1 La MENOPAUSA OGGI Laura Tarantelli - Emilia Costa Dipartimento Scienze Neurologiche e Psichiatriche – Sapienza Università di Roma INTRODUZIONE Il termine menopausa deriva dal greco "μήν" e "παὒσις", (mese e cessazione): infatti, come da definizione della WHO ( World Health Organization) per menopausa si intende la definitiva scomparsa del flusso mestruale mensile nella donna, dovuta alla progressiva riduzione fino alla completa cessazione della funzione follicolare ovarica, che comporta la fine della fertilità nella donna. Per definizione la menopausa spontanea e naturale si può riconoscere solo in maniera retrospettiva dopo 12 mesi consecutivi di amenorrea, una volta escluse altre possibili cause patologiche o fisiologiche di amenorrea stessa (come ad esempio la menopausa chirurgica che insorge dopo l’asportazione chirurgica delle gonadi femminili e dell’utero, ecc.). Ciò in quanto solo raramente l’interruzione del flusso mestruale avviene in modo brusco; la maggior parte delle volte avviene gradualmente in un periodo di tempo piuttosto lungo, che caratteristicamente inizia con pronunciate irregolarità del ciclo mestruale, riguardanti sia l’intensità che la durata dello stesso. Il periodo compreso tra l’inizio delle irregolarità mestruali ( di durata variabile, da 2 a più anni) ed i 12 mesi successivi all’ultima mestruazione viene definito perimenopausa. Attualmente l’età media di inizio della perimenopausa nei paesi industrializzati è calcolata sui 47,5 anni, mentre la menopausa si verifica intorno ai 50-52 anni; la menopausa spontanea è considerata normale tra i 45 e i 55 anni, normale precoce prima dei 45 anni, normale tardiva dopo i 55 anni. Rispetto al passato l’età media di insorgenza della menopausa si è innalzata parallelamente all’innalzamento dell’aspettativa di vita ed all’aumento percentuale della distribuzione della popolazione verso le fasce di età più avanzate. Come il menarca, anche la menopausa ha sempre rappresentato una tappa fondamentale nel percorso di vita della donna, un tempo vissuta come momento di forte “crisi”, oggi intesa soprattutto come “cambiamento”. Fino agli anni ‘60 quando l’identità femminile era basata su un modello fondamentalmente caratterizzato da bellezza e capacità di procreare, la menopausa assumeva spesso connotazione spiccatamente negativa, caratterizzata dalla valenza di “perdita”, simboleggiando l’inizio dell’ invecchiamento. 1 2 Nel corso del tempo e soprattutto negli ultimi decenni, il significato socio-culturale legato al climaterio è andato via via evolvendosi, parallelamente al cambiamento della concezione sulla donna e del suo ruolo nella società, nonché all’aumento dell’età media di vita con la possibilità di prolungare bellezza e benessere. Tuttavia il climaterio rappresenta, comunque, un momento di importante cambiamento e pertanto una tappa delicata della vita femminile, in cui gradualmente deve venirsi a creare un nuovo equilibrio sia a livello fisico che psicologico. Infatti pur rappresentando un evento fisiologico, la menopausa può in molti casi essere caratterizzata da un insieme variabile di disturbi che a volte ne arrivano a costituire una vera e propria sindrome. I disturbi possono essere diversi e di diversa entità: possono comprendere sintomi fisici, psicofisici e psichici , i quali possono connotarsi con modalità molto variabile da donna a donna. I sintomi fisici spesso possono comprendere: aumento ponderale, manifestazioni edemigene, tensione mammaria, secchezza della cute e delle mucose in particolare di quella vaginale, cistiti ricorrenti; i sintomi psicosomatici più frequenti, consistono soprattutto in sintomi vasomotori, quali vampate di calore, sudorazione profusa soprattutto notturna, e cefalee; i sintomi psichici possono essere diversi sia come qualità che come gravità e comprendono: disturbi del sonno, quali insonnia o talvolta ipersonnia, ansietà, astenia, difficoltà di concentrazione, irritabilità, disturbi dell’umore, che possono andare da lieve tristezza fino a veri e propri quadri depressivi. Come già accennato questo corteo sintomatologico si può manifestare attraverso un continuum di gravità estremamente variabile da soggetto a soggetto: in particolare i sintomi psichici possono essere appena accennati e facilmente gestibili, fino ad arrivare talvolta a veri e propri quadri psicopatologici. A riguardo, soprattutto negli ultimi anni, sono stati effettuati diversi