DEL POPOLO Crisi, si prospettano nuove bolle all’orizzonte L’America stenta, l’Europa frena Segnali di consolidamento La ripresa economica a livello globale mostra segnali di consolidamento, ma la velocità è fortemente differenziata. Le economie emergenti sono tornate a viaggiare a velocità sostenuta, la Germania ha la marcia da locomotiva, ma non è poi sufficiente a trainare il resto dell’Europa a causa della sostenibilità del debito di molti Paesi del vecchio continente. Dagli Stati Uniti i segnali sono contrastanti. Nel complesso gli ultimi dati mostrano un affaticamento della crescita e questo sta alimentando i timori degli investitori con riflessi su Wall Street. Le profonde ristrutturazioni aziendali, i provvedimenti straordinari di iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali, gli enormi sostegni pubblici dei governi all’economia (la Bce ha calcolato che gli Stati hanno immesso nell’economia risorse pari al 27 p.c. del Pil mondiale) hanno permesso che la grande crisi finanziaria si trasformasse nella più grande depressione della storia. Ma gli interventi straordinari e le riorganizzazioni aziendali hanno quasi esaurito i loro effetti. Anzi. Gli aiuti pubblici stanno terminando e i governi hanno iniziato a recuperare le risorse dei contribuenti, Stati Uniti in primis che attraverso i fondi Tarp ha garantito oltre mille miliardi di dollari alle aziende in crisi (da GM e Chrysler ai 180 miliardi consessi a AIG). Tassi d’interesse I tassi di interesse hanno ripreso a salire a causa delle spinte inflazionistiche provocate dalla bolla sulle materie prime (oltre alla Bce, la Cina ha alzato i tassi 6 volte in 13 mesi e l’India ben 11 volte in 15 mesi). Oltre a tassi bassi, l’economia e il sistema finanziario stanno beneficiando delle misure non convenzionali alle quali sono ricorse le banche centrali per immettere nel sistema gigantesche masse di liquidità. La Federal Reserve americana ha annunciato che da fine giugno termineranno le misure straordinarie e anche la Bce da tempo ha annunciato un progressivo rientro di tali misure. La questione è che il ritiro delle misure straordinarie è equivalente a un consistente aumento del costo del denaro. Misure non convenzionali È su questo punto che alla Bce si stanno arrovellando. Dopo aver messo mano a tutta la potenza di fuoco di cui dispone l’Eurotower, ora la domanda è con quali tempi e modalità far rientrare completamente le misure non convenzionali senza arrecare danni profondi? Il problema è che gli indicatori dell’area euro sono una media come il pollo di Trilussa. La Germania corre e i conti sono a posto, i Paesi periferici sono ancora in recessione e con conti pubblici quasi fuori controllo. Il primo appuntamento sarà il mese prossimo quando la Fed farà rientrare le misure straordinarie, ma quello principale è in autunno quando i Paesi del G20 dovranno decidere la nuova architettura di governance per assicurare solidità al sistema finanziario e dunque garantire una crescita economica sostenibile. Alta intensità politica E parlando di governance finanziaria il pensiero va alle considerazioni finali di Mario Draghi, che nel suo intervento ha sottolineato ancora una volta che la riscrittura delle regole è “un processo ad alta intensità politica”. La devastante crisi finanziaria ed economica ha mostrato in modo chiaro che serve una profonda revisione dell’architettura normativa globale. “Il capitalismo deve essere regolato, come hanno insegnato gli stessi maestri del pensiero liberale, in primo luogo Luigi Einaudi”, affermava Draghi il mese scorso a Torino. Governi e parlamenti dovranno recepire le nuove regole, ma negli ultimi mesi Draghi insiste sulla coerenza e sul coordinamento. Oggi nelle considerazioni finali sottolinea che “è cruciale assicurare la piena attuazione delle nuove regole, secondo i tempi previsti, in tutte le giurisdizioni” e al riguardo Stati Uniti e Europa hanno una “responsabilità fondamentale”. In un mondo globalizzato “gli interessi nazionali non devono prevalere, ne va della credibilità delle riforme, della stessa stabilità finanziaria”. Le parole di Draghi vanno ben tenute a mente. Insieme al presidente della Bce Trichet, all’economista Nouriel Roubini è stato tra i primi a segnalare i pericoli del sistema finanziario. Oggi ci dice che la riforma del sistema finanziario internazionale sarà uno dei fondamenti su cui poggerà il governo del rapporto fra mercato e democrazia. c vo /la .hr dit w.e ww Sui mercati finanziari stanno aumentando i timori sulla capacità di ripresa economica degli Stati Uniti, l’Eurozona è ancora alle prese con le pressioni sui Paesi periferici a causa dei gravi squilibri nei conti pubblici e, intanto, si vanno profilando nuove bolle all’orizzonte che