Università degli Studi di Trieste Dipartimento di Fisica Tesi di Laurea Triennale Correnti orbitali e magnetizzazione indotta in sistemi bidimensionali Laureanda: Cecilia Chiaracane Relatore: prof. Raaele Resta ANNO ACCADEMICO 2014-2015 Indice Introduzione 3 1 Molecole in campo magnetico 1.1 Metodo LCAO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1.1 Approssimazione di Hückel . . . . . . . . . . . . . . 1.1.2 La sostituzione di Peierls . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 La matrice densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1 Il benzene: in presenza o meno di campo magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 6 7 8 8 2 Correnti indotte 13 3 Magnetizzazione orbitale 17 4 Simulazione numerica 23 Conclusioni 37 Bibliograa 39 2.1 Caso benzene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1 Teoria quantistica della magnetizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 La formula locale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1 Costruzione della matrice hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 14 18 21 23 25 Introduzione Gran parte dei lavori teorici, anche molto recenti, sul grafene è basata su una semplice Hamiltoniana di tipo tight-binding. Il metodo risale ad uno studio di Hückel del 1930 e permette di indagare facilmente le proprietà elettroniche di sistemi planari come, appunto, il grafene o le molecole aromatiche, in cui è dominante il ruolo svolto dagli orbitali π . In questa tesi si applica tale metodo a nanostrutture di grafene di dimensioni crescenti, scelte con forma esagonale e bordi di tipo armchair. La prima nanostruttura è la molecola di benzene (sei atomi di carbonio, sei elettroni π ), le successive sono il coronene (24 elettroni), e gli iper-coroneni (42, 84, 114...480 elettroni). Lo scopo è studiarne il contributo degli elettroni π alla suscettività magnetica orbitale e indagare le ambiguità riguardo la denizione di questa quantità. In chimica teorica, infatti, esiste una vasta letteratura in cui la suscettività viene reputata una conseguenza diretta delle correnti indotte da un campo magnetico esterno, dette ring currents, sui legami della molecola, che svolgono il ruolo di una rete di conduttori. Questa interpretazione sopravvive no a circa un decennio fa, quando viene fondata la teoria moderna della magnetizzazione orbitale sui solidi cristallini. Si dimostra che la magnetizzazione è indipendente dalle correnti microscopiche all'interno (bulk ) del sistema: è, invece, un osservabile che si denisce e calcola a partire dalla meccanica quantistica. La teoria moderna della polarizzazione macroscopica, in analogia, evidenzia come questa grandezza non abbia nulla a che vedere con la distribuzione di carica nel solido polarizzato. La polarizzazione di un solido, attualmente, si denisce e calcola come una fase gauge-invariante della funzione d'onda (fase di Berry). Una recente tesi di dottorato del nostro Dipartimento ha esteso la teoria moderna della magnetizzazione orbitale al caso di sistemi niti (cristalliti, nanostrutture, molecole); il messaggio principale di questa tesi è pubblicato come: R. Bianco e R. Resta, Orbital magnetization as a local property, Phys. Rev. Lett. 110, 087202 (2013). Nei sistemi niti, tuttavia, a dierenza che nei solidi, il momento magnetico si può denire e calcolare come la circolazione delle correnti, secondo la teoria elementare, e, alternativamente, secondo la teoria moderna. Si può pensare, in analogia, ad 3 Indice una funzione da integrare per parti: la quantità integrata è la stessa, ma l'integrando si ripartisce in maniera diversa nelle varie regioni della molecola. In questa tesi ci si pregge di studiare e confrontare, mediante simulazioni per i sistemi niti sopra descritti, le correnti indotte e la magnetizzazione indotta calcolata secondo la teoria moderna. 4 Capitolo 1 Molecole in campo magnetico 1.1 Metodo LCAO L'Hamiltoniana di una molecola è composta dai termini cinetici di elettroni e nuclei, e da quelli di interazione nucleo-nucleo, elettrone-elettrone e nucleo-elettrone. L'equazione di Schrödinger associata risulta, perciò, in genere, ardua da risolvere. Trascurare alcuni di questi termini, ad esempio la dinamica dei nuclei nell'approssimazione di Born-Oppenheimer, non fornisce una soluzione analitica, impossibile per un sistema di N elettroni interagenti. Si ricorre, quindi, a metodi variazionali per ottenere soluzioni approssimate: una delle tecniche più utilizzate coinvolge gli orbitali molecolari, funzioni d'onda che contengono informazioni sul comportamento del singolo elettrone sull'intera molecola. L'eetto prodotto su un dato elettrone dall'interazione repulsiva con tutti gli altri e da quella attrattiva verso i nuclei, inoltre, viene riprodotto introducendo un potenziale detto di campo medio. In tal modo si disaccoppia formalmente lo stato dinamico degli elettroni, che possono essere trattati come particelle non interagenti. Nell'approssimazione LCAO, l'orbitale molecolare |φi si esprime come combinazione lineare di orbitali atomici |χi i: |φi = X cj |χj i . (1.1.1) j Data Ĥ l'Hamiltoniana dell'elettrone nel sistema, |φi deve soddisfare l'equazione di Schrödinger: Ĥ |φi = E |φi . (1.1.2) Il principio variazionale suggerisce di scegliere i coecienti cj in modo da minimizzare l'energia E , equivalentemente il rapporto: hφ|Ĥ|φi = hφ|φi P P ∗ ∗ i,j cj ci hχi |Ĥ|χj i i,j cj ci Hi,j P = P . ∗ ∗ i,j cj ci hχi |χj i i,j cj ci Si,j 5 (1.1.3) 1 Molecole in campo magnetico Gli elementi Hi,j determinano l'interazione dell'atomo i-esimo con quello j -esimo; gli Si,j , invece, costituiscono la matrice di sovrapposizione: infatti indicano quanto in un intervallo [0,1] la funzione d'onda associata al primo atomo si sovrappone a quella del secondo. Per minimizzare E , si impone l'annullarsi delle sue derivate rispetto alla parte reale e immaginaria del coeciente ck , e