A09 155 Giuseppe Rodonò Ruggero Volpes Fisica tecnica Volume II Termodinamica Copyright © MMXI ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133/A–B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–4472–8 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre 2011 Indice 9 Prefazione 11 Simboli 13 Capitolo I Introduzione 1.1. Inizi e sviluppo della Termodinamica, 13 – 1.2. Calore e temperatura, 16 – 1.3. Termometria, 18 21 Capitolo II Sistemi e trasformazioni 2.1. Definizioni, 21 – 2.2. Espressione del lavoro, 29 – 2.3. Funzioni di stato e funzioni di trasformazione, 32 37 Capitolo III Il primo principio della Termodinamica 3.1. Il Primo Principio per il sistema termodinamico classico, 37 – 3.2. L’energia interna, 38 – 3.3. L’entalpia, 42 – 3.4. Calore specifico, 43 – 3.5. Esperimento di Joule, 44 – 3.6. Teoria cinetica dei gas, 47 – 3.7. Reazioni chimiche, 50 – 3.8. Sistema dinamico chiuso, 51 – 3.9. Sistema dinamico aperto, 52 – 3.10. Applicazioni dell’equazione dell’energia, 57 5 6 Termodinamica 63 Capitolo IV Il secondo principio della Termodinamica 4.1. Enunciato di Kelvin, 63 – 4.2. Ciclo di Carnot, 66 – 4.3. Enunciato di Kelvin ed enunciato di Clausius, 69 – 4.4. Teorema di Carnot, 70 – 4.5. Scala termodinamica assoluta, 72 – 4.6. Entropia, 74 – 4.7. Piano di Gibbs, 76 – 4.8. Osservazioni sul ciclo di Carnot, 79 – 4.8.1. Superiorità del ciclo di Carnot, 79 – 4.8.2. Cicli a rigenerazione, 81 – 4.9. Trasformazioni irreversibili, 82 – 4.10. Significato statistico dell’entropia, 86 – 4.11. Applicazioni dell’Analisi Matematica alla Termodinamica, 88 – 4.11.1. Espressioni del dq, 88 – 4.11.2. Differenza tra i calori specifici cp e cv, 92 – 4.11.3. Espressioni del ds, 94 – 4.11.4. Equazione di Clapeyron per i passaggi di fase, 97 – 4.12. Potenziali termodinamici, 101 – 4.13. Equazioni di Maxwell, 104 – 4.14. Exergia, 106 113 Capitolo V Proprietà termodinamiche delle sostanze 5.1. Gas ideali, 113 – 5.1.1. Generalità, 113 – 5.1.2. Espressioni delle funzioni di stato, 114 – 5.1.3. Calore specifico in una trasformazione politropica, 117 – 5.1.4. Espressione del lavoro e del calore lungo una politropica, 119 – 5.2. Miscugli di gas ideali, 120 – 5.2.1. Legge di Dalton, 120 – 5.2.2. Funzioni di stato di un miscuglio di gas ideali, 123 – 5.3. Sostanze reali, 125 – 5.3.1. Passaggi di fase, 125 – 5.3.2. Rappresentazioni grafiche dell’equazione di stato, 132 – 5.3.3. Vapori saturi, 134 – 5.3.3.1. Generalità, 134 – 5.3.3.2. Rappresentazione sul piano di Gibbs, 136 – 5.3.3.3. Calore di riscaldamento e di vaporizzazione, 139 – 5.3.3.4. Funzioni di stato del vapore saturo, 142 – 5.3.3.5. Calori specifici del vapore saturo, 144 – 5.3.3.6. Diagramma entalpico di Mollier, 147 – 5.4. Equazioni di stato dei gas reali, 150 – 5.4.1. Generalità, 150 – 5.4.2. Equazione di Van der Waals, 151 – 5.4.3. Fattore di comprimibilità, 155 – 5.4.4. Laminazione, 158 161 Capitolo VI Cicli termodinamici 6.1. Classificazione delle macchine termiche, 161 – 6.2. Compressori, 163 – 6.2.1. Generalità, 163 – 6.2.2. Lavoro del compressore, 166 – 6.2.3. Compressore a più stadi, 169 – 6.3. Motori, 170 – 6.4. Ciclo termo- Indice 7 motore a vapore, 171 – 6.4.1. Ciclo di Rankine, 171 – 6.4.2. Spillamenti di vapore, 177 – 6.4.3. Generatore di vapore, 178 – 6.4.4. Condensatore, 184 – 6.4.5. Altri fluidi di lavoro, 185 – 6.4.6. Cicli a due fluidi, 186 – 6.4.7. Generazione combinata di lavoro e calore, 187 – 6.5. Ciclo Otto, 189 – 6.6. Ciclo Diesel, 193 – 6.7. La turbina a gas, 194 – 6.8. Propulsione a getto, 197 – 6.9. Macchine frigorifere, 203 – 6.9.1. Generalità, 203 – 6.9.2. Frigorifero a compressione di vapori, 205 – 6.9.2.1. Ciclo termodinamico, 205 – 6.9.2.2. L’organo di laminazione, 209 – 6.9.2.3. Schema di un impianto frigorifero, 211 – 6.9.2.4. Fluidi frigoriferi, 212 – 6.9.2.5. Il piano di stato (i, p), 214 – 6.9.3. Frigorifero ad assorbimento, 216 – 6.9.4. Frigorifero termoelettrico, 219 – 6.10. Pompa di calore, 221 