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione
sociale: che vanno da una povera integrazione della comunicazione verbale
e non verbale, attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio
del corpo, o deficit nella comprensione e nell’uso della comunicazione non
verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità.
Deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni, appropriate al livello di
sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver): difficoltà nel
regolare il comportamento rispetto ai diversi contesti sociali e/o difficoltà
nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie e/o apparente
mancanza di interesse nelle persone.
B. Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive come
manifestato da almeno 2 dei seguenti punti:
1. Linguaggio e/o movimenti motori e/o uso di oggetti, stereotipato e/o
ripetitivo: come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di
oggetti, frasi idiosincrasiche.
2. Eccessiva aderenza alla routine, comportamenti verbali o non verbali
riutilizzati e/o eccessiva resistenza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza
nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande o discussioni
incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti.
3. Fissazione in interessi altamente ristretti con intensità o attenzione
anormale: forte attaccamento o preoccupazione per oggetti inusuali,
interessi eccessivamente perseveranti o circostanziati.
4. Iper-reattività e/o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali
rispetto a certi aspetti dell’ambiente: apparente indifferenza al
caldo/freddo/dolore, risposta avversa a suoni o tessuti specifici, eccessivo
odorare o toccare gli oggetti, fascinazione verso luci o oggetti roteanti.
• C. I sintomi devono essere presenti nella
prima infanzia (ma possono non diventare
completamente manifesti finché la
domanda sociale non eccede il limite delle
capacità).
• D. L’insieme dei sintomi deve
compromettere il funzionamento
quotidiano.
Livello di gravità
• Livello 3: Richiede supporto rilevante
–
–
Comunicazione sociale: I severi deficit nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, causano un impedimento
severo nel funzionamento; iniziativa molto limitata nell’interazione sociale e minima risposta all’iniziativa altrui.
Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: Preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono
marcatamente con il funzionamento in tutte le sfere. Stress marcato quando i rituali o le routine sono interrotte; è molto
difficile ridirigere dall’interesse fissativo o ritorna rapidamente ad esso.
• Livello 2: Richiede supporto moderato
–
–
Comunicazione sociale: Deficit marcati nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, l’impedimento sociale
appare evidente anche quando è presente supporto; iniziativa limitata nell’interazione sociale e ridotta o anormale
risposta all’iniziativa degli altri.
Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: Preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi appaiono abbastanza di
frequente da essere ovvi all’osservatore casuale ed interferiscono con il funzionamento in diversi contesti. Stress o
frustrazione appaiono quando sono interrotti ed è difficile ridirigere l’attenzione.
• Livello 1: Richiede supporto lieve
–
–
Comunicazione sociale: senza supporto i deficit nella comunicazione sociale causano impedimenti che possono
essere notati. Ha difficoltà ad iniziare le interazioni sociali e mostra chiari esempi di atipicità o insuccesso nella
risposta alle iniziative altrui. Può sembrare che abbia un ridotto interesse nell’interazione sociale.
Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: Rituali e comportamenti ripetitivi causano un’interferenza significativa in
uno o più contesti. Resiste ai tentativi da parte degli altri di interromperli.
Apprendere nell’autismo
• La capacità di imparare non è di per sé
compromessa nelle persone autistiche
• Le difficoltà sociali portano a un deficit nel
processo di apprendimento il quale si
compie attraverso due canali:
• Apprendere dagli altri
• Apprendere dalla propria esperienza
Per le persone con disturbo dello spettro
autistico è presente un deficit di info in entrata
Problemi percettivi
• I problemi percettivi non sono la causa
dell’autismo, ma sono presenti nella maggior
parte delle persone autistiche, pertanto
bisogna conoscerli come problematica
generale che riguarda l’autismo e che può
ostacolare i processi di apprendimento
sociale
• Bisogna diventare dei “detective” per
arrivare a scoprire le caratteristiche
sensoriali particolari della persona autistica
con cui ci rapportiamo
ATTENZIONE…
• Poiché nella relazione tra due, quando le cose
funzionano (e anche quando no!!! ) si ha una coregolazione, l’importante è prima ancora che
fare l’indagine sull’altro, diventare AUTOdetective per conoscere le nostre caratteristiche
e capire meglio l’interlocutore anche alla luce di
questo.
• Questo è valido per gli aspetti sensoriali ma
anche e soprattutto per gli aspetti emotivi che
ognuno di noi veicola nella interazione con
l’altro!!
Un po’ di buona scuola…
Protocollo d'intesa
tra
REGIONE TOSCANA
UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE
ANCI Toscana
Per l'inclusione scolastica di bambini e ragazzi con
disturbi dello spettro autistico
(Delibera n.168 del 02-03-2015 – Allegato A1
integrazione autismo)
Indirizzi per l'inclusione scolastica
di bambini e ragazzi con disturbi dello spettro
autistico
•
La scuola deve garantire, per gli allievi/e con DSAut,
percorsi di apprendimento significativi in un contesto
inclusivo. In tal senso ogni esperienza educativa deve
principalmente essere condivisa con il gruppo dei pari.