riguardano le materie prime. Dopo la pesante crisi finanziaria e conseguente recessione non si può dire che sull’economia globale sia tornato il sereno. Al contrario il cielo rimane plumbeo e all’orizzonte si intravedono nuovi temporali. Nelle considerazioni finali del 31 maggio, il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, ha ammonito sull’ampliarsi degli squilibri delle bilance dei pagamenti tra grandi paesi debitori (Stati Uniti) e creditori (Cina), uno degli elementi che hanno portato alla devastante crisi finanziaria del 2009. e economia & finanza An no VII • n. IL PUNTO di Christiana Babić 1 201 o n g 233 • Giovedì, 9 giu Apparire è scrivere in Rete Internet e bellezza, comunicazione in tempo reale e narcisismo, due mondi che s’incontrano, sempre più, quasi a fondersi nella ricerca di uno strumento capace di soddisfare il bisogno di apparire. Due realtà che dalla dimensione quotidiana passano a quella economica e producono utili di tutto rispetto. Così se nel 2010 sono stati circa 450.000 gli interventi di chirurgia estetica effettuati in Italia. E in questi giorni gli addetti ai lavori invitano alla prudenza coloro che non sembrano curarsi degli effetti negativi del binomio sole-bisturi sottolineando, a fronte di un numero crescente di richieste, che la capacità di spesa non basta a superare l’oggettiva necessità di sconsigliare alcuni dei ritocchi più desiderati. Basti dire che in Italia l’economia di Internet ha raggiunto, nel 2010, un valore di circa 31,6 miliardi di euro, pari al 2,0 p.c. del Pil, valore che nel 2009 era pari a 28,8 miliardi di euro, ovvero l’1,9 per cento del Pil. Questo dato sarà più che raddoppiato entro il 2015. Una stima confermata dai dati Censis che mostrano come gli italiani siano tra i maggiori frequentatori dei social network. Dal settembre 2008 al marzo 2011 gli utenti di Facebook sono passati da 1,3 milioni a 19,2 milioni. Ogni utente trascorre su Facebook mediamente 55 minuti al giorno, è membro di 13 gruppi, e ogni mese posta 24 commenti, invia 8 richieste di amicizia, diventa fan di 4 pagine e riceve 3 inviti ad eventi. Nel resto d’Europa la situazione è ancora più marcata. In Gran Bretagna ad esempio l’economia di Internet vale 7,2 p.c. del Pil, mentre in Francia raggiungerà nel 2015 il 5,5 p.c. Questi i dati al centro del convegno, organizzato da Osservatorio TuttiMedia e Media Duemila, sul massmediologo Marshall McLuhan, di cui ricorre il centenario dalla nascita, che negli anni ’60 aveva già previsto la rivoluzione digitale dei nostri tempi, in corso al centro congressi del dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, a Roma. “Le potenzialità della Rete sono infinite – ha spiegato il sociologo Derrick de Kerckhove, direttore scientifico di Media Duemila –, e la trasparenza, con la massima circolazione possibile delle informazioni, deve esserne una caratteristica essenziale. Dopo l’era del petrolio il futuro dell’economia si baserà sulla velocità di Internet ed è per questo che i governi si mobilitano, per trovare un accordo globale. È necessario – sottolinea ancora de Kerckhove –, che una volta decise le regole fondamentali, una sorta di carta di navigazione e di accesso alla Rete, si organizzi un consorzio internazionale che nei fatti già esiste, ma che deve avere però un riconoscimento formale affinché il mondo interconnesso diventi un capitolo fondamentale della politica dei governi locali”. 2 economia&finanza Giovedì, 9 giugno 2011 RICERCA Confindustria: in Italia le tasse sulle imprese al 58 per cento Il fisco erode gli utili, in Europa le imprese «gioiscono» in Spagna U n’azienda che chiude il bilancio con circa 380mila euro di utile netto ne avrebbe guadagnati ben di più, circa 600mila, se avesse avuto sede non in Italia ma in Spagna. Colpa di una tassazione effettiva complessiva al 58 p.c. dell’imponibile, che si sarebbe fermata al 29 p.c. se invece che italiana fosse stata una impresa spagnola. Calcoli di Confindustria, che da tempo sollecita una riforma che alleggerisca il peso del fisco su “chi tiene in piedi il Paese”, aziende e lavoratori. E questa volta affida l’allarme ad uno studio strettamente tecnico. MENO TASSE Nessun commento, parlano i numeri. E ne emerge che le imprese tedesche, le inglesi, e soprattutto le spagnole, hanno un alleato nel regime fiscale del Paese dove operano: meno tasse quindi più utili, un vantaggio competitivo incolmabile rispetto a italiane e francesi. “‘L’imposizione fiscale complessiva in rapporto al reddito imponibile (effective tax rate) - spiega il rapporto - è decisamente superiore in Italia (58 p.c.) rispetto alla Germania (43 p.c.), al Regno Unito (40 p.c.) e alla Spagna (29 p.c.). Di poco diversa la situazione della Francia, dove il carico