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PRIMO PIANO
Martedì 9 Luglio 2013
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Non solo perché lo vuole esplicitamente il Pd ma anche perché lo desidera pure il Pdl
Il finanziamento ai partiti resterà
Per il momento si gioca sul rinvio facendo della melina
no di slittare. Il 15 luglio,
data in origine prevista a
i capisce che molti Montecitorio per chiudere
parlamentari non il dibattito nella commissiohanno troppa voglia ne Affari costituzionali, si è
di andare avanti col mutato in 26 luglio. Spira
aria cattiva
disegno di legge
per l’approvaper «l’aboliziozione in aula
ne del finanzianella prima
mento pubblico
settimana di
diretto» ai paragosto. Moltiti.
ti non osano
Sia nel Pd sia
scoprirsi con
nel Pdl, infatti,
l’assumere pale voci ostili ai
lesi posizioni
tagli si alzano in
di aperta concontinuazione.
trarietà al diIl più ortosegno di legge,
dosso e coerenm a p a r e c ch i
te sostenitore
si trincerano
dell’esborso
dietro la genep u b b l i c o, o s Ugo Sposetti
rica volontà di
sia il tesoriere
diessino Ugo Sposetti, non voler apportare modifi che,
perde occasione per menare miglioramenti, riscritture.
fendenti a destra e a manca,
Tanto per capirci: lo
esaltando con indubbia convinzione e altrettanta foga la Stato continuerà a pafunzione e il ruolo dei movi- gare per i partiti. Se non
scucirà più direttamente
menti politici.
Ci si è mossi perfino in di- somme ai vari movimenti,
rezione del Canada per re- pagherà in altra maniera.
perire documentazione sulle Non ci sarà alcun concreto
forme di finanziamento non sollievo per l’erario, per il
semplice fatto che ci saran“diretto”.
Quanto al Pdl, sono reiterati no minori entrate (a causa
gli ammonimenti di Fabrizio delle agevolazioni fiscali per
Cicchitto, mentre Fabrizio i sostenitori dei partiti) o
Giro annuncia che non darà uscite a titolo diverso (vanil proprio voto a «questa legge taggi tariffari, concessioni
d’immobili e altro). Agli
liberticida».
Su posizioni diverse, inve- esponenti di partito, tuttace, si collocano non soltanto i via, importerebbe alquanto
grillini, com’è ovvio, e i radi- trovare modi per serbare
cali, storici oppositori dell’isti- ancora qualche forma di
tuto, ma altresì settori del Pd, contributo diretto.
segnatamente i renziani.
Lo stesso presidente del
I tempi, intanto, rischia- Consiglio ci ha messo la
DI
MARCO BERTONCINI
S
faccia: quindi, sarebbe addirittura costretto, qualora
il parlamento cincischiasse
con discussioni, audizioni,
rinvii, a pensare all’emanazione di un decreto-legge.
È bene però chiarire che la
gran massa degli elettori ha
finora capito che sarà soppresso tutt’intero il finanziamento pubblico. Quando
la gente si renderà conto
che dietro l’aggettivo finale
(finanziamento «diretto»)
si cela la permanenza della spesa pubblica in pro dei
partiti (la cui popolarità è ai
livelli di Jack lo squartatore, a voler essere generosi),
si può ragionevolmente pensare che un’altra zaffata di
antipolitica si abbatterà sul
mondo politico.
© Riproduzione riservata
SOTTO A CHI TOCCA
Per il Pd le belle ragazze fanno male.
Vanno vietate (ma solo in pubblicità)
DI
ISHMAEL
«I
nvece di pensare alla crisi», che
fa il partito democratico? «Vieta
la gnocca». Così Libero, con tipica finesse. Direte: è il titolo d’un
trafiletto sbarazzino, messo lì per strizzare
l’occhio al lettore di vedute aperte, che non
si lascia certo smontare dal linguaggio crudo (ma nemmeno vuole che s’esageri, o che
si dia troppo spazio, alle brutte parole). E
invece no, è un titolo a pagina intera, e per
di più il titolo di prima pagina. Un titolo a
tutte maiuscole: «IL PD VIETA LA GNOCCA». Ve lo figurate come sghignazzano beati
i generalissimi dello stato maggiore berlusconiano leggendo la parola «gnocca» a tutte
maiuscole? Come i bambini quando dicono
«cacca» o «pupù». Intendiamoci: la notizia
c’è, anche se non si tratta d’una notizia così
drammatica come lascia intendere il titolo
di Libero.
C’è che il partito democratico, oggi
devoto al politically correct come ieri al
marxismo sovietico, ha deciso di presentare
un disegno di legge, effettivamente insensato, per bandire una volta per tutte il corpo
della donna da qualsiasi pubblicità. Basta
con tutte quelle chiappe, facciamola finita
con quelle scollature, quelle slinguazzate
di cono gelato, quei doppi sensi, quegli ammiccamenti. E non soltanto perché le donne
meritano rispetto. Ma perché la pubblicità
erotica provoca (dice il partito democratico
nella persona dei suoi parlamentari, tutti
scienziatoni dal primo all’ultimo) «depressione e disturbi alimentari».
