Capitolo XLV La conclusione 1.Soggetto e parte. L’art. 1321 chiarisce che l’essenza del contratto è racchiusa nell’accordo, raggiunto da due o più parti. Parti del contratto sono gli autori del regolamento negoziale ed anche i destinatari delle conseguenze che ne derivano, destinatati in via diretta, immediata, nonché almeno di regola, esclusiva, potendo il contratto produrre effetti per i terzi solo nei casi previsti dalla legge. Se di regola l’autore dell’atto è anche destinatario degli effetti deve distinguersi tra parte in senso formale (autore dell’atto) e parte in senso sostanziale (destinatario degli effetti). La parte può anche essere plurisoggettiva, formata, cioè, da più soggetti. Ciò che rileva, non è l’unicità del soggetto, ma l’unicità dell’interesse che può eventualmente accomunare più soggetti. Parte è dunque un centro di interessi. La parte formale del contratto non può non essere determinata, perché, in caso contrario, lo stesso accordo sarebbe inconfigurabile. Non necessariamente determinata al momento della nascita del vincolo deve essere invece la parte sostanziale. L’identificazione è sempre necessaria in caso di contratti intuitus personae, là dove la persona del contraente rileva sotto il profilo delle qualità personali. L’importanza della personalità della prestazione si ravvisa soprattutto nell’intrasmissibilità del rapporto, anche per effetto di una successione mortis causa, salvo diversa disposizione di legge, ad esempio in caso di mandato che ha ad oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio di un’impresa. Altra caratteristica di questi contratti è la possibilità di agire per l’annullamento in caso di error in persona. Non deve peraltro confondersi la personalità del contratto con la rilevanza della persona del contraente, in specie del debitore. In tal caso può solamente applicarsi la regola dell’intrasmissibilità della posizione a prescindere da un’adesione o accettazione del creditore. Il nome falso con cui si contrae non rileva in nessun caso perché la fittizi età non impedisce di certo la conclusione del contratto essendo determinate le parti nella loro identità fisica e non essendo ravvisabile né una divergenza tra voluto e dichiarato, né un error in persona, che attiene non al nome ma alle capacità o alle qualità del contraente in relazione alla prestazione dovuta. Se c’è stata autorizzazione ad utilizzare il nome altrui, gli effetti si produrranno regolarmente. Non si tratti tanto di un caso di rappresentanza mascherata ma potrà invocarsi l’analogia. Se il contraente usurpa il nome altrui, il contratto non produce nessun effetti per il soggetto il cui nome è stato usurpato, salvo sua tolleranza, ma si discute se esso produca effetti per l’usurpatore. 2. La proposta e l’accettazione. All’accordo si può pervenire attraverso una trattativa o senza nessuna discussione. Il programma contrattuale è inizialmente fissato con una proposta che una parte (proponente) fa pervenire ad un’altra (oblato). L’oblato può accettare (conclusione del contratto), rifiutare (conclusione impedita) o trattare (l’oblato può controproporre, facendo pervenire al proponente una nuova proposta difforme in tutto o in parte dalla prima. La proposta e l’accettazione sono manifestate di regola mediante dichiarazione, scritta o orale. Solo eccezionalmente la volontà può essere manifestata mediante comportamento esecutivo. Proposta e accettazione non sono negozi unilaterali con propria autonomia, ma atti (in senso stretto) prenegoziali che si fondono dando vita ad un contratto. Non producono nessun tipo di effetto se non quando l’una dipende dall’altra. Proposta: dichiarazione recettizia nella quale sono presenti tutti gli elementi del contratto ed è emessa manifestando l’intenzione di obbligarsi. Il proponente è in posizione di vantaggio rispetto all’accettante non solo per l’immediata conoscenza del momento in cui il contratto si conclude e per il favore con cui la legge disciplina il suo potere di revoca, ma anche per quanto concerne la possibilità di imporre oneri temporali e formali all’oblato con riguardo all’accettazione. Non sai può però imporre all’oblato di non pronunciarsi prima di un dato termine, perché ciò contrasterebbe con l’effetto legale della proposta, che è quello di consentire all’oblato di aderire. Un termine iniziale può essere apposto al contratto ma non alla proposta. Accettazione: atto prenegoziale a carattere necessariamente recettizio. Tale dichiarazione deve essere per sua natura conforme alla proposta ma su un piano sostanziale e non meramente formale. Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta. L’accettazione, inoltre, deve essere definitiva. Se la forma è libera può anche accettarsi oralmente una proposta scritta. Una forma particolare può però essere imposta dal proponente: in tal caso si ritiene che l’inosservanza formale attribuisca all’accettazione il valore di proposta con la conseguenza che il proponente potrà a sua volta accettare, ma non considerare già concluso il contratto, con una sorta di rinunzia alla forma imposta. Il silenzio può valere come manifestazione tacita di volontà di accettare quando l’oblato, per legge, per patto, per consuetudine vigente o secondo il comune modo di agire ha il dovere di parlare e se ne astiene. Quanto al tempo, l’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello necessario per la natura dell’affare o secondo gli usi, anche individuali, perché non è lecito vincolarsi a tempo indeterminato. Del tutto irrilevante sarà il motivo del ritardo con cui l’accettazione perviene al proponente, così come irrilevante sarà la colpa dell’accettante o il caso fortuito o la forza maggiore. Il proponente, ricevuta un’accettazione tardiva, potrà ritenerla irrilevante ma potrà anche ritenerla efficace. In entrambi i casi e tenuto a darne immediatamente avviso all’accettante. La dichiarazione di rifiuto da parte dell’oblato impedisce una successiva accettazione facendo venire meno l’efficacia della proposta pur a prescindere da una sua revoca. Caducazione. Proposta e l’accettazione si caducano qualora il proponente o l’oblato muoiano o diventino legalmente incapaci prima della conclusione del contratto, salvo che esse siano fatte dall’imprenditore nell’esercizio della sua impresa. Conclusione. Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. Il contratto si conclude nel luogo in cui l’accettazione perviene e, nel caso di contratto concluso tra persone lontane, nel luogo fissato dal proponente o in quello ove egli si trova. Presunzione di conoscenza. Vi è una presunzione di conoscenza valida per tutte le dichiarazioni recettizie e quindi anche per la proposta, l’accettazione e la loro revoca, che si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Questa regola si pone in contrasto con quella che pretende la conoscenza , e con quella secondo cui l’efficacia degli atti unilaterali è subordinata alla conoscenza che il destinatario ne abbia. Il luogo della conclusione del contratto e, quello in cui si trova il proponente. Da questo punto di vista importanza assume l’indirizzo del destinatario, che in sostanza altro non è se non il luogo ove inviare la dichiarazione. Tale luogo può essere concordato dalle parti, fissato dallo stesso proponente o scelto con una certa larghezza dal dichiarante, purché in modo non arbitrario. Varrà come indirizzo la sede della persona giuridica o il domicilio o la residenza della persona fisica. anche l’indirizzo posto sulla carta intestata del dichiarante può, all’occorrenza, essere utilizzato. Revoca. La proposta e l’accettazione possono essere revocate fino a quando il contratto è concluso, quindi fino a quando al proponente è pervenuta l’accettazione. Una revoca parziale dell’accettazione vale controproposta. La revoca è atto non formale, nemmeno per relationem. La revoca dell’accettazione deve giungere a conoscenza del proponente prima dell’accettazione stessa, la proposta può invece essere revocata finché il contratto non si sia concluso. La revoca della proposta non deve giungere a conoscenza dell’accettante prima che l’accettazione pervenga a conoscenza del proponente, ma deve solo essere inviata prima di tale momento. Essa è atto indirizzato, ma non recettizio. Per quanto riguarda la revoca della proposta, vale la regola della spedizione e non quella della recezione, anche se la dichiarazione di revoca giunga poi all’oblato molto tempo dopo rispetto alla spedizione dell’accettazione o addirittura non pervenga mai, così ingenerando nell’accettante l’affidamento circa la conclusione dl contratto. L’unico limite a questa larga libertà di revoca è costituito dal fatto che la revoca deve essere espressa. Se l’accettante ha in buona fede intrapreso l’esecuzione del contratto prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto ad indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l’iniziata esecuzione. Si tratta di un caso di responsabilità da atto lecito ed infatti il legislatore non parla d obbligo di risarcimento del danno ma di indennità. Sono risarcibili solo le spese e le perdite verificatesi dopo il momento in cui l’accettante poteva ragionevolmente ritenere che il contratto si fosse concluso. La revoca della revoca è ammessa concordemente nel caso di accettazione, trattandosi di atto recettizio. Nel caso di proposta, invece, la soluzione dipende dalla costruzione che si prescelga: se la revoca è costruita come atto indirizzato, ma non recettizio, ne deriverà che producendo essa effetti immediati a prescindere dall’effettiva recezione non sarà suscettibile di essere, a sua volta, revocata. Nel caso contrario la revoca della revoca sarà efficace se perverrà all’accettante prima di quest’ultima, in tal modo lasciando in essere la proposta. 