fiscale complessivo (60 p.c.) risulta lievemente superiore a quello italiano per effetto dell’indeducibi- lità del compenso corrisposto ad amministratori esterni all’impresa”. Fattore che “influisce negativamente” ma, fa notare il rapporto, “è ragionevole supporre che in presenza di tale normativa le scelte aziendali sarebbero state diverse” rendendo il regime fiscale francese meno penalizzante. COMPARAZIONE Lo studio, che l’area fisco, finanze e welfare di Confindustria ha elaborato in collaborazione con Deloitte, calcola l’onere fiscale complessivo di una società per azioni italiana (oltre alle imposte sul reddito, anche le altre principali forme di imposizione: ad esempio, le imposte locali sugli affari, sugli immobili, di solidarietà sociale ed altre specifiche imposte locali) e l’ipotetico onere che la stessa società avrebbe subito se fosse stata localizzata in uno degli altri tre Paesi presi in esame. La società “campione” (che ha un fatturato di 27,7 milioni di euro, svolge attività di ricerca e sviluppo nel campo dell’automazione di processi industriali e del testing di componenti e prodotti finiti, ha 180 dipendenti, ed esporta circa il 65 p.c. delle esportazioni), una volta pagate le tasse su un utile ante imposte di 986.503 chiude il bilancio (come regime si ipotizza quello del 2009) con un utile netto di circa 383mila euro in Italia, che sarebbe più basso dell’8 p.c. Un’azienda che chiude il bilancio con circa 380mila euro di utile netto ne avrebbe guadagnati ben di più, circa 600mila, se avesse avuto sede non in Italia ma in Spagna se l’azienda fosse in Francia, e più alto del 20 p.c. in Germania, del 37 p.c. in Gran Bretagna, e ben del 58 p.c. in Spagna, dove supererebbe quota 600mila euro (605.347). Il rapporto prende poi in esame anche la tassazione del reddito in capo ai soci dell’azienda per l’utile distribuito dalla società, per verificare il diverso modo di affrontare il problema della doppia imposizione e l’effettivo onere fiscale complessivo nei diversi Paesi. Ed anche in questo caso la graduatoria è confermata. Lo studio esamina diverse ipotesi di distribuzione di un divi- dendo. E nel caso sia pari al 50 p.c. dell’utile distribuibile in Italia, per esempio, l’imposizione fiscale sul socio sarebbe al 71 p.c. in Francia, al 66 p.c. in Italia, al 47 p.c. in Germania, al 38 p.c. in Gran Bretagna, al 27 p.c. in Spagna. cura di Mauro Bernes Il sociologo di origini polacche, teorico della «società liquida» Bauman: «Sempre più verso una società di disuguaglianza» Stop alle tasse aeree: non danno benefici Il direttore generale e ceo della Iata (Associazione internazionale delle compagnie aeree), Giovanni Bisignani, punta il dito contro i Paesi che impongono tasse al trasporto aereo affermando che “tassare l’aviazione non paga”, e stila una classifica dei Paesi che a suo avviso vanno messi sul “muro della vergogna”. In primis cita il Regno Unito per i suoi 4,5 miliardi di dollari di tassa per il passeggero, la più grande in tutto il mondo, poi la Germania con la tassa per l’imbarco da 1,3 miliardi. “Un regalo non desiderato fatto dalla Cancelliera Merkel”, afferma Bisignani indicando poi che “l’Austria ha copiato la Germania con una tassa da 119 milioni dollari; infine l’India ha introdotto una tassa di servizio da 450 milioni dollari, in completa violazione delle norme Icao (Organizzazione internazionale dell’aviazione civile)”. Bisignani - parlando alla 67.esima Assemblea generale - ha sottolineato che “tassare l’aviazione non paga” tant’è che l’Olanda ha abrogato la tassa d’imbarco da 412 milioni perché costa all’economia 1,6 miliardi. E l’Irlanda ha cancellato la tassa per il trasporto aereo che doveva portare 165 milioni dollari l’anno in quanto è costata 594 milioni e 3.000 posti di lavoro. La lezione per i governi è semplice: non uccidere la gallina dalle uova d’oro”. “Il commercio globale dei carburanti per l’aviazione aggiunge - sta stimolando le economie e rimettendo a posto i bilanci dei governi. Bisogna tassare i banchieri perché hanno creato il caos. I loro miliardi in bonus dovrebbero aiutare a ripulirlo”. “Abbiamo sulle nostre spalle un fardello incredibile, che include i nostri obblighi morali, i nostri naturali impulsi ad occuparci degli altri, e cerchiamo di sgravarcene con i tranquillanti morali offerti dai negozi, dai supermercati”. Lo ha detto il sociologo di origini polacche Zygmunt Bauman, teorico della “società liquida”, concludendo il festival dell’Economia di Trento 2011. RADDOPPIO “Entro il 2020 i prezzi degli alimenti raddoppieranno - ha spiegato il sociologo polacco - e già oggi vi è un aumento della disuguaglianza a livello globale, per certi versi incredibile. Il Paese più ricco, il Qatar, ha uno standard 428 volte più