News di Luglio 2003 1 di 14

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News di Luglio 2003
A Modica riemergono impronte dell'Antica Roma
01 Luglio 2003
PALERMO - Durante gli scavi nella via Grimaldi di Modica (Ragusa) per la posa del nuovo impianto idrico, sono
affiorati alcuni resti di una villa romana. I lavori sono stati sospesi dal sindaco Piero Torchi, che ha comunicato
la scoperta alla Soprintendenza ai Beni Culturali di Ragusa. Nella parte iniziale della strada, a circa 40
centimetri di profondita', sono stati scoperti una rampa gradinata, pavimentata con basole di calcare che
conduceva all'alveo del torrente, probabilmente appartenente all' impianto urbano prima del terremoto di
Modica del XVIII secolo, e uno strato di ceramiche antiche contenente frammenti di anfore romane e di vasi di
epoca ellenista.
Fonte: ansa.it
del 6 giugno 2003
Scoperte tombe necropoli romana in scavi minimetrò Perugia
02 Luglio 2003
Perugia - Cinque tombe, forse di una necropoli romana, sono state scoperte lungo il tracciato del Minimetro',la
metropolitana di superficie i cui lavori sono in corso in varie zone del capoluogo; nella zona di case Bruciate e
Fontivegge, durante gli scavi sono venute alla luce le tombe "alla cappuccina" cosi' denominate dagli archeologi,
ossia con delle tegole sovrastate da un'anfora capovolta, che assicurava essenze al defunto. La scoperta e' di
alcuni giorni fa, ma tenuta riservata anche perche' il cantiere ha continuato a svolgere la propria attivita' sotto il
controllo dei tecnici della soprintendenza. I reperti che potevano essere rimossi sono stati trasferiti al
laboratorio della soprinmtendenza, ai Volumni. E' stato l'ispettore della soprintendenza Launa Cenciaioli ad
annunciare il rinvenimento nella zona del Broletto dove hanno sede alcuni uffici ed assessorati regionali. I lavori
del Minimetro' non subiranno rallentamenti; lo ha assicurato lo amministratore delegato della societa' Nello
Spinelli. "Questa ipotesi di ritrovamenti noi l'abbiamo nella citta'; esistente una particolare attenzione - ha detto
Spinelli - sia da parte della soceita', ma anche da parte della Sovtintendenza che e' sempre presente con un suo
rappresentante durante i lavori".
Fonte: www.agi.it
del 29 maggio 2003
Prime cave di marmo risalgono al VI/III sec. a.C.
03 Luglio 2003
Carrara - L'attivita' estrattiva sulle Apuane, per "cavare" gli affascinanti marmi bianchi, ebbe inizio addirittura in
epoca preromana. La scoperta porta indietro nel tempo di alcuni secoli. L'epoca fissata da alcuni studiosi, ma le
datazioni al carbonio effettuate sulle cave di Fantiscritti, pongono l'inizio dell'attivita' di escavazione a cavallo
tra il VI e il III secolo a.C.. Lo rivelano anche le analisi specifiche eseguite sui cippi marmorei etruschi
conservati presso il Museo Archeologico Versiliese, che riconducono la provenienza dei materiali ai siti del
bacino versiliese, ma l'estrazione del bianco potrebbe essere iniziata anche prima secondo alcuni studiosi.
Sono solo alcuni dei risultati degli studi che verranno presentati all'interno del convegno promosso dal Parco
delle Alpi Apuane che, col titolo "Ante ed post Lunam, splendore e ricchezza dei marmi apuani, l'evo antico", in
programma venerdi' 6 giugno nell'ambito di "CarraraMarmotec", servira' per dare informazioni scientifiche
inedite sulla storia dell'estrazione nelle apuane ma anche per comprendere le nuove opportunita' che sono
offerte da un moderno sfruttamento del bacino culturale costituito dalla storia e dalle tradizioni delle Apuane.
L'iniziativa e' del Parco delle Alpi Apuane che ha organizzato il convegno anche in vista dell'istituzione del Parco
Archeologico delle Alpi Apuane previsto dalla legge del 2000.
Fonte: www.agi.it
del 2 giugno 2003
Baghdad, riapre il museo saccheggiato
04 Luglio 2003
BAGHDAD - Era finito sulle cronache di tutti i giornali del mondo per i saccheggi che aveva subito, simbolo
dell'anarchia che si era creata a Baghdad e della disperazione della gente. Ora il Museo archeologico di Baghdad
riaprirà i battenti. La data precisa non si conosce ancora ma è quasi certo che per il mese di luglio molti dei
tesori delle antiche civiltà mesopotamiche ritrovati nei giorni scorsi, dopo che erano stati creduti perduti,
torneranno in mostra.
Il direttore delle ricerche delle opere del museo Donny George ha detto che fra le opere che saranno esposte, il
3 luglio, ci sarà anche il Tesoro di Nimrud, una stupenda collezione di gemme e monili d'oro del periodo Assiro.
Il tesoro è stato ritrovato giovedì scorso nei sotterranei allagati della Banca centrale a Baghdad. Scoperto fra il
1988 e il 1990 in antiche tombe reali negli scavi in un palazzo assiro del IX secolo a.c., a Nimrud, era stato
esposto solo una volta e subito nascosto nei sotterranei della Banca centrale, nel 1991, quando partì l'attacco
aereo anglo-americano sul Paese.
Oltre al Tesoro di Nimrud, gli investigatori americani incaricati di ritrovare le opere scomparse hanno recuperato
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la settimana scorsa migliaia di pezzi che facevano parte della principale collezione in mostra nel museo. Anche
questi erano stati nascosti in un sotterraneo da qualche parte a Baghdad, che é stato indicato agli investigatori
da alcuni dipendenti del museo. Questi pezzi erano stati nascosti per proteggerli, nell'imminenza dell'invasione
anglo-americana dell'Iraq. "E' un posto segreto dove tuttora teniamo l'intera collezione del museo che era
esposta, e che è al sicuro", ha detto George. Il funzionario americano ha detto che molti altri pezzi sono stati
riconsegnati da dipendenti del museo che se li erano portati a casa durante la guerra. All'appello mancano circa
tremila opere, quelle di maggior valore tuttavia sono state recuperate.
Fonte: Yahoo! News
del 9 giugno 2003
Reperti archeologici rinvenuti chiostro di S.Lorenzo Perugia
05 Luglio 2003
Perugia - Frammenti di vasellame e altri resti di epoca villanoviana sono stati rinvenuti da alcuni operai durante
lavori di scavo nel chiostro di S. Lorenzo, la cattedrale di Perugia e subito inventariati dai tecnici della
soprintendenza che proseguira' ora negli scavi. Il vasellame ed i reperti rinvenuti potrebbero dare conferme
circa la presenza di una tomba o quella di Euliste, fondatore della citta', abitata quindi gia' nell'eta' del bronzo.
Il ritrovamento e' anche importante poiche' gli archeologi avrebbero appurato che, per la terra bruciata trovata,
un incendio o una strage da parte delle truppe di Ottaviano, porterebbe gli studiosi ad approfondire il periodo
dell'assedio di Perugia, che poi si arrese.
Fonte: agi.it
del 9 giugno 2003
La leggenda dell'Elba c'è un tesoro nel mare
06 Luglio 2003
La storia comincia a metà dell'800 e si riempie di pirati e detective Adesso si pensa al recupero. Sopralluogo
della Soprintendenza
ROMA - Monete d'oro e d'argento, gioielli e cammei, diamanti e smeraldi. A migliaia. C'è un grande tesoro nei
fondali dell'isola d'Elba, a cento metri di profondità. L'unico tesoro sommerso mai trovato nei mari italiani. La
sua storia di tinge di leggenda, tra navi fantasma, comandanti coraggiosi e principesse napoletane. Poi, nel
2000, spuntano quattro avventurieri inglesi e una casa d'aste di Londra, i detective di Scotland Yard e gli
uomini-rana dei carabinieri. E da ultimo, un mese fa, il pioniere dell'alta profondità Henri Delauze e i suoi
avveniristici strumenti per le indagini sottomarine.
La vicenda è ricostruita dal mensile "Focus". Che rivela come il misterioso vascello sia un postale in rotta tra
Napoli e Marsiglia, il piroscafo Polluce della società Rubattino, speronato accidentalmente da un altro piroscafo il
17 giugno 1841 e colato a picco nelle acque dell'isola d'Elba. Le cronache dell'epoca elencano i nomi dei
viaggiatori e le ricchezze che portavano con sé. La Rubattino stessa cercò qualche mese dopo di recuperare la
nave con un'impresa per l'epoca ai limiti dell'impossibile, fallita per poco. E ora la storia e il tesoro, trasformati
in leggenda dai racconti dei pescatori, sono riemersi dagli abissi tingendosi di giallo.
Tutto nacque da una segnalazione delle autorità inglesi ai nostri carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio
culturale. Certe monete e gioielli all'asta a Londra nella primavera del 2000 tradivano una provenienza italiana,
benché i proprietari avessero dichiarato di averli trovati in acque internazionali. Si scoprì che pochi mesi prima
gli stessi personaggi avevano ottenuto il permesso di recuperare lingotti di alluminio da un cargo inglese
affondato all'Elba, che per l'impresa avevano noleggiato a Genova un rimorchiatore d'alto mare e una gru
cingolata, e che agli occhi dell'equipaggio le loro mosse erano sembrate sospette. Dopo 20 giorni di ricerche tra
le acque dell'Elba i carabinieri individuarono il Polluce e accertarono che tutto il fragile scafo di legno e lamiera
era distrutto dalla benna degli inglesi. Così le monete e i gioielli possono rientrare in Italia. Sono tuttora in
consegna ai carabinieri ma presto saranno esposti in un museo.