studi, in alcuni dei quali talvolta sono stati ottenuti anche risultati in parte contrastanti tra di loro. In particolare è stata posta attenzione alla possibilità di una diversa vulnerabilità allo sviluppo di sintomi depressivi nel periodo della menopausa. Diversi autori, infatti, identificano il periodo della perimenopausa come “finestra di vulnerabilità” per i disturbi depressivi, che in tale periodo possono manifestarsi con un’ampia variabilità clinica. Potendo assumere le caratteristiche di una forma lieve di depressione, ma prolungata, in genere in donne con personalità nevrotica; oppure in forma grave di tipo endogeno monopolare, in donne con personalità già disturbata, ma con tendenza ad una remissione più rapida rispetto alle forme non legate alla menopausa ( Costa E.). Pertanto le manifestazioni sintomatologiche presentano un’ìmportante variabilità interindividuale e possono includere dai sentimenti di inutilità, inadeguatezza, incapacità, infelicità, riduzione e/o perdita della libido e della progettualità, fino a sintomi depressivi ancora più gravi, quali frequenti crisi di pianto, apatia ed abulia, anoressia, insonnia, riduzione dell’efficienza con grave difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane. Persistono, comunque ancora, diverse controversie rispetto a quali siano i fattori che possono determinare una maggiore vulnerabilità allo sviluppo di sintomi depressivi 2 3 durante il climaterio: infatti tale maggiore vulnerabilità viene attribuita da alcuni autori soprattutto ai fattori biologici caratteristici di questo periodo ed in particolare ai profondi cambiamenti nei livelli ormonali (in particolare alle caduta dei livelli di estrogeni circolanti, accompagnata dal progressivo aumento dei livelli di FSH (ormone follicolo stimolante). Mentre per altri Autori maggiore importanza ed impatto avrebbero i fattori psicologici e socioculturali, quali la personalità di base, la situazione relazionale e sessuale presente e passata, la storia personale ed in particolare la presenza o meno di particolari traumi; nonché la presenza di una precedente storia di disturbi depressivi o dell’umore, che comporta una maggiore provabilità di sviluppare sintomi depressivi in menopausa. (Costa E. 1999) In un lavoro del 2012 gli Autori (Hickey e altri) analizzando i più importanti studi effettuati negli ultimi tre decenni sull’insorgenza di sintomi ansiosi e depressivi durante la menopausa, giungono alla conclusione che l’aumento di incidenza di tali disturbi durante tutto il periodo perimenopausale è effettivo soltanto nelle donne che presentano determinati fattori di rischio di vario tipo quali: importante stress psicosociale, precedente storia di disturbi affettivi, e sintomi vasomotori gravi e prolungati. FATTORI BIOLOGICI ED ORMONALI Per quanto riguarda l’aspetto biologico ed ormonale, è ormai noto che gli ormoni sessuali svolgono, oltre alla loro azione sui vari organi del sistema riproduttivo, anche un’azione sul sistema nervoso centrale: è stata riscontrata una relazione tra steroidi ovarici e l’attività serotoninergica dell’ipotalamo, sembra che gli estrogeni aumentino il ritmo circadiano diurno della serotonina, mentre il progesterone ne aumenta il turnover. Ed a questo potrebbe essere correlato il fatto che gli estrogeni e il progesterone esercitano un’importante influenza sul tono dell’umore: i primi lo migliorano esercitando anche un’azione “euforizzante” che, nella prima metà del ciclo mestruale nella donna in età fertile si paleserebbe con maggiore parlantina, capacità di concentrazione, benessere e aumento del desiderio sessuale. (E’ interessante il fatto che la radice di estrogeni è la stessa di "estroversione"). Tale effetto euforizzante è mitigato dal progesterone, che al contrario induce un senso di tranquillità e rilassatezza e svolge anche un’azione sedativa che può diventare anche lievemente depressogena. Inoltre è stata riscontrata la presenza di recettori per gli ormoni sessuali (estrogeni, progesterone ed ormoni androgeni) in diverse regioni del sistema nervoso centrale, alcune delle quali non coinvolte nella regolazione della funzione riproduttiva; in particolare, recettori specifici per gli ormoni gonadici sono stati riscontrati oltre che nel tronco encefalico, nel cervelletto e nelle cellule gliali della sostanza grigia cerebrale, anche a livello dell’amigdala, dell’ippocampo del locus coeruleus, regioni cerebrali