Potenziali elettrodinamici e propagazione guidata

Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica
Anno accademico 2012-13
Appunti dalle lezioni di Campi Elettromagnetici:
Potenziali elettrodinamici e propagazione guidata
di P. Ferrazzoli
1
Capitolo 1
Proprietà generali
1.1
I potenziali elettrodinamici
Per la soluzione di alcuni problemi di elettromagnetismo, si utilizzano variabili ausiliarie, dette potenziali elettrodinamici. Si considerino le equazioni di Maxwell in regime armonico, in un mezzo
stazionario, omogeneo, lineare, isotropo. Supponiamo che siano presenti correnti impresse di tipo
elettrico. Si ha:
∇×E
∇×H
∇·E
∇·H
−jωµ◦ H
jωE + Ji
ρ/
0
=
=
=
=
(1.1)
(1.2)
(1.3)
(1.4)
Per effetto della 1.4, il campo H può essere espresso come rotore di un campo vettorale, che
chiameremo potenziale vettore A. Si ha quindi :
H=∇×A
(1.5)
∇ × E = −jωµ◦ ∇ × A
(1.6)
Si ha allora, tenendo conto della 1.1:
In base alla 1.6, risulta che i campi vettoriali E e −jωµ◦ A hanno uguale rotore. Per le proprietà
degli operatori vettoriali, possono differire di un gradiente di funzione scalare:
E = −jωµ◦ A − ∇Φ
(1.7)
Combinando la 1.7 con la 1.5, e tenendo conto della 1.2 si ha:
∇ × ∇ × A = ∇∇ · A − ∇2 A = jω(−jωµ◦ A − ∇Φ) + Ji
(1.8)
∇∇ · A − ∇2 A = k 2 A − jω∇Φ + Ji
(1.9)
Da cui si ha:
La 1.5 assegna il rotore di A. La divergenza può essere assegnata dalla “condizione di Lorentz”:
∇ · A = −jωΦ
2
(1.10)
Dalla 1.9 si ha allora:
∇2 A + k 2 A = −Ji
(1.11)
Per risolvere la 1.11 occorre conoscere la distribuzione delle correnti impresse e le eventuali condizioni
al contorno. Si può cosı̀ ricavare il potenziale vettore magnetico A, e da questo il campo magnetico
H utilizzando la 1.5. Il campo elettrico E può essere ottenuto combinando le 1.7 e 1.10. Si ottiene:
E = −jωµ◦ A +
∇∇ · A
jω
(1.12)
Qualora siano presenti correnti impresse di tipo magnetico Jim , si può procedere analogamente
al caso precedente, sfruttando il principio di dualità. Le equazioni di Maxwell avranno la seguente
forma:
∇×E
∇×H
∇·E
∇·H
=
=
=
=
−jωµ◦ H − Jim
jωE
0
ρm /µ◦
(1.13)
(1.14)
(1.15)
(1.16)
Ora è il campo elettrico ad avere divergenza nulla. Introducendo un potenziale vettore elettrico F,
dovrà essere soddisfatta la seguente equazione:
∇2 F + k 2 F = −Jim
(1.17)
Il campo elettrico potrà essere ricavato dalla:
E=∇×F
(1.18)
Per il campo magnetico si avrà:
H = −jωF +
1.2
∇∇ · F
jωµ◦
(1.19)
Applicazione alla propagazione guidata
Un’ applicazione fondamentale dei potenziali elettrodinamici è l’ analisi delle strutture guidanti. Si
tratta di strutture rettilinee, che impongono alle onde elettromagnetiche di propagarsi nella stessa direzione in cui la struttura si sviluppa. Possono essere delimitate da materiale conduttore, o costituite
da materiale dielettrico che supporremo essere omogeneo. Scegliamo un sistema di riferimento con
l’asse z parallelo alla direzione in cui si sviluppa la struttura, che è anche la direzione di propagazione.
Per una vasta categorie di strutture, i campi elettromagnetici possono avere una o più delle
seguenti forme:
• Campi TM: hanno nulla la componente longitudinale del campo magnetico: Hz = 0
• Campi TE: hanno nulla la componente longitudinale del campo elettrico: Ez = 0
• Campi TEM: hanno nulle le componenti longitudinale di ambedue i campi: Hz = 0 e Ez = 0
3
1.2.1
Campi TM
A distanza dalle sorgenti, si ha, per la 1.11:
∇2 A + k 2 A = 0
(1.20)
Assumendo la direzione di propagazione parallela all’asse z si avrà, nel caso TM:
Hz = 0
(1.21)
z◦ · (∇ × A) = 0
(1.22)
Per la 1.5:
Quindi: A = Az z◦ .