•
La scuola è per l’alunno con DSAut un contesto
complesso, complicato e spesso molto faticoso, che pone
continue e pesanti richieste alla sua capacità di
interazione sociale e comunicativa e di tolleranza
sensoriale, ma al tempo stesso è un’occasione unica per
entrare in contatto e stabilire legami con i pari, acquisire
abilità nuove e generalizzare apprendimenti conquistati
nell’ambiente familiare o in ambito riabilitativo: la scuola
ha pertanto una forte valenza educativa\adattiva.
La condivisione quotidiana delle esperienze
con i compagni a sviluppo tipico e la
relazione con nuovi adulti rappresenta
un’opportunità per l’acquisizione di abilità
sociali, cognitive e, soprattutto, per stabilire
quei rapporti di amicizia che sono
fondamentali per lo sviluppo di tutti i bambini
e i ragazzi. Tali rapporti di amicizia sono
però molto difficili da costruire e mantenere
per chi presenta un DSAut
L’algoritmo dell’amicizia…
purtroppo non esiste!!!
Il processo di inclusione è orientato su due assi distinti e
complementari, che concorrono a definire l’insegnamento
strutturato:
1. l’adattamento dell’ambiente fisico e umano in modo
da facilitare la regolazione, prevenire il sovraccarico
sensoriale, sostenere la comunicazione e l’interazione, e
favorire la comprensibilità sociale e la prevedibilità degli
eventi;
2. adeguamento delle richieste alle modalità
comunicative dell’alunno con autismo e adattamento dei
contenuti didattici e delle loro modalità di presentazione alle
peculiarità del funzionamento sensoriale, comunicativo e
cognitivo (prevalenza delle modalità spazio-temporali su
quelle verbali, organizzazione del materiale e della
comunicazione con modalità prevalentemente visive, ecc.).
Per garantire un’efficace azione inclusiva è
necessario assicurare adeguata formazione e
informazione a tutto il personale scolastico coinvolto
nel progetto educativo; in particolare gli insegnanti
(curriculari e di sostegno) devono conoscere sia le
particolarità del funzionamento sociale,
comunicativo, sensoriale della persona con autismo,
sia saper utilizzare strategie e metodi di verifica
adeguati alle caratteristiche dell’alunno.
Al personale non docente devono essere offerte
informazioni e competenze che permettano una
comunicazione efficace e la comprensione dei
comportamenti sociali della persona con autismo
Fasi del percorso educativo
Il compito della scuola, nella costruzione di
un efficace percorso educativo per
l’alunno con DSAut può essere
rappresentato secondo tre dimensioni:
a) PROGETTAZIONE
b) ORGANIZZAZIONE
c) DIDATTICA
PROGETTAZIONE
Progettare l’inclusione dell’alunno con autismo
vuol dire individuare e garantire una serie di
azioni che precedono e accompagnano l’attività
didattica:
1 Definizione di un progetto educativo e
didattico, condiviso con la famiglia e i servizi
sanitari che hanno in carico l’alunno. È
opportuno prevedere, d’accordo con i familiari e
gli operatori sanitari, fin dall’inizio del percorso,
indicatori precisi e semplici della qualità del
processo di inclusione e del suo esito anche
ricorrendo a strumenti di valutazione
2 Garanzia di continuità nei passaggi da un ordine di
scuola al successivo, assicurata da una presentazione
dettagliata dell’alunno, in collaborazione con la famiglia
ed i servizi sanitari che lo hanno in carico. La
presentazione dovrà contenere in particolare una
raccolta di informazioni utili all’inclusione (punti di forza e
di debolezza, caratteristiche specifiche, modalità di
comunicazione, interessi privilegiati, abitudini di vita,
esperienze pregresse, profilo sensoriale, ecc.) e dovrà
essere finalizzata anche alla predisposizione di interventi
di facilitazione dell’accoglienza e all’abbattimento di
barriere, anche culturali, presenti nel nuovo contesto.
ORGANIZZAZIONE
L’insegnamento strutturato è utile per offrire un ambiente educativo
leggibile e rassicurante, ma al tempo stesso flessibile, funzionale ai
reali bisogni ed al livello di sviluppo dell’allievo.
