Sogni,
favole, storie
Seminario su
Giordano Bruno
Introduzione di
Michele Ciliberto
a cura di
Diego Pirillo e Olivia Catanorchi
Indice
Introduzione
Michele Ciliberto
vii
Prima parte. Sullo Spaccio de la bestia trionfante
1
Lo Spaccio a Londra: dalla corte al palcoscenico
Rosanna Camerlingo 3
Il ‘luogo del Sole’. Filosofia, legge e allegoria nello Spaccio
Saverio Ricci «Gli numerati et ordinati semi». Schemi e suggestioni
mnemotecniche nello Spaccio
Marco Matteoli
19
49
Lo Spaccio e il Momus
Olivia Catanorchi Coincidenza degli opposti e quadratura del cerchio:
il Cusano nello Spaccio
Rita Sturlese 103
L’«antiqua Consuetudine di vivere...».
Commento a un luogo machiavelliano dello Spaccio
Alfonso Musci 141
Bruno e la Riforma protestante. Un confronto tra
lo Spaccio e testi di Lutero, Calvino e Melantone
Sara Miglietti 157
La favola di Deucalione
Federico D’Onofrio 227
71
Tirannide e tirannicidio nello Spaccio:
Bruno tra George Buchanan e Alberico Gentili
Diego Pirillo 249
Lo Spaccio nel processo a Giordano Bruno
Lucia Boschetti 281
Seconda Parte. La ‘nolana filosofia’: fonti e concetti
309
Bruno, Seripando e l’Arrii error. Considerazioni
sulle origini dell’antitrinitarismo bruniano
negli anni di San Domenico Maggiore
David Ragazzoni 311
La posizione sulla Trinità e la riflessione metafisica di Bruno
Elisa Fantechi 387
«Tres domos habet divina sapientia». Note sull’utilizzo
degli scritti sapienziali biblici in Bruno
Emanuele Bordello 407
«Spiritus intus alit». Fortuna di un adagio virgiliano
Biagio Santorelli 429
«Nemici et impazienti di poliarchia». Riflessioni sul rapporto
tra Bruno e Shelomon Ibn Gabirol
Pasquale Terracciano 447
Immagini della pace nei dialoghi italiani
Simonetta Bassi 473
La poetica degli Eroici furori
Alberto L. Siani 489
Dalla legge al vincolo. Sul concetto di prudenza
nel pensiero di Bruno
Giulia Oskian 513
VII Introduzione
Virtù, fortuna, potenza: osservazioni sulle due redazioni
del foglio D de La cena de le Ceneri di Bruno
Nicoletta Tirinnanzi 541
Il cancellans da Bruno a Manzoni:
fisionomia e fisiologia di una cosmesi libraria
Neil Harris 567
Terza Parte. Momenti della fortuna di Bruno
603
Note sull’articolo Bruno del Dictionnaire di Bayle (1697-1702)
Lorenzo Steardo 605
Bruno ‘eroe della ragione pensante’. La fortuna della
‘nolana filosofia’ nelle Lezioni di storia della filosofia di Hegel
Elisa Magrì 635
Giovanni Gentile interprete di Bruno
Stefano Volpato 673
Illustrazioni
697
«Gli numerati et ordinati semi».
Schemi e suggestioni mnemotecniche
nello Spaccio
Premessa
L’arte della memoria pervade l’intera vita e opera intellettuale di
Bruno. Dagli anni della formazione come domenicano, fino ai giorni
della sua tragica fine, essa costituisce qualcosa di più di una semplice tecnica per memorizzare discorsi e testi: nutrendosi di elementi
enciclopedici, delle tecniche argomentative di Raimondo Lullo e di
artifici retorico-dialettici, essa viene riletta come un metodo e supporto fondamentale per l’attività del sapiente. Come tale la riflessione di Bruno sulla mnemotecnica corre parallela alla più complessa e
ampia problematica della riforma del metodo nell’età umanistica e
rinascimentale: dalla critica della sterilità della dialettica scolastica
inaugurata da Lorenzo Valla, passando per le ‘riforme’ di Agricola,
Melantone e Ramo, fino alle riflessioni seicentesche sui ‘linguaggi
universali’ di autori come Alsted o Leibniz, si assiste, tra i secoli XV
e XVII, ad un vasto e multiforme movimento culturale fondato sulla
comune consapevolezza che il ‘nuovo’ mondo dell’età moderna, necessiti anche, e soprattutto, di un nuovo metodo per interpretare e
condividere il sapere.
In questa ottica si pone anche Giordano Bruno, con la sua ‘nolana
filosofia’, pensata per risvegliare le menti dal lungo sonno della teologia cristiana: questa, che ha fatto dell’aristotelismo scolastico il centro
della sua visione, ha contribuito a sradicare profondamente l’uomo dal
suo originario rapporto con la natura, fondando sul Verbo il primato
della dimensione umana sopra ogni altro ente. Secondo Bruno, invece, il ‘mondo logico’ – cioè la mente dell’uomo e le sue facoltà – non
occupa il grado intermedio tra Dio e le sue creature, ma è esso stesso
parte e risultato dell’attività creatrice della natura e ne costituisce,
addirittura, il grado finale e conclusivo, all’interno di un processo di
attuazione e realizzazione del principio divino che va dall’Uno alla natura universale e, infine, alla frammentaria molteplicità dei possibili. I
pensieri e gli atti umani sono dunque l’estremo esito di un’attività pro-
50 Marco Matteoli
duttrice che si manifesta sotto forma di ‘simulacro’ negli enti naturali e
in ‘ombra’ – ovvero proiezione di proiezioni – nel pensiero dell’uomo.
Questo ‘decadere’ dell’unità divina, pur riconoscendo il progressivo
disperdersi della verità nell’attualità, non condanna gli uomini ad una
perdita totale del vero, ma consegna loro – grazie all’intuizione che un
elemento sostanziale di analogia, connessione e unificazione è sotteso
a tutta l’infinita creazione – frammenti di una verità simbolica e parziale. L’arte della memoria di Bruno nasce quindi dalla conseguente
consapevolezza che, se si vuole risanare e rinsaldare la frammentarietà
del molteplice, sono la visualità e l’esperienza sensibile a costituire il
canale unico e privilegiato di accesso alla verità, soprattutto se intensamente rivolte alla natura, che va colta e vagliata nella costruzione di
una rete unitaria di molteplici esperienze logico-percettive. L’aspetto
visivo è talmente originario e importante nella speculazione di Giordano Bruno da caratterizzare non solo il metodo mnemonico, ma l’intera opera e lo stile di scrittura di questo pensatore: nella forma del dialogo, per citare uno degli esempi più eclatanti, si assiste ad una vivida
drammaturgia in cui l’intrecciarsi di discorso filosofico, ossessione per i
dettagli, aggettivazione barocca e ripetuti elenchi di esempi e metafore, contribuisce a tessere un quadro dell’esperienza umana così realistico da portare quasi agli eccessi il tradizionale precetto aristotelico che
l’arte debba imitare la natura1. La scrittura stessa e il pensiero di Bruno
divengono pertanto la realizzazione intellettuale di quel principio di
produzione naturale che ha, nell’infinita produzione di molteplici e
multiformi atti, il suo primo e fondamentale principio direttivo.