223 Capitolo VII Aria umida 7.1. Generalità, 223 – 7.2. Definizioni, 224 – 7.3. Diagramma psicrometrico di Mollier, 227 – 7.4. Operazioni con l’aria umida, 232 – 7.5. Misura dell’umidità, 237 – 7.5.1. Igrometri, 237 – 7.5.2. Psicrometri, 237 – 7.6. Condizionamento dell’aria, 239 243 Capitolo VIII La misura della temperatura 8.1. Scale termometriche pratiche, 243 – 8.2. Termometri, 244 – 8.2.1. Termometri a dilatazione di liquido, 245 – 8.2.2. Termometri a tensione di vapore, 245 – 8.2.3. Termometri a lamina bimetallica, 246 – 8.2.4. Termometri a termoresistenza, 246 – 8.2.5. Coni Seger, 247 – 8.2.6. Pirometri, 247 – 8.2.7. Termometri a termocoppia, 250 – 8.2.8. Termometro a gas, 253 – 8.3. Scala internazionale pratica di temperatura, 254 257 Bibliografia 259 Indice analitico Prefazione In questo volume si parte dai concetti fondamentali della Fisica generale, che si suppongono già noti, e si studiano alcuni sviluppi della Termodinamica. Il libro è stato scritto per essere un testo di riferimento per la Fisica tecnica nel corso di studi di Ingegneria; perciò esso copre gli aspetti della Termodinamica di maggior interesse per gli allievi ingegneri anche in preparazione alle materie applicative da affrontare successivamente nel corso di studi. Il testo peraltro può anche servire da riferimento nella vita professionale, almeno per i fondamenti della materia. In tutto il volume le grandezze fisiche sono espresse nelle unità del sistema SI; ciò ha permesso di omettere generalmente l’indicazione delle unità di misura nelle equazioni. A questa regola vengono fatte poche eccezioni con l’uso di multipli e sottomultipli del sistema SI o con unità del vecchio Sistema tecnico. 9 Simboli A c e area calore specifico energia specifica, forza elettromotrice, differenza di potenziale E energia f energia libera specifica F energia libera g accelerazione di gravità; funzione di Gibbs specifica G portata di massa; funzione di Gibbs; portata dell’aria secca h entalpia associata i entalpia specifica I entalpia i0 entalpia totale specifica k costante di Boltzmann l lavoro per unità di massa L lavoro LT lavoro tecnico m massa M massa molecolare N numero di Avogadro n esponente nell’equazione della politropica p pressione; pressione parziale PCI potere calorifico inferiore PCS potere calorifico superiore q quantità di calore per unità di massa Q quantità di calore r calore latente di passaggio di fase; rapporto di compressione barico R costante universale dei gas R' costante del gas nell’equazione di stato (= R/M) s entropia specifica S entropia t temperatura in gradi Celsius T temperatura assoluta in kelvin u energia interna specifica U energia interna v volume specifico V volume w velocità W probabilità termodinamica x titolo y umidità associata 11 12 z α β γ ε η ηΛ κ λ Λ λp λv ξ ρ τ Termodinamica coordinata verticale; fattore di comprimibilità coefficiente di pressione a volume costante coefficiente di dilatazione a pressione costante rapporto tra i calori specifici (= cp/cv) coefficiente di effetto utile; emittanza spettrale rendimento rendimento exergetico coefficiente di comprimibilità a temperatura costante numero dei gradi di libertà; exergia per unità di massa exergia calore latente di pressione calore latente di dilatazione coordinata curvilinea densità di massa; rapporto di compressione volumetrico tempo φ ψ umidità relativa coefficiente di effetto calorifico Indici a aria secca (cap. 7) d punto di rugiada (cap. 7) e entrata F stato finale I stato iniziale K punto critico l liquido saturo (cap. 5); liquido (cap. 7) p a pressione costante r variabile ridotta s saturazione (cap. 7) t totale (relativo al miscuglio; cap. 7) tr trasformazione generica u uscita u bulbo umido (cap. 7) v vapore saturo (cap. 5); vapore (cap. 7) v a volume costante Come regola generale, nell’indicazione di una derivata parziale (o del calore specifico o di un incremento infinitesimo o di una quantità infinitesima di calore o di