fortemente implicate nella regolazione dell’umore e degli stati affettivi, nonché del livello di performance cognitiva. A riguardo esistono alcuni studi focalizzati proprio sulla maggiore vulnerabilità di alcune donne alle fluttuazioni degli ormoni sessuali, e pertanto gli Autori sono andati 3 4 a studiare se ci fosse o meno una maggiore provabilità nello sviluppo di alterazioni dell’umore nel periodo della perimenopausa, nelle donne che hanno sofferto di sindrome premestruale durante il periodo riproduttivo. I risultati degli studi di Morse e coll. (1998) e Freeman e coll. (2004) e hanno confermato questa ipotesi. Inoltre lo stesso argomento è stato affrontato in un altro studio condotto nel 2006 da Richards M e coll. che hanno esaminato un campione di 105 donne nel periodo perimenopausale (70 affette da sintomi depressivi e 35 di controllo) andando ad indagare nelle stesse la presenza di sindrome premestruale: la stessa veniva riscontrata in percentuale maggiore nelle donne con sintomi depressivi perimenopausali rispetto a quelle senza sintomi depressivi (rispettivamente 26% e 9%). Sull’assetto ormonale sono stati condotti diversi altri lavori: in uno studio risalente al 2006 condotto da Cohen e altri Autori su un campione di 421 donne è risultato che l’incidenza di depressione nelle donne in perimenopausa risultava circa doppia rispetto alle donne nel periodo fertile e tale dato è stato confermato da altri studi condotti su campioni di donne piuttosto ampi, come quello condotto da Freeman e coll, i quali hanno ottenuto un risultato più o meno analogo a quello precedentemente citato, studiando un campione di 251 donne. Dennerstein e altri autori in uno studio del 2004 hanno riscontrato una maggiore incidenza di sintomi depressivi in donne con durata del periodo perimanopausale più lunga rispetto alla media. Sempre riguardo ai fattori biologici un altro aspetto abbastanza indagato è stata la possibile correlazione tra sintomi vasomotori e sintomi depressivi durante il climaterio, anche basandosi sull’impatto negativo che i sintomi vasomotori, in particolare le vampate di calore, hanno sul sonno e sul tono dell’umore. In uno studio risalente al 2002 Joffe e coll., confrontando due gruppi di donne in menopausa, l’uno con sintomi vasomotori molto accentuati, l’altro con sintomi molto blandi, hanno constatato una incidenza di disturbi depressivi quattro volte maggiore nel gruppo con sintomi vasomotori gravi ed invalidanti. Tale dato è stato in parte confermato da Cohen e altri nel 2006 ed anche in uno studio più recente condotto da P. Lianeza ed altri Autori nel 2011. Tuttavia, altri dati presenti in letteratura disconfermano questo dato, non trovando alcuna differenza nell’incidenza di sintomi depressivi in menopausa tra donne con sintomi vasomotori e donne che non presentavano tali sintomi.( Soares et all. 2006). Alcuni autori hanno posto l’attenzione non solo sul ruolo degli estrogeni ma anche di altri ormoni, dei quali si suppone l’influenza sulla regolazione dell’umore. A riguardo si segnala uno studio recente di tipo longitudinale, condotto nel 2011 da Morrison e coll., in un arco di tempo di 11 anni, su un ampio numero di donne (436), per determinare se esisteva una correlazione tra i livelli di DHEA e l’insorgenza di sintomi depressivi durante il periodo della menopausa. Il livello di DHEA è stato rilevato nel campione di donne, quando erano ancora in età fertile, e poi è stato rivalutato nel periodo del climaterio. Da tale studio è emerso che esisteva una correlazione tra livelli di DHEA e depressione in menopausa mentre, sorprendentemente, non esisteva nessuna correlazione tra livelli di DHEA prima della menopausa e depressione maggiore 4 5 Inoltre da diversi studi è risultato che numerosi fattori di tipo organico quali l’età del menarca, la nulliparità, l’uso pregresso di estro progestinici. possono influenzare gli effetti sull’umore correlati alla riduzione degli estrogeni durante la menopausa, oltre che l’età di insorgenza della stessa. (Costa E. 1999) Anche se esiste già una certa quantità di dati a disposizione, gli aspetti biologici ed ormonali in particolare che possono correlarsi allo sviluppo di sintomi depressivi in menopausa vanno ulteriormente approfonditi, ma soprattutto va tenuto presente come già precedentemente anticipato che vanno considerati in sinergia ad altri numerosi aspetti il cui ruolo nel possibile sviluppo di