Il potenziale vettore magnetico sarà longitudinale. Per l’uniformità assiale della struttura, si ipotizza
applicabile la cosiddetta ipotesi di separabilità, che consiste nell’ esprimere il potenziale vettore come
il prodotto di due funzioni, una delle sole coordinate trasverse e l’ altra della sola z. Si ha quindi:
A = z◦ ψ(x, y) · f (z)
(1.23)
Anche l’ operatore ∇ può essere suddiviso tra componente trasversa (∇t ) e componente longitudinale:
∇ = x◦
δ
δ
δ
δ
+ y◦ + z◦ = ∇t + z◦
δx
δy
δz
δz
(1.24)
δ2
(1.25)
δz 2
La 1.20 può essere suddivisa in due equazioni, una nelle sole coordinate trasverse e l’ altra nella
sola z. Quindi, ponendo k 2 = kt2 + β 2 si avrà :
∇2 = ∇2t +
∇2t ψ + kt2 ψ = 0
δ 2 f (z)
+ β 2 f (z) = 0
δz 2
Assumendo di avere propagazione nel verso delle z positive, la soluzione della 1.27 sarà:
f (z) = exp(−jβz)
Da cui:
δAz
= −jβAz
δz
δ 2 Az
= −β 2 Az
δz 2
Per la 1.12
E = −jωµ◦ Az z◦ +
∇∇ · (Az z◦ )
jω
Poichè:
∇ · (Az z◦ ) =
4
δAz
δz
(1.26)
(1.27)
(1.28)
(1.29)
(1.30)
(1.31)
(1.32)
tenendo conto della decomposizione 1.24, dalla 1.31 si ha:
1
δAz
δ 2 Az
E = −jωµ◦ Az z◦ +
[∇t
+ z◦ 2 ]
(1.33)
jω
δz
δz
Eguagliamo separatamente le componenti longitudinali e trasverse della 1.33. Per le componenti
longitudinali si ha:
Az kt2
β2
− jω] =
(1.34)
Ez = Az [−
jω
jω
Quindi Az sarà proporzionale ad Ez .
Per le componenti trasverse si ha:
−jβ∇t Az
β∇t Az
jβ
Et =
=−
= − 2 ∇t Ez
(1.35)
jω
ω
kt
Inoltre, per la 1.5:
ω
1k
Ht = ∇t × (Az z◦ ) = ∇t Az × z◦ = − Et × z◦ =
z◦ × Et
(1.36)
β
ηβ
Dove
r
µ
η=
(1.37)
Il rapporto Et /Ht prende il nome di ”impedenza d’ onda” ZW . Per i campi TM si ha:
ηβ
ZW =
(1.38)
k
1.2.2
Campi TE
Per i campi TE si possono ottenere equazioni simili al caso predente dei TM, usando il principio di
dualità. A distanza dalle sorgenti, per il potenziale vettore elettrico, si ha:
∇2 F + k 2 F = 0
(1.39)
Assumendo la direzione di propagazione parallela all’asse z si avrà:
Ez = 0
(1.40)
z◦ · (∇ × F) = 0
(1.41)
Quindi: F = Fz z◦ . Il potenziale vettore elettrico sarà longitudinale. Applicando ancora il principio
di separabilità e procedendo analogamente al caso TM, si ottiene:
F = z◦ ψ(x, y) · f (z)
Fz kt2
Hz =
jωµ◦
Ht = −
jβ
∇t Hz
kt2
Inoltre:
Et = ∇t × (Fz z◦ ) = ∇t Fz × z◦ = −
k
ωµ◦
Ht × z◦ = η z◦ × Ht
β
β
(1.42)
(1.43)
(1.44)
(1.45)
Per i campi TE si ha:
ZW =
5
ηk
β
(1.46)
1.2.3
Campi TEM
Una soluzione di tipo TEM può essere ottenuta da una soluzione di tipo TM, imponendo come
ulteriore condizione che Ez = 0, oppure da una soluzione TE imponendo come ulteriore condizione
che Hz = 0. Seguendo la prima delle due scelte si ha che, in base alla 1.34, dovrà essere kt = 0. Di
conseguenza, si avrà
β 2 = k2
(1.47)
analogamente al caso di un’onda piana uniforme che si propaga nello spazio libero in un mezzo privo
di perdite.
