Valenti: «Un teatro popolare perrifletteresulpresente»

GAZZETTA MARTEDÌ 13 OTTOBRE 2015
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Vie FESTIVAL2015
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MODENA INTERVISTA CON IL DIRETTORE DI ERT
di Cristina Tacconi
◗ MODENA
Come ogni anno prima dell'
inizio di Vie, abbiamo incontrato il direttore artistico
dell’Ert Pietro Valenti per farci raccontare il lavoro e le
aspettative che ruotano intorno al festival. Anche in questa
undicesima edizione si alternano grandi nomi, come
Alain Platel e Romeo Castelluci, a nuove proposte italiane e
internazionali.
Come vengono scelti gli
spettacoli del festival?
«Il festival si costruisce sulla base di relazioni che coltiviamo con gli artisti. Il programma di quest'anno è ridotto rispetto a quelli passati,
a causa di un minor finanziamento da parte del Ministero,
ma la qualità resta molto alta
anche grazie a collaborazioni
come quella con Musica Insieme, che ci permette di programmare per esempio “King
Arthur” di Motus; altro nome
di punta è quello della grande
coreografa francese Maguy
Marin, che qui presenta ben
due spettacoli, fra i quali lo
storico “May b”. Bisogna però ricordare che basta una sola presenza su un palco con
una lampadina per fare uno
spettacolo formidabile, e questo è sicuramente il caso di
Virgilio Sieni, che abbiamo
convinto a cimentarsi in un
nuovo assolo, “Isolotto”, che
debutta in prima assoluta
questa sera».
Un festival che scatta una
fotografia delle ricerche artistiche del presente...
«L’intento di Vie, non lavorando su un solo tema, è quello di proporre una pluralità di
linguaggi all'interno del contemporaneo da presentare a
un pubblico che sa scegliere.
Si tratta di creare una composizione in grado di incuriosire, dunque capace di invogliare sia gli spettatori affezionati
sia chi viene al festival per la
prima volta. Vie è frequentato
inoltre da tanti operatori culturali di tutto il mondo, che
vengono nell'ottica di assistere a spettacoli che poi potranno ospitare nei loro Paesi».
Vie da sempre è particolarmente attento anche alle realtà emergenti...
«Rivendico personalmente
questa linea, svolgiamo una
“Memorie di un pazzo” del giovane regista georgiano Levan Tsuladze oggi alle 19 alle Passioni
Valenti: «Un teatro popolare
per riflettere sul presente»
Gli ingredienti di questa undicesima edizione sono: ospitalità internazionali,
attenzione ai linguaggi del contemporaneo e nuove proposte italiane
funzione pubblica e non dobbiamo accontentarci di presentare programmi finalizzati agli incassi. Bisogna fare
delle scelte: noi scegliamo di
portare un teatro che si offra
come occasione di riflessione
per il pubblico, per chi ci lavora e per gli artisti coinvolti.
Questo è il caso della collaborazione con Levan Tsuladze,
regista
georgiano
di
“Memorie di un pazzo”, spettacolo coprodotto dall'Ert,
che vede in scena quattro giovani attori italiani della nostra scuola di formazione e altrettanti attori georgiani. È
un'occasione per entrare in
relazione con un linguaggio
diverso, distante dal nostro
quotidiano, così come accadrà con lo spettacolo dell'argentino Nelson Valente, “El
loco y la camisa”. Fra i più giovani segnalo la presenza del
riminese Teodoro Bonci del
Bene, che lavora sul drammaturgo russo Ivan Vyrypaev, e
dell'artista bulgara Sneyanka
Mihaylova, con la quale stiamo avviando un progetto
biennale».
Come vede il panorama
emilano-romagnolo odierno, anche dopo la riforma
ministeriale?
«Credo che i contorni del sistema siano diventati più
chiari: ci sono un teatro nazionale, un circuito, diversi
centri di produzione e di teatro ragazzi; è stato poi dato
un riconoscimento nel settore del circo al Comune di Correggio. Non credo che il nostro modello regionale possa
essere trasferito di sana pianta in altri contesti geografici...
tutto dipende dall'ascolto reciproco delle persone. Quando ci si ascolta e si dialoga il sistema funziona, e da noi è accaduto».