sintomi psichici gravi durante il climaterio è forse ancor più importante, soprattutto per quel che riguarda la grande variabilità individuale che si osserva nello sviluppo di questi sintomi. Si può affermare che esiste una complessa vulnerabilità individuale che predispone ad una risposta negativa alle variazioni ormonali. A proposito di ciò va tenuto presente che sono stati condotti alcuni studi riguardanti anche l’impatto della menopausa sui disturbi psicotici nella donna. Da tali studi è emerso che, almeno da un punto di vista statistico, effettivamente l’insorgenza della menopausa aumenta il rischio che si sviluppi un nuovo episodio psicotico in donne già affette da psicosi, con conseguente necessità di aumento del dosaggio della terapia antipsicotica e ciò viene imputato all’effetto “neuroprotettivo” esercitato dagli estrogeni. Sicuramente la vulnerabilità individuale alle fluttuazioni ormonali è influenzata da molteplici fattori non solo biologici ma anche sociali, culturali, familiari, psicologici. FATTORI SOCIOCULTURALI Per quanto riguarda i fattori socioculturali, come già precedentemente accennato il significato che viene attribuito alle mestruazioni ed in seguito alla cessazione delle stesse in menopausa, nella società in cui la donna vive è molto importante e lo stesso differisce ampiamente nelle diverse culture. (Costa E. 1992) Ad esempio, in alcune tribù dell’Africa e nelle donne della classe Rahjput dell’India, come in certe popolazioni arabe, alle mestruazioni viene attribuito un significato negativo di “impurità”; pertanto la menopausa, liberando la donna dall’“impurità” dei flussi mestruali, le conferisce maggiore prestigio sociale. La donna in menopausa, a differenza di quanto accade ne periodo fertile, può quindi socializzare liberamente anche con gli uomini, partecipare o essere protagonista di riti propiziatori, è esentata dai lavori pesanti e, in virtù dell’esperienza di vita acquisita, esercita ampi poteri sulla famiglia e sulla comunità. In queste popolazioni il potere della donna intorno ai cinquant'anni e' massimo; e con il raggiungimento della mezza età la donna diviene il fulcro della famiglia e assume il ruolo di matriarca, diventando un riferimento gerarchico per figlie, nuore, nipoti. A Formosa e in Giappone ancora oggi l’ingresso della donna nell’ultimo gruppo anagrafico, all’età di 61 anni, è celebrato con un festeggiamento e da quel momento le sue opinioni sono tenute in grande considerazione. 5 6 In Cina é leggendario il rispetto reverenziale nei confronti delle donne entrate nell' età della saggezza. In queste culture così diverse rispetto alla nostra la sindrome climaterica sembrerebbe essere praticamente assente. Invece nella popolazione statunitense che risulta mista sembrerebbe che i sintomi psicofisici e psichici della sindrome climaterica siano molto meno frequenti nelle donne che appartengono alla etnia afro-americana rispetto alle donne bianche. A riguardo va segnalato che sono stati condotti diversi studi soprattutto riguardanti eventuali differenze nell’insorgenza di sintomi depressivi durante la perimenopusa in donne di diverse razze, anche se non sono ancora sufficienti per giungere a conclusioni chiare. Tuttavia, in popolazioni nelle quali al cambiamento che avviene in menopausa è attribuita una valenza positiva, risulta più bassa l’incidenza di sintomi fisici e soprattutto psicologici correlati alla stessa. A proposito è interessante citare un recente studio condotto da Sayakhot P. et All. (2012) nel quale vengono messi a confronto le credenze, gli atteggiamenti, la compresione ed i sintomi della menopausa tra le donne Australiane e le donne del Laos, utilizzando un campione di 56 donne australiane e 52 donne lotiane di età compresa tra i 45 ed i 61 anni. Da tale studio emerge un’incidenza significativamente più alta sia dei sintomi vasomotori che dei sintomi depressivi nelle donne australiane; tale maggiore incidenza è associata ad una concezione della menopausa come inizio dell’invecchiamento e di maggior rischio di ammalare di gravi neoplasie mammarie. Sicuramente nella nostra società occidentale, come già precedentemente accennato, il significato sociale attribuito alla menopausa è andato modificandosi nel tempo ed in particolare negli ultimi decenni, in cui la donna ha potuto acquisire la propria più complessa identità, emancipandosi dagli aspetti tradizionali della funzione materna e