DOCUMENTAZIONE PROGETTUALE Il concetto di Europa Più volte nella storia filosofi, politici e intellettuali avevano accarezzato l'idea di un'unica nazione europea. Ma le diversità culturali tra i popoli, le rivalità tra i sovrani e i nazionalismi impedirono sempre la realizzazione pratica di questo sogno. Ancora durante la seconda guerra mondiale, nel 1941, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, due antifascisti italiani confinati nell'isola di Ventotene, scrissero il documento "Per un'Europa libera e unita", noto come manifesto di Ventotene. Essi furono anche i fondatori del Movimento Federalista Europeo, il quale sosteneva che in una federazione ogni stato avrebbe avuto leggi e governi propri, ma sottoposti a un governo centrale soprannazionale. La prima tappa Dopo la della seconda guerra mondiale si cominciò a capire che l'Europa non avrebbe potuto più sopportare altre tragedie simili, per cui occorreva cominciare a lavorare all'idea di unità europea. Dato che le ipotesi di unificazione politica sembravano difficili da realizzare, la via della collaborazione economica sembrava più realistica e immediata. Si impegnarono per la realizazione di questo obiettivo alcuni uomini politici democristiani: l'italiano Alcide De Gasperi, il francese Robert Schuman, il tedesco Konrad AdenauerAlcuni. Nel 1951, a Parigi, fu realizzata la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio) con il compito di produrre e distribuire il carbone e l'acciaio e fissarne il prezzo. Facevano parte della CECA Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Francia, Italia e Repubblica Federale Tedesca. Dal MEC all’Unione Europea Visti i risultati molto positivi della CECA i paesi europei decisero di proseguire la collaborazione economica abolendo le barriere doganali in modo da formare un grande mercato. Nacque così nel 1957 il Mercato Comune Europeo (MEC), fondato con il Trattato di Roma, al quale aderirono sei Paesi: Francia, Germania Federale, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia. Il Mercato Comune Europeo si rivelò un’iniziativa felice e di grande successo: 1 si cominciò a parlare non più di un semplice mercato comune ma di una Comunità Economica Europea (CEE). Nel 1973 si aggiunsero Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca; nel 1981 la Grecia e nel 1986 la Spagna e il Portogallo per un totale di dodici Stati. Gli scopi che si prefiggeva la Comunità Europea erano la libera circolazione di tutte le merci europee all’interno dei Paesi membri; la progressiva diminuzione dei dazi doganali, fino alla loro abolizione; l’attuazione di una tariffa comune da adottare nei confronti degli Stati non aderenti alla CEE. La CEE ha aiutato e regolato l'agricoltura europea, in pochi anni è diventata una potenza economica alla pari di USA e Giappone, ha stretto rapporti commerciali con quasi tutti i paesi del mondo. Le diverse forze politiche europee vedono in modi differenti il futuro dell'Europa, ma ormai tutti sono consapevoli dei vantaggi ottenuti con i progressi avuti finora. Un notevole passo in avanti verso l'unità politica è stato fatto nel 1979 con l’elezione del Parlamento europeo. Una tappa decisiva fu poi la firma dell’Atto Unico europeo (1986) che portò alla creazione del Mercato unico europeo. Grazie a questo accordo dal primo gennaio 1993 la circolazione di merci, persone e capitali è libera all'interno della Comunità. All'interno dei suoi confini ogni cittadino può scegliere liberamente dove vivere e lavorare o studiare; i titoli scolastici e professionali sono validi e riconosciuti. Inoltre i Paesi associati si impegnano a uniformare le condizioni di lavoro e le misure per la tutela e la sicurezza dei lavoratori. Nel Parlamento europeo i maggiori risultati raggiunti negli anni sono stati il rafforzamento della collaborazione nella ricerca scientifica e tecnologica, il coordinamento in politica estera con vari interventi umanitari in difesa della pace e dei diritti umani, l’elaborazione di norme comuni sulla tutela dell’ambiente. Maastricht Maastricht, una piccola e sconosciuta cittadina olandese è entrata nella storia perché il 7 febbraio 1992 è stata sede della firma del trattato che trasforma la Comunità Economica Europea in Unione Europea (UE) e avvia gli stati aderenti verso l'integrazione politica. Si tratta del punto di arrivo del lungo cammino iniziato negli anni precedenti. Attualmente l’Unione Europea comprende quindici Paesi, perché nel 1995 sono entrate a farne parte anche l’Austria, la Svezia e la Finlandia. 2 Novità introdotte dal trattato di Maastricht: introduzione di una moneta unica europea, l’euro, che sostituisce completamente le monete dei singoli Paesi a partire dal 2002; interventi comuni in campo educativo, culturale, sanitario, industriale e sociale; la realizzazione in tappe successive di una vera e propria unione economica tra i Paesi associati; la cittadinanza europea a tutti i cittadini, con precisi diritti e uguali libertà; la cooperazione nel campo della giustizia e della politica interna; l’ampliamento dei poteri del Parlamento. Per adottare una moneta unica era però necessario che tra i Paesi interessati non vi fossero grosse disparità economiche. Per questo motivo il trattato stabiliva che potevano entrare a far parte dell’Unione monetaria solo i Paesi che avessero dimostrato di saper risanare il loro bilancio, cioè ripianare i propri debiti secondo i parametri fissati dai capi di governo e dalle banche nazionali europee. L’Italia, che all’inizio degli anni Novanta aveva un forte debito pubblico, ha dovuto affrontare grossi sacrifici per rispettare queste regole (i “parametri di Maastricht”) e gli italiani pagare tasse elevate per far affluire denaro nelle casse dello Stato. L’Italia è riuscita a entrare nell’Unione monetaria sin dall’inizio, il 2 maggio 1998, insieme a Germania, Francia, Irlanda, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Austria, Finlandia, Spagna, Portogallo. La Grecia non è rientrata nei parametri e Gran Bretagna, Danimarca e Svezia non hanno aderito. Verso l'Europa dei popoli L’Unione Europea ha soprattutto l’obiettivo di far diventare l’Europa una grande potenza economica mondiale, in grado di competere con Stati Uniti e Giappone. La moneta unica rappresenta già un notevole passo in avanti in questo senso: sono facilitati gli scambi commerciali, c’è una maggiore certezza dei prezzi e sono favoriti gli investimenti. L’euro ha anche un valore simbolico molto forte, perché rende più semplici gli spostamenti tra uno Stato e l’altro, facilita i rapporti e aiuta a sentirsi cittadini dell’Europa. Ma non è sufficiente una moneta unica per realizzare l’integrazione tra i popoli; l’Europa deve ancora affrontare gravi problemi 3 sociali: sacche di povertà, disoccupazione, coesistenza tra zone economicamente e socialmente arretrate e zone progredite. L’unione monetaria è solo un primo passo per la soluzione dei problemi economici e sociali, con l’obiettivo di costruire un'Europa dei popoli. Il Manifesto di Ventotene e l’unità europea Altiero Spinelli e Ernesto Rossi nel Manifesto di Ventotene esprimono i principi che saranno poi alla base del Movimento Federalista Europeo, costituitosi a Milano nel 1941. Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali sovrani. La dura esperienza degli ultimi decenni ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere, e ha fatto maturare molte circostanze favorevoli al nostro ideale. [...] Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami fra i singoli movimenti che nei vari Paesi si vanno certamente formando, occorre sin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far nascere il nuovo organismo che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa. Se ci sarà nei principali Paesi europei un numero sufficiente di uomini che comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani, poiché la situazione e gli animi saranno favorevoli alla loro opera. Essi avranno di fronte partiti e tendenze già tutti squalificati dalla disastrosa esperienza dell’ultimo ventennio. Poiché sarà l’ora di opere nuove, sarà anche l’ora di uomini nuovi. Le prime istituzioni europee La Francia promosse la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), che rappresentò una svolta significativa nella storia dell’Europa. Si trattava della prima istituzione sovrannazionale, che cioè poteva rivolgersi direttamente ai produttori di carbone e di acciaio senza tener conto dei singoli governi. Nata per produrre acciaio a costo ridotto e favorire una ripresa dell’industria europea, la CECA ottenne un notevole aumento della produzione globale di acciaio dei Paesi associati. Fallì invece, per lo scetticismo di molti e il rifiuto esplicito della Francia, il progetto di una Comunità Europea di Difesa (CED), con un ruolo autonomo rispetto alla NATO. 4 La collaborazione europea rimase così legata agli ambiti economico e scientifico: nel I 957, oltre al MEC (prima denominazione della CEE, Comunità Economica Europea), nasceva l’Euratom (Comunità Europea dell’Energia Atomica). Gli Stati membri si impegnavano a effettuare ricerche tecniche e scientifiche sull’uso pacifico dell’energia atomica e a scambiarsi le informazioni. Altri passi avanti verso l’unità si ebbero nel 1968 con l’unione doganale e il mercato agricolo comune, e nel 1979 con l’entrata in vigore del Sistema Monetario Europeo (SME), per garantire la stabilità e l’equilibrio dei rapporti di cambio tra le monete europee. Furono tutte tappe di avvicinamento all’Atto Unico del 1986 e al Trattato sull’Unione Europea di Maastricht. Gli organismi dell’Unione Europea Gli organi di govemo più importanti dell’Unione Europea sono il Parlamento, il Consiglio dei Ministri, il Consiglio Europeo, la Commissione europea e la Corte di Giustizia. Il Parlamento ha sede a Strasburgo, in Francia, ed è costituito da 626 deputati eletti direttamente dai cittadini europei ogni cinque anni; svolge una funzione di controllo sulla politica europea ed esprime pareri sulle proposte di legge, la cui approvazione però compete al Consiglio. I deputati sono raggruppati per affinità politiche e non per nazionalità. Il Parlamento ha sempre avuto poteri abbastanza limitati, ma il Trattato di Maastricht li ha aumentati, per cui ha assunto un potere decisionale in alcune materie (trasporti, istruzione, sanità ecc.). Il Consiglio dei Ministri, con sede a Bruxelles, in Belgio, è composto da quindici ministri, uno per ogni Stato dell’Unione; coordina le politiche economiche generali degli Stati dell’Unione e può prendere decisioni esecutive. I rappresentanti dei singoli Paesi cambiano in base agli argomenti trattati (agricoltura, ecologia, commercio ecc.). La presidenza è a rotazione tra i vari Stati e dura sei mesi. 5 Gli stati europei nel settecento L' equilibrio delle grandi potenze europee All'inizio del Settecento l'Europa era dominata da alcune grandi potenze che cercarono di mantenere un equilibrio politico e militare per impedire che una di loro diventasse così potente da sopraffare le altre. Innanzitutto c'era la Francia che durante il lungo regno di Luigi XIV era diventata la maggiore potenza politica e militare dell'Europa e il principale modello di assolutismo monarchico. La Francia dettava legge all'aristocrazia europea nel campo della moda e del costume e con l'avvento dell'Illuminismo sarebbe diventata il centro della cultura europea. Se la Francia rappresentava l'esempio più riuscito dell'assolutismo monarchico, l'Inghilterra era diventata il modello di monarchia costituzionale. La vita politica inglese era dominata dalla presenza di due partiti, i tories (conservatori), sostenitori della corona e della Chiesa anglicana, e i whigs (liberali), favorevoli a mantenere un certo equilibrio tra il potere del sovrano e quello del Parlamento e difensori delle libertà politiche. Sia i tories che i whigs erano l'espressione delle classi più ricche (aristocratici terrieri, mercanti e industriali) che controllavano l'elezione dei membri del Parlamento. Le altre grandi potenze europee del Settecento erano l'Austria degli Asburgo, che aveva assunto un ruolo di predominio all'interno dell'Impero germanico, e la Spagna, che controllava un vasto impero, anche se la sua influenza politica ed economica era in netto declino; nella parte orientale del continente stavano poi emergendo la Prussia e la Russia. Lo stato caserma di Federico II Sin dal Medioevo la parte nord-orientale dell'Impero germanico era costituita dal Marchesato di Brandeburgo e dal Ducato di Prussia, appartenenti all'ordine dei Cavalieri teutonici. All'inizio del Settecento l'elettore dell'Impero Federico di Brandeburgo aveva proclamato il Regno di Prussia e aveva avviato un'opera di modernizzazione del regno. Questa fu poi proseguita dai successori Federico Guglielmo I e Federico II, che trasformarono la Prussia in uno stato potente, fondato su due pilastri fondamentali: un'efficiente amministrazione, composta da fedeli burocrati capaci di raccogliere tasse da tutte le attività, e un esercito moderno. 6 Federico II formò un esercito ammirato in tutta l'Europa attraverso la riforma del sistema di reclutamento e la formazione di una casta di ufficiali. Tutto il regno era stato diviso in Cantoni, per ognuno dei quali era stabilito il numero dei soldati che dovevano essere arruolati tra le masse dei contadini. Ma l'elemento di forza e coesione era costituito soprattutto dagli ufficiali, provenienti dalla nobiltà agraria. Gli ufficiali prussiani erano educati in modo da sviluppare un forte spirito di casta, di lealtà e di onore verso la corona e lo stato, e un senso di superiorità nei confronti di tutte le autorità civili. L'esercito era tenuto costantemente in esercitazione: "Le esercitazioni trasformarono gli uomini in macchine servendosi a questo scopo anche del passo di parata; il fuoco rigidamente uniforme di tre linee successive conferì alla fanteria prussiana un'aura di insuperabilità determinata dal fatto che, a parità di tempo, essa poteva sparare quasi tre volte più della fanteria nemica" (V. Valentin). Grazie alla sua potenza militare la Prussia nel corso del secolo allargò i confini alla Slesia, alla Prussia occidentale, alla Posnania e a parte della Polonia. La Santa Russia di Pietro il Grande Nel corso del XVII secolo gli zar di Russia avevano avviato la colonizzazione delle vastissime regioni siberiane, per opera soprattutto dei cosacchi, contadini sfuggiti alla servitù della gleba che avevano fondato nella Siberia libere comunità militari. Agli inizi del Settecento gli zar controllavano un impero che si estendeva dall'Europa allo stretto di Bering. In questo periodo la Russia si affacciò sulla scena politica europea durante il regno di Pietro I il Grande (1689-1725) il quale, dopo un viaggio nell'Europa occidentale, promosse una decisa opera di modernizzazione della vita pubblica e privata. L'esercito fu riorganizzato secondo i modelli occidentali e fu intensificata la produzione di armi da fuoco. Il sistema fiscale, fino ad allora affidato alla nobiltà, fu riorganizzato con l'imposizione di un'imposta personale basata sul censimento generale della popolazione russa. Per stimolare le attività produttive lo zar fece costruire una flotta e diede vita a industrie protette dallo stato, mentre in campo politico ridusse il potere della nobiltà e della Chiesa accentrando i poteri in modo assolutistico. 7 L' apertura della Russia all'Occidente Pietro il Grande realizzò anche una modernizzazione delle tradizioni culturali e religiose del popolo russo: garantì una certa libertà religiosa a protestanti e cattolici, finanziò scuole laiche di tipo tecnico e fece tradurre libri occidentali; inoltre introdusse in Russia l'arte e l'architettura occidentali e impose ai nobili abiti di foggia europea e il taglio della barba. Ma tutte queste riforme, spesso imposte al popolo in modo autoritario, suscitarono l'opposizione della nobiltà e del clero ortodosso, che non esitò a bollare lo zar come l'"anticristo". Il malcontento era diffuso anche tra i contadini russi, molto legati alle tradizioni, per i quali le riforme dello zar avevano comportato un inasprimento fiscale. Le nuove conquiste di Pietro il Grande In politica estera il risultato più importante di Pietro I fu la conquista, dopo una lunga guerra contro la Svezia, di alcuni territori affacciati sul Mar Baltico, che permisero alla Russia di aprire una "finestra" sull'Europa. Le conquiste baltiche furono coronate dalla fondazione di una nuova capitale, San Pietroburgo, alla foce del fiume Neva. Le guerre mondiali del 700 Durante il XVIII secolo si susseguirono in Europa alcuni conflitti militari che tuttavia non alterarono l'equilibrio delle grandi potenze creatosi nei primi decenni del secolo. Questi conflitti sono stati considerati dagli storici le prime "guerre mondiali" perché coinvolsero molti stati europei ed ebbero come teatro delle vicende militari anche le colonie extra europee, dove erano molto forti gli attriti e le rivalità commerciali tra le maggiori potenze. Nella prima metà del Settecento si ebbero tre guerre di successione provocate dalle pretese avanzate da diversi sovrani europei su alcuni troni vacanti: la guerra di successione spagnola (1701-1713), che terminò con un indebolimento della Spagna a favore dell'Austria; la guerra di successione polacca (1733-1738) e la guerra di successione austriaca (1740-1748) che confermò la corona imperiale agli Asburgo, i quali però persero la Slesia occupata dalla Prussia. Il carattere mondiale dei conflitti divenne più evidente con la guerra dei Sette anni (1756-1763), che fu combattuta anche nelle colonie d'America, Asia e Africa tra Inghilterra e Francia. In Europa la guerra fu provocata soprattutto dalle rivalità territoriali tra l'Austria, alleata della Francia, e la Prussia, alleata dell'Inghilterra. 