Tempi.it, 24 maggio 2017 Il caso Ricci e il pensiero unico arcobaleno Il caso dello psicologo Ricci, chiamato dall’Ordine a rispondere delle sue idee su famiglia e gender. L’insussistenza delle accuse e l’intento intimidatorio. La sera del 25 maggio Giancarlo Ricci ha dovuto presentarsi davanti al collegio dell’Ordine degli psicologi della Lombardia per rispondere di alcune sue affermazioni pronunciate durante una trasmissione televisiva. Contro di lui, i colleghi dell’ordine hanno aperto un procedimento disciplinare, così si legge nella delibera del 15 dicembre 2016, «per aver posto in essere, peraltro in un contesto pubblico in cui rappresentava la professione, un comportamento contrario al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della stessa; per non essersi dimostrato socialmente responsabile delle proprie affermazioni; per aver operato discriminazioni tra soggetti in base al loro orientamento sessuale; per aver utilizzato metodi o, comunque, avere collaborato ad iniziative lesive della dignità e del rispetto delle persone omosessuali; per non aver mantenuto un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale con riguardo ai settori in cui opera e non aver riconosciuto i limiti della propria competenza». L’esposto è stato presentato il 28 gennaio 2016 da Claudio Baggini (fondatore dell’associazione Bussole Lgbt) e sottoscritto da altri cinque psicologi in seguito ad alcune affermazioni pronunciate da Ricci durante il talk “Dalla vostra parte” andato in onda il 21 gennaio su Rete 4 e condotto dal giornalista Paolo Del Debbio. Sempre secondo la delibera, Ricci avrebbe «risposto a domande sul tema e svolto proprie osservazioni in maniera approssimativa e confusiva, semplificando passaggi teorici che invece sono molto più complessi sotto il profilo scientifico rispetto a come dall’iscritto restituiti ai partecipanti e al pubblico della trasmissione». In particolare, secondo gli accusatori, Ricci ha pronunciato tre frasi di cui è chiamato a rispondere. La prima: «Quello che è stato detto su Nicolosi è del tutto arbitrario». La seconda: «La funzione di padre e di madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita». La terza: «L’ideologia gender che è questo sistema composto da vari assemblaggi relativi ad una certa concezione delle sessualità secondo cui tutto è permesso, tutto è possibile, e secondo cui l’omosessualità viene equiparata a una sessualità naturale, all’eterosessualità […] in termini psichici non è affatto così». È «leggermente omofobo» Giancarlo Ricci non è uno sprovveduto. Sessantasette anni, milanese, membro analista dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi, esperto di Freud, è stato giudice onorario presso il tribunale dei minori di Milano. È un professionista stimato e conosciuto nell’ambiente cittadino in cui esercita ormai da quarant’anni. Ha scritto diversi volumi di psicologia, alcuni tradotti anche all’estero, pubblicati da Mondadori, Jaca Book, San Paolo, Marsilio, è autore di decine di studi specialistici. Nel 2013 ha pubblicato Il padre dov’era. Le omosessualità nella psicanalisi e nel 2016 Sessualità e politica. Viaggio nell’arcipelago gender (entrambi per Sugarco). Nel 2009 e nel 2012 ha dovuto affrontare due procedimenti disciplinari ed entrambi si sono chiusi con un’archiviazione. Da quando ha iniziato a scrivere e a parlare di omosessualità e da quando il tema è diventato d’attualità sulle prime pagine dei giornali, soprattutto a causa di leggi come quella sulle unioni civili o a iniziative come il Family Day, Ricci ha moltiplicato le sue presenze sugli organi d’informazione. Ha scritto per Avvenire, è stato spesso invitato a partecipare a trasmissioni televisive e radiofoniche, s’è confrontato in dibattiti pubblici. La ragione è molto semplice: non sono in molti gli psicologi che, come lui, sono disposti a esporsi in pubblico a sostegno di tesi controcorrente rispetto al pensiero dominante. In ogni caso, comunque la si pensi riguardo ai temi legati alla sfera sessuale, nei contesti in cui è stato invitato a intervenire, Ricci ha esposto le proprie opinioni durante dibattiti a più voci. Non si comprende bene dunque a che scopo l’Ordine l’abbia chiamato a difendersi. Nessun suo paziente gli ha mosso accuse. Le parole che egli ha espresso sono state pronunciate alla luce del sole, addirittura in diretta durante un dibattito televisivo. Egli l’ha fatto, nel limite del possibile per i tempi televisivi, cercando di argomentare le proprie