si ricava il sistema di equazioni, ∀ k: X cj (Hkj − Skj ) = 0; (1.1.4) j Se si sceglie una base ortonormale, hχi |χj i = δij , la matrice di sovrapposizione risulta unitaria, e la 1.1.4 si riduce al problema agli autovalori: H c = Ec ; (1.1.5) dove H indica la matrice costituita dagli elementi Hkj , e c un vettore costituito dagli cj . Il numero degli orbitali molecolari |φm i, ciascuno associato all'energia m , che si ottengono in questo modo è pari al numero degli orbitali della base iniziale. La funzione d'onda complessiva del sistema dipende dal numero di orbitali occupati; nel caso lo siano tutti, questa è data dal determinante di Slater: |ψi = p 1.1.1 1 (2N )! |φ(1) φ(1) . . . φ(N ) φ(N ) |. (1.1.6) Approssimazione di Hückel Il numero di orbitali atomici da considerare aumenta considerevolmente con le dimensioni della molecola. Le operazioni da svolgere sono, tuttavia, semplicate dall'approssimazione introdotta da Hückel per studiare idrocarburi planari con legami coniugati. Questi sistemi presentano un piano di simmetria su cui giacciono gli atomi dello scheletro di carbonio. I due principali legami covalenti σ e π , formati per sovrapposizione, rispettivamente, di orbitali atomici ibridati sp e p, sono ortogonali e possono, quindi, essere considerati indipendentemente. Gli elettroni degli orbitali sp2 , inoltre, hanno un'energia molto inferiore al livello di Fermi: anche sperimentalmente si verica che le caratteristiche della molecola vengono determinate dagli elettroni π . Quello di Hückel è, quindi, un metodo LCAO che assume come base il set di orbitali atomici p coinvolti nei legami π . L'operatore hamiltoniano Ĥ in questa approssimazione è la somma del termine Ĥ0 , che descrive il moto dei singoli elettroni attorno ai nuclei, schermati dagli ˆ f , che simula, come accennato elettroni di core e da quelli a simmetria σ , e da un Vef nel paragrafo precedente, il potenziale repulsivo generato dagli elettroni π su uno di loro, indipendente da tutti gli altri: Ĥ = Ĥ0 + V̂ef f . 6 (1.1.7) 1.1. Metodo LCAO Gli elementi della matrice H sono deniti da: Hjj = hχj |Ĥ|χj i = hχj |Ĥ0 + V̂ef f |χj i = α ; Hij = hχi |Ĥ|χj i = hχi |Ĥ0 + V̂ef f |χj i = −tij . (1.1.8) (1.1.9) La costruzione della matrice è ulteriormente semplicata dall'uso dell'approssimazione di interazione a primi vicini, gli elementi associati a orbitali adiacenti sono equivalenti, per gli altri sono, invece, nulli: tij = i e j primi vicini altrimenti t 0 (1.1.10) Inne, si osserva che sommare ad H un multiplo della matrice identità provoca soltanto una traslazione della stessa quantità nei suoi autovalori, perciò si può scegliere α = 0. 1.1.2 A La sostituzione di Peierls L'accensione di un campo magnetico esterno B, associato al potenziale vettore , si manifesta nell'Hamiltoniana modicandone il momento: p → p − q A ; c (1.1.11) e nelle osservazioni alterando l'ampiezza di probabilità per una carica q di andare da un punto A ad un punto B nello spazio di una fase data da: Z Z iq B 2πi B θAB = A · dl = − A · dl ; c~ A φ0 A hB|AiA = hB|Ai0 eθAB ; (1.1.12) (1.1.13) denendo il quanto di usso magnetico φ0 = hce . Il termine di hopping tAB tra il sito A e il sito B , di conseguenza, acquisisce lo stesso fattore di fase: (1.1.14) t0AB → tAB = t0AB eθAB . Tale sostituzione viene detta "di Peierls". Il cammino tra A e B non è unico, si sceglie, tuttavia, quello rettilineo: il più semplice. Si hanno, inoltre, per uno stesso campo magnetico B, diverse scelte per il potenziale vettore A (libertà di gauge ), perciò la fase magnetica precedentemente denita non è univocamente determinata. La fase totale accumulata lungo un cammino chiuso ∂Σ attorno una supercie Σ, è, invece, invariante per la scelta di A, infatti: I Z A ∂Σ · ds = Z (∇ × A) · S = Σ B Σ 7 · dS = φΣ ; (1.1.15) 1 Molecole in campo magnetico con φΣ il usso magnetico attraverso Σ. La fase di Peierls per un cammino poligonale chiuso Γ è, quindi, pari al usso magnetico φΓ racchiuso da Γ in unità di φ0 , per un fattore 2π : X φΓ θi = −2π . (1.1.16) φ0 i∈Γ 1.2 La matrice densità Si consideri una molecola formata da N siti, con un orbitale |χj i per sito, tale che hχi |χj i = δij , l'm-esimo orbitale molecolare sarà, in seguito a quanto detto nei precedenti paragra: (m) |φ i= N X (m) cj (1.2.1) |χj i . j=1 L'operatore densità è dato dalla somma dei proiettori sugli stati |φ(m) i: ρ̂ = N X (1.2.2) n(m) |φ(m) i hφ(m) | ; m=1 dove n(m) è il numero di occupazione dell'orbitale e dipende dalla degenerazione di spin. Assumendo per semplicità che N sia pari, si può sostituire l'equazione 1.2.1 nella 1.2.2 e ottenere, così: ρ̂ = 2P̂ ; (1.2.3) P̂ = X (1.2.4) |χi i Pij hχj | ; ij con Pij = X (m) (m)∗ ci cj . (1.2.5) m occupati La matrice P è idempotente, ovvero P 2 = P , Pij = k Pik Pkj , e, nel caso in cui tutti gli orbitali siano occupati, coincide con la matrice identità. Nel carbonio, invece, la situazione più comune è half-lling, con un elettrone per obitale: esso, infatti, è tetravalente, tre degli elettroni si distribuiscono nell'ibridazione sp2 e il quarto nell'orbitale pz . Ciascun elemento diagonale di P fornisce, sicamente, la carica degli orbitali π attorno all'atomo corrispondente, se associati a primi vicini il modulo degli altri rappresenta l'ordine di legame. P 1.2.1 Il benzene: in presenza o meno di campo magnetico Il benzene, C6 H6 , appartiene alla classe degli idrocarburi aromatici, per cui l'approssimazione alla Hückel risulta particolarmente vantaggiosa. In questi siste8 1.2. La matrice densità mi gli atomi di carbonio possono essere divisi in due sottoset, tali che i membri di uno siano legati solo con membri dell'altro. Si può dimostrare, inoltre, come si vede in [9], che, applicando l'approssimazione di Hückel nel caso half-lling, gli elementi diagonali della matrice ρ sono pari a 1, quindi 0.5 in P , dove non si considera la degenerazione in spin, e quelli relativi a atomi dello stesso