Inoltre, dalla 1.26 con kt = 0 si ha:
∇2t ψ = 0
(1.48)
La 2.84 prende il nome di equazione di Laplace. Se si riesce a trovare una funzione ψ(x, y) che
soddisfa tale equazione, i campi elettrico e magnetico trasversi saranno ottenibili dalle:
Et = −
β∇t Az
= −η∇t Az
ω
1
Ht = ∇t × (Az z◦ ) = ∇t Az × z◦ = z◦ × Et
η
(1.49)
(1.50)
Per i campi TEM si ha, analogamente al caso dello spazio libero:
ZW = η
6
(1.51)
Capitolo 2
Analisi delle strutture
Una struttura guidante rettilinea può essere analizzata seguendo la seguente procedura.
• Basandosi sulla geometria nel piano trasverso (cioè la sezione), identificare i tipi di onde (TM,
TE, TEM) che possono propagarsi.
• Per le onde TM e TE usare la 1.26, e le condizioni al contorno, per determinare la funzione
ψ(x, y) e i valori di kt compatibili con la geometria della struttura.
• Per le onde TEM usare l’equazione di Laplace (2.84), e le condizioni al contorno, per determinare la funziona ψ(x, y) compatibile con la geometria della struttura.
• Il potenziale (Az o Fz ) sarà dato da ψ(x, y) exp(−jβz)
• Determinare le componenti dei campi usando le 1.34, 1.35 e 1.36 per le onde TM, le 1.43, 1.44
e 1.45 per le onde TE, le 1.49 e 1.50 per le onde TEM.
Le strutture guidanti differiscono tra loro per la sezione. Questa determina i tipi di onde che
possono propagarsi e le condizioni al contorno. Sezioni tipiche sono mostrate in Fig. 2.1.
Esistono due categorie fondamentali.
1. Alcune strutture presentano almeno due conduttori paralleli separati. Possono propagarsi onde
TEM.
2. Altre strutture non presentano conduttori separati. Possono propagarsi solo onde TE e TM
2.1
La coppia coassiale
Una struttura molto diffusa è la coppia coassiale (detta anche, comunemente, cavo coassiale), costituita da due conduttori i cui contorni sono circonferenze concentriche; i campi sono presenti nello
spazio dielettrico tra di esse. La sezione è mostrata in Fig. 2.2.
Siano a1 e a2 i raggi interno ed esterno delle due circonferenze. Per evidenti ragioni di simmetria,
è conveniente analizzare la struttura in un sistema di coordinate cilindriche (r, φ). L’equazione di
Laplace assumerà la forma:
1 δ2ψ
1 δ δψ
(r ) + 2 2 = 0
(2.1)
∇2t ψ =
r δr δr
r δφ
7
La simmetria della struttura suggerisce di cercare una soluzione ψ(r) indipendente da φ. Dovrà
quindi soddisfare la:
1 δ δψ
(r ) = 0
(2.2)
r δr δr
La soluzione è:
ψ(r) = C1 ln r + C2
(2.3)
C1 e C2 sono costanti da determinare in base alle condizioni al contorno. Supponiamo:
• ψ = ψ◦ sul conduttore interno;
• ψ = 0 sul conduttore esterno;
Si avrà:
ψ◦ = C1 ln a1 + C2
0 = C1 ln a2 + C2
(2.4)
(2.5)
Risolvendo per sostituzione:
ψ◦
ln (a1 /a2 )
= −C1 ln a2
C1 =
(2.6)
C2
(2.7)
Quindi:
ln (r/a2 )
ln (a1 /a2 )
Tenendo conto delle 1.49 e 1.50, i campi saranno:
ψ(r) = ψ◦
E = −η∇t ψ · exp(−jβz) = −r◦ η
δψ
ηψ◦ r◦
· exp(−jβz) =
· exp(−jβz)
δr
ln (a2 /a1 ) r
8
(2.8)
(2.9)
H = ∇t ψ · exp(−jβz) × z◦ =
φ◦
ψ◦
· exp(−jβz)
ln (a2 /a1 ) r
(2.10)
Per r = a1 , si avrà una corrente superficiale:
Js = r ◦ × H =
ψ◦
z◦
· exp(−jβz)
ln (a2 /a1 ) a1
(2.11)
La corrente che scorre nel conduttore interno, per z = 0, sarà:
I(0) =
Z 2π
0
Z 2π
ψ◦
ψ◦
a1 dφ = 2π
Js a1 dφ =
a1 ln (a2 /a1 ) 0
ln (a2 /a1 )
(2.12)
Nel conduttore esterno scorre una corrente −I(0).
