ARS INVENIENDI Direttore Fabrizio L Università degli Studi di Napoli “Federico II” Comitato scientifico Louis B Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Giuseppe C Università degli Studi di Napoli “Federico II” Domenico C Università degli Studi di Napoli “Federico II” Antonello G Università degli Studi di Napoli “Federico II” Matthias K Martin Luther Universität Halle Wittenberg Edoardo M Università degli Studi di Napoli “Federico II” Rocco P Università degli Studi di Napoli “Federico II” José Manuel S F Universidad de Sevilla ARS INVENIENDI Questa collana dell’ex Dipartimento di Filosofia “Antonio Aliotta” (confluito nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”) nasce come “porta” aperta al dialogo interculturale con studiosi vicini e lontani dalla grande tradizione napoletana e italiana. Lo scopo è di offrire un nuovo luogo di confronto senza pregiudizi ma con una sola prerogativa, quella della serietà scientifica degli studi praticati e proposti sui più aggiornati itinerari della filosofia e della storiografia, della filologia e della letteratura nell’età della globalizzazione e in un’Università che cambia. Le pubblicazioni di questa collana sono preventivamente sottoposte alla procedura di valutazione nella forma di blind peer–review. La pubblicazione di quest’opera è stata realizzata grazie al contributo della BCC Alta Brianza – Alzate Brianza Giovanni Gentile Scritti a cura di Gianfranco Giudice Prefazione di Gianfranco Dalmasso Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre Ringrazio O. per l’aiuto che mi ha dato nella stesura finale di questo lavoro. Ringrazio inoltre il giovane amico Andrea Pollastri, la comune passione filosofica ci ha fatto incontrare, senza di lui questo libro forse sarebbe per sempre rimasto in un cassetto. Indice Prefazione di Gianfranco Dalmasso Ritratto di Gentile di Gianfranco Giudice Parte I Antologia degli scritti Capitolo I La prima formulazione del sistema gentiliano Le forme assolute dello spirito Capitolo II La filosofia di Marx La concezione materialistica è una filosofia della storia? Critica della nuova filosofia della storia Schizzo della filosofia della prassi Capitolo III In interiore homine habitat veritas, ovvero pedagogia e filosofia alle radici dell’attualismo I. La verità e la conoscenza II. Il valore del conoscere e il tempo L’autocoscienza L’analisi dell’autocoscienza Lo spirito come attività universale Il valore del maestro Indice Capitolo IV La riforma dell’educazione La nuova scuola La nazionalità del sapere e della scuola Capitolo V La filosofia gentiliana come conclusione del percorso storico della filosofia italiana Giordano Bruno, ovvero la filosofia come atto vitale Il carattere storico della filosofia italiana Capitolo VI Il nucleo teoretico maturo del pensiero gentiliano: assolutismo dell’atto del pensiero, monismo, immanenza radicale L’atto del pensare come atto puro La realtà spirituale L’unità dello spirito e la molteplicità delle cose Lo spirito come svolgimento Formalismo assoluto Apologia Filosofia e scienza Capitolo VII La mia religione La mia religione Capitolo VIII Individuo e Stato, società e umanesimo del lavoro L’individuo Società trascendentale o società in “interiore homine” Lo Stato La storia La società trascendentale, la morte e l’immortalità Capitolo IX Gentile fascista Fede e politica: Mazzini Indice Che cosa è il fascismo Liberalismo e fascismo, ovvero la “filosofia del manganello” Origini e dottrina del fascismo La filosofia del fascismo Discorso agli italiani Appendice Morte di un filosofo militante Giovanni Gentile: Ricostruire Concetto Marchesi: Rinascita fascista e concordia di animi ovverosia Giovanni Gentile e Concetto Marchesi Palmiro Togliatti: La fine di Giovanni Gentile Il Partito d’Azione al Comitato di Liberazione Nazionale Antonio Banfi: Storia di una vita: Giovanni Gentile Parte II Profilo antologico della critica Massimo Cacciari: E perché Gentile no? E. Severino: Attualismo e tramonto definitivo degli immutabili Salvatore Natoli: Gentile filosofo europeo. L’attualismo tra soggetto trascendentale e Dasein Augusto Del Noce: La costruzione del Dio gentiliano Jader Jacobelli: La rottura tra Gentile e Croce Augusto Del Noce: L’incontro