E gli altri tesori elencati dalle cronache dell'800? Sono ancora in fondo al mare? Dal sopralluogo fatto un mese
fa dalla Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana pare proprio di sì. Con gli strumenti messi
gratuitamente a disposizione dalla ditta Comex di Henri Delauze si sono viste sul fondo diverse concrezioni
lucenti, blocchi di monete. E con le pinze del Rov, il sommergibile filoguidato, Delauze ne ha prese alcune. È
sceso lui stesso sul fondale con il sommergibile biposto Remora. "Lo scafo è irrecuperabile e lo scavo dei pezzi
rimasti e del resto di carico è pericoloso. C'è poca visibilità, molte correnti, e le insidiosissime reti dei
pescherecci". Per ora dunque è scattata la tutela del sito. Per un futuro dell'operazione Polluce, si vedrà.
Fonte: La Repubblica
del 9 giugno 2003
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Ritrovato il tesoro di Nimrud era nella banca di Saddam
07 Luglio 2003
E' la più preziosa delle collezioni irachene: si temeva fosse andata persa nei saccheggi dopo i bombardamenti
BAGDAD - Avevano ragione gli Alì Baba, i ladroni di Bagdad: il tesoro di Saddam esiste davvero. Non era una
leggenda, lo hanno trovato in un bunker della Banca centrale irachena. Protetto da un enorme sportellone,
spesso un metro di acciaio temperato, con le classiche maniglie a ruota un po' incrostate, davanti ai militari Usa
e ai due esperti è apparso un vero paradiso di luce dorata.
Gioielli, corone, pendagli, bracciali e braccialetti, vasellame intarsiato,
decorato con piccoli angeli, serpenti e simboli magici. Ciottoli, brocche,
bicchieri. E poi anelli, avvolti in gemme, rubini, smeraldi. Lunghe collane
inanellate da pietre e ornate da altri intarsi. Un tesoro che lascia senza fiato
e pesa settanta chili. Tutto in oro. Che gli assiri di Nimrud, antica città vicino
a Mosul e data alle fiamme nel 600 d.C., hanno affidato alla storia. Saddam
Hussein lo aveva rinchiuso in un bunker e lo aveva nascosto al mondo. Ora,
grazie alla tenacia di un italiano, il tesoro di Nimrud, secondo solo a quello di
Tutankhamon, torna alla luce.
Ambasciatore in pensione, egiziano di nascita e arabista di tradizione, Pietro
Cordone
trattiene
a
stento
la
soddisfazione. E' l'unico italiano, ed europeo, chiamato nel governo
amministrativo dell'americano Paul Bremer. Come ministro della Cultura in
Iraq. "E' un momento magico, importante", dice. "Abbiamo recuperato i
testimoni della civiltà mesopotamica la cui scomparsa aveva suscitato
sgomento tra gli archeologici di tutto il mondo. Ricorda l'allarme lanciato
dalla direttrice del museo? I saccheggi, il grido di dolore degli esperti, la
sentenza terribile con cui si decretava la perdita irrimediabile di un pezzo di
storia? Ecco: è avvenuto il miracolo. La maggioranza dei pezzi rubati e
trafugati è tornata al loro posto. Si era parlato di 170 mila oggetti sottratti
dal museo. Una quantità folle, se si pensa che per portarli via sarebbero stati
necessari dieci camion e un centinaio di facchini. In realtà si è capito che i
pezzi rubati sono in tutto 3.600, dei quali 1.200 sono stati recuperati. Il danno, purtroppo, esiste: mancano
alcuni oggetti di valore ma considero un miracolo ciò che è avvenuto".
L'ambasciatore Cordone sfoglia il libro con le foto degli oggetti recuperati. "Guardi che forme - osserva - i
disegni, i particolari, le incisioni sugli ori. Mi hanno colpito le spille e i fermagli per i capelli. Non hanno un
graffio, una lesione. Nemmeno nella chiusura. Sembrano usciti ieri dai laboratori di Bulgari o di Van Cleef. Mi è
mancato il fiato quando abbiamo aperto quel caveau: non avevo mai visto qualcosa del genere".
La caccia al tesoro inizia un mese fa. La direttrice del museo aveva fornito agli americani l'inventario dei pezzi e
rivelato un particolare che nessuno conosceva. Prima dell'inizio della guerra, temendo il peggio, aveva raccolto
8.000 pezzi tra i più pregiati di quelli esposti e li aveva rinchiusi in 179 casse di zinco, saldate e sigillate. Le
aveva poi trasferite in un deposito coperto con un muro, stuccato e dipinto. Gli Alì Baba della vecchia Saddam
City, ora ribattezzata Sadr City, si sono accaniti su tutto. I professionisti approfittando del caos hanno invece
selezionato i pezzi pregiati rimasti nelle vetrine e li hanno consegnati ai committenti. Si tratta di reperti
antichissimi che probabilmente sono già al sicuro nelle case di qualche miliardario collezionista.
"Ma la direttrice del museo - racconta ancora l'ambasciatore Cordone - ci ha svelato un secondo segreto: ci ha
detto che Saddam, nel 1991, alla vigilia della prima guerra del Golfo aveva fatto trasferire tutto il tesoro di
Nimrud nel caveau della Banca centrale. Una settimana fa siamo andati a verificare e ci siamo trovati davanti a
due camere blindate.
Nella prima c'era una montagna di denaro: 380 miliardi di dinari iracheni, qualcosa come 360 milioni di dollari.
Sono serviti a pagare gli stipendi di aprile e maggio per tutti i dipendenti pubblici. Nel secondo caveau, allagato
da un'infiltrazione delle fogne, c'era il tesoro. La direttrice del museo era preoccupata delle voci che giravano
per la città e temeva l'arrivo delle bande dei ladroni. L'abbiamo rassicurata, mostrandole quattro carri armati di
guardia all'esterno, le ronde che passavano ogni dieci minuti, il filo spinato. Insomma, la Banca centrale era
diventata una vera fortezza. Assaltarla era impossibile. La trattativa è stata sfibrante ma alla fine l'ho convinta.
Avvolti in sacche di velluto e di pelle, ormai lacerate dall'acqua, c'erano 615 monili: collane, piatti, anfore, due
corone storiche, bracciali di tutte le misure, orecchini, cinture. Erano perfetti, sembravano nuovi. Ma hanno
oltre 1400 anni. Li abbiamo raccolti e trasferiti nel caveau a fianco".
La notizia del ritrovamento è stata tenuta segreta. Sono arrivati due esperti del British Museum e alla fine,
dopo altre lunghe riunioni, si è deciso di renderla pubblica. Cosa ne farete?, domandiamo. Pietro Cordone ha un
guizzo negli occhi: "Il 3 luglio li tireremo fuori dal caveau per un paio d'ore e li mostreremo alla stampa. Poi,
quando la situazione della sicurezza lo consentirà, esporremo la collezione nel museo". Perché il museo riaprirà
presto i battenti, spiega lo studioso. Le strutture non sono state danneggiate e con qualche lavoro sarà in grado
di ospitare i visitatori. La stessa cosa vale per la biblioteca. Gli imam sciiti, prima dell'incendio, avevano salvato
350mila libri che risalgono al 1700. "Li avevano conservati in un deposito, sempre a Sadr City - dice Cordone ho svolto personalmente una trattativa con loro. Li ho ringraziati e li ho rassicurati che quei libri torneranno al
loro posto. E' stata dura, erano molto diffidenti, ma si sono convinti e adesso sappiamo dove sono custoditi".
L'ambasciatore chiude il volume delle foto del tesoro di Nimrud. Sospira. "E pensare", aggiunge, "che nessuno,
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a metà degli anni Ottanta credeva nell'esistenza di queste bellezze. E' merito del professor Muzakin Hussein se
sono stati scoperti. La capitale degli assiri era Assur e lì venivano sepolti i re e le famiglie reali. La maggioranza
degli archeologi considerava assurda l'ipotesi che si potesse trovare qualcosa a Nimrud. Ma Hussein è stato
premiato dalla sua tenacia: ha scavato dal 1988 al 1992 scoprendo questo favoloso tesoro. Presto ne faremo
una mostra itinerante per tutte le capitali del mondo. L'Iraq, in fondo, non può essere ricordato solo per
Saddam Hussein".
Fonte: La Repubblica
del 9 giugno 2003
Nicaragua: scoperta una civiltà antica
08 Luglio 2003
Archeologi spagnoli e nicaraguensi hanno scoperto nel centro America una civiltà antica completamente
sconosciuta. La località archeologica, vicino alla costa atlantica del Nicaragua, risale a circa 2700 anni fa, prima
dell'era Maya: si chiama El Cascal de Flor de Pino e si trova vicino alla città di Kukra Hill. I ricercatori hanno
lavorato in loco per sei anni scoprendo testimonianze di una antica città e di numerosi villaggi periferici e
suppongono di lavorare ancora a lungo per poter scoprire di più riguardo alle civiltà pre-classiche.
Tra le vestigia ritrovate appaiono monumenti, pitture murarie, ceramiche ed enormi colonne cerimoniali. "Le
ceramiche sono simili a quelle preclassiche ritrovate in Belize presso siti archeologici che risalgono a un'età
simile", ha affermato Ermengol Gassiot, dell'Università Autonoma di Barcellona.
