Helicobacter pylori
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A partire dal 1983, per merito di Warren e Marshall, è stata individuata la
presenza nella mucosa gastrica di microrganismi spiraliformi Gram–,
cui è stato dato il nome dapprima di Campylobacter pylori e, in seguito,
di Helicobacter pylori, proprio in relazione alla loro forma elicoidale.
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H. pylori è un batterio Gram–, spiraliforme, curvo o al massimo con 3 spire e
con 3-7 flagelli unipolari.
Più recentemente è stato dimostrato che anche nell’uomo è possibile che lo
stomaco venga infettato da un’altra specie microbica, H. heilmannii, un batterio
spiraliforme trovato più comunemente in cani, gatti, maiali e primati non umani.
La prevalenza di questa infezione negli esseri umani è di circa lo 0,5% e le
conseguenze sono sostanzialmente le stesse di quelle descritte per H. pylori.
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Fisiopatologia.
La presenza di questo microrganismo riveste grande importanza, tenendo
conto del fatto che, solitamente, l’ambiente gastrico è poco propizio alla
colonizzazione batterica per la sua acidità.
Per altro, H. pylori possiede tre caratteristiche che permettono al batterio di
sopravvivere all’interno del lume, normalmente sterile, dello stomaco,
di penetrare all’interno della mucosa e di svilupparsi in essa colonizzandola:
la produzione di grandi quantità di ureasi, un alto grado di motilità per la
presenza dei flagelli e una notevole capacità di aderire alle cellule epiteliali.
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In particolare H. pylori è in grado di scindere l’urea grazie all’enzima ureasi
di cui è provvisto: perciò, a partire dall’urea presente nella secrezione
gastrica, viene prodotta ammoniaca, la quale alcalinizza l’ambiente
immediatamente circostante il batterio, neutralizzando l’HCl, e determina
lo sviluppo di condizioni adatte alla sopravvivenza di questo microrganismo
all’interno della mucosa dello stomaco.
L’ureasi catalizza l’idrolisi dell’urea con produzione di ammoniaca e
carbammato; quest’ultimo si scinde spontaneamente formando un’altra
molecola di ammoniaca e acido carbonico.
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Qui la virulenza di H. pylori si esprime mediante l’adesione all’epitelio
gastrico, proprietà, questa, che dipende dall’azione di alcune molecole
presenti alla superficie del microrganismo, tra le quali la meglio
caratterizzata è una molecola di 78 kD, denominata Bab-A.
Sembra che lo stesso processo di adesione sia rilevante nel determinare
l’entità del danneggiamento gastrico.
Tuttavia, una volta che è avvenuta l’adesione, la maggior parte dei ceppi di
H. pylori agisce sull’epitelio gastrico producendo un’esotossina, che è una
proteina di 95 kD chiamata Vac-A.
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Questa si inserisce nella membrana epiteliale e forma dei canali esamerici,
voltaggiodipendenti, attraverso i quali bicarbonati e anioni organici
possono essere rilasciati dall’interno delle cellule, contribuendo alla
nutrizione dei microrganismi.
Le cellule sottoposte all’azione di Vac-A sviluppano al loro interno dei
vacuoli e risultano danneggiate.
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La risposta immunitaria dell’ospite nei riguardi della infezione da H. pylori dipende
tanto dall’immunità innata che da quella adattiva, ma non è molto efficace nel
distruggere il microrganismo, mentre può contribuire a danneggiare la mucosa
gastrica.
Le stesse cellule dell’epitelio gastrico possono produrre, come risposta all’infezione,
quelle citochine proinfiammatorie che ordinariamente sono rilasciate dai macrofagi.
Tra queste sono particolarmente importanti l’interleuchina-1, l’interleuchina- 6,
l’interleuchina-8 e il tumour necrosis factor .
L’interleuchina-8 è una chemochina che ha un potente effetto di attrazione sui
granulociti neutrofili e apparentemente ha un ruolo centrale nell’evoluzione
dell’infezione.
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Clinica.
L’infezione da H. pylori può interessare prevalentemente l’antro pilorico
(gastrite a prevalenza antrale, che è anche la forma più comune);
lo stomaco intero (pangastrite non atrofica); o il corpo gastrico(gastrite atrofica).
La prima forma è caratterizzata da iperacidità, la seconda da acidità normale e la
terza da ipoacidità.
Gli effetti più importanti dell’infezione consistono nella predisposizione allo sviluppo
di altre e più importanti malattie.
La più comune gastrite a prevalenza antrale predispone allo sviluppo di ulcera
duodenale.
In effetti, la maggioranza delle ulcere peptiche è dovuta all’infezione da H. pylori.
Il rischio di sviluppare un’ulcera peptica nel corso della vita è stata stimata intorno
al 3% negli USA e al 25% in Giappone. Questo rischio si riduce drasticamente se si
provvede all’eradicazione del microrganismo.
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La diagnosi è pertanto, anche in questo caso, fondamentalmente istologica e
quindi si avvale soprattutto della gastroscopia, indispensabile anche per la
differenziazione della gastrite dalle neoplasie della regione antro-pilorica,
nei confronti delle quali, comunque, questa affezione sembra avere il
significato di lesione precancerosa.