Essendovi due conduttori paralleli, sarà possibile definire una differenza di tensione tra i due. Per
z = 0, sarà data da:
V (0) = −
Z a2
E(0) · dl = −
a1
Z a2
a1
E(0) · r◦ dr =
Z a2
ηψ◦
dr
= ηψ◦
ln (a2 /a1 ) a1 r
(2.13)
L’impedenza caratteristica sarà data da:
ZC =
V (0)
η · ln (a2 /a1 )
=
I(0)
2π
(2.14)
Per una generica ascissa z si ha:
V (z) = V (0) exp(−jβz)
I(z) = I(0) exp(−jβz)
9
(2.15)
(2.16)
L’espressione della potenza che transita nella struttura può essere ottenuta sia a partire dai campi
che dalle tensioni e correnti. Si ha:
1 Z a2 Z 2π
(E × H∗ ) · z◦ rdφdr] =
P = <[
2
0
a1
Z a2
2
η |ψ◦ |
πη |ψ◦ |2
dr
=
2π
=
2[ln (a2 /a1 )]2
ln (a2 /a1 )
a1 r
Ovvero:
2.2
2.2.1
|V◦ |2
πη |ψ◦ |2
1
∗
=
P = <[V I ] =
2
2ZC
ln (a2 /a1 )
(2.17)
(2.18)
Guide d’onda metalliche
Aspetti generali
Nelle guide d’onda metalliche l’effetto guidante è ottenuto mediante un unico conduttore cavo (Fig.
2.3).
Una tale struttura, avendo un unico conduttore metallico cavo, non può supportare la propagazione di onde TEM. La struttura, come vedremo in alcuni casi notevoli, è invece compatibile con la
propagazione di onde TE e TM. Nel seguito, applicheremo la trattazione generale del Capitolo 1 al
caso di sezione rettangolare.
L’ equazione da cui partire è: ∇2t ψ + kt2 ψ = 0
Per il caso TM, i campi si otterranno dalle 1.34 e 1.35-1.36. Le condizioni al contorno imporranno,
sul conduttore: Ez = Az = 0. Quindi, per la 1.23, ψ = 0
10
Per il caso TE, i campi si otterranno dalle 1.42-1.45. Le condizioni al contorno imporranno, sul
conduttore: n · Ht = 0, e quindi n · ∇t ψ = 0.
In ambedue i casi, le condizioni al contorno saranno soddisfatte per valori di kt discreti, dipendenti
dalla geometria della struttura e indipendenti dalla frequenza. Ad ogni valore di kt corrisponde un
modo, TE o TM, che sarà identificato da una coppia di indici interi; il significato di tali indici è
legato alla geometria della guida. Ogni modo avrà una propria costante di propagazione, data da:
β=
q
k 2 − kt2
(2.19)
Perchè il modo possa propagarsi, l’argomento dell’esponenziale 1.28 dovrà essere immaginario (almeno in assenza di perdite). Quindi β dovrà essere reale. Dovrà quindi essere:
k > kt
c
f > fc =
kt
2π
(2.20)
(2.21)
√
f è la frequenza e c = 1/ µ. Quindi un modo può propagarsi solo se la frequenza è maggiore
del valore fc , detto cutoff. Il modo che ha la frequenza di cutoff più bassa in una guida è detto
fondamentale di quella guida. Come vedremo, il modo fondamentale è sempre un TE. In molte
applicazioni comuni, la guida è dimensionata facendo sı̀ che si propaghi solo il modo fondamentale.
La 2.19 indica anche che la costante di propagazione ha una dipendenza non lineare dalla frequenza.
La guida d’onda metallica è pertanto un mezzo dispersivo, in cui velocità di fase e velocità di gruppo
sono diverse tra loro e ambedue diverse da c. Si definisce lunghezza d’onda in guida:
λg =
λ
2π
2π
=q
= q
β
1 − fc2 /f 2
k 1 − kt2 /k 2
(2.22)
λ = 2π/k è la lunghezza d’onda che si avrebbe nello spazio libero alla stessa frequenza.
2.2.2
Guide d’onda rettangolari
Trattazione generale
Sia data (Fig. 2.4) una guida d’onda a sezione rettangolare. Siano a e b i lati del rettangolo. Supponiamo inizialmente, per semplicità, che la struttura sia riempita di dielettrico privo di perdite e le
pareti abbiano conducibilità infinita. Come discusso precedentemente, la struttura non è compatibile
con la propagazione di modi TEM, mentre possono propagarsi modi TE e TM.