"Le colonne, poi, assomigliano a quelle trovate nei siti messicani dove si effettuavano riti cerimoniali. Noi
pensiamo che Kukra Hill fosse una piccola città attorniata da minimo tre villaggi dipendenti da essa
politicamente", ha concluso Gassiot.
Fonte: Focus.it
del 4 giugno 2003
Antichi sigilli indiani
09 Luglio 2003
La società Ahar-Banas era probabilmente stratificata e complessa
Scavando in India presso l'antica città di Gilund, nel Rajasthan meridionale, uno dei maggiori siti della poco
conosciuta cultura Ahar-Banas, un team di archeologi dell'Università della Pennsylvania e del Deccan College ha
scoperto un contenitore con più di cento sigilli di argilla, risalenti al 2100-1700 avanti Cristo. L'esistenza dei
sigilli, con il loro stile particolare, offre nuovi sorprendenti indizi sulla complessità di questa cultura.
Gregory Possehl, curatore del Museo dell'Università della Pennsylvania, sta dirigendo gli scavi da quattro anni.
Il team sta cercando di comprendere la vita sociale, la storia e lo sviluppo agricolo di questa antica popolazione,
che viveva separata da 300 chilometri di regioni montuose e desertiche dalla potente civiltà dell'Indo.
Il contenitore con i sigilli è stato trovato in un grande edificio che non è ancora stato completamente riportato
alla luce. Le dimensioni dell'edificio, tuttavia, fanno pensare che si trattasse di una struttura "pubblica" e che
probabilmente serviva come magazzino, forse di oggetti preziosi come tessuti, olio o burro.
Da millenni l'umanità usa l'argilla per mantenere chiusi i contenitori. Ma i sigilli, spesso decorati con particolari
simboli che indicano una persona o un gruppo di persone che vantano diritti sul contenuto, suggeriscono una
società maggiormente stratificata. Pur non avendo trovato i timbri con cui sono stati impressi i sigilli di Gilund,
l'inaspettata collezione indica chiaramente la presenza di un'élite di cittadini che usava le stampe per
identificare se stessi e il proprio rango elevato. Il contenitore di forma ovale per conservare i sigilli e
potenzialmente per impedire ad altri di duplicare le stampe, profondo circa un metro e mezzo, testimonia
ulteriormente la natura elitaria del magazzino.
Fonte: La Scienza
del 10 giugno 2003
Trovata una tomba romana in Libia
10 Luglio 2003
Risonanza internazionale per gli eccezionali ritrovamenti in una tomba romana della fine del II secolo dopo
Cristo della campagna di scavi condotta in località Ain Hofra a tre chilometri da Cirene in Libia, dalla
professoressa Emanuela Fabbricotti docente di Archeologia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università
D'Annunzio. A conferma della validità di una scuola che da anni consente ritrovamenti archeologici di grande
interesse, anche in Abruzzo, in particolare nel sito archeologico di Juvanum a Montenerodomo.
Nella campagna di scavi, che dura da anni, sono stati impegnati oltre alla prof. Fabbricotti, la dottoressa Oliva
Menozzi, gli studenti Francesca Siciliano, Annarosa Santarelli, Eugenio Di Valerio, Igor Cherstich, Amedeo
Ruggieri, Giordano D'Addazio e i geologi Riccardo Salvini, Andrea Ventura e Ivan Caligari.
Da una tomba, appartenente ad una famiglia della ricca società cirenaica, caratterizzata da due livelli,
un'entrata monumentale a tre porte, sono venuti alla luce due sarcofagi di grandissimo rilievo, un'urna
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cineraria, tre statue marmoree di grandezza superiore al naturale e un ritratto femminile. "Troneggiava al
centro - raccontano i componenti della missione archeologica - uno splendido sarcofago attico decorato su tutti
e quattro i lati con scene di Amazzonomachia e mito degli Argonauti e chiuso in alto da un coperchio a forma di
letto sul quale era sdraiata la coppia dei defunti. Sulla parete di fondo vi era una nicchia quadrata che
conteneva una statua di un personaggio togato con un vistoso anello nella mano sinistra e che probabilmente
rappresentava il capo famiglia. Purtroppo era senza testa ed era caduta in avanti sul sarcofago. Altre due
statue, una maschile ed una femminile trovate nella terra di riempimento, erano cadute da due grandi basi
quadrate situate lungo le pareti laterali. È stata anche ritrovata una testa femminile con pettinatura elaborata".
Venuto alla luce anche un piccolo sarcofago, con la cassa rotta, ma con il coperchio intero che indicava che la
defunta era una bambina, la cui statua con in mano una colomba, era sdraiata sul lettino. Tra le decorazioni del
materasso del letto un cavallino a dondolo. Un ritrovamento eccezionale, vista la generale precarietà delle
tombe della quattro grandi necropoli della Cirneaica, tutte violate in epoche passate e spesso volutamente
distrutte. L'importante scoperta sarà presentata al Congresso internazionale di Archeologia Cirenaica che si
terrà a Chieti nel prossimo mese di novembre.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 10 giugno 2003
Olanda: riportata alla luce antica nave fluviale romana
11 Luglio 2003
Un'antica imbarcazione fluviale romana è stata riportata alla luce da un team di archeologi marini olandesi
guidati da Andre Van Holk, lungo un vecchio ramo del Reno nei pressi della città di Utrecht. L'imbarcazione è
lunga 25 metri e larga 2,7 ed è stata ricoperta dal fango per circa 2 mila anni. Grazie a ciò, sono rimasti
inalterati alcuni manufatti, come la cucina della nave e la cabina del comandante. Secondo gli archeologi nella
zona esistevano molti forti di confine, dato che il Reno rappresentava il limes dell'Impero. La scoperta della
nave permetterà di aggiungere qualcosa alla conoscenze che si hanno già sulle tecniche difensive dei romani. "A
bordo della nave stazionavano dei soldati, lo abbiamo dedotto dal ritrovamento di molto materiale militare,
come punte di lancia e parti di corazze", ha spiegato Van Holk. "Per capire l'importanza della scoperta, basti
pensare che in tutto il mondo sono state scoperte solo 4 pialle romane. Nella nave ne abbiamo trovate
altrettante", ha concluso l'esperto.
Fonte: Heramagazine.net
del 10 giugno 2003
Scoperto il più antico fossile di Homo sapiens
12 Luglio 2003
I reperti confermano l'ipotesi dell'evoluzione dell'uomo moderno in Africa e della successiva migrazione
Scienziati dell'Università della California di Berkeley, in collaborazione con ricercatori etiopi e di altri paesi,
hanno scoperto fossili dei primi uomini moderni, Homo sapiens, la cui età è stimata fra 154.000 e 160.000 anni.
Secondo gli studiosi, la scoperta fornisce forti prove a favore della coesistenza di Homo sapiens e Neanderthal,
contraddicendo la teoria secondo cui i primi discendevano dai secondi.
In due articoli, pubblicati sul numero del 12 giugno della rivista "Nature", gli autori descrivono i crani fossilizzati
di due adulti e un bambino, scoperti presso il villaggio di Herto in Etiopia, circa 200 chilometri a nord-est di
Addis Abeba. I reperti colmerebbero un grande buco nelle documentazioni di fossili umani.
"C'è una carenza di fossili intermedi fra i pre-umani e gli esseri umani moderni, ovvero fra 300.000 e 100.000
anni or sono, - spiega il paleoantropologo Tim D. White - Adesso finalmente anche i ritrovamenti sono
compatibili con le prove molecolari". Secondo il biologo F. Clark Howell, co-autore dello studio, "i fossili di Herto
sono senza ombra di dubbio non-Neanderthaliani, e mostrano che in Africa erano apparsi esseri umani moderni
ben prima che i Neanderthal sparissero in Europa. Questo dimostra che i Neanderthal non sono mai stati una
tappa della nostra evoluzione".
Fonte: Le Scienze
del 13 giugno 2003
Trovata la mummia di Nefertiti?
13 Luglio 2003
Il volto di Nefertiti è stato immortalato nel celebre busto di pietra calcarea custodito al museo di Berlino
Un team di egittologi è convinto di aver finalmente identificato la mummia della regina Nefertiti, una delle
bellezze più leggendarie dell'antichità. Se venisse confermata, la scoperta costituirebbe uno dei più grandi
eventi archeologici dalla scoperta nel 1922 della tomba di Tutankhamon, il re fanciullo, figliastro della stessa
Nefertiti.
Ben poco si sa della vita della moglie del faraone rinnegato Akhenaton, che regnò sull'Egitto dal 1353-1336
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avanti Cristo. Nefertiti svanì nel nulla insieme al suo "eretico" marito, accusato di aver rovesciato il pantheon
degli dei per venerare il dio del sole Aton. Il tentativo di sviluppare la nuova religione monoteista fece sì che
non rimanesse nessuna documentazione su di lei.
Ora Joann Fletcher, direttore sul campo del team di ricerca dell'Università di York ed esperta di
mummificazione, ritiene di aver identificato la mummia in una tomba nella Valle dei re. Registrata nei cataloghi
sotto il nome di "mummia 61072", si trovava con altre due mummie (un ragazzo e un'altra donna più anziana)
sul pavimento di una stanza laterale rispetto alla camera di sepoltura del faraone. I tre corpi erano stati trovati
nel 1898 dall'archeologo francese Victor Loret insieme ad alcune mummie reali, fra cui quella di Amehotep II,
ancora all'interno del suo sarcofago.