lavoro) da valutare lungo una data trasformazione, il simbolo di una variabile posto a indice specifica la variabile che rimane costante lungo la trasformazione. Tutte le quantità si intendono espresse nelle unità di base, supplementari e derivate del sistema SI, quando non sia dichiarato diversamente. Capitolo I Introduzione 1.1. Inizi e sviluppo della Termodinamica La Termodinamica può essere definita come la scienza che studia le trasformazioni di calore in lavoro e di lavoro in calore. Più precisamente, oggetti di studio sono le diverse forme sotto le quali l’energia può essere accumulata nei corpi e le modalità secondo le quali i corpi possono mutare di stato dando luogo a scambi di lavoro e di calore con gli altri corpi. I fenomeni connessi col riscaldamento e il raffreddamento dei corpi e la natura del fuoco e del calore sono stati argomenti di speculazione e di discussione tra i filosofi fin dagli inizi della storia documentata del pensiero. In generale il calore fu considerato nell’antichità come una sorta di fluido (il flogisto o fluido calorico o semplicemente il calorico) indistruttibile, estremamente leggero, così da non avere peso, e capace di permeare i corpi con estrema facilità, tanto da poter penetrare non solo nei corpi porosi ma anche in quelli molto compatti (il bronzo, l’acciaio) e anzi, in generale, con maggiore facilità proprio in questi. Contro questa teoria materiale del calorico si espressero pure in ogni tempo vari studiosi, che appoggiarono l’idea che il calore fosse una qualità dei corpi piuttosto che una sostanza; le loro opinioni però furono sempre il prodotto di speculazioni filosofiche e furono quindi discusse alla pari con la contraria teoria sostanziale. A partire dal secolo XVII si fecero più numerose e vivaci le ricerche sul calore e sulla temperatura ed ebbe inizio la nuova scienza della 13 14 Termodinamica Termologia. Vennero fatti anche vari tentativi di misurare la temperatura (termoscopio di Galileo del 1592, termometro a mercurio di Fahrenheit del 1724). Tra le più significative osservazioni sperimentali furono quelle pubblicate nel 1798 dall’americano Benjamin Thomson, conte di Rumford. Egli, sperimentando su una canna di cannone montata su un tornio e agendo su di essa con un utensile, osservò che per l’attrito tra l’utensile e il pezzo si sviluppava del calore, e che ciò avveniva indefinitamente finché l’utensile restava a contatto col pezzo rotante. Da ciò argomentò che il calore che si sviluppava non era un fluido già contenuto nel metallo: se non fosse stato così, l’uscita del fluido calorico dal metallo, sollecitata dall’azione dell’utensile, si sarebbe dovuta arrestare quando il calorico inizialmente contenuto si fosse esaurito. Nel frattempo venivano tentate le prime significative realizzazioni di macchine a vapore, con un avvio lento durante il secolo XVIII e poi, durante il secolo XIX, con una notevolissima accelerazione, come è evidente dalla considerazione di alcune date: – 1702: pompa a vapore per acqua (Savary); – 1705: pompa a vapore con stantuffo (Newcomen); – 1769: prima locomotiva stradale a vapore (Cugnot); – 1782: macchina a vapore di J. Watt; – 1815: locomotiva ferroviaria di G. Stephenson; – 1819: la prima nave con propulsione a vapore attraversa l’Oceano Atlantico; – 1825–1830: realizzazione in Inghilterra delle prime linee ferroviarie con locomotive a vapore; – 1830–1850: si moltiplicano in Europa e in America le iniziative per la costruzione di linee ferroviarie, mentre si diffonde anche l’impiego di navi a vapore; – 1883: turbina a vapore di Laval. Il rapido sviluppo delle applicazioni delle macchine termiche accompagnò l’enorme sviluppo delle attività industriali che si verificò in questo periodo, essendone contemporaneamente un effetto e una delle cause. La spinta economica verso la costruzione di macchine termiche più efficienti condusse da un lato al moltiplicarsi delle iniziative di industriali e artigiani per