alto del paese più povero, lo Zimbabwe. Il 20 p.c. più ricco dell’umanità controlla il 75 p.c. della ricchezza, il 20 p.c. più povero il 2%. Fino a 30-40 anni fa il trend era diverso, il divario fra i Paesi sembrava destinato a colmarsi”. Secondo il sociologo polacco ci sono “due fattori fondamentali, più culturali e sociali che economici, dietro questo: il voler godere di una vita ricca, abbiente che ci porta a vivere al di sopra dei nostri mezzi sulle spalle dei nostri figli; e la questione della risoluzione dei con- Secondo Zygmunt Bauman entro il 2020 i prezzi degli alimentari raddoppieranno flitti sociali, anche quelli legati alla diseguale distribuzione dei beni, aumentando la produzione, il Pil. Quando il Pil cala non viene messa a rischio la sopravvivenza alimentare - ha chiarito -, ma nonostante ciò si sviluppa il panico, perché la gestione dei conflitti è tutta basata sull’aumento della produzione e del consumo. UFFICIO IN TASCA Per Bauman oggi vi è “un processo di mercificazione e commercializzazione della moralità. Il nostro reale bisogno dovrebbe essere prenderci cura dei nostri cari, mentre il confine fra il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato alla famiglia è sfumato. Siamo sempre al lavoro, abbiamo l’ufficio sempre in tasca. Al tempo stesso disimpariamo altre abilità “primarie”. Ad esempio a riconoscere il dolore, il dolore morale, che è molto importante, perché esso è un sintomo che ci aiuta a riconoscere la fragilità dei legami umani. Improvvisamente abbiamo persone che hanno migliaia di amici in Internet; ma in passato dicevamo che gli amici si vedono nel momento del bisogno, e questo non è esattamente il caso degli amici che abbiamo in Internet. L’obiettivo quindi diventava sviluppare sempre nuovi desideri negli esseri umani. Ma anche i desideri ad un certo punto si scontrano con dei limiti. Così, il limite è stato superato mercificando la moralità. Forse il momento della verità è vicino. Ma possiamo fare qualcosa per rallentarlo: intraprendendo un cammino autenticamente umano, un cammino fatto di reciproca comprensione”. economia&finanza 3 Giovedì, 9 giugno 2011 BANCHE Scalata Antonveneta: la sentenza di primo grado Pesanti condanne per i «furbetti» di Marco Grilli C on le pesanti condanne comminate a carico di 16 imputati, tra cui l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, e l’ex Ad di Banca Popolare Italiana, Giampiero Fiorani, il Tribunale di Milano ha squarciato il velo sui reati finanziari commessi per la scalata Antonveneta, in quell’epoca contrassegnata da abusi, illegalità e falsata concorrenza di cui si resero protagonisti i famigerati “furbetti del quartierino” (oltre al caso Antonveneta le altre grandi partite finanziarie finite sotto accusa sono la scalata a Bnl e l’assalto alla Rizzoli – Rcs). Arbitri “imparziali”, banchieri senza scrupoli ed un fitto sottobosco di immobiliaristi, faccendieri, ascari della politica e protagonisti del jet-set, sono alla base delle scalate truccate che hanno dominato le cronache nell’estate 2005. Market abuse Nel caso Antonveneta, secondo la sentenza di primo grado, fu il governatore della Banca d’Italia Fazio a favorire illegalmente le mire dell’Ad di Banca Popolare di Lodi (oggi Banca Popolare Italiana-Bpi) Fiorani, a danno della banca olandese Abn Ambro. Lo scopo: impedire il passaggio in mani straniere della banca padovana, per favorire figure non troppo “limpide” del capitalismo italiano. A complicare le cose intervenne però la Procura di Milano, che poteva valersi della legge 62 approvata dal Parlamento italiano – il 18 aprile 2005 –, per recepire la direttiva europea sul “market abuse”: un provvedimento che aumenta le pene per l’aggiotaggio e consente le intercettazioni telefoniche per indagare sull’abuso di informazioni privilegiate e sulle manipolazioni di mercato. I Pm, dopo aver ricevuto un esposto da parte del legale di Abn Amro, Guido Rossi, chiesero di intercettare il governatore e gli scalatori. Quanto emerse è ben rilevato nel libro “Mani sporche” di Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio: “Il gip Clementina Forleo firma l’autorizzazione e bastano due mesi di ‘ascolti’ per scopri- chiarato a Consob e Bankitalia e al di fuori di ogni regola. Fiorani si muove insieme a Ricucci, Gnutti e altri personaggi minori con un obiettivo preciso: impedire il buon esito dell’Opa lanciata il 30 marzo dall’Abn Amro. Appena scatta l’offerta olandese, Fiorani finanzia amici, prestanomi, fondi e società off-shore per realizzare una scalata occulta alla banca di Padova che renda vana l’Opa olandese. Poi, a fine aprile, lancia a sua volta un’offerta pubblica di acquisto. Ma, a quel punto, i giochi sono già fatti e Fiorani sa di avere la vittoria in tasca: con i suoi amici ha rastrellato il 40 per cento di Antonveneta. Senza lanciare una regolare Opa, obbligatoria per chi vuole superare la soglia del 30 per cento. Ma l’11 maggio la Consob denuncia il patto occulto tra gli scalatori italiani...”