set sono identicamente nulli. Figura 1.1: Benzene e coronene: in evidenza i due sottoset. Il benzene è composto da sei atomi di carbonio, disposti in forma esagonale. Gli orbitali atomici pz che vengono combinati sono equivalenti tra loro, perciò l'integrale dell'energia su uno stesso orbitale, ovvero gli elementi diagonali della matrice hamiltoniana, non varia. La distanza di legame tra i vari atomi, inoltre, risulta sperimentalmente costante e, quindi, gli elementi −t sono uguali tra loro. Il benzene è il caso più semplice da risolvere analiticamente, e lo si utilizza anche come verica della correttezza dell'algoritmo utilizzato per derivare correnti e magnetizzazione indotte; le precedenti considerazioni, tuttavia, si applicano anche agli altri sistemi presi in considerazione in questo lavoro, come il coronene, C24 H12 . La matrice hamiltoniana risulta essere: 0 −t 0 0 0 −t −t 0 −t 0 0 0 0 −t 0 −t 0 0 H= 0 0 −t 0 −t 0 0 0 0 −t 0 −t −t 0 0 0 −t 0 Risolvendo l'equazione agli autovalori, si ricavano spettro e coecienti: πm (m) = −2t cos ; 3 1 πm (m) cj = hχj |φ(m) i = √ ei 3 j . 6 9 (1.2.6) (1.2.7) 1 Molecole in campo magnetico Nello stato fondamentale half-lling vengono occupati i primi tre orbitali, con m = -1, 0, 1. Gli elementi della matrice P sono, quindi: Pij = i π 1h 1 + 2 cos (i − j) 6 3 (1.2.8) 1/2 1/3 0 −1/6 0 1/3 1/2 1/3 0 −1/6 0 1/3 1/3 1/2 1/3 0 −1/6 0 P = 0 1/3 1/2 1/3 0 −1/6 0 −1/6 0 1/3 1/2 1/3 1/3 0 −1/6 0 1/3 1/2 Si osserva che gli elementi diagonali della matrice ρ = 2P sono pari a uno e, inoltre, che il modulo degli altri diminuisce all'aumentare della distanza di legame. Si risolve, adesso, il sistema in seguito all'accensione di un campo magnetico esterno B costante e diretto lungo l'asse perpendicolare al piano della molecola. Si adotta una gauge centrale, con origine al centro dell'esagono: ( )= A r 1 B × r. 2 (1.2.9) Il termine di hopping nell'Hamiltoniana tra l'atomo j in Rj e l'atomo j + 1 in Rj+1 si modica attraverso la sostituzione di Peierls. Si eettua l'integrale sul cammino rettilineo da Rj a Rj+1 , supponendo sia antiorario, parametrizzato con: ξ(s) = Rj + s(Rj+1 − Rj ) quindi: Z Rj+1 Rj s ∈ [0, 1] ; 1 Z ( ) · dr = (ξ(s)) · A r A 0 1 = 2 1 = 2 (B × ξ(s)) 0 1 Z B · ξ(s) × 0 Z 1 = 2 B 1 2 B = dξ ds ds 1 Z · dξ ds ds dξ ds ds 1 (Rj × Rj+1 ) ds 0 10 (1.2.10) · (Rj × Rj+1 ). (1.2.11) 1.2. La matrice densità Le equazioni 1.1.14 e 1.1.12, di conseguenza, assumono i valori: tj,j+1 = teiθj,j+1 con θj,j+1 = π B · (Rj × Rj+1 ). φ0 √ (1.2.12) Il vettore Rj × Rj+1 è parallelo a B, uguale in modulo a 3a , dove a è la lunghezza 2 S di legame, ed esprimibile anche come 3 , S l'area dell'esagono. La fase θj,j+1 è, perciò, indipendente da j : θj,j+1 = θ = 2 πφ πBS = ; 3φ0 3φ0 (1.2.13) dove φ è il usso di B attraverso l'esagono. La matrice hamiltoniana è: 0 e−iθ 0 H = −t 0 0 eiθ eiθ 0 0 0 e−iθ 0 eiθ 0 0 0 e−iθ 0 eiθ 0 0 ; eiθ 0 0 e−iθ 0 0 0 e−iθ 0 eiθ 0 0 0 e−iθ 0 ed è ciclica, infatti: Hjj 0 = −teiθ δj 0 ,j+1 − te−iθ δj 0 ,j−1 ; −iθ iθ Hj+6,j 0 = −te δj 0 ,j+7 − te δj 0 ,j+5 ; (1.2.14) (1.2.15) con j + 7 = j + 1 modulo 6 e j + 5 = j − 1 modulo 6. I nuovi autovalori sono: (m) πm hπ φ i = −2t cos + θ = −2t cos m+ 3 3 φ0 hπ eBS i = −2t cos (m + ) ; 3 hc (1.2.16) Si verica analiticamente, invece, che i corrispondenti autovettori sono gli stessi di 1.2.7; la matrice P , di conseguenza, mantiene uguali al caso B = 0 sia gli elementi diagonali, come ci si aspetta anche in sistemi più grandi del benzene, che tutti gli altri. 11 Capitolo 2 Correnti indotte In questa sezione si ricava un'espressione per la corrente nei legami tra atomi di carbonio, indotta dalla presenza di un campo magnetico esterno costante B. Si utilizza, quindi, il modello descritto nel capitolo predecente, mantenendo la stessa notazione. Se una particella di carica −e uisce lungo un lo di lunghezza a con velocità v, la corrente generata è pari a I = −ev/a Si denisce l'operatore hermitiano velocità v̂ = ~i [Ĥ, r̂], e se ne calcolano gli elementi della matrice sulla base degli orbitali atomici |χi i utilizzando, in approssimazione, le rappresentazioni sulla stessa base di Ĥ e r̂: vjj 0 = hχj |v̂|χj 0 i = iX (Hjk hχk |r̂|χj 0 i − hχj |r̂|χk i Hkj 0 ). ~ k (2.0.1) La matrice di r̂ si assume diagonale, ovvero hχj |r̂|χj 0 i = R̂j δjj 0 , perciò: vjj 0 = i (Rj 0 − Rj )Hjj 0 . ~ (2.0.2) A questo punto, si ricava il contributo dall'm-esimo orbitale molecolare alla corrente nel legame tra l'atomo in Rj e quello in Rj 0 : (m) Ijj 0 2e (m) (hφ |vjj 0 |φ(m) i − hφ(m) |vj 0 j |φ(m) i) a 2ie (m)∗ (m) = − (Rj 0 − Rj )cj cj 0 Hjj 0 + c.c. a~ =− (2.0.3) Nel caso half-lling vengono occupati la metà degli orbitali, su un totale di N, 13 2 Correnti indotte l'espressione nale per la corrente è: Ijj 0 N/2 X 2ie (m)∗ (m) cj cj 0 Hjj 0 + c.c = − (Rj 0 − Rj ) a~ m=1 2ie τ jj 0 Pj 0 j Hjj 0 + c.c. ~ 4e = Im[τ jj 0 Pj 0 j Hjj 0 ] ; ~ =− (2.0.4) dove τ jj 0 è un vettore adimensionale di ampiezza unitaria, denito τ jj 0 = (Rj 0 − Rj )/a, e Pj 0 j , come visto precedentemente, un elemento di matrice del proiettore sul ground state, P̂ . 