DEL POPOLO
Crisi, si prospettano nuove bolle all’orizzonte
L’America stenta, l’Europa frena
Segnali di consolidamento
La ripresa economica a livello globale mostra segnali di consolidamento, ma la velocità
è fortemente differenziata. Le economie emergenti sono tornate a viaggiare a velocità sostenuta, la Germania ha la marcia da locomotiva,
ma non è poi sufficiente a trainare il resto dell’Europa a causa della sostenibilità del debito
di molti Paesi del vecchio continente.
Dagli Stati Uniti i segnali sono contrastanti. Nel complesso gli ultimi dati mostrano un affaticamento della crescita e questo
sta alimentando i timori degli investitori con
riflessi su Wall Street. Le profonde ristrutturazioni aziendali, i provvedimenti straordinari di iniezioni di liquidità da parte delle
banche centrali, gli enormi sostegni pubblici
dei governi all’economia (la Bce ha calcolato che gli Stati hanno immesso nell’economia risorse pari al 27 p.c. del Pil mondiale)
hanno permesso che la grande crisi finanziaria si trasformasse nella più grande depressione della storia. Ma gli interventi straordinari e le riorganizzazioni aziendali hanno
quasi esaurito i loro effetti. Anzi. Gli aiuti
pubblici stanno terminando e i governi hanno iniziato a recuperare le risorse dei contribuenti, Stati Uniti in primis che attraverso i
fondi Tarp ha garantito oltre mille miliardi di
dollari alle aziende in crisi (da GM e Chrysler ai 180 miliardi consessi a AIG).
Tassi d’interesse
I tassi di interesse hanno ripreso a salire
a causa delle spinte inflazionistiche provocate
dalla bolla sulle materie prime (oltre alla Bce,
la Cina ha alzato i tassi 6 volte in 13 mesi e
l’India ben 11 volte in 15 mesi). Oltre a tassi
bassi, l’economia e il sistema finanziario stanno beneficiando delle misure non convenzionali alle quali sono ricorse le banche centrali
per immettere nel sistema gigantesche masse
di liquidità. La Federal Reserve americana ha
annunciato che da fine giugno termineranno
le misure straordinarie e anche la Bce da tempo ha annunciato un progressivo rientro di tali
misure. La questione è che il ritiro delle misure straordinarie è equivalente a un consistente
aumento del costo del denaro.
Misure non convenzionali
È su questo punto che alla Bce si stanno
arrovellando. Dopo aver messo mano a tutta la potenza di fuoco di cui dispone l’Eurotower, ora la domanda è con quali tempi e
modalità far rientrare completamente le misure non convenzionali senza arrecare danni
profondi? Il problema è che gli indicatori dell’area euro sono una media come il pollo di
Trilussa. La Germania corre e i conti sono a
posto, i Paesi periferici sono ancora in recessione e con conti pubblici quasi fuori controllo. Il primo appuntamento sarà il mese prossimo quando la Fed farà rientrare le misure
straordinarie, ma quello principale è in autunno quando i Paesi del G20 dovranno decidere
la nuova architettura di governance per assicurare solidità al sistema finanziario e dunque
garantire una crescita economica sostenibile.
Alta intensità politica
E parlando di governance finanziaria il
pensiero va alle considerazioni finali di Mario
Draghi, che nel suo intervento ha sottolineato
ancora una volta che la riscrittura delle regole
è “un processo ad alta intensità politica”. La
devastante crisi finanziaria ed economica ha
mostrato in modo chiaro che serve una profonda revisione dell’architettura normativa
globale. “Il capitalismo deve essere regolato, come hanno insegnato gli stessi maestri
del pensiero liberale, in primo luogo Luigi Einaudi”, affermava Draghi il mese scorso a Torino. Governi e parlamenti dovranno recepire
le nuove regole, ma negli ultimi mesi Draghi
insiste sulla coerenza e sul coordinamento.
Oggi nelle considerazioni finali sottolinea che
“è cruciale assicurare la piena attuazione delle
nuove regole, secondo i tempi previsti, in tutte le giurisdizioni” e al riguardo Stati Uniti e
Europa hanno una “responsabilità fondamentale”. In un mondo globalizzato “gli interessi
nazionali non devono prevalere, ne va della
credibilità delle riforme, della stessa stabilità
finanziaria”. Le parole di Draghi vanno ben
tenute a mente. Insieme al presidente della
Bce Trichet, all’economista Nouriel Roubini è stato tra i primi a segnalare i pericoli del
sistema finanziario. Oggi ci dice che la riforma del sistema finanziario internazionale sarà
uno dei fondamenti su cui poggerà il governo
del rapporto fra mercato e democrazia.
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Sui mercati finanziari stanno aumentando i timori sulla capacità di ripresa economica degli Stati Uniti, l’Eurozona è ancora alle
prese con le pressioni sui Paesi periferici a
causa dei gravi squilibri nei conti pubblici e,
intanto, si vanno profilando nuove bolle all’orizzonte che riguardano le materie prime.