3. La proposta irrevocabile. Per evitare incertezze discendenti dalla possibilità di revoca, si prevede che se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto. In caso di proposta irrevocabile la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia. Si discute circa la natura di tale proposta. - da un lato si afferma che la proposta irrevocabile non è un atto prenegoziale ma un negozio unilaterale di carattere procedimentale, che attribuisce all’oblato il diritto potestativo di concludere il contratto, analogicamente all’opzione; - dall’altro si afferma invece che si avrebbe una duplice dichiarazione, perché a fianco della proposta ordinaria, di per sé revocabile, vi sarebbe una rinuncia al potere di revoca. La prima tesi appare preferibile perché l’altra ha difficoltà a spiegare come mai alla morte o alla sopravvenuta incapacità non consegue la caducazione della proposta irrevocabile. Il termine è fondamentale per questa proposta. In assenza di apposizione del termine si considera fissato in relazione alla natura dell’affare o dagli usi. In tal modo, però, si opera una certa commistione tra termine di efficacia e termine di irrevocabilità della proposta, che riguardano profili diversi. Il termine di irrevocabilità deve essere necessariamente fissato dal proponente, quello di efficacia, in difetto, è fissato dall’art. 1326 2° comma. 4. L’offerta al pubblico. È proposta l’offerta al pubblico. Questa non va confusa con la promessa al pubblico con la quale ha in comune solo l’indeterminatezza del destinatario. Nel caso di offerta si ha riguardo a comportamenti negoziabili, cioè a prestazioni in senso tecnico; il vincolo consegue solo ad un successivo atto di accettazione, mentre nel caso di promessa si è in presenza di un negozio unilaterale cosicché l’obbligazione nasce a prescindere dalla comunicazione. Più difficile sarà distinguere l’offerta dall’invito ad offrire. L’invito è contenuto nei prezziari, nei listini e in generale nei materiali pubblicitari e non è atto giuridico rilevante ma solo atto lecito nei limiti in cui non costituisca atto di concorrenza sleale o non violi diritti della personalità. Si tratta in sostanza di notizie portate all’attenzione del pubblico senza vincolo per le parti e senza possibilità di un’accettazione. Chi risponde all’invito, non accetta, ma propone la conclusione di un contratto. In linea di massima, l’offerta, a differenza dell’invito, deve contenere gli elementi necessari per la conclusione del contratto ed è invito se prevede il gradimento in ordine alla persona che risponde, come nel caso di contratti intuitus personae. In ipotesi di offerta al pubblico per la conclusione di un numero di limitato di contratti, qualora sopravvenga un numero esuberante di accettazioni si applica il criterio temporale. Se c’è contemporaneità o ci si oriente verso un’attribuzione pro-quota in ipotesi di divisibilità o si ipotizza la costituzione di un diritto in comune. La revoca dell’offerta, se è fatta nella stessa forma dell’offerta o in forma equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia. l’offerta deve essere esternata e dunque resa conoscibile. Per lo stesso motivo andrà esternata e debitamente pubblicizzata la revoca, nelle stesse forme. Trattasi pertanto di forma per relationem. La revoca può anche derivare da fatti concludenti. Secondo la giurisprudenza, la prenotazione, ad esempio di una stanza di albergo, varrebbe accettazione di un’offerta al pubblico dell’albergatore e concluderebbe il contratto alberghiero, sottoposto alla condizione sospensiva della disponibilità della stanza, con obbligo dell’albergatore di confermare o comunicare l’indisponibilità, cosicché la revoca della prenotazione obbligherebbe il cliente a risarcire il danno se la stanza non è poi altrimenti utilizzata. La prenotazione, se accordata, crea un vincolo unilaterale per l’albergatore, contrattuale o precontrattuale, a seconda dei possibili punti di vista. Se il cliente paga una somma al momento della prenotazione, essa può, secondo la prima tesi, valere come caparra, confirmatoria o penitenziale; secondo l’altra, vale come corrispettivo dell’opzione, eventualmente da imputare a prezzo, o come parziale anticipazione del prezzo stesso, essendo viceversa incompatibile con la proposta irrevocabile. 