Iniziamo con l’analisi di modi TE. In base alla trattazione del Capitolo 1 dovremo risolvere la:
∇2t ψ + kt2 ψ = 0
(2.23)
Dovremo poi avere, per le condizioni al contorno, n · ∇t ψ = 0 sulle pareti.
La 2.23, in coordinate cartesiane, avrà espressione:
δ 2 hz δ 2 hz
+
+ kt2 hz = 0
δx2
δy 2
(2.24)
La geometria della struttura indica che le soluzioni soddisfano l’ipotesi di separabilità:
ψ(x, y) = f (x)g(y)
11
(2.25)
Si avrà allora, dividendo il primo membro della 2.24 per ψ:
1 d2 g
1 d2 f
+
+ kt2 = 0
f (x) dx2 g(y) dy 2
(2.26)
Poichè la 2.26 deve valere per ogni valore di x e y interni al rettangolo, dovrà essere uguale ad una
costante ciascuno dei primi due termini della 2.26:
1 d2 f
= −kx2
f (x) dx2
1 d2 g
= −ky2
g(y) dy 2
(2.27)
(2.28)
con
kx2 + ky2 = kt2
(2.29)
Quindi si ha:
d2 f
+kx2 f (x) = 0
dx2
d2 g
+ky2 g(y) = 0
dy 2
(2.30)
(2.31)
Le soluzioni sono:
f (x) = A1 cos kx x + A2 sin kx x
g(y) = B1 cos ky y + B2 sin ky y
(2.32)
(2.33)
Tenendo conto delle condizioni al contorno e della 1.44, dovrà essere, sulle 4 pareti della guida:
n · ∇t ψ = 0
12
(2.34)
Sulle pareti verticali:
δψ δψ =
=0
δx x=0
δx x=a
(2.35)
−kx A1 sin kx x + kx A2 cos kx x = 0
(2.36)
A2 = 0
(2.37)
sin kx a = 0
nπ
kx =
a
(2.38)
Per la 2.32 si ha, per x = 0 e x = a:
Ne segue:
con n intero. Quindi:
f (x) = A1 cos
(2.39)
nπx
a
(2.40)
Sulle pareti orizzontali:
δψ δψ =
=0
δy y=0
δy y=b
(2.41)
Procedendo come per le pareti verticali, si ottiene:
g(y) = B1 cos
mπy
b
(2.42)
mπ
b
e combinando le 2.25,2.40 e 2.42 si ha:
ky =
con m intero. Ponendo A1 · B1 = Cnm
ψ(x, y) = Cnm cos
nπx
mπy
cos
a
b
(2.43)
(2.44)
La coppia di indici n, m identifica un modo TE soluzione della 2.23. Il coefficiente di ampiezza Cnm
dipenderà dalla sorgente che alimenta la guida. Introducendo gli indici n, m anche nelle costanti kt ,
β e fc (che sono proprie del modo) si ha, per le 2.19, 2.21, 2.29, 2.39 e 2.43:
s
ktnm =
nπ
a
2
mπ
+
b
2
(2.45)
q
2
k 2 − ktnm
(2.46)
c
fcnm =
ktnm
(2.47)
2π
Il modo sarà indicato con la notazione TEnm . Potrà propagarsi solo se f > fcnm . Tenendo conto
della trattazione del Capitolo 1, inclusi gli aspetti relativi al verso di propagazione, si ottengono le
espressioni complete delle componenti dei campi. Si ha:
βnm =
2
ktnm
nπx
mπy
Cnm cos
cos
exp (∓jβnm z)
jωµ◦
a
b
βnm
nπ
nπx
mπy
= ±
Cnm
sin
cos
exp (∓jβnm z)
ωµ◦
a
a
b
Hz =
(2.48)
Hx
(2.49)
13
Hy = ±
mπ
nπx
mπy
βnm
Cnm
cos
sin
exp (∓jβnm z)
ωµ◦
b
a
b
Ez = 0
Ex
Ey
(2.50)
(2.51)
βnm
mπ
nπx
mπy
= jZW nm
Cnm
cos
sin
exp (∓jβnm z)
ωµ◦
b
a
b
βnm
nπ
nπx
mπy
= −jZW nm
Cnm
sin
cos
exp (∓jβnm z)
ωµ◦
a
a
b
(2.52)
(2.53)
(2.54)
con ZW nm = (k/βnm )η. Se f < fc , cioè se il modo è “sotto cutoff”, ZW nm sarà immaginaria.