Fletcher avrebbe identificato Nefertiti da una parrucca di stile nubiano, molto amata dalle donne della famiglia
reale nella diciottesima dinastia. Altri indizi sono rappresentati dai fori nelle due orecchie, dalla testa rasata, e
dai chiari segni di una stretta benda sulla fronte, indossata dai membri della famiglia reale.
Susan James, egittologa dell'Università di Cambridge, è però scettica. "Sappiamo solo che si tratta di una
giovane che probabilmente faceva parte della famiglia reale, - afferma - ma già in passato è stato considerato
improbabile che si tratti della mummia di Nefertiti. Senza studi comparativi del DNA, questa resterà soltanto
un'ipotesi".
Fonte: Le Scienze
del 15 giugno 2003
Sul monte di Pale un tempio romano
14 Luglio 2003
Nel corso di un lavoro di ricognizione archeologica, in località Santa Lucia ai piedi del monte di Pale, sono stati
ritrovati frammenti di terrecotte architettoniche che indicano la presenza di un tempio romano risalente al II
secolo avanti Cristo. Lo ha rivelato, durante una recente conferenza sull'archeologia, l'archeologa Romana Picuti
che anche avanzato qualche ipotesi su quella presenza: gli archeologi, infatti, chiamano le terrecotte architettoniche fossili guida, perché sono indicatori che datano la romanizzazione. Dalla raccolta di superficie sono
emersi frammenti fittili, che venivano posti per proteggere o abbellire la copertura dei templi. Alcuni frammenti
presentano motivi a palmette con fasce e losanghe, altri recano palmette con spirali e bottone centrale a rilievo.
Sono ancora evidenti le tracce policrome di colore rosso, blu e giallo. Sono state ritrovate anche parti di antefisse, in genere con figure umane che venivano poste sui terminali del tetto. Il motivo a palmette, diffuso un po'
in tutta Italia, è d’origine etrusca: a Todi, infatti, si trovano motivi similari. Le terrecotte si realizzavano con delle matrici in cui si rovesciava l'argilla, poi si lasciavano al sole perché indurissero e si decoravano prima della
cottura.
Non sappiamo a quale divinità fosse dedicato il tempio, la presenza di una sorgente di acqua sulfurea situata
nei pressi lascia intuire però che il luogo era ritenuto sacro. In età precedente a quella in questione gli Umbri,
che si arroccavano sulle alture, avevano costruito un tempio sulla sommità del monte di Pale: i Romani
portarono il tempio a valle, vicino alla via Plestina, perché fosse più fruibile per le popolazioni indigene e per
quelle in transito.
La ricerca è stata finanziata dal Comune sotto la direzione della Soprintendenza ai beni archeologici: Laura
Bonomi Ponzi, che ha diretto il lavoro, sta ultimando uno studio sulle terrecotte ritrovate nel santuario umbroromano posto sulla sommità del monte di Pale.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 17 giugno 2003
La pietra di Re Artù era forse un antico orologio?
15 Luglio 2003
La Pietra di Arthur, uno dei monumenti più conosciuti del Galles, è diventata il centro di una recente teoria
secondo cui può essere stata uno dei primi orologi del mondo. I ricercatori stanno lavorando sulla teoria che il
masso di 25 piedi, appoggiato in cima ad una serie di pietre più piccole a Cefn Bryn, nel centro di Gower, può
essere stato posto dagli antichi Britanni per aiutarli a sapere quando seminare e quando mietere. Secondo
quanto dice Howard Middleton-Jones, del Dipartimento di Archeologia di Swansea, dell'Università del Galles,
"Una ricercatrice astronomica dell'università, Paul Bessette, ha lavorato sul posto per anni e ha scoperto segni
che suggeriscono che gli antichi Celti erano molto esperti negli allineamenti astronomici. Servendosi del corso
del cielo e del movimento delle stelle in relazione alla pietra, potevano essere in grado di prevedere il tempo
preciso delle stagioni, delle albe e dei tramonti." Indagando su una teoria contrapposta, alcuni ricercatori hanno
passato lo scorso week-end volando in elicottero sopra la pietra, in cerca di prove che il movimento naturale
durante l'ultima Era Glaciale abbia depositato la Pietra di Arthur a Gower. E' stato rilevato che la Pietra di
Arthur, conosciuta anche come Maen Ceti, fu davvero collocata in questo luogo dagli umani per usarla come
orologio gigante, smentendo una delle sue più antiche leggende, cioè che sia la pietra originale da cui Re Artù
estrasse la spada per provare il suo diritto ad essere re.
Fonte: Heramagazine.net
del 17 giugno 2003
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News di Luglio 2003
Un'estinzione di massa 380 milioni di anni fa?
16 Luglio 2003
In quel periodo circa il 40 per cento degli animali marini sono scomparsi dalla documentazione fossile
Circa 380 milioni di anni fa, secondo un team di geologi, una roccia proveniente dallo spazio si sarebbe
schiantata contro la Terra. L'impatto avrebbe spazzato via gran parte della vita allora
presente sul pianeta.
Questa teoria potrebbe rinforzare il controverso collegamento fra le estinzioni di massa
e gli impatti di meteoriti. Fino a oggi, il solo candidato a un evento di questo tipo è la
meteora che, secondo alcuni, 65 milioni di anni fa contribuì a sterminare i dinosauri.
I segni di una catastrofe precedente, spiega Brooks Ellwood della Louisiana State
University di Baton Rouge, coincidono con la scomparsa di moltissimi animali: "Non
significa che l'impatto ha ucciso queste creature, ma probabilmente vi ha avuto a che
fare in qualche modo". Altri ricercatori concordano sul fatto che in quel periodo sia avvenuto un impatto, ma
ritengono che le prove di un'estinzione di massa siano molto più deboli.
Il team di Ellwood ha scoperto in Marocco che le rocce risalenti a circa 380 milioni di anni fa presentano uno
strato di sedimenti che sembrano detriti di un'esplosione cataclismica. I sedimenti hanno insolite proprietà
magnetiche e contengono grani di quarzo che sembrano essere stati sottoposti a stress estremi.
Intorno a quel periodo, circa il 40 per cento dei gruppi di animali marini scompare dalle documentazioni fossili.
Ellwood è convinto che il responsabile possa essere stato un asteroide leggermente più piccolo della roccia da
10 chilometri sospettata di aver eliminato i dinosauri. Norman MacLeod, paleontologo del National History
Museum di Londra, è però scettico e afferma che 40 per cento è una valore tipico come tasso di estinzione di
quel periodo della storia terrestre. "Non si tratta di un'estinzione di massa, - spiega - bensì di parte di uno
schema più a lungo termine".
Brooks B. Ellwood, Stephen L. Benoist, Ahmed El Hassani, Christopher Wheeler, Rex E. Crick. Impact ejecta
layer from the mid-Devonian: possible connection to global mass extinctions. Science, 300, 1734 - 1737,
(2003).
Fonte: Le Scienze
del 18 giugno 2003
I segreti della tomba dell'imperatore rimangono sigillati
17 Luglio 2003
Per piu di due millenni il tumulo discreto e esposto alle intemperie di Qin Shihuangdi, primo imperatore della
Cina, è rimasto tra i campi di grano e gli alberi da frutta a est di Xian. Mentre la scoperta, avvenuta 29 anni fa,
dei meravigliosi guerrieri di terracotta posti a guardia della sepoltura è stata una completa sorpresa, l' esistenza
del tumulo era piuttosto nota. Tuttavia la tomba di qin (pronunciato "chin") Shihuangdi - che riuni parecchi stati
in guerra e prese il nome di primo imperatore della Cina - a tutt' oggi rimane inviolato dalle pale degli
archeologi. Rebus avvolto da voci e da leggende, il luogo di riposo dell' imperatore promette un tesoro di reperti
che fa vacillare la mente di coloro che hanno studiato, contemplato e sognato di riportarlo alla luce.
"E' il piu grande enigma dell' archeologia", ha affermato Wang Xueli, un professore all' Istituto Archeologico
Provinciale di Shaanxi, che è considerato uno dei maggiori esperti sul luogo di sepoltura. dal suo
completamento, il tumulo di terra dell' imperatore rivaleggiava con le piramidi d' Egitto in estensione e
ambizione. Mentre le piramidi una volta aperte si sono rivelate ampiamente saccheggiate e vuote, nessuno sa
esattamente cosa contenga la sepoltura di Qin Shihuangdi.
Negli scorsi 12 anni, consapevole della vasta potenzialita degli introiti derivanti dal turismo, Il governo
provinciale di Shaanxi ha ripetutamente richiesto al Dipartimento Nazionale dei Reperti Culturali l'
autorizzazione allo scavo, ma la risposta è rimasta la stessa: la Cina non ha le risorse finanziarie e tecnologiche
per un' impresa cosi vasta.
Ci sono scavi piu urgenti da fare. Tale compito dovra' essere lasciato alle generazioni future. Un funzionario al
dipartimento ha dichiarato: "Abbiamo la responsabilita di preservare gli artefatti per la posterita."
Il sig. Wang ha detto: "ci sono due partiti a Shaanxi. Coloro che non vogliono gli scavi e coloro che li vogliono.
Io appartengo ai secondi.", riconoscendo comunque che rimane da fare molto lavoro preparatorio prima che
possa avere luogo uno scavo.