Dopo la pesante crisi finanziaria e conseguente recessione non si può dire che sull’economia globale sia tornato il sereno. Al
contrario il cielo rimane plumbeo e all’orizzonte si intravedono nuovi temporali. Nelle
considerazioni finali del 31 maggio, il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, ha
ammonito sull’ampliarsi degli squilibri delle
bilance dei pagamenti tra grandi paesi debitori (Stati Uniti) e creditori (Cina), uno degli
elementi che hanno portato alla devastante
crisi finanziaria del 2009.
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economia
& finanza
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VII
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IL PUNTO
di Christiana Babić
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233 • Giovedì, 9 giu
Apparire è scrivere in Rete
Internet e bellezza, comunicazione in tempo reale e narcisismo, due mondi che
s’incontrano, sempre più, quasi a fondersi nella ricerca di uno strumento capace di
soddisfare il bisogno di apparire. Due realtà che dalla dimensione quotidiana passano a quella economica e producono utili di tutto rispetto. Così se nel 2010 sono
stati circa 450.000 gli interventi di chirurgia estetica effettuati in Italia. E in questi
giorni gli addetti ai lavori invitano alla prudenza coloro che non sembrano curarsi degli effetti negativi del binomio sole-bisturi sottolineando, a fronte di un numero
crescente di richieste, che la capacità di spesa non basta a superare l’oggettiva necessità di sconsigliare alcuni dei ritocchi più desiderati.
Basti dire che in Italia l’economia di Internet ha raggiunto, nel 2010, un valore di
circa 31,6 miliardi di euro, pari al 2,0 p.c. del Pil, valore che nel 2009 era pari a 28,8 miliardi di euro, ovvero l’1,9 per cento del Pil. Questo dato sarà più che raddoppiato entro
il 2015. Una stima confermata dai dati Censis che mostrano come gli italiani siano tra
i maggiori frequentatori dei social network. Dal settembre 2008 al marzo 2011 gli utenti di Facebook sono passati da 1,3 milioni a 19,2 milioni. Ogni utente trascorre su Facebook mediamente 55 minuti al giorno, è membro di 13 gruppi, e ogni mese posta 24
commenti, invia 8 richieste di amicizia, diventa fan di 4 pagine e riceve 3 inviti ad eventi.
Nel resto d’Europa la situazione è ancora più marcata. In Gran Bretagna ad
esempio l’economia di Internet vale 7,2 p.c. del Pil, mentre in Francia raggiungerà
nel 2015 il 5,5 p.c. Questi i dati al centro del convegno, organizzato da Osservatorio
TuttiMedia e Media Duemila, sul massmediologo Marshall McLuhan, di cui ricorre
il centenario dalla nascita, che negli anni ’60 aveva già previsto la rivoluzione digitale dei nostri tempi, in corso al centro congressi del dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, a Roma.
“Le potenzialità della Rete sono infinite – ha spiegato il sociologo Derrick de Kerckhove, direttore scientifico di Media Duemila –, e la trasparenza, con la massima circolazione possibile delle informazioni, deve esserne una caratteristica essenziale. Dopo
l’era del petrolio il futuro dell’economia si baserà sulla velocità di Internet ed è per questo che i governi si mobilitano, per trovare un accordo globale. È necessario – sottolinea
ancora de Kerckhove –, che una volta decise le regole fondamentali, una sorta di carta
di navigazione e di accesso alla Rete, si organizzi un consorzio internazionale che nei
fatti già esiste, ma che deve avere però un riconoscimento formale affinché il mondo interconnesso diventi un capitolo fondamentale della politica dei governi locali”.
2 economia&finanza
Giovedì, 9 giugno 2011
RICERCA Confindustria: in Italia le tasse sulle imprese al 58 per cento
Il fisco erode gli utili, in Europa
le imprese «gioiscono» in Spagna
U
n’azienda che chiude il bilancio con circa 380mila
euro di utile netto ne
avrebbe guadagnati ben di più,
circa 600mila, se avesse avuto
sede non in Italia ma in Spagna.
Colpa di una tassazione effettiva
complessiva al 58 p.c. dell’imponibile, che si sarebbe fermata
al 29 p.c. se invece che italiana
fosse stata una impresa spagnola. Calcoli di Confindustria, che
da tempo sollecita una riforma
che alleggerisca il peso del fisco su “chi tiene in piedi il Paese”, aziende e lavoratori. E questa
volta affida l’allarme ad uno studio strettamente tecnico.
MENO TASSE Nessun commento, parlano i numeri. E ne
emerge che le imprese tedesche,
le inglesi, e soprattutto le spagnole, hanno un alleato nel regime fiscale del Paese dove operano: meno tasse quindi più utili, un
vantaggio competitivo incolmabile rispetto a italiane e francesi.
“‘L’imposizione fiscale complessiva in rapporto al reddito imponibile (effective tax rate) - spiega
il rapporto - è decisamente superiore in Italia (58 p.c.) rispetto
alla Germania (43 p.c.), al Regno
Unito (40 p.c.) e alla Spagna (29
p.c.). Di poco diversa la situazione della Francia, dove il carico fiscale complessivo (60 p.c.) risulta
lievemente superiore a quello italiano per effetto dell’indeducibi-
lità del compenso corrisposto ad
amministratori esterni all’impresa”. Fattore che “influisce negativamente” ma, fa notare il rapporto, “è ragionevole supporre
che in presenza di tale normativa
le scelte aziendali sarebbero state
diverse” rendendo il regime fiscale francese meno penalizzante.