. Accordo illecito Il 2 maggio 2005 la Procura di Milano avvia le indagini sulla scalata e apre un fascicolo contro ignoti per aggiotaggio sull’offerta pubblica di acquisto (Opa) di Bpl ad Antonveneta. Quindici giorni dopo, Fiorani, Gnutti ed altre 21 persone vengono iscritte nel registro degli indagati. Si arriva così al 25 luglio 2005, quando i Pm sequestrano tutti i titoli della banca padovana detenuti dalla Bpl e dai concertisti, gli alleati Emilio Gnutti, Stefano Ricucci, Danilo Coppola e i fratelli Lonati. La prova schiacciante dell’accordo illecito fra i pattisti, secondo l’accusa, emergerebbe da un’intercettazione telefonica del 12 luglio tra Fazio e Fiorani, in cui quest’ultimo afferma: “Tonino, io sono commosso, io ti ringrazio… ti ringrazio… ho la pelle d’oca… io, guarda Tonino, in questo momento ti darei un bacio sulla fronte”. Il 2 agosto 2005 il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Clementina Forleo convalida il sequestro delle azioni in mano ai concertisti e notifica la misura interdittiva nei confronti di Fiorani e del direttore centrale finanza, Gianfranco Boni. Scrive la Forleo: “Il tenore di molte delle conversazioni intercettate evidenzia che i rapporti tra gli indagati e altri personaggi, Antonio Fazio re gli abusi di Fiorani e dimostrare che dietro di lui si muovono almeno un regista, Fazio, e vari sponsor politici accomunati da una pervicace tendenza all’illegalità. I pm Eugenio Fusco e Giulia Perrotti, coordinati dal capo del pool reati finanziari, Francesco Greco, scoprono che la Bpl di Fiorani comincia a rastrellare azioni Antonveneta ben prima di quanto di- lungi dall’incanalarsi in fisiologici rapporti istituzionali o in rapporti meramente amicali, che legittimamente avrebbero potuto snodarsi parallelamente ai primi, appaiono contrassegnati da illegittime pressioni da un lato e da illeciti favoritismi dall’altro, in totale spregio delle regole poste a presidio del sistema dei controlli facenti capo in particolare alla Banca d’Italia”. Fiorani, accusato di aggiotaggio, insider trading e falsa dichiarazione a pubblico ufficiale, si dimette dalla carica di Ad di Bpl il 16 settembre 2005. Nello stesso mese il comitato esecutivo dell’ex-Bpl approva definitivamente la cessione del pacchetto del 29,4 p.c. detenuto in Antonveneta, al prezzo di 26,5 euro per azione. Disegno criminoso È il passo decisivo per il definitivo passaggio dell’istituto padovano agli olandesi di Abn Amro. A dicembre l’inchiesta si allarga, chiamando in causa l’intero CdA della Bpl e il Presidente di Unipol, Giovanni Consorte. Quando il Gip Forleo trasmette al Parlamento 68 telefonate che coinvolgono esponenti politici nell’ambito delle inchieste Antonveneta, Bnl, Rcs, non esita a definire gli individui intercettati come “complici di un disegno criminoso”. Il 23 maggio 2008 il Giudice dell’udienza preliminare (Gup) di Milano, Luigi Varanelli, ratifica 64 patteggiamenti (58 di persone fisiche e sei di società) che portano oltre 120 milioni di euro nelle casse dello Stato. Bpi e Bpl Suisse, indagate in base alla legge 231 per omissione di controllo nella scalata Antonveneta, dopo l’ammissione di responsabilità versano allo Stato ben 94 milioni di euro di risarcimento. La richiesta di patteggiamento ha segnato l’uscita di scena dal processo di vari imputati, quali l’immobiliarista romano Stefano Ricucci, l’ex vicepresidente di Bpl Desiderio Zoncada, l’ex funzionario dello stesso istituto Giovanni Vismara e il commercialista Claudio Zulli. Al termine dell’udienza preliminare, il Gup rinvia a giudizio 17 persone. Il 23 ottobre 2008 si apre il processo di fronte ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano. Dopo le reciproche accuse tra Fazio e Fiorani, i Pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta formalizzano le loro richieste di condanna il 23 febbraio 2011. Tra queste: un anno e tre mesi per l’ex Ad della Bpl Giampiero Fiorani, imputato dei reati di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza, in continuazione con le altre condanne già inflitte; tre anni e una multa di 100mila euro per l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, accusato di concorso in aggiotaggio; tre anni per Gianpiero Fiorani l’ex presidente di Unipol Giovanni Consorte. “Il progetto di scalata all’Antonveneta – si legge nella requisitoria dei Pm –, non interessava solo Fiorani, ma rientra in una logica del riassetto del sistema bancario italiano secondo il dirigismo di Fazio, in spregio a tutte le