L`arrivo dei Macedoni e Alessandro Magno

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A seguito delle guerre persiane che videro lo scontro tra i Greci delle varie polis
unite e il popolo piu’ potente del mondo orientale, i Persiani, la Grecia attraversa un
periodo (V-IV sec. a.C.) di conflitti interni: le guerre del Peloponneso. Queste guerre
indebolirono molto tutte le città-stato ed in particolare Atene, Sparta e Tebe.
In questo periodo uno stato del Nord della Greci emerse per potenza e dominio sulle
altre città: la Macedonia.
A capo di questo regno governava un grande capo: Filippo II il quale potenziò il suo
esercito e ne migliorò le tecniche di combattimento rafforzando la cavalleria e
creando una potente fanteria: la falange macedone. Introdusse l’uso di una nuova
arma da combattimento: la sarissa, una lunga lancia lunga da 5 a 7 metri.
Dal 358 a.C. Filippo II accompagnato dal giovane figlio Alessandro sconfisse i popoli
della Grecia Centrale uniti nella Lega Panellenica (Atene, Tebe e a Beozia) nella
famosa la battaglia di Cheronea che segna la fine dell’indipendenza greca.
Nel 336 a.C. Filippo II viene assassinato e il figlio Alessandro I divente re di
Macedonia e inizia così il suo Impero.
Il suo sogno era la conquista dell’Impero Persiano e dopo avere convinto i popoli
della Grecia ad unirsi alla sua impresa nel 334 a.C. parte alla testa del suo esercito
varcando i confini del suo Stato arrivando in 10 anni sino in India.
Famosa è la Battaglia di Isso in cui il suo esercito sconfigge l’armata del re persiano
Dario III che fugge su un carro protetto dai suoi soldati fedeli chiamati gli Immortali.
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In dieci anni Alessandro e la sua armata avevano costruito il piu’ grande Impero mai
visto nella storia dell’uomo di quel tempo.
Il viaggio di Alessandro
Le conquiste di Alessandro Magno avevano portato alla nascita di un vasto impero,
abitato da decine di popoli di diversa cultura, religione e tradizioni.
Alessandro infatti voleva abbattere i confini geografici e culturali tra Occidente e
Oriente per consentire la massima unione e integrazione tra popoli diversi.
Il suo merito fu quello di aver diffuso nei territori conquistati la cultura e la civiltà
greca. Per favorire tutto questo fece affluire molti coloni greci nelle nuove città
affinchè si mescolassero alla popolazione locale. Inoltre favorì i matrimoni misti e lui
stesso sposò Roxanne, una principessa persiana.
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Approfondimenti tratti da
Di Valerio Massimo Manfredi
Alessandro è il personaggio più famoso di tutta l’antichità, le sue avventure furono
note dall’Africa alla Cina, dall’Europa al mondo arabo. Gli furono attribuite le
imprese più strane, prodigi e miracoli, viaggi in cielo e sul fondo del mare.
Ovviamente molte di quelle mirabolanti avventure che venivano diffuse nei
racconti popolari non erano vere, ma l’origine di tutto questo era un personaggio
che invece era realmente esistito, aveva compiuto azioni politiche e militari, aveva
avuto due genitori eccezionali e amici straordinari. Il fatto è che per una serie di
ragioni e di circostanze era riuscito in un tempo brevissimo a compiere quello che
nessun greco della sua epoca avrebbe nemmeno immaginato: la conquista di tutta
la parte orientale del mondo conosciuto e nessuno dubitava, quando morì a soli 32
anni, che avrebbe condotto a termine anche la conquista della parte occidentale
regnando su tutti i popoli e le civiltà del suo mondo.
Divenne re di Macedonia che non aveva ancora vent’anni e vide morire di
pugnale il padre fra le sue stesse braccia. Divenne capo della lega di tutti gli stati
greci, re dell’Asia Minore, faraone d’Egitto, Gran Re dell’impero persiano e Rajah
della parte nord-occidentale dell’India. Sotto il suo scettro riuniva le più grandi città
del mondo: Atene, Menfi, Babilonia, Susa, Persepoli, nel suo regno scorrevano il
Nilo, l’Indo, il Tigri e l’Eufrate. La Bibbia disse di lui: “E la terra ammutolì al suo
cospetto.”
Morì giovanissimo, come si è detto e questa è una delle ragioni per cui
divenne così “mitico”. Se in così poco tempo aveva fatto ciò che aveva fatto, quali
imprese avrebbe mai compiuto se fosse vissuto abbastanza a lungo ?