La potenza trasportata da un modo TEnm è data da:
1 Z aZ b
1 Z aZ b
(E × H∗ ) · z◦ dydx] = <[
(Ex Hy∗ − Ey Hx∗ )dydx]
Pnm = <[
2
2
0
0
0
0
(2.55)
Tenendo conto che, se il modo si propaga, ZW nm è reale, si avrà:
Pnm
Z aZ b
1
= ZW nm
(Hy Hy∗ + Hx Hx∗ )dydx
2
0
0
(2.56)
Sussistono le seguenti proprietà matematiche:
Z aZ b
ab
mπy
nπx
cos2
dydx =
a
b
Nn Nm
0
0
Z aZ b
nπx 2 mπy
ab
cos2
sin
dydx =
a
b
Nn Nm
0
0
sin2
(2.57)
con:
• Nk = 1 se k = 0
• Nk = 2 se k > 0
Si ha allora:
Pnm
2
ab
ktnm
nπ
mπ 2
ab
βnm 2
= |Cnm |
ZW nm [( )2 + (
) ] = |Cnm |2
(
) ZW nm
2
2Nn Nm (ωµ◦ )
a
b
2Nn Nm ktnm
2
(2.58)
Supponiamo ora che si propaghino due modi, a cui corrispondono due coppie di indici interi, nm
ed rs, rispettivamente. I campi Hx e Hy saranno ottenuti sommando i contributi dei due modi. La
potenza totale PT OT sarà data da:
PT OT = Pnm + Prs + ∆Pnmrs
(2.59)
∆Pnmrs è il contributo dei prodotti misti che si ottengono sviluppando le espressioni di Hx Hx∗ e
Hy Hy∗ . Si può dimostrare che:
se n 6= r:
Z a
rπx
nπx
sin
dx = 0
(2.60)
sin
a
a
0
14
se m 6= s:
Z b
0
sin
mπy
sπy
sin
dy = 0
b
b
(2.61)
Ne consegue che ∆Pnmrs = 0.
La potenza totale sarà quindi data dalla somma delle potenze trasportate singolarmente dai due
modi. Si può dimostrare che questo principio è estendibile a qualsiasi coppia di modi TE e/o TM in
qualsiasi guida. Questo importante risultato prende il nome di principio di ortogonalità dei modi.
L’analisi precedentemente sviluppata è valida per i modi TE. Per i modi TM il procedimento è
duale. Si avrà ancora:
∇2t ψ + kt2 ψ = 0
(2.62)
Le condizioni al contorno da imporre saranno: ψ = 0 per x = 0, x = a, y = 0, y = b. La soluzione
sarà:
mπy
nπx
sin
(2.63)
ψ(x, y) = Cnm sin
a
b
La forma della 2.63 impone che, a differenza del caso dei TE, dovranno essere contemporaneamente:
n 6= 0, m 6= 0.
Saranno sempre valide le 2.45, 2.46, 2.47. La frequenza di cutoff del modo TM11 sarà la più bassa
tra quelle dei modi TM, ma più alta di quella del TE10 . Per qualunque coppia di indici n ed m, i
modi TEnm e TMnm saranno “degeneri”: avranno la stessa frequenza di cutoff (data in ambedue i
casi dalla 2.47) pur essendo diversi tra loro dal punto di vista degli andamenti dei campi E ed H.