regole del Testo Unico della Finanza, del Codice Civile e del Codice Penale”. La sentenza di primo grado Il 28 maggio 2011 i giudici della seconda sezione penale di Milano, presieduta da Gabriella Manfrin, hanno emesso la sentenza di primo grado infliggendo ben 16 condanne. Severissima quella per l’ex Governatore di Bankitalia Fazio, imputato per aggiotaggio: quattro anni di reclusione, un milione e mezzo di euro di multa, l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e per due dalla professione, dagli uffici direttive delle persone giuridiche e delle imprese, oltre al divieto di contrattazione con la pubblica amministrazione. Prosciolto da ogni accusa il secondo imputato di Bankitalia, Francesco Frasca, all’epoca dei fatti responsabile della vigilanza. Le altre condanne: un anno e otto mesi per Fiorani, in continuazione coi tre anni e tre mesi già patteggiati; sei anni e seimila euro di multa al suo prestanome, l’avvocato svizzero e fiduciario Francesco Ghioldi, imputato per riciclaggio; tre anni e un milione di multa ciascuno per gli ex vertici dell’Unipol, Giovan- ni Consorte e Ivano Sacchetti; due anni e otto mesi e 850mila euro di multa per il senatore del Pdl Luigi Grillo – il mediatore tra finanza e politica – e per l’immobiliarista Luigi Zunino; un anno e otto mesi (due in più rispetto alle richieste dell’accusa) per gli imprenditori Marcello Dordoni, Giuseppe Ferrari Aggradi, Luigi Gallotta, Giampiero Marini, Luigi Pacchiarini, Paolo Raimondi, Sergio Tamagni e Carlo Baietta, ed infine un anno e sei mesi per Bruno Bertagnoli. La mano pesante dei giudici si è anche abbattuta nei confronti di due società, per la legge sulla responsabilità penale delle società giuridiche: sanzione di 360mila euro per la Nuova Parva (gruppo Zunino) e di 900mila euro per la Unipol, che ha subito pure la confisca di 39,6 milioni di euro. Banca d’Italia e la Consob, costituitisi parte civile, hanno ottenuto un risarcimento rispettivamente di 400mila e 450mila euro. Fazio e Consorte si sono detti sconcertati per la sentenza ed hanno annunciato il loro ricorso in appello, professandosi innocenti. In attesa dei prossimi gradi di giudizio, nuove verità sulla stagione dei “furbetti del quartierino” e delle scalate bancarie truccate potrebbero emergere dal processo, in via di conclusione a Milano, sulla scalata di Unipol a Bnl. Anche in questa vicenda giudiziaria ritroviamo molti protagonisti della lotta per il possesso dell’Antonveneta. Tra questi lo stesso Fazio, per il quale l’accusa ha chiesto una pena di tre anni e sei mesi di reclusione. 4 economia&finanza Giovedì, 9 giugno 2011 ASSICURAZIONI Tavola rotonda dedicata alle piccole e medie imprese Polizze: un lusso o un investimento? G li assicuratori, gli intermediari, lo Stato, le banche e i media devono contribuire a innalzare la coscienza sull’utilità dei prodotti assicurativi e sulla necessità di tutelare al meglio il patrimonio imprenditoriale. Questo il messaggio di fondo scaturito dal dibattito sviluppatosi alla tavola rotonda organizzata dal mensile “Banka” nell’ambito del progetto “Il mercato delle assicurazioni” dedicato in particolare alla situa- zione che si registra nel comparto delle piccole e medie imprese. “Secondo le stime delle case assicuratrici operanti in Croazia ben il 90 per cento dei piccoli e medi imprenditori non è coperto da una polizza o ha optato per un prodotto che non corrisponde in modo adeguato a coprire i rischi che la loro attività comporta”, ha detto Slaven Dobrić, membro del Bord dell’Allianz Zagreb, nel suo intervento dedicato al ruolo delle L’ANALISI DELLA Ottimismo alla Borsa di Zagabria di Ivan Petrović Mentre gli indici europei e mondiali segnavano perdite, la scorsa settimana per la Borsa di Zagabria si è rivelata molto ottimistica e il volume di scambi è lievitato per quasi tutti i titoli sul listino. La passata settimana il volume di scambi è ammontato a 127,2 milioni di kune, un risultato nettamente superiore a quello registrato nel periodo precedente. Il titolo maggiormente scambiato è risultato quello dell’Ingra, che ha registrato anche uno dei più forti incrementi di valore. A fronte di un volume di scambi di 25 milioni di kune il valore del titolo Ingra è aumentato del 15,14 p.c. Oltre all’Ingra hanno fatto segnare un buon risultato pure i titoli della Telecom croata (HT), il cui valore è stato corretto dell’1,06 p.c. su base settimanale a fronte di un volume di scambi pari a 21 milioni di kune. Sul podio delle azioni maggiormente scambiate si piazza infine il titolo della Belje, che è lievitato del 4,16 p.c., portando il proprio valore a 100,01 kune. A livello mondiale abbiamo notato che gli indici di Wall Street hanno continuato a indebolirsi per la quinta settimana