con Mussolini Salvatore Natoli: Il fascismo di Gentile e la “guerra civile europea” Nota bibliografica Indice dei nomi Prefazione di G D . Scrivere oggi di Gentile. . . Gianfranco Giudice va contro corrente presentando questa sua bella e appassionata monografia, straordinariamente ricca dal punto di vista storiografico e teoretico. Gentile, questo grande pensatore che è stato protagonista nella filosofia italiana dei primi decenni del secolo scorso, è in questi anni oggetto di oblio, direi anzi di censura. La produzione gentiliana oggi viene generalmente inquadrata in uno scenario storico datato e di interesse limitato, se non negativo, nei suoi termini filosofici e politici. Di diverso avviso sarebbe chi avesse la capacità di cogliere, anche parzialmente, la potenza speculativa di questo Autore. D’altra parte non è impresa da poco avvistare tale potenza. Il pensiero di Gentile è difficile, il suo linguaggio ostico, nel mutato odierno panorama di transizioni e innesti linguistici. La difficoltà che il lettore incontra leggendo Gentile è simile alla difficoltà che si incontra leggendo Hegel. Il lettore non riesce cioè a rappresentarsi, cioè pensare come su di una superficie, ciò che il filosofo dice. Rappresentarsi ciò che Gentile dice vuol dire piuttosto cosificare il senso del suo pensare, precludersi di cogliere il movimento del suo sforzo filosofico, movimento che produce il testo, che è generativo della trama dei suoi significati. E’ la stessa difficoltà che si incontra nello stile di lavoro di Hegel. Attualismo di Gentile. . . Chi potrà mai pensare l’atto? L’atto non è una cosa, l’atto non è nemmeno il pensare concepito come una cosa dotata di una più raffinata esistenza. L’atto non è tale se non è ciò in cui ne va del soggetto. Ne va di me. Il riferimento ad Heidegger dell’ultima formula da me evocata riguarda una contemporaneità con questo Autore non estrinseca, ma strutturale ed espressiva di grandi nodi del pensiero europeo che Prefazione vanno considerati in modo sinergico, pena il cadere nel più banale provincialismo. Ha messo lucidamente in guardia contro tale provincialismo Salvatore Natoli con il suo Gentile filosofo europeo testo in cui l’attualismo è intelligentemente analizzato nelle sue sinergie con Heidegger e con la fenomenologia di Husserl. Vicenda dell’io dentro e attraverso il sapere, il saperne: questa altezza della filosofia europea del Novecento ha in Gentile uno dei suoi necessari pilastri. Gianfranco Giudice dettaglia questa affermazione attraverso un attraversamento insieme storico e teorico riannodando i fili dei debiti, delle amicizie, delle svolte di percorso del suo autore, da Jaja a Masci, al rapporto con Croce e ai successivi sviluppi della sua azione culturale. Contro le impostazioni neokantiane il filosofo siciliano mette progressivamente a fuoco una nozione di io che non costituisce né una categoria né un orizzonte trascendentale, ma l’imprendibile e attivo rapporto del soggetto con l’origine del suo stesso atto. Gentile è anche parte importante della storia della società italiana. Basti pensare alla sua azione di pedagogista, che per lui era tutt’uno con l’impegno filosofico, alla sua Riforma della scuola, pensata effettivamente a livello della forma, cioè di un movimento di ri–attraversamento dei problemi: tale Riforma fu effettivamente una ri–formulazione di domande e progetti. Il metodo e la scommessa di questo libro di Giudice stanno nel fatto che la grandezza di Gentile sta essenzialmente nel suo collocarsi nella tradizione, in particolare nella tradizione italiana. Il suo collocare, il suo ri–costruire, è un inventare (nel duplice senso latino della parola invenire) di trovare e di creare. Gentile ricrea se stesso ricreando la tradizione e viceversa. Basti pensare all’effetto di tale strategia nei programmi ministeriali di Filosofia per le Scuole Superiori: la triade cinquecentesca, neoplatonica (o quasi neoplatonica): Telesio–Bruno–Campanella o la triade “idealistica” italiana Galluppi–Rosmini–Gioberti. Le inevitabili unilateralità di tali accostamenti non esprimono rozzezza e parzialità nel grande filosofo, ma il calcolato e coraggioso rischio di un pensiero che si vuole progettuale, Tradizione infatti, nel