5. Il contratto plurilaterale. Qualora le parti del contratto siano più di due, il contratto si qualifica plurilaterale e si conclude con l’incontro dei consensi di tutte le parti interessate. L’interesse va valutato oggettivamente in punto di partecipazione essenziale. Il contratto plurilaterale si configura ogniqualvolta è ravvisabile una pluralità di interessi diversi e contrapposti che confluiscono però verso il conseguimento di uno scopo comune (contratti associativi), intesa la comunione di scopo come unicità del risultato giuridico o vantaggio comune derivante dalle prestazioni delle singole parti contraenti, ma si discute se tale ipotesi sia anche l’unica possibile. Secondo taluni, sussiste un contratto plurilaterale pur quando non è ravvisabile comunione di scopo o quando sia le legge a fissare il numero delle parti. Sul piano tecnico il problema è quello di stabilire, da un lato, quali tra le norme dettate in materia di contenuto del contratto bilaterale risultino compatibili con lo schema della plurilateralità e, dall’altro, se e come possano trovare applicazione altre norme, che attengono alla struttura stessa del contratto. In particolare il problema esiste per quanto riguarda la conclusione. Deve dunque distinguersi il contratto plurilaterale in cui le prestazioni di ciascuna parte sono dirette al conseguimento di un scopo comune dai contratti plurilaterali che esauriscono in sé lo scopo dei contraenti, come nel caso di contratto di divisione. Sul piano della funzione questi ultimi contratti pretendono sempre la partecipazione di tutti gli interessati. Al contrario, in caso di contratti associativi è possibile che si pervenga alla conclusione pur se ne resti esclusa una parte che alle trattative aveva partecipato. La parte che ha accettato non deve porre impedimenti alla formazione del contratto plurilaterale. Può discutersi se ciò comporti limitazioni al potere di revoca. Certamente la revoca è possibile se perviene al proponente prima dell’accettazione, ma il punto è di accertare se essa possa pervenire fino a quando il contratto è concluso, fino a quando, cioè, gli oblati la cui partecipazione è essenziale hanno a loro volta comunicato al proponente la propria accettazione. Nel caso di contratto plurilaterale sussiste un ulteriore lasso di tempo tra recezione della prima accettazione e conclusione del contratto a seguito della recezione delle altre, in pendenza del quale l’accettazione potrebbe essere revocata. Quanto alla necessità che tutte le parti vengano a conoscenza dell’accettazione operata dalle altre, il problema si pone comunque e non solo nel caso di partecipazione essenziale, perché sembra necessario, in termini giuridici, che ciascuna parte conosca chi sono le altre parti con cui il contratto è concluso. L’accettazione deve essere notificata personalmente dall’interessato ma può essere portata a conoscenza degli altri oblati da uno di costoro, a cui l’accettazione sia stata indirizzata. Proponente ed oblato che ha accettato potrebbero revocare solo raggiungendo un accordo tra di loro per poi notificarlo agli altri oblati. 6. Il contratto aperto. Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono determinate le modalità di adesione, questa deve essere diretta all’organo che sia stato costituito per l’attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari. Così l’art. 1332 regola i contratti aperti, cui appartengono necessariamente i contratti a carattere associativo. Non sempre è possibile concludere in tal modo i contratti scambio. I contratti per adesione nascono quando una parte accetta in toto un regolamento predisposto dall’altra. Il fenomeno dell’adesione nella ha a che vedere con la formazione progressiva del contratto plurilaterale, che si verifica quanto tale contratto non è ancora concluso. Nel caso di adesione, un contratto è già nato e ad esso la parte dichiara di voler aderire. La clausola di adesione è apposta ad un contratto già plurilaterale o inizialmente bilaterale il quale, in seguito all’adesione, diviene plurilaterale, senza necessità che intervenga un nuovo procedimento di formazione tra le