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COLLANA
TIMONE
DIRITTO
delle SOCIETÀ
Nozioni essenziali
su società di persone,
società di capitali, cooperative
III Edizione
SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE
®
Gruppo Editoriale
Esselibri - Simone
Estratto
della pubblicazione
227/1
Estratto della pubblicazione
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Last Minute per l’esame di Diritto commerciale e materie affini
227 • Diritto commerciale
227/2 • Diritto industriale
227/3 • Diritto fallimentare
Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.it
ove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati
Ideazione e direzione scientifica
del Prof. Federico del Giudice
Revisione del testo a cura di Alessandra Avolio
Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Finito di stampare nel mese di febbraio 2008
dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
PREMESSA
Questo volume, in linea con le caratteristiche di essenzialità e concretezza della collana Timone-Last Minute, consente di acquisire una preparazione generale sul Diritto delle Società in tempi relativamente brevi, per
soddisfare le esigenze di studenti e concorsisti sempre «in lotta» con il poco
tempo a disposizione per il loro studio.
Per raggiungere questo obiettivo, gli autori hanno focalizzato il testo
sugli argomenti istituzionali della disciplina, che per la loro importanza o
per la frequenza con cui costituiscono domanda d’esame, rappresentano gli
snodi essenziali di una buona preparazione, sfrondandolo di quegli approfondimenti giurisprudenziali e dottrinali che spesso appesantiscono i testi
maggiori, dilatando ulteriormente i tempi di studio.
Nel corso della trattazione si è inoltre fatto ricorso a schemi e tavole
sinottiche, particolarmente utili sia in fase di memorizzazione che in fase di
ripasso, per evidenziare con immediatezza i collegamenti fra i diversi istituti della disciplina.
Un breve glossario di termini specialistici o riferiti ad altri rami del
diritto, posto a conclusione di ogni capitolo, permette di avere durante lo
studio quelle definizioni che talvolta possono sfuggire, sollevando così il
lettore dall’ulteriore compito di consultare dizionari o altri testi giuridici
per recuperare il significato di tali termini.
Estratto della pubblicazione
CAPITOLO PRIMO
LE SOCIETÀ
SOMMARIO: 1. Nozioni generali. - 2. I conferimenti. - 3. L’esercizio in comune di
un’attività economica. - 4. Lo scopo di procurare ai soci un vantaggio di natura economica. - 5. Classificazione delle società. - 6. L’autonomia patrimoniale e la personalità giuridica. - 7. Le società unipersonali. - 8. Le società tra professionisti. - 9. Ipotesi
particolari di società: la società di fatto, la società occulta e la società apparente.
1. NOZIONI GENERALI
Le società, per definizione, sono delle organizzazioni di persone e di
beni finalizzate al perseguimento di uno scopo produttivo mediante l’esercizio in comune di un’attività economica.
Tali enti costituiscono delle peculiari forme di associazione, caratterizzate dalla tipicità dell’oggetto (l’esercizio in comune di un’attività economica) e dello scopo (il conseguimento di un utile e la sua ripartizione tra gli
associati).
L’articolo 2247 recita: «Con il contratto di società due o più persone
conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili».
Tale attività può essere finalizzata: a scopo lucrativo (art. 2247), cioè allo scopo di dividerne gli
utili; a scopo mutualistico (art. 2511), cioè di fornire beni, servizi o occasioni di lavoro ai contraenti a
condizioni più vantaggiose; a scopo consortile (artt. 2602-2615ter), cioè al fine di coordinare le attività
economiche di più imprenditori o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
Con l’emanazione del D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 88, che ha introdotto la possibilità di costituire una società a responsabilità limitata mediante un atto unilaterale, la definizione di società
è stata parzialmente modificata, venendo a perdere il suo carattere generale. A maggior ragione, tale carattere è venuto meno per effetto dell’entrata in vigore della riforma delle società
(D.Lgs. 6/2003) che, anche con riguardo alla s.p.a., ha previsto espressamente la possibilità di
una loro costituzione per atto unilaterale. Tuttavia, nonostante la portata rivoluzionaria di tali
innovazioni, ancora oggi il contratto di società costituisce la principale (e più diffusa) modalità
di costituzione di un ente societario.
Il contratto di società viene definito, dalla dottrina dominante, come un
contratto a carattere associativo, a struttura plurilaterale, qualificato da
uno scopo comune.
Estratto della pubblicazione
6
Capitolo Primo
Come si evince dall’articolo 2247, gli elementi caratteristici del contratto di
società sono sostanzialmente tre: i conferimenti, l’esercizio in comune di un’attività economica e lo scopo di procurare ai soci un vantaggio di natura economica.
2. I CONFERIMENTI
Il conferimento è il contributo di ciascuno dei soci alla formazione dei mezzi necessari per l’attuazione dello scopo sociale (FERRARA-CORSI) ed ha la
funzione di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività di impresa, il quale costituisce il patrimonio iniziale della società.
Non è necessario che il conferimento sia immediatamente eseguito; è invece sufficiente
che i soci assumano semplicemente l’obbligo di eseguire un determinato apporto, con il contestuale sorgere di un diritto di credito a favore della società.
L’art. 2247, in particolare, si riferisce a beni (mobili e/o immobili, materiali o immateriali, somme di denaro) e servizi (cioè la prestazione di una
determinata attività od il suo risultato); tuttavia, sono ammissibili anche il
conferimento di un’azienda, di un credito, della propria opera o, addirittura,
del «buon nome» goduto dal socio sulla piazza commerciale, utile per ottenere un fido bancario.
La possibilità di eseguire conferimenti di servizi è, si badi, ammessa per le sole società di
persone; con riguardo alla società di capitali, invece, il D.Lgs. 6/2003 (di riforma del diritto
societario) ha superato il tradizionale divieto di conferimento di prestazioni d’opera o servizi
solo per le società a responsabilità limitata.