sessuale, potendo meglio utilizzare le proprie capacità logico/razionali. Per cui la menopausa sta perdendo la connotazione di “ineluttabile invecchiamento psicofisico”. Tuttavia, la valenza ed il significato attribuiti da ogni singola donna a tale importante cambiamento sono fortemente dipendenti sia dalla cultura della famiglia d’origine, sia dalla cultura individuale che ogni donna si è andata costruendo nella sua storia di vita (Costa E. 1990). Numerose ricerche hanno dimostrato che più é basso il livello socio-culturale, più é alta l'identificazione nel modello femminile materno-riproduttivo, più aumenta la percezione dei sintomi del climaterio. In diversi casi di crisi menopausale il momento in cui la donna realizza di aver perso la capacità riproduttiva può diventare un momento di profonda riflessione, che porta a rivedere il ruolo di moglie-madre su cui aveva impostato tutta la sua vita,e può comportare la polarizzazione su elementi di perdita e di lutto che possono determinare la diminuzione della fiducia di base in se stessa. Al contrario, se la donna vive la propria femminilità in modo completo, come insieme di affetti, relazioni sociali, interessi, relazioni, come tappa fisiologica dell’esistenza, non si sentirà ridotta come donna con la fine dei cicli mestruali, ma più libera e più ricca di esperienza e nuove possibilità. A riguardo risulta molto importante il livello di integrazione sociale e il substrato relazionale di ogni singola donna nel periodo della menopausa, nonché il supporto emotivo che la stessa riceve durante tale importante momento di cambiamento. 6 7 Bisogna anche tenere in considerazione ad esempio se la donna svolge o meno un’attività lavorativa, che possa funzionare come fonte di soddisfazione ed autostima. Inoltre risulta fondamentale la rete relazionale, la presenza di amicizie e soprattutto l’esistenza o meno di una relazione di coppia e la qualità della stessa. Dennerstein ed altri autori in uno studio di diversi anni fa (1999) hanno riscontrato una maggiore incidenza di depressione durante tutto il periodo della perimenopausa in donne che non ricevevano un adeguato supporto da parte del proprio compagno, rispetto a quelle che invece avevano un supporto adeguato. Come a tale riguardo è anche molto importante la situazione di coppia preesistente e la personalità di base sia della donna che del compagno. Sui risvolti psicologici del climaterio ha inoltre influenza il modo in cui ogni donna di concepisce e vive la propria sessualità. A tal proposito è possibile individuare nella donna alcuni modelli d’identità che si ripercuotono sul rapporto di coppia ed in particolare sul comportamento sessuale in menopausa: - un modello materno riproduttivo, che considera la sessualità prevalentemente finalizzata alla riproduzione, per cui la menopausa può determinare la riduzione o l’interruzione dell’attività sessuale; - un modello narcisistico, che tenta di evitare la crisi della mezza età negando la componente biologica del climaterio. La donna può avere un’attività sessuale più intensa e può riuscire a negare alcuni problemi legati alla menopausa. - un modello genitale maturo, in cui è presente la capacità di realizzare armonicamente l’identità femminile non solo nelle tradizionali funzioni materne, ma anche all’interno di una relazione affettiva e sessuale soddisfacente. EVENTI DI VITA E FATTORI PSICOLOGICI RELATIVI ALLA PERSONALITA DI BASE Il modo di vivere la sessualità è inerente alla costituzione della personalità di base, fondamentale nell’andamento della menopausa e nello sviluppo o meno di sintomi depressivi. I tratti personologici di ogni singolo individuo sono frutto di diversi fattori, che comprendono fattori genetici, fattori ambientali e relazionali. E’ noto come gli eventi di vita, sia quelli macroscopici e più significativi, sia quelli puntiformi ma con importante impatto emozionale sull’individuo, sono di fondamentale importanza nella costituzione della personalità di base: risultano fondamentali i rapporti reciproci tra i vari componenti della famiglia di origine, ed eventuali modalità ricorrenti, che possono assumere la valenza di microtraumi reiterati nel tempo. Nonostante ciò, in genere viene posta maggiore attenzione agli eventi di natura macroscopica, ad esempio particolare attenzione viene posta all’abuso sessuale nello sviluppo dei vari disturbi psichici: un pregresso abuso, in particolare se accompagnato