la redazione di altre velocità
Per due settimane un laboratorio di scrittura
Creazione di Maguy Marin
Nell'anno della nomina a Teatro Nazionale, Ert rilancia e si
presenta con l'undicesima edizione di Vie Festival. Così anche
noi rinnoviamo la collaborazione con la Gazzetta di Modena,
aprendo uno spazio quotidiano
che vi accompagnerà da oggi sino al 25 ottobre. Presentazioni,
interviste, recensioni proveranno a raccontare “dal vivo” il festival, convinti che andare a teatro non sia solo un passatempo
ma un modo per interrogare il
presente. Il teatro è quel luogo
in cui alcune domande quotidiane possono risuonare collettivamente. Siamo spettatori tutti i giorni, basta scorrere il feed
dei social media o osservare i
cartelloni pubblicitari. Ma come possiamo essere spettatori
consapevoli, in grado di interpretare criticamente ciò che
guardiamo, dunque in grado di
scegliere? E come queste domande dello spettatore possono servirci nella nostra quotidianità di cittadini e cittadine? Proveremo a rispondere nei prossimi giorni, a scrivere saranno giovanissime penne che si stanno
cimentando con un laboratorio
di scrittura giornalistica, coordinate dalla nostra redazione di
critici Altre Velocità. Ci trovate
al Teatro delle Passioni, o di corsa fra Modena e Bologna a inseguire l’inizio degli spettacoli.
Lorenzo Donati
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Sieni, un artigiano del corpo e della scena
ALLO STORCHI LA DANZA IN PRIMA NAZIONALE
Dopo quindici anni debutta a Modena “Isolotto”, il nuovo solo del coreografo fiorentino presentato questa sera alle 21.30
di Alessandra Corsini
◗ MODENA
Siamo seduti al centro del palco. Mentre tenui luci illuminano i nostri volti, Virgilio Sieni ci
racconta il suo nuovo lavoro,
“Isolotto”, in scena stasera alle
21.30 al Teatro Storchi. Il maestro ritorna a esplorare la forma
dell'assolo quindici anni dopo
la creazione dello storico successo di “Solo Goldberg Improvisation”.
Guardando
le
prove,
“Isolotto”, sembra un lavoro
molto delicato e intimo.
«Sì, spero sia così. “Isolotto”
si concentra sulla fragilità delle
ossa e quindi nel dettaglio del
corpo. Mi sento come se fossi
un manufatto e sono alla ricerca
delle mani artigiane che mi hanno costruito. Come un archeologo, rintraccio una catena di gesti primitivi che mi porta a studiare la struttura e l'evoluzione
dell'uomo e del suo corpo. Per
esempio prima stavo provando
la quinta parte: cullarsi».
Cosa intende per cullarsi?
«È una dimensione primordiale, uno degli atti del venire al
mondo. Mi fa pensare a una madre o a una persona amata. La
nostra schiena si appoggia su
questo gesto, quando lo sperimenti puoi rivivere ricordi importanti. La prima parte dello
spettacolo si svolge in piedi e riguarda le funzioni quotidiane:
camminare, rannicchiarsi, girare. Ognuna di queste è legata a
qualcosa di tragico e bello. Per
esempio, voltarsi può voler dire
anche essere in fuga da qualcuno. La seconda parte è a terra, è
la fase per diventare adulti o anche il percorso evolutivo dell'uomo prima di diventare bipede; il
cullarsi, il dondolarsi, si ritrovano in questo momento».
Lei vanta collaborazioni con
musicisti importanti. In questo caso sarà accompagnato
dal chitarrista norvegese Eivind Aarset. Che rapporto c'è
tra musica e danza?
«Tutto dipende dalla qualità
del suono e della persona, si
crea un gioco tra la decodifica-
zione del suono e la sua indicibilità. Solitamente si lavora insieme per far emergere le qualità di
un progetto. In un certo senso,
posso dire di riuscire a collaborare anche con J.S. Bach, nonostante si tratti di musica registrata, perché è un atlante di spiritualità».
Cosa vuol dire e cosa prova
nel ritornare in scena con un
nuovo solo dopo quindici anni? Com'è cambiata la sua consapevolezza artistica?
«Nonostante con “Solo Goldberg” pratichi sempre la forma
dell'assolo, con “Isolotto” ho deciso di tornare a ragionare su
una struttura. In realtà avevo voglia di capire a che punto del
mio percorso mi trovassi dopo
aver tanto lavorato con gli altri e
con esperienze di tutti i tipi. Qui
non ci sono tracce autobiografiche, è più un sunto che mi permetterà di proseguire la mia ricerca. È anche un modo per
astrarmi da tutto quello che mi
circonda».
alle passioni
Levan Tsuladze, la pazzia
fra sovversione e libertà
◗ MODENA
Virgilio Sieni presenta “Isolotto”, nuova creazione in prima nazionale
Tra la follia e la sanità mentale,
la soglia, si sa, è scivolosa e ambigua: resistere alle condizioni e ai
limiti del presente costruendo
un mondo proprio è una forma
estrema di libertà o di nevrosi?