8 La fine della guerra non produsse cambiamenti territoriali in Europa, mentre in America i Francesi perdettero i loro territori del Canada, della Louisiana e della Florida a vantaggio dell'Inghilterra e della Spagna. L'assolutismo illuminato Nella seconda metà del Settecento la diffusione delle idee politiche ed economiche degli illuministi influenzò anche alcuni sovrani europei, come Federico Il di Prussia, Caterina Il, zarina di Russia, Maria Teresa d'Austria, l'imperatore Giuseppe Il. Infatti questi sovrani illuminati durante i loro regni attuarono alcune riforme, cioè promulgarono delle leggi che avevano lo scopo di sviluppare l'economia dei loro regni e di migliorare le condizioni di vita dei sudditi. In campo economico questi sovrani utilizzarono le finanze dello stato per realizzare opere di pubblica utilità e di modernizzazione (costruzione di strade, bonifiche e dissodamenti di terre); inoltre cercarono di liberalizzare gli scambi commerciali e di ridurre, laddove permanevano, i vincoli feudali delle campagne. In campo politico approvarono delle leggi che concedevano una moderata libertà di stampa e di religione e che rendevano più umane le carceri. AUSTRIA FELIX Le più ampie realizzazioni dell'assolutismo illuminato si ebbero nell'Impero, durante i regni di Maria Teresa (17401780) e di suo figlio Giuseppe Il (17801790). Agli inizi del Settecento gli Asburgo controllavano un impero molto vasto, che si estendeva nell'Europa centroorientale, dal Tirolo alla Transilvania; nel corso del Settecento poi si aggiunsero nuove acquisizioni come il Ducato di Milano, la Galizia e la Serbia. Il potere della casa Asburgo era accresciuto dal fatto che sia Maria Teresa sia Giuseppe lI furono nominati imperatori del Sacro Romano Impero. Tuttavia l'Impero asburgico nel XVIII secolo si presentava indebolito dalla grande diversità dei popoli sottomessi alla corona d'Austria e dal potere che l'aristocrazia nobiliare conservava nelle campagne; a questa crisi politica si accompagnavano una situazione finanziaria molto grave e una debolezza militare della quale cercava di approfittare il potente Regno di Prussia. 9 Per fare uscire l'Impero dalla sua condizione di crisi e per trasformare l'Austria in una vera potenza europea, la regina Maria Teresa e suo figlio Giuseppe attuarono innanzitutto un deciso accentramento dei poteri politici e finanziari in alcuni organismi controllati dalla corona; quindi crearono un esercito efficiente e ben equipaggiato, sul modello di quello prussiano. Per risollevare le finanze pubbliche furono redatti catasti delle proprietà terriere e sulla base di questi documenti fu imposta ai nobili una tassa fondiaria proporzionale ai redditi. Con le loro riforme i sovrani asburgici vollero anche migliorare le condizioni di vita della popolazione; infatti nelle campagne furono abolite numerose corvees che ancora gravavano sui contadini. Inoltre all'interno dell'Impero fu riconosciuta un' ampia libertà religiosa e fu abolita la censura; furono approvati dei codici penali molto avanzati per l'epoca e fu potenziata l'istruzione pubblica con l'istituzione di scuole elementari gratuite e obbligatorie. Il rafforzamento del potere reale Tutte queste riforme non intaccarono, anzi per certi aspetti rafforzarono, il potere dei sovrani; da ciò il nome di assolutismo illuminato dato ai loro governi. Infatti, per disporre delle finanze necessarie alle riforme, resero più efficiente il fisco nei confronti di tutte le classi sociali e attuarono un accentramento amministrativo e giudiziario, sottraendo privilegi alla nobiltà. I sovrani illuminati non esitarono a limitare il potere della Chiesa, con la confisca di una parte dei beni ecclesiastici, la riduzione dei membri del clero, la creazione di scuole e ospedali laici. La decisione più clamorosa di questa politica tesa a limitare il potere della Chiesa fu lo scioglimento dell'ordine dei gesuiti o il loro allontanamento da alcuni stati. Cambiamenti dinastici e territoriali in Italia Le guerre che nel Settecento si succedettero in Europa produssero importanti cambiamenti territoriali e dinastici in Italia, tornata a essere una terra contesa dalle grandi potenze europee; in particolare con il Settecento ebbe termine l'influenza spagnola sulla penisola e iniziò il predominio dell' Austria asburgica. 10 Infatti l'Impero austriaco allargò i suoi domini al Ducato di Milano e, per un certo periodo, al Regno di Napoli e Sicilia, che dopo la guerra di successione austriaca passò ai Borboni. Altre importanti modifiche territoriali furono l'allargamento del dominio dei Savoia fino al Ticino e alla Sardegna, mentre il Granducato di Toscana, con la fine dei Medici, passò alla nuova dinastia dei Lorena. Le riforme in Italia Anche in Italia le idee degli illuministi influenzarono la politica di alcuni principi, spingendoli a realizzare riforme economiche e sociali e a limitare il potere della Chiesa e della nobiltà. Nel Piemonte sabaudo il re Vittorio Arnedeo II fece approvare alcune leggi che riducevano il numero dei titoli feudali e dei privilegi fiscali della nobiltà. In Lombardia durante il regno di Maria Teresa d'Austria fu realizzato il cosiddetto "catasto teresiano", un vero e proprio modello per i catasti moderni: "La tassazione venne ancorata al valore delle terre, le proprietà furono misurate con criteri oggettivi, le discrirninazioni fiscali furono annullate. Il catasto teresiano divenne l'ossatura principale della politica asburgica e favorì lo sviluppo economico della regione" (D. Carpanetto). In Toscana i più fecondi risultati della politica riformatrice dei Lorena furono l'inizio della bonifica della Maremma e l'introduzione di nuove colture e nuove tecniche agricole. Anche nello Stato pontificio e nel Regno di Napoli, le due regioni più arretrate d'Italia, furono attuate alcune riforme economiche, come il catasto delle proprietà bolognesi. La popolazione e la cultura La rivoluziono demografica del settecento Nel Settecento, in particolare nella seconda metà del secolo, si verificò in Europa una forte crescita demografica; infatti in cento anni la popolazione europea crebbe di circa 70 milioni di individui, un aumento superiore a quello verificatosi nei tre secoli precedenti. Con la rivoluzione demografica del Settecento, che può essere paragonata a quella prodotta dalla scoperta dell'agricoltura nell'età neolitica, ebbe inizio un processo irreversibile di crescita della popolazione, tipico dell' età contemporanea. 