2.1 Caso benzene Si risolve esplicitamente il sistema benzene con l'intento di vericare i valori computati dal programma elaborato. Sfruttando l' espressione già ottenuta per gli elementi dell'Hamiltoniana in presenza di campo magnetico, equazione 1.2.14, ricaviamo, a partire da 2.0.2, l'operatore velocità: vjj 0 it = − (Rj 0 − Rj )(eiθ δj 0 ,j+1 + e−iθ δj 0 ,j−1 ) ~ it iθ = − [e (Rj+1 − Rj )δj 0 ,j+1 + e−iθ (Rj−1 − Rj )δj 0 ,j−1 ] ; ~ (2.1.1) da cui si verica facilmente che la diagonale è nulla. Il contributo dell'm-esimo orbitale alla corrente dall'atomo j al successivo j + 1 è dato dall'uguaglianza 2.0.3: (m) Ij,j+1 e (m) (m) = − (vj,j+1 − vj+1,j ) a πm iet i( πm +θ) = (Rj+1 − Rj ) + e−i( 3 +θ) (Rj − Rj+1 ) e 3 6~a πm et =− (Rj+1 − Rj ) sin +θ ; 3~a 3 (2.1.2) dove sono stati utilizzati i coecienti cj ricavati dalla diagonalizzazione dell'Hamiltoniana in 1.2.7. Si osserva, inoltre, che per θ = 0, in assenza di campo magnetico, il sistema è invariante per time-reversal : l'orbitale m = 0 non fornisce corrente, mentre gli orbitali degeneri m = −1, 1 trasportano correnti uguali e opposte. La corrente si manifesta costante in modulo in tutti i legami: 1 πm 2et X 4et I=− sin +θ =− sin θ ; 3~ m=−1 3 3~ 14 (2.1.3) 2.1. Caso benzene risultato che coincide esattamente con quello generale in 2.0.4, preso Pj,j+1 = 1/3. Classicamente, una corrente I che circola in un anello piano, di area S , quella del benzene, genera un momento magnetico pari, in modulo e in unità gaussiane, a: etS 4 8πetS IS =− sin θ = − sin θ ; (2.1.4) µ= c ~c 3 3hc espressione da confrontare con i risultati ottenuti dall'implementazione della formula descritta nei paragra successivi. Da questa si può ricavare, inoltre, la suscettività magnetica: ∂µ 8πetS πeS 8 πeS 2 8πetS dθ χ= = − = − t = − ; ∂B B=0 3hc dB 3hc 3hc 9 hc (2.1.5) dove è stata necessaria l'espressione per θ in 1.2.13. Questa tesi non riguarda l'analisi della suscettività, tuttavia, vi si possono trovare delle informazioni sul senso di circolazione delle correnti. Alternativamente, il contributo alla suscettività dell'orbitale m è: χ(m) eπS 2 πm ∂ 2 (m) = −2t ; =− cos ∂B 2 B=0 3hc 3 (2.1.6) utilizzata la (m) contenuta in equazione 1.2.16. Sommando sugli orbitali molecolari a energia minore, m = ±1, 0, doppiamente occupati, si ottiene: 8 πeS 2 χ=− t . 9 hc (2.1.7) La formula coincide con quella trovata precedentemente dall'elettromagnetismo classico, e conferma, inoltre, che il benzene è diamagnetico: ci si aspetta delle correnti circolanti in senso orario, qui indicate negative. 15 Capitolo 3 Magnetizzazione orbitale La magnetizzazione macroscopica M è una grandezza familiare agli studenti sin dai primi corsi di Elettromagnetismo, dove si apprende la teoria classica del XIX secolo di Ørsted, Ampère, Gauss, Faraday, Maxwell. Le sue sorgenti in meccanica quantistica sono state individuate durante la prima metà del XX secolo e, oggi, si distinguono senza ambiguità due termini: la magnetizzazione di spin M(spin) e quella orbitale M(orb) , entrambe misurabili sperimentalmente da circa mezzo secolo. Per M(spin) può essere denita, anche su un reticolo, una densità di dipolo, la densità di spin, che, mediata sulla cella, ritorna la quantità di interesse; non avviene altrettanto nel caso orbitale. Ci si riferisce, perciò, in seguito, a M solo per M(orb) . Per un campione nito di volume V , la denizione elementare di M in unità gaussiane è: Z M = m V = 1 2cV dr r × jmicro (r) ; (3.0.1) dove m è il momento magnetico e j(micro) (r) la densità di corrente microscopica orbitale. In un solido cristallino, tuttavia, questa magnetizzazione elementare è indeterminata. Un cristallo perfetto è, infatti, innito o reso nito con l'uso di condizioni periodiche al contorno (PBC): in entrambi i casi non possiede una supercie che ne racchiuda il volume. La presenza dell'operatore posizione nella formula precedente rende evidente che la densità di corrente macroscopica responsabile della magnetizzazione in un cristallo di grandi dimensioni uniformemente magnetizzato è localizzata vicino la supercie, e viene, quindi, persa, quando si considera il modello ideale del solido innito. La magnetizzazione, è, inoltre, conosciuta come una proprietà di bulk. Nel 1997 è stata pubblicata una nota rassegna sulla magnetizzazione, a cura di Hirst, in [3], che evidenzia il problema appena descritto. Le moderne teorie della magnetizzazione si sviluppano a partire dal 2005, [4] e [5]. Viene fornita, inne, un'espressione per M in sistemi cristallini di elettroni indipendenti, denita nello spazio dei k, con condizioni al contorno periodiche (PBC). In una recente tesi di dottorato del nostro Dipartimento, [1], si ricava per M un'e17 3 Magnetizzazione orbitale spressione locale, nello spazio r, in funzione del proiettore sullo stato fondamentale P̂ , che unica le teorie per sistemi niti ed estesi, e le contiene entrambe come casi particolari. 3.1 Teoria quantistica della magnetizzazione Si consideri, in principio, un generico sistema di elettroni in campo magnetico , la dinamica viene descritta dall'operatore hamiltoniano: B 1X X 1 (B) p̂ + Vext (r̂i ) + Ĥ = Vee (r̂i − r̂j ) ; 2m i 2 i6=j i e (B) p̂i = p̂i + A(r̂i ) ; c B = ∇×A ; (3.1.1) (3.1.2) (3.1.3) da cui si denisce, riservando la verica della consistenza dell'espressione alle righe successive, l' "operatore momento di dipolo": m̂ =− ∂ Ĥ . ∂B (3.1.4) Dato un certo B esiste, naturalmente, una certa libertà nella scelta del potenziale vettore, detta di gauge, che si estende, quindi, anche all'operatore momento di dipolo. Le quantità misurabili, invece, non dipendono da questa scelta. Si assume, per un campo magnetico uniforme, la gauge a simmetria centrale: A 1 ≡ (B × r ) ; 2 (3.1.5) in tal caso si può mostrare facilmente che l'operatore momento magnetico orbitale è: m̂ =− e X (r̂i × v̂i ). 2c i (3.1.6) L'operatore v̂ è già stato denito nel precedente capitolo ed è invariante per la scelta del potenziale vettore. Per connettere l'operatore al momento magnetico orbitale del sistema bisogna considerare, preso un sistema nito con un numero ssato di elettroni, l'entalpia magnetica del sistema, che a temperatura zero è: H(N, B) = h0|Ĥ|0i ; 18 (3.1.7) 3.1. Teoria quantistica della magnetizzazione dove |0i è lo stato fondamentale, a questo punto dal teorema di Hellmann-Feynman segue: ∂H m = − ∂ B N,T =0 =− ∂ h0|Ĥ|0i ∂B = − h0| (3.1.8) ∂ Ĥ |0i ∂B = h0|m̂|0i ; il valore di aspettazione dell'operatore sullo stato fondamentale fornisce, eettivamente, il momento magnetico del sistema a temperatura zero. L'operatore così ricavato costituisce l'analogo in meccanica quantistica della formula classica: Z 1 m = r × j(r) dr. (3.1.9) 2c Si verica ciò con la denizione dell'operatore densità di corrente: ( )= ĵ r X ( ); ĵi r (3.1.10) i dove −e ρ̂i (r)v̂i + v̂i ρ̂i (r) 2 è l'operatore densità di corrente per l'i-esima particella e ( )= ĵi r ρ̂i (r) = δ(r − r̂i ) (3.1.11) (3.1.12) il suo operatore densità di numero. Applicando queste denizioni risulta, infatti: 1 2c Z Z −e X r × ĵ(r) dr = r × ρ̂i (r)v̂i + v̂i ρ̂i (r) dr 4c i Z −e X r × δ(r − r̂i )v̂i + v̂i δ(r − r̂i ) dr = 4c i −e X = r̂i × v̂i 2c i = m̂. 