“Memorie di un pazzo”, oggi alle
19 (repliche domani e giovedì alle 21) alle Passioni, sembra avere idea della risposta. Lo spettacolo è tratto dall'omonimo racconto di Gogol e presenta la vita
di un impiegato statale prigioniero di un mestiere opprimente che trova prima nella fantasia,
poi in una conclamata alterazione della realtà, una sua possibilità di riscatto e di paradossale li-
berazione. Il regista georgiano
Levan Tsuladze, direttore di uno
dei principali teatri georgiani, il
Kote Marjanishvili State Drama
Theatre, negli anni passati si è
fatto notare per la sua vena creativa controcorrente fondando
nel 1997 il primo teatro indipendente del paese. A Modena Tsuladze porta uno spettacolo che
figura tra le produzioni di Ert e a
cui partecipano giovani attori
italiani provenienti dalla scuola
di formazione del Teatro Nazionale. Le memorie di un pazzo
per riflettere sulla libertà umana
e su come la follia possa essere
una risposta creativa e sovversiva all'ottusità delle norme.
Lucia Oliva
arena del sole/1 - berardi casolari
arena del sole/2 - anna peschke
“La prima, la migliore”: la guerra
come storia di conflitti universali
“Faust” tra Oriente e Occidente
◗ BOLOGNA
Parlare del passato per parlare
della contemporaneità. Questa
la sfida lanciata dalla compagnia Berardi Casolari con “La
prima, la migliore”, una produzione di Ert in prima nazionale.
Lo spettacolo, in scena all'Arena
del Sole di Bologna da questa sera a venerdì alle ore 20.30 (repliche sabato alle 20.00 e domenica alle 17.30), riprende il tema
del conflitto tra l'individuo e la
società, già affrontato dal duo
con “In fondo agli occhi”, scorcio su un'Italia incrinata dalla
crisi e umanamente disgregata.
Questa volta il conflitto è di portata più ampia e sceglie come intima occasione di riflessione il
centenario dallo scoppio della
prima guerra mondiale. Sulle
suggestioni del romanzo autobiografico di Erich Maria Remarque, “Niente di nuovo sul fronte
occidentale” (1929), il duo apulo
emiliano cura il testo e la regia di
una nuova “tragicommedia all'
italiana”, reinventando un genere che parte dalle sfortune dei
singoli per unire la sofferenza alla risata. Lo spettacolo ibrida
spunti autobiografici, letterari e
storico-sociali generando così
una messa in scena che procede
dal contingente e dal circostanziale per raggiungere l’universale. Una sfida, o una scommessa,
il cui esito non può lasciarci indifferenti.
Elena Carletti
Incontro tra la regista tedesca Anna Peschke e l’Opera di Pechino
◗ BOLOGNA
“Faust” di Anna Peschke
La ricerca di nuove forme di coesione tra teatro, musica e arte visiva crea un linguaggio comune, in grado di superare qualsiasi barriera culturale. Con
“Faust”, celeberrima opera di
Goethe, Ert promuove l'incontro tra la regista tedesca Anna
Peschke e l'Opera di Pechino.
Lo spettacolo figura tra le produzioni Ert del 2015 ed è in replica
oggi e domani alle 21.00 all'Arena del Sole di Bologna (dal 20 alle Passioni di Modena). L'immaginario del “Faust” riporta alla
tematica della ricerca spirituale
dell'uomo che vende la sua anima al diavolo, concedendosi a
ricchezze e piaceri terreni, scel-
ta da cui ricaverà disperazione e
tormento. L'impegno della Peschke in Europa e Asia ha portato alla collaborazione tra varie
personalità artistiche, tra cui la
drammaturga Li Meini e il compositore Luigi Ceccarelli, per la
creazione di una forma espressiva contemporanea che unisce
l'antica tradizione dell'Opera di
Pechino, basata su canto e recitazione, alla sperimentazione
musicale dal vivo di strumenti e
voci di entrambe le culture. In
scena la gestualità, il mimo e la
danza acrobatica si prestano a
improvvise variazioni musicali,
in un ambiente denso e dalle
forti tinte dove si incontrano tradizione e innovazione.
Claudia Masi