1. La morale come problema filosofico: le ‘favole’ del Cantus Circaeus e
dello Spaccio de la bestia trionfante
Il dialogo dello Spaccio de la bestia trionfante si apre, a differenza
della maggior parte delle opere di Bruno2, con una lettera ‘esplicato-
Sull’influenza della filosofia di Bruno sul suo stile letterario hanno riflettuto M.
Ciliberto, N. Tirinnanzi, Il dialogo recitato. Per una nuova edizione del Bruno volgare,
Firenze 2002. Inoltre, sul rapporto tra arte e natura, si vedano R. Sturlese, Arte della
natura ed arte della memoria in Giordano Bruno, in «Rinascimento», s. II, XL, 2000,
pp. 123-142, e M.P. Ellero, Lo specchio della fantasia: retorica, magia e scrittura in
Giordano Bruno, Lucca 2005, pp. 9-24.
2
A parte le molteplici introduzioni del Candelaio (dedica, argomento, prologo,
1
51 «Gli numerati et ordinati semi»
ria’, lemma che è assai significativo nella mnemotecnica bruniana3
e che rivela l’intenzione dell’autore di spiegare in queste pagine, più
che i contenuti, la funzione del testo che seguirà. Questa sezione si
configura, dunque, come una specie di ‘altro’ libro interno e parallelo
ai tre dialoghi dello Spaccio: infatti, più che essere al servizio del testo
– secondo l’uso umanista di far precedere le opere da brevi e schematici riassunti di esse – l’introduzione sta, con il resto del testo, in un
rapporto speculare in cui la prima è una sorta di ‘mappa’ del secondo.
Se nello Spaccio Bruno presenta «gli numerati et ordinati semi» della
sua filosofia morale, affinché il lettore «essamine, considere e giudichi»4, ovvero abbia di fronte a sé un vademecum delle virtù morali,
nella Epistola esplicatoria questa intenzione è resa ancora più esplicita
grazie ad una successione di immagini e scene molto più schematica
che sottolinea la struttura essenziale del testo. Dall’introduzione e
dal testo emerge infatti, una funzione ‘mnemonica’, ma questa è declinata in due diverse accezioni: mentre i tre dialoghi dello Spaccio
antiprologo, bidello), le opere italiane di Bruno si aprono, il più delle volte, con una
‘proemiale epistola’ o ‘argomento’, dunque in un modo abbastanza convenzionale, e
l’unica opera che fa eccezione, presentando una ‘epistola esplicatoria’, è proprio lo
Spaccio. Né, tanto meno, la Cabala del cavallo pegaseo, che a questo è strettamente
legata, offre un’introduzione che si allontana molto da quelle usuali, affiancando ad
una ‘epistola dedicatoria’ una ‘declamazione’ rivolta ai lettori (un’attenta riflessione
sul valore etico-religioso di questo scritto – e dunque come ulteriore approfondimento dei temi dello Spaccio – è stata recentemente compiuta in F. Meroi, Cabala parva.
La filosofia di Giordano Bruno fra tradizione cristiana e pensiero moderno, prefazione di
M. Ciliberto, Roma 2006). Tra gli scritti latini, quasi sempre introdotti da una lettera
al dedicatario dell’opera, fa eccezione solo il De innumerabilibus, immenso et infigurabili, che assieme alla dedica porta, nel titolo di questa, il termine clavis, alludendo,
forse, ad una funzione esplicativa dell’introduzione.
3
Il termine explicatio ricorre nel titolo della parte centrale di Ars reminiscendi, Triginta sigilli et triginta sigillorum explicatio, Sigillus Sigillorum (Londra 1583), indicando
al lettore l’intenzione di ‘aprire’ i trenta espedienti lì presentati: «Omni verborum
superstitiosa cura abacta, tibi a nobis ut agglomeratum implicitumque filum evolventibus et enodantibus, velutique occultam complicatamque telam educentibus et
explicantibus, triginta, quos ordinavimus, sigilli aperiuntur» (Explicatio triginta sigillorum, p. 121). Anche le ‘arti brevi’ poste alla fine del De umbris idearum sono corredate
di una artis explicatio, in cui si spiega il significato dei vari enigmi poetici, ovvero delle
praxeis mnemotecniche ivi presentate (cfr. De umbris idearum, pp. 356-379).
4
Spaccio, p. 462.
52 Marco Matteoli
costituiscono una ‘favola’ che ci pone di fronte – oltre ad un’ampia
riflessione sulla società – la rappresentazione della riforma del cielo
della nostra interiorità, l’Epistola esplicatoria è lo schema che, nella
sua più rigida scansione, ci aiuta a ricordare – per luoghi e immagini
– il testo che seguirà. Se dunque lo Spaccio è la ‘memoria’ e la metafora della riformata moralità e, di conseguenza, della società, l’introduzione è una sorta di sintetica e breve praxis5 proposta per insegnarci a
memorizzare questo percorso.
Il ‘numerare’ e l’‘ordinare’ sono tra le caratteristiche e gli scopi
principali della mnemotecnica bruniana e sono ottenuti grazie ad
una rigorosa strutturazione dei luoghi mnemonici; analogamente,
anche il ricorso ad una complessa rappresentazione figurativa, quale la messa in scena del banchetto degli dei, indica che ci troviamo
di fronte ad un sistema di informazioni che devono essere assimilate
intimamente, per farne una conoscenza acquisita e depositata nell’interiorità. I quadri della rivoluzione celeste proposta da Giove e
sostenuta dall’intero consiglio degli dei, nel loro costituire un teatro
dei vizi e delle virtù umane, assecondano una forma espositiva che è
tipica dello stile creativo e narrativo di Bruno, soprattutto quando
si tratta di contenuti ‘morali’, che investono cioè la sfera dei valori individuali e che devono essere pensati ed elaborati in maniera
personale. In una maniera molto simile, nel Cantus Circaeus, che è
espressamente mnemotecnico, la seconda metà della prima parte è
dedicata proprio a mettere in scena un colorito bestiario che descrive
la fauna delle vittime della maga Circe, rappresentando attraverso di
esso gli aspetti morali della variopinta umanità che Bruno incontrò
alla corte e nelle accademie di Francia. Anche in questo caso, come
nello Spaccio, i vizi e le virtù divengono raffigurazioni simboliche distribuite all’interno di una suggestiva scenografia che segue un ordine
che non è meramente sequenziale, ma asseconda uno schema ben
preciso e assolve una specifica funzione mnemonica. Se, nel Cantus,
l’elenco degli effetti dell’incantesimo di Circe costituisce un utile
Il termine praxis è usato da Bruno per indicare delle specifiche tecniche per svolgere alcune funzioni mnemotecniche o combinatorie. Sono praxeis, ad esempio, gli
espedienti delle tre e cinque ‘ruote’ del De umbris idearum (pp. 222 sgg. e 250 sgg.).
Nella nolana filosofia, gli aspetti operativi e pratici – il cui culmine è costituito dall’arte magica – rappresentano il modo migliore per garantire e ribadire la continuità
dell’azione produttiva naturale entro la dimensione umana.