19 (3.1.13) 3 Magnetizzazione orbitale Inne: m = hm̂iGS 1 = 2c Z r × hĵiGS dr. (3.1.14) L'espressione non è localizzata nello spazio reale e prende inevitabilmente in considerazione l'intero sistema, bordi compresi: è, quindi, applicabile senza problemi a quelli limitati con condizioni al contorno open (OBC), ma non può essere usata per gli estesi con PBC, che non presentano una supercie verso l'esterno. Calcolato il momento magnetico per una struttura nita, nel limite termodinamico, ovvero mandando le dimensioni spaziali all'innito, si dovrebbe ricavare la magnetizzazione orbitale del cristallo. Si perde, tuttavia, il contributo dai bordi, che, invece, come accennato nell'introduzione al paragrafo, per un cristallo uniformemente magnetizzato sono perno dominanti. Se si testa, infatti, la formula precedente in un cristallo, usando un set completo di funzioni di Wannier, funzioni localizzate su cui il valor medio di r̂ può essere denito anche in PBC, non si ottengono risultati corretti. La magnetizzazione orbitale è una quantità di bulk e dovrebbe essere, quindi, possibile trascurare la supercie e considerare soltanto l'interno del cristallo o della struttura nita. Si considera, adesso, una nanostruttura bidimensionale descritta secondo i modelli e le approssimazioni dei capitoli precedenti: sono rilevanti solo gli elettroni π , le cui mutue interazioni sono approssimate da un potenziale di campo medio. La loro dinamica è contenuta in funzioni d'onda, gli orbitali molecolari, soluzioni di un'equazione agli autovalori che coinvolge una matrice hamiltoniana di interazione a atomi primi vicini (LCAO, Hückel). In questo caso, il momento magnetico è: m h i = Tr P̂ m̂ ; (3.1.15) con P̂ la matrice densità, ovvero il proiettore sullo stato fondamentale, e l'operatore per una singola particella: m̂ ≡− e r̂ × v̂. 2c m̂ qui (3.1.16) Ricordando la denizione del vettore adimensionale τ , si introduce la matrice posizione normalizzata τ̂ , i cui elementi sono Rj δjj 0 /a, con a lunghezza di legame, allora: i i iea2 h ea h m = − Tr P̂ τ̂ × v̂ = − Tr P̂ τ̂ × [Ĥ, τ̂ ] 2c 2~c i iea2 h =− Tr P̂ τ̂ × (Ĥ τ̂ ) ; 2~c 20 (3.1.17) 3.2. La formula locale il momento m è diretto perpendicolarmente al piano della molecola, in modulo: h i i iea2 h ea2 Tr P̂ τ̂ x Ĥ τ̂ y − P̂ τ̂ y Ĥ τ̂ x = − ImTr P̂ τ̂x Ĥ τ̂y m=− 2~c ~c X ea2 Im hχj |P̂ τ̂x Ĥ τ̂y |χj i ; =− ~c j (3.1.18) un'espressione dicile da calcolare analiticamente anche per il benzene. 3.2 La formula locale La formulazione quantistica della magnetizzazione orbitale, come discusso nel paragrafo precedente, comporta due principali problemi: contiene l'operatore r̂, mal denito in PBC, e include dei contributi dal bordo del sistema, che in PBC non esiste per costruzione e che, anche in OBC, minano alla natura esplicitamente di bulk della grandezza in considerazione. Nella tesi di dottorato Chern invariant and orbital magnetization as local quantities, Bianco sostiene che per individuare i termini interni e della supercie nella formula per la magnetizzazione sia necessario riscriverla in modo da poterla formalmente utilizzare in entrambe le scelte di condizioni al contorno. Nei sistemi cristallini gli autostati su cui calcolare la traccia 3.1.18 sono funzioni di Bloch |ψnk i, ovvero, rappresentate in posizione, onde piane di vettore d'onda k modulate da un funzione periodica sul reticolo: sono delocalizzate. Si dimostra, tuttavia, che gli operatori P̂ r̂Q̂ ; Q̂r̂ P̂ ; (3.2.1) con Q̂ = 11 − P̂ , il proiettore sugli stati vuoti, commutano con l'operatore di traslazione sul reticolo T̂R tale che: hr|T̂R φi = hr − R|φi ; (3.2.2) dove R è un vettore del reticolo cristallino. Gli operatori risultanti, sono, quindi, delle osservabili ben denite anche con condizioni al contorno periodiche. A tal ne, considerando che P̂ e Q̂ commutano tra loro e con Ĥ , si sostituisce in 3.1.18: Ĥ = (P̂ + Q̂)Ĥ(P̂ + Q̂) = P̂ Ĥ P̂ + Q̂Ĥ Q̂ + P̂ Ĥ Q̂ + Q̂Ĥ P̂ = P̂ Ĥ P̂ + Q̂Ĥ Q̂ + P̂ Q̂Ĥ + Q̂P̂ Ĥ = P̂ Ĥ P̂ + Q̂Ĥ Q̂ ; 21 (3.2.3) 3 Magnetizzazione orbitale ottenendo: iea2 h m=− Tr P̂ τ̂x P̂ Ĥ P̂ τ̂y P̂ + P̂ τ̂x Q̂Ĥ Q̂τ̂y P̂ 2~c i − P̂ τ̂y P̂ Ĥ P̂ τ̂x P̂ − P̂ τ̂y Q̂Ĥ Q̂τ̂x P̂ . (3.2.4) In due dei termini gli operatori posizione sono già posti tra P̂ e Q̂, si considerano, adesso, gli altri, ricordando la relazione tra i due proiettori e la loro idempotenza, l'invarianza della traccia per una permutazione ciclica e che τ̂ x commuta con τ̂ y : h i Tr (11 − Q̂)τ̂x P̂ Ĥ P̂ τ̂y (11 − Q̂) − (11 − Q̂)τ̂y P̂ Ĥ P̂ τ̂x (11 − Q̂) = h i = −Tr Q̂τ̂x P̂ Ĥ P̂ τ̂y Q̂ + Q̂τ̂y P̂ Ĥ P̂ τ̂x Q̂ . (3.2.5) Inne, sostituendo l'uguaglianza precedente in quella relativa a m, si arriva alla formula locale per il momento magnetico: m= h i ea2 ImTr P̂ τ̂x Q̂Ĥ Q̂τ̂y P̂ − Q̂τ̂x P̂ Ĥ P̂ τ̂y Q̂ ; ~c (3.2.6) la traccia di un operatore che può essere formalmente denito anche in PBC e rappresentato in posizione. Inoltre, eettuando il limite termodinamico con P̂ e Q̂ su una base di orbitali di Bloch, si ottiene l'espressione della magnetizzazione orbitale in un solido cristallino nello spazio k della più moderna letteratura sull'argomento. Per i sistemi niti presi in considerazione in questa tesi, si possono ricavare i contributi atomici alla magnetizzazione totale come: mj = ea2 Im hχj |P̂ τ̂x Q̂Ĥ Q̂τ̂y P̂ |χj i − Im hχj |Q̂τ̂x P̂ Ĥ P̂ τ̂y Q̂|χj i ; ~c (3.2.7) nel caso benzene deve risultare, ovviamente, mj = m/6. Bianco procede oltre denendo: h i e M̂1 ≡ Im P̂ r̂Q̂Ĥ Q̂r̂P̂ − Q̂r̂P̂ Ĥ P̂ r̂Q̂ ~c M1 (r) ≡ hr|M̂1 |ri ; (3.2.8) (3.2.9) attraverso cui esprimere, per un sistema nito bidimensionale di area A : 1 M = A Z dr M1 (r) ; (3.2.10) l'integrale si può suddividere in un contributo dall'interno e uno dal bordo. Quest'ultimo viene, nella tesi, riformulato in termini di bulk. Inne, si dimostra che per valutare M in una regione macroscopicamente omogenea all'interno di un campione, indierentemente in PBC o OBC, è suciente eettuare la media macroscopica di M1 (r) in tale regione. 