parti del contratto già nato, da un lato, e quella che intende aderirvi, dall’altro. Il contratto bilaterale, una volta manifestatasi l’adesione è disciplinato dalle norme sul contratto plurilaterale. L’adesione è una proposta, se la clausola del contratto prevede il potere dell’organo o dei contraenti originari di rifiutarla. Altrimenti, si parla in dottrina di accettazione di un’offerta al pubblico, ma, di per sé, la clausola di apertura non è diretta ai terzi, né permetterebbe di parlare di contratto a favore del terzo. Né il terzo potrebbe diventare parte in virtù dei principi costituzionali che tutelano l’individuo nell’ambito dei gruppi associativi. La causola assegna invece valore costitutivo di nuovo vincolo all’adesione. In tal senso può parlarsi di atto formativo post-negoziale, in ogni caso a carattere recettizio. Secondo altra impostazione vi sarebbe invece autonomo negozio unilaterale perché la clausola di adesione inserita nel contratto non diviene inefficace in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di uno dei contraenti originari e quindi non può essere considerata alla stregua di una proposta, che in tali casi si caduca. La clausola di adesione non ha natura recettizia e non deve essere portata a conoscenza della generalità o di singoli soggetti nemmeno l’eventuale sua revoca da parte dei contraenti originari. In senso contrario può osservarsi che in tal modo si verrebbe a scomporre in una molteplicità di negozi collegati l’unicità del contratto plurilaterale, che risulterebbe così in configurabile. 7. La conclusione mediante inizio di esecuzione. Nei soli casi in cui, su richiesta proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione, purché successiva e conforme alla proposta, con pronto avviso, pena, in difetto, l’obbligo di risarcire il danno arrecato al proponente. Parte della dottrina parla, con riguardo all’atto con cui si inizia l’esecuzione, di negozio di attuazione; altra parte osserva che la mera esecuzione non può da sola integrare gli estremi di una fattispecie negoziale, e sottolinea come si sia in presenza di un’accettazione per comportamento concludente o tacita e dunque eccezionalmente non recettizia; altra dottrina parla di operazione non partecipativa; infine, si teorizza l’esistenza di un comportamento legalmente tipico. In ogni caso vi è concordanza nel ritenere rilevante la volontà di chi esegue, cosicché costui potrà dimostrare l’assenza dell’intenzione di concludere il contratto nel caso di negozio di attuazione mentre nel caso di accettazione per comportamento concludente non si ravvisa nessuna diversità di disciplina, quanto alla tutela della volontà, rispetto alle regole generali. Una diversità certa ed indiscussa è quella che concerne la forma. Non è concepibile un’equiparazione tra esecuzione e dichiarazione, cosicché l’art. 1327 sarà applicabile solo in caso di contratti che non richiedono la forma scritta ad substantiam. Il proponente rinunzia alla preventiva notifica di accettazione al fine di permettere un più celere adempimento della prestazione da parte dell’oblato. L’inizio dell’esecuzione deve avere una rilevanza esterna e quindi un significato concludente nel senso di dare luogo ad un comportamento non equivoco. Fino a quando l’esecuzione resta nella sfera di disponibilità dell’oblato non può dirsi che il contratto si sia concluso perché è dubbio se l’atteggiamento tenuto da costui sia destinato a produrre effetti per sé o per il proponente o per un terzo. Si può discutere se la proposta sia irrevocabile in assoluto o solo dopo l’inizio dell’esecuzione, pur se nella sfera dell’oblato, come è preferibile, se si ritiene che la revoca, concludendosi il contratto presso l’oblato, al quale spetterebbe di decidere se avvalersi o meno, pervenuta la revoca, dell’inizio di esecuzione, ciò che, viceversa, non potrebbe fare il proponente. Ci si chiede se sia possibile una protestatio, cioè una dichiarazione con cui l’oblato manifesta di non voler ricollegare a quel dato comportamento che si configura oggettivamente come inizio di esecuzione il valore di conclusione del contratto. La risposta è positiva per chi ravvisa in tale comportamento un negozio di attuazione o comunque una manifestazione di volontà con valore negoziale. Il proponente è in una posizione di sicurezza perché il contratto si conclude quando egli viene a conoscenza dell’accettazione, laddove l’accettante rischierà di iniziare un’esecuzione intempestiva se la revoca della proposta è partita prima dell’arrivo dell’accettazione e perviene