5
53 «Gli numerati et ordinati semi»
esercizio per apprendere l’atteggiamento schematico che sta al fondo
delle tecniche mnemoniche di Bruno, nel caso dell’introduzione dello Spaccio, invece, questa struttura iniziale viene esplicata nella forma
narrativa del testo ‘vero e proprio’, riempiendosi di ulteriori elementi
concettuali, lunghe digressioni di carattere filosofico, politico o storico, rendendo meno rigida l’elencazione e più ‘vicissitudinale’ il ritmo
e l’alternarsi delle varie virtù.
Le analogie tra lo Spaccio e il Cantus Circaeus non si limitano, tuttavia, solo alla forma della loro esposizione, ma chiamano in causa le
ragioni stesse alla base dei due testi: la grande metafora che pervade
entrambi, infatti, è profondamente filosofica ed è centrata sull’idea
di restituire alle cose e ai tipi umani l’aspetto che più aderisce alla
loro realtà essenziale. Così come l’incantesimo di Circe serve a restituire il vero aspetto naturale alle tante bestie che si nascondevano
sotto le sembianze umane, anche nello Spaccio l’autore, attraverso
la rivoluzione di Giove che riconsegna alle costellazioni dello zodiaco la dignità che loro spetta nella machina mundana, parte proprio
dall’istanza metodologica di voler restituire «il proprio nome a chi
la natura dona il proprio essere»6. La radice del problema morale è
filosofica, perché si fonda sul problema centrale a tutta la filosofia
nolana, che ha come obiettivo quello di riordinare – fin nelle fondamenta metafisiche – il rapporto tra l’uomo e la realtà, tra l’essenza e
il suo manifestarsi nella natura e nella conoscenza umana, entrambe
espressioni del medesimo e intrinseco principio produttivo. Le opere
‘morali’ di Bruno e quelle che condividono, con queste, la forma narrativa della drammaturgia mnemonica, comportano dunque la prassi
di ‘mettere in scena’ questa nuova prospettiva filosofica: essa si attua,
anche e soprattutto, guardando in modo nuovo se stessi e il mondo
che ci circonda e imprimendo profondamente nella memoria, cioè
nel centro della nostra identità, gli archetipi che suggeriscono e generano questa nuova consapevolezza. La rivoluzione di Giove, che
riscrive le coordinate filosofiche della realtà, è quindi, innanzitutto,
una rivoluzione del nostro sapere rispetto ad informazioni e dati che
già sono stati acquisiti e che devono essere reinterpretati in modo
nuovo: il cielo non cambia, non cambiano l’aspetto e la configurazione delle costellazioni, ma mutano, invece, i significati di quanto
possiamo leggere in esse.
6
Spaccio, p. 461.
54 Marco Matteoli
Lo Spaccio de la bestia trionfante, seguendo la chiave che Bruno stesso ci svela nell’introduzione, può essere letto dunque anche come un
ampio sistema figurato di valori morali che esprime il senso più profondo della ‘arte delle arti’ bruniana: perseguire la ricerca e la comprensione del principio che è fondamento e creatore di ogni cosa.
Questo principio, infinito e divino, coincide, infatti, con la nostra
stessa identità, nel punto della sua massima frammentazione, ma anche nella ricchezza creativa del nostro pensare originario, del nostro
figurare e concettualizzare l’esperienza del mondo, creando ‘mondi’
dentro di noi, affini e speculari a quello esteriore:
Quel medesimo è messo governatore e motor del cielo: per donar ad intendere come in ogn’uomo, in ciascuno individuo si contempla un mondo,
un universo; dove per Giove governatore è significato il lume intellettuale
che dispensa e governa in esso, e distribuisce in quel mirabile architetto gli
ordini e le sedie7.
Il filo conduttore che unisce questa concezione filosofica è significativamente duplice, speculativo e pratico: non solo noi dobbiamo
contemplare l’unità del tutto molteplice e frammentato, guardando
al mondo come struttura architettonica che esprime, ad ogni istante
e perennemente, l’attuarsi della divinità, ma dobbiamo noi stessi agire e formare i nostri pensieri, seguendo il ritmo di questa organicità
metafisica, che trascende la realtà e la connette in una trama di estensione infinita. Poiché la sostanza non è mai separabile dalla forma – se
non concettualmente – occorre coglierne la potenza e l’attualità nel
legame unitario che è fondamento sia di ogni singolo ente, sia della
complessa totalità delle cose: ma fare proprio il senso di tale continuità significa connettere i nostri pensieri – unendo parte a parte,
percezione a percezione, concetto a concetto – e dare vita ad un modello interiore, visivo e archetipico, di fronte a cui fare un’esperienza
mediata, ma concreta, dell’unità. Guarderemo così questo ‘mondo’
interiore come simbolo – offuscato dall’ombra che è propria della conoscenza – di quello esteriore, e quest’ultimo come immagine e riflesso di Dio. Nel proemio del De imaginum, signorum et idearum compositione, questo punto di vista, che è un’importante presa di posizione di
tipo filosofico, è espresso per mezzo della metafora dello ‘specchio’, in
cui possiamo cogliere riflessa la verità:
7
Ibid., p. 469.
55 «Gli numerati et ordinati semi»
Hoc est quod non in simplicitate quadam, statu et unitate, sed in compositione, collatione, terminorum pluralitate, mediante discursu atque reflexione comprehendimus. Quod si tale est nostrum ingenium, talia nimirum
eiusdem esse oportet opera, ut scilicet inquirens, inveniens, iudicans, disponens, reminiscens non extra speculum divagetur, non absque imaginibus
agitetur. Heic si per naturam speculum tersum subiiciatur atque planum, nec
non per artem in horizonte ratiocinii lux canonum vigeat et splendeat, illico
iuxta elargitam facultatem ex imaginibus rerum claris atque perspicuis in
prospectum venientibus ad summam in multiplici genere actus felicitatem
dirigemur illam, quae homini maxime quatenus homo est adpropriatur8.
Nell’approssimarsi a e nell’indagare il vero, quindi, non bastano, in
quanto tali, le immagini sensibili che normalmente deriviamo dall’esperienza, né è utile astrarre troppo il processo conoscitivo dalla
viva esperienza per rinchiuderlo nella sola sfera intellettuale; occorre bensì applicare quest’ultima ad un ordinato e razionale sistema di
immagini-segni che, pur conservando tutta la complessa molteplicità
del reale – come uno specchio fedele e preciso – sappia rendercene
con chiarezza sintetica il suo valore unitario. È questo il ‘metodo sommo’, ‘l’arte delle arti’ che trasforma l’arte della memoria tradizionale
in una sorta di dialettica visiva efficace e suggestiva.
Lo Spaccio de la bestia trionfante non è, pertanto, solamente una
favola figurata sulla moralità, né tanto meno un testo di arte della
memoria; piuttosto, secondo le intenzioni dell’autore, si tratta di una
sorta di laboratorio, di un abbozzo, anche metodologico, di come la
filosofia nolana, sorretta dalla nuova arte del Bruno, possa sostenere
la ricerca della verità, attraverso la sperimentazione di nuove forme
narrative:
Per tanto non sia chi pense altrimente, eccetto che questi tre dialogi son
stati messi e distesi sol per materia e suggetto d’un artificio futuro; perché,
essendo io in intenzione di trattar la moral filosofia secondo il lume interno
che in me have irradiato et irradia il divino sole intellettuale, mi par espediente prima di preponere certi preludii a similitudine de musici9.