Altri, come Zhang Yinglan, un archeologo di un museo vicino Xian che custodisce i guerrieri di terracotta, ritiene
che cautela - e piu tempo - siano necessari prima che la tomba possa essere aperta appropriatamente. "Ci sono
molte tombe Han e Tang, ma solamente una tomba di Qin Shihuangdi. Non possiamo permetterci di fare alcuno
sbaglio" ha affermato il signor Zhang.
La mistica della tomba di Qin Shihuangdi e strettamente collegata al ruolo chiave dell' imperatore nella storia.
Nel 231 A.C., come re del Qin, uno tra i sette maggiori stati del tempo, si imbarco in una notevole serie di
campagne militari, conquistando i suoi vicini uno ad uno. In dieci anni la cina era stata creata.
L' abilita politica e la spietatezza dell' imperatore erano leggendarie, cosi come lo erano la sua megalomania e
la sua paura della morte. La costruzione del suo splendido mausoleo a est della sua capitale, Xianyang, inizio
subito dopo che divenne re all' eta di tredici anni. Man mano che le sue fortune si plasmavano ed egli
sottometteva nuovi regni, la tomba crebbe in scala e ambizione.
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News di Luglio 2003
Ad un certo punto nei 36 anni si dovette costruire il complesso sotterraneo, erano presenti piu di 700.000
lavoratori nel sito. Quando l' imperatore mori nel 210 A.C., i piu pregevoli tesori - oro, giada, gemme preziose,
seta - da ogni angolo dell suo impero lo accompagnarono nell' aldila.
Sono state trovate le fondamenta di due massicci muri rettangolari che circondavano l' area della tomba.
Durante la costruzione della tomba, un pozzo enorme che misurava 300 Yarde quadrate fu scavato in terrazze
ad una profondita di piu di 100 piedi. Gli archeologi stimano che la grandezza del palazzo sotterraneo costruito
sul fondo del pozzo sia di 400 per 525 piedi, l' equivalente di 48 campi da basket.
Dopo di questo furono costruiti la cripta sepolcrale, le camere laterali e i corridoi di passaggio, e quindi il pozzo
fu riempito di terra e coperto col tumulo terrazzato.
Secondo il "Shi Ji" ("cronache storiche") di Sima Quian, uno studioso del periodo della dinastia Han Occidentale
(206 A.C. 25 D.C.), che contiene il primo resoconto riguardo il mausoleo di Qin Shihuangdi, l' imperatore fu
messo a riposare in un sarcofago di bronzo nel mezzo di un mare e fiumi di mercurio, che veniva fatto circolare
da una sorta di apparecchio a moto perpetuo. Altre cronache descrivono l' imperatore vestito di giada ed oro,
con delle perle in bocca, e la bara fluttuante sul mercurio.
Si dice che il soffitto a volta sia coperto con una versione in perle delle costellazioni del cielo notturno e il
pavimento con un paesaggio in miniatura del suo impero, con modelli di padiglioni e palazzi. Le entrate alla
cripta sarebbero presidiate da balestre automatiche che infilzerebbero gli intrusi con le loro frecce.
Test scientifici hanno confermato la presenza sotto il tumulo di un insolita quantita di mercurio, piu di cento
volte sopra la norma. Secondo il signor Wang, misure prese con strumenti avanzati hanno stabilito che la
camera principale è alta quasi 33 piedi.
Mentre Yuan Zhongyi, il direttore onorario del museo, afferma che i cambiamenti nella struttura degli strati di
sedimenti indicano che la volta è crollata, Il signor Wang dissente: "Non credo che la cripta principale abbia
collassato."
Un' altro argomento cruciale su cui gli studiosi sono in disaccordo è se la cripta sia stata saccheggiata o meno.
Tre anni dopo che Qin Shihuangdi fu inumato, il suo vasto impero collasso'. La costruzione del suo mausoleo e
della Grande Muraglia, e il mantenimento di una grande armata a guardia delle distanti regioni di confine,
aveva spinto a tassare ed impoverire i contadini del paese i quali, sotto la guida di Xiang Yu, si sollevarono e
marciarono sulla capitale Qin. Secondo Sima Qian, Xianyang fu incendiata e la tomba saccheggiata.
"C'è una possibilita del 99 per cento che la tomba di Qin Shihuangdi sia stata saccheggiata" , ha affermato un
importante archeologo di Beijing. "Un sogno è un sogno. La realta' è la realta'. è meglio mantenerla cosi." Il
signor Yuan ha un' opinione differente.
"Gli strati di terra appaiono essere in ordine. Se 300.000 soldati avessero saccheggiato la tomba, ogni cosa
sarebbe dovuta essere nel caos", afferma, aggiungendo che gli archeologi hanno trovato prove di due tentativi
minori di raggiungere la tomba.
"Il mercurio è velenoso. Se i soldati di Xiang Yu avessero aperto la tomba, sarebbero stati avvelenati, e il
mercurio sarebbe evaporato, mentre è ancora li", afferma il signor Wang.
Fino a quando la tomba non verra' scavata, nessuno lo sapra con certezza. Le difficolta di una simile impresa
sarebbero certamente spaventose. Nessuno ha nemmeno osato calcolare quanto costerebbe un simile scavo, ne
quanto tempo durerebbe.
Per iniziare, secondo parecchi studiosi cinesi, uno scavo adeguato richiederebbe che l'intero tumulo fosse
rimosso strato dopo strato. Dovrebbe essere escogitato un modo per regolarsi con i vapori di mercurio.
Un' altro problema importante riguarda come preservare la moltitudine di artefatti che accompagnarono Qin
Shihuangdi nella morte. Quando per esempio fu aperto il mausoleo dell' imperatore della dinastia Ming, Wan Li,
la seta trovata nella tomba comincio' a deteriorarsi dopo essere venuta a contatto con l'aria.
"Mi piacerebbe davvero sapere cosa c'è nella tomba. Ma lo vorrei fare senza rovinare il tumulo" ha detto il
signor Yuan, che era presente il giorno che i contadini scoprirono i primi guerrieri di terracotta 25 anni fa. Per
quanto riguarda la cooperazione con altri paesi, dato lo status di padre fondatore della cina di Qin Shihuangdi,
deve essere considerato l' elemento dell' orgoglio nazionale.
"Sarebbe duro per noi cooperare con organizzazioni straniere" ha affermato il signor Zhang. I guerrieri di
terracotta sono stati scavati largamente senza aiuto esterno, e sembra chiaro che i cinesi vorrebbero gestire la
tomba di Qin Shihuangdi allo stesso modo.
La NHK (la Corporazione delle Telecomunicazioni Giapponese), il principale canale televisivo pubblico giapponese, ha offerto di sponsorizzare una investigazione di intrusione minimale ad alta tecnologia della tomba, ma i
cinesi hanno declinato l' offerta. I giapponesi hanno un' interesse particolare in Qin Shihuangdi: Alcuni studiosi
ritengono che una spedizione che egli invio' in Giappone per cercare una rara erba medica, ebbe un ruolo
importante nell' iniziale sviluppo della civilta giapponese.
Mentre infuria il dibattito su come, quando e anche se riportare alla luce la tomba di Qin Shihuangdi, gli
archeologi a Xian continuano a trovare straordinari artefatti sepolti nelle vicinanze del tumulo. Le scoperte in
anni recenti includono un gigantesco calderone di bronzo, acrobati di terracotta grandi quanto i guerrieri, e rare
vesti corazzate fatte di pietre levigate.
Gli archeologi hanno anche trovato le tombe do 300 operai che lavorarono al sito. A est del tumulo, sono state
dissotterrate 17 tombe contenenti i resti di corpi decapitati, e gli studiosi speculano che potrebbero essere
bambini di Qin Shihuangdi, brutalmente giustiziati da Hu Hai, il figlio che succedette al primo imperatore.
Con le tombe di 11 imperatori della dinastia Han e 18 imperatori della dinastia Tang sparse per i campi che
circondano Xian, gli archeologi hanno lavoro da fare.
Molti studiosi credono che questi mausolei dovrebbero essere dissotterrati per primi, per accumulape
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esperienza e perizia prima di procedere per l' obbiettivo principale, ed è comune sentirli dire che la tomba di Qin
Shihuangdi dovra aspettare "una o due generazioni" prima di essere esplorata.
Cionondimeno, per gli archeologi che hanno lavorato duramente per 25 anni con i guerrieri di terracotta, l'
attrattiva della tomba dell' imperatore qin rifiuta di affievolirsi. "non la sogno la notte", afferma il signor Wang
"la sogno durante il giorno quando sto lavorando".
Fonte: washingtontimes.com
del 5 giugno 2003
Svelato il mistero del Mar Rosso?