I beni possono essere conferiti sia in proprietà, sia in semplice godimento (nel qual caso
l’apporto ha ad oggetto, esclusivamente, il diritto di utilizzare il bene e di trarne frutti).
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Qual è la differenza tra capitale sociale e patrimonio sociale?
Il patrimonio sociale è il complesso di rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società.
Il capitale sociale è un’entità numerica che indica il valore in denaro dei conferimenti fatti dai
soci in sede di costituzione della società (capitale nominale) (CAMPOBASSO).
Capitale e patrimonio coincidono nella fase iniziale dell’attività, allorché unici mezzi a disposizione della società sono i conferimenti effettuati dai soci e non esistono ancora passività. Successivamente, il patrimonio può subire continue variazioni qualitative e quantitative in relazione alle vicende economiche della società; il capitale sociale, invece, rimane immutato nel corso della vita della
società, almeno fino a quando i soci non decidano di aumentarlo, effettuando ad esempio nuovi
conferimenti, ovvero non si debba procedere a sua riduzione nei casi previsti dalla legge.
Il rapporto tra capitale sociale e patrimonio sociale è quindi costituito dal fatto che il primo rappresenta quella parte di patrimonio non distribuibile tra i soci finché dura la società (cd. capitale reale).
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Le società
3. L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITÀ ECONOMICA
L’attività economica esercitata può avere la più varia natura, ma deve
essere, comunque, rivolta alla produzione di nuova ricchezza; risultato,
quest’ultimo, che può essere raggiunto, non soltanto con la produzione di
nuovi beni, ma anche mediante la sola valorizzazione del patrimonio già
esistente.
L’attività, che rappresenta l’oggetto sociale, deve essere lecita, possibile, determinata o
almeno determinabile; può avere una durata limitata, assumere carattere provvisorio e può,
altresì, essere finalizzata alla realizzazione di un singolo affare, come avviene nelle società
occasionali, oggi pacificamente riconosciute, seppure con un ruolo estremamente marginale.
L’attività sociale deve avere contenuto patrimoniale e deve essere svolta
secondo criteri di economicità e di profitto; inoltre, conformemente a quanto disposto dall’art. 2082 in tema di impresa individuale, essa deve essere
finalizzata alla produzione ed allo scambio di beni e di servizi.
L’attività economica deve essere esercitata in comune: tale comunanza
si rivela nel momento deliberativo, in quanto ai soci spetta il potere di determinare l’attività sociale, nonché nel momento esecutivo, poiché l’atto sociale
riguarda tutti i soci, riversando su di essi i suoi risultati, positivi o negativi.
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Qual è la differenza tra la società e la comunione?
Il dinamismo tipico dell’impresa societaria, ruotante intorno all’esercizio di un’attività produttiva, costituisce anche il principale elemento di differenziazione tra il concetto di società e
quello di comunione.
Secondo la giurisprudenza e la dottrina, il criterio discriminante fra le figure è dato proprio
dalla presenza dell’impresa. Infatti:
— nella comunione, l’attività dei contitolari si esaurisce nel semplice godimento del bene,
con la fruizione delle utilità prodotte dallo stesso, in via diretta o indiretta (FERRARACORSI).
— nella società, invece, i beni conferiti, che costituiscono il fondo comune, rappresentano
solo lo strumento per l’esercizio di un’attività economica volta alla produzione di nuove
utilità.
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4. LO SCOPO DI PROCURARE AI SOCI UN VANTAGGIO DI NATURA ECONOMICA
L’art. 2247 precisa che l’attività economica esercitata in comune dai
soci è finalizzata alla divisione degli utili.
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8
Capitolo Primo
Tale scopo sociale, se pur certamente prevalente, non può essere interpretato in modo letterale e restrittivo. Difatti, il concetto di utile comprende
qualsiasi tipo di utilità economica, incluso il semplice risparmio di spesa.
Nel caso si ponga in essere un’effettiva società, il risultato economico dell’attività svolta (cd.
lucro oggettivo) non potrà che essere rivolto a vantaggio dei soci; da ciò, tuttavia, non deriva necessariamente la conseguenza che l’utile realizzato venga diviso materialmente tra essi (cd. lucro soggettivo). Il legislatore dispone semplicemente che a favore dei soci si produca un vantaggio patrimoniale e cioè un beneficio, che può essere rappresentato tanto da un incremento pecuniario, quanto da un semplice risparmio di spesa o da una migliore remunerazione dell’attività svolta.
La partecipazione agli utili (ed alle perdite) da parte dei soci costituisce, comunque, un requisito essenziale della società. Essa non deve essere
necessariamente proporzionale al conferimento eseguito e può essere variamente regolamentata salvo, comunque, il rispetto dell’art. 2265 che sancisce il divieto del patto leonino (v. cap. 2, par. 7).
5. CLASSIFICAZIONE DELLE SOCIETÀ
In palese deroga al principio dell’autonomia contrattuale, sancito dall’art. 1322, l’art. 2249 sotto la rubrica «Tipi di società» introduce, nel campo societario, il cd. numerus clausus delle organizzazioni sociali. In sostanza il legislatore ha espressamente escluso tanto la configurabilità di una
società atipica (e cioè di un ente la cui disciplina non sia espressamente
regolata dal codice), quanto la possibilità che gli associati, in via autonoma,
possano personalizzare la disciplina della società che intendono costituire
(magari, utilizzando le norme predisposte per un diverso tipo di società).
Parte della dottrina, però, ritiene che sia consentita l’introduzione — nell’ambito della
disciplina societaria — di alcune clausole atipiche volte ad arricchire il contenuto tipico del
contratto (purché le stesse non siano incompatibili con il tipo sociale scelto).