Il passo dell’Epistola esplicatoria che abbiamo citato costituisce la
giustificazione teorica dello Spaccio e ci rivela che dietro a questo te-
8
9
De imaginum compositione, p. 91.
Spaccio, p. 464.
56 Marco Matteoli
sto vi è un progetto specifico, cioè quello di realizzare un sistema in
cui descrivere e raffigurare la ‘moral filosofia’, che è, in parte, ancora
da definire. Termini come ‘artificio’ ed ‘espediente’, in questo caso,
sono assai pregnanti di valenze mnemotecniche, perché con essi Bruno indica dei sistemi mnemonici, fatti di immagini e luoghi, e delle
dinamiche di tipo fantastico-combinatorio che permettono la loro
animazione e trasformazione in altre rappresentazioni simboliche. In
queste strutture visive vengono raccolti e figurati insiemi di concetti,
in modo da rappresentare e rendere reali e vive non solo le connessioni unitarie che legano queste informazioni, ma anche l’incessante
vicissitudine a cui il sapere è sottoposto e che trasforma ogni cosa in
natura. Un sistema di questo tipo è, ad esempio, la Lampas triginta
statuarum, in cui è raccolta e ‘distesa’ – altro termine tipico del lessico
mnemonico di Bruno – la filosofia di Bruno:
Haec quidem constat triginta statuis, in quibus triginta intentiones continentur, eo quo videbitur modo explicandae [...]. Mitto quod videbitur de
perlustratione statuarum per solia, quae commutationem et vicissitudinem
quandam sucipere videbuntur. [...] Sensibilia erunt figuratae species et opera phantasiae et imaginationis fabrefactae, per quas subinde volumus ea,
quae a sensu sunt remotiora, significari: itaque usum atque formam antiquae
philosophiae et priscorum theologorum revocabimus, qui nimirum arcana
naturae eiusmodi typis et similitudinibus non tantum velare consueverunt,
quantum declarare, explicare, in seriem digerere, et faciliori memoriae retentioni accomodare. Statuam quippe sensibilem, visibilem, imaginabilem
– cum eadem ratione sensibilibus appositis – facillime retinemus, fabulas
effinctas levissimo negotio memoriae commendamus: mysteria consequenter, doctrinas et disciplinales intentiones per easdem significabiles istorum
suffragio consequenter considerare et retinere omnem citra difficultatem
valebimus10.
La filosofia e la morale si fanno visione, dunque, non solo perché
ciò ne facilita suggestivamente la comprensione e il ricordo, ma perché questa modalità corrisponde al modo in cui l’uomo deve operare
dentro di sé, se vuole farsi anch’esso artefice e quindi agire in linea col
principio produttivo che genera tutte le cose. Che la mnemotecnica,
ovvero l’arte di visualizzare dinamicamente immagini e concetti, sia
10
Lampas triginta statuarum, pp. 938-940.
57 «Gli numerati et ordinati semi»
un’arte ‘vera e propria’ si evince, del resto, dal ricorso del Bruno, nell’immediato seguito della citazione dell’Epistola esplicatoria proposta
poche righe sopra, ad un lessico della praticità tecnica:
imbozzar certi occolti e confusi delineamenti et ombre, come gli pittori; ordire e distendere certe fila, come le tessetrici; e gittar certi bassi, profondi e
ciechi fondamenti come gli grandi edificatori: il che non mi parea più convenientemente poter effettuarsi, se non con ponere in numero e certo ordine tutte le prime forme de la moralità, che sono le virtudi e vizii capitali11.
Costruire un sistema di immagini, dunque, anche quando il loro
uso non è espressamente e immediatamente mnemonico12 – come
invece accade nel Cantus Circaeus – chiama sempre e comunque in
causa elementi e modalità della ‘arte delle arti’ di Bruno, perché consegnare i concetti più astratti ad immagini simboliche – e raccogliere
queste ultime in paesaggi altrettanto rappresentativi – significa dar
vita dentro di noi ad enti ‘artificiali’, la cui origine e radice produttiva
è analoga a quella degli enti naturali, in una prospettiva in cui l’arte
umana altro non è che il proseguire dell’arte naturale entro i confini
del mondo logico, il punto più basso ed estremo del processo di discesa e frammentazione dell’unità divina. Se lo Spaccio de la bestia trionfante, con il suo intento di illustrare una riforma dei valori morali, va
interpretato come una complessa favola morale che si offre sotto la
forma di un edificio visivo che è metafora e simbolo vivente, quanto
troviamo nella Epistola esplicatoria, con il suo ordinato schematismo,
dovrà essere considerato, invece, come la rivelazione della struttura
‘architettonica’ che sta dietro il testo stesso, questa volta, sì, per ausilio della memoria del lettore.
Spaccio, pp. 464-465.
L’uso dell’arte di Bruno non è solo mnemonico; essa è definita dal suo stesso
autore come «ars rerum prosequendarum in genere discursiva architectura et habitus
quidam ratiocinantis animae» (De umbris idearum, pp. 122-124) in grado di offrire
all’uomo uno strumento efficace per ricercare, trovare, giudicare, ordinare e stabilire
connessioni («Quaerendi, inveniendi, iudicandi, ordinandi et applicandi»), come
recita il frontespizio del De umbris idearum.
11
12
58 Marco Matteoli
2. Aspetti e luoghi mnemotecnici dell’Epistola esplicatoria
La drammaturgia mnemonica di cui lo Spaccio è intriso – e che lo fa
essere fortemente metaforico – si sostiene, dunque, su un sistema e su
uno schema mnemotecnico che ne è l’ossatura portante:
prendasi per final nostro intento l’ordine, l’intavolatura, la disposizione,
l’indice del metodo, l’arbore, il teatro e campo de le virtudi e vizii; dove
appresso s’ha da discorrere, inquirere, informarsi, addirizzarsi, distendersi,
rimenarsi ed accamparsi con altre considerazioni13.
Il passo è un susseguirsi fitto di termini tipici della mnemotecnica bruniana; lemmi come ‘ordine’, ‘disposizione’, ‘indice’ rimandano
alla funzione enciclopedica dei sistemi di Bruno; altri come ‘albero’,
‘teatro’ e ‘campo’ sono riferimenti a espedienti mnemotecnici quali
quelli presentati nell’Explicatio triginta sigillorum14. La struttura a cui
si rinvia è esposta nell’Epistola esplicatoria e per certi versi esula dallo schema delle costellazioni astronomiche (le «quarant’otto famose
imagini»)15, presentando una scansione abbastanza autonoma e, addirittura, difforme da quella che verrà narrata nel testo dello Spaccio.
La scelta di affidare l’elencazione delle virtù e dei vizi ad un percorso
visivo individuato nelle costellazioni agisce quindi come elemento
tecnico e si rifà ad un espediente mnemonico che è tipico della lunga
tradizione dell’ars memoriae classica, medievale e rinascimentale, poiché le immagini delle costellazioni, con il loro valore simbolico e la
loro ordinata disposizione, erano considerate particolarmente efficaci
nel rappresentare una struttura unificante. Nel caso di Bruno, tutta-
Spaccio, p. 465.