A tal fine è opportuno che la scuola utilizzi strategie specifiche quali:
- Strutturare gli spazi e scegliere gli ambienti. Per favorire il
benessere, l’apprendimento e l’inclusione dell’allievo con DSAut è
importante, ad esempio, individuare e prevedere classi non affollate,
con possibilità di angoli/spazi di lavoro riconoscibili;
- Proporre tutti gli strumenti (come le agende visive, le storie sociali,
ecc.) che favoriscano la comprensibilità e la prevedibilità
dell’organizzazione temporale e sociale delle attività scolastiche;
- Ricorrere a modalità comunicative prevalentemente
visive, e comunque secondo i canali più efficaci e meno
faticosi per l’alunno; accompagnare la comunicazione
verbale verso l’alunno con DSAut con forme di
comunicazione aumentativa/alternativa;
- Strutturare i tempi in modo da garantire ritmi, pause e
recuperi che rispettino le necessità dell’alunno con
DSAut, con una particolare attenzione ai segnali di
ansia, affaticamento, sovraccarico e disagio, per
promuovere il benessere dell’alunno e prevenire
l’emergere di comportamenti problematici;
- Valorizzare la continuità del progetto educativo, non
necessariamente vincolata ad una sola figura di
riferimento.
DIDATTICA
La didattica speciale di qualità si basa sulla conoscenza di modelli,
prassi e strategie efficaci di intervento, sulla continuità e sulla
condivisione delle scelte metodologico-didattiche: tutto ciò non può
però tradursi in modalità di lavoro costantemente separate e
parallele a quelle della classe di appartenenza ed attuate
esclusivamente in rapporti individualizzati. Le peculiarità dell’allievo
con autismo e l’adozione di strategie psico-educative possono
richiedere l’individualizzazione del lavoro, l' inserimento in gruppi
progressivamente più numerosi, il ricorso ad ambienti privilegiati e
protetti.
L’obiettivo deve comunque rimanere quello dell’inclusione,
costruendo occasioni di apprendimento significativo e funzionale al
contesto relazionale
L’approccio didattico speciale si articola nei passaggi di seguito
descritti:
- osservazione nel contesto scolastico, fondamentale per
progettare un intervento mirato;
- conoscenza delle specificità del disturbo, del funzionamento
dell’individuo e dei livelli di sviluppo raggiunti;
- coerenza degli interventi in atto nei diversi contesti: sono
necessari la stretta collaborazione sia con la famiglia che con gli
operatori sanitari che hanno in carico l’alunno per coordinare e
rendere coerenti gli interventi, ma ciascuna figura professionale
deve mantenere i propri ruoli e mettere a disposizione la propria
competenza specifica per la condivisione di un progetto educativo
del quale è comunque responsabile la scuola.
Quel che può servire…
Alcuni elementi facilitanti l’apprendimento … I
Compiti più graditi e affrontabili con più facilità
per i bambini/ragazzi con DA:
quelli con consegna semplice da decodificare sul piano verbale
quelli che non richiedono imitazione di un’altra persona
quelli maggiormente dipendenti dalle abilità visive
quelli che richiedono pochi passaggi di attenzione e pochi
cambiamenti di strategia
Rinforzi:
i rinforzi sociali
spesso non sono i più efficaci
occorre pensare rinforzi più “individualizzati”, in termini
soprattutto di attività e stimoli graditi sul piano sensoriale da
intervallare alle esperienze più faticose. (C.Floriani)
Alcuni elementi facilitanti l’apprendimento … II
L’ambiente deve essere:
semplice e ordinato, senza troppi stimoli
con informazioni visive chiare e ben organizzate
possibilmente poco rumoroso
Per quanto riguarda l’organizzazione delle attività occorre:
Prevedibilità
Struttura
In pratica si tratta di sapere COSA faccio, QUANDO lo faccio, QUANTO
durerà
La difficoltà a tollerare i cambiamenti può essere ridotta dall’anticipazione
(verbalmente, con immagini o con oggetti di transizione, es. dare in
mano un cucchiaio un po’ prima di recarsi a mensa) (C. Floriani)
Uno dei problemi centrali dell’apprendimento nella
disabilità: la GENERALIZZAZIONE di ciò che viene
appreso nei contesti di trattamento ai contesti naturali
l’ambiente che si adatta alle difficoltà dell’individuo
l’individuo che si adatta alle richieste ambientali
occorre trovare il compromesso migliore
per quella singola persona
Dove si può collocare l’ambiente scolastico?
(C.Floriani)
Esempi di testi che possono aiutare
•
Ogni storia sociale cerca di fornire al bambino
delle risposte a domande chiave riguardo a
una situazione sociale problematica:
–
–
–
–
Cosa sta succedendo?
Chi sta facendo cosa?
Perché succede?
Quale regola culturale, istituzionale, o
individuale sta alla base di quello che la gente
fa?
– Quali sono le TIPICHE risposte accettabili
socialmente che il bambino o il ragazzo
possono dare nella situazione specifica?