22 Capitolo 4 Simulazione numerica In questo capitolo si descrive l'algoritmo con cui sono state ottenute le correnti tra gli atomi di carbonio dei sistemi in esame, il momento magnetico totale e i singoli contributi ad esso secondo la moderna teoria, prima per atomo e, poi, per legame. Nell'ultima parte vengono illustrati i risultati ottenuti, confrontando le zone magneticamente attive in funzione della distanza dal centro della nanostruttura. La simulazione è stata implementata attraverso un programma in linguaggio Fortran90, con uso della libreria di algebra lineare LAPACK nella diagonalizzazione delle matrici, e i graci disegnati da gnuplot. 4.1 Costruzione della matrice hamiltoniana Il valore di un elemento della matrice hamiltoniana dipende dalla distanza relativa tra i due atomi che gli sono associati. È stato necessario, quindi, immaginare un modo di generare atomi per ciascuno dei quali fossero univocamente denite le informazioni sulla posizione, così da poter determinare le relazioni ai primi vicini. L'algoritmo deve, inoltre, permettere facilmente l'estensione della struttura. Si è costruita una griglia immaginaria sul piano contenente la molecola, in unità √ 3 di 2 a lungo x̂ e di a2 lungo ŷ , con a la lunghezza di legame carbonio-carbonio, rappresentata in Fortran da un vettore di numeri interi a due componenti. L'intervallo su cui si estende l'indice di ognuna di esse è determinato dalla scelta della dimensione D del sistema e il punto (0, 0) coincide sempre con il suo centro. Si esaminano delle nanostrutture di grafene in forma esagonale, con bordi di tipo armchair. La prima nanostruttura è il benzene, le successive si ottengono aggiungendo anelli esagonali al nucleo centrale. La loro dimensione viene indicata, all'interno di questo lavoro, con D, ovvero l'estensione in numero di esagoni lungo la direzione ŷ . 23 4 Simulazione numerica Figura 4.1: Le unità della griglia lungo x̂ e ŷ . Nella fase iniziale nessun atomo è presente sul reticolo, per cui il vettore assume il valore zero su tutti gli indici, ovvero punti sulla griglia; vengono successivamente aggiunti procedendo lungo l'asse x̂: si sovrascrivono con 1 gli elementi di indice y pari per valore di x pari, e gli elementi di y dispari su una riga di indice x dispari, escludendo su tutte le righe le y corrispondenti ai centri degli esagoni. In tal modo si ottiene un reticolo esagonale di forma quadrata. I bordi armchair vengono modellati osservando che sono costituiti da successioni, a partire dal punto (0, ymax ), di blocchi di atomi, quattro per D pari, tre per D dispari, in posizioni relative costanti che, ad ogni ripetizione, vengono interamente traslati indietro lungo y di tre indici. Considerando xmax e l'intervallo in x che ciascuna ripetizione del blocco occupa, si ricava quante di queste si susseguono e, quindi, il numero di atomi e la loro posizione sul bordo. Figura 4.2: Le strutture con D = 2, 3. Gli atomi sono numerati. Una volta individuati tutti gli atomi, si ordinano banalmente con un doppio ciclo for in [−xmax , xmax ] e [−ymax , ymax ]: per riempire la matrice hamiltoniana basta, a questo punto, eettuare nuovamente due cicli su tutta la griglia, leggere la coppia di valori i e j assunti dal vettore reticolo nei due punti considerati e determinare, 24 4.2. Risultati quindi, se gli atomi relativi siano primi vicini o meno. La matrice hamiltoniana che si costruisce diventa, così, dicile da analizzare rispetto a quella che si otterrebbe con un ordinamento orario o antiorario degli atomi. Nel caso del benzene, tuttavia, è facile individuare quale semplice trasformazione della base degli orbitali |χj i su cui è rappresentata la matrice provochi il diverso ordinamento. 4.2 Risultati Ottenuti energie e autovettori attraverso la subroutine ZHEEV, che lavora con numeri complessi in precisione doppia, la matrice densità viene computata associando ad ogni suo elemento la sua posizione nel piano. Successivamente, il programma aggiunge al sistema il campo magnetico e implementa direttamente le formule elencate nei precedenti capitoli per descrivere correnti e magnetizzazioni. La rappresentazione sulla base |χj i di un prodotto di operatori, tuttavia, viene sostituita dal prodotto tra le rappresentazioni di ciascuno di essi sulla stessa base. I valori ricavati sono tutti adimensionali. Nei lavori sulle correnti ad anello nelle molecole aromatiche, infatti, i risultati sono usualmente espressi in unità delle stesse grandezze riferite al benzene, ottenute con lo stesso metodo, e si è esteso qui questo costume anche ai momenti magnetici. Si fanno, inoltre, le considerazioni seguenti, valide in ogni gauge : gli unici elementi diversi da zero nella matrice hamiltoniana sono quelli a primi vicini, della forma Hjj 0 = −teiθjj0 con θjj 0 = − e (Rj 0 − Rj ) · [A(Rj 0 ) + A(Rj )]. 2~c (4.2.1) Per B costante A è lineare, ovvero A(r) = aA(r/a); ricordando la denizione del vettore unitario adimensionale τ jj 0 , diventa: θjj 0 = − e πa2 [A(Rj 0 /a) + A(Rj )/a] · τ jj 0 = − [A(Rj 0 /a) + A(Rj /a)] · τ jj 0 . 