lessico latino viene da tradere, che vuol dire consegnare. Si consegna ciò che non è proprio: dal pacco . S. N, Gentile filosofo europeo, Bollati Boringhieri, Torino . Prefazione postale alle idee. Ma anche lo si tradisce (è il secondo significato latino di tradere). Il metodo gentiliano di pensare, e lo stile formidabile del suo linguaggio consiste implacabilmente insieme nell’agire e nell’ essere agito, strategia compiutamente dispiegata nella celebre Teoria generale dello spirito come atto puro. . Gentile sembra oggi estraneo alla comprensione di un soggetto che si ritiene pensabile in un post, influenzati come siamo da taluni equivoci indotti dalla nozione di post–moderno. Invece agostiniamente, di un Agostino letto laicamente, presente e passato danzano un una symploké, in un intreccio, in cui per altro è nascosto il futuro. Questa strategia di discorso Gentile persegue costantemente reinterrrogandosi sul luogo di origine dell’io. Tale richiesta, così attuale (ci si perdoni il gioco di parole) mira a smascherare l’ideologia, cioè la mera rappresentazione, nel lavoro di analisi del sapere, dei saperi. E in gioco una frontiera insuperata anche nel dibattito odierno, una concezione della filosofia come incessante domanda sull’origine e sui confini dei saperi, sia umanistici sia scientifici. Il discorso è di una cogenza impressionante sa consideriamo le derive tecnocratiche e positiviste laddove esse non avvertono e censurano i moventi e le origini i dei loro discorsi. Ancora una volta — Giudice con assoluta vigilanza e lucidità ricuce i fili teorici ed etici dello sforzo gentiliano — è il nesso sorgivo del pensiero come atto che guida l’azione del filosofo, azione vera e propria che si sprigiona dall’impossibilità di strappare l’io dal suo altro, nella forma di una contraddizione che è, a tutto campo, ontologica, gnoseologica, ed anche politica. Come giustamente nota l’Autore, è l’opera giovanile La filosofia di Marx, che detta le linee di una concezione della teoria che è al tempo stesso prassi e che permane come filigrana mai abbandonata della sua filosofia, anche nelle compromissioni di Gentile con il regime fascista, che viene esaminata anch’essa con grande finezza ed equilibrio dall’Autore. C’è da auspicare che Giudice, dopo questa sua fatica, possa regalare agli studi gentiliani un’ opera che costituisca una mappa, insieme Prefazione storica e teorica, delle filiazioni e delle scuole che a Gentile si sono ispirate. Un lavoro simile costituirebbe uno strumento oggi straordinariamente utile per mettere a fuoco nodi e stili per una comprensione più adeguata del successivo percorso delle filosofia italiana. Gianfranco D Professore ordinario di Filosofia Teoretica Presidente della SIFiT (Società Italiana di Filosofia Teoretica) Ritratto di Gentile di G G E fu una gran festa nel mio spirito il giorno, che Ella ci parlò di certa mente non mia, né tua, né di Tizio, né di Caio, né di alcun altro individuo particolare, ma pur mente di tutti, e però mia, tua, di Tizio, di Caio e di ogni individuo, e ci fece vedere o cominciare a vedere che potenza meravigliosa, che forza onnipotente, che energia divina fosse insita in cotesta mente. G. G–D. J, Carteggio Perché occuparsi oggi di Giovanni Gentile? Perché il filosofo siciliano è uno dei massimi pensatori della prima metà del XX secolo, un filosofo europeo in sintonia con le principali tendenze filosofiche del primo Novecento . La sua totale compromissione col fascismo, non separabile dal nucleo teoretico della filosofia attualista, proprio in virtù della inseparabilità di teoria e prassi concepita da Gentile, non può tuttavia impedire il confronto con quello che possiamo definire davvero totus philosophus, perché in Gentile si è espressa realmente la potenza della speculazione filosofica, intesa come ricerca del fondamento e dell’inizio, ovvero ricerca del principio unificatore di tutto il reale. Questa è da sempre la vocazione e la missione della filosofia che tale deve rimanere anche oggi se la filosofia vuole restare se stessa. In questo senso Gentile è stato un grande metafisico, ovvero un grande filosofo, come con forza ha sottolineato uno dei suoi principali allievi, Ugo Spirito, le cui parole voglio