Il modo fondamentale
Assume particolare interesse applicativo il modo fondamentale. Supponiamo che sia a > b. Per le
2.45 - 2.47, il modo fondamentale sarà il TE10 , con:
π
(2.64)
kt10 =
a
s
β10 =
k2
−
2
π
a
(2.65)
c
(2.66)
2a
Il secondo modo sarà il TE20 se a > 2b, mentre sarà il TE01 se a < 2b. A frequenze più alte si
propagheranno ambedue i modi degeneri TE11 e TM11 . Ponendo n = 1, m = 0 nelle 2.48-2.53 si
avrà:
2
kt10
πx
Hz =
C10 cos
exp (∓jβ10 z)
(2.67)
jωµ◦
a
β10
π
πx
Hx = ±
C10 sin
exp (∓jβ10 z)
(2.68)
ωµ◦
a
a
Hy = 0
(2.69)
Ez = 0
(2.70)
Ex = 0
(2.71)
β10
π
πx
Ey = −jZW 10
C10 sin
exp (∓jβ10 z)
(2.72)
ωµ◦
a
a
fc10 =
15
I campi sono indipendenti dalla coordinata y. I campi Ey ed Hx hanno ampiezza massima per
x = a/2, nulla sulle pareti verticali. Il campo Hz , invece, ha ampiezza massima sulle pareti verticali,
nulla per x = a/2. La lunghezza d’onda in guida è data da:
λg =
λ
2π
2π
=q
=q
β10
k 2 − π 2 /a2
1 − [λ/(2a)]2
(2.73)
L’impedenza d’onda sarà:
k
·Z
β10
La potenza trasportata dal modo sarà ottenibile dalla 2.58. Si avrà:
ZW 10 =
P10
2.2.3
2
kt10
= |C10 |
ZW 10
4 (ωµ◦ )2
2 ab
(2.74)
(2.75)
Guide d’onda circolari
Proprietà generali
Sia data (Figura 2.5) una guida d’ onda a sezione circolare di raggio a. Analogamente al caso delle
guide rettangolari, analizziamo la struttura nell’ ipotesi semplificativa di assenza di perdite.
Anche nella guida circolare potranno propagarsi modi TE e TM. Iniziamo, in questo caso, dai
modi TM, per i quali l’applicazione delle condizioni al contorno è più semplice e diretta. Per evidenti
ragioni, il sistema di coordinate cilindriche (r, φ) è il più adatto per trattare la presente struttura. Si
ha:
(2.76)
∇2t ψ + kt2 ψ = 0
La condizione al contorno è: ψ = 0 per r = a. La seconda delle 2.76, in coordinate cilindriche, è:
δ 2 ψ 1 δψ
1 δ2ψ
+
+
+ kt2 ψ = 0
2
2
2
δr
r δr
r δφ
16
(2.77)
Applicando l’ipotesi di separabilità tra dipendenza da r e dipendenza da φ, si ha:
ψ(r, φ) = f (r) · g(φ)
(2.78)
Dividendo la 2.77 per ψ , tenendo conto della 2.78, si ha:
1 d2 f
1 d2 g
1 df
+
+
+ kt2 = 0
f dr2
rf dr r2 g dφ2
(2.79)
Moltiplicando per r2 e raggruppando opportunamente:
1 d2 g
r 2 d2 f
r df
2 2
+ r kt = −
+
f dr2
f dr
g dφ2
(2.80)
Il primo membro della 2.80 è funzione della sola r. Il secondo membro è funzione della sola φ.
L’uguaglianza deve valere per qualsiasi valore di r e φ. Pertanto, ambedue i membri devono essere
uguali a una costante, che chiameremo ν 2 . Dalla 2.80 si ottiene allora la coppia di equazioni:
1 df
ν2
r 2 d2 f
[ 2 +
+ (kt2 − 2 )f ] = 0
f dr
r dr
r
2
dg
+ ν 2g = 0
dφ2
(2.81)
Per motivi legati alla geometria della struttura, la g(φ) deve essere periodica di periodo 2π. Per le
proprietà delle equazioni differenziali, ciò comporta che ν sia intero. Chiamando tale intero con n,
la soluzione della seconda delle 2.81 è:
g(φ) = A1 cos nφ + A2 sin nφ
(2.82)
A1 e A2 sono costanti. La prima delle 2.81, con ν = n, è l’ equazione di Bessel di ordine n. Le
soluzioni sono:
• Jn (kt r) (Funzione di Bessel di prima specie di ordine n)
• Yn (kt r) (Funzione di Bessel di seconda specie di ordine n).
La soluzione matematica Yn (kt r) è da scartare, in quanto presenta una singolarità per r = 0, il che
non è fisicamente ammissibile. La soluzione della 2.77 sarà pertanto:
ψ(r, φ) = (A1 cos nφ + A2 sin nφ)Jn (kt r)
(2.83)
in cui le costanti A1 e A2 determinano l’ ampiezza del modo e l’ orientazione degli assi di simmetria
delle distribuzioni di campo. A1 e A2 dipendono dalle proprietà della sorgente del modo. Inoltre,
per la condizione al contorno (ψ = 0 per r = a):
Jn (kt a) = 0
Quindi:
kt =
pnm
a
17
(2.84)
(2.85)
dove pnm è lo zero di ordine m della funzione di Bessel di ordine n. La coppia di indici interi n e m
identifica il modo TM . Si avrà, inoltre:
s
βnm =
q
2
=
k 2 − ktnm
p2nm
a2
k2 −
c
ktnm
2π
βnm
Z
=
k
fcnm =
ZW nm
(2.86)
Per i modi TE, si risolve sempre la:
∇2t ψ + kt2 ψ = 0
(2.87)
Dal punto di vista matematico la trattazione è del tutto simile a quella dei modi TM. Si ottiene:
ψ(r, φ) = (B1 cos nφ + B2 sin nφ)Jn (kt r)
(2.88)
La condizione al contorno, in questo caso, impone che per r = a sia:
n · ∇t ψ = 0
(2.89)
(per r = a). Quindi:
dJn (kt r) =0
dr r=a
(2.90)
0
p
kt = nm
a
(2.91)
0
pnm è il massimo (o minimo) di ordine m della funzione di Bessel di ordine n. Gli andamenti delle
prime due funzioni di Bessel sono mostrati in Figura 2.6.