2~c φ0 (4.2.2) Si utilizzano, quindi, delle coordinate normalizzate, rendendo il valore della lunghezza di legame a, dell'ordine dell'angstrom e diversa in ciascuna nanostruttura, irrilevante nelle formule implementate. Il valore del termine di hopping, per il grafene t ∼ 2.8 eV , non determina, analogamente, perdita di generalità. Si possono denire, adesso, un campo magnetico adimensionale e il corrispondente potenziale vettore: B̃ θjj 0 πa2 B e B̃ = ∇ × Ã ; φ0 = −[Ã(Rj 0 /a) + Ã(Rj /a)] · τ jj 0 . = (4.2.3) (4.2.4) Un campo adimensionale di modulo |B̃| = 1, corrisponde, quindi, a un usso unitario attraverso un cerchio di raggio a. Scelto, quindi, il valore di |B̃| = 10−3 , si è 25 4 Simulazione numerica vericata preliminarmente la linearità delle risposte di corrente con il modulo del campo magnetico. Le correnti sono espresse in unità di et/~, le magnetizzazioni, invece, in eta2 /(~c). I primi risultati analizzati sono stati quelli relativi al benzene, D = 1, con lo scopo evidente di confrontarli con la soluzione analitica in 2.1.3 per quanto riguarda la corrente, e in 2.1.4 per la magnetizzazione. La corrispondenza è stata confermata sia in gauge centrale che in gauge di Landau. Si è osservato, in seguito, che la scelta non alterava neanche le grandezze relative alle strutture successive, come ci si aspettava. Il programma fornisce le componenti della corrente lungo l'asse x̂ e ŷ , da queste risulta evidente che la risposta del benzene è diamagnetica, come aermato in 2.1.7. Un campo magnetico diretto lungo l'asse ẑ perpendicolare al piano della molecola, di modulo adimensionale |B̃| = 10−3 induce una corrente che uisce in senso orario, qui indicato con segno negativo, pari a I = (−1.1546861 · 10−2 ) et~ . La gura e i graci seguenti mostrano che per dimensioni D maggiori le risposte più intense scorrono in senso orario, e sono maggiormente concentrate sull'anello esterno. In particolare, i dati relativi al coronene, I = 0, 4233804 sull'anello benzenico interno, disaccoppiato dal secondo, con I = −1, 4583767, sono in accordo, in modulo, con quelli riportati per la corrente di particella, e non di carica, sull'articolo di Dickens e Mallion in referenza [8]. 26 4.2. Risultati 1 0.5 corrente I 0 -0.5 -1 -1.5 -2 -2.5 0 1 2 3 4 5 6 Distanza dal centro (a) 7 8 9 10 Figura 4.3: Le correnti nei legami della struttura con D = 7 e 222 atomi espresse in multipli della stessa grandezza nel benzene. In ascissa vi è la distanza dal centro del sistema del punto medio tra le posizioni dei due atomi coinvolti nel legame, in unità di a. 1 0.5 corrente I 0 -0.5 -1 -1.5 -2 -2.5 0 2 4 6 8 10 Distanza dal centro (a) 12 14 16 Figura 4.4: Correnti nei legami contro la distanza dall'origine, con D = 10 e 480 atomi. 27 4 Simulazione numerica I momenti magnetici, invece, hanno tutti segno negativo, ovvero sono diretti lungo l'asse perpendicolare alla molecola, in verso opposto a quello del campo magnetico. I contributi locali per atomo sono stati calcolati secondo 3.2.7 e in ogni caso si è controllato che la loro somma desse il momento totale in 3.1.18. Per il benzene, la formula locale ha fornito per tutti gli j , equivalenti tra loro, mj = −4, 9999370 · 10−3 eta2 /(~c), valore che, moltiplicato per 6, conferma il momento magnetico totale m = −2, 9999622 · 10−2 eta2 /(~c). Nei graci successivi sono riportati i "momenti atomici" in funzione della distanza che li separa dal centro della struttura, e la frazione che fornirebbe ogni atomo al momento totale, se tutti contribuissero allo stesso modo. Entro i primi a i momenti locali giacciono vicino la retta in un intervallo di un paio di unità in ordinata; quelli successivi, però, se ne discostano e, in particolare sul bordo, oscillano tra valori più e meno intensi. La densità di carica indicata nella matrice densità ρ computata, tuttavia, rimane costante anche all'accensione del campo magnetico. 28 4.2. Risultati 10 m per atomo 8 6 4 2 0 0 2 4 6 Distanza dal centro (a) 8 10 Figura 4.5: I contributi atomici al momento magnetico totale in multipli di quello computato per il benzene, in funzione della distanza degli atomi dal centro del sistema. La retta indica il momento totale diviso il numero di atomi, in questo caso, con D = 7, se ne hanno 222. 16 14 12 m per atomo 10 8 6 4 2 0 0 2 4 6 8 10 Distanza dal centro (a) 12 14 16 Figura 4.6: Contributi atomici e momento magnetico medio nel sistema con D = 10 e 480 atomi. 29 4 Simulazione numerica Ritenendo, inizialmente, il risultato dovuto all'approssimazione tight-binding utilizzata, ovvero considerare gli elettroni vicini agli atomi, si è reputato più realistico considerare la densità di carica posta sul legame tra un atomo e il suo vicino e calcolare, quindi, i contributi per legame al momento magnetico totale. Ogni atomo contribuisce con una frazione del suo momento magnetico che dipende dalle interazioni in cui è coinvolto, 31 o 12 , spostata al centro del legame. Nel benzene, tale denizione ritorna, come ci si aspetta, il precedente mj = −4, 9999370 · 10−3 eta2 /(~c). Si riportano in graco questi momenti magnetici per legame in funzione della distanza del punto medio tra i due atomi dall'origine del sistema, la retta interseca in ordinata, analogamente a prima, la frazione media con cui contribuirebbe ciascun legame, se fossero tutti equivalenti. Si osserva che tale quantità ha un comportamento più regolare di quella denita precedentemente, infatti no a circa metà delle ascisse i valori sono distribuiti intorno alla retta, e questa tendenza è più evidente aumentando le dimensioni del sistema. Avvicinandosi al bordo, tuttavia, si ripete quanto evidenziato per i momenti atomici. 30 4.2. Risultati 8 7 m per legame 6 5 4 3 2 1 0 0 2 4 6 Distanza dal centro (a) 8 10 Figura 4.7: I contributi per legame al momento magnetico totale, divisi per il valore associato nel benzene, in funzione della distanza del centro del legame dall'origine del sistema, in unità di a. Si hanno 312 legami per D = 7. 14 12 m per legame 10 8 6 4 2 0 0 2 4 6 8 10 Distanza dal centro (a) 12 14 16 Figura 4.8: I contributi per legame e il momento medio nella struttura con D = 10 e 690 legami. 