La storia sociale rispondendo in modo chiaro a
queste domande rende esplicito ciò che i
bambini con uno sviluppo tipico capiscono da
soli grazie ai messaggi sociali espliciti o impliciti
contenuti nelle situazioni sociali di tutti i giorni
Un esempio di storia sociale…
•
REGOLE DEI RAGAZZI GRANDI CHE VANNO ALLE SUPERIORI
•
I RAGAZZI CHE VANNO ALLE SUPERIORI POSSONO COMINCIARE A PENSARE ALLE
FIDANZATE.
I RAGAZZI CHE VANNO ALLE SUPERIORI POSSONO USCIRE CON GLI AMICI SENZA I
GENITORI.
I RAGAZZI CHE VANNO ALLE SUPERIORI, COME GLI ADULTI, SI SPOGLIANO E SI VESTONO IN
PRIVATO PERCHE’ DEVONO PROTEGGERE LA LORO PRIVACY.
I RAGAZZI CHE VANNO ALLE SUPERIORI POSSONO DORMIRE DA SOLI O CON ALTRI RAGAZZI
(I MASCHI CON I MASCHI E LE FEMMINE CON LE FEMMINE COME ALLA GITA).
ANCHE SE SONO GRANDI I RAGAZZI DELLE SUPERIORI AL MOMENTO DI ANDARE A DORMIRE
POSSONO CHIEDERE: “EHI HO QUALCOSA CHE MI PREOCCUPA, RIMANI UN PO’ CON ME CHE
NON SONO TRANQUILLO?”
QUANDO I RAGAZZI VANNO ALLE SUPERIORI IN ALCUNI MOMENTI IL LORO PISELLO DIVENTA
PIU’ GRANDE. I RAGAZZI ALLORA POSSONO DIRE “SCUSATE HO BISOGNO DI UN PO’ DI
PRIVACY” E POSSONO ANDARE IN BAGNO O IN CAMERA LORO QUANDO NON C’E’ NESSUNO
PER TOCCARE IL LORO PISELLO E FARLO TORNARE AL SUO POSTO DOPO CHE SI E’
SCARICATO.
I RAGAZZI POSSONO POI LAVARSI LE MANI E TORNARE CON GLI ALTRI. IN QUESTO MODO
SONO SICURI DI NON AVER DATO DISTURBO A NESSUNO.
OGNUNO DEVE PENSARE AL PROPRIO PISELLO E NON A QUELLO DEGLI ALTRI. SE C’E’
QUALCOSA CHE NON CI RIESCE SI PUO’ SEMPRE CHIEDERE A BABBO.
I RAGAZZI DELLE SUPERIORI NON POSSONO TOCCARE LE RAGAZZE E LE DONNE SENZA IL
LORO PERMESSO PERCHE’ QUESTO CREA IMBARAZZO E DISPIACERE ALLE RAGAZZE E ALLE
DONNE. IN PARTICOLARE LE DONNE E LE RAGAZZE NON VOGLIONO ESSERE TOCCATE IN
ALCUE PARTI DEL CORPO (SENO, SEDERE, SCHIENA, COSCE, PANCIA).
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Un altro esempio…
• LA CONVERSAZIONE
• QUANDO PARLO CON QUALCUNO VOGLIO CHE LUI CAPISCA
COSA DICO.
• QUANDO PARLO CON QUALCUNO POSSO PROVARE A
IMMAGINARE LE COSE CHE LUI SA E QUELLE CHE NON SA
SULL’ARGOMENTO DI CUI IO GLI PARLO.
• SE VOGLIO CHE MI CAPISCA DEVO DARE MOLTE
INFORMAZIONI SULLE COSE CHE L’ALTRO NON SA.
• SE NON VOGLIO CHE SI ANNOI NON DEVO DARE TROPPE
INFORMAZIONI SULLE COSE CHE L’ALTRO SA GIA’.
• PER ESSERE SICURO POSSO CHIEDERE “SONO STATO
ABBASTANZA CHIARO?” OPPURE “MI SONO SPIEGATO?”…
Esempi di testi che possono aiutare
2 workbook:
1 per alto funzionamento
1 per basso funzionamento
(inteso cognitivo)
Non tutto va bene per tutti:
- Conoscere la persona
- Porsi un obiettivo
- Organizzare quello che serve per
raggiungerlo
- Realizzare l’attività all’interno di
una relazione significativa
• Si possono utilizzare tutti i testi più aggiornati o i
software più sofisticati reperibili sul mercato, ma se
la persona che abbiamo davanti non si sentirà capita
e rispettata nelle sue caratteristiche anche se
peculiari, difficilmente farà lo sforzo di capirci e di
lasciar passare le informazioni che le proponiamo.
• allora i nostri mondi proseguiranno come binari
paralleli che non si incontrano mai, con disagio,
talvolta anche con rabbia da tutte e due le parti