da scarsa comprensione e trascuratezza emotiva da parte dei genitori, predispone ad una maggiore fragilità e vulnerabilità agli eventi stressanti 7 8 e maggiore predisposizione per lo sviluppo di disturbi affettivi; pertanto può anche avere un ruolo nello sviluppo di un disagio psicologico di rilevante entità in menopausa. A tale proposito citiamo un recente studio condotto nel 2012 da Pimenta F. et All. su un ampio campione di donne (992), nel quale gli autori vanno ad indagare la correlazione esistente tra eventi di vita e i vari sintomi in menopausa; da tale studio risulta che gli eventi di vita sono significativamente correlati solo con i sintomi depressivi, mentre non esiste nessuna significativa correlazione tra eventi di vita e sintomi fisici in menopausa. Fondamentale risulta anche il livello di autostima di base, che si è andato costruendo nel corso della storia di vita della donna, e che è influenzato da molteplici fattori quali la costituzione della famiglia d’origine e le relazioni tra i vari membri all’interno della stessa, nonché dalle relazioni con altre figure significative al di fuori della famiglia sviluppatesi nel corso del tempo. È inotre fondamentale la capacità della donna di riconoscersi ed autodefinirsi, soprattutto riuscendo a riconoscere ed utilizzare le proprie risorse anche in base alla situazione contingente: nel caso in cui ci sia un buon livello di autostima e capacità di attingere alle proprie risorse, la menopausa può essere vissuta come momento di cambiamento e di sviluppo di nuove e diverse potenzialità e creatività. In tutto ciò rientra anche la capacità del singolo individuo di fare fronte agli avvenimenti della vita: vi sono donne che hanno difficoltà a collocarsi nei momenti di cambiamento, quando sfumano o si modificano le certezza conquistate nel passato ed hanno scarsa capacità di “risettarsi” su nuove disposizioni di vita. In questi casi i profondi cambiamenti che avvengono nel periodo del climaterio possono comportare enormi difficoltà fino ad arrivare, come si accennava prima a vere e proprie crisi di identità, in particolare nei casi in cui questa è basata quasi esclusivamente sull’ avvenenza fisica e sulla capacità di procreare. Una scarsa capacità di adattamento rende la persona maggiormente vulnerabile nei periodi fortemente stressanti e più suscettibile a relativi disturbi dell’umore; infatti una scarsa attitudine nell’adattarsi ai cambiamenti è spia di una importante rigidità nella struttura personologica e spesso può accompagnarsi a pessimismo, tendenza alla rimuginazione e difficoltà nell’esprimere e gestire le proprie emozioni, in particolare la rabbia, associata alla tendenza a reprimere la stessa. In diversi studi è stato indagato il legame esistente tra tutte queste componenti personologiche e lo sviluppo di sintomatologia depressiva in menopausa ed è stata trovata una correlazione positiva. In uno studio del 1991 Costa et All. indagano in modo specifico l’importanza dell’ ”intelligenza emotiva” intesa come capacità di comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni, come fattore della personalità implicato nello sviluppo di sintomi depressivi in menopausa su un campione di centosedici donne di età compresa tra i 45 ed i 65 anni attraverso la somministrazione di un questionario che valutava il 8 9 livello di stress, i sintomi ansiosi e depressivi esperiti durante la menopausa e l’intelligenza emotiva. Da tale studio risulta che le donne con una maggiore intelligenza emotiva hanno un atteggiamento più positivo verso la menopausa e minor frequenza di sintomi ansioso-depressivi legati alla menopausa stessa. OPZIONI TERAPEUTICHE NELLA SINDROME CLIMATERICA Come è stato precedentemente esposto il corteo sintomatologico del climaterio si manifesta nei vari soggetti attraverso un continuum di gravità che può andare da sintomi molto lievi e facilmente gestibili a sintomi gravi che incidono in modo significativo sulla qualità di vita. Sono stati effettuati numerosi studi sui possibili approcci terapeutici, molti dei quali sono focalizzati sull’utilità o meno di una terapia ormonale sostitutiva e sull’opportunità di utilizzo della stessa nei vari casi, che rappresentano a tutt’ oggi argomento di dibattito. Negli anni passati si è assistito dapprima ad una enfatizzazione della terapia ormonale sostitutiva per arrivare poi ad una “demonizzazione” della stessa, creando allarmismi nelle donne