Si noti, peraltro, che se una clausola atipica è nulla non si ha la nullità dell’intero contratto
di società, ma automaticamente si applica la corrispondente disciplina legale derogata.
I vari modelli societari elaborati dal legislatore possono essere classificati sulla base di alcuni criteri di distinzione. In particolare si distinguono:
A) Secondo lo scopo istituzionale perseguito:
— organizzazioni sociali che perseguono la realizzazione di un utile (cd. società lucrative),
che a loro volta si distinguono in due categorie, a seconda che prevalga la rilevanza delle
persone dei soci (cd. società di persone) o, piuttosto, dell’elemento patrimoniale (cd. società di capitali);
Le società
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— società cooperative e di mutua assicurazione (cd. società mutualistiche), che mirano ad
offrire ai soci un diverso vantaggio di natura economica.
B) Secondo la natura dell’attività esercitata
Il combinato disposto del 1° e 2° co. dell’art. 2249 stabilisce che il modello organizzativo
della società semplice è utilizzabile, esclusivamente, per l’esercizio di un’attività non commerciale (quindi solo per le attività agricole); le altre società lucrative (nonché le stesse società
mutualistiche), invece, possono svolgere un’attività di carattere commerciale o di tipo diverso.
6. L’AUTONOMIA PATRIMONIALE E LA PERSONALITÀ GIURIDICA
Le società di persone e quelle di capitali si distinguono in relazione al più
o meno intenso grado di autonomia del gruppo sociale rispetto ai singoli soci.
Si tratta di una distinzione dottrinaria che, con la riforma del diritto societario, ha ricevuto anche consacrazione normativa.
La dottrina prevalente tende peraltro a semplificare la dicotomia tra società di persone e società di capitali, facendo riferimento a due concetti
fondamentali del campo societario: quello dell’autonomia patrimoniale e
quello della personalità giuridica.
La dottrina e la giurisprudenza dominanti operano una netta differenziazione tra le società dotate di personalità giuridica e le società che ne sono,
al contrario, prive.
Nel primo gruppo, rientrano le società di capitali, comprese le cooperative e le mutue assicuratrici; nel secondo, invece, le società di persone.
Per intendere compiutamente il concetto di personalità giuridica è necessario acquisire, preventivamente, la nozione di autonomia patrimoniale.
Secondo l’opinione preferibile, tanto le società di persone, quanto quelle di capitali, costituiscono autonomi soggetti di diritto, dotati di una propria capacità giuridica e di agire. In sostanza, esse rappresentano autonomi
centri di imputazione di effetti giuridici (cd. soggettività giuridica).
In ogni caso, le società di persone, pur essendo qualificate come autonomi soggetti di diritto, non fruiscono della personalità giuridica, intesa come
la radicale posizione di alterità soggettiva tra la società e i soci (CAMPOBASSO).
Le società di capitali, quindi, proprio in quanto dotate di personalità giuridica, godono
della cd. autonomia patrimoniale perfetta, definita (GAZZONI) come l’assoluta e reciproca
indifferenza del patrimonio sociale e dei patrimoni individuali dei soci alle singole vicende
che possono colpirli.
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Capitolo Primo
In concreto:
Nelle società di
capitali:
i soci rispondono delle obbligazioni sociali solo nei limiti della
quota conferita;
i creditori particolari del socio non possono soddisfarsi sulla
quota di questi nella società;
i creditori sociali non possono pretendere che i soci facciano
fronte con i patrimoni personali ai debiti contratti dalla società.
Nelle società di persone, invece, si realizza una forma di autonomia patrimoniale imperfetta.
In concreto:
Nelle società di
persone:
i soci hanno responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali (ad eccezione degli accomandanti nelle s.a.s.);
i creditori particolari del socio possono in alcuni casi chiedere la liquidazione della quota del socio loro debitore.
7. LE SOCIETÀ UNIPERSONALI
A) Costituzione unipersonale
Il D.Lgs. 3-3-1993, n. 88 ha espressamente previsto la costituzione di
società a responsabilità limitata con unico socio, permettendo formalmente in tal caso ad un singolo soggetto — in deroga al principio di cui
all’art. 2247 — di esercitare individualmente un’attività di impresa e di godere del beneficio della responsabilità limitata.
Il D.Lgs. 6/2003, di riforma del diritto delle società, ha ammesso la costituzione per atto unilaterale anche della società per azioni, introducendo la possibilità di dar vita a s.p.a. unilaterali, eliminandosi, sotto tale profilo, ogni differenza di disciplina rispetto alle s.r.l.
Per le società personali, invece, non è prevista la costituzione ad opera di un unico socio.
B) Mancanza sopravvenuta della pluralità dei soci
È possibile che una società originariamente pluripersonale si trasformi
in unipersonale, a seguito del venir meno della pluralità dei soci, con riunione delle quote sociali in un’unica mano. Ciò è vero per le società a responsabilità limitata e per le società per azioni.
Per quanto concerne le società a responsabilità limitata, l’art. 2462 (modif. dal D.Lgs. 6/
2003), ferma restando la responsabilità limitata dell’unico socio, circoscrive le ipotesi di responsabilità personale ed illimitata di quest’ultimo, in caso di insolvenza della società, alla
mancata effettuazione dei versamenti ancora dovuti nel termine di novanta giorni (art. 2464
Le società
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c.c.) e fino a quando non venga attuata la pubblicità dei dati relativi all’unico socio (art. 2470
c.c.).
Anche con riguardo alle società per azioni la sopravvenuta mancanza della pluralità dei
soci, già contemplata dal codice prima della riforma del 2003, comporta un mutamento nel
regime della responsabilità dell’unico socio che, in ipotesi di insolvenza della società, sarà
tenuto a rispondere personalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali in caso di
mancato versamento dei conferimenti ancora dovuti nel termine di novanta giorni e fino a
quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall’art. 2362.