Ci vuole la fantasia d’un politico de
sinistra per mettere in relazione un’indigestione o un attacco d’ansia con la pubblicità delle bibite gasate fatta da bellone che
maneggiano le bottiglie con malizia. Ma ci
vuole la fantasia de destra dei berlusconiani
per titolare un bell’articolo di Franco Bechis (scritto con umorismo e competenza,
come sempre) con le maiuscole care ai ragazzi del bunga bunga. Ormai Libero è un
giornale apocalittico, al cui confronto sfigurano le pubblicazioni dei Testimoni di Geova, dove la fine del mondo, ferro toccando, la
va sempre a pochi. Apocalisse e anatemi, a
giorni alterni. Un giorno, e si noti anche qui
la caratteristica finesse, manda all’inferno
Margherita Hack, atea militante e pertanto,
dopo aver «sgomberato il campo», destinata
alle fiamme eterne: anatema. Passano due
giorni e certifica ai suoi lettori che la sinistra si accinge a vietare (niente meno) LA
GNOCCA: apocalisse.
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SULLA TERRAZZA ROMANA DI DONNA LAVINIA SI SPIEGA UN NOTO SOCIOLOGO STUDIOSO DEL PARTITO DI B
Riproporre Forza Italia 20 anni dopo è da fuori di testa
DI
S
MARIO UNNIA
i parla dei partiti nella terrazza romana di Donna Lavinia Claudia, e tra le tante
voci anche quella di un noto
sociologo studioso del Pdl. «Crescono
i congiurati, vogliono far fuori Berlusconi, ma prima vogliono mettere
ordine nelle idee, assai confuse, compreso il nome pdl». L’affermazione
sorprende l’uditorio «ci dica di più
professore…». «Sono venuti da me,
un gruppetto di intellettuali, e ho
spiegato che per ridefinire il pdl occorre ricordare due verità che il partito ha dimenticato: che nel mondo
c’è una stratificazione fondamentale,
poveri e ricchi, e che ogni partito decide quali privilegiare, posto che non
è possibile soddisfarli tutti».«Che
cosa hanno i ricchi che i poveri non
hanno?», prosegue il sociologo «tanto denaro che possono permettersi
di sembrare poveri, mentre i poveri
non hanno il denaro per frequentare chi li fa diventare ricchi. I poveri
sono pessimisti e anche avari, men-
tre i ricchi ottimisti e prodighi». La
lucidità del professore rassicura i
presenti di fare parte della classe
privilegiata.
«Attenzione però, ho suggerito, diffidate delle stravaganze dei
ricchi e delle meschine rivendicazioni dei poveri: e ricordatevi che
il mercato politico è cambiato, non
vince più chi rappresenta gli uni o
gli altri, vince chi sa rappresentare
i falsi ricchi, quelli che aspirano, senza esserlo». «Maestro»domanda un
candido ingegnere «come si riconosce
un falso ricco da un ricco e da un
povero, al di là dell’apparenza?»e il
sociologo «quando qualcuno dice ‘non
lo faccio per i soldi, ma per principio’,
quello è un vero falso ricco, mentre
i ricchi e i poveri veri lo fanno per
i soldi».
«Come hanno reagito i congiurati?». «Non è finita bene, come prevedevo. Sono intellettuali, hanno
discusso in un crescendo di aggressioni, dimenticata la teoria degli
emergenti falsi ricchi si sono divisi
sul gruppo sociale da rappresentare:
gli ex amici di Alfano vogliono i vetero rurali e gli arcaici urbani, gente
di Verdini punta ai gradualisti e i
riformisti, i nemici della Santanchè
corteggerebbero i conservatori transizionali e i consumisti integrati, e i
seguaci occulti di Brunetta addirittura i progressisti e i pionieri. Tutti
quanti fuori strada. E in più, tifosi
di Forza Italia».
«Professore, lei esclude che
costoro ci portino via quelli che
oggi votano per noi?» domanda un
dirigente Pdl. «Non è escluso», risponde «ma voi li perderete in ogni
caso perché il vostro capo è distratto
da fatti dinastici e gli sfugge la dinamica della realtà. Come si fa a riproporre Forza Italia? Andava bene
per i ricchi che in genere sono patrioti, ma oggi avanzano i falsi ricchi
che non credono alla patria e tanto
meno ai padri della patria. Costoro
hanno idee moderne, non vogliono
più il partito di un uomo, bensì un
‘partito public company’ quotato e
trattato nel mercato politico, hanno
in mente un’Italia dove non si vota
più, e dove le maggioranze si fanno
in Borsa. Il nome del partito? una
sigla, tipo FPSE, in inglese, First
Party in Stock Exchange».
«Quindi costoro sono una terza classe, tra i ricchi e i poveri»,
suggerisce l’avvocato. «Esattamente,
ma il suo profilo sociologico è incerto.
Un esempio, i poveri si riproducono forsennatamente di sera tardi,
quando i ricchi cenano dopo teatro,
i ricchi invece copulano a tempo perso di pomeriggio, quando i poveri si
abbrutiscono con il lavoro. Quando
facciano sesso i falsi ricchi è ancora
oggetto di studio».
Perplessità tra gli astanti. «Ci
dica, l’hanno pagata bene professore…», sorride Donna Lavinia, e lui
precisa «la mia era una consulenza
professionale, l’ho fatto per i soldi,
non per principio, sono un vero ricco». «E per chi vota, professore?»«per
il partito di D’Alema, naturalmente,
mi rappresenta benissimo».
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