testi_Marx - Istituto Ven. A. Luzzago

Marx - La questione ebraica
Lo Stato e la società civile
Introduzione
In questo brano Marx introduce il concetto della "doppia cittadinanza" dell'uomo: in virtù di quella
proclamata dallo Stato "borghese" nei «cieli del diritto», tutti i cittadini sono liberi e uguali di
fronte alle legge; in virtù di quella "terrena", che rende membri della società civile, gli individui
vivono come atomi isolati e in conflitto. Lo Stato, in definitiva, si costituisce come universalità
ponendosi al di sopra di quegli elementi particolari, di quelle differenze, che non può che
presupporre.
Là dove lo Stato politico ha raggiunto il suo vero sviluppo, l'uomo conduce non soltanto nel
pensiero, nella coscienza, bensì nella realtà, nella vita, una doppia vita, una celeste e una terrena, la
vita nella comunità politica nella quale egli si considera come ente comunitario, e la vita
nella società civile nella quale agisce come uomo privato, che considera gli altri uomini come
mezzo, degrada se stesso a mezzo e diviene trastullo di forze estranee.
Alla società civile lo Stato politico si rapporta nel modo spiritualistico in cui il cielo si rapporta alla
terra. Rispetto ad essa si trova nel medesimo contrasto, e la vince nel medesimo modo in cui la
religione vince la limitatezza del mondo profano, cioè dovendo insieme riconoscerla, restaurarla e
lasciarsi da essa dominare. Nella sua realtà più immediata, nella società civile, l'uomo è un essere
profano […].Viceversa, nello Stato, dove l'uomo vale come ente generico, egli è il membro
immaginario di una sovranità immaginaria, è spogliato della sua reale vita individuale e riempito di
una universalità irreale.
Il conflitto nel quale si trova l'uomo come seguace di una religione particolare, con se stesso in
quanto cittadino, con gli altri uomini in quanto membri della comunità, si riduce alla
scissione mondana tra lo Stato politico e la società civile. Per l'uomo in quanto bourgeois, la vita
nello Stato è soltanto apparenza o una momentanea eccezione contro l'essenza e la regola.
(La questione ebraica, trad. it. di R. Panzieri, Editori Riuniti, Roma 1978)
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Marx - La questione ebraica
Emancipazione politica e umana
Introduzione
Per Marx l'emancipazione politica conseguita dalla Rivoluzione francese con lo Stato liberaldemocratico deve essere sostituita da quella che egli chiama «emancipazione umana in generale»,
una condizione in cui vengono superate le disuguaglianze reali e viene sancita l'uguaglianza non
solo politica ma anche economica.
L'emancipazione politica è certamente un grande passo in avanti, non è bensì la forma ultima
dell'emancipazione umana in generale, ma è l'ultima forma dell'emancipazione umana entro l'ordine
mondiale attuale. Si intende: noi parliamo qui di reale, di pratica emancipazione. […]
L'emancipazione politica è contemporaneamente la dissoluzione della vecchia società, sulla quale
riposa l'essenza dello Stato estraniato dal popolo, la potenza sovrana. La rivoluzione politica è la
rivoluzione della società civile. Qual era il carattere della vecchia società? Una sola parola la
caratterizza: la feudalità. […]
L'emancipazione politica fu contemporaneamente l'emancipazione della società civile dalla politica,
dall'apparenza stessa di un contenuto universale. La società feudale era dissolta nel suo fondamento:
l'uomo. Ma l'uomo quale realmente era, in quanto suo fondamento, l'uomo egoista. Quest'uomo, il
membro della società civile, è ora la base, il presupposto dello Stato politico. Egli è da esso
riconosciuto come tale nei diritti dell'uomo. […]
L'emancipazione politica è la riduzione dell'uomo, da un lato, a membro della società civile,
all'individuo egoista indipendente, dall'altro, al cittadino, alla persona morale. Solo quando l'uomo
reale, individuale riassume in sé il cittadino astratto, e come uomo individuale nella sua vita
empirica, nel suo lavoro individuale, nei suoi rapporti individuali è divenuto membro della specie
umana, soltanto quando l'uomo ha riconosciuto e organizzato le sue "forces propres" come forze
sociali, e perciò non separa più da sé la forza sociale nella figura della forza politica, soltanto allora
l'emancipazione umana è compiuta.
(La questione ebraica, trad. it. di R. Panzieri, Editori Riuniti, Roma 1978)
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Marx - La guerra civile in Francia
La Comune di Parigi nell'analisi di Marx
Introduzione
Il 18 marzo 1871 il popolo parigino istituisce un governo rivoluzionario, denominato "Comune di
Parigi", che riuscirà a sopravvivere fino al 28 maggio dello stesso anno. Tale avvenimento suscitò
l'interesse di Marx che, ne La guerra civile in Francia, vi individua il primo esempio concreto di
superamento della democrazia "borghese".