che ne facevano uso o che desideravano iniziarla. Tuttavia per quel che riguarda il suo utilizzo per il trattamento dei sintomi fisici della menopausa sono emersi da una recente pubblicazione della North American Menopause Society (NAMS) alcuni punti chiave che possono essere così riassunti: Il trattamento più efficace per i sintomi vasomotori della menopausa (vampate) è rappresentato dalla terapia con estrogeni o con estro-progestinici e ciò determina una migliore qualità di vita. La durata della terapia è differente per le donne che hanno ancora l’utero e che devono essere trattate con estro-progestinici, rispetto a quelle che hanno subìto un’isterectomia (asportazione dell’utero) e che possono essere trattate solo con estrogeni. Il rischio di cancro al seno limita la terapia estro-progestinica a 3-5 anni. Per la terapia con soli estrogeni, il rapporto rischio-beneficio per il cancro al seno è più favorevole, in quanto non aumenta dopo 7 anni di terapia con estrogeni. La terapia ormonale sostitutiva è associata con una riduzione del rischio di frattura, ma con un più alto rischio di ictus ischemico, tromboembolismo venoso e cancro ovarico. La terapia combinata estro-progestinica, comparata con quella solamente estrogenica, è associata ad un maggior rischio di malattia coronarica. La decisione di utilizzare una terapia ormonale sostitutiva deve essere valutata da paziente a paziente in base alle sue priorità relative alla qualità di vita ed al rischio di trombosi, ictus, malattia cardiovascolare e cancro mammario. 9 10 La terapia combinata estro-progestinica può essere raccomandata nelle donne che hanno l’utero, in quanto il progestinico ha un effetto protettivo sull’endometrio, rispetto all’utilizzo di solo estrogeno. Per le donne che lamentano solo disturbi vaginali (secchezza, dispareunia) è consigliato l’utilizzo di estrogeni ad uso locale vaginale. Nelle donne sane con un’età inferiore ai 60 anni o con meno di 10 anni di menopausa, l’uso della terapia ormonale non determina un aumento di rischio di malattia cardiovascolare. Le donne che vanno in menopausa in età precoce e non hanno controindicazioni all’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva, possono seguirla fino ai 51 anni (età media di menopausa fisiologica) o oltre, per controllare i sintomi menopausali. Non vi sono dati sufficienti per sostenere l’utilizzo di terapia ormonale sostitutiva nelle donne sopravvissute al cancro al seno. Rispetto all’utilizzo di estrogeni orali con dosi standard, l’impiego di estrogeni transdermici (cerotto) o estrogeni orali a basso dosaggio, ha un minor rischio di trombosi e ictus. In conclusione, i recenti studi supportano l’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa solo quando il rapporto rischio-beneficio è favorevole. Tale rapporto deve essere valutato singolarmente per consigliare l’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva per trattare i sintomi correlati alla menopausa, e per prevenire l’osteoporosi nelle donne ad alto rischio di frattura. L’efficacia della terapia sostitutiva estroprogestinica sui sintomi psichici, in particolare depressivi è ancora in parte controversa, anche se a riguardo sono stati effettuati diversi studi. Da molti di essi, condotti anche su numerosi campioni di donne, l’efficacia delle terapia estro progestinica sostitutiva è risultata superiore al placebo; in particolare l’efficacia antidepressiva viene attribuita agli estrogeni. In alcuni studi questa efficacia risulta spiccatamente superiore: ad esempio in un trial clinico randomizzato risalente al 2001 condotto da Soares C, et All, l’utilizzo del 17beta estradiolo per via trans dermica è risultata significativamente superiore rispetto al placebo (68-80% di remissione dei sintomi depressivi comparata con il 20-22% ottenuta con il placebo). Tuttavia in molti casi la terapia estro progestinica viene iniziata e soprattutto proseguita con cautela, sia per gli effetti fisici precedentemente esposti, sia perché persistono dubbi sulla sua efficacia sia nel breve che nel lungo termine soprattutto sui sintomi psichici. In uno studio recente del 2011 condotto su un campione di donne molto vasto (4069 donne anziane in postmenopausa) è risultato che l’uso di terapia ormonale sostitutiva non è associato ad un effetto protettivo contro la comparsa di sintomi depressivi. Tuttavia, la sospensione del trattamento potrebbe aumentare il rischio di