Per le società personali, invece, è sancito lo scioglimento nell’ipotesi di mancata ricostruzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi (art. 2272, n. 4).
Regole particolari, infine, sono prescritte per le società in accomandita (artt. 2323 e 2458),
in quanto queste sono istituzionalmente caratterizzate dalla presenza di due distinte categorie
di soci.
8. LE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI
La configurabilità, nel nostro ordinamento, di una società fra professionisti costituisce una delle questioni più delicate e dibattute dell’intera materia societaria.
Per Campobasso, l’attività posta in essere da un gruppo di professionisti, pur assumendo
carattere economico, in quanto produttiva di servizi individuali, non può essere qualificata
come una vera e propria attività imprenditoriale; ciò in quanto nelle società fra professionisti
non sarebbe riscontrabile una vera organizzazione per l’esercizio della libera professione,
poiché la prestazione tecnica offerta è prodotta, essenzialmente, se non in via esclusiva, dall’intelletto del professionista.
Un ulteriore ostacolo sarebbe rappresentato dalle disposizioni del codice civile (artt. 2229-2238) che disciplinano l’esercizio delle professioni intellettuali.
In particolare, l’art. 2232 impone che il prestatore d’opera intellettuale «esegua, personalmente l’incarico assunto», mentre il successivo art. 2233 stabilisce che il compenso debba
essere adeguato al decoro della professione, oltre che all’importanza dell’opera.
L’art. 24 della L. 7 agosto 1997, n. 266 (cd. Legge Bersani), consente
l’esercizio delle professioni intellettuali (anche protette) in forma societaria
e demanda ad un regolamento interministeriale l’attuazione pratica del nuovo fenomeno.
Il D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 ha regolamentato, per la prima volta nel
nostro ordinamento, l’istituto della società tra avvocati.
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Capitolo Primo
9. IPOTESI PARTICOLARI DI SOCIETÀ: LA SOCIETÀ DI FATTO, LA SOCIETÀ OCCULTA E LA SOCIETÀ APPARENTE
Fuori dalle ipotesi in cui la forma scritta del contratto sociale è richiesta
a pena di nullità, esso può realizzarsi (con la conseguente nascita di una
società) anche oralmente. Un contratto di società può altresì formarsi tacitamente: due o più persone agiscono, in concreto, come soci senza che tra
essi sussista un esplicito accordo rivolto a tal fine. In tal caso si configurerebbe una società di fatto, fattispecie inquadrabile, comunque, unicamente
nell’ambito delle società di persone poiché nelle società di capitali l’esistenza stessa del fenomeno societario viene a dipendere dall’atto formale
dell’iscrizione nel registro delle imprese.
Diversamente, si parla di società occulta quando più soggetti decidono
di dar vita ad una società pattuendo, però, che la sua esistenza non sia rilevabile all’esterno.
Il problema delle società occulte rileva soprattutto in tema di fallimento.
Nella rinnovata versione dell’art. 147 L.F., il legislatore ha consacrato, un orientamento
già diffuso in dottrina e giurisprudenza, prevedendo al 5° comma la estensione del fallimento
dell’imprenditore individuale alla società occulta che si scopra esistere successivamente alla
dichiarazione di fallimento e di cui l’imprenditore fallito sia socio illimitatamente responsabile
(art. 147 L.F., nuovo testo).
Fenomeno totalmente diverso è quello rappresentato dalla cd. società
apparente, che si realizza quando più soggetti, non legati da alcun rapporto
societario, si comportano «in modo da ingenerare nei terzi la convinzione
che essi agiscano in qualità di soci, inducendoli a fare affidamento sull’esistenza della società e sulla sua responsabilità solidale per le obbligazioni
assunte» (GALGANO).
Glossario
Autonomia negoziale: l’autonomia negoziale è una specificazione del più generale principio dell’autonomia privata: essa è il potere che l’ordinamento riconosce ai privati di autoregolamentare i propri interessi personali e patrimoniali mediante negozi giuridici (art.
1322 c.c.).
Autonomia patrimoniale: è l’autonomia del patrimonio di una persona giuridica rispetto
a quello dei suoi componenti. Conseguentemente, i beni della persona giuridica appartengono ad essa e non ai singoli partecipanti: ciò significa che i creditori dei singoli partecipanti non possono rivalersi sul patrimonio dell’ente. L’autonomia patrimoniale si dice perfetta quando dà luogo alla separazione assoluta dei patrimoni (dell’ente e dei partecipi ad
Estratto della pubblicazione
Le società
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esso), così che il patrimonio del singolo partecipante è insensibile ai debiti dell’ente ed il
patrimonio dell’ente è parimenti insensibile ai debiti personali del singolo partecipante. Si
parla di autonomia patrimoniale imperfetta quando, pur esistendo un fondo comune (su
cui, in primo luogo i creditori fanno valere i loro diritti), la legge considera responsabili
solidalmente e personalmente con i propri beni anche coloro che hanno agito in nome e per
conto della società.
Capacità di agire: è l’idoneità del soggetto a porre in essere manifestazioni di volontà
idonee a modificare la propria situazione giuridica. Essa si acquista con la maggiore età e
cioè al compimento del diciottesimo anno, età in cui si presume che l’individuo possa
consapevolmente curare i propri interessi e sia in grado di valutare la portata degli atti da
porre in essere.
Capacità giuridica: indica l’attitudine del soggetto ad essere titolare di situazioni giuridiche. Per le persone fisiche si acquista con la nascita, cioè con la separazione del feto dal
corpo materno, purché tale feto sia vivo.
Contratto plurilaterale con comunione di scopo: è un contratto in cui, alla pluralità di
prestazioni (es.: i singoli conferimenti in un contratto di società) fa riscontro la comunanza
del fine perseguito dai contraenti (es.:l’esercizio in comune di un’attività economica per
dividerne gli utili). Ulteriori esempi possono essere rinvenuti nel contratto di associazione
o di consorzio.