11 Innanzi tutto si registro un progressivo declino della mortalità. Per secoli la popolazione europea era cresciuta lentamente, perché a un alto tasso di natalità corrispondeva un quasi altrettanto elevato tasso di mortalità. Invece nel corso del XVIII secolo si verificò un calo progressivo della mortalità, soprattutto quella infantile, per diversi motivi favorevoli. Innanzitutto i progressi dell'agricoltura (di cui parleremo tra poco) produssero un miglioramento dell'alimentazione. Un altro fattore che favorì la diminuzione della mortalità europea fu la scomparsa della peste dal nostro continente, per motivi ancora poco conosciuti. L'ultima terribile epidemia si abbattè sulla Francia meridionale, in particolare a Marsiglia, nel 1720-1 721. Altre malattie, come il vaiolo, diventarono meno pericolose grazie all'introduzione di rimedi più efficaci . Armi più efficaci contro le epidemie Nel Settecento la lotta contro le epidemie divenne più efficace attraverso I' applicazione di più rigorosi provvedimenti per isolare le zone colpite. Inoltre durante il Settecento si giunse alla scoperta di un mezzo molto efficace per prevenire le malattie infettive, la vaccinazione. Ciò a partire dal 1720 in Inghilterra alcuni medici, per combattere le epidemie di vaiolo, avevano sperimentato un sistema giunto da Costantinopoli, dove lo si praticava da tempo: pungersi con un ago infettato nel pus del vaiolo. In questo modo la persona contraeva la malattia, ma in forma benigna, e dopo un breve periodo acquisiva un'immunità definitiva nei confronti del vaiolo. Il sistema fu perfezionato dal medica inglese Edward Jenner, il quale aveva notato che alcune donne di campagna, che avevano contratto il vaiolo bovino (0 "vaccino"), risultavano immuni dal vaiolo umano. Nel 1796 Jenner iniettò per la prima volta il vaccino, cioè il vaiolo ricavato da una mucca infetta, a un bambino: era nata la vaccinazione, uno strumento di difesa fondamentale nei confronti delle malattie infettive. La nuova agricoltura europea La crescita demografica del XVIII secolo fu non solo l'effetto ma anche la causa della rivoluzione agricola, verificatasi soprattutto in Inghilterra, nei Paesi Bassi e in Francia. Infatti la crescente richiesta di cibo da parte della popolazione faceva salire i prezzi dei prodotti alimentari e spingeva i contadini ad aumentare la produzione agricola attraverso l'espansione dei terreni coltivati e 12 l'introduzione di nuove tecniche. L'ampliamento delle zone coltivate fu realizzato bonificando pianure paludose e abbattendo boschi di collina e di montagna per far posto alle coltivazioni e ai pascoli artificiali. Ancora più importante per la crescita della produzione agricola fu il passaggio dalla rotazione triennale alIa rotazione permanente, cioè l'eliminazione del maggese improduttivo e la sua sostituzione con piante foraggere (trifoglio, erba medica), adatte all'alimentazione degli animali allevati. Queste piante, oltre ad arricchire il terreno di sostanze utili alIa coltivazione dei cereali, permisero di sviluppare l'allevamento e di dare vita a una moderna agricoltura, nella quale le coltivazioni e l'allevamento erano tra loro strettamente integrati. All'interno di queste moderne aziende furono introdotte nuove piante alimentari, come il mais, la patata, la rapa e la barbabietola da zucchero. La produzione agricola aumentò anche per l'impiego di nuovi e più perfezionati attrezzi da lavoro, quali l'aratro di ferro adatto per arature profonde, la falce lunga più efficace del falcetto, i nuovi tipi di seminatrici ed erpici. La formazione di grandi aziende agricole L'incremento della produzione agricola nelIe regioni atlantiche del continente fu realizzato anche grazie alIa formazione di aziende di grandi dimensioni e all'eliminazione delle terre comuni (boschi, pascoli). In Inghilterra alcuni proprietari più ricchi attraverso le cosiddette recinzioni (enclosures) raggrupparono diversi campi e parti delle terre comuni in modo da formare aziende agricole abbastanza vaste e produttive. Ma in questo modo molti contadini rimasti senza terra furono costretti a emigrare nelle città, dove spesso diventarono operai delle nascenti fabbriche. Lo sviluppo del commercio internazionale Nel Settecento si verificò un forte sviluppo dei commerci tra gli stati europei, ma soprattutto si intensificarono gli scambi commerciali tra i diversi continenti del mondo, in particolare con quelle regioni dell'America, dell'Africa e dell'Asia colonizzate dalle potenze europee. Nel 1780 le potenze europee controllavano circa i tre quarti di tutto il commercio internazionale. Il centro di questa rete di scambi mondiali era costituito dall'Inghilterra, che allora disponeva della flotta più potente del mondo, seguita dalla Francia. 13 La ripresa economica dell'ltalia Durante il Settecento anche in Italia si verifico una ripresa economica, favorita dalla crisi dell'egemonia spagnola sulla penisola e dall'influenza positiva dell'Austria, che controllava l'Italia settentrionale. Dopo più di un secolo di crisi dei commerci mediterranei, l'Italia era diventata un paese prevalentemente agricolo. Nel Settecento si ebbe un aumento della produzione agricola in seguito alla crescita della popolazione, ma anche per !'incremento delle esportazioni verso i paesi più ricchi d'Europa, di alcuni prodotti italiani, come vino, olio e soprattutto seta greggia lavorata in Piemonte, Lombardia e Calabria. L'aumento della produzione agricola fu favorito dalla bonifica di territori paludosi in alcune regioni italiane, come la Toscana, ma anche dalla distruzione di boschi collinari e montani e dalla riduzione di terre comuni e pascoli collettivi, che aggravarono l'instabilità idrogeologica del nostro territorio e le condizioni di vita delle masse contadine. Porti franchi e nuove strade L'intensificazione degli scambi commerciali tra l'Italia e l'Europa fu favorita dalla costituzione nel corso del Settecento di numerosi porti franchi, cioè luoghi nei quali le merci non erano soggette al pagamento di tasse doganali, a Livorno, Trieste, Ancona, Civitavecchia, Messina. Altrettanto importante per i commerci fu la costruzione, nel1771 da parte delle autorità austriache, di una carrozzabile che attraverso il passo del Brennero collegava l'Austria alla pianura padana e attraverso il valico dell'Abetone giungeva a Firenze. La scienza si collega alla tecnica Nel XVIII secolo la nuova scienza sperimentale, nata nel Seicento con la cosiddetta "rivoluzione scientifica" compì importanti progressi e divenne sempre più collegata alla tecnica. Infatti le scoperte scientifiche non rimanevano nel chiuso dei laboratori e degli studi, ma diventavano il punto di partenza di nuove invenzioni, nuove applicazioni pratiche nei campi dell'economia (agricoltura e industria), dei trasporti, della produzione energetica. 14 Un ruolo fondamentale nello sviluppo della scienza e della tecnica nel Settecento fu svolto dalle numerose accademie e società scientifiche, fondate soprattutto in quei paesi come l'Inghilterra dove era più forte la richiesta di nuove tecniche da applicare nella produzione. Ricordiamo, per esempio, che nel corso del Settecento furono effettuate importanti ricerche e sperimentazioni sull'elettricità a opera di scienziati come l'americano Benjamin Franklin, inventore del parafulmine, e l'italiano Alessandro Volta, che nel 1800 costruì la prima pila. Inoltre nel XVIII secolo furono inventate le prime macchine a vapore che svolgeranno un ruolo decisivo nella nascita delle industrie moderne e della ferrovia. Il vapore venne a sostituire le fonti energetiche usate fino ad allora dagli uomini, cioè la forza umana e animale e la forza motrice dell'acqua e del vento. I progressi della chimica Il settecento fu anche il secolo di nascita della chimica moderna, grazie agli studi degli scienziati, prima fra tutti il francese Lavoisier. Costui, utilizzando le scoperte di scienziati inglesi su alcuni gas come l'anidride carbonica, giunse alla scoperta che nell'aria era presente un gas che egli chiamò ossigeno. Dimostrò poi che l'acqua era composta da ossigeno e idrogeno e giunse alla comprensione di alcuni fenomeni chimici come la combustione. Le ricerche chimiche sulla composizione dell'aria spinsero due francesi, i fratelli Montgolfier a costruire un pallone aerostatico, la mongolfiera, il primo oggetto volante costruito dall'uomo che si sollevò in aria nel 1783. La rivoluzione industriale: un nuovo modo di produrre Negli ultimi decenni del Settecento si verificò in Inghilterra la prima rivoluzione industriale, cioè un radicale cambiamento nel modo di produrre, che si differenziava totalmente dal modo di produzione delle botteghe artigiane e delle manifatture", e che diventerà tipico dell'età contemporanea. 