0
I primi valori più bassi di pnm e pnm sono mostrati nella tabella 3.1:
0
pnm
m=1 m=2 m=3
n
0
1
2
2.40
3.83
5.13
5.52
7.02
8.42
pnm
m=1 m=2 m=3
n
0 3.83
1 1.84
2 3.05
8.65
10.17
11.62
7.02
5.33
6.71
10.17
8.54
9.97
Tabella 3.1
0
Si osserva che, poichè dJ0 /dx = −J1 (x), p1m = p0m . Pertanto i modi TE0m e TM1m sono degeneri.
Tenendo conto delle 2.85, 2.86, 2.91 il modo fondamentale risulta essere il TE11 ; successivamente si
ha il TM01 .
18
Il modo fondamentale
Analizziamo ora più in dettaglio il modo fondamentale TE11 . Partiamo dalla 2.88 supponendo,
temporaneamente, di avere B2 = 0 . Si ha:
0
2
kt11
p r
Hz =
B1 cos φ J1 ( 11 ) exp (∓jβ11 z)
jωµ◦
a
0
0
0
jβ11
jβ11 p11 0 p11 r
jβ11
β11
p11 r
Ht = − 2 ∇t Hz = ±
B1 [− 2
J(
) cos φr◦ + 2 J1 (
) sin φφ◦ ] exp (∓jβ11 z)
kc11
ωµ◦
kc11 a 1 a
rkc11
a
Et = −ZW 11 z◦ × Ht
(2.92)
con
k
η
(2.93)
β11
Hr ed Eφ si annullano per r = a. Alle 2.92 corrispondono le linee di flusso dei campi Et (linea
continua) ed Ht (linea tratteggiata) mostrate in Figura 2.7.
Le linee di flusso del campo Et hanno asse di simmetria parallelo all’asse x come conseguenza
della scelta B2 = 0. Scegliendo B1 = 0 l’asse di simmetria sarà parallelo all’asse y. In generale,
l’orientazione dell’asse di simmetria dipenderà dal rapporto B2 /B1 . Qualora fosse B2 = ±jB1
l’ intera configurazione di campo disegnata in Figura 2.7 ruoterebbe intorno all’ asse della guida
con una velocità angolare uguale alla pulsazione dell’ onda. La corrispondente polarizzazione di Et
sarebbe allora circolare sull’ asse della guida, lineare sulle pareti (normale ad esse), ellittica nelle
zone intermedie. Uno schema di questa polarizzazione è mostrato in Figura 2.8.
ZW 11 =
2.3
Guide d’onda terminate
Supponiamo, per semplicità, che si propaghi il solo modo fondamentale, e che la guida non sia
illimitata, ma chiusa su un carico. Il carico può rappresentare un’antenna o un altro dispositivo
19
20
+
a microonde. Chiamiamo Cnm
il coefficiente di ampiezza associato al modo che si propaga dalla
guida verso il carico (sarà, per esempio, un TE10 in guida rettangolare o un TE11 in guida circolare).
All’interfaccia tra guida e carico saranno in genere presenti riflessioni, per cui lo stesso modo si
−
. (Essendo il carico
propagherà anche dal carico verso la guida con coefficiente d’ampiezza Cnm
−
+
−
+
passivo, dovrà essere |Cnm
| ≤ |Cnm
|). Il rapporto Cnm
/Cnm
può essere trattato in modo analogo
al rapporto V − /V + che si ha su una classica linea di trasmissione terminata. Si può definire il
coefficiente di riflessione in tensione, dato da:
ΓV L =
21
−
Cnm
+
Cnm
(2.94)