Personalità giuridica: espressione con la quale si indica la capacità che la persona giuridica ha di acquistare diritti ed assumere obblighi.
La personalità giuridica è, attualmente, distinta dalla soggettività giuridica, in quanto esistono enti non riconosciuti che, pur non avendo, sono, comunque, soggetti di diritto, essendo titolari di situazioni giuridiche.
Estratto della pubblicazione
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Capitolo Primo
LE SOCIETÀ IN GENERALE
nozione
organizzazioni di persone e beni finalizzati al perseguimento di uno
scopo produttivo
conferimenti
Le società
elementi
essenziali
esercizio in comune di un’attività
economica
scopo di dividere gli utili
società semplice
classificazione
società
di persone
società in nome
collettivo
società in accomandita semplice
scopo
lucrativo
società per azioni
società in accomandita per azioni
società di
capitali
società a responsabilità limitata
società
cooperative
scopo
mutualistico
mutue
assicuratrici
CAPITOLO SECONDO
LA SOCIETÀ SEMPLICE
SOMMARIO: 1. Nozione. - 2. L’invalidità della società. - 3. Capitale sociale e patrimonio sociale. - 4. I conferimenti. - 5. La responsabilità dei soci. Il caso del nuovo
socio. - 6. I creditori particolari dei soci. - 7. I diritti e gli obblighi del socio. - 8.
L’amministrazione della società e i soci amministratori. - 9. Il controllo dei soci. - 10.
La rappresentanza della società. - 11. Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio: morte, recesso ed esclusione del socio. - 12. La liquidazione della
quota del socio. - 13. Lo scioglimento della società. - 14. La liquidazione.
1. NOZIONE
La società semplice è un tipo di società che può esercitare solo attività
non commerciale e costituisce la forma più elementare di organizzazione
societaria.
In effetti la società semplice rappresenta nell’attuale sistema societario
un prototipo normativo, dal momento che la disciplina per essa prevista dal
codice civile si estende anche alla società in nome collettivo e a quella in
accomandita semplice.
La società semplice è utilizzabile per le attività agricole e, secondo una
parte della dottrina, per l’esercizio delle professioni intellettuali in forma
societaria, mentre è inutilizzabile per l’esercizio di attività commerciali.
A norma dell’art. 2251, l’atto costitutivo deve essere necessariamente
redatto per iscritto quando tale requisito formale è richiesto dalla natura dei
beni conferiti (ad es., in caso di apporto di beni immobili o di diritti reali
immobiliari).
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Quali sono i caratteri del cd. principio unanimistico?
L’art. 2252 introduce nella società semplice (e in genere nella società di persone) il cd. principio unanimistico: per operare modificazioni al contratto sociale originario è necessario il
consenso unanime di tutti i soci.
Poiché il contratto sociale è concluso, come si suole dire, intuitu personae (e cioè con diretta
rilevanza dei singoli soggetti che prendono parte all’organizzazione sociale), anche la semplice modificazione della composizione personale della società costituisce un cambiamento del-
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Capitolo Secondo
l’originario contratto e, in quanto tale, deve essere approvata da tutti i soci. Pertanto nessun
socio può trasferire la propria partecipazione sociale senza il consenso degli altri soci, in
quanto verrebbe altrimenti a modificare, in via unilaterale, la compagine societaria.
La riforma delle società (D.Lgs. 6/2003) ha introdotto una deroga (legale) al principio unanimistico: quando le modifiche dell’atto costitutivo riguardano operazioni di trasformazione,
fusione o scissione delle società di persone, la relativa decisione va presa con il consenso della
maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili (artt. 1500ter,
1502 e 1506ter). È però fatta salva una diversa previsione contrattuale.
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2. L’INVALIDITÀ DELLA SOCIETÀ
Il codice non disciplina specificamente l’invalidità del contratto costitutivo
di una società di persone: deve farsi pertanto riferimento alla disciplina generale dei contratti per l’individuazione delle cause di nullità (artt. 1418 e 1425).
La dichiarazione di nullità o l’annullamento del contratto sociale non genera problemi particolari allorché l’attività sociale non è ancora iniziata: i soci saranno liberati dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi ed avranno diritto alla restituzione dei conferimenti eseguiti.
Assai più delicata è invece la situazione in cui l’attività sociale è già iniziata al momento
della dichiarazione di nullità della società: in tal caso, infatti, è necessario disciplinare non solo
i rapporti tra soci ma anche quelli con i terzi che sono entrati in contatto con la società.
3. CAPITALE SOCIALE E PATRIMONIO SOCIALE
Nella società semplice il capitale svolge una funzione vincolistica sotto il profilo della
determinazione dell’utile o della perdita di esercizio ed una funzione organizzativa, anche se
minor rilievo assume sotto tale ultimo profilo, in quanto i poteri amministrativi dei soci sono
proporzionati alla parte attribuita a ciascuno nella partecipazione agli utili (artt. 2257, 3° co., e
2258, 2° co.), che è liberamente determinabile, ed in alcuni casi è richiesta l’unanimità (art.
2252) o la maggioranza numerica (art. 2287, 1° co.). Nella società semplice non è previsto né
un capitale minimo iniziale, né è richiesta la valutazione iniziale dei conferimenti.
4. I CONFERIMENTI
L’art. 2253 stabilisce che ciascun socio è «obbligato ad eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale» e, qualora questi ultimi non siano
stati definiti, a conferire — in parti uguali — «quanto è necessario per il
conseguimento dell’oggetto sociale», con riferimento al momento della conclusione del contratto sociale.
Come si è chiarito nel precedente capitolo, nelle società di persone (e, in modo particolare,
nella società semplice) può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica.