Il sigillo chiamato ‘Campo’ (cfr. Explicatio triginta sigillorum, De campo, pp. 79-80
e pp. 121-122) è il primo dei trenta sigilli e insegna l’uso di strutture complesse di
luoghi entro cui – come un agricoltore nel proprio terreno – le immagini ‘coltivano’
con azioni specifiche le informazioni e i significati delle scene rappresentate, per
renderle più memorabili e più ricche di riferimenti. ‘Albero’ (cfr. ibid., De arbore, p.
81 e pp. 124-126), invece, indica un particolare modo, ispirato alle catene associative della combinatoria, di connettere tra di loro le immagini e i luoghi. Il termine
‘teatro’, che non corrisponde ad alcun espediente specifico, allude in generale alle
scenografie mnemoniche.
15
Spaccio, p. 464.
13
14
59 «Gli numerati et ordinati semi»
via, il cielo stellato, reso interiore dalla visione mnemonica, diviene
una metafora particolarmente adatta per rappresentare il punto di
vista della coscienza individuale che, come in un planetario, proietta
intorno a sé la dimensione della propria conoscenza – di fatto egocentrica – di una natura che centro non ha. Del resto, il punto di vista
geocentrico e tolemaico, che si assume con questa prospettiva, non
è da Bruno filosoficamente condiviso; eppure, da un punto di vista
mnemotecnico, è perfettamente funzionale – ed efficace – nell’esprimere la centralità dell’intelletto rispetto ad una sfera esperienziale
che si proietta in direzione della natura e che cerca, anzi, come in
uno specchio, di rappresentare in maniera limitata e approssimativa
la complessità dell’apparente chaos:
Questo mondo, tolto secondo l’immaginazion de stolti matematici, ed accettato da non più saggi fisici, tra quali gli Peripatetici son più vani, non
senza frutto presente: prima diviso come in tante sfere, e poi distinto in circa
quarantotto imagini (nelle quali intendono primamente un cielo ottavo,
stellifero, detto da’ volgari firmamento), viene ad essere principio e suggetto
del nostro lavoro16.
Le costellazioni, quindi, sono solamente uno schema fittizio sulla
cui ossatura dobbiamo contemplare le immagini dei valori morali che
vogliamo bandire dal cielo della nostra identità per accogliere quelle
delle virtù. A conferma di ciò, secondo un precetto mnemonico bruniano che vuole che siano i luoghi ad adattarsi alle cose da memorizzare e non viceversa17, vediamo che, effettivamente, nel testo non
vengono chiamate in causa tutte le 48 principali costellazioni della
tradizione astronomica, ma solamente 45, secondo uno schema che
si articola sulla scansione e moltiplicazione del numero cinque, cifra
che è spesso alla base della strutturazione mnemonica di Bruno. Nell’arte bruniana, infatti, è centrale la funzione dei luoghi che – in conformità con la tradizione della mnemotecnica dei domenicani – vede
Ibid., p. 469.
Cfr. De umbris idearum, p. 140: «Nobis autem cum datum est illam invenisse
et perficisse, nec locis materialibus – verificatis scilicet per sensum exteriores – ultra non indiguimus, nec ordini locorum memorandorum ordinem adstrinximus, sed
puro phantasiae architecto innixi, ordini rerum memorandarum locorum ordinem
adlivigamus».
16
17
60 Marco Matteoli
come metro di misura e canone architettonico il luogo individuale e
specifico, su cui costruire, intorno e per mezzo di esso, un sistema di
quadri visivi che si includono vicendevolmente, dal più ‘piccolo’ fino
a quello di dimensioni più ampie:
Horum aliud [cioè il sostrato mnemonico] est communissimum, quia tantum
valet extendi, quantum phantasiae potest comprehendere sinus [...]. Aliud
est commune, quod cosmicarum perspectarum partium cumulo constat.
Aliud est minus commune, utpote si libet politicum. Aliud est proprium,
nempe si placeat oeconomicum. Aliud est magis proprium, tetrathomum
videlicet vel pentethomum. Aliud est propriissimum, quod est athomum,
athomum, inquam, non simpliciter, sed in isto genere18.
Quella di luogo – che ha la funzione di ‘sostrato’ della memoria
rispetto alla forma/immagine –, più che la definizione di un oggetto
mnemotecnico, è l’affermazione del principio che guida e articola la
costruzione delle scenografie fantastiche in cui gli ‘enti mnemonici’
– cioè i dati che vogliamo memorizzare – prendono vita e sono sistemati entro una cornice unitaria che segue la stratificazione gerarchica
dei generi e delle specie e dell’ampiezza e relazione logica tra i significati ivi rappresentati.
In relazione a ciò, a differenza della più ampia e articolata narrazione che troviamo nel testo dei dialoghi, l’introduzione ci pone di
fronte una galleria di statue come se fosse un percorso scandito lungo
e all’interno di un edificio, suddiviso in settori principali, entro i quali
prendono posto le scene che rappresentano i valori morali, raffigurati
con i loro tratti caratteristici e accompagnati dalle immagini compagne e affini, mentre, dinamicamente, si dà vita al loro avvicendarsi.
Nella prima di queste scene, ad esempio, in corrispondenza dell’immagine dell’Orsa Minore, luogo più alto del cielo, sono raffigurate la
Difformità, la Falsità, il Difetto, l’Impossibilità ecc., che cedono il
posto e sono sostituite dalla rappresentazione della Verità – al centro
della scena –, accompagnata a sua volta da una corte di ancelle costituita dalla Prudenza, dalla Legge, dalla Sofia e dal Giudizio. Queste
stesse sono protagoniste di ulteriori e specifici ‘campi’, cioè luoghi
dedicati, in cui esse ‘versano’, cioè compiono azioni o si muovono
in relazione ad altre figure19. Tutto ciò va a costituire un paesaggio
18
19
Ibid., pp. 150-152.
Cfr. Spaccio, pp. 470-471.
61 «Gli numerati et ordinati semi»
mnemonico che, lo ricordiamo, non è la rappresentazione visiva del
testo dello Spaccio, ma una sorta di schema essenziale e sintetico del
suo contenuto, che ci servirà per ricordarci e avere sotto gli occhi il
sistema dei valori positivi e negativi proposto da Bruno.
La descrizione e lo stile narrativo di queste pagine sono dunque
strettamente e tipicamente mnemotecnici, sia nella forma che nella
scelta dei termini, e sono volti ad esprimere la particolare dinamica visiva che il lettore deve fare propria: le virtù principali vengono
rappresentate come responsabili di uno o più luoghi ‘comuni’ (come
stanze, cortili o chiostri), nell’atto di prendere possesso delle varie
sedi assegnate loro, mentre, a loro volta, i vizi lasciano e decadono
dalla posizione precedentemente occupata:
Onde è dismessa l’incatedrata Cassiopea con la Boriosità, Alterezza, Arroganza, Iattanza et altre compagne che si vedono nel campo de l’Ambizione e
Falsitade; monta la regolata Maestà, Gloria, Decoro, Dignità, Onore et altri
compagni con la lor corte: che per ordinario versano ne li campi della Simplicità, Verità et altri simili per principale elezzione; e talvolta per forza di
Necessitade, in quello della Dissimulazione et altri simili, che per accidente
possono essere ricetto de virtudi20.