15 L'aspetto distintivo della rivoluzione industriale e costituito dal notevole aumento della produzione di merci, inizialmente soprattutto prodotti tessili, grazie all'impiego di nuove macchine e di una nuova forza motrice, il vapore, che sostituì le fonti energetiche usate fino ad allora dagli uomini, cioè la forza umana e animale e la forza motrice dell'acqua e del vento. Questo nuovo sistema di produzione è stato chiamato rivoluzione industriale, perché ha modificato profondamente il lavoro e la vita degli uomini e più in generale il volto della Terra. Le conseguenze prodotte dalla rivoluzione industriale possono essere così sintetizzate: un aumento considerevole della produzione di beni e di conseguenza l'allargamento dei consumi ai ceti me no abbienti della popolazione; la crisi del lavoro artigianale e la nascita di un nuovo modo di produrre basato sulla divisione del lavoro; la formazione di nuove classi sociali, gli operai di fabbrica e la borghesia industriale; la formazione delle nuove città e la trasformazione degli agricoltori in operai; la diffusione dei prodotti industriali in mercati sempre pili vasti, anche grazie allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto come la ferrovia. Perché la rivoluzione industriale inizia in Inghilterra? L'Inghilterra nel XVIII secolo era diventata padrona di un vasto impero commerciale e ciò aveva favorito, da parte della borghesia mercantile, l'accumulo di capitali, cioè di grosse somme di denaro, che potevano essere impiegati nelIe nuove attività industriali. Inoltre le colonie permettevano all'Inghilterra di importare alcune materie prime, come il cotone, necessarie alIa nascente industria tessile e di esportare i suoi manufatti industriali. Anche i grandi progressi dell'agricoltura favorirono l'accumulo di capitali da parte della borghesia inglese, e stimolarono lo sviluppo di fabbriche che lavoravano le materie prime agricole (lanifici, distillerie, mulini e di quelle che producevano nuovi attrezzi da lavoro (cioè le industrie meccaniche). Inoltre, in seguito alIa recinzione delle terre comuni e alIa formazione di grandi aziende agricole, si era formata una massa di disoccupati pronti a migrare nelle città e a lavorare nelle nuove fabbriche. L'Inghilterra inoltre, nel corso del Settecento, aveva registrato un forte aumento demografico; ma piu popolazione significava non solo maggiore disponibilità di manodopera, ma anche maggiore richiesta di beni di 16 consumo alle nuove industrie, che basavano il loro sviluppo proprio sull'aumento delle vendite. Infine va ricordato che l'Inghilterra era uno dei paesi europei più ricchi di carbon fossile, cioè della materia prima utilizzata per far funzionare le macchine a vapore nell'industria tessile e metallurgica Fabbriche e cittit nell'lnghilterra dell'OUocento Ecco come 10 scrittore inglese Charles Dickens, autore di molti romanzi tra i quali ricordiamo David Copperfield e Oliver Twist, descrive una tipica citta industriale inglese del suo tempo. "Era una citta fatta di mattoni rossi, 0 meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere 10 avessera permesso... Era una citta di macchinari e lunghe ciminiere dalle quali strisciavano perennemente interminabili serpenti di fumo che non si srotolavano mai. Cera un can ale nero e un fiume che scorreva, arrossato do tinture maleodoranti e c'erano enormi blocchi di costruzioni piene di finestre in cui si sentiva tutto il giorno un tintinnio tremolante e in cui il pistone della macchina a vapore andava su e giù con monotonia. Dalla produzione secondo il sistema domestico... In Inghilterra, sin dal XVI secolo, la produzione dei tessuti avveniva in maniera sempre più diffusa secondo il sistema domestico: nelle campagne e nei villaggi rurali, molti contadini erano anche artigiani che filavano e tessevano la lana nei mesi morti dell'anno agricolo, cioè soprattutto nel periodo invernale: il contadino tesseva con il telaio domestico, mentre sua moglie filava e i figli cardavano la lana. I prodotti finiti erano poi acquistati da mercanti, che si recavano regolarmente nei villaggi rurali, e che li rivendevano nelle città. Con l'aumento della produzione e con l'ampliamento dei mercati di vendita si verificò una prima importante trasformazione del sistema domestico: alcuni mercanti che avevano capitali adeguati compravano una grande quantità di materia prima (lana o cotone) che poi affidavano per la filatura e la tessitura a molti artigiani-contadini. Costoro poi riconsegnavano il prodotto finito al proprietario che li pagava per il.lavoro svolto. In questo sistema l'artigiano lavorava ancora a domicilio con i suoi attrezzi, ma non era più un artigiano indipendente perché lavorava alle dipendenze di un mercante manifatturiero. 17 ... alla produzione in fabbrica La definitiva trasformazione del sistema domestico si verificò con l'introduzione delle prime macchine per filare e tessere azionate dal vapore. Infatti queste erano molto più costose dei tradizionali arcolai e telai, perciò potevano essere acquistate solo da ricchi mercanti. Costoro iniziarono a costruire degli edifici appositi, le fabbriche, nelle quali venivano installate alcune macchine per filare e tessere la lana e il cotone e nelle quali lavoravano a tempo pieno operai salariati. Dall'artigiano all'operaio Nelle nuove fabbriche inglesi lavoravano ex contadini costretti a migrare in citta a causa delle recinzioni che li avevano privati della terra, oppure ex artigiani mandati in rovina dalle nuove mac chine che riuscivano a produrre tessuti di lana in gran quantita e a prezzi ridotti. Questi operai delle fabbriche si distinguevano dagli artigiani dei secoli passati per diversi aspetti. In primo luogo gli operai si differenziavano dagli artigiani perche erano privi dei mezzi di produzione, cioe degli strumenti di lavoro (telai, filatoi). L'unica "ricchezza" che era loro rimasta era la capacita produttiva, illavoro, che essi vendevano agli industriali in cambio di un salario. In secondo luogo, l'artigiano era un lavoratore indipendente, anche perche poteva decidere come organizzare il suo lavoro, quanta produrre e quante ore lavorare, quando interrompere e riposarsi. Invece, nelle fabbriche il lavoro era ritmato dalle macchine e dagli orari, ed era sottoposto a severi regolamenti che prevedevano multe in caso di interruzioni ingiustificate: non era piu l'uomo a usare l'attrezzo secondo le sue esigenze, ma era la macchina a imporre i suoi ritmi agli operai. L'artigiano inoltre, possedeva un'abilita, una qualificazione professionale che spesso gli permetteva di produrre un oggetto finito, partendo dalla materia prima. Invece l'operaio all'interno della fabbrica doveva solo controllare la macchina e compiva dei lavori motto semplici e ripetitivi, che non richiedevano una particolare abilità. Per questo motivo nelle fabbriche inglesi durante la prima rivoluzione industriale spesso erano assunti bambini e donne, che erano in grado di 18 compiere questi lavori e che permettevano all'industriale di risparmiare sui costi perché donne e bambini erano pagati me no degli uomini. La nascita delle città industriali Con la rivoluzione industriale ebbe inizio in Inghilterra lo sviluppo di nuove città caratterizzate, rispetto ai vecchi centri urbani dell'Europa, innanzitutto da una rapidissima crescita della popolazione. Spesso si trattava di piccoli villaggi rurali o cittadine di poche centinaia o poche migliaia di abitanti che nel giro di alcuni decenni crebbero fino a 100 mila abitanti: infatti le città sedi di fabbriche richiamavano dalle campagne circostanti moltissimi contadini e artigiani privati del lavoro dalla meccanizzazione sia agricola sia industriale. Con la crescita della popolazione e delle fabbriche, nelle città industriali nacquero quartieri operai formati da abitazioni anguste e malsane, prive di luce e di servizi elementari, dove spesso le condizioni di vita erano peggiori di quelle delle pur misere abitazioni di campagna. Ma ciò che caratterizzava maggiormente le nuove città industriali era la fitta selva di ciminiere che emanavano giorno e notte grandi quantità di fumo che rendevano l'aria malsana, cui si aggiungevano i fiumi e i canali diventati fogne di scarico delle industrie. Il secolo dei lumi Il Settecento non fu solo il secolo della rivoluzione agricola e industriale; esso viene ricordato anche come il secolo dell'Illuminismo: questo fu un importante movimento culturale nato in Francia e poi diffusosi in Europa, che produsse un profondo rinnovamento nella vita culturale, politica e sociale dell'epoca. La parola "illuminismo" deriva dal francese lumiere (luce) e indica la caratteristica fondamentale di questo movimento: la volontà di rischiarare con la luce della ragione le tenebre dell'ignoranza, dei dogmi e delle superstizioni; questo significa anche che bisogna sottoporre ogni aspetto della vita umana all'esame critico della ragione e dell'esperienza sensibile, cioè l'esperienza diretta, che si acquisisce attraverso i sensi. Per gli illuministi ogni conoscenza doveva essere utile, cioè doveva contribuire a quelle che essi ritenevano le finalità fondamentali della vita umana, cioè il benessere e la felicita degli individui ma anche il progresso della società umana. 