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Per alcuni tipi di conferimenti (diversi dal semplice conferimento di denaro, che rappresenta l’ipotesi più semplice), il legislatore ha previsto una disciplina differenziata.
L’art. 2254, con riferimento al problema delle garanzie dovute dal socio ed all’incidenza
del rischio, opera un richiamo alla disciplina dei contratti di vendita e di locazione:
— per i beni conferiti in piena proprietà, è prevista l’applicabilità delle norme sulla vendita,
in materia di evizione (art. 1483), di vizi della cosa (art. 1490) e di mancanza delle qualità
promesse (art. 1497).
Pertanto il socio si accolla il rischio per il perimento della cosa conferita fin quando la sua
titolarità non passi alla società stessa;
— per i beni conferiti in semplice godimento, invece, ai sensi dell’art. 2254, 2° co., il legislatore fa riferimento alle norme che discliplinano il contratto di locazione, stabilendo che il
rischio per le cose oggetto dell’apporto resta a carico del socio;
— nell’ipotesi che sia stato conferito un credito, in forza del richiamo all’art. 1267 (che, in
materia di cessione del credito, limita la responsabilità del cedente a quanto ricevuto), in
caso di insolvenza del debitore, il socio sarà tenuto, nei confronti della società, entro i
limiti del valore attribuito al conferimento nel contratto sociale, oltre al rimborso delle
spese ed alla corresponsione degli interessi.
In mancanza di diversa pattuizione tra le parti, il conferimento va fatto
in denaro.
Per quanto riguarda il conferimento di una prestazione d’opera, questa
deve essere indicata nell’atto costitutivo. Il socio che si impegna a conferire la
propria attività lavorativa (socio d’opera) a favore della società, non assume
lo stato di lavoratore subordinato con i diritti salariali e previdenziali; egli è
socio a tutti gli effetti, partecipa al rischio di impresa e la sua prestazione
viene compensata attraverso la partecipazione ai guadagni della società nella
misura determinata dal contratto sociale o fissata dal giudice secondo equità.
5. LA RESPONSABILITÀ DEI SOCI. IL CASO DEL NUOVO SOCIO
La società semplice — come, del resto, tutte le società di persone — è
un soggetto di diritto dotato di capacità giuridica e di agire, ma che non
dispone di personalità giuridica. Pertanto, poiché essa gode semplicemente
di un’autonomia patrimoniale imperfetta, ai sensi dell’art. 2267, 1° co., i
singoli soci rispondono solidalmente ed illimitatamente con il loro patrimonio per le obbligazioni sociali.
In pratica, i creditori sociali hanno la possibilità di agire, per realizzare i loro crediti, sul
patrimonio sociale; qualora, tuttavia, non sia agevole soddisfarsi su quest’ultimo, essi possono
escutere i beni personali dei soci che hanno agito in nome e per conto della società (soci
amministratori) e nel contempo, salvo patto contrario, i beni degli altri soci.
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Capitolo Secondo
Da tale quadro generale, possono essere desunte alcune caratteristiche:
1) la responsabilità dei singoli soci ha carattere sussidiario, in quanto rileva solo nei casi in
cui non risulti comodo per i creditori agire sul patrimonio sociale;
2) ai sensi dell’art. 2268, i soci fruiscono di un ridotto beneficio di escussione preventiva del
patrimonio sociale (cd. beneficium excussionis) poiché i creditori sociali sono liberi di
aggredire tanto il patrimonio sociale, quanto i beni personali dei soci. Però il socio, cui è
stato richiesto il pagamento delle obbligazioni sociali, può invitare il creditore ad agire
preventivamente sui beni della società, indicandogli quelli di più facile e pronta convertibilità in denaro (GALGANO);
3) la responsabilità dei soci, che non amministrano direttamente la società, non ha carattere
inderogabile, in quanto può essere esclusa, ai sensi dell’art. 2267, mediante un esplicito
patto contrario, il quale deve essere «portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei» ex
art. 2267, 2° co.
Per completare il discorso, merita menzione l’art. 2269 ai sensi del quale
«chi entra a far parte di una società già costituita (nuovo socio) risponde con gli
altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio».
6. I CREDITORI PARTICOLARI DEI SOCI
Nella società semplice, così come viene consentito ai creditori sociali di
agire nei confronti degli associati, allo stesso modo è riconosciuto ai creditori particolari dei soci di far valere, se pur indirettamente, i loro diritti
anche nei confronti della società.
In via preventiva è necessario chiarire che i creditori del socio non possono escutere i beni
sociali (nemmeno limitatamente alla quota spettante al loro diretto debitore) e non possono
nemmeno estinguere, per compensazione, un loro eventuale debito verso la società con un
credito vantato nei confronti di un socio (FERRARA-CORSI).
Tuttavia il legislatore non lascia il creditore particolare del socio del tutto sprovvisto di
strumenti onde ottenere l’equa soddisfazione del proprio credito.
In particolare,
il creditore del
socio:
finché dura la società, può far valere la propria aspettativa
colpendo gli utili spettanti al debitore-socio, mediante lo strumento del pignoramento presso terzi, in relazione ad un credito futuro ed eventuale (art. 2270, 1° co.);
può procedere al sequestro conservativo della quota spettante
al socio, in sede di liquidazione, impedendogli di riscuoterla,
ex art. 678 c.p.c.;
qualora dimostri che il socio-debitore non possieda altri beni
idonei a soddisfare il suo credito, può chiedere — in ogni
tempo — la liquidazione della quota di partecipazione del
debitore (art. 2270, 2° co.).