In questo esempio, relativo allo ‘spaccio’ della costellazione di Cassiopea, emblema dell’arroganza tipica dei pedanti, il valore metaforico
delle espressioni si intreccia a quello mnemotecnico per configurare
un quadro rappresentativo abbastanza complesso. Nella prima scena
abbiamo quattro figure principali (Boriosità, Alterezza, Arroganza e
Iattanza), sottomesse alla figura di Cassiopea; questa funge da ‘vessillo’21, cioè immagine indice delle altre quattro, che devono essere
Ibid., p. 472.
Cfr. Explicatio triginta sigillorum, p. 84 e pp. 132-133. L’undicesimo sigillo, detto ‘Vessillo’, è ampliamento e perfezionamento di tecniche già esposte in altri testi
mnemotecnici di Bruno. In esso si fa infatti riferimento alla parte mnemotecnica
del De umbris idearum (cfr. p. 248), dove, in margine alla prima delle due praxeis per
la memorizzazione dei vocaboli, si insegna «ad internum subiectorum campum amplificandum et adiectorum numerum foelicissime multiplicandum», definizione che
sintetizza perfettamente il senso di questo sigillo. Con la metafora del vessillo, che
evoca l’immagine di una squadra di soldati raccolta sotto una medesima bandiera,
Bruno insegna ad usare molteplici immagini raffigurate in modo tale da essere tutte
20
21
62 Marco Matteoli
rappresentate in maniera affine ad essa o con un elemento significativo che le accomuni. Ognuna di queste figure ha come riferimento i
‘campi’ dell’Ambizione e Falsitade, che, come ormai è chiaro, non indicano solamente l’ambito morale di questi vizi, ma lo spazio mnemotecnico vero e proprio che, all’interno di questa enciclopedia visiva, è
affidato ai suddetti valori. La seconda scena, invece, descrive la presa
di possesso, da parte delle corrispettive virtù, delle loro sedi e dunque
il passaggio dell’osservatore dalle stanze o dai settori destinati ai vizi ai
luoghi riservati ad esse. Ecco dunque che le raffigurazioni di Maestà,
Gloria, Decoro, Dignità e Onore – e altre immagini affini – verranno
visualizzate nel circoscritto territorio della Semplicità, ma anche in
quello della Dissimulazione, poiché talvolta, per virtù politica, questi
valori si affermano in un’ottica ‘nicodemista’, cioè nascondendoli ai
più. Al di là delle suggestive valutazioni psicologiche, ciò comporta
tecnicamente la possibilità di mettere in relazione – cioè far percorrere – queste figure entro differenti e ulteriori settori, magari, proprio
come ci indica il passo di Bruno, facendo accompagnare le sopraddette immagini da quella della Necessità che, quando è opportuno, spinge Maestà, Gloria ecc. nel settore riferito all’arte della simulazione.
Leggendo attraverso il filtro mnemotecnico la lunga carrellata delle
quarantacinque scene e quadri che Bruno ci offre nell’Epistola esplicatoria dello Spaccio, si ha l’impressione che esse non esauriscano tutto il
loro potenziale mnemonico nel testo stesso – né tanto meno in quello
dei tre dialoghi che seguono l’introduzione –, ma che in effetti siano
ispirate ad un differente sistema mnemotecnico in cui contemplare
tutti i valori morali in forma completa ed ‘enciclopedica’, con una
ricchezza espressiva e visiva indubbiamente superiore a quella che
la limitata descrizione delle costellazioni consente. Del resto né lo
schema astronomico, né il percorso narrativo dello Spaccio de la bestia
trionfante sembrano soddisfare a pieno la complessa dinamica visiva
portatrici di un medesimo e comune significato. Si tratta di un sistema di organizzazione dei dati costituito da un gruppo di personaggi intenti a compiere la stessa
azione – o caratterizzati in modo simile – di una figura principale a cui sono associati
e con la quale condividono il significato, ‘semanticamente’ subordinati ad essa. In
questo modo si delega la funzione di organizzazione del materiale mnemonico secondo livelli, che normalmente si rappresenta attraverso l’architettura dei luoghi,
ad un sistema di figure e di immagini accessorie disposte secondo una gerarchia di
comandanti e sottoposti.
63 «Gli numerati et ordinati semi»
proposta in queste pagine, che è caratterizzata, con una ricorrenza
quasi sistematica, dalla rappresentazione di molte immagini – le folte
corti delle virtù e dei vizi – e dal loro ‘versare’, cioè animarsi, muoversi e percorrere, numerosi e differenti settori, visivamente ampi e
ben strutturati. A supporto di ciò prendiamo come esempi le riforme
dei valori connessi con le costellazioni del Triangolo, del Capricorno
e di Orione. Nel primo caso, nella lettera introduttiva, alla diciottesima costellazione è associata la Fede, cioè la fedeltà di parola, che
«s’attende nel campo de la Constanza, Amore, Sincerità, Simplicità,
Verità et altri»22, indicando con ciò che alla raffigurazione di questa
virtù, all’interno del nostro supposto sistema mnemonico, dovrebbe
essere permesso di percorrere i suddetti settori, esprimendo in questo
modo i relativi ambiti di riferimento. Nel terzo dei dialoghi la riforma
di questa costellazione è invece presentata in tutt’altro modo:
«Lasciamo questi colori», disse Momo «e vengasi presto a veder quello che si
de’ fare di quel Triangolo o Delta». Rispose la astifera Pallade: «Mi par degno
che sia messo in mano del Cardinal di Cusa, a fin che colui veda se con con
questo possa liberar gli impacciati geometri da quella fastidiosa inquisizione
della quadratura del circolo»23.
All’inizio di questa sezione del testo, dunque, non si accenna alle
virtù presentate nella lettera introduttiva, ma ci si concentra sullo
spaccio della costellazione dal cielo, e questa diviene il pretesto per
introdurre le posizioni dell’autore sul noto problema geometrico della
quadratura del cerchio, esponendo – con tanto di esemplificazioni
grafiche – la teoria del Cusano e le soluzioni proposte in merito da
Bruno stesso. Solamente dopo queste dense pagine di filosofia e geometria viene il momento di decidere quale virtù ne prenderà il posto
e solo allora, quindi, si accenna brevemente alla Fede, all’importanza che essa ha all’interno della vita civile e sociale, «senza la quale
ogni contratto è perplesso e dubio, si dissolve ogni conversazione,
ogni convitto si destrugge»24. In questo caso la deviazione dal percorso originario, cioè dallo schema della lettera introduttiva, è breve,
anche se in parte fuorviante; eppure è paradigmatica di tutta la for-
Spaccio, p. 474.
Ibid., pp. 616-617.
24
Ibid., p. 619.