riportare come incipit perché, esprimendo come poche . Ha scritto qualche anno fa Marcello Pera presentando i discorsi parlamentari del filosofo siciliano che “Gentile fu un filosofo dedito ad un’ impresa che, così possente, anch’essa da secoli non si vedeva: pensare, dar forma, organizzare, diffondere una filosofia italiana, cioè una filosofia per l’Italia, una filosofia dell’Italia, secondo una tradizione di pensiero politico che Gentile vedeva partire da Dante e arrivare a lui medesimo” (in S R, Giovanni Gentile. Discorsi parlamentari, con un saggio di F. Perfetti,il Mulino, Bologna, p. ). Giovanni Gentile. Scritti altre la sostanza profonda e l’ispirazione che hanno mosso il filosofo siciliano, mi sembrano il modo migliore per inquadrare subito la sua personalità e il suo orizzonte teoretico. Il discorso di Gentile è tutto metafisico in quanto tutto ispirato alla necessità di ricondurre la molteplicità all’unità. Ragionare, pensare, significa per lui portare all’unità. Non si può pensare la parte senza pensare il tutto: non si può pensare il due senza pensare l’uno. L’arché è l’inizio e la fine del pensiero. Di qui la simpatia di Gentile per i filosofi da lui considerati i più grandi, Plotino, Spinoza, Bruno, Vico, Kant e Hegel. Filosofare significa concepire l’uno, l’assoluto, il tutto, il principio metafisico. Il discorso che non tende all’uno è il discorso inconcludente, il discorso che origina la torre di Babele. Per intenderci e per comunicare dobbiamo unificare il nostro dire. Un parlare che non sia metafisico è un parlare senza senso. Gentile ci ha insegnato che il vero non sense, su cui amano ironizzare gli anglosassoni, è il discorso antimetafisico. Chi dà senso al proprio discorso è sempre necessariamente uno che pensa metafisicamente. È chiaro allora che il problema metafisico non può non informare di sé ogni problema, colorire tutta la vita dell’uomo, identificarsi con la vita stessa del pensiero. Chi non è metafisico non è uomo. Questo è il significato più profondo di una concezione della realtà come spirito o come filosofia. Naturalmente, una volta impostata in tali termini la questione, il discorso sull’uno è destinato a esplicitarsi, articolandosi in sistema e diventando la Teoria dello spirito come atto puro: il sistema metafisico di Gentile. Ma bisogna saper distinguere in Gentile la domanda metafisica dalla risposta. Perché se la risposta è il sistema che si può seguire o non seguire, la domanda, invece, trascende il suo come qualunque altro sistema e denota soltanto la metafisicità del discorso umano . Giovanni Gentile nacque in provincia di Trapani, a Castelvetrano, il maggio , ottavo di dieci figli. Trascorse i primi anni di vita nel paese natale e a Campobello di Mazara, dove si era trasferita la famiglia e dove frequentò le scuole elementari. La famiglia era di estrazione piccolo–borghese, il padre era farmacista, la madre era figlia di un notaio e maestra elementare. I suoi primi anni di vita furono condizionati dalle vicissitudini del padre che, nel , era stato accusato di cattiva gestione della farmacia a Campobello, tanto che aveva deciso di chiuderla e di tornare a Castelvetrano. La vicenda lo aveva condotto a una forma depressiva unita ad una mania di persecuzione. . U. S, Giovanni Gentile, Sansoni, Firenze , pp. –. Ritratto di Gentile Questa situazione avrà notevoli ripercussioni su tutta la famiglia, la cui condizione, già psicologicamente difficile per la scomparsa del fratello Gaetano, era ora aggravata dalle difficoltà economiche. Gentile sentiva fortemente il legame con la famiglia, ma ciononostante cercherà in tutti i modi di staccarsene soprattutto per dare ossigeno alla propria intelligenza viva e alle proprie aspirazioni. Frequentò il ginnasio a Castelvetrano e il liceo a Trapani. Nel subito dopo l’esame di licenza partecipò a Palermo, su consiglio dell’insegnante di greco, ad un concorso per quattro posti di interno alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Elaborò un tema sulla poesia civile di Parini e Alfieri il cui risultato fu positivo e venne così ammesso alla Normale dove arrivò nel mese di novembre, iscrivendosi alla facoltà di Lettere e Filosofia. Ecco i sentimenti che si muovevano