All'alba del 18 marzo, Parigi fu svegliata da un colpo di tuono: "Vive la Commune!". Che cos'è
stata la Comune, questa sfinge che tanto tormenta lo spirito dei borghesi? «I proletari di Parigi»,
diceva il Comitato centrale nel suo manifesto del 18 marzo, «in mezzo alle disfatte e ai tradimenti
delle classi dominanti hanno compreso che è suonata l'ora in cui essi debbono salvare la situazione
prendendo nelle loro mani la direzione dei pubblici affari». […] Ma la classe operaia non può
mettere semplicemente la mano sulla macchina dello Stato bella e pronta, e metterla in movimento
per i propri fini. Il potere statale centralizzato, con i suoi organi dappertutto presenti: esercito
permanente, polizia, burocrazia, clero e magistratura – organi prodotti secondo il piano di divisione
del lavoro sistematica e gerarchica – trae la sua origine dai giorni della monarchia assoluta, quando
servì alla nascente società delle classi medie come arma potente nella sua lotta contro il
feudalesimo.
[…] questa nuova Comune, che spezza il moderno potere statale, venne presa a torto per una
riproduzione dei Comuni medioevali, che prima precedettero questo stesso potere statale e poi ne
divennero sostrato. […] L'antagonismo tra la Comune e il potere statale è stato preso a torto per una
forma esagerata della vecchia lotta contro l'eccesso di centralizzazione. […] Il suo vero segreto fu
questo: che essa fu essenzialmente un governo della classe operaia, il prodotto della lotta della
classe dei produttori contro la classe appropriatrice, la forma politica finalmente scoperta, nella
quale si poteva compiere l'emancipazione economica del lavoro. […]
Sì, o signori, la Comune voleva abolire quella proprietà di classe che fa del lavoro di molti la
ricchezza di pochi. Essa voleva l'espropriazione degli espropriatori. Voleva fare della proprietà
individuale una realtà, trasformando i mezzi di produzione, la terra e il capitale, che ora sono
essenzialmente mezzi di asservimento e di sfruttamento del lavoro, in semplici strumenti di lavoro
libero e associato. Ma questo è comunismo, "impossibile" comunismo! […] Parigi operaia, con la
sua Comune, sarà celebrata in eterno come l'araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri
hanno per urna il grande cuore della classe operaia.
(La guerra civile in Francia, trad. it. di P. Togliatti, Edizioni Rinascita, Roma 1950)
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Engels - Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia
classica tedesca
La prima fonte del materialismo storico: il
naturalismo di Feuerbach
Introduzione
In questo brano, Engels evidenzia il ruolo che la filosofia di Feuerbach ha giocato nella genesi
della concezione materialistica della storia di Marx. Essa, infatti, ha messo in atto un
rovesciamento dell'idealismo hegeliano che ha posto al centro della riflessione la naturalità e la
concretezza degli individui viventi, condizionati dalla dialettica bisogno / soddisfacimento del
bisogno.
Mentre il materialismo concepisce la natura come la sola realtà, la natura rappresenta nel sistema
hegeliano soltanto la "estrinsecazione" dell'idea assoluta, e quindi una specie di degradazione
dell'idea. In ogni modo in questo sistema il pensiero e il suo prodotto intellettuale, l'idea, è
l'elemento primordiale, la natura è l'elemento derivato, che non esiste, in generale, che per
degradazione dell'idea. E in questa contraddizione, bene o male, ci si dibatteva.
Allora apparve l'Essenza del cristianesimo di Feuerbach. D'un colpo essa ridusse in polvere la
contraddizione, rimettendo sul trono senza preamboli il materialismo. La natura esiste
indipendentemente da ogni filosofia; essa è la base sulla quale siamo cresciuti noi uomini, che
siamo pure prodotti della natura; oltre alla natura e agli uomini, non esiste nulla, e gli esseri più
elevati che ha creato la nostra fantasia religiosa sono soltanto il riflesso fantastico del nostro proprio
essere. L'incanto era rotto; il "sistema" era spezzato e gettato in un canto; la contraddizione era
rimossa, in quanto esistente soltanto nell'immaginazione. Bisogna aver provato direttamente
l'azione liberatrice di questo libro, per farsi un'idea di essa. L'entusiasmo fu generale: in un
momento diventammo tutti feuerbachiani.
(Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, in Opere scelte, a cura
di L. Gruppi, Editori Riuniti, Roma 1966)
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Engels - Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia
classica tedesca
La seconda fonte del materialismo storico: lo
storicismo di Hegel
Introduzione
Dopo aver riconosciuto i meriti di Feuerbach nell'elaborazione marxiana del materialismo storico,
Engels ne rileva i limiti. Egli, pur avendo sottolineato la naturalità dell'uomo, non ha saputo
coglierne la storicità, né comprendere che l'uomo, più che un momento della natura (cioè
un'astratta specie animale sempre identica a se stessa), è un prodotto della società e della storia.
Feuerbach mandò in pezzi il sistema [hegeliano] e lo gettò semplicemente in un canto. Ma non si
viene a capo di una filosofia solamente col dichiararla falsa. E di un'opera così poderosa come la
filosofia di Hegel, che aveva esercitato un'influenza così smisurata sulla evoluzione spirituale della
nazione, non ci si poteva sbarazzare soltanto ignorandola puramente e semplicemente. Essa doveva
venir "superata" nel suo proprio senso, annientandone criticamente la forma, ma salvando il nuovo
contenuto acquisito per mezzo di essa. […] E così anche Feuerbach fu ricacciato nel retroscena.
[…]
Perché noi non viviamo soltanto nella natura, ma anche nella società umana, e anche questa, non
meno che la natura, ha la propria evoluzione storica e la propria scienza. Si tratta quindi di mettere
d'accordo la scienza della società, cioè l'assieme delle scienze cosiddette storiche e filosofiche, con
la base materialistica, e di ricostruirla sopra di essa. […] Ma come fu possibile che il potente
impulso dato da Feuerbach rimanesse per lui stesso così sterile? Pel semplice motivo che Feuerbach
non è in grado di trovare la strada che porta dal regno delle astrazioni, da lui stesso odiato a morte,
alla natura vivente. […] Ma dall'uomo astratto di Feuerbach si arriva agli uomini viventi e reali
soltanto quando si considerano gli uomini operanti nella storia. […] il culto dell'uomo astratto, che
costituiva il nocciolo della nuova religione di Feuerbach, doveva essere sostituito dalla scienza
dell'uomo reale e della sua evoluzione storica. Questo sviluppo ulteriore, al di là di Feuerbach, delle
concezioni di Feuerbach, venne intrapreso nel 1845 da Marx nella Sacra famiglia. […]
Non ci si accontentò di mettere Hegel semplicemente in disparte; al contrario ci si ricollegò a quel
suo lato rivoluzionario che abbiamo indicato sopra, al metodo dialettico. Ma nella forma che Hegel
gli aveva dato, questo metodo era inservibile. Per Hegel […] l'evoluzione dialettica che si manifesta
nella natura e nella storia, cioè il nesso causale del progresso dall'inferiore al superiore che si
realizza attraverso tutti i movimenti tortuosi e momentanei regressi, è soltanto il riflesso del
movimento del concetto in se stesso, movimento che si compie dall'eternità, non si sa dove, ma ad
ogni modo indipendentemente da ogni cervello umano pensante. Era questa inversione ideologica
che si doveva eliminare. Noi concepimmo di nuovo i concetti del nostro cervello in modo
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materialistico, come riflessi delle cose reali, invece di concepire le cose reali come riflessi di questo
o quel grado del concetto assoluto. La dialettica si riduceva in questo modo alla scienza delle leggi
generali del movimento, tanto del mondo esterno, quanto del pensiero umano […]. Ma in questo
modo la dialettica del concetto stesso non era più altro che il riflesso cosciente del movimento
dialettico del mondo reale, e così la dialettica hegeliana veniva raddrizzata, o, per dirla più
esattamente, mentre prima si reggeva sulla testa, veniva rimessa a reggersi sui piedi. […] Con ciò il
lato rivoluzionario della filosofia hegeliana veniva ripreso e in pari tempo liberato dalle pastoie
idealistiche, che avevano impedito a Hegel di applicarlo in modo conseguente.
(Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, in Opere scelte, a cura
di L. Gruppi, Editori Riuniti, Roma 1966)
Marx - Per la critica dell'economia politica
Il materialismo dialettico
Introduzione
Il rapporto dialettico tra forze produttive e rapporti di produzione, oltre ad offrire la chiave di
lettura della società, consente di spiegarne l'evoluzione, essendo il motore propulsivo della storia.
A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in
contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono
soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti,
da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca
di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno
rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è
indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche
della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme
giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono
agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo
dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla
coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni
della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di
produzione.
Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può
dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate
in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. […] I rapporti di produzione
borghese sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non
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nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita
sociali degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese
creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa
formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana.
("Prefazione" a Per la critica dell'economia politica, in Opere scelte, a cura di L. Gruppi, Editori
Riuniti, Roma 1966)
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