COMPARAZIONE Lo studio, che l’area fisco, finanze e
welfare di Confindustria ha elaborato in collaborazione con Deloitte, calcola l’onere fiscale complessivo di una società per azioni italiana (oltre alle imposte sul
reddito, anche le altre principali
forme di imposizione: ad esempio, le imposte locali sugli affari, sugli immobili, di solidarietà
sociale ed altre specifiche imposte locali) e l’ipotetico onere che
la stessa società avrebbe subito se
fosse stata localizzata in uno degli altri tre Paesi presi in esame.
La società “campione” (che ha un
fatturato di 27,7 milioni di euro,
svolge attività di ricerca e sviluppo nel campo dell’automazione di
processi industriali e del testing di
componenti e prodotti finiti, ha
180 dipendenti, ed esporta circa
il 65 p.c. delle esportazioni), una
volta pagate le tasse su un utile
ante imposte di 986.503 chiude il
bilancio (come regime si ipotizza
quello del 2009) con un utile netto di circa 383mila euro in Italia,
che sarebbe più basso dell’8 p.c.
Un’azienda che chiude il bilancio con circa 380mila euro di utile netto ne avrebbe guadagnati
ben di più, circa 600mila, se avesse avuto sede non in Italia ma in Spagna
se l’azienda fosse in Francia, e più
alto del 20 p.c. in Germania, del 37
p.c. in Gran Bretagna, e ben del 58
p.c. in Spagna, dove supererebbe
quota 600mila euro (605.347).
Il rapporto prende poi in esame
anche la tassazione del reddito in
capo ai soci dell’azienda per l’utile
distribuito dalla società, per verificare il diverso modo di affrontare il
problema della doppia imposizione
e l’effettivo onere fiscale complessivo nei diversi Paesi. Ed anche in
questo caso la graduatoria è confermata. Lo studio esamina diverse
ipotesi di distribuzione di un divi-
dendo. E nel caso sia pari al 50 p.c.
dell’utile distribuibile in Italia, per
esempio, l’imposizione fiscale sul
socio sarebbe al 71 p.c. in Francia,
al 66 p.c. in Italia, al 47 p.c. in Germania, al 38 p.c. in Gran Bretagna,
al 27 p.c. in Spagna.
cura di Mauro Bernes
Il sociologo di origini polacche, teorico della «società liquida»
Bauman: «Sempre più verso
una società di disuguaglianza»
Stop alle tasse aeree:
non danno benefici
Il direttore generale e ceo della Iata (Associazione internazionale delle compagnie aeree), Giovanni Bisignani, punta il dito contro i Paesi che impongono tasse al trasporto aereo affermando che
“tassare l’aviazione non paga”, e stila una classifica dei Paesi che a
suo avviso vanno messi sul “muro della vergogna”. In primis cita il
Regno Unito per i suoi 4,5 miliardi di dollari di tassa per il passeggero, la più grande in tutto il mondo, poi la Germania con la tassa
per l’imbarco da 1,3 miliardi. “Un regalo non desiderato fatto dalla
Cancelliera Merkel”, afferma Bisignani indicando poi che “l’Austria ha copiato la Germania con una tassa da 119 milioni dollari; infine l’India ha introdotto una tassa di servizio da 450 milioni dollari,
in completa violazione delle norme Icao (Organizzazione internazionale dell’aviazione civile)”. Bisignani - parlando alla 67.esima
Assemblea generale - ha sottolineato che “tassare l’aviazione non
paga” tant’è che l’Olanda ha abrogato la tassa d’imbarco da 412
milioni perché costa all’economia 1,6 miliardi. E l’Irlanda ha cancellato la tassa per il trasporto aereo che doveva portare 165 milioni
dollari l’anno in quanto è costata 594 milioni e 3.000 posti di lavoro. La lezione per i governi è semplice: non uccidere la gallina dalle
uova d’oro”. “Il commercio globale dei carburanti per l’aviazione aggiunge - sta stimolando le economie e rimettendo a posto i bilanci
dei governi. Bisogna tassare i banchieri perché hanno creato il caos.
I loro miliardi in bonus dovrebbero aiutare a ripulirlo”.
“Abbiamo sulle nostre spalle un fardello incredibile, che
include i nostri obblighi morali,
i nostri naturali impulsi ad occuparci degli altri, e cerchiamo
di sgravarcene con i tranquillanti morali offerti dai negozi,
dai supermercati”. Lo ha detto
il sociologo di origini polacche
Zygmunt Bauman, teorico della “società liquida”, concludendo il festival dell’Economia di
Trento 2011.
RADDOPPIO “Entro il
2020 i prezzi degli alimenti raddoppieranno - ha spiegato il sociologo polacco - e già oggi vi è
un aumento della disuguaglianza a livello globale, per certi
versi incredibile. Il Paese più
ricco, il Qatar, ha uno standard
428 volte più alto del paese più
povero, lo Zimbabwe. Il 20 p.c.
più ricco dell’umanità controlla il 75 p.c. della ricchezza, il
20 p.c. più povero il 2%. Fino
a 30-40 anni fa il trend era diverso, il divario fra i Paesi sembrava destinato a colmarsi”.