nell’animo del giovane Gentile quando arrivò nella città toscana: Vi giunsi dal fondo d’una lontana provincia, dopo lungo viaggio di terra e di mare, senza sapere che avrei trovato, senza un’idea che nella scuola m’aspettava, senza conoscer nessuno dei maestri, e solo di nome il D’Ancona e lo Zambaldi. Né a Pisa avevo amici di sorta. Giacché gli esami di concorso li avevo fatti presso l’università di Palermo; poi m’avevan chiamato ed ero andato. Arrivai a Pisa che era notte; e mi rincrebbe di non poter quindi cercare subito la Scuola, per vederne almeno la facciata. Ma nell’albergo, mentre mi rifocillavo dal digiuno del lungo viaggio, non seppi trattenermi dal chiedere a qualcuno se fosse vicina la Scuola Normale Superiore. E la mattina appresso, appena levatomi, corsi. Mi pareva che lì avrei trovato un’altra famiglia; e ne sentivo il bisogno, pensando con un certo sentimento a quella lontana lasciata laggiù, e non vedendo più da un paio di giorni faccia conosciuta. E la Scuola infatti m’accolse come un vecchio scolaro . A Pisa Gentile ebbe due maestri importanti che indirizzarono e contribuirono in maniera decisiva alla sua formazione. Il primo era Alessandro D’Ancona, all’epoca direttore della Scuola Normale, uno dei maggiori studiosi di letteratura del tempo e appartenente alla storiografia positivista; il secondo maestro era Donato Jaja, allievo del neokantiano Francesco Fiorentino e dell’hegeliano Bertrando Spaventa. In particolare verso Jaja, Gentile avrà una vera e propria . G. G, La Scuola Normale Superiore, in «Il Campano», , n. , cit. in F. P, Giovanni Gentile, una filosofia per lo stato etico, in S R, Giovanni Gentile, cit., p. . Giovanni Gentile. Scritti devozione filiale per tutta la vita . Si trattava di una personalità che esercitava su di lui un vero fascino, e per questa ragione Augusto Del Noce lo definì “il Socrate di Gentile” . Fu infatti Jaja ad indirizzare definitivamente il giovane Gentile verso la filosofia, la sua vera passione, dopo il primo interesse per la storia della letteratura verso cui lo spingeva D’Ancona. Gentile si laureò sotto la guida di Jaja nel con una tesi su Rosmini e Gioberti, in cui erano già evidenti alcune delle linee guida della filosofia gentiliana, ovvero la critica al positivismo e l’affermazione dello spiritualismo come elemento peculiare della tradizione filosofica italiana dell’Ottocento, in sintonia con la grande filosofia tedesca da Kant ad Hegel. In questo periodo Gentile conobbe Benedetto Croce, che insieme agli altri personaggi ricordati, fu un altro suo costante punto di riferimento negli anni della formazione. In comune con Croce erano gli interessi per la storia della letteratura, la teoria della storia e la filosofia dell’arte. Croce in quel periodo era famoso soprattutto come studioso del marxismo, ed era amico ed editore del filosofo marxista Antonio Labriola. Ma proprio sul terreno del marxismo si evidenzieranno le prime differenze tra Croce e Gentile. Se infatti Croce non riconosceva alcun valore filosofico al pensiero marxiano, ridotto a mero canone empirico di interpretazione storiografica, Gentile coglieva invece l’autentico nucleo filosofico del marxismo nel concetto di prassi, oltre il materialismo che lui invece criticava come Croce. Gli studi gentiliani sul marxismo troveranno la loro sintesi nel volume La filosofia di Marx, pubblicato a Pisa nel presso l’editore Spoerri. L’anno successivo Croce darà alle stampe il suo Materialismo storico ed economia marxistica. Dopo la laurea Gentile fece domanda per partecipare al corso di perfezionamento in filosofia presso l’“Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento” a Firenze. Aveva bisogno di una borsa di studio col massimo del sussidio, altrimenti la sua famiglia non avrebbe potuto mantenerlo. Gentile desiderava fortemente uscire dall’ambiente siciliano, troppo ristretto per i suoi interessi. Per ottenere l’esito sperato si rivolse ai suoi maestri pisani affinché lo raccomandassero a Firenze. . Di questo è testimonianza l’importantissimo epistolario tra i due, cfr. G. G, D. J, Carteggio, a cura di M. Sandirocco, Firenze, Sansoni , voll. . A. D N, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea,il Mulino, Bologna , p. .