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42° FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA
Martina Franca, 14 luglio - 5 agosto 2016
Scriveva Euripide che l'arco di Eros è duplice: da un lato scocca i dardi della
gioia e dell'estasi, dall'altro quelli della pena e dello smarrimento, e confonde
l'uomo, portandolo dall'ebbrezza alle più cupe tempeste dell'animo.
“I giochi e gli abissi di Eros”, questo potrebbe essere uno dei titoli del
cartellone della 42ª edizione del Festival della Valle d'Itria, significativamente
dedicato a Giovanni Paisiello (1740 - 1816), uno dei più gloriosi nomi della
scuola pugliese-napoletana, di cui ricorre nel 2016 il bicentenario della morte.
La vita del genio musicale pugliese, nato a Taranto e formatosi musicalmente a
Napoli, è uno dei più eclatanti esempi di cosmopolitismo culturale; il Tarantino
colleziona infatti commissioni, incarichi e allori, oltre che nel Regno di Napoli,
dapprima nello Stato Pontificio e quindi nelle più ricche corti europee:
soprattutto a San Pietroburgo, alla corte di Caterina II, e quindi Parigi e Varsavia.
L'apertura del Festival 2016 è dedicata a un significativo repêchage paiselliano:
si recupera infatti una brillante commedia per musica, composta su di un
soggetto noto agli appassionati e agli studiosi soprattutto grazie all’opera
omonima del coevo Antonio Salieri: La grotta di Trofonio.
In quest’opera tipica d'ensemble, eccezionalmente ricca di pezzi d'assieme,
Paisiello esalta il meccanismo teatrale caratteristico del genere comico: un
manipolo di bizzarri personaggi, di varia caratterizzazione ed estrazione sociale,
còlti in un complesso intreccio di interessi contrastanti, nell'alternarsi di una
tavolozza di sentimenti: seduzione, gelosia e competizione muovono i
personaggi all'interno di una dimensione apparentemente realistica e
quotidiana, in realtà perfettamente idealizzabile, che sottolinea ambizioni,
meschinità, egoismi e fragilità, secondo i caratteri alla satira sociale e di costume
del tempo.
Il libretto che Paisiello intona è un rimaneggiamento del gustosissimo e originale
dell'Abate Casti, che Salieri aveva utilizzato per la sua Grotta di Trofonio, andata
in scena al Burgtheater di Vienna nell'ottobre 1785, e che anticipa i temi del Così
fan tutte dapontiano.
Nel dicembre dello stesso anno, adattando il soggetto originale, di impianto più
astratto e geometrico, a una varietà di tipi teatrali più "italiani" (tra cui spicca ad
esempio il buffo Gasperone, che si esprime in dialetto napoletano), Paisiello
presenta l'opera a Napoli, sulle scene del Teatro dei Fiorentini.
Anche per queste ragioni storiche, La grotta di Trofonio dà perfettamente conto
del gusto musicale imperante in Italia nell'ultimo scorcio del XVIII secolo, che
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vede affermarsi l'opera comica quale genere di sicuro successo anche per
compositori che avevano già dato prova di maestria nel genere serio e in quello
sacro.
A Martina Franca l'opera di Paisiello va in scena per la prima volta in tempi
moderni, grazie al lavoro di revisione di Luisa Cosi, esperta musicologa votata al
recupero della Scuola pugliese.
Lo spettacolo, realizzato con le scene di Dario Gessati e i costumi di Gianluca
Falaschi (entrambi tornano al Festival dopo il successo de La donna serpente), è
affidato alla fantasia e all'estro teatrale di Alfonso Antoniozzi, interprete di
riferimento negli ultimi vent'anni del repertorio buffo ottocentesco; artista
poliedrico e vulcanico, Antoniozzi da qualche anno alterna la carriera di
cantante a quella di regista: ha deciso di dare all'opera una lettura idealizzante,
ambientandola negli Anni '10 del Novecento, immaginando le vicende di un
improbabile gruppo di turisti alla scoperta di una Grecia arcadica e
sorprendente, scaturiti da un mondo di...carta.
La direzione d'orchestra è affidata a Giuseppe Grazioli, elegante ed eclettico
musicista, che torna a Martina Franca sul podio operistico, dopo il trionfo di
Napoli milionaria, nel 2010.