Secondo il sociologo polacco
ci sono “due fattori fondamentali, più culturali e sociali che
economici, dietro questo: il voler godere di una vita ricca, abbiente che ci porta a vivere al
di sopra dei nostri mezzi sulle
spalle dei nostri figli; e la questione della risoluzione dei con-
Secondo Zygmunt Bauman entro il 2020 i prezzi degli alimentari raddoppieranno
flitti sociali, anche quelli legati
alla diseguale distribuzione dei
beni, aumentando la produzione, il Pil. Quando il Pil cala non
viene messa a rischio la sopravvivenza alimentare - ha chiarito
-, ma nonostante ciò si sviluppa
il panico, perché la gestione dei
conflitti è tutta basata sull’aumento della produzione e del
consumo.
UFFICIO IN TASCA Per
Bauman oggi vi è “un processo di mercificazione e commercializzazione della moralità. Il
nostro reale bisogno dovrebbe
essere prenderci cura dei nostri cari, mentre il confine fra il
tempo dedicato al lavoro e quello dedicato alla famiglia è sfumato. Siamo sempre al lavoro,
abbiamo l’ufficio sempre in tasca. Al tempo stesso disimpariamo altre abilità “primarie”.
Ad esempio a riconoscere il
dolore, il dolore morale, che è
molto importante, perché esso
è un sintomo che ci aiuta a riconoscere la fragilità dei legami
umani. Improvvisamente abbiamo persone che hanno migliaia
di amici in Internet; ma in passato dicevamo che gli amici si
vedono nel momento del bisogno, e questo non è esattamente il caso degli amici che abbiamo in Internet. L’obiettivo quindi diventava sviluppare sempre
nuovi desideri negli esseri umani. Ma anche i desideri ad un
certo punto si scontrano con dei
limiti. Così, il limite è stato superato mercificando la moralità.
Forse il momento della verità è
vicino. Ma possiamo fare qualcosa per rallentarlo: intraprendendo un cammino autenticamente umano, un cammino fatto
di reciproca comprensione”.
economia&finanza 3
Giovedì, 9 giugno 2011
BANCHE Scalata Antonveneta: la sentenza di primo grado
Pesanti condanne per i «furbetti»
di Marco Grilli
C
on le pesanti condanne
comminate a carico di 16
imputati, tra cui l’ex governatore della Banca d’Italia,
Antonio Fazio, e l’ex Ad di Banca Popolare Italiana, Giampiero
Fiorani, il Tribunale di Milano ha
squarciato il velo sui reati finanziari commessi per la scalata Antonveneta, in quell’epoca contrassegnata da abusi, illegalità e falsata concorrenza di cui si resero
protagonisti i famigerati “furbetti
del quartierino” (oltre al caso Antonveneta le altre grandi partite finanziarie finite sotto accusa sono
la scalata a Bnl e l’assalto alla
Rizzoli – Rcs). Arbitri “imparziali”, banchieri senza scrupoli ed un
fitto sottobosco di immobiliaristi,
faccendieri, ascari della politica e protagonisti del jet-set, sono
alla base delle scalate truccate che
hanno dominato le cronache nell’estate 2005.
Market abuse
Nel caso Antonveneta, secondo la sentenza di primo grado, fu
il governatore della Banca d’Italia Fazio a favorire illegalmente
le mire dell’Ad di Banca Popolare di Lodi (oggi Banca Popolare Italiana-Bpi) Fiorani, a danno
della banca olandese Abn Ambro.
Lo scopo: impedire il passaggio in
mani straniere della banca padovana, per favorire figure non troppo “limpide” del capitalismo italiano. A complicare le cose intervenne però la Procura di Milano,
che poteva valersi della legge 62
approvata dal Parlamento italiano
– il 18 aprile 2005 –, per recepire la direttiva europea sul “market
abuse”: un provvedimento che aumenta le pene per l’aggiotaggio e
consente le intercettazioni telefoniche per indagare sull’abuso di
informazioni privilegiate e sulle
manipolazioni di mercato. I Pm,
dopo aver ricevuto un esposto
da parte del legale di Abn Amro,
Guido Rossi, chiesero di intercettare il governatore e gli scalatori.
Quanto emerse è ben rilevato nel
libro “Mani sporche” di Gianni
Barbacetto, Peter Gomez e Marco
Travaglio: “Il gip Clementina Forleo firma l’autorizzazione e bastano due mesi di ‘ascolti’ per scopri-
chiarato a Consob e Bankitalia e al
di fuori di ogni regola. Fiorani si
muove insieme a Ricucci, Gnutti
e altri personaggi minori con un
obiettivo preciso: impedire il buon
esito dell’Opa lanciata il 30 marzo dall’Abn Amro. Appena scatta
l’offerta olandese, Fiorani finanzia amici, prestanomi, fondi e società off-shore per realizzare una
scalata occulta alla banca di Padova che renda vana l’Opa olandese.
Poi, a fine aprile, lancia a sua volta un’offerta pubblica di acquisto.