all’accettante dopo che l’esecuzione stessa è iniziata. Nel caso di conclusione mediante inizio di esecuzione non è invece l’accettante a dover essere tutelato quanto piuttosto il proponente, il quale ignora che il contratto si è concluso. Tale tutela è, in verità, assai incidente perché l’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto non al pagamento di un’indennità ma al risarcimento del danno. Si tratto di un preciso obbligo di legge che si riallaccia al più generale principio di correttezza e di buona fede. 8. I rapporti contrattuali di fatto. Talvolta si assiste ad una prestazione eseguita da un soggetto in favore di un altro senza che vi sia stata proposta. Si parla da taluni, al riguardo, di contratto di fatto o contratto irregolare, ma in realtà la stessa natura contrattuale di queste vicende è oggetto di discussione. Non a caso, del resto, più attendibilmente si preferisce utilizzare l’espressione rapporti contrattuali di fatto, a sottolineare che la vicenda si realizza ed è rilevante a prescindere dall’esistenza di un atto formale. La dottrina specialmente tedesca, ha tipizzato tra possibili circostanze in cui detta vicenda da fatto potrebbe realizzarsi: a) Rapporti derivanti da un contratto sociale, che pone in relazione due o più consociati. In tal caso all’ingerenza all’altrui sfera giuridica deve far riscontro la nascita di un vincolo che va al di là del semplice dovere di neminem leadere , dovendosi collaborare al fine di realizzare le aspettative ingenerate nella controporte dall’avvenuta ingerenza, con applicazione della disciplina contrattuale. In questo contesto si inserisce il problema delle trattative, risolto positivamente con l’obbligo del comportamento di buona fede e pertanto dovrebbe, secondo taluni, dar vita, in caso di violazione, ad una responsabilità contrattuale e non extracontrattuale. b) Rapporti derivanti dall’inserzione in un’organizzazione comunitaria. c) Rapporti derivanti da obblighi di prestazioni ricollegati all’esistenza di un’offerta a tutti i cittadini di servizi di interesse generale (trasporto ferroviario o tranviario). In tal caso il pagamento del prezzo discenderebbe dalla legge o, più di frequente, da un regolamento amministrativo e non potrebbe così considerarsi come controprestazione del servizio, di cui, quindi, l’utente godrebbe unilateralmente. Nel caso di contratto di lavoro nullo è sempre ravvisabile all’origine, uno schema di consenso, il quale, tuttavia, rimane giuridicamente irrilevante per la nullità che colpisce l’atto. Si comprende allora come la dottrina operi tentativi in varie direzioni, volti a recuperare in qualche modo l’atto nullo, sia pure inteso come mero fatto storico che entra a far parte di una fattispecie complessa insieme al comportamento esecutivo. Da tale fattispecie complessa deriverebbero poi effetti analoghi a quelli che discendono dall’atto valido. In altra prospettiva invece l’atto nullo è sanato in seguito all’esecuzione e nei limiti in cui l’esecuzione stessa duri nel tempo. Per la società di persone invalida, non potendosi superare in toto il presupposto contrattuale, potrebbe parlarsi solo di parziale fattispecie societaria, ove vi sia state effettiva realizzazione dell’attività societaria stessa. Al di fuori di queste ipotesi, in cui si è in presenza di uno scambio di dichiarazioni socialmente rilevante che si ricollega allo schema bilaterale intersoggettivo tipicamente contrattuale, balza in primo piano non l’atto ma il rapporto nella sua qualificazione sociale, prima ancora che giuridica. In varie circostanze può osservarsi che l’ordinamento prende in considerazione direttamente il rapporto con una disciplina che può anche essere indipendente dalla disciplina di un correlato atto, nel senso che può crearsi un rapporto che determina effetti corrispondenti a quelli contrattuali pur in assenza di accordo, con conseguenze svalutazione dello strumento contrattuale. Esso infatti può risultare indifferente e quindi assente, pur quando si tratti di regolamentare operazioni economiche che la legge gli riserva in linea di principio, come nel caso di vendita di beni. 9. Il contratto con obbligazioni del solo proponente. La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso. Il principio della relatività e del valore inter partes della regola negoziale è un principio non assoluto ma relativo, nel senso che il legislatore può derogarvi ed ha dimostrato di volervi derogare quando il terzo vede incrementato il proprio patrimonio, sempre che gli sia consentito di sottrarsi a