18 Luglio 2003
Una coppia di fratelli di Keynsham sostiene di avere finalmente risolto il mistero, durato 3000 anni, dell'esatto
percorso di Mosé in fuga dall'Egitto. Peter e Mark Elmer non avevano mai fatto immersioni prima di sentire che
erano stati fatti tentativi per trovare il punto esatto in cui Mosé ha separato le acque per permettere il
passaggio degli Israeliti in fuga. Sono stati allertati da un video fatto dall'archeologo americano Ronald Wyatt. Il
racconto biblico risalente al 1446a.C. è sempre stato il soggetto di molto dibattito e di infinite spedizioni nel
Golfo di Suez, con la speranza di ritrovare reperti. Peter, meccanico, e Mark, che costruisce apparecchiature
chirurgiche, iniziano a prepararsi e rompono la consuetudine per esplorare il Golfo di Aqaba - che la Bibbia
chiama Mar Rosso. Peter, 38 anni e padre di due figli, ha affermato: "Quando senti queste storie da bambino,
pensi che siano soltanto racconti per farti dormire, ma quando ho visto il video e tutti quei carri ritrovati, ho
pensato 'aspetta un momento, questi racconti sono realmente veri' e ho capito che dovevo andare laggiù per
vederlo di persona." Molti archeologi non credono che la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana sia
realmente avvenuta, ma i due fratelli, imperterriti, hanno cercato a Nuweiba, in Egitto, una spiaggia identificata
da Wyatt come abbastanza larga per accogliere 2 o 3 milioni di persone. Insieme a Aaron Sen, esperto
sommozzatore, e equipaggiati con un metal detector, hanno scoperto una massa di corallo che, dopo 3500
anni, è cresciuta sopra le parti del carro. Peter ha affermato: "C'era un corallo che aveva la forma e la
grandezza del mozzo di un carro. Abbiamo anche preso la ruota di un carro." Gli oggetti recuperati si trovano
ora all'Università del Cairo e sono stati datati al periodo della migrazione degli Israeliti. Grazie ai due fratelli, ci
sono compagnie in America che stanno considerando di ristampare le loro Bibbie con la mappa corretta a tergo.
Fonte: Heramagazine.net
del 19 giugno 2003
L' Anatolia è la sede della prima civilta sulla terra
19 Luglio 2003
La professoressa Marcella Frangipane sta tentando di convincere gli studiosi che l'Anatolia, e non la Mesopotamia come affermato dagli storici, è la fonte della civilta sulla terra.
Dopo 13 anni di lavoro nel tumulo di Aslantepe Orduzu, in Malatya, la Frangipane afferma che i manufatti da lei
scoperti provano che la prima civilta fu originaria dell' anatolia. Secondo la Frangipane, le spade e il palazzo da
lei trovati ad Aslantepe, sono i piu antichi al mondo.
Questi ritrovamenti contraddicono ogni nozione dei libri di storia. La Frangipane ha tenuto un seminario per
accademici all'ambasciata turca a Roma, accompagniato da diapositive, intitolato "Anatolia, la nascita dello
stato". Pur ritenendo le sue asserzioni sorprendenti, gli esperti italiani affermano di voler discutere l'argomento
in un piu vasto forum scientifico.
Le idee della professoressa Frangipane scuotono i circoli scientifici italiani e mondiali.
Con la Turchia non in grado dipromuovere ricerche ad Aslantepe, i primi scavi furono fatti dai francesi negli anni
trenta (1930). Le loro ricerche sono state continuate da archeologi dell' universita La Sapienza di Roma fino al
1961. Gli italiani hanno coperto tutti i costi, inclusi quelli per ingaggiare un custode che proteggesse gli
artefatti.
La Frangipane ha lavorato duramente per pubblicare i suoi ritrovamenti, che daranno all' Anatolia un posto
nella storia. La turchia, comunque non puo promuovere a sufficienza il sito. Aslantepe fu una citta dal 5000 A.C.
al 712 A.C., fino all' invasione assira, e fu in seguito abbandonata per molto tempo. Divenne quindi un villaggio
romano dal 500 al 600 D.C., e piu tardi divenne una necropoli bizantina. Il primo palazzo al mondo fu costruito
ad Aslantepe nel 3350 A.C. Vi si trovano magazzini, un corridoio, un cortile ed un tempio.
Fonte: www.bakutoday.net
del 20 giugno 2003
Cina: Trovata Bottiglia Di 'Sake' Di 2000 Anni Fa
20 Luglio 2003
Pechino - Il ritrovamento nel nord della Cina di una bottiglia di 'sake' -il tipico vino di riso giapponese- risalente
a circa 2000 anni fa ha messo in subbuglio il mondo accademico. L'estrema purezza del contenuto, come ha
spiegato Sun Fuxi, archeologo della provincia di Xian, "prova che i vinicoltori dell'epoca disponevano gia' di una
tecnologia ben collaudata". Il 'sake' era contenuto in una giara di bronzo ornata con una testa di fenice, ma gli
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archeologi hanno provveduto a trasferirlo in un recipiente di vetro per poterlo meglio analizzare. Non e' il primo
ritrovamento del genere, ma mai ci si era imbattuti in una giara per vino cosi' ben conservata e in una tale
quantita' di antico 'sake'. La provincia di Xian ha riservato spesso grandi sorprese, la piu' famosa e' l'esercito
dei soldati di terracotta.
Fonte: Yahoo! News
del 21 giugno 2003
Esperti romani "cureranno" il vaso di Warka
21 Luglio 2003
Il capolavoro in alabastro, risalente a 5300 anni fa, era stato rubato dal museo della capitale irachena
ROMA - "E' successo, mi hanno raccontato, circa dieci giorni fa. Tre uomini non identificati, cui non sono state
rivolte domande, sono giunti in automobile, non so se dopo qualche trattativa un po' discreta, al museo di
Bagdad; sul sedile posteriore avevano il reperto più rilevante dei 36 razziati tra l'11 e il 13 aprile da quel
museo, con altre migliaia di oggetti meno importanti: un autentico capolavoro, il Vaso di Warka , in alabastro, i
cui rilievi votivi mostrano la Regina del cielo che riceve le offerte, databile almeno a 5300 anni or sono, il 3000
avanti Cristo. Lo hanno semplicemente restituito. E' in condizioni discrete: si sono nuovamente spezzate antiche
fratture, che erano state ricomposte; mi pare che ci sia una lesione nuova e recente alla base, ma nulla
d'irreparabile. A fine mese, tornerò a Bagdad, con un paio di esperti dell'Istituto centrale per il restauro di
Roma: saranno loro a "curare", e speriamo a "guarire", il celeberrimo vaso, appena ritrovato". Giuseppe
Proietti, il direttore generale per l'Archeologia del ministero per i Beni culturali, è appena rientrato da una nuova
missione in Iraq; racconta di grandi tensioni e poche buone notizie.
"Un tentativo di normalità sarà compiuto tra pochi giorni, il 3 luglio: non solo riapriranno due sale del museo,
quelle con i grandi rilievi assiri; ma, per la prima volta dal 1989, quando furono ritrovati, saranno anche esposti
alcuni dei gioielli di Nimrud: una parte dei corredi delle tombe principesche, che si sono salvati perché, ormai da
anni, ricoverati nel caveau della banca centrale"; quei gioielli di cui, prima della guerra, sembrava prossima una
mostra in Italia: "Avevamo già quasi concretizzato i relativi accordi e scambi". Ma per il resto, "c'è poco di che
stare allegri": gli scavi clandestini, in tutto il Paese, "proseguono assai massicci". Due noti archeologi, il
professor McGuire Gibson e Henry Wright dell'università del Michigan, hanno sorvolato in elicottero il Sud
iracheno; il loro reportage apparirà a ottobre su National Geographic . Attorno a tre insediamenti sumeri del III
millennio avanti Cristo, non molto lontano da Nassiriah, hanno visto, e "dappertutto", tracce di "scavi
clandestini recenti". "A Umma, 200 persone al lavoro; altre 300 a Isin; ad Adab, erano almeno 200, provviste di
quattro veicoli, a scandagliavare l'intero sito". Come un gruviera archeologico. "So che gli americani", riprende
Proietti, "vigilano i luoghi più sensibili, con pattugliamenti in elicottero: perfino abbassandosi di quota, e
sparando, per disperdere chi scava; inoltre, sono stati operati alcuni arresti. Ma mi è stato spiegato che queste
misure non bastano, per contenere il terribile fenomeno". "E quanto succede, non è limitato a questi siti:
purtroppo, riguarda un po' tutti gli insediamenti; anche i più famosi".
"Sono stati compiuti i primi passi per restituire qualche funzionalità all'amministrazione culturale irachena; ma il
controllo del territorio è ben altra cosa", spiega ancora Proietti. E aggiunge: "Con i 150 mila euro ricavati dal
concerto di Paul McCartney al Colosseo, al prossimo viaggio doteremo il museo di un laboratorio di restauro;
perché è andato totalmente distrutto quello che possedeva". "Con la riapertura, più che altro simbolica e sotto
la vigilanza armata dei militari americani, di una piccola parte del museo nazionale, questo potrà costituire il
primo segno di una ripresa che, peraltro, sembra ancora assai lontana. E intanto, i "tombaroli", gli scavatori
clandestini, stanno mettendo il Paese a ferro e fuoco; rubando molto di ciò che vi è ancora nascosto;
distruggendo i contesti e così anche impedendo di capire, spesso, il vero valore e significato delle opere e dei
reperti che vengono ritrovati. Insomma, rendendoli muti per sempre". E il Vaso di Warka ? "Chissà se è stato
restituito in seguito a una sorta di "ordine" di carattere religioso, o per quale altro motivo. La speranza è,
logicamente, che altri capolavori, peraltro impossibili da vendere, vengano riconsegnati in cambio
dell'impunità".
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 22 giugno 2003
I lunghi volti dei Neanderthal
22 Luglio 2003
Sono le facce degli umani moderni a essere estremamente corte rispetto ad altri ominidi
Nuove prove sfatano la credenza comune secondo cui gli uomini di Neanderthal - i nostri “cugini” vissuti fra i
230.000 e i 30.000 anni fa - possedevano facce eccezionalmente lunghe.
Un articolo a cura di Erik Trinkaus, antropologo dell’Università di Washington di St. Louis, afferma infatti che la
lunghezza dei loro volti non era maggiore di quella dei loro predecessori ancestrali. Le scoperte di Trinkaus, che
saranno pubblicate sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences" (PNAS), sono basate su due
fondamentali misure effettuate su crani fossili.