Ma, a quel punto, i giochi sono già
fatti e Fiorani sa di avere la vittoria in tasca: con i suoi amici ha rastrellato il 40 per cento di Antonveneta. Senza lanciare una regolare Opa, obbligatoria per chi vuole
superare la soglia del 30 per cento.
Ma l’11 maggio la Consob denuncia il patto occulto tra gli scalatori
italiani...”.
Accordo illecito
Il 2 maggio 2005 la Procura
di Milano avvia le indagini sulla
scalata e apre un fascicolo contro ignoti per aggiotaggio sull’offerta pubblica di acquisto (Opa)
di Bpl ad Antonveneta. Quindici giorni dopo, Fiorani, Gnutti ed
altre 21 persone vengono iscritte
nel registro degli indagati. Si arriva così al 25 luglio 2005, quando
i Pm sequestrano tutti i titoli della
banca padovana detenuti dalla Bpl
e dai concertisti, gli alleati Emilio
Gnutti, Stefano Ricucci, Danilo
Coppola e i fratelli Lonati. La prova schiacciante dell’accordo illecito fra i pattisti, secondo l’accusa,
emergerebbe da un’intercettazione
telefonica del 12 luglio tra Fazio e
Fiorani, in cui quest’ultimo afferma: “Tonino, io sono commosso,
io ti ringrazio… ti ringrazio… ho
la pelle d’oca… io, guarda Tonino, in questo momento ti darei
un bacio sulla fronte”. Il 2 agosto 2005 il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Clementina
Forleo convalida il sequestro delle azioni in mano ai concertisti e
notifica la misura interdittiva nei
confronti di Fiorani e del direttore centrale finanza, Gianfranco
Boni. Scrive la Forleo: “Il tenore
di molte delle conversazioni intercettate evidenzia che i rapporti
tra gli indagati e altri personaggi,
Antonio Fazio
re gli abusi di Fiorani e dimostrare
che dietro di lui si muovono almeno un regista, Fazio, e vari sponsor politici accomunati da una
pervicace tendenza all’illegalità.
I pm Eugenio Fusco e Giulia Perrotti, coordinati dal capo del pool
reati finanziari, Francesco Greco,
scoprono che la Bpl di Fiorani
comincia a rastrellare azioni Antonveneta ben prima di quanto di-
lungi dall’incanalarsi in fisiologici
rapporti istituzionali o in rapporti
meramente amicali, che legittimamente avrebbero potuto snodarsi
parallelamente ai primi, appaiono
contrassegnati da illegittime pressioni da un lato e da illeciti favoritismi dall’altro, in totale spregio
delle regole poste a presidio del
sistema dei controlli facenti capo
in particolare alla Banca d’Italia”.
Fiorani, accusato di aggiotaggio,
insider trading e falsa dichiarazione a pubblico ufficiale, si dimette
dalla carica di Ad di Bpl il 16 settembre 2005. Nello stesso mese il
comitato esecutivo dell’ex-Bpl approva definitivamente la cessione
del pacchetto del 29,4 p.c. detenuto in Antonveneta, al prezzo di
26,5 euro per azione.
Disegno criminoso
È il passo decisivo per il definitivo passaggio dell’istituto padovano agli olandesi di Abn Amro.
A dicembre l’inchiesta si allarga,
chiamando in causa l’intero CdA
della Bpl e il Presidente di Unipol,
Giovanni Consorte. Quando il Gip
Forleo trasmette al Parlamento 68
telefonate che coinvolgono esponenti politici nell’ambito delle
inchieste Antonveneta, Bnl, Rcs,
non esita a definire gli individui
intercettati come “complici di un
disegno criminoso”. Il 23 maggio
2008 il Giudice dell’udienza preliminare (Gup) di Milano, Luigi Varanelli, ratifica 64 patteggiamenti
(58 di persone fisiche e sei di società) che portano oltre 120 milioni di euro nelle casse dello Stato.
Bpi e Bpl Suisse, indagate in base
alla legge 231 per omissione di
controllo nella scalata Antonveneta, dopo l’ammissione di responsabilità versano allo Stato ben 94
milioni di euro di risarcimento. La
richiesta di patteggiamento ha segnato l’uscita di scena dal processo di vari imputati, quali l’immobiliarista romano Stefano Ricucci,
l’ex vicepresidente di Bpl Desiderio Zoncada, l’ex funzionario
dello stesso istituto Giovanni Vismara e il commercialista Claudio
Zulli. Al termine dell’udienza preliminare, il Gup rinvia a giudizio
17 persone. Il 23 ottobre 2008 si
apre il processo di fronte ai giudici della seconda sezione penale
del Tribunale di Milano. Dopo le
reciproche accuse tra Fazio e Fiorani, i Pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta formalizzano le loro richieste di condanna il 23 febbraio
2011. Tra queste: un anno e tre
mesi per l’ex Ad della Bpl Giampiero Fiorani, imputato dei reati
di aggiotaggio e di ostacolo alla
vigilanza, in continuazione con
le altre condanne già inflitte; tre
anni e una multa di 100mila euro
per l’ex governatore di Bankitalia
Antonio Fazio, accusato di concorso in aggiotaggio; tre anni per
Gianpiero Fiorani
l’ex presidente di Unipol Giovanni Consorte. “Il progetto di scalata all’Antonveneta – si legge nella requisitoria dei Pm –, non interessava solo Fiorani, ma rientra in
una logica del riassetto del sistema
bancario italiano secondo il dirigismo di Fazio, in spregio a tutte
le regole del Testo Unico della Finanza, del Codice Civile e del Codice Penale”.