tale attribuzione incrementativa. La proposta è irrevocabile ex lege non appena pervenu8ta a conoscenza dell’oblato. In tal modo si priva il proponente del potere di revoca. In secondo luogo la legge non prevede un termine di efficacia della proposta mentre esso è sempre necessario in caso di irrevocabilità non potendo il proponente restare vincolato a tempo indeterminato. Si pone un termine al potere di rifiuto. Trascorso invano tale termine il contratto si intende concluso cosicché il proponente conoscerà tempestivamente la sorte della propria proposta. L’atto di accettazione finirebbe così per identificarsi con un mero comportamento di astensione, in tal modo facendosi eccezione alla regola secondo cui l’accettazione si ricollega pur sempre ad un comportamento commissivo. La norme prevede un potere di rifiuto che non avrebbe senso alcuno se la proposta fosse davvero una comune proposta contrattuale, perché nessun effetto si sarebbe ancora prodotto. Non può infatti rifiutarsi se non una situazione sostantiva che ha già prodotto i propri effetti. È necessario distinguere - Rinunzia: La rinunzia è un negozio unilaterale che si caratterizza per il fatto di ridurre un effetto abdicativo: la rinunzia traslativa è un negozio bilaterale di attribuzione e cioè un contratto. La rinunzia al diritto di proprietà o ad un diritto reale su cosa altrui non incrementa l’altrui patrimonio ma depaupera solo quello del rinunziante. - rifiuto Il rifiuto non consuma in nessun caso il diritto, che ritorna nel patrimonio del dichiarante o perviene nel patrimonio di un terzo. Deve poi distinguersi tra - rifiuto impeditivo: il soggetto impedisce un acquisto al proprio patrimonio; - rifiuto eliminativo: il soggetto rimuove con effetto retroattivo effetti che si sono già prodotti ma non si sono ancora stabilizzati. L’effetto tipico del negozio unilaterale del rifiuto è quello eliminativo che presuppone una situazione sostantiva, cioè già operante. Secondo una certa tesi, la proposta è un negozio unilaterale recettizio, come tale pienamente efficace non appena giunto a conoscenza dell’oblato e per questo irrevocabile. L’opposta tesi vede invece nella fattispecie un modo di formazione del contratto. Il mancato rifiuto sarebbe un contegno omissivo con significato predeterminato di accettazione o sarebbe un’accettazione presunta o tacita, con una fictio iuris che non può essere accolta. Lo schema della proposta-accettazione è uno dei molteplici modi di conclusione del contratto. Nel caso si specie si sarebbe in presenza di un contratto a formazione unilaterale, sul piano della unilateralità della formazione si è in presenza di un negozio unilaterale. Produzione di effetti della proposta. Nel caso di negozio unilaterale l’effetto si produce nel momento in cui l’oblato ne viene a conoscenza, mentre secondo l’impostazione contrattualistica l’effetto si produce solo al momento in cui il contratto si perfeziona presso l’accettante e cioè con il trascorrere del tempo utile all’esercizio del potere di rifiuto. Se il comportamento omissivo deve essere valutato alla stregua di un’accettazione saranno applicabili le regole sulla capacità, sui vizi del consenso, sulla rilevanza dell’intento, con possibile protestatio. Qualora si qualifichi la fattispecie in termini di negozio unilaterale la non intenzionalità del contegno da parte dell’oblato non osterebbe al mancato rifiuto e quindi alla definitività del vincolo. Il non rifiuto non varrebbe accettazione e quindi, non assumerebbe alcun valore, irrilevante restando la volontarietà. La qualificazione della fattispecie in termini di unilateralità o bilateralità è decisiva anche con riguardo alla forma. Nel 1° caso, la proposta può aver riguardo anche ad effetti giuridici che si possono produrre solo in presenza di un atto scritto, solo che tale forma sia osservata dalla proposta stessa. Se la fattispecie è contrattuale, il problema si complica perché coloro i quali, in sostanza, parlano di accettazione o di dichiarazione tacita non possono poi ammettere l’esistenza di una dichiarazione o di un’accettazione non formale quando la forma scritta è pretesa dalla legge o lo stesso vale per il contegno legalmente tipico, che vale accettazione. Diversamente è a dirsi per chi, nell’ambito della contrattualità parla di contratto a formazione unilaterale, perché allora il profilo formale finisce per riassumersi nella sola proposta, viene cioè riferito alla sola attività del proponente. L’art. 1333 si applica quando si ha unicità di prestazione, per esempio gratuità del