consecutiva. L’indice S&P ha perso il 2,3 p.c. finendo a 1.300 punti. Anche l’indice Dow Jones ha perso il 2,3 p.c. chiudendo a 12.151 punti. Gli analisti continuano però a rimanere del parere che questa non sia l’avvisaglia di un’inversione di tendenza, che fino ad ora si è rivelata assai positiva, bensì di un consolidamento e correzione del trend all’alba di una nuova crescita. Ad ogni modo la prudenza va mantenuta anche a causa del proseguo della crisi di Eurolandia e a causa della possibilità di un’escalation degli scontri nello Yemen e negli altri Paesi del Medio oriente. Un possibile intralcio a possibili balzi dei mercati sia a livello nazionale sia internazionale. MERCATO DEI CAMBI Grande la richiesta di euro di Ivan Slamić La scorsa settimana sul mercato croato dei cambi la domanda di euro è rimasta forte. Un trend dovuto alla domanda interbancaria relativa all’avvicinarsi della scadenza dei titoli di Stato a breve termine emessi in euro e alla domanda corporativa di euro che hanno spinto verso l’alto il cambio EUR/HRK. La passata settimana il cambio EUR/HRK ha sfiorato quota 7,470, mentre nella mattinata di lunedì scorso il cambio si aggirava tra un minimo di 7,455 e un massimo 7,460. La kuna si è indebolita nuovamente anche nei confronti del franco svizzero. Il cambio EUR/CHF ha stabilito la scorsa settimana un nuovo record negativo a quota 1,2050. Una situazione che ha influenzato pure il cambio CHF/HRK lievitato a quota 6,180. Le ragioni che hanno portato al nuovo rafforzamento della valuta elvetica sono le solite, ossia la situazione sfavorevole nella quale versano alcuni Paesi dell’area euro, che in vari modi tentano di mettere in atto le misure di taglio delle spese al fine di poter continuare a beneficiare degli aiuti degli altri Paesi di Eurolandia e del Fondo monetario internazionale (FMI). La vittoria dell’opposizione in Portogallo ha contribuito a far rafforzare leggermente la moneta unica. Gli analisti reputano, infatti, che un governo stabile sarà in grado di attuare una politica fiscale restrittiva. D’altro canto la kuna ha continuato a rafforzarsi nei confronti del dollaro statunitense. Gli ultimi dati provenienti dagli USA sono preoccupanti a tal punto che alcuni analisti parlano di recessione a doppio fondo. La scorsa settimana ha deluso l’andamento di più di un indice, in particolare di quello più importante legato all’occupazione. Il numero di nuovi posti di lavoro è cresciuto negli USA di appena 56.000 unità, contro le 160.000 previste. Male sono andati anche gli indici inerenti al mercato immobiliare, al settore manifatturiero e terziario. Il cambio EUR/USD è lievitato in una settimana da 1,4260 a 1,4650. Il cambio USD/HRK è sceso da 5,215 a 5,095 (-2 p.c. su base settimanale). piccole e medie imprese nel sistema economico nazionale, in cui ha fatto un riferimento particolare alle modalità di gestione dei rischi, ovvero agli strumenti adottati per garantire lo svolgimento dell’attività e per tutelare il patrimonio. “Nelle file dei piccoli e medi imprenditori – ha detto Dobrić –, l’importanza della polizza assicurativa non è sufficientemente riconosciuta. Vengono percepite come un’ulteriore spesa e non come uno strumento utile per la gestione dei rischi. Eppure – ha aggiunto –, nella prassi gli esempi positivi che dovrebbero contribuire a cambiare questo atteggiamento non mancano. Basti pensare al caso in cui grazie a una polizza stipulata per un immobile destinato a vano d’affari che prevedeva un premio di 26.000 l’imprenditore ha ottenuto il rimborso dei danni causati da un temporale ammontanti a ben 500.000 kune”. Margini di crescita La scarsa attenzione per i prodotti assicurativi emerge anche dall’analisi delle polizze stipulate dai piccoli e medi imprenditori: il due terzi di quelli che hanno una polizza l’hanno stipulata soltanto perché tenuti a rispettare un obbligo. Infatti, un numero significativo di polizze e riferito al settore auto e deriva o da un obbligo di legge o da una condizione posta dagli istituti bancari o dalle società leasing. Il settore presenta pertanto ampi margini di crescita nei segmenti della copertura dei rischi a danno del patrimonio, in quello della responsabilità per danni o quelli dovuti a un’interruzione dell’attività. Per tale motivo tutte le case assicuratrici vedono nel comparto delle piccole e medie imprese un target importante al quale dedicare attenzione e per il quale pensare prodotti “su misura”. “Un approccio che si traduce anche in una forte competitività tra le società presenti sul mercato croato”, ha detto il direttore del reparto assicurazioni patrimoniali della Croatia osiguranje, Drago Klobučar. “Negli ultimi anni la tendenza è cambiata in modo significativo. Se prima le società erano