22
23
64 Marco Matteoli
mula narrativa dello Spaccio e dello scarto che essa presenta rispetto
all’introduzione e allo schema in essa presentato: Momo o un’altra
divinità pongono all’attenzione di Giove il caso di una costellazione,
viene deciso quello che sarà il suo destino – e ciò permette a Bruno di
esporre un’ampia serie di riflessioni filosofiche ed etico-politiche – e,
solo alla fine, si passa a collocare al posto di questa la virtù corrispondente, secondo il piano della riforma bruniana. Dunque la presenza
dello schema iniziale finisce per evocare tre diversi livelli: 1) un’enciclopedia mnemotecnica dei vizi e delle virtù, costituita da numerose
raffigurazioni simboliche disposte in un complesso sistema di luoghi e
in questo vivacizzate da molteplici animazioni, trasformazioni e combinazioni. In questo caso lo schema iniziale è la sintesi, o la versione
più scarna, di un ‘artificio futuro’ di cui tuttavia, nell’intera produzione di Bruno, non si dà traccia, sebbene sussistano esempi e testi analoghi25. 2) La descrizione della riforma morale delle costellazioni, così
come è presentata nell’Epistola esplicatoria, costituisce di per sé già un
modo per memorizzare la struttura dei dialoghi dello Spaccio e dunque
ha una funzione mnemotecnica propria e specifica; tuttavia non dà
Oltre alla già citata Lampas triginta statuarum, Bruno si è cimentato in altri espedienti e testi mnemonici che comprendono, nella loro strutturazione di immagini e
luoghi, un completo sistema per raffigurare una disciplina o un gruppo di informazioni. Il De lampade venatoria logicorum, ad esempio, è un tentativo di costruire un
paesaggio mnemonico in cui rappresentare e memorizzare tutti gli elementi principali della dialettica aristotelica, con la possibilità di far interagire delle immagini e,
conseguentemente, i significati che rappresentiamo con esse. Analogamente, nella
Figuratio Aristotelici physici auditus Bruno insegna a tradurre in immagini mnemoniche un proprio compendio della Fisica di Aristotele. Infine – è degno di rilievo – alla
pagina 135 dell’Explicatio triginta sigillorum, in relazione al tredicesimo sigillo intitolato ‘Fidia’, si accenna ad un’opera – a noi non pervenuta – in cui per mezzo di cento
statue si illustra, per un uso mnemonico, l’intero sistema dei valori morali: «Huius
suffragio in Centum statuarum volumine conditiones virtutum atque vitiorum universas ita quandoque descripsimus, ut earum lectio delectabilior, contemplatio iucundior, distributio ordinatior, series distinctior, similitudinum comparationumque
consequenter concatenabilium inventio promptior et memoria tenacior haberetur».
Quest’opera, tuttavia, risulterebbe – a detta del suo stesso autore – già composta al
tempo della redazione dei sigilli (che precede quella dei dialoghi italiani) e dunque
non pienamente identificabile con quella annunciata – come progetto futuro – nell’Epistola esplicatoria dello Spaccio.
25
65 «Gli numerati et ordinati semi»
conto dell’intero testo – cioè dei contenuti e delle riflessioni filosofiche e morali in esso contenute –, ma si limita a evidenziarne l’ordine
e la scansione. 3) Questo ordine, di fatto, unifica il testo dello Spaccio
donando continuità alla narrazione, che si aggancia puntualmente ad
esso all’inizio e alla fine della trattazione di ogni valore/costellazione;
ciò indica anche che vi è un livello interpretativo del testo che, per
certi versi, è prioritario e principale, ed è quello della riforma individuale e personale dei valori morali che, logicamente, deve precedere
quella civile e sociale, ma anche, perché abbia senso e sia coerente
con l’azione naturale, sfociare necessariamente in essa.
Tutto ciò trova conferma anche nella lunga digressione compiuta
intorno alla figura del Capricorno, che dà modo a Bruno di riflettere sulla scala che lega tutti gli esseri dell’universo (per cui è lecito
rappresentare la divinità attraverso forme animali), sui culti e sulle
tradizioni degli antichi egizi – con il famoso intermezzo del lamento
ermetico di Asclepio – e, infine, sul rapporto tra apparenza ed essenza
e sulla coerenza e convenienza di usare simboli ispirati agli animali
nel raffigurare i regnanti o i più nobili valori sociali, oltre ad una breve chiosa finale sul significato simbolico delle corna nella mitologia
e nella religione. Solo in chiusura di questi lunghi passaggi si assiste
all’entrata in scena delle virtù che, riallacciandosi allo schema introduttivo, invece di prendere il posto del Capricorno, lo accompagnano e assistono nel cielo:
E con lui per degni rispetti soggiorne la Libertà di spirito a cui talvolta amministra il Monachismo (non dico quello dei cocchiaroni), l’Eremo, la Solitudine: che sogliono parturir quel divino sigillo ch’è la buona Contrazzione26.
In queste poche righe si ritorna finalmente a seguire l’andamento
della struttura principale, che vede, in riferimento alla costellazione del Capricorno, le virtù dell’Eremitaggio, della Solitudine e della
Contrazione occupare uno spazio – sia fisico sia morale – opposto alla
convivialità e alla socialità.
L’ultimo e terzo nostro esempio è riferito ad Orione ed è, forse, quello che più significativamente esprime questo sistematico scarto tra
l’Epistola esplicatoria e il testo dello Spaccio. In questo caso la trattazione dei vizi e delle virtù presentate inizialmente non solo viene diluita
26
Spaccio, p. 645.
66 Marco Matteoli
lungo una polemica di carattere civile e religioso, ma ne viene anche
deformato il valore originario, facendo convergere quei particolari
vizi (Impostura, Destrezza, Gentilezza disutile, vano Prodigio, Prestigio, Bagattella e Mariolia) intorno alla figura di Cristo – massimo
impostore della storia umana – mentre le conseguenti e opposte virtù
divengono l’emblema e il cardine su cui fondare una nuova società
governata da una religione civile della socialità e del progresso umano. Niente di tutto questo, se non una breve allusione alle «visibili
et invisibili potestadi»27, è tuttavia presente nella parte introduttiva
e ciò costituisce, appunto, un elemento di estrema asincronia tra la
spiegazione della struttura della ‘moral filosofia’ e la rappresentazione
scenica e letteraria della riforma del cielo.
Questi esempi danno conto anche di come la scrittura di Bruno assecondi fortemente i princìpi e la metodologia della propria ‘arte delle arti’: egli interviene sullo schema proposto inizialmente per riempire una struttura, fin troppo ordinata, di elementi filosofici, etici e
politici, trasformando un apparente indice sommario nel testo vero e
proprio, costruendo e generando su questa ossatura la narrazione della
sua suggestiva favola morale. Lo schema delle costellazioni, infatti,
è sistema di luoghi sia mnemonici che retorici, una sorta di mappa
per un percorso che spesso si allontana dalla direzione principale per
declinare e sottolineare aspetti e temi particolarmente importanti per
la filosofia di Bruno, ma che ritorna, sempre e puntualmente, alla
struttura essenziale. Se talvolta si ha l’impressione di perdersi lungo il cammino, distratti soprattutto dalle lunghe e dense digressioni
etico-politiche, prontamente la carta del cielo ci riporta all’ordine
complessivo della narrazione, contribuendo così a dare unità all’intero testo. L’Epistola esplicatoria può dunque essere vista anche come
termine di mediazione tra i due opposti estremi, l’ipotetico sistema
mnemonico in cui è rappresentata per luoghi e immagini la grande
enciclopedia della filosofia morale e il testo stesso dei dialoghi dello
Spaccio de la bestia trionfante, cui fa da sfondo e da schema preparatorio, sostenendone la lettura e semplificandone il ricordo. Che questo
scarto tra introduzione e testo non sia inconsapevole emerge inoltre con chiarezza sia dall’esplicita forma mnemotecnica dell’epistola,
sia dalla mancata linearità teorica dei tre dialoghi che, piuttosto che
seguire l’andamento progressivo di un’argomentazione principale, è
funzionale a questo schema narrativo. Quanto, in questo caso, utilizzo
27
Ibid., p. 477.