La sentenza
di primo grado
Il 28 maggio 2011 i giudici della seconda sezione penale di Milano, presieduta da Gabriella Manfrin, hanno emesso la sentenza
di primo grado infliggendo ben
16 condanne. Severissima quella
per l’ex Governatore di Bankitalia Fazio, imputato per aggiotaggio: quattro anni di reclusione, un
milione e mezzo di euro di multa,
l’interdizione dai pubblici uffici
per cinque anni e per due dalla professione, dagli uffici direttive delle
persone giuridiche e delle imprese,
oltre al divieto di contrattazione
con la pubblica amministrazione.
Prosciolto da ogni accusa il secondo imputato di Bankitalia, Francesco Frasca, all’epoca dei fatti responsabile della vigilanza. Le altre
condanne: un anno e otto mesi per
Fiorani, in continuazione coi tre
anni e tre mesi già patteggiati; sei
anni e seimila euro di multa al suo
prestanome, l’avvocato svizzero e
fiduciario Francesco Ghioldi, imputato per riciclaggio; tre anni e
un milione di multa ciascuno per
gli ex vertici dell’Unipol, Giovan-
ni Consorte e Ivano Sacchetti; due
anni e otto mesi e 850mila euro di
multa per il senatore del Pdl Luigi Grillo – il mediatore tra finanza
e politica – e per l’immobiliarista
Luigi Zunino; un anno e otto mesi
(due in più rispetto alle richieste dell’accusa) per gli imprenditori Marcello Dordoni, Giuseppe
Ferrari Aggradi, Luigi Gallotta,
Giampiero Marini, Luigi Pacchiarini, Paolo Raimondi, Sergio Tamagni e Carlo Baietta, ed infine
un anno e sei mesi per Bruno Bertagnoli. La mano pesante dei giudici si è anche abbattuta nei confronti di due società, per la legge
sulla responsabilità penale delle società giuridiche: sanzione di
360mila euro per la Nuova Parva
(gruppo Zunino) e di 900mila euro
per la Unipol, che ha subito pure
la confisca di 39,6 milioni di euro.
Banca d’Italia e la Consob, costituitisi parte civile, hanno ottenuto
un risarcimento rispettivamente di
400mila e 450mila euro. Fazio e
Consorte si sono detti sconcertati
per la sentenza ed hanno annunciato il loro ricorso in appello, professandosi innocenti. In attesa dei
prossimi gradi di giudizio, nuove
verità sulla stagione dei “furbetti del quartierino” e delle scalate
bancarie truccate potrebbero emergere dal processo, in via di conclusione a Milano, sulla scalata di
Unipol a Bnl. Anche in questa vicenda giudiziaria ritroviamo molti
protagonisti della lotta per il possesso dell’Antonveneta. Tra questi
lo stesso Fazio, per il quale l’accusa ha chiesto una pena di tre anni e
sei mesi di reclusione.
4 economia&finanza
Giovedì, 9 giugno 2011
ASSICURAZIONI Tavola rotonda dedicata alle piccole e medie imprese
Polizze: un lusso o un investimento?
G
li assicuratori, gli intermediari, lo Stato, le banche e
i media devono contribuire
a innalzare la coscienza sull’utilità dei prodotti assicurativi e sulla
necessità di tutelare al meglio il
patrimonio imprenditoriale. Questo il messaggio di fondo scaturito
dal dibattito sviluppatosi alla tavola rotonda organizzata dal mensile
“Banka” nell’ambito del progetto
“Il mercato delle assicurazioni”
dedicato in particolare alla situa-
zione che si registra nel comparto
delle piccole e medie imprese.
“Secondo le stime delle case
assicuratrici operanti in Croazia
ben il 90 per cento dei piccoli e
medi imprenditori non è coperto
da una polizza o ha optato per un
prodotto che non corrisponde in
modo adeguato a coprire i rischi
che la loro attività comporta”, ha
detto Slaven Dobrić, membro del
Bord dell’Allianz Zagreb, nel suo
intervento dedicato al ruolo delle
L’ANALISI DELLA
Ottimismo alla Borsa di Zagabria
di Ivan Petrović
Mentre gli indici europei e mondiali segnavano perdite, la scorsa settimana per la
Borsa di Zagabria si è rivelata molto ottimistica e il volume di scambi è lievitato per quasi tutti i titoli sul listino. La passata settimana il volume di scambi è ammontato a 127,2
milioni di kune, un risultato nettamente superiore a quello registrato nel periodo precedente. Il titolo maggiormente scambiato è risultato quello dell’Ingra, che ha registrato anche uno dei più forti incrementi di valore. A fronte di un volume di
scambi di 25 milioni di kune il valore del titolo Ingra è aumentato
del 15,14 p.c. Oltre all’Ingra hanno fatto segnare un buon risultato
pure i titoli della Telecom croata (HT), il cui valore è stato corretto
dell’1,06 p.c. su base settimanale a fronte di un volume di scambi pari a 21 milioni di kune. Sul podio delle azioni maggiormente
scambiate si piazza infine il titolo della Belje, che è lievitato del 4,16
p.c., portando il proprio valore a 100,01 kune.