Trinkaus ha confrontato i volti dei Neanderthal con quelli di altri ominidi: sono stati studiati teschi di 179 umani
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News di Luglio 2003
“recenti” (risalenti fino al diciottesimo secolo), 26 umani “moderni” del tardo Pleistocene, 24 Neanderthal e 23
predecessori arcaici dei Neanderthal. La ricerca ha posto le basi che permetteranno a futuri antropologi di
stabilire se determinate caratteristiche evolutive sono ancestrali (presenti cioè anche in
antenati remoti) o derivate (dovute a cambiamenti recenti).
“Intendevo capire - spiega Trinkaus - se le ‘lunghe’ facce dei Neanderthal fossero state
ereditate dai loro antenati o se si trattasse di una loro propria caratteristica unica,
qualcosa che li rendesse divergenti dal punto di vista dell’evoluzione umana. E ho
scoperto che i Neanderthal, considerati nel loro contesto evolutivo, non avevano
affatto volti lunghi: sono gli umani moderni, piuttosto, ad avere visi corti”.
Le misure effettuate da Trinkaus per stabilire la lunghezza facciale riguardano il
margine alveolare e la lunghezza mandibolare superiore. Lo scienziato ha così scoperto che le misure dei
Neanderthal erano nella media rispetto ai campioni del Pleistocene e persino leggermente inferiori a quelle dei
loro predecessori arcaici.
Fonte: Le Scienze
del 22 giugno 2003
Gli Inca scrivevano coi nodi
23 Luglio 2003
Secondo lo studioso, l'antica civiltà andina aveva ideato un codice simile a quello binario usato per i computer
HARVARD - Al culmine del proprio splendore, gli Inca comandavano su un territorio che andava dalla Colombia
al Cile attuali. E questo, senza avere una lingua scritta che permettesse loro di inviare messaggi da un punto
all'altro dell'impero. Almeno, questo è ciò che si è creduto finora. Ma c'è un antropologo della prestigiosa
Università Usa di Harvard, Gary Urton, che ha un'idea diversa. Secondo Urton, gli Inca non solo erano in grado
di comunicare senza parole, ma lo facevano con un sistema che gli
occidentali avrebbero imparato ad utilizzare a fini comunicativi solo alcuni
secoli dopo: quello binario.
Urton sostiene che la soluzione al mistero Inca è da sempre sotto gli occhi
degli esperti: si tratta dei "quipu", sorta di cordicelle annodate considerate
sinora oggetti decorativi o, al più, primitivi pallottolieri. Lo studioso, invece,
è convinto di aver scoperto nei quipu quello che oggi chiameremo un codice
a 7 bit, ovvero un sistema nel quale, annodando ogni cordicella in un modo
o in un altro, e osservando insieme la combinazione di sette nodi, si ottiene
un segno preciso.
E' la stessa logica alla base del codice Ascii, quello che governa i caratteri
che possono essere battuti sulla tastiera del pc. L'Ascii è un codice ad 8 bit:
combinando otto 0 o 1, permette di individuare 256 segni (2
all'ottava=256). Un sistema a 7 bit consentirebbe soltanto 128 combinazioni
(2 alla settima). Ma secondo Gary Urton il codice Inca era molto più
raffinato e, assegnando ai sette nodi 24 colori diversi, permetteva di gestire
1536 distinte unità d'informazione (2 alla sesta moltiplicato per 24). A scopo
di paragone, si pensi che il sistema cuneiforme sumero era composto da
1000-1500 segni, mentre i geroglifici egizi e maya non fornivano più di 7800 unità.
"Ognuno di questi elementi potrebbe essere stato un nome, un'identità o
un'attività nel racconto di una storia o di un mito", ha spiegato Urton al
quotidiano britannico "The Independent". "Il sistema forniva un'estrema
flessibilità. Credo che un'abile possessore di quipu avrebbe riconosciuto il
linguaggio. L'avrebbe visto, sentito e utilizzato proprio come facciamo noi
quando leggiamo le parole".
Urton esporrà per intero la sua teoria in un libro di prossima uscita intitolato
"Signs of the Inca quipu". Il professore è ancora alla ricerca della prova definitiva, quella che convincerebbe il
resto della comunità scientifica, ancora scettica, e farebbe di lui il nuovo Champollion: un quipu tradotto, come
la stele di Rosetta che consentì allo scienziato francese di risolvere il mistero dei geroglifici egizi. Urton è
convinto di esserci quasi: "Per la prima volta abbiamo trovato un gruppo di quipu in un sito archeologico ben
conservato e datato con precisione, e un gruppo di documenti scritti nello stesso tempo". In quei documenti,
redatti in spagnolo, lo studioso è convinto di trovare la traduzione di almeno un quipu.
Fonte: La Repubblica
del 27 giugno 2003
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News di Luglio 2003
L'arte preistorica più antica della Gran Bretagna
24 Luglio 2003
Le incisioni raffigurano scene di animali
Un team di archeologi ha scoperto i più antichi esempi finora noti di arte preistorica in
Gran Bretagna. Si tratta di incisioni di due uccelli e di uno stambecco (un animale che
non si riteneva esistere in Inghilterra) nelle pareti di una caverna presso Creswell
Crags, nel Derbyshire. L'identificazione è stata effettuata dagli inglesi Paul Bahn e Paul
Pettitt e dallo spagnolo Sergio Ripoll e descritta in un articolo pubblicato sulla rivista
"Antiquity".
Esempi di arte di questo tipo erano già stati trovati in Francia e in Spagna ma mai, fino
a ora, in Gran Bretagna. Le incisioni inglesi sono comunque meno complesse e
sostanzialmente più giovani di quelle degli altri paesi europei continentali.
Si ritiene che gli esseri umani moderni abbiano fatto la loro apparizione in Europa circa 45.000 anni fa. In un
arco di tempo di 15.000 anni hanno poi sostituito i precedenti abitanti del continente, i Neanderthal. Fra i
migliori esempi di arte prodotta dai nuovi arrivati ci sono le pitture di cavalli al galoppo e di tori alla carica
scoperte nelle grotte di Lascaux e Chauvet, in Francia, e di Altamira, in Spagna. Sorprendentemente, nessun
esempio di arte paleolitica era stato identificato finora in Inghilterra, anche se a quel tempo le isole britanniche
erano collegate al continente ed erano sicuramente abitate. Gli esperti, tuttavia, ritengono che i dipinti possano
essere stati distrutti a causa del clima umido.
Fonte: Le Scienze
del 23 giugno 2003
Il meteorite di Costantino
25 Luglio 2003
IL METEORITE non è soltanto un corpo solido proveniente dal cosmo. E' anche un bel giocattolo per storici e per
archeologi dilettanti. Misteriosi morti di grandi civiltà? Popoli leggendari spariti nel nulla? Evanescenti ricordi di
remote catastrofi? I meteoriti spiegano tutto, purché ce l'immaginiamo giganteschi e devastanti. Il fatto che
regolarmente i geologi non riscontrino alcuna traccia di simili eventi, non ha nessuna importanza: c'è sempre
un editore disponibile a pubblicare un libro assurdo e un conduttore televisivo che ritiene divertente e istruttivo
mandare in onda un dibattito tra ciarlatani e studiosi rispettabili.
Il discorso si fa più serio se a parlare dell'impatto dei meteoriti sulla storia sono gli scienziati. Un'équipe di
geologi ha analizzato le tracce di un meteorite caduto sulle pendici del Sirente, in Abruzzo, dalle quali
emergerebbe la possibilità che l'evento si sia verificato nel 312 d.C. Il 312 non è un anno qualsiasi, ma una cifra
epocale, una di quelle date che un tempo giustificavano una bocciatura, come il 1492 o il 1789. Nel 312 (per
l'esattezza il 28 di ottobre) si svolse nei pressi di Ponte Milvio la battaglia decisiva tra Costantino e il suo rivale
Massenzio. Già i contemporanei interpretarono questo evento come un "giudizio di Dio": Costantino aveva
combattuto nel nome di Cristo, Massenzio nel nome degli dei pagani. Il risultato della battaglia aveva quindi
espresso un responso celeste: di fronte al dio dei cristiani, le vecchie divinità si erano rivelate demoni
impotenti, idoli decrepiti. Massenzio, infatti, era annegato nel fiume con gran parte dei suoi soldati.
Alcuni anni dopo, Costantino raccontò al suo biografo Eusebio le ore che avevano preceduto la battaglia. Nel
pomeriggio antecedente, Costantino e i suoi soldati avevano visto in cielo il segno luminoso della croce, con le
parole in hoc signo vinces , (vi ncerai con questo segno). La notte, Costantino aveva sognato il Cristo, che gli
aveva ordinato di adottare la croce come emblema del suo esercito.
Questo racconto ha sempre avuto un posto di rilievo nella cosiddetta "questione costantiniana". Alcuni hanno
ritenuto che esso fosse l'imbroglio di un politico spregiudicato, determinato a usare la giovane religione
cristiana come strumento di potere e a diffondere un'immagine provvidenziale della propria vicenda. Altri vi
hanno invece visto l'espressione di una sensibilità acuta, impegnata da un sincero tormento religioso.
