A un tratto recitarono cantando

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A un tratto recitarono cantando ( intervista a Roman Vlad di Corrado Augias)
Quando comincia questa storia e dove?
R.V. l’Opera in musica nasce a cavallo tra cinque e seicento e nasce, potremmo dire per sbaglio. Intendo che deriva dal
tentativo, dallo sforzo di resuscitare l’arte antica, il classicismo greco e romano.
-Una conseguenza dell’atmosfera rinascimentale, in definitiva?
R.V. Esattamente. Del teatro greco si sapeva che era strettamente legato alla musica. Purtroppo dei testi musicali
d’allora non si sa quasi niente perché i documenti sono pochissimi, d’incerta decifrazione e comunque non sufficienti a
restituire l’ethos di quella musica. In definitiva l’unica cosa assodata era ed è, che i greci recitavano cantando.
-Se non sbaglio concorsero al formarsi di questa melodia accompagnata anche una serie di altri elementi.
R.V. Oh certo. Le cose non sono mai così semplici. Diventano semplici soltanto quando le si vuol raccontare per farle
ben capire. Se però vogliamo andare appena più in profondità dobbiamo aggiungere che questo sviluppo è nato anche
grazie a una serie di ragioni concomitanti. Il recupero della prassi popolare nella musica aveva già dato adito a una
reazione contro gli eccessi del polifonismo. Inoltre anche nel teatro sacro erano fiorite addirittura dall’inizio del
millennio, varie forme come il Dramma Liturgico, la Lauda drammatica, la Sacra rappresentazione, il Madrigale
drammatico e via dicendo. Tutte queste forme a un certo punto si fusero con il tentativo di ripristinare l’antico teatro
greco nel quale la musica era unita al dramma.
-Questo per quanto riguarda il momento storico. Ma in quali forme si manifesta questo primo tentativo di rinascita del
dramma musicale?
R:V.Si tendeva, come ho detto, al recitar cantando. Quindi l’importanza primaria veniva data alla parola. La musica
doveva essere l’ancella della parola. Nei primi tentativi di dramma in musica, fatti a Firenze, si sente distintamente
questo andamento quasi recitativo dove è la parola ad avere la parte principale. Devo aggiungere a questo punto che al
nuovo genere dettero il loro contributo anche gli spettacoli, le feste musicali, soprattutto per quanto riguarda lo sfarzo
delle messe in scena vale a dire la parte concessa all’occhio ( oltre che all’orecchio) dello spettatore. La meraviglia
come si diceva allora.
-In che anni siamo esattamente?
R:V. L’esempio più antico del genere di cui sto parlando viene considerato la Dafne di Ottavio Rinuccini che visse dal
1562 al 1621. Gli autori delle musiche erano Jacopo Peri (1561-1623) e Jacopo Corsi (1561-1604).Ci troviamo proprio
a cavallo tra il cinque e il seicento. L’opera assumerà poi la sua forma definitiva nell’Orfeo di Monteverdi andato in
scena a Mantova nel 1607.
-Che cosa intende esattamente per forma definitiva?
La distinzione tra Recitativi e Arie, l’assunzione della forma strofica con ritornelli, l’inserimento delle danze. Ma ciò
che contribuì in modo decisivo allo sviluppo dell’opera in musica fu ancora di più del genio degli artisti, un
avvenimento organizzativo-economico.Nel 1637 si inaugura a Venezia il primo teatro pubblico, il teatro San Cassiano.
Uscendo dalle corti e rivolgendosi al pubblico di una sala di spettacoli, l’opera deve abbandonare i modi un po’ esangui
della camerata dei Bardi per diventare una macchina da intrattenimento. Di conseguenza varietà degli intrecci,
virtuosismo canoro, bellezza degli scenari e delle danze, insomma comincia la vita di quel genere meraviglioso che è la
lirica, certo il più complesso tipo di spettacolo che sia stato inventato.
-Che accoglienza ebbe il nuovo genere di spettacolo?
R:V:Subito entusiastica. Dalla metà del seicento fino a tutto l’Ottocento l’opera lirica è stata in Italia spettacolo
d’elezione. Quel che è più strano è che piacque a tutti, ai nobili come al popolino,evidentemente ogni classe ci trovava
elementi nei quali riconoscersi o quanto meno compiacersi. Davvero si può dire che per molti decenni, e soprattutto in
Italia, l’opera lirica ha avuto la stessa funzione di massa poi assunta dal cinematografo e oggi dalla televisione (…).
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