A livello mondiale abbiamo notato che gli indici di Wall Street
hanno continuato a indebolirsi per la quinta settimana consecutiva. L’indice S&P ha perso il 2,3 p.c. finendo a 1.300 punti. Anche l’indice Dow Jones ha perso il 2,3 p.c. chiudendo a 12.151
punti. Gli analisti continuano però a rimanere del parere che
questa non sia l’avvisaglia di un’inversione di tendenza, che fino
ad ora si è rivelata assai positiva, bensì di un consolidamento e
correzione del trend all’alba di una nuova crescita.
Ad ogni modo la prudenza va mantenuta anche a causa del
proseguo della crisi di Eurolandia e a causa della possibilità di
un’escalation degli scontri nello Yemen e negli altri Paesi del
Medio oriente. Un possibile intralcio a possibili balzi dei mercati
sia a livello nazionale sia internazionale.
MERCATO DEI CAMBI
Grande la richiesta di euro
di Ivan Slamić
La scorsa settimana sul mercato croato
dei cambi la domanda di euro è rimasta forte.
Un trend dovuto alla domanda interbancaria relativa all’avvicinarsi della scadenza dei
titoli di Stato a breve termine emessi in euro
e alla domanda corporativa di euro che hanno spinto verso l’alto il cambio EUR/HRK.
La passata settimana il cambio EUR/HRK
ha sfiorato quota 7,470, mentre nella mattinata di lunedì scorso il
cambio si aggirava tra un minimo di 7,455 e un massimo 7,460.
La kuna si è indebolita nuovamente anche nei confronti del
franco svizzero. Il cambio EUR/CHF ha stabilito la scorsa settimana un nuovo record negativo a quota 1,2050. Una situazione che
ha influenzato pure il cambio CHF/HRK lievitato a quota 6,180.
Le ragioni che hanno portato al nuovo rafforzamento della valuta elvetica sono le solite, ossia la situazione sfavorevole nella quale versano alcuni Paesi dell’area euro, che in vari modi tentano di
mettere in atto le misure di taglio delle spese al fine di poter continuare a beneficiare degli aiuti degli altri Paesi di Eurolandia e del
Fondo monetario internazionale (FMI). La vittoria dell’opposizione in Portogallo ha contribuito a far rafforzare leggermente la
moneta unica. Gli analisti reputano, infatti, che un governo stabile
sarà in grado di attuare una politica fiscale restrittiva.
D’altro canto la kuna ha continuato a rafforzarsi nei confronti
del dollaro statunitense. Gli ultimi dati provenienti dagli USA sono
preoccupanti a tal punto che alcuni analisti parlano di recessione
a doppio fondo. La scorsa settimana ha deluso l’andamento di più
di un indice, in particolare di quello più importante legato all’occupazione. Il numero di nuovi posti di lavoro è cresciuto negli USA di
appena 56.000 unità, contro le 160.000 previste. Male sono andati
anche gli indici inerenti al mercato immobiliare, al settore manifatturiero e terziario. Il cambio EUR/USD è lievitato in una settimana
da 1,4260 a 1,4650. Il cambio USD/HRK è sceso da 5,215 a 5,095
(-2 p.c. su base settimanale).
piccole e medie imprese nel sistema
economico nazionale, in cui ha fatto
un riferimento particolare alle modalità di gestione dei rischi, ovvero
agli strumenti adottati per garantire
lo svolgimento dell’attività e per tutelare il patrimonio. “Nelle file dei
piccoli e medi imprenditori – ha
detto Dobrić –, l’importanza della polizza assicurativa non è sufficientemente riconosciuta. Vengono
percepite come un’ulteriore spesa e
non come uno strumento utile per
la gestione dei rischi. Eppure – ha
aggiunto –, nella prassi gli esempi
positivi che dovrebbero contribuire a cambiare questo atteggiamento non mancano. Basti pensare al
caso in cui grazie a una polizza stipulata per un immobile destinato a
vano d’affari che prevedeva un premio di 26.000 l’imprenditore ha ottenuto il rimborso dei danni causati
da un temporale ammontanti a ben
500.000 kune”.
Margini di crescita
La scarsa attenzione per i prodotti assicurativi emerge anche dall’analisi delle polizze stipulate dai
piccoli e medi imprenditori: il due
terzi di quelli che hanno una polizza
l’hanno stipulata soltanto perché tenuti a rispettare un obbligo. Infatti,
un numero significativo di polizze e
riferito al settore auto e deriva o da
un obbligo di legge o da una condizione posta dagli istituti bancari o
dalle società leasing.
Il settore presenta pertanto ampi
margini di crescita nei segmenti
della copertura dei rischi a danno
del patrimonio, in quello della responsabilità per danni o quelli dovuti a un’interruzione dell’attività.