Al cast, per un'opera di ensemble e d’irresistibile ritmo teatrale, è richiesto il più
spumeggiante virtuosismo attoriale, e di garantire gli opportuni equilibri tra tipi
vocali e "maschere" teatrali; a Martina Franca si potranno ammirare artisti
riconosciuti tra i più brillanti talenti teatrali oggi in carriera, e alcuni di essi sono
veri e propri beniamini del pubblico del Festival: nel ruolo eponimo torna a
Martina Franca, dopo il successo personale riscosso come protagonista delle
Braci, il grande basso Roberto Scandiuzzi, e - per il quarto anno consecutivo - il
mattatore Domenico Colaianni, ancora una volta chiamato a un irresistibile
ruolo di carattere. Rivediamo anche la giovane Angela Nisi, mentre debuttano
invece a Martina Franca due bellissimi nomi del panorama lirico, quali Daniela
Mazzucato e Giorgio Caoduro, oltre al giovane tenore Matteo Mezzaro e al
soprano Caterina Di Tonno.
Lo spettacolo, dopo il Don Checco dello scorso anno, rinnova la collaborazione
con la Fondazione del Teatro di San Carlo di Napoli, a conferma del valore di
una partnership tutt'altro che estemporanea con la massima istituzione culturale
di una grande capitale della storia della musica europea. Questa coproduzione si
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configura come l'evento di punta di una serie di iniziative collaterali che vedono
il Festival e il Teatro San Carlo uniti nelle celebrazioni paiselliane, tra le quali un
convegno di studi internazionale, una mostra monografica, documentale e
iconografica.
Di straordinario valore è la proposta rappresentata dal secondo titolo operistico
del cartellone, che andrà in scena nel cortile di Palazzo Ducale il 30 luglio 2016.
È infatti addirittura una prima assoluta mondiale quella di Francesca da
Rimini, opera inedita di Saverio Mercadante.
Si tratta evidentemente di uno dei progetti più ambiziosi dell'intera storia
del Festival della Valle d'Itria, che allinea un grande titolo di un compositore
tra i maggiori dell'Ottocento italiano, un soggetto leggendario e due personaggi
divenuti archetipi culturali per l'Occidente: Paolo e Francesca, gli sfortunati
amanti immortalati da Dante nel Quinto Canto della Commedia.
Saverio Mercadante, altamurano trasferito a Napoli, consolida la propria fama a
Vienna, Parigi e quindi a Madrid. Proprio per la corte spagnola scrive la sua
Francesca da Rimini, ambizioso lavoro su libretto di Felice Romani, per il quale
non risparmia energie, e che per ragioni su cui la storia deve ancora fare luce,
non andrà mai in scena. La partitura manoscritta, datata 1831 e conservata in
due copie (una a Bologna e una proprio nella capitale spagnola), perfettamente
compiuta e integra, rivela una cura singolare per la scrittura e per il dettaglio, e
presenta annotazioni autografe di rilevante valore. Le scelte musicali che
Mercadante porta avanti in quest'opera sono degne di un lavoro che pareva
destinato ad accendere gli entusiasmi dell'epoca.
Un debutto quindi molto atteso e di portata storica, che richiede una locandina
prestigiosa: a Martina Franca la nuovissima e ancora sconosciuta Francesca da
Rimini, opera di grande respiro e con pagine di sorprendente ispirazione, vedrà
finalmente la luce, affidata alle cure del direttore musicale del Festival, Fabio
Luisi, e all'eleganza di uno dei grandi maestri del teatro italiano, Pierluigi Pizzi,
che torna a Martina Franca vent'anni dopo il memorabile successo della sua
Grande-duchesse de Gérolstein, per curare l'intero progetto scenico dell'opera,
firmando regia, scene e costumi.
La lettura che Pizzi sta preparando non mancherà di sorprendere, essendo
improntata sul più asciutto dei minimalismi possibili: i protagonisti si
muoveranno all'interno di uno spazio scenico completamente vuoto, scosso dai
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chiaroscuri di una colossale vela nera, che rimanda alla “bufera infernal, che mai
non resta”. L'importante cifra coreografica che ne deriva potrà contare sulla
prestigiosa firma di Gheorghe Iancu.
Il cast, totalmente internazionale, punta su tre giovani promesse, a partire dalla
spagnola Leonor Bonilla (Francesca) e dalla giapponese Aya Wakyzono
(Paolo), affiancate dal turco Mert Süngü (Lanciotto), tutti chiamati a misurarsi
con una vocalità impegnativa e con ruoli assolutamente inediti.
Dell'opera, com'è evidente che debba essere in occasione di una prima mondiale
di questa rilevanza, sarà eseguita la nuovissima edizione critica curata da
Elisabetta Pasquini per Ut Orpheus.