Oggi, nella nostra mentalità di moderni, la guerra è una cosa terribile da
evitarsi a ogni costo, ma nell’antichità era diverso: i ragazzi venivano educati a
combattere sin da piccoli perché era necessario. Era un mondo in cui ogni comunità
doveva imparare a difendersi per sopravvivere, in cui chiunque si sentiva forte
riteneva necessario mostrare la propria superiorità. Si dirà che questo succede
anche oggi e in parte è vero ma è anche vero che oggi la violenza è istituzionalizzata
e regolata da rigide norme. Esistono organizzazioni internazionali, organismi
diplomatici incaricati di sciogliere le controversie, leghe di stati che fungono da
centri di equilibrio mantenendo la pace in vaste regioni.
Allora la guerra era un fatto endemico (diffuso, radicato). Si combatteva ogni
primavera e si cessava durante l’inverno. Imparare a difendersi era essenziale. La
legge era soltanto quella del più forte e la vita umana aveva un valore molto
relativo. Oggi un ragazzo di quindici anni ha bisogno della mamma se deve andare
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dal dentista, allora andava a caccia al leone ed era tenuto a cavarsela, a sopravvivere
nella foresta mangiando radici e bevendo acqua dalle fonti per giorni e giorni.
Doveva abituarsi a soffrire il freddo e la fame senza lamentarsi.
In molte comunità l’educazione dei ragazzi era talmente rigida che molti non
riuscivano a superare quelle prove severissime e non pochi ne morivano. Insomma
nessuna comunità poteva permettersi di essere debole. Buona parte dell’educazione
quindi era basata sul valore militare e i modelli erano gli eroi, come Achille, come
Ercole, come Teseo.
Alessandro fu tutto questo e molto di più. Era un bellissimo ragazzo, aveva
carisma, fascino, era un meraviglioso conversatore. Tutti erano innamorati di lui:
uomini, donne, cani, cavalli. Gli artisti avrebbero venduto l’anima pur di avere il
privilegio di ritrarlo, gli amici erano pronti a buttarsi nel fuoco per lui. Era audace, ai
confini del temerario, era comprensivo e soave ma per un nonnulla era capace di
trasformarsi in una furia devastatrice. Era colto e raffinato ma poteva diventare in
un attimo un barbaro brutale e uccidere apparentemente senza ragione. Poteva
piangere e ridere nello stesso tempo, giurare amore e promettere morte. Era
convinto di discendere da Achille per parte di madre, da Ercole per parte di padre. Ci
credeva. E il suo libro preferito era l’Iliade che teneva sotto il cuscino. Era stato
istruito dal più grande sapiente della sua epoca e uno dei più grandi di tutti i tempi.
Il filosofo Aristotele era stato il suo maestro per tre anni, ma forse suo padre Filippo
gli aveva insegnato anche di più. Lo amava o lo odiava al medesimo tempo e amava
e odiava la madre, la regina Olimpia, intelligente e sensibile, selvaggia e feroce,
bellissima e crudele.
Era adattabile, camaleontico, poteva diventare un egiziano in Egitto, un
persiano in Persia, un greco in Grecia, ma restava sempre lui, Alessandro. Guidava i
suoi uomini affrontando per primo i rischi, divideva con loro lo stesso cibo, gli stessi
strapazzi, le ferite, i disagi.
Aveva un sogno: creare un mondo nuovo senza più né greci né barbari, né
vincitori né vinti, ed era così convinto della sua idea che combattè incessantemente
per dieci anni pur di realizzarla. Fondò più settanta città di cui molte sono ancora
vive: da Alessandria d’Egitto a Herat, Kabul, Samarcanda.
Non riuscì a realizzare il suo progetto: gli mancò il tempo e morì ancora
giovanissimo nell’afa di Babilonia che avrebbe voluto fare la capitale del suo impero.
I suoi amici e compagni di avventura divennero tutti fondatori di grandi dinastie e
loro stessi grandi re. Uno di loro, Tolomeo, il più intelligente, divenuto re d’Egitto
scrisse in tarda vecchiaia la storia di Alessandro, la storia di un ragazzo bruciato dalla
sua insaziabile voglia di vivere, dalla sua incredibile curiosità, dal desiderio
inestinguibile di gloria. Di lui si disse: avrebbe combattuto contro qualunque nemico
e, se gli fossero venuti meno gli avversari, si sarebbe battuto con se stesso.
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E un grande studioso disse di lui: “La fiamma bruciò la lampada che la
conteneva e (Alessandro) morì di una malattia che forse lo avrebbe risparmiato se
lui avesse saputo risparmiare se stesso.”
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