19 La diffusione della cultura Ma per far trionfare la ragione sulle tenebre dell'ignoranza e per contribuire al progresso umano era necessaria la diffusione della cultura tra tutte le persone; all'intellettuale illuminista spettava quindi il compito di educatore nei confronti di tutta l'umanità. Non a caso la più famosa opera degli illuministi francesi fu l'Encyclopedie, un grande dizionario enciclopedico in 28 volumi, destinato a diffondere la cultura e i progressi raggiunti fino ad allora, soprattutto nel campo delle scienze e delle tecniche. Alla stesura delle 60 mila voci dell'Encyclopedie, pubblicata a Parigi tra il1751 e il1772 sotto la direzione di Diderot e D'Alembert, contribuirono i principali esponenti dell'llluminismo francese, quali Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Buffon. Le idee religiose e politiche degli illuministi L'illuminismo fu un movimento culturale vario e complesso, caratterizzato da alcune idee comuni, ma anche da differenze sostanziali tra i suoi esponenti. In campo religioso gli illuministi erano uniti nella strenua difesa della tolleranza e nella critica di ogni fanatismo religioso. "Preso di mira fu soprattutto il cristianesimo, in particolare ne//a sua variante cattolica: la Rivelazione, la morale ascetica, la Sacra Scrittura, i dogmi gli ecc/esiastici furono maltrattati senza riguardi. E un violentissimo attacco fu sferrato contro la pretesa di ogni religione di essere /'unica vera: pretesa il cui frutto avvelenato era l’intolleranza con il suo sanguinoso corteo di guerre e persecuzioni" (L. Guerci). AlI'intolleranza delle religioni storiche alcuni illuministi contrapponevano il deismo, una concezione religiosa nella quale Dio è I'essere supremo che garantisce I'ordine e le leggi della natura, un "orologiaio" artefice della meravigliosa macchina della natura. Altri illuministi invece giungevano all'ateismo e al materialismo, cioè alla spiegazione fisica di tutti gli aspetti della vita, anche quelli spirituali. Il secolo dei lumi Gli illuministi erano impegnati nella costruzione di un governo che sapesse armonizzare il benessere e la felicità degli individui. In generale gli illuministi erano favorevoli a una monarchia costituzionale, simile a quella inglese, nella quale il potere era affidato al sovrano e ai rappresentanti della classe 20 aristocratica; tale governo doveva garantire a tutti i cittadini anche alcuni diritti fondamentali, come la libertà religiosa e di pensiero, e il diritto alla proprietà privata. Inoltre, per evitare i soprusi propri dei regimi dispotici, era necessaria secondo alcuni illuministi come Montesquieu, la divisione dei poteri (Iegislativo, esecutivo e giudiziario). Invece il ginevrino Rousseau nella sua opera il Contratto sociale proponeva una democrazia nella quale tutto il popolo governasse tramite i propri rappresentanti, revocabili in qualsiasi momento. Rousseau si differenziava dagli altri illuministi anche per la critica della società del tempo, basata sull'egoismo, sul lusso sfrenato, sulle diseguaglianze sociali. Solo nel primitivo "stato di natura" secondo Rousseau gli uomini erano stati veramente liberi e uguali. Che cos'è l'illuminismo Nel 1784 una rivista culturale tedesca pose questa domanda a molti intellettuali: riportiamo la risposta del filosofo Immanuel Kant (1724-1804). Nelle sue opere egli si dedico all'indagine interne al potere e ai limiti della ragione umana. "L'illuminismo è I'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è I'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Questa minorità è imputabile a se stesso, se la causa non dipende dalla mancanza di intelligenza ma da mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza. E' questo il motto dell'illuminismo." L'llIuminismo italiano Uno dei principali centri dell'Illuminismo italiano fu Milano; qui alcuni giovani esponenti della nobiltà lombarda, in rottura con le idee e la societa dei loro padri, diedero vita a un'accademia, la "Società dei Pugni" e a un giornale, "Il Caffe", che divennero vivaci mezzi di diffusione delle idee illuministiche provenienti dalla vicina Francia. I maggiori contributi al gruppo milanese furono dati dai fratelli Pietro e Alessandro Verri e da Cesare Beccaria, autore dellibro Dei delitti e delle pene, che ebbe una notevole diffusione in tutta l'Europa. In questo scritto Beccaria sosteneva che le pene dovevano avere una funzione di prevenzione dei delitti e non di repressione. Sulla base di questo principio 21 egli giungeva alIa condanna della tortura allora usata nei processi, perchè "un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice" e quindi non può essere sottoposto a una punizione come la tortura. Cesare Beccaria inoltre argomentava il ripudio della pena di morte. Napoli fu il secondo importante centra di diffusione delle idee illuministiche in Italia. Nella città campana si forma un gruppo di giovani illuministi, soprattutto attorno alIa figura dell'economista Antonio Genovesi, deciso sostenitore di una società libera da ogni vincolo feudale e corporativo, aperta allo sviluppo dei commerci e dell'agricoltura, suI modello di quella inglese. EUROPA DELL’800 Come abbiamo visto dopo il Congresso di Vienna i numerosi Stati e staterelli tedeschi avevano costituito la Confederazione germanica, presieduta dall'imperatore d'Austria. Essa avrebbe dovuto assicurare all'impero austriaco il controllo sugli Stati della Germania. Questa prospettiva non poteva soddisfare il regno di Prussia, il più potente e organizzato fra gli Stati tedeschi. Dotata, come sappiamo, del migliore esercito europeo, dal punto di vista economico e sociale la Prussia era un paese agricolo dominato da un' aristocrazia di grandi proprietari terrieri (gli junker). Bismarck condusse la Prussia a imporsi come Stato guida dell'unificazione tedesca .. A Parigi una rivoluzione popolare dette vita alla Comune, poi sconfitta dalla reazione dei moderati L'Inghilterra vittoriana fu, per tutto l'Ottocento, la maggiore potenza mondiale Declinava rapidamente, intanto, l'impero austro-ungarico Lo sviluppo della Germania Lo sviluppo della rete ferroviaria fu uno dei più importanti fattori dell'industrializzazione tedesca e contribuì moltissimo alla crescita complessiva dell' economia. 22 Basterà qui solo ricordare alcuni dati: già nel 1846 ben 178.000 operai erano utilizzati in Germania nella costruzione delle ferrovie. Nel 1875 gli addetti erano saliti alla cifra record di 541.000, per scendere poi a 320.000 nel 1879. Così la Germania, in soli trent' anni, fu in grado di costruire una rete ferroviaria di grande estensione: dai 4.822 km di ferrovie del 1850 si passò ai 33.866 km del 1880. La regione della Ruhr, che nel 1870 già produceva II,6 milioni di tonnellate di carbone, arrivò a produrne oltre 60 milioni nel 1900. Vi sorsero grandiose fabbriche, come le celebri acciaierie Krupp, tanto che la regione arrivò a produrre più di 8 milioni di tonnella te di ghisa. LA CRESCITA DELL'ECONOMIA TEDESCA L'economia tedesca poté inoltre avvantaggiarsi di un articolato sistema di trasporti: alla rete ferroviaria si aggiungeva infatti la navigazione sui grandi fiumi Reno ed Elba. Messi in collegamento da una fitta rete di canali, essi consentivano di effettuare trasporti a basso costo fino ai grandi porti del Nord. Nel 1862 divenne cancelliere (cioè primo ministro) prussiano Otto von Bismarck, un uomo politico di notevoli capacità. Bismarck non credeva nello Stato liberale: sosteneva invece la necessità di un governo forte e autoritario. Solo così si sarebbe potuta realizzare una politica di potenza che avrebbe permesso alla Prussia di eliminare l'influenza dell' Austria sul territorio tedesco. A tal fine il cancelliere favorì l'ulteriore rafforzamento e ammodernamento dell' esercito prussiano. Un passo importante verso l'unificazione tedesca, che la Prussia intendeva realizzare, fu la costituzione dell'unione doganale (Zo[[verein), con la quale vennero eliminati i dazi doganali fra gli stati e resi più facili i commerci e gli scambi all'interno della Confederazione. LA GUERRA FRA PRUSSIA E AUSTRIA Potenziato l'esercito, Bismarck giudicò che ormai i tempi fossero maturi per il definitivo scontro con l'Austria. Se fosse riuscito a estrometterla dalla Germania, nessuno più avrebbe impedito alla Prussia di diventare lo Stato guida della nazione tedesca. 