Per quanto riguarda H. pylori, i test per la diagnosi di questa infezione possono
essere distinti in: 1) invasivi e 2) non invasivi, a seconda che sia necessario o
meno l’esame endoscopico.
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1. Metodiche invasive
a) Istologia. Questa tecnica è fondata sull’osservazione diretta di H. pylori dopo prelievi
bioptici eseguitia livello gastrico; i frammenti bioptici vengono colorati, di regola, con
ematossilina-eosina o con Giemsa, oppurecon colorazioni all’argento (colorazione di
Warthin-Starry). Il metodo possiede ottime sensibilità e specificità e permette di
rilevare sia la carica batterica sia la gravità della gastrite.
b) Test rapido all’ureasi. Il metodo sfrutta il fatto che questo microrganismo è in grado di
produrre grandi quantità di ureasi; il test consiste nell’immergere il campione bioptico in
apposite provette contenenti un mezzo di coltura ricco di urea che viene scissa con
produzione di ammoniaca. L’aumento del pH che ne consegue viene rilevato da un
indicatore (per es., impiegando brodo di carne, il colore passa dal giallo-bruno al rosa).
Il viraggio del colore avviene entro 30-60; il test è molto semplice e viene eseguito
direttamente dall’endoscopista; sensibilità e specificità sono intorno al 90-95%.
c) Coltura. Certamente è l’indagine diagnostica più precisa, ma è eseguita assai di rado
per i costi elevati e la complessità del suo allestimento; infatti, H. pylori è un germe
difficile da coltivare, che richiede un accurato prelievo bioptico, la semina in appositi
terreni di coltura e specifiche condizioni ambientali.
Nella pratica clinica la coltura viene richiesta quando si vuole testare la sensibilità dei vari
ceppi microbici agli antibiotici (per es., in caso di resistenza alla terapia); la specificità
è del 100%.
2. Metodiche non invasive
a) Sierologia.
L’infezione da H. pylori determina una risposta immunitaria che persiste per tutta la
sua durata: tale risposta è caratterizzata dall’iniziale transitoria produzione di IgM
cui fa seguito un aumento, in poche settimane, di IgG e IgA. Il titolo delle Ig rimane
persistentemente elevato in presenza di gastrite cronica attiva e tende lentamente a
ridursi dopo l’eradicazione del batterio.
Esso viene determinato mediante tecniche immunoenzimatiche (per es., ELISA) dotate
di discreta sensibilità e specificità (95%), tuttavia il titolo da assumere
come limite di significatività per definire un soggetto infetto (cut-off) può variare nei
diversi laboratori.
Esistono anche test rapidi che sono basati sulla determinazione di anticorpi IgG e/o IgA
(specie anti-Cag-A) su sangue intero (una goccia di sangue capillare da un dito
introdotta nel “pozzetto” del test; risposta entro 10; sensibilità e specificità: 90%).
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b) Breath test.
Il test si basa sulla capacità dell’ureasi prodotta da H. pylori di scindere l’urea marcata
con carbonio radioattivo (13C) somministrata per os al paziente.
La scissione dell’urea libera anidride carbonica marcata con 13C che passa nell’aria
espirata e viene rilevata nei campioni raccolti ad intervalli di 10 mediante
gascromatografo.
Il test si esegue somministrando al paziente, tenuto a digiuno, 100 mg di urea marcata
con 13C in 50 ml di acqua: il risultato è positivo se nei campioni di aria espirata il
rapporto CO2 13/CO2 12 è > 5.
Questa metodica è in grado di rilevare anche piccole tracce di ureasi e, quindi, di
mettere in evidenza infezioni batteriche di minima entità; il test è innocuo, ma i costi
sono piuttosto alti e la metodica è eseguibile soltanto in centri specializzati.
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TERAPIA MEDICA
Il fondamento della terapia medica è la somministrazione simultanea di due antibiotici,
insieme a un farmaco che riduca l’acidità gastrica, la quale potrebbe menomare la loro
attività antibatterica. I trattamenti più diffusi perciò utilizzano un inibitore della pompa
protonica e, a questo riguardo, si è visto che è adeguata la
somministrazione per 2 volte al giorno, per tutta la durata della terapia, di 20 mg di
omeprazolo o di dosi equivalenti di un altro farmaco della stessa classe.
Per quanto riguarda gli antibiotici, più comunemente viene consigliata l’associazione di
claritromicina (500 mg 3/die) con amoxicillina (1 g 2-3/die), oppure con
metronidazolo o altro nitroimidazolo (500 mg 2/die).
Anche la tetraciclina è efficace nei riguardi di H. pylori, ma è stata impiegata in misura
assai minore.
La durata della terapia consigliata è di 1 settimana in Europa e 2 settimane negli USA.
Una meta-analisi ha indicato che una terapia di 2 settimane ottiene l’eradicazione del
microrganismo in una percentuale di casi che è del 7-9% superiore rispetto ai risultati
ottenuti con un trattamento di 1 settimana.
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