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7. I DIRITTI E GLI OBBLIGHI DEL SOCIO
Lo status di socio di una società semplice si acquista per il solo fatto di
aver concorso, con la propria volontà, alla costituzione della società. L’assunzione di tale qualità determina l’acquisizione di obblighi e diritti. In
specie, relativamente agli obblighi:
— il socio è obbligato ad eseguire il conferimento promesso;
— i soci rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali;
— i soci non possono servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose
appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società.
Come corrispettivo dell’assunzione di tali obblighi, il legislatore riconosce al socio una serie di diritti:
— l’associato ha il diritto di percepire periodicamente una parte degli utili
prodotti dall’esercizio dell’attività imprenditoriale (art. 2262);
— la misura della partecipazione agli utili è, di regola, proporzionale al
conferimento eseguito da ciascuno dei soci.
L’unico limite riconosciuto in questo campo all’autonomia privata è il divieto del cd. patto leonino: è «nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione
agli utili o alle perdite» (art. 2265);
— in caso di liquidazione della società i soci che hanno effettuato un conferimento di capitale hanno diritto ad ottenere, previa deduzione dei debiti sociali, il rimborso del suo valore;
— infine, al socio viene riconosciuto il diritto di partecipare alla gestione
sociale.
Tale essenziale facoltà non consiste, esclusivamente, nel potere di amministrazione, inteso
come il diritto di compiere atti pertinenti al perseguimento dell’oggetto sociale. Essi possono consultare documenti, chiedere chiarimenti agli amministratori, ottenere il rendiconto dell’attività al termine dell’esercizio.
8. L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ E I SOCI AMMINISTRATORI
L’amministrazione della società consiste nell’attività di gestione dell’impresa sociale (CAMPOBASSO) e cioè nell’esecuzione di tutti gli atti
rivolti al perseguimento dell’oggetto sociale.
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Capitolo Secondo
Per legge, fatta salva una diversa regolamentazione disposta dal contratto sociale, «l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri» (art. 2257).
Il sistema di amministrazione disgiuntiva costituisce un effetto naturale del contratto; tuttavia, il potere amministrativo può essere disciplinato secondo altre forme, sulla base di una specifica pattuizione. I
principali sistemi di amministrazione convenzionale previsti dalla legge sono:
— amministrazione congiuntiva (nelle due sottospecie della gestione all’unanimità o a maggioranza), che richiede il consenso di tutti i soci
amministratori per il compimento delle operazioni sociali;
— gestione conferita solo ad alcuni soci o anche ad un unico socio.
Con la nomina dell’amministratore gli altri soci rinunciano al loro
tradizionale potere di direzione dell’impresa. Ai sensi dell’art. 2260, «i
diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul
mandato».
Ai sensi del 2° co. del predetto art. 2260, «gli amministratori sono
solidalmente responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi loro imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia, la responsabilità non si estende a coloro che dimostrino di essere esenti da
colpa».
La responsabilità degli amministratori ha carattere solidale, anche nell’ipotesi di gestione
disgiunta della società; infatti, è configurabile, in capo a ciascuno di essi, un vero e proprio
obbligo di controllo dell’operato degli altri.
Il codice non disciplina espressamente le modalità per la nomina degli
amministratori (che, comunque, può aver luogo tanto nell’atto costitutivo,
quanto sulla base di una successiva deliberazione dei soci).
In caso di revoca, invece, la legge interviene espressamente effettuando una distinzione:
— l’amministratore nominato con atto separato è sempre revocabile purché ciò sia disposto
con il voto unanime dei soci. In mancanza di una giusta causa di revoca, la società è, però,
obbligata al risarcimento dei danni;
— l’amministratore nominato nell’atto costitutivo, invece, può essere revocato soltanto per
giusta causa e sempre in modo unanime (salva la richiesta giudiziale da parte di un singolo socio).
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9. IL CONTROLLO DEI SOCI
Nei casi in cui la gestione sociale viene affidata soltanto ad alcuni associati, in modo congiunto o disgiunto fra loro, il legislatore attribuisce agli
altri soci un ampio diritto di controllo sull’amministrazione sociale.
I soci non ammini
stratori hanno:
un diritto di informazione, che si concreta nella richiesta
di notizie e nella consultazione di documenti;
un diritto al rendiconto, quando gli affari per cui è stata
costituita la società sono stati compiuti e comunque al termine di ogni anno Il rendiconto, pur non essendo un vero e
proprio bilancio, ne deve rispettare i principi generali e deve
essere approvato all’unanimità.
10. LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETÀ
Ai sensi dell’art. 2266, «la società acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nelle
persone dei medesimi.
In mancanza di diversa disposizione del contratto, la rappresentanza spetta
a ciascun socio amministratore e si estende a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale».
Differenze
Differenze tra potere di rappresentanza e potere di gestione:
— il potere di gestione consiste nel diritto ad amministrare l’impresa e compiere tutti gli
atti volti al perseguimento dello scopo sociale;
— il potere di rappresentanza, invece, è la facoltà di agire, nei confronti dei terzi, in nome
della società, con ogni conseguenza utile ed onerosa.
La rappresentanza processuale, poi, risulta strettamente connessa con quella negoziale; di
conseguenza, ogni amministratore dotato di rappresentanza può agire ed essere convenuto
in giudizio per la società.
In mancanza di deroghe espresse, dunque, si realizza una piena coincidenza fra il potere gestorio e quello rappresentativo.
Tuttavia, mediante l’atto costitutivo, è possibile prevedere una diversa regolamentazione;
infatti, può anche essere convenuta l’attribuzione del potere di rappresentanza ad uno solo
degli amministratori, che viene così ad essere investito della cosiddetta firma sociale.
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Capitolo Secondo
11. LO SCIOGLIMENTO DEL RAPPORTO SOCIALE LIMITATAMENTE AD UN SOCIO: MORTE, RECESSO ED ESCLUSIONE DEL SOCIO
Lo scioglimento parziale (cioè con riferimento ad un determinato socio) del contratto sociale può prodursi nelle tre ipotesi di morte, recesso ed
esclusione del socio.