l’ottenimento, spesso per via empirica, di presta- Introduzione 15 zioni sempre migliori; d’altra parte fu stimolato l’interesse degli studiosi per la scienza del calore. Ma, mentre per gli altri rami della Fisica (Meccanica, Elettrologia, ecc.) i dati sperimentali, una volta acquisiti, dettero luogo rapidamente, con un processo logico d’induzione, alla formulazione delle leggi fondamentali da parte degli stessi sperimentatori, nel caso della Termodinamica la conoscenza pratica dei fenomeni, pur se spinta al punto di permettere le notevoli applicazioni tecniche sopra ricordate, fu seguita con un certo ritardo dall’enunciazione delle leggi fondamentali, sulle quali doveva poi fondarsi la struttura teorica della scienza del calore. Sono significative a questo proposito le seguenti date a confronto con le altre esposte sopra: – 1824: pubblicazione dell’opera di S. Carnot Réflexions sur la puissance motrice du feu, che si suol considerare il momento iniziale della scienza termodinamica; – 1840–1847: formulazione del primo principio della Termodinamica (Mayer, Joule, Helmholtz); – 1848–1851: lord Kelvin definisce la temperatura assoluta e dà il suo enunciato del Secondo Principio; – 1854: Clausius dà la definizione dell’entropia; – 1857: teoria cinetica dei gas (Clausius). È possibile che uno dei motivi del ritardo degli sviluppi teorici della Termodinamica stia nel fatto che il riconoscere il calore e il lavoro come due forme diverse dello stesso fenomeno – il trasferimento dell’energia – contrastava con l’idea, ancora fortemente radicata anche nelle menti dei dotti, che il calore fosse una sostanza o almeno una grandezza fisica sui generis. Verso la metà del XIX secolo nacque e si affermò la Meccanica statistica, con la quale metodi statistici vennero applicati allo studio dei gas, considerati come sistemi meccanici costituiti da un grande numero di elementi. Per questa via si giunse alla formulazione della teoria cinetica dei gas. Questa produsse un notevole chiarimento dei concetti di calore e temperatura, interpretando l’energia interna di un corpo come la somma delle energie di natura meccanica (potenziale e cinetica) possedute dalle particelle elementari costituenti il corpo e permettendo così di scorgere, al di là delle enunciazioni teoriche del Primo e del Se- 16 Termodinamica condo Principio, le realtà fisiche corrispondenti ai concetti di calore e temperatura. Gli stessi metodi statistici permisero di ritrovare per via teorica la legge sulla radiazione del corpo nero (legge di Stefan–Boltzmann). Applicati alle funzioni termodinamiche, dettero luogo allo sviluppo della Termodinamica statistica (Maxwell, 1860; Boltzmann, 1880). Applicati all’emissione dell’energia radiante per quanti, gli stessi metodi portarono alla legge della distribuzione tra le diverse lunghezze d’onda della potenza irradiata dal corpo nero in funzione della temperatura (Planck, 1900). 1.2. Calore e temperatura I due concetti di calore e temperatura sono strettamente legati, potendosi definire il calore come il trasferimento di energia da un corpo a un altro per effetto di una differenza di temperatura tra i due corpi e, viceversa, la temperatura come l’indice della capacità di un corpo di cedere calore a un altro corpo a temperatura inferiore (o di riceverne, se quest’altro è a temperatura superiore). Le due definizioni così date non sarebbero nell’insieme del tutto soddisfacenti, poiché ciascuna dipende dall’altra; però il concetto di temperatura può essere chiarito in modo diverso. Infatti la temperatura di un corpo può essere considerata come un indice dell’energia mediamente posseduta dalle molecole costituenti il corpo, astraendo dalle forme di energia legate agli stati macroscopici del corpo (molle caricate, corpi in movimento, ecc.). Questa definizione è basata soltanto su concetti di Meccanica; su di essa poi può fondarsi la definizione del calore. La temperatura è una grandezza intensiva: infatti il suo