mandato senza rappresentanza, accollo, espromissione ecc… 10. Contratto consensuale e contratto reale. Il contratto, di regola, è consensuale; l’accordo va a produrre gli effetti voluti dalla parti. Con il consenso si dà vita a: - contratti obbligatori: sono quelli che creano obbligazioni, pongono cioè a carico delle parti l’obbligo di eseguire una prestazione; - contratti traslativi: sono quelli che hanno come effetto il trasferimento della proprietà, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale o il trasferimento di altro diritto. Il nostro ordinamento accoglie in materia di trasferimento di diritti reali il principio del consenso traslativo. Il diritto romani prevedeva la necessità della consegna della cosa ai fini del trasferimento della proprietà cosicché si distingueva il titulus adquirendi (accordo tra le parti) dal modus adquirendi (consegna). Questo formalismo si mantenne nel diritto comune, quando si cominciò, nella pratica commerciale a sostituire la preventiva o contestuale consegna del bene con una clausola di spossessamento del tipo costituto possessorio. Nel nostro ordinamento, il principio del consenso traslativo non vige integralmente. In caso di conflitto tra più aventi causa dallo stesso autore, non vale il principio prior in tempore potior in iure, ma quello della priorità del possesso di buona fede del bene, se mobile e della priorità della trascrizione del titolo, in caso di trasferimenti immobiliari. Il consenso è alla base di qualsiasi contratto. Non c’è dunque contratto senza accordo. Secondo la giurisprudenza e la dottrina dominante, taluni contratti tipici non si concludono se all’accordo non segue la consegna, la quale diviene così elemento strutturale, sul piano della formazione e non dell’esecuzione del contratto. Si parla al riguardo di contratti reali. Questa categoria, come del resto quella dei contratti consensuali, abbraccia sia contratti obbligatori (deposito, comodato) sia contratti traslativi (riporto, mutuo). È possibile concludere un contratto preliminare di contratto reale. L’inadempimento del contratto darebbe vita solo all’obbligo di risarcire il danno. La consegna, nel contratto reale, si ritrova nella particolare rilevanza, sul piano sociale, della datio con conseguente spossessamento. Là dove il contratto reale è gratuito per volontà della legge o delle parti la semplice promessa si ritiene non sia sorretta da adeguata giustificazione causale. 11. Autonomia privata e conclusione del contratto. Si discute se i privati possano interferire nei meccanismi normativi, variando i procedimenti di formazione del contratto. Solo ove si dimostri l’inderogabilità di una norma, il generale potere dei privati di disciplinare liberamente i propri interessi, deve cedere. Si ammette da taluni il potere dei privati di raggiungere un accordo in ordine al modo in cui dovrebbero concludersi tra di loro gli eventuali futuri contratti, ferma restando la libertà di contrarre. Si parla al riguardo di negozi o accordi configurativi, i quali esprimono bensì una irretrattabilità di giudizio, ma non sono dispositivi sul piano degli effetti patrimoniali sostanziali e quindi non sono contratti ai sensi dell’art. 1321. 12. Il contratto a distanza. È possibile che i contratti tra professionista e consumatore possano essere stipulati anche con tecniche di comunicazione a distanza. Al riguardo vi sono norme inderogabili che attribuiscono al consumatore alcuni diritti: a) diritto di ricevere dal fornitore in tempo utile e per iscritto complete informazioni sui termini soggettivi e oggettivi del contratti prima della sua conclusione; b) diritto di recesso dal contratto con comunicazione scritta entro dieci giorni, variamente decorrenti e salvo talune eccezioni; c) esecuzione del contratto entro trenta giorni successivi a quello in cui il consumatore ha trasmesso l’ordine al fornitore, salvo indisponibilità del bene o del servizio richiesto, tempestivamente comunicata; d) divieto di fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione, qualora la fornitura comporti una richiesta di pagamento, non valendo comunque consenso la mancata risposta. Questa disciplina non si applica ai contratti: - relativi a servizi finanziari; - conclusi tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati; - conclusi con gli operatori delle telecomunicazioni, impiegando telefoni pubblici; - relativi alla costituzione o alla vendita o ad altri diritti relativi a beni immobili, con esclusione della locazione; - conclusi in occasione di una vendita alll’asta.