omelia vi dom. t.o. 2015 mc 1,40-45

“LO VOGLIO, GUARISCI!” ( Mc 1,40-45 VI
domenica t.o.)
“Se vuoi, puoi guarirmi!” Oggi il vangelo ci parla
di un lebbroso. Chi sia questa persona non si sa.
Non ha nome né volto perché è voce di ogni
uomo che invoca e chiede aiuto. Con tutta la
discrezione di cui è capace dice solo: “se vuoi, puoi
guarirmi”. Il suo futuro è appeso ad un “sé vuoi”
che viene seminato nel cuore di Dio. Cosa voleva
dire, a quel tempo, avere la lebbra? La lebbra non
era considerata una malattia, ma una terribile
punizione un castigo di Dio per i peccati
dell’individuo. Il lebbroso era considerato un
maledetto, un cadavere vivente. La lebbra nel
libro di Giobbe è chiamata: “Il figlio primogenito
della morte” (Gb 18,13). Per questo il lebbroso non
poteva stare in paese ma doveva starsene appartato,
emarginato dalla società. E quando qualcuno gli si
avvicinava o lui passava vicino a qualcuno doveva
urlare: “Sono immondo, sono maledetto da Dio,
stai lontano da me, non mi toccare!”. La scorsa
domenica, lo ricorderete, Gesù uscito dalla
sinagoga entra in casa e guarisce la suocera di
Pietro, poi evangelizza, scaccia i demoni e conclude
la sua giornata pregando. Gesù trascorre un giorno
ed una sera a condividere il dolore per sanarlo… ed
una notte per offrirlo al Padre e ringraziare. Nella
vita di ognuno di noi il dolore è presente. Un
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prete ne è travolto quotidianamente. La morte
improvvisa di un giovane, la malattia di un
bambino, il lutto che decima una famiglia, sono
esperienze che, quando bussano alla porta,
sminuzzano la fede con una lametta, facendola
sanguinare e, spesso, spegnendola. Le parole
diventano vuote, il volto di Dio offuscato, ogni
parola sembra priva di significato e di forza
consolatrice. E quanti modi di dire poi, intorno
alla sofferenza e al dolore… modi di dire che
negano il vero volto del Dio di Gesù! “Dio ci
mette alla prova, facendoci soffrire”… ma a me
sembra che in nessuna pagina di vangelo Gesù
abbia donato una malattia; anzi se non ricordo male,
i suoi interventi hanno sempre guarito!!! “Dio
prende con sé sempre i migliori” ho sentito dire da
qualcuno, commentando la morte di una persona
giovane… dunque se è così, amici cari…
comportiamoci malissimo, così almeno Dio ci fa
campare fino a 80 anni!!! Per pietà… non voglio
certo fare l’avvocato difensore di Dio, ma non so
dare risposte, e diffido di chi me le vuole
rifilare... Nel vangelo odierno il lebbroso, a nome
nostro, chiede: che cosa vuole Dio per me? Cosa
vuole da questa carne sfatta, da questo corpo
piagato, da questi anni di dolore? Gli scribi di ogni
tempo hanno già le loro risposte. La fede del
lebbroso invece palpita: Dio o è il Dio della
compassione o non è Dio! Cosa vuoi per me?
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Quello che dicono gli scribi o vuoi guarirmi? La
svolta del racconto non è contenuta in una
riflessione, ma in un verbo che indica l’essere
preso allo stomaco, dice di una mano che ti stringe
le viscere: provò compassione! Per i sacerdoti il
lebbroso è un caso, per Gesù è una lama nella
carne. Per gli scribi è un teorema, per lui è un
fremito, che muove e genera gesti, che fa quasi
violenza alla mano, la fa stendere, la fa toccare.
“Stese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio,
guarisci!”. Perché Gesù tocca il lebbroso quando
sarebbe bastato il suo volere e la sua parola per
operare la guarigione? Vedete… in questo gesto
c’è tutto il suo amore per la persona. I lebbrosi
erano tagliati fuori da tutto, intoccabili. Quello che
guarisce il cuore di quest’uomo è quell’essere
toccato mentre è lebbroso… e l’unico che lo ha
fatto, l’unico che l’ha pensato come uomo e non
come impuro è Gesù! E poi c’è altro. Quando
Gesù dà a te la sua vita, prende su di sé la tua
“malattia”. Infatti alla fine il lebbroso diventa
Lui! Non può più entrare pubblicamente in una
città, ma se ne sta fuori in luoghi deserti. La lebbra
di una fama sconsiderata obbliga Gesù a stare
lontano. Ma tutti vanno a cercarlo. Significativo!
Quella compassione che fa di Gesù la presenza di
Dio nel mondo attrae chiunque e ovunque!!! “Non
dire niente a nessuno”... Per il lebbroso non c’è
bisogno di parlare, di raccontare perché parla il
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volto risanato, parla la presenza reintegrata, parla il
riprendere la vita normale fra tutti. La mano parla
prima della voce, le dita sono più eloquenti delle
parole: Gesù rompe i tabù, toccare il lebbroso è
diventare impuro per la legge. Ma per lui l’uomo è
sempre puro e vale più della legge. Una carezza
più della legge. È l’eloquenza di toccare il male
tremendo: da troppo tempo nessuno toccava più
il lebbroso, per paura, per ribrezzo, per
obbedienza alla legge. E la sua carne moriva di
solitudine, il suo cuore moriva di assenze. La
guarigione comincia quando qualcuno si
avvicina e mi tocca con amore, mi parla da
vicino, non ha paura, patisce con me. Il dolore
non domanda spiegazioni, vuole partecipazione.
Sentirsi toccati è una delle esperienze più belle e
vitali. Chi sa toccarti davvero, chi sa sfiorare il
tuo intimo di luce o di piaga, questi solo lascia
tracce di vita… è il tuo guaritore. La parola…
una voce per esistere dentro il vuoto, viene dopo:
“lo voglio, guarisci!”. A me, a Lazzaro, alla figlia
di Giairo, alla suocera di Simone ripete: lo voglio,
alzati, guarisci. Dio è guarigione. Guarigione dal
male
di
vivere…
dall’isolamento…
dall’esclusione… dal dolore!!! Non conosciamo i
tempi di Dio… ma sappiamo che egli rinnoverà
battito su battito il cuore… stella su stella la
notte! Dio tace, di fronte al dolore, e lo porta con
sé, lo salva, lo riempie di condivisione. Gesù non
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dona nessuna risposta al dolore, lo condivide con
passione… e basta! La vita è dolore, concludono in
molti. La vita è dolore, concludeva il Buddha,
indicando nel distacco dalle passioni l’unica
soluzione per non soffrire. Gesù propone nella
solidarietà condivisa l’alternativa. Un dolore
condiviso si dimezza!!! Ed anche noi… usciremo
dai nostri isolamenti per lasciarci incontrare
dall’Amore di Cristo? Quanta lebbra ci allontana e
ci rende estranei! Nella compassione di Dio
potremo rinascere, oggi, adesso!!!
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