valore dipende solo dallo stato termodinamico del sistema considerato e non dalla sua estensione (volume, massa, ecc.). Quanto al calore, esso risulta definito come una forma di energia in transito. Vi è calore in quanto dell’energia si trasferisca – per effetto di differenze di temperatura – da un corpo a un altro; prima e dopo il trasferimento esiste energia in una qualche forma (cinetica, gravitazionale, elettrica, interna, chimi- Introduzione 17 ca...), ma non si può parlare di “calore”. Ciò è analogo a quanto può dirsi per il lavoro: il lavoro, anch’esso energia in transito, è il trasferimento di energia da un corpo a un altro o da una forma a un’altra per effetto di uno squilibrio meccanico, cioè dell’applicazione di una forza, e di un concomitante spostamento del relativo punto di applicazione. In contrasto con questa definizione del calore, si parla nel linguaggio corrente (e anche in questo testo) di fonti di calore, di calore sviluppato da una reazione chimica, ecc. Queste espressioni, relitti della terminologia che era usata quando si accettava l’ipotesi del fluido calorico, sono rimaste nell’uso. Esse sembrano sottintendere l’idea, oggi superata, che il calore sia una sostanza che un corpo può contenere e che può essere a esso fornita o sottratta: il fluido calorico. Ma non si deve perdere di vista la corretta interpretazione di tali espressioni. Ad esempio, parlando, a proposito di una reazione esotermica, del suo calore di reazione, si dovrà intendere che, dato un sistema in certe condizioni termodinamiche inizialmente in equilibrio con l’ambiente, al verificarsi della reazione chimica una certa energia chimica si tramuta in energia interna, cosicché cresce la temperatura dei prodotti della reazione; per effetto di questo aumento di temperatura si ha una cessione di energia all’ambiente circostante, che è a una temperatura inferiore. È questa energia ceduta dal sistema che costituisce il calore di reazione. In modo analogo si deve intendere il termine di calore latente, ecc. (1). Quanto richiamato al § 1.1 sullo sviluppo storico del concetto di calore serve anche a chiarire le ragioni dell’uso, ancora persistente, di misurare il calore con una unità diversa da quella utilizzata per tutte le altre grandezze omogenee all’energia. Nei vari sistemi di misura l’unità di misura del calore fu definita come la quantità di calore da somministrare a una quantità unitaria di una certa sostanza per aumentarne di una unità la temperatura. Nel sistema CGS questo procedimento portò a definire la piccola caloria (cal) come la quantità di calore necessaria, alla pressione atmosferica normale, per portare 1 g di acqua da 14,5C a 15,5C; nel sistema MKS fu definita in modo simile la kilocaloria 1 Considerazioni analoghe potrebbero farsi a proposito di espressioni come “produzione di lavoro”, “trasformazione di calore in lavoro” e altre di uso corrente e universalmente accettate in pratica, pur se a rigore scorrette. 18 Termodinamica (kcal), ma con riferimento a 1 kg di acqua; nel sistema britannico la Btu fu definita come la quantità di calore necessaria, in condizioni normali, per innalzare isobaricamente la temperatura di 1 lb di acqua di 1F (2). Con l’adozione del sistema di unità SI (Système International) tutte queste unità sono oggi escluse dall’uso e sostituite dall’unità del joule (J) con i suoi multipli e sottomultipli. 