23 Assicuratosi che Napoleone III sarebbe rimasto neutrale, Bismarck concluse un'alleanza con l'Italia, in modo da impegnare le truppe austriache su due fronti diversi. Nel 1866 la Prussia dichiarò guerra all' Austria e la sconfisse duramente a Sadowa. A nulla servirono le vittorie austriache contro gli Italiani a Custoza e Lissa: l'Austria fu costretta a chiedere la pace e venne esclusa dalla Confederazione tedesca. LA GUERRA CON LA FRANCIA La rapida espansione della Prussia aveva però turbato l'equilibrio fra le potenze europee; anche Napoleone III cominciò a temere un vicino rivelatosi troppo ambizioso e potente. Ora infatti le mire tedesche si indirizzavano proprio verso la vicina Francia, e in particolare verso le ricche regioni di confine, come l'Alsazia e la Lorena, dove fra l'altro esistevano delle minoranze di lingua tedesca. Napoleone III, anch'egli sostenitore di una politica di potenza, accettò lo scontro, ma in breve tempo fu sconfitto. Dopo appena due mesi di guerra, il 2 settembre1870 il fortissimo esercito prussiano sconfisse clamorosamente i Francesi a Sedan, catturando lo stesso imperatore. Due giorni dopo Parigi insorse, proclamando la repubblica. Il nuovo governo repubblicano, dopo aver tentato un' estrema resistenza contro i Tedeschi, dovette chiedere l'armistizio. Nessun altro paese aiutò la Francia; solo il generoso Giuseppe Garibaldi accorse con i suoi veterani a difendere Digione, dove si scontrò più volte con i Prussiani. Nel frattempo nel palazzo di Versailles, residenza dei re di Francia, i principi e sovrani degli Stati tedeschi proclamarono Guglielmo I imperatore di Germania (1871). La volontà di potenza del nuovo imperatore e di Bismarck venne confermata dalle durissime condizioni di pace imposte al nuovo governo francese: esso fu obbligato a cedere l'Alsazia e gran parte della Lorena. La Comune di Parigi A Parigi, non appena le truppe prussiane abbandonarono la città, scoppiò un'insurrezione popolare. Il governo allora lasciò la città e si trasferì a 24 Bordeaux. Gli insorti diedero vita al movimento detto della Comune e presero il governo della città. Vennero adottati radicali provvedimenti in campo amministrativo ed economico, come la soppressione dell' esercito permanente e della polizia, la confisca dei beni della Chiesa, la gestione popolare di alcune fabbriche. Così, per la prima volta nella storia d'Europa, venne realizzato un governo socialista e proletario. Parigi era già allora una città industrializzata con una numerosa classe operaia. Tuttavia era circondata da importanti regioni agricole, assai più tradizionaliste e conservatrici, che non si sentirono coinvolte dalla sollevazione. La Comune rimase perciò circoscritta alla sola città di Parigi. I gruppi moderati e la borghesia furono molto preoccupati da questo esperimento di socialismo radicale, che rievocava ai loro occhi i fantasmi della Rivoluzione. Di conseguenza il governo di Bordeaux inviò contro Parigi l'esercito, che assediò la città. Alla fine, la Comune dovette arrendersi: la capitale venne conquistata dopo durissimi scontri che costarono la vita a oltre 20.000 parigini. Il nuovo impero germanico Il nuovo impero germanico fu organizzato come Stato federale formato da 25 stati, ognuno con un proprio sovrano. Il governo imperiale era presieduto dal cancelliere, che non era responsabile di fronte al Parlamento, come avveniva in Inghilterra o in Francia, ma solo di fronte all'imperatore: ciò favorì il mantenimento di una politica conservatrice. La struttura federale consentì tuttavia notevoli differenziazioni fra la politica dell'impero e quella dei singoli Stati. Ad esempio, nel 1875 venne fondata in Germania la SPD (il Partito socialdemocratico tedesco). Pur molto combattuti dal governo imperiale, i socialdemocratici riuscirono ugualmente a vincere le elezioni in alcuni Stati (ad esempio in Baviera) e in diverse città. Nell'impero tedesco tuttavia furono gli junker prussiani a formare la classe dirigente. La società tedesca fu quindi modellata sulla base dei principi che caratterizzavano quell' aristocrazia di grandi proprietari, militaristi e conservatori: ordine, disciplina, gerarchia. Tuttavia Bismarck cercò anche di frenare il crescente successo del movimento socialista con una politica di riforme sociali: introdusse 25 l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, le pensioni per i lavoratori anziani, le scuole per i lavoratori. Contemporaneamente, però, limitò la libertà di associazione e quella di stampa per ostacolare le organizzazioni dei lavoratori e i loro giornali. La corsa agli armamenti Allo scopo di impedire una possibile rivincita della Francia, Bismarck ricercò l'alleanza di altre nazioni europee. A tal fine egli concluse un trattato difensivo con l'Austria, e poi con l'Italia, che fu chiamato Triplice Alleanza (1882). Le tre nazioni si impegnarono a entrare in guerra nel caso che una delle tre venisse attaccata da un altro paese. Pochi anni dopo egli sottoscrisse un altro patto (trattato di controassicurazione) con la Russia, in base al quale i due paesi si impegnavano a restare neutrali fra loro nel caso che uno dei due si fosse trovato coinvolto in una guerra con altri (1887). Nel 1890 divenne imperatore Guglielmo Il, uomo vanitoso, impulsivo e ambizioso. Egli si affrettò a congedare Bismarck, che considerava troppo anziano e prudente, e annunciò una nuova politica di espansione mondiale dell'impero tedesco. Tale programma destò l'allarme delle altre nazioni: Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Giappone. Tutte risposero al rafforzamento della Germania col potenziamento, a loro volta, dell' esercito e della marina da guerra. Iniziò così quella corsa agli armamenti che si sarebbe conclusa nel 1914 con lo scoppio della prima guerra mondiale. Quella che seguì la caduta di Napoleone III e la sconfitta della Comune di Parigi, fu chiamata Terza Repubblica francese (la Prima era stata quella proclamata dalla Rivoluzione e la Seconda quella sorta dopo il 1848). Tale periodo fu segnato da forti contrasti fra la borghesia moderata e i partiti radicale e socialista. In poco più di 40 anni si costituirono ben 50 governi, ognuno dei quali sosteneva una politica diversa. Vi furono anche dei tentativi di colpo di Stato da parte dell' esercito per imporre un governo conservatore e autoritario. Nel 1894 le forti tensioni fra conservatori e democratici sfociarono nel cosiddetto affare Dreyfus. Alfred Dreyfus era un ufficiale francese, di origine ebrea, che venne processato per spionaggio a favore dei Tedeschi. Le prove della sua colpevolezza, in realtà ben poco consistenti, erano state "fabbricate" dalle autorità militari per evitare che un'inchiesta coinvolgesse i più alti gradi dell' esercito. 