affermazioni e sempre in toni pacati. Di cosa è dunque accusato? Di aver risposto alle domande del giornalista Paolo Del Debbio? Di aver detto cosa pensa? Esiste un modo molto semplice per verificare la fondatezza delle accuse mosse a Ricci. Basta andare su internet e vedere la puntata della trasmissione sopra citata. A quel tempo, in Italia si discuteva di unioni civili e, in quei giorni, della lite a bordo campo tra l’allenatore del Napoli Maurizio Sarri e quello dell’Inter Roberto Mancini che dal primo era stato pesantemente insultato («frocio»). Al dibattito avevano partecipato lo psicologo e presidente onorario dell’Arcigay Franco Grillini, Vladimir Luxuria, Maurizio Gasparri e, appunto, Ricci. Collegati, c’erano i responsabili del Gay Center e alcuni aderenti a un’associazione che avrebbe partecipato al Family Day del 30 gennaio. Come si vede, un parterre perfettamente equilibrato, con esponenti delle diverse visioni in assoluta parità. Al massimo, a voler trovare uno squilibrio, si potrebbe sindacare sui servizi mandati in onda: uno delle Iene che prendeva in giro le cosiddette teorie riparative dell’americano Joseph Nicolosi e un altro su un ragazzo di Roma picchiato perché omosessuale. In quarantuno minuti di trasmissione Ricci è intervenuto tre volte per un totale di cinque minuti e venendo interrotto più volte. A proposito delle teorie riparative (una delle accuse rivolte a Ricci) egli ha detto solo la frase riportata nella delibera. Dopo il servizio delle Iene, dopo un intervento di Luxuria che le definiva «violente» e uno di Fabrizio Marrazzo del Gay Center che le presentava come «pratiche da condannare», Ricci ha detto soltanto: «Quello che è stato detto su Nicolosi è del tutto arbitrario». Nient’altro, nemmeno una parola in più. Tra l’altro, come lo stesso Ricci ha poi recentemente spiegato in un’intervista al Giorno, «io non seguo questo tipo di cure per i miei pazienti. Ritengo però che chi viva con disagio la propria omosessualità vada ascoltato e aiutato. Non per spingerlo verso l’eterosessualità, ma per elaborare il proprio problema. Sceglieranno loro la direzione da prendere». A proposito delle altre due accuse (la funzione di padre e di madre e l’ideologia gender), durante la trasmissione Ricci ha esposto le sue opinioni, così come hanno fatto Grillini e Luxuria. Sul primo argomento, anche il più incolto degli psicologi difficilmente potrebbe dargli torto, sul secondo è in corso ormai da diversi anni un serrato dibattito. Appunto: dibattito, confronto di opinioni, discussione. Non a caso tutto è avvenuto durante un talk show, coi tempi fulminei della tv, interruzioni, battute, servizi, lanci pubblicitari. In questo marasma, Luxuria ha potuto affermare che «l’omosessualità, l’eterosessualità, la bisessualità sono varianti della personalità umana», Grillini che «l’ideologia del gender è un’invenzione totale, una sciocchezza» e che Ricci è «leggermente omofobo». Opinioni, magari sgradevoli, ma opinioni. L’osservatore distaccato non può così non chiedersi perché alcune possano essere espresse ed altre no. E, soprattutto, a quale titolo l’Ordine possa decidere quali siano legittime e quali no. L’interrogazione parlamentare A seguito di numerose proteste e della presentazione di un’interrogazione parlamentare da parte dell’onorevole Paola Binetti, l’Ordine degli psicologi lombardi ha pubblicato su Facebook due note anonime che recitano così: «OPL opera come istituzione laica, apolitica, aconfessionale e neutrale, nell’interesse dei pazienti e degli psicologi di ogni orientamento. Mai abbiamo utilizzato la #deontologia come forma di censura o vessazione nei confronti del mondo cattolico o di altra matrice. Rivendichiamo il ruolo di garante del Codice Deontologico. #openOPL». C’è qualcosa che non quadra in questa excusatio non petita. Se n’è accorto anche un fiero avversario di Ricci come il giornalista omosessuale Alessandro Cecchi Paone, che con lui si è diverse volte confrontato in tv su questi temi da una prospettiva diametralmente opposta: «Mai mandare qualcuno al rogo per un’opinione – ha detto al Giorno –. Aprire un procedimento disciplinare perché è stata espressa un’opinione mi pare assurdo. Questa persona ha la libertà di dire cosa pensa». Non tutti hanno questa onestà intellettuale. Presso diversi Ordini regionali risultano aperti una quindicina di procedimenti a carico di psicologi che hanno idee simili a quelle di Ricci. Lui rischia di essere solo il primo. Emanuele Boffi