1.3. Termometria Lo stato fisico di un corpo materiale è caratterizzato da diverse grandezze termodinamiche: il volume, la massa, la pressione, la densità, ecc. Una di queste è la temperatura, la variabile che esprime la capacità del corpo di cedere calore ad altri corpi, a loro volta caratterizzati da valori inferiori della temperatura, o, nel caso che gli altri corpi siano a temperatura superiore, di ricevere da essi calore. Risolto facilmente il problema di stabilire se una temperatura è maggiore o minore di un’altra (semplicemente osservando il verso del trasferimento energetico che si verifica quando i corpi aventi le due temperature sono posti in grado di scambiarsi calore), si presenta quello di misurare le temperature per confronto con una scala prestabilita e riproducibile. A questa esigenza rispondono le scale termometriche: la scala Fahrenheit (1730) e le successive, tra le quali la scala di Celsius (1742), oggi di uso universale. Con l’uso di tali scale la temperatura viene misurata indirettamente attraverso l’osservazione degli effetti da essa prodotti su un corpo, detto corpo termometrico, e in particolare su una delle grandezze fisiche che lo caratterizzano. Può trattarsi della pressione di un gas (termometro a gas a volume costante), della resistività elettrica di un metallo (termometro a termoresistenza), o altro. I primi termometri realizzati, e ancora oggi tra i più comuni, sono quelli a dilatazione di liquido. Essi si fondano sulla dipendenza del vo2 Altre unità estranee al sistema SI: 1 therm = 105 Btu; 1 termìa = 103 kcal. Si aggiunge a queste la frigorìa (1 Frig = –1 kcal), unità usata nella tecnica dei frigoriferi per misurare il calore sottratto. Introduzione 19 lume specifico del liquido termometrico dalla temperatura: una quantità di liquido (mercurio, pentano, alcool, o altro) riempie il bulbo del termometro; in seguito a riscaldamento il liquido si espande fuori dal bulbo, invadendo la cannula sottile con la quale il bulbo è in comunicazione. Se il bulbo e la cannula hanno dimensioni invariabili con la temperatura, e la cannula ha sezione uniforme in tutta la sua lunghezza, a uguali variazioni di volume del liquido corrispondono uguali variazioni della lunghezza x del segmento di cannula occupato dal liquido termometrico. Se poi si assume che il volume del liquido vari linearmente con la temperatura t, la lunghezza x risulta una funzione lineare di t; in questo caso si può tracciare la scala lineare della temperatura sulla base di due punti di riferimento. Una scala termometrica definita così è arbitraria, poiché la natura del liquido termometrico scelto per la costruzione della scala influisce sulla definizione della scala stessa; infatti le diverse sostanze rispondono diversamente alle variazioni di temperatura. Questa arbitrarietà nella definizione della scala termometrica (la stessa situazione si presenta, oltre che nei termometri a dilatazione di liquido, in quelli basati su altre leggi fisiche) rende criticabile la definizione di qualsiasi scala termometrica fondata sulle proprietà fisiche dei corpi termometrici impiegati nella costruzione del termometro. La difficoltà viene risolta teoricamente dalla Termodinamica che, sulla base del suo secondo principio, consente di dare della temperatura una Termometro a diladefinizione in modo assoluto, ossia indipendente tazione di liquido. dalle proprietà fisiche di qualsiasi corpo termometrico. Viene così definita la temperatura termodinamica, la cui unità di misura è il kelvin (K). Con questa definizione la misura della temperatura viene resa teoricamente fattibile per mezzo della misura delle quantità di calore scambiate con una macchina di Carnot e quindi senza la necessità di fare uso di corpi termometrici appositamente scelti. 20 Termodinamica Con la definizione della temperatura assoluta il problema di misurare la temperatura si riduce al problema di misurare energie, ciò che può essere fatto con precisione e con relativa facilità. Ciò che non è invece possibile è la realizzazione di una macchina di Carnot: per quanto accurati possano essere i metodi sperimentali usati in laboratorio, si può solo realizzare un’approssimazione, più o meno accurata, a questo modello. La definizione teorica della scala termodinamica perciò non fornisce un metodo pratico di misurare la temperatura, neppure nei laboratori metrologici. Sulla definizione della temperatura termodinamica si torna al § 4.5; alcuni aspetti pratici della misurazione della temperatura vengono considerati al cap. 8.