Cambia qualcosa, in questo dibattito, se riteniamo che il meteorite del Sirente sia effettivamente caduto nel
pomeriggio del 27 ottobre del 312 e che esso sia quindi da identificarsi con il segno celeste osservato da
Costantino e dai suoi soldati? Chi ama le esagerazioni potrebbe concepire titoli come "Il cristianesimo salvato da
un meteorite", e disquisire sugli incommensurabili effetti del caso: se Costantino non avesse visto il meteorite
non sarebbe diventato cristiano, mentre la Chiesa cattolica non esisterebbe o sarebbe una conventicola
marginale. Chi ama il genere geologico-esoterico potrebbe divagare sul rapporto tra meteoriti e religioni: il
meteorite del Sirente, che fece trionfare il cristianesimo, paragonabile alla pietra nera dell'Islam. Chi infine
ritiene che la verità dei miracoli sia documentabile, potrebbe trovare nel cratere del Sirente l'ennesima
certezza.
Ma dal punto di vista strettamente storico, il discorso è più sottile. L'ipotesi sul rapporto tra il meteorite del 312
e la battaglia di Ponte Milvio appare interessante soprattutto se riflettiamo sul nesso tra la visione del segno
celeste e il sogno dell'imperatore. Soldati che avessero effettivamente visto la caduta di quel meteorite,
restandone impressionati, sarebbero stati molto disponili, il giorno dopo, a credere al sogno di Costantino. Per
gli antichi, il sogno era una specie di oracolo privato: la connessione tra la visione collettiva dell'apparizione
celeste e il sogno del comandante sarebbe quindi apparsa ai soldati come un'assoluta garanzia di vittoria.
Forse, al contrario, i soldati di Massenzio interpretarono il meteorite come un segno nefasto. Questi opposti
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News di Luglio 2003
stati d'animo avrebbero quindi effettivamente condizionato la battaglia e il suo esito.
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 27 giugno 2003
Anche in Nuova Guinea, l'agricoltura
26 Luglio 2003
Si pensava, fino a qualche tempo fa, che la vera rivoluzione agricola fosse avvenuta solo nella cosiddetta
mezzaluna fertile, cui si sono aggiunte via via la Cina, e alcuni angoli del Nuovo Mondo. Ora, con nuove
scoperte aggiungono a queste zone anche la Nuova Guinea. In una zona umida chiamata Kuk swamp sono stati
infatti trovate alcune modifiche territoriali che sembrano suggerire atti "agricoli" come il piantare, lo scavare e il
legare gli alberi, modifiche risalenti almeno a 10.000 anni fa.
Le persone che vivevano in questo territorio coltivavano banane e taro (una specie dotata di foglie eduli e di
una radice amidacea). Poiché il taro non cresce negli altopiani della Nuova Guinea, dev'essere stata portata in
quelle zone dai coltivatori stessi. Sembra inoltre che, insieme al taro, anche la banana sia stata coltivata per la
prima volta in Nuova Guinea. Sembra quindi che l'isola del Pacifico debba uscire dalla "preistoria agricola", ed
entrare a pieno titolo tra le zone del mondo in cui l'agricoltura è stata perfezionata.
Fonte: Focus.it
del 26 giugno 2003
La bella foto arcaica del Satiro
27 Luglio 2003
PALERMO - Un vaso attico del IV sec. a.C. ripropone l' immagine del Satiro di Mazara del Vallo, ancora in
esposizione a Roma dopo il resturo, in attesa del definitivo rientro in Sicilia. La scoperta e' stata fatta dal
professor Filippo Giudice, direttore della Scuola di specializzazione in archeologia di Catania, che ha trovato una
foto del contenitore nell' archivio ceramografico dell' universita' etnea. Ancora non si conosce dove e quando sia
stata scattata la foto e il kylix, ovvero una tazza, potrebbe trovarsi in qualche museo. La scoperta,
assolutamente casuale, e' avvenuta durante alcune ricerche d' archivio. La straordinaria rassomiglianza tra la
figura riprodotta nel vaso, che appartiene con certezza al IV secolo, e il Satiro, permetterebbe secondo lo
studioso di datare la statua proprio a quel periodo, appunto, come gia' sostenuto dal professor Paolo Moreno.
''Non solo abbiamo una certezza sostanzialmente documentale di enorme rilevanza, ma abbiamo una conferma
della sua cronologia'', ha commentato l' assessore ai Beni culturali Fabio Granata, per il quale adesso ''si apre
un' appassionante ricerca che condurremo con mezzi innovativi e attraverso i collegamenti con gli istituti di
cultura pubblici e privati del mondo per individuare la localizzazione del prezioso reperto. Poi faremo di tutto per
collocarlo nell' esposizione di Mazara del Vallo accanto al Satiro''.
Fonte: ansa.it
del 27 giugno 2003
Luminescenze bizantine nei fondali ragusani
28 Luglio 2003
PALERMO - Un' imbarcazione bizantina, lunga circa 20 metri, e' stata scoperta sul fondale antistante la spiaggia
di Ispica dai carabinieri del comando provinciale di Ragusa. Dalle foto scattate dai sommozzatori dell' arma si
rileva che il natante e' in buono stato di conservazione, comprese l' ancora e alcune anfore che trasportava. Sul
luogo del ritrovamento sono previsti ulteriori sopralluoghi dei militari ed esperti della Soprintendenza ai beni
culturali di Ragusa.
Fonte: ansa.it
del 27 giugno 2003
I tesori salvati in un catalogo
29 Luglio 2003
Monterotondo - "Archeologia ferita" raccoglie tutti i reperti sequestrati dai carabinieri nel territorio
Dopo l'apertura del museo archeologico territoriale di Monterotondo, arriva ora il nuovo catalogo "Archeologia
ferita" che vuole essere una testimonianza delle vestigia e dei reperti archeologici sequestrati dai carabinieri nei
territori dei comuni di Guidonia Montecelio, Monterotondo, Mentana e Marcellina. La pubblicazione, che vede tra
gli autori Benedetta Adembri, Alessandro La Porta, Eugenio Moscetti e Paolo Togninelli, sarà presentata domani,
contestualmente all'inaugurazione delle nuove attività di scavo, alle 18, presso il Centro Culturale "Paolo
Angelani" di Monterotondo, biblioteca, sala conferenze, sede del museo e dell'archivio storico cittadino. Una
combinazione di istituzioni che rende per la prima volta il "Paolo Angelani" un centro culturale integrato che
offre la possibilità di organizzare eventi di più ampio respiro per la fruibilità delle testimonianze custodite.
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News di Luglio 2003
Il catalogo nasce dalla ricerca compiuta in occasione dell'allestimento della mostra "Archeologia ferita". Proprio
da quella mostra si è andato definendo il progetto del museo come risposta alla questione della costruzione di
una identità attraverso l'uso e non soltanto la conservazione statica della memoria. "Partendo dalle ricerche
compiute-spiega l'archeologo Paolo Togninelli nel suo contributo al catalogo- si è inteso tracciare delle linee
programmatiche che saranno alla base delle scelte di allestimento e dell'organizzazione della vita del nuovo
museo rimanendo ancorati alla realtà in cui esso nasce".
Fonte: ilmessaggero.caltanet.it
del 29 giugno 2003
Antiche vestigia tibetane
30 Luglio 2003
Le scoperte potrebbero fare luce su costumi e usanze degli antichi tibetani
Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa cinese Xinhua, un team di archeologi avrebbe rinvenuto reperti
e resti di edifici che potrebbero spiegare molte cose sul passato del Tibet. La scoperta di 37 gruppi di reperti è
stata effettuata lungo la linea ferroviaria Qinghai-Tibet, ad altitudine elevata. Huo Wei, direttore dell'Istituto di
studi tibetani dell'Università di Sichuan, ha annunciato che le vestigia comprendono ceramiche, tombe e torri di
guardia militari.
Un antico sito sacrificale su larga scala, scavato nella regione di Nagcu, è stato il primo del suo genere a essere
stato scoperto in Tibet, mentre le ceramiche portate alla luce nella regione di Damxung sono fra le più grandi
mai trovate.
"Queste scoperte - commenta l'archeologo Zhang Jianlin - aiuteranno a spiegare molte cose a proposito degli
antichi tibetani". Gli oggetti per la caccia e l'agricoltura, rinvenuti per la prima volta a un'altitudine di 4900
metri, indicano che gli antichi tibetani potrebbero aver vissuto a circa 5000 metri sul livello del Mare.
Le vestigia sacrificali, inoltre, potrebbero rivelare qualcosa sulle antiche religioni. Secondo gli storici, prima che
il buddismo giungesse nella regione i tibetani veneravano spiriti della natura sotto forma di pietre sacre, laghi,
megaliti e boschi. Gli archeologi hanno trovano un circolo di megaliti con un diametro di 3,7 metri nei pressi di
un lago nella regione di Amdo, che si ritiene essere stato usato a scopi cerimoniali.
Fonte: Le Scienze
del 29 giugno 2003
Egitto, trovate tombe con maschere dorate del 2000 a.C.
31 Luglio 2003
Il Cairo - Una maschera dorata di un volto umano e vasellame di terracotta contenente offerte alle divinita'
dell'oltretomba sono stati trovati in due tombe risalenti a quattro millenni fa, scoperte dallo scavo condotto da
una missione archeologica belga 300 chilometri a sud del Cairo, nella regione di Deir el-Bersha. Lo ha reso noto
il segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichita' in Egitto, Zahi Hawas, il quale ha aggiunto che la
medesima missione archeologica belga ha scoperto i resti di altre due sepolture, di quasi mezzo millennio piu'
tarde (sono state datate al 1550 a.C.).
Fonte: agi.it
dell'1 luglio 2003
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