Per tale motivo tutte le case assicuratrici vedono nel comparto delle piccole e medie imprese un target
importante al quale dedicare attenzione e per il quale pensare prodotti “su misura”. “Un approccio che
si traduce anche in una forte competitività tra le società presenti sul
mercato croato”, ha detto il direttore del reparto assicurazioni patrimoniali della Croatia osiguranje,
Drago Klobučar. “Negli ultimi anni
la tendenza è cambiata in modo significativo. Se prima le società erano particolarmente competitive nel
settore auto oggi – ha detto –, si
concentrano sempre di più sul settore patrimoniale. Per quanto riguarda la CO, ad esempio, va detto che
è stata la prima società a lanciare sul
mercato croato una polizza pensata
appositamente per coprire i rischi
della responsabilità dei manager,
polizza che ha visto di recente, in
pieno svolgimento della campagna
anticorruzione, la prima richiesta di
risarcimento dei danni”.
Ramo patrimoniale
“Il numero di polizze stipulate
nel ramo patrimoniale è indubbiamente basso, ma non crediamo che
la situazione vada gestita con interventi legislativi che rendano questo
strumento obbligatorio, anche perché dover sottostare ad un obbligo
imposto dall’alto il più delle volte si traduce nel scegliere l’opzione minima offerta sul mercato”, ha
dichiarato Snježana Žokvić, a capo
del Reparto per l’elaborazione delle polizze patrimoniali e danni della
Grawe. A suo avviso, comunque, il
ruolo dello Stato non è secondario,
tutt’altro: è allo Stato che compete
la messa in atto di un’azione capace di diffondere il concetto di utilità
dei prodotti assicurativi nel mondo
imprenditoriale e in particolare nel
comparto delle piccole e medie imprese, che spesso – ha ricordato –,
“poggiano la loro attività su un unico macchinario”.
Esperienze UE
Alla tavola rotonda, organizzata con il patrocinio di Allianz, sono
state delineate anche le esperienze
registrate dalle case assicuratrici nei
Paesi membri dell’Unione europea.
Da queste emerge in modo chiaro
che il settore delle piccole e medie
imprese rappresenta un mercato di
estrema importanza al quale dedicare particolare attenzione. Una fotografia che ben rispecchia anche la
situazione in Croazia. Basti un dato:
secondo i registri disponibili pres-
so la Camera d’Economia croata
nel 2010 le piccole e medie imprese registrate nel Paese erano più di
89mila e in queste lavoravano circa
575mila persone. Numeri ai quali
vanno sommati anche quelli relativi
alle imprese artigianali che erano più
di 93mila. Numeri di tutto rispetto,
che tradotti in termini occupazionali
vanno a coprire circa il 57 per cento
del mercato del lavoro in Croazia.
Prodotti «su misura»
In vent’anni di attività la Banca croata per il rinnovo e lo sviluppo (HBOR) ha erogato ai piccoli e
medi imprenditori nonché ai titolari
delle imprese artigianali 15.000 prestiti per un ammontare complessivo
pari a circa 25 miliardi di kune, destinati per la maggior parte a investimenti nell’attività. “Prima dello
scoppio della crisi la maggior parte delle richieste per l’ottenimento
di un prestito vertevano sulla necessità di fare nuovi investimenti, oggi la situazione è cambiata
in modo significativo e attualmente più dell’80 per cento dei prestiti
erogati dall’HBOR viene utilizzato
dagli imprenditori per assicurare la
liquidità necessaria allo svolgimento dell’attività”, ha detto Jadranka
Mršić Hebrang, a capo della direzione per le piccole e medie imprese
dell’HBOR. Ma la crisi non ha prodotto soltanto effetti negativi. Guardando dall’ottica delle case assicuratrici, infatti, il nuovo contesto ha
contribuito al cambiamento di atteggiamento nei confronti dei piccoli e
medi imprenditori. Oggi, l’offerta
segue le reali necessità e propone ai
destinatari dei prodotti assicurativi
pensati per rispondere in modo ottimale alle loro esigenze.(chb)
Relazioni economiche e culturali
Costituito a Roma il Serbian Italian Business Council
ROMA – Si è costituita nei giorni scorsi,
presso gli uffici dell’Istituto del Commercio con
l’Estero (ICE), l’Associazione Serbian-Italian
Business Council (SIBC). Copresidente per la
parte italiana è stato nominato Guidalberto Guidi, presidente di Confindustria ANIE, mentre
copresidente per parte serba è stata nominata
Draginja Đurić, presidente dell’Executive Board
Banca Intesa Belgrado. Costituita con il patrocinio del ministero dell’Economia e Sviluppo regionale della Repubblica Serba e del ministero
dello Sviluppo economico italiano, allo scopo di
favorire e sviluppare le relazioni economiche fra
Serbia e Italia, spiega l’ANIE “l’Associazione
Serbian-Italian Business Council promuoverà
lo sviluppo delle relazioni economiche e formative e degli scambi commerciali, industriali e culturali fra Serbia e Italia, favorendo altresì una
più ampia comunanza d’intenti fra i settori privati dei due Paesi con particolare riferimento ai
settori strategici per la crescita economica su cui
sviluppare progetti di collaborazione”.
Anno VII/ n. 233 del 9 giugno 2011
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
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Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: ECONOMIA & FINANZA [email protected]
Redattore esecutivo: Christiana Babić / Impaginazione: Borna Giljević
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