26 Sul processo e sulla successiva condanna influì pesantemente il clima di antisemitismo che stava prendendo piede negli ambienti più reazionari delI' esercito e della politica. Condannato alla deportazione, Dreyfus venne difeso dall' opinione pubblica democratica. Il grande romanziere Emile Zola scrisse un appassionato atto d'accusa contro le autorità. La polemica che ne seguì si chiuse, dopo anni, con la riabilitazione di Dreyfuss. Ferro, vetro e acciaio: una nuova architettura I continui progressi della tecnologia favorirono Io sviluppo di nuove e sempre più sofisticate forme di architettura: già a partire dagli inizi del XIX secolo vennero edificate costruzioni in ferro e vetro (tecnica utilizzata dapprima per la copertura di giardini botanici e successivamente per i padiglioni delle grandi esposizioni universali). Uno dei più significativi esempi è rappresentato, in Italia, dalla struttura che ricopre la galleria Vittorio Emanuele nel centro di Milano, opera dell'architetto Giuseppe Mengoni (1829-77). Interamente costruita in acciaio è invece la Torre Eiffel, divenuta il simbolo stesso della città di Parigi. Progettata dall'architetto Gustave Eiffel (da cui prese il nome), questa monumentale opera venne inaugurata in occasione dell'Esposizione Universale del 1889). Costituita da 15.000 pezzi d'acciaio, essa raggiunge un peso di circa 7.400 tonnellate e un'altezza di 320 metri, mentre i Iati della sua base misurano circa 125 metri. Il ponte di Manhattan, a New York, la cui costruzione venne completata agli inizi del XX secolo, è sostenuto da quattro cavi che poggiano su due grosse torri in acciaio, il ponte raggiunge la lunghezza complessiva di 887 metri. L'antisemitismo Per tutta l'età medioevale e moderna quella dei nuclei di ebrei residenti nei vari paesi d'Europa fu spesso una situazione estremamente difficile. Vivendo come minoranze all'interno di società e di ambienti poco tolleranti,soprattutto sul piano religioso, essi furono spesso discriminati, considerati cittadini con diritti limitati, costretti a risiedere solo in appositi quartieri (i ghetti). L'uguagiianza dei dirìtti civili e politici degli ebrei venne riconosciuta per la prima voita nella Dichiarazione dei diritti americana del 1776 e poi in quella francese del 1789. Successivamente gli ebrei ottennero la piena parità dei 27 diritti net corso dell'Ottocento in quasi tutta l'Europa occidentate: nel 1831 in Belgio, nel 1858 in Inghilterra, nel 1870 in Italia e nel 1871 in Germania. Nell'impero russo e nell'Europa orientale, dove pure contavano fiorentissime comunìtà, gli ebrei contìnuarono a essere discriminati. Per ragioni di fanatismo religioso e di intolleranza verso ogni motivo di diversità, spesso furono anche perseguitati dalla popolazione contadina, talvolta con veri e propri massacri, i cosiddetti pogrom.. Soltanto dopo la rivoluziohe russa del 1917 gli ebrei russi avrebbero ottenuto la parità dei diritti, peraltro non sempre rispettata nei fatti. D'altra parte, man mano che gli ebrei ottenevano in tutta Europa il riconoscimento dei loro diritti, si diffondevano convinzioni ispirate all'antisemitismo. Era questa una dottrina che predicava l'avversione o addirittura l'odio verso gli ebrei (i "semiti"), sostenuta da una falsa e vergognosa propaganda razzista che affermava la superiorità di una pretesa razza bianca "ariana", destinata a dominare il mondo." L'antisemitismo si diffuse soprattutto in Germania e in alcuni paesi dell'Europa orientale, ma ebbe anche sostenitori in Francia, come abbiamo visto nell'affare Dreyfus. Privo di qualsiasi fondamento scientifico, storico o logico, l'antisemitismo si basava solo sull'ignoranza e sul fanatismo religioso, nascondendo spesso solo il profondo senso di inferiorità o di invidia di chi Io professava. La migliore risposta alle odiose assurdità sostenute dall'antisemitismo è dello storico francese Marc Bloch, che combatte nella prima e nella seconda guerra mondiale nell'esercito francese e venne fucilato nel 1944 come esponente della Resistenza sorta nel paese contro l'occupazione tedesca. Egli scrisse: "Affermo dunque, se necessario in faccia alla morte, che sono nato ebreo; non ho mai pensato a difendermene, né ho mai avuto alcun motivo per avere la tentazione di farlo. In un mondo invaso dalla più atroce barbarie, la generosa tradizione dei profeti ebraici. che il cristianesimo. in quanto ebbe di più puro, riprese per ampliarla, non costituisce forse una delle nostre migliori ragioni di vivere, di credere, di lottare? Attaccato alla mia patria da una tradizione familiare ormai lunga, incapace in verità di onorarne un'altra dove io possa respirare a mio agio, io l'ho molto amata e l'ho servita con tutte le mie forze. Non mi sono mai accorto che la mia qualità di ebreo mettesse il minimo ostacolo a tali sentimenti..." . In risposta alle discriminazioni dell'antisemitismo e al pogrom nacque fra gli ebrei il sionismo (da Sion, nome della parte più antica di Gerusalemme). Il sionismo fu un movimento politico-religioso sorto al fine di. costituire in Palestina, occupata dall'impero turco, una sede nazionale ebraica. Essa 28 doveva consentire agli ebrei sparsi in tutto il mondo di ricongiungersi nella loro antica patria come popolo indipendente. Ne fu accanito sostenitore Theodor Herzl, che riuscì a organizzare un Congresso internazionale a Basilea nel 1897. Nel 1915 avevano già raggiunto la Palestina ben 110.000 ebrei e l'Inghilterra affermò nel 1917 l'impegno del governo inglese di costituire in Palestina la sede nazionale del popolo ebraico: tuttavia ciò avvenne molto più tardi, nel 1948, e solo dopo le terribili persecuzioni subite dagli ebrei ad opera della Germania nazista. Inghilterra vittoriana In Inghilterra l'Ottocento fu caratterizzato dal lungo regno della regina Vittoria (1837-1901). Nell'età vittoriana (così fu chiamato quel periodo) la Gran Bretagna divenne la prima potenza mondiale. Il suo vastissimo impero coloniale si estendeva al Canada, all' Africa, all'India, mentre la produzione industriale la collocava al primo posto in molti importanti settori economici. Londra era la più popolosa città europea (con 3.600.000 abitanti nel 1878), un importante porto e la sede delle maggiori banche e compagnie di assicurazione mondiali. In tali anni i due maggiori partiti, il Partito conservatore (Tory) e il Partito liberale (Whig), si alternarono al potere. Nel frattempo si allargava il numero degli elettori, finché nel 1884 il diritto di voto fu esteso a tutti i cittadini maschi. Irlanda Un problema assai grave fu rappresentato dalla questione irlandese. L'Irlanda era entrata a far parte del Regno Unito nel 1801; ma l'isola era in gran parte cattolica, mentre il governo era in mano ai protestanti di origine inglese. Gran parte delle terre migliori, inoltre, erano di proprietà dell' aristocrazia inglese, che vi risiedeva di rado e viveva di rendita in Inghilterra. Nel 1845-46 vi era stata una terribile carestia che aveva provocato la morte di centinaia di migliaia di Irlandesi e l'emigrazione di molti altri negli Stati Uniti. 29 Tutto ciò provocò la nascita di un movimento indipendentista che si opponeva al governo inglese, ai ricchi proprietari e ai loro amministratori. Dopo decenni di agitazioni e di lotte sanguinose, nel 1921 l'Irlanda divenne una repubblica indipendente, con l'esclusione della regione del nord (Ulster) che rimase all'Inghilterra. IL DECLINO DELL'IMPERO AUSTRO-UNGARICO Appariva intanto in rapido declino l'impero austriaco. Sempre maggiori, infatti, erano le difficoltà che Vienna incontrava per far convivere regioni, paesi e popoli diversi per lingua, religione, economia, tradizioni. Anche dopo la perdita delle regioni italiane e di ogni influenza sulla Germania, all'interno dell'impero continuarono le tensioni. Così, nel 1867, l'imperatore Francesco Giuseppe I accettò di riconoscere all'Ungheria forti autonomie. Simili richieste da parte della Boemia, e dei diversi popoli slavi, invece, non vennero accolte suscitando forte malcontento. Inoltre restava fortissima l'aspirazione di Trento e Trieste di riunirsi all'Italia. Il rinnovamento culturale Agli impetuosi cambiamenti economici e culturali che si verificarono alla fine del 19° secolo si affiancarono profonde trasformazioni nel mondo culturale e artistico. I risultati molto avanzati cui la scienza era giunta avevano messo in discussione le certezze su cui essa si fondava: la realtà risultava sempre più complessa e la scienza doveva rinunciare alla speranza di fornire una spiegazione a ogni problema. Di fronte alle tensioni sociali prodotte dall'industrializzazione e allo sviluppo della società di massa dove l'unico valore sembrava essere il denaro, gli intellettuali assunsero atteggiamenti contrastanti. Ostili all'esaltazione del benessere e del progresso tecnologico, alcuni poeti e scrittori (detti decadenti) fissarono la loro attenzione sulle incertezze dell'uomo e sulla sua solitudine nella grande città industriale. Altri movimenti culturali e letterari importanti furono il positivismo, il realismo.,il verismo. Il più importante rappresentante del verismo italiano fu Giovanni Verga, autore dei romanzi "I Malavoglia" e "Mastro don Gesualdo", e le novelle rusticane, tra cui ricordiamo "Rosso Malpelo", "Cavalleria Rusticana", "La roba", "La Lupa", "La libertà" ecc. 30