31 4 Simulazione numerica Si è pensato, inne, di ragurare direttamente sullo scheletro della molecola i dati ricavati, per un D abbastanza grande da apprezzare la distribuzione delle intensità a seconda della distanza dal centro, ma non da rendere la mappa dicile da leggere. Viene evidenziato per le correnti il senso di scorrimento, orario per quelle negative, antiorario per le positive, e per i momenti magnetici la posizione a cui si attribuisce il contributo locale, sugli atomi o a metà dei legami. Le intensità, ovvero il rapporto tra i valori computati e le stesse grandezze riferite al grafene, sono rappresentate attraverso i colori elencati nella legenda in ciascuna gura. Nella prima immagine si osserva chiaramente il diamagnetismo già discusso precedentemente, e il disaccoppiamento tra l'anello benzenico e gli altri, caratteristica che si è mantenuta anche nelle successive strutture. Nelle due seguenti gure è evidenziata l'alta simmetria che caratterizza il sistema; in particolare si nota che il numero di gruppi di oggetti equivalenti, e, quindi, di valori diversi, è maggiore per i legami piuttosto che per gli atomi, nel benzene ve n'è solo uno in entrambi i casi. Figura 4.9: I versi di percorrenza delle correnti e relative intensità nei legami della nanostruttura con D = 4, 84 atomi e 114 legami. 32 4.2. Risultati Figura 4.10: I contributi atomici al momento magnetico totale, quello medio è m = 4, 139. Figura 4.11: I momenti magnetici sui legami, la quantità media in questo caso è 3, 050. 33 4 Simulazione numerica All'inizio del lavoro ci si aspettava di vericare chiaramente verso l'interno della struttura il tendere a zero delle correnti e un andamento costante dei momenti magnetici locali, prova delle considerazioni espresse più volte nel capitolo precedente sulla magnetizzazione orbitale. Le zone magneticamente attive, in eetti, sono diverse secondo l'approccio classico e moderno, tuttavia, al crescere delle dimensioni delle nanostrutture non viene evidenziato un andamento denito per nessuna delle due quantità. La parziale manchevolezza dei risultati potrebbe essere dovuta alle modeste risorse di calcolo dedicate in questo lavoro di tesi, che precludono la computazione dei sistemi rappresentati, ad esempio, nell'articolo Magnetic response in nite carbon graphene sheets and nanotubes, in referenza [6], con D ∼ 16 e ∼ 1200 atomi, dove è evidente l'annullarsi delle correnti al centro della struttura. Si sottolinea, inoltre, che al crescere delle dimensioni lo spettro evolve verso quello del grafene in campo magnetico, non continuo ma discreto, in seguito alla formazione dei livelli di Landau. Si può esprimere il momento magnetico per un elettrone come: m =− gl µB L ; h (4.2.5) e~ = 0.927 · 10−20 (erg/gauss) il magnetone di Bohr, gl la degenecon µB = 2mc razione in spin e L il momento angolare orbitale in unità di ~. Nel caso del gas di elettroni liberi ha forma analoga a quello di un oscillatore armonico lo spettro eB n = ~ωc n + 21 , con ωc = mc 2 , e la densità di stati N in ogni livello dipende dal campo magnetico. Se il numero di elettroni N = N , il più basso livello di Landau sarà completamente occupato. √ Nel grafene le energie non sono equispaziate, ma seguono un'andamento ∼ ± n, e, inoltre, il livello di Landau con n = 0 viene solo parzialmente riempito. 34 4.2. Risultati 2 ∆E 1.5 1 0.5 0 0 5 10 15 Estensione lungo y (a) 20 25 30 Figura 4.12: Variazione in energia, con t = 1, tra l'orbitale molecolare occupato a energia più alta (HOMO) e quello non occupato a energia più bassa (LUMO), in presenza del campo magnetico B per strutture con D crescente. Il gap tende a zero come x1 , x le dimensioni lineari del sistema. 2 ∆E 1.5 1 0.5 0 0 5 10 15 Estensione lungo y (a) 20 25 30 Figura 4.13: La variazione di energia tra HOMO e LUMO in assenza di campo magnetico. 35 Conclusioni Lo scopo dell'elaborato era confrontare, in nanostrutture bidimensionali nite composte da atomi di carbonio, immerse in un campo magnetico costante, le risposte in corrente e magnetizzazione, quest'ultima attraverso l'uso della formula locale. Le quantità di interesse sono state facilmente implementate in approssimazione LCAO. Avvalendosi dello strumento nuovo fornito da Bianco, si sperava di evidenziare la scorrelazione tra le correnti indotte all'interno di un sistema, nel bulk, e il momento magnetico nelle corrispondenti regioni microscopiche. Ci si aspettava che l'intensità delle prime decrescesse no a zero verso il centro, come osservato nell'articolo in referenza [6], e che il secondo, invece, tendesse ad un valore costante. In via preliminare, le simulazioni hanno riprodotto alcuni dei risultati pubblicati: si ritrovano le soluzioni analitiche per il benzene e, in particolare il comportamento diamagnetico è vericato in tutte le strutture. Si verica che la rete di legami sulla molecola agisce come un vero e proprio circuito: le intensità delle correnti rispettano la ben nota legge classica di Kirchho. Nel coronene, inoltre, le correnti ad anello sono compatibili con quelle calcolate da Dickens e Mallion con tutt'altro metodo. I risultati, tuttavia, come accade in sica computazionale nei casi più felici, sono in parte imprevisti. Le zone magneticamente attive della molecola, eettivamente, sono diverse secondo l'approccio classico e moderno: le correnti sugli anelli più interni hanno intensità dimezzata rispetto alle esterne, e i contributi locali di momento magnetico, con una maggiore evidenza in quelli per legame piuttosto che per atomo, entro una certa distanza dal centro si distribuiscono attorno alla risposta media, ricavata dalla magnetizzazione totale. Sui bordi, però, i valori oscillano non permettendo di individuare un andamento preciso. Si attribuisce tale dicoltà a due motivi: le limitate risorse di calcolo disponibili, che precludono l' "esplorazione" del debole miglioramento osservato al crescere delle dimensioni della struttura, e l'evoluzione dello spettro, intanto, verso quello del grafene in campo magnetico, il quale non è continuo ma discreto. 37 Bibliograa [1] R. 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