sintomi depressivi. Uno studio pilota risalente al 2006 condotto da Dias R.S. in cui gli autori studiano gli effetti della terapia combinata con estro progestinici e con l’antidepressivo venlafaxina riporta una 10 11 maggiore efficacia sui sintomi depressivi della terapia sostitutiva ormonale, rispetto all’antidepressivo venlafaxina. Tuttavia diversi studiosi e clinici ritengono che la terapia sostitutiva ormonale con estroprogestinici risuterebbe efficace su alcuni sintomi fisici, in particolare la secchezza vaginale e le vampate di calore, ma non risulterebbe altrettanto significativamente efficace sui sintomi affettivi che si sviluppano durante la menopausa, e pertanto ritengono più indicato trattare questi ultimi con farmaci antidepressivi, quando la gravità dei sintomi diventi tale da richiedere un trattamento. Numerosi trial clinici hanno mostrato l’efficacia degli antidepressivi sia SSRI, sia SNRI; in altri casi vengono ancora utilizzate entrambe le terapie ( terapia ormonale sostitutiva ed antidepressivi) in diverse combinazioni. Inoltre, esistono anche, diversi studi sull’uso di terapie alternative per i sintomi del climaterio, che risultano più sicure per quel che riguarda gli effetti indesiderati; tra queste terapie rientrano soprattutto i fitoestrogeni, ritenuti efficaci sui sintomi psicofisici e vasomotori quali le vampate di calore e la secchezza vaginale. Per quanto riguarda l’efficacia sui sintomi depressivi, alcuni studi sembrerebbero indicare una certa efficacia degli isoflavoni, una particolare categoria di fitoestrogeni, anche se le conoscenze rispetto a tale argomento dovranno essere ampliate con ulteriori studi. Infine, in base a quanto precedentemente esposto, rispetto all’ampia variabilità individuale con cui si presentano i vari sintomi della sindrome climaterica, sulla base di fattori non solo biologici ed ormonali ma anche relativi alla condizione socioculturale ed all’assetto personologico, va sottolineata l’importanza che può avere la psicoterapia nelle sue varie forme per la gestione ed il miglioramento della sintomatologia del climaterio. L’approccio più utilizzato è la terapia cognitivocomportamentale, sia individuale che di gruppo: esistono diversi studi dai quali risulta l’efficacia di tale approccio psicoterapeutico su vari sintomi, in particolare su quelli depressivi ed ansiosi, ma anche su quelli vasomotori soprattutto le vampate di calore associate a sudorazione profusa; come riportato in un lavoro del 2010 di Hunter M.S. e Mann E., che indica come la diversa gravità dei sintomi vasomotori nei diversi soggetti può essere ampiamente dipendente da diversità interindividuali nella percezione degli stessi sintomi e nella rappresentazione cognitiva degli stessi. Tra i lavori più recenti ricordiamo uno studio di Larroy Garcia ed altri Autori, i quali hanno osservato su un gruppo di 28 donne con sintomatologia climaterica, trattate con terapia cognitivo comportamentale di gruppo, un miglioramento dei sintomi accompagnato da significativo miglioramento della qualità di vita. Il dato viene confermato in uno studio condotto da Ayers B et All. nel 2012, su un gruppo di 140 donne trattate con terapia cognitivo comportamentale nelle quali si è ottenuto un significativo miglioramento dei sintomi vasomotori, nonché dell’umore e della qualità della vita, già dopo 6 settimane di trattamento. Certamente essendo ampia la variabilità individuale nel quadro sintomatologico che può presentarsi nel corso della menopausa, dipendente dalle caratteristiche particolari di ogni singola donna, sia a livello biologico che a livello psicosociale, occorre porre una particolare attenzione nel proporre ed impostare la terapia più adatta ad ogni singola donna, tenendo conto delle sue peculiarità, della sua storia di vita, della Diagnosi medica, nonché delle sue specifiche attuali richieste ed esigenze. 11 12 BIBLIOGRAFIA Costa E. - Ippoliti F. - Venneman J. - Spinelli E. - Zampa D. - Sizzi O. - Signorile P; La Consulenza Psicosomatica nel Climaterio - Riv. di Ginecologia Consultoriale Vol. 4 - n. 2 – Giugno 1992. Morse CA, Dudley E, Guthrie J, Dennerstein L. “Relationships between premenstrual complaints and perimenopausal experiences” J Psychosom Obstet Gynaecol. 1998 Dec;19(4):182-91 Freeman EW, Sammel MD, Rinaudo PJ, Sheng L “Premenstrual syndrome as a predictor of menopausal symptoms”. 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