67 «Gli numerati et ordinati semi»
mnemonico ed esiti retorici si sostengano reciprocamente è difficile
stabilire: di fatto la mancanza del terzo termine di paragone – l’artificio futuro a cui Bruno allude nell’introduzione stessa – non ci permette di ricostruire il legame complessivo e il rapporto tra questi elementi, accentuando, invece, le vistose discrepanze contenutistiche che
emergono nel confronto tra il testo e la sua presentazione.
Conclusioni
La favola morale che Bruno ci propone nello Spaccio de la bestia
trionfante è una coraggiosa e complessa rappresentazione scenica in
cui, come spesso accade nei dialoghi di Bruno, soprattutto se di argomento morale, è significativamente privilegiata la modalità visiva. Questa ha indubbiamente la funzione di imprimere nel lettore,
con più forza e suggestione, i contenuti etici e filosofici presentati
nel testo, ma anche quella – in virtù della sua ordinata struttura – di
rendere conto del carattere sistematico di quanto si sta trattando. Nel
caso dello Spaccio quest’ultimo elemento emerge con più forza se si
prende in considerazione proprio l’Epistola esplicatoria, in cui, più dei
contenuti e delle riflessioni del testo, si evidenzia in maniera estremamente schematica l’ossatura che fa loro da sfondo. Ciò è dovuto
alla significativa organizzazione delle pagine introduttive, che, invece
di descrivere il testo dei dialoghi, ci forniscono una specie di piccola
messinscena della riforma morale proposta da Bruno e rigidamente
strutturata in chiave mnemotecnica; essa risulta in parte depotenziata rispetto alla complessità di un sistema mnemonico vero e proprio,
poiché manca una completa descrizione dei luoghi, sebbene si alluda
ai numerosi ‘campi’ in cui le figure agiscono, si muovono ed entrano
in relazione reciproca. Questa sezione, come abbiamo più volte ripetuto, funge da mappa del testo, come tracciato memorativo per l’ordine e ‘l’intavolatura’ delle virtù e dei vizi, oggetto dei tre dialoghi: la
disposizione astronomica di questo insieme di valori è, in questo senso, un ulteriore sussidio a questo scopo, subendo anch’essa la riorganizzazione metodica tipica dei sistemi mnemonici di Bruno, portando
a 45 il numero delle costellazioni e alludendo ad una partizione dello
spazio cosmologico (in sfere e settori) che richiama fortemente quella
dell’analogo ‘sigillo’ denominato ‘Cielo’28.
28
Il secondo sigillo, chiamato ‘Cielo’, è dedicato alla specifica funzione di memo-
68 Marco Matteoli
L’Epistola esplicatoria dello Spaccio, dunque, più che costituire un’introduzione ai tre dialoghi, sottolinea la propria parziale autonomia
rispetto ai contenuti etici e filosofici del testo proprio grazie ad una
funzionalità mnemonica che ci fa contemplare «gli numerati et ordinati semi» della filosofia morale, e rimanda il lettore al futuro proposito – forse mai realizzato – di approntare una compiuta e ordinata
enciclopedia visiva dei valori morali. Inoltre, elemento ancora più
importante, applicando questo funzionale percorso al testo che lo
segue, possiamo ritrovare in quest’ultimo il medesimo schema che
fa da sostegno a tutta l’opera e che, di fatto, garantisce l’unità e la
continuità di un tessuto narrativo che, tra le numerose divagazioni
e digressioni, ritorna puntualmente entro i registri di questa strut-
rizzare soggetti e informazioni che hanno a che fare con l’astronomia, con una particolare attenzione alla collocazione e alla configurazione delle costellazioni del cielo.
L’espediente insegna a costruire un tipo di luogo comune e generale che ha come
riferimento la volta celeste ed è organizzato e strutturato a sua imitazione, riproducendone gli emisferi, i quadranti e i settori specifici. Questo dà vita ad un sistema
di luoghi scandito da tre livelli di suddivisione: una prima divisione secondo i due
emisferi principali (superiore o settentrionale e inferiore o australe), una successiva
partizione in quattro quadranti, riferibili ai punti cardinali, e un’ulteriore ripartizione
di questi compiuta sulla base dell’orientamento delle sue parti o punti specifici. In
questi ultimi, presi come luoghi individuali, collocheremo quindi le singole immagini, raffiguranti le costellazioni della volta celeste. Tuttavia questo sistema di luoghi è
efficace per memorizzare non solo la disposizione delle costellazioni, ma anche qualsiasi materiale mnemonico. Se guardiamo, infatti, oltre l’utilizzo parziale e ristretto
alla materia astronomica, il sigillo ‘Cielo’ ci insegna e ribadisce il principio centrale
dell’arte di Bruno, ovvero quello dell’importanza della struttura e della gerarchia dei
luoghi per esprimere la complessità delle informazioni da memorizzare. Non a caso,
infatti, questo sigillo segue immediatamente quello del ‘Campo’: dopo aver insegnato
come legare correttamente l’immagine al luogo individuale, è opportuno imparare a
connettere tra loro i luoghi, secondo ordine e gerarchia. Per un motivo analogo, la
prima specie di sostrato – immediatamente meno esteso dell’intera fantasia-memoria
– che troviamo indicato nelle prime due opere mnemotecniche di Bruno è proprio
il sostrato di genere ‘astronomico’, «quod cosmicarum perspectarum partium cumulo
constat» (De umbris idearum, pp. 150-152; cfr. Cantus Circaeus, p. 672): la volta celeste, visualizzata e riprodotta dentro di noi, viene presa, dunque, come riferimento
più ampio per strutture e complessi di informazioni che richiedono il massimo grado
di generalità.
69 «Gli numerati et ordinati semi»
tura. Essa rivela anche un livello interpretativo del testo, per certi
versi meno esplicito, ma – a nostro parere – prioritario rispetto al
resto: quello della riforma dei valori morali che, prima di essere civile,
deve essere innanzitutto personale e intima, interiore, come sottolinea Bruno, e dunque sfociare solo in seguito nella riorganizzazione
dei rapporti sociali. Il passaggio dall’una all’altra, dall’interiorità all’espressione pratica di essa, è poi, per Bruno, altrettanto necessario,
perché se da una parte non può darsi praxis se non come espressione
di una teoria, vero è che una filosofia che non desse frutto e non inducesse all’azione altro non sarebbe che la sterile e vana riflessione di un
ozioso pensatore. In questo senso ciò che chiamiamo arte della memoria – che per Bruno è un complesso modo di gestire visivamente la
conoscenza – costituisce lo strumento privilegiato per sostenere tale
rivoluzione delle coscienze, per abbracciare in modo unitario la varia
e multiforme visione di un mondo che, fattosi nuovo e infinito agli
occhi del sapiente, esige un uomo altrettanto rinnovato nel pensiero
e nell’azione.
Marco Matteoli