particolarmente competitive nel settore auto oggi – ha detto –, si concentrano sempre di più sul settore patrimoniale. Per quanto riguarda la CO, ad esempio, va detto che è stata la prima società a lanciare sul mercato croato una polizza pensata appositamente per coprire i rischi della responsabilità dei manager, polizza che ha visto di recente, in pieno svolgimento della campagna anticorruzione, la prima richiesta di risarcimento dei danni”. Ramo patrimoniale “Il numero di polizze stipulate nel ramo patrimoniale è indubbiamente basso, ma non crediamo che la situazione vada gestita con interventi legislativi che rendano questo strumento obbligatorio, anche perché dover sottostare ad un obbligo imposto dall’alto il più delle volte si traduce nel scegliere l’opzione minima offerta sul mercato”, ha dichiarato Snježana Žokvić, a capo del Reparto per l’elaborazione delle polizze patrimoniali e danni della Grawe. A suo avviso, comunque, il ruolo dello Stato non è secondario, tutt’altro: è allo Stato che compete la messa in atto di un’azione capace di diffondere il concetto di utilità dei prodotti assicurativi nel mondo imprenditoriale e in particolare nel comparto delle piccole e medie imprese, che spesso – ha ricordato –, “poggiano la loro attività su un unico macchinario”. Esperienze UE Alla tavola rotonda, organizzata con il patrocinio di Allianz, sono state delineate anche le esperienze registrate dalle case assicuratrici nei Paesi membri dell’Unione europea. Da queste emerge in modo chiaro che il settore delle piccole e medie imprese rappresenta un mercato di estrema importanza al quale dedicare particolare attenzione. Una fotografia che ben rispecchia anche la situazione in Croazia. Basti un dato: secondo i registri disponibili pres- so la Camera d’Economia croata nel 2010 le piccole e medie imprese registrate nel Paese erano più di 89mila e in queste lavoravano circa 575mila persone. Numeri ai quali vanno sommati anche quelli relativi alle imprese artigianali che erano più di 93mila. Numeri di tutto rispetto, che tradotti in termini occupazionali vanno a coprire circa il 57 per cento del mercato del lavoro in Croazia. Prodotti «su misura» In vent’anni di attività la Banca croata per il rinnovo e lo sviluppo (HBOR) ha erogato ai piccoli e medi imprenditori nonché ai titolari delle imprese artigianali 15.000 prestiti per un ammontare complessivo pari a circa 25 miliardi di kune, destinati per la maggior parte a investimenti nell’attività. “Prima dello scoppio della crisi la maggior parte delle richieste per l’ottenimento di un prestito vertevano sulla necessità di fare nuovi investimenti, oggi la situazione è cambiata in modo significativo e attualmente più dell’80 per cento dei prestiti erogati dall’HBOR viene utilizzato dagli imprenditori per assicurare la liquidità necessaria allo svolgimento dell’attività”, ha detto Jadranka Mršić Hebrang, a capo della direzione per le piccole e medie imprese dell’HBOR. Ma la crisi non ha prodotto soltanto effetti negativi. Guardando dall’ottica delle case assicuratrici, infatti, il nuovo contesto ha contribuito al cambiamento di atteggiamento nei confronti dei piccoli e medi imprenditori. Oggi, l’offerta segue le reali necessità e propone ai destinatari dei prodotti assicurativi pensati per rispondere in modo ottimale alle loro esigenze.(chb) Relazioni economiche e culturali Costituito a Roma il Serbian Italian Business Council ROMA – Si è costituita nei giorni scorsi, presso gli uffici dell’Istituto del Commercio con l’Estero (ICE), l’Associazione Serbian-Italian Business Council (SIBC). Copresidente per la parte italiana è stato nominato Guidalberto Guidi, presidente di Confindustria ANIE, mentre copresidente per parte serba è stata nominata Draginja Đurić, presidente dell’Executive Board Banca Intesa Belgrado. Costituita con il patrocinio del ministero dell’Economia e Sviluppo regionale della Repubblica Serba e del ministero dello Sviluppo economico italiano, allo scopo di favorire e sviluppare le relazioni economiche fra Serbia e Italia, spiega l’ANIE “l’Associazione Serbian-Italian Business Council promuoverà lo sviluppo delle relazioni economiche e formative e degli scambi commerciali, industriali e culturali fra Serbia e Italia, favorendo altresì una più ampia comunanza d’intenti fra i settori privati dei due Paesi con particolare riferimento ai settori strategici per la crescita economica su cui sviluppare progetti di collaborazione”. Anno VII/ n. 233 del 9 giugno 2011 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ECONOMIA & FINANZA [email protected] Redattore esecutivo: Christiana Babić / Impaginazione: Borna Giljević Collaboratori: Krsto Babić, Mauro Bernes, Marco Grilli / Foto: Ivor Hreljanović e archivio