Giunta al sesto anno di attività, e affidata ora direttamente alle preziose cure di
Fabio Luisi, l'Accademia del Belcanto consolida il suo intenso e fecondo lavoro
sul repertorio belcantistico, oltre a proseguire sul percorso di un rigoroso
approfondimento stilistico e tecnico del cosiddetto "barocco".
La rilevante novità di quest'anno è che la proposta dedicata ai giovani artisti
della "Rodolfo Celletti" si sdoppia: oltre che nel consueto titolo del repertorio
seicentesco affidato alle cure di Antonio Greco, messo in scena nella cornice
intima e suggestiva del Chiostro di San Domenico, alcuni di loro si misureranno
in uno dei titoli più popolari del repertorio belcantistico, eseguito in forma
semiscenica negli ampi spazi di Palazzo Ducale. È la riprova che i giovani
dell'Accademia sono ormai in grado di esprimere una compiuta maturità vocale
e interpretativa, tale da potersi far apprezzare anche nel grande repertorio.
Sono quindi due, da quest'anno, i titoli riservati ai giovani cantanti
dell'Accademia Celletti: per l'ambito seicentesco si è scelto di continuare nella
proposta del teatro musicale di Agostino Steffani; dopo la sorprendente messa
in scena de La lotta d'Ercole con Acheloo, che riscosse nel 2014 un travolgente
successo di critica e pubblico, viene proposto il secondo atto unico scritto da
Steffani, geniale autore il cui pregio musicale è oggetto di recente e vitale
riscoperta musicologica; alla giovane musicologa brasiliana Cinthia Alireti, già
responsabile dell'edizione della Lotta, il Festival ha affidato l'edizione critica di
Baccanali, altro titolo mai rappresentato in tempi moderni, e che promette
nuove mirabilia musicali.
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La parte scenica dello spettacolo è stata affidata a Cecilia Ligorio, che
nell'ultima edizione del Festival si è imposta all'attenzione del pubblico con una
sorprendente lettura del Barbiere di Siviglia, travolgente per ritmo e
originalità: le caratteristiche del Chiostro di San Domenico dovrebbero garantire
la dimensione ideale al suo talento registico, che per questo Steffani punta a una
lettura poetica, lucida e visionaria del libretto di ispirazione classica. Alessia
Colosso e Manuel Pedretti firmano rispettivamente scene e costumi di un
allestimento che porterà suggestivi elementi di natura all'interno del Chiostro.
Per quanto riguarda invece l'opera di "repertorio" la scelta è caduta su Così fan
tutte: il capolavoro di Mozart e Da Ponte è perfettamente centrato sul tema del
Festival di quest'anno e offre ai giovani artisti dell'Accademia “Celletti” una
straordinaria occasione di misurarsi con le potenzialità del più alto teatro
musicale. Ulteriore motivo di interesse della proposta, oltre al titolo stesso, sarà
la direzione di Fabio Luisi, che ha deciso di debuttare con questo titolo proprio
a Martina Franca, insieme ai giovani interpreti dell'Accademia, chiamati a un
lavoro totalizzante, di vero e proprio workshop teatrale, con la regista Juliette
Deschamps, che firma la realizzazione semiscenica dello spettacolo. Moltissimi,
quindi, i motivi di interesse di questo appuntamento.
Il grandissimo successo del Barbiere dello scorso anno incoraggia il Festival a
proseguire sulla strada di Opera in masseria, l'inedita formula (originale del
Valle d'Itria), che propone la rappresentazione di un titolo operistico appositamente adattato nell'organico strumentale e nella forma drammaturgica
- in un contesto architettonico ed ambientale in grado di esaltare il pregio
ambientale del territorio della Valle d'Itria.
Viene proposto, in forma integrale, un piccolo gioiello dell'opera buffa: il Don
Chisciotte della Mancia di Paisiello. Il giovane regista Davide Garattini ha
immaginato una messa in scena originale e sorprendente, e ha scelto di
ambientare il soggetto, che rimanda a un altro anniversario (quello di Cervantes,
di cui ricorre il quarto centenario della morte, 1547-1616), nella cornice di una
taverna.