Nel caso di morte di un socio (art. 2284), lo scioglimento del rapporto
sociale è immediatamente operante anche nei confronti dei terzi.
Secondo il disposto normativo, in mancanza di patto contrario, vi sono
tre possibili soluzioni: la liquidazione della quota; lo scioglimento della
società; la continuazione della società con gli eredi stessi, se questi vi
acconsentono.
A seguito del decesso del socio, il rapporto sociale non può mai trasmettersi automaticamente agli eredi. Tale preclusione deriva dalla circostanza che — come già detto — il contratto
sociale è un contratto stipulato intuitu personae.
I soci possono tuttavia derogare a tale regime (art. 2284):
a)
ad esempio, nell’atto costitutivo si può disporre che, in caso di morte del socio, si debba
necessariamente liquidare la sua quota agli eredi oppure — all’opposto — disporre lo
scioglimento della società;
b) vi è, infine, la possibilità di inserire nel contratto sociale una clausola che stabilisca la
prosecuzione dell’attività societaria con gli eredi (cd. clausola di continuazione).
Il recesso consiste nello scioglimento parziale del rapporto sociale per
volontà del socio.
Secondo l’art. 2285, se la società è a tempo indeterminato o è contratta per tutta la vita del socio, ognuno può recedere liberamente; se invece la società è a tempo determinato, il recesso è ammesso solo per giusta causa.
Il contratto sociale può regolare, in modo vario, le modalità di recesso, ma non può mai
escluderlo nelle ipotesi previste. A seguito dell’esercizio della facoltà di recesso, il socio uscente
ha diritto ad ottenere la liquidazione della quota, che viene operata mediante una somma di
denaro versata nel termine di sei mesi.
Il recesso è un negozio giuridico unilaterale, recettizio, non formale che si esercita mediante una dichiarazione (anche solo verbale) comunicata agli altri soci.
L’esclusione si concreta nello scioglimento del rapporto sociale che si
verifica indipendentemente dalla volontà del socio estromesso.
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In alcuni casi l’esclusione ha luogo di diritto, cioè, in modo automatico
(art. 2288); ciò accade in due ipotesi:
1) nei confronti del socio che sia stato dichiarato fallito;
2) nei riguardi dell’associato i cui creditori abbiano «ottenuto la liquidazione della quota» a norma dell’art. 2270.
Nel primo caso, l’esclusione si verifica nel giorno stesso della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento; nella seconda ipotesi, invece,
l’estromissione del socio si attua solo a seguito dell’effettiva liquidazione
della quota.
Nei restanti casi l’esclusione ha carattere facoltativo ed è rimessa alla
volontà degli altri soci (art. 2286). I fatti che legittimano la società a pronunciare l’esclusione (facoltativa) di un socio possono raggrupparsi in tre
categorie:
1) gravi inadempienze delle «obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale» (es., violazione dell’obbligo di amministrare la società);
2) mutamenti nello stato personale del socio (es., interdizione e inabilitazione del socio);
3) sopravvenuta impossibilità di eseguire il conferimento promesso, per
causa non imputabile al socio (es., il bene conferito in godimento, per
tutta la durata della società, perisce per caso fortuito).
12. LA LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA DEL SOCIO
Lo scioglimento del rapporto esistente tra la società ed il socio determina il sorgere, in capo a quest’ultimo, esclusivamente di un diritto di credito.
Difatti, secondo l’art. 2289, «questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad
una somma di denaro che rappresenti il valore della quota».
Di conseguenza nei casi di morte, recesso o esclusione, il socio (o i suoi eredi) non può
pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà, in quanto gli stessi, ormai, appartengono ad un diverso soggetto (la società).
La liquidazione deve essere effettuata entro sei mesi dallo scioglimento
del rapporto; qualora, però, essa venga richiesta dal creditore particolare del
socio, va posta in essere entro tre mesi (art. 2270) dalla richiesta.
Va inoltre ricordato che, ai sensi dell’art. 2290, il socio receduto o escluso,
nonché gli eredi del socio defunto, restano responsabili personalmente per le
obbligazioni sociali sorte fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento.
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Capitolo Secondo
13. LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ
Le cause di scioglimento della società sono (art. 2272):
1) decorso del termine, qualora la durata della società sia stata predeterminata.
La dottrina, però, in modo unanime, ritiene che sia ammissibile la proroga della durata
della società, sia in modo espresso, che in maniera tacita (es.: continuazione delle operazioni sociali dopo la scadenza);
2) conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di realizzarlo;
3) volontà di tutti i soci, mediante delibera unanime dei soci;
4) venir meno della pluralità dei soci;
5) altre (eventuali) cause previste dal contratto sociale.
Tutte le cause di scioglimento operano automaticamente, di diritto.
14. LA LIQUIDAZIONE
Lo scioglimento, comunque, non determina l’immediata estinzione della società. Infatti, col prodursi della causa di scioglimento, si instaura, immediatamente, la fase della liquidazione durante la quale la società continua ad esistere, ma può solo provvedere al pagamento dei debiti sociali, alla
conversione in denaro del patrimonio sociale ed alla sua ripartizione fra i
soci.
I soci amministratori, pertanto, conservano, esclusivamente, il potere di
compiere gli affari urgenti e restano in carica fino alla nomina dei liquidatori.
Il procedimento di liquidazione è disciplinato dalla legge (artt. 22752283): tuttavia il legislatore lascia ampia libertà alla volontà dei soci, stabilendo però che, in mancanza di diversa pattuizione, la liquidazione viene
svolta da uno o più liquidatori nominati con il consenso di tutti i soci (o, in
caso di disaccordo, dal presidente del Tribunale).
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