Nel cartellone del 42° Festival della Valle d'Itria anche i due concerti sempre
molto attesi dal pubblico: quello del Belcanto a Palazzo Ducale - affidato alla
spumeggiante bacchetta emergente del giovane Sesto Quatrini - in occasione
del quale verrà assegnato il Premio Celletti 2016, con un programma di pagine
poco note del repertorio belcantistico (Mercadante, Pacini, Rossini),
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significativamente accostate a Mozart (altro possibile fil rouge sommerso di
questa edizione); e il popolarissimo Concerto per lo Spirito, nella Basilica di
San Martino, ancora nel segno di Paisiello, e affidato alle cure di Ettore Papadia.
Il Festival di questi ultimi anni ha sempre riservato un'attenzione particolare
alla musica e ai compositori del XX secolo, quando non a quelli di oggi, anche con
commissioni di brani e opere nuove (lo scorso anno il Festival fu inaugurato con
Le braci di Marco Tutino).
Quest'anno, nella cornice di Novecento e oltre, e nell'atmosfera intima del
Chiostro di San Domenico, trovano spazio due serate di pregio musicale: un
omaggio a Henze e Boulez, e una serata di opera da camera novecentesca,
emblematicamente chiamata "Giochi di Eros", con un inedito dittico in lingua
inglese: Hand of bridge di Samuel Barber, che è la più breve opera mai scritta
(dura meno di dieci minuti), e The Bear, gioiello di William Walton da Cechov.
Le due opere saranno rappresentate in forma semiscenica, e con piccolo
organico strumentale.
Il ciclo Fuori orario... prevede i consueti appuntamenti musicali offerti al
pubblico del Festival in diverse ore del giorno e della notte, e in vari luoghi della
città. Ci sono i programmi di musica sacra della domenica a mezzogiorno
(All'ora sesta) e quelli profani e gustosi (anche grazie alle delizie rinfrescanti
offerte al pubblico dallo storico Bar Tripoli) del Concerto del sorbetto, affollato
appuntamento fisso del sabato pomeriggio nel Chiostro di San Domenico; ma è
la formula intima e mistica di Canta la notte... a ricreare le atmosfere
probabilmente più suggestive del Festival. Quest'anno saranno due i programmi
offerti ai nottambuli: un concerto corale, di ispirazione religiosa, e una sorpresa
teatral-musicale, che offrirà una preziosa antologia pianistica intorno a Paolo e
Francesca. I due eterni personaggi prenderanno voce e corpo tra il pubblico del
Chiostro di San Domenico.
Non mancherà il tradizionale appuntamento con i più giovani, Festival Junior,
che impegnerà anche quest'anno decine di bambini nell'incontro con pagine di
musica del Novecento. L'iniziativa, ormai un classico del Festival, ha pregevoli
finalità educative, perseguite già in fase di studio e preparazione, nel corso dei
mesi invernali, grazie all'impegno, prezioso e insostituibile, della Fondazione
Paolo Grassi diretta da Gennaro Carrieri e al lavoro di insegnanti appassionati
e scrupolosi, e alla guida ispirata di Angela Lacarbonara. Quest'anno i giovani
musicisti in erba avranno modo di conoscere l'estro di Erik Satie.
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Martina Franca, 14 luglio - 5 agosto 2016
Chiude il Festival, come di tradizione, il Concerto sinfonico, diretto dalla
giovane greca Karina Canellakis. Il programma, pensato per una serata
accattivante e di richiamo, presenta la visione di Caikovskij di Francesca da
Rimini, e la popolare sinfonia "Dal Nuovo Mondo" di Dvorák, protagonisti i
musicisti dell'Orchestra Internazionale d'Italia.
Gli altri complessi ospitati dal Festival di quest'anno sono il Coro Filarmonico
di Cluj-Napoca, diretto da Cornel Groza, l'orchestra ICO della Magna Grecia di
Taranto e l'ensemble Cremona Antiqua.
Anche quest'anno, dunque, sono molti i percorsi, le suggestioni e le occasioni
offerte dal Festival della Valle d'Itria, vera e propria "riserva protetta" (speriamo
abbastanza!) del panorama culturale nazionale, e non solo.
Da più di quarant'anni tenace e coraggiosa espressione di fiducia nelle
straordinarie potenzialità che musica, teatro e cultura possono sviluppare
nell'economia e nello spirito di un territorio. Sempre di più laboratorio aperto
di idee e di talenti, che scelgono la strada impervia e scomoda della scommessa
su tutto ciò che non sembra affatto scontato. A tutti loro, e a chi dietro le quinte
contribuisce ogni anno a perpetuare questa impresa, va il grazie più sentito del
direttore artistico.
Milano, 25 maggio 2016
Alberto Triola
Direttore artistico
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