Mi definisco Ateo
Mi definisco come ateo, uso questa parola perché nell’immaginario
collettivo fa riferimento a qualcosa di conosciuto e facilmente
comprensibile alle persone. Lo uso specialmente con le persone che non
hanno tempo di ascoltare. In realtà voglio dire che non credo nel dio
raccontato dalle religioni, anche se le rispetto profondamente tutte,
riconoscendone l’importante aspetto etico ed educativo. Nonostante tutto
è l’unica concreta definizione che posso dare di me, perché bisogna fare i
conti con il nostro inconscio collettivo e perché non ne ho altre da dare di
così sintetiche.
Credere è un atto di fede, di apertura all’ignoto che non può prescindere da
una volontà di conoscenza, allora ancora oggi, pur avendo un’età fisica
notevole, non posso ancora dire se credo oppure no. Sono ancora in piena
fase di ricerca per comprendere cosa posso veramente dire di aver capito e
conosciuto. Quindi non ho una definizione chiara e immediata da dare e
dico che sono un senza dio, pur sapendo che è ingiusto dirlo, definirsi con
una negazione è di per se una dichiarazione indefinita, senza senso.
Mi farebbe davvero piacere definirmi un credente oppure come dicono
molti “ateo convinto”, sarebbe per me molto più conveniente e fonte di
maggiore tranquillità, non solo perché potrei stare a pieno titolo
all’interno di un gruppo sociale ben riconosciuto e rispettato ma
soprattutto perché finalmente avrei una bandiera sotto cui proteggermi.
Purtroppo sento in me una continua chiamata alla responsabilità
intellettuale che non mi permette di poter dire “ho capito, mi fermo”. Le
cose in ballo sono umanamente talmente grandi e importanti che non mi
ritengo capace di dire “ho capito, mi fermo”.
Dio, è un’astrazione e una concretezza al tempo stesso. Il concetto nascosto
dietro a quella parola è una porta nella nostra mente che apre
all’universo, all’infinito, all’anima. Chi ha avuto la forza e la capacità di
tentare di aprire quella porta non può tornare indietro e vivere delle cose
terrene, perché perdono di significato diventano accessori e forse io ho
paura di tutto questo. Ammetto di non avere mai avuto la forza e la
capacità di affrontare una simile esperienza e comprendo oggi il mio
15 gennaio 2015
limite. Nonostante ciò non rinuncio a cercare ad indagare in me e negli
altri, i significati delle espressioni del pensiero e dei sentimenti. Ogni
volta che mi pongo in osservazione distaccata percepisco lo scorrere della
vita e mi accorgo che, pur nella confusione, si possono riconoscere le
forze esistenziali che spingono alla conoscenza. La conoscenza è quella
cosa che distingue l’essere umano e quando la riconosciamo in qualcuno,
tramite lui, riusciamo a percepire il valore della vita riuscendo a vedere
con occhi diversi la realtà.
Ecco perché non posso dire di essere un senza Dio. La conoscenza ha un
senso se esiste qualcosa da conoscere, se l’uomo ha questa facoltà,
evidentemente esiste qualcosa da poter scoprire e capire. Può essere
particolarmente oneroso e difficoltoso farlo, ma rimane il fatto che se esiste
sia il soggetto che fa l’azione (l’uomo) ed esiste l’oggetto da scoprire (il
tutto) è solo una questione di volontà.
A questo punto mi viene da pensare ad un aspetto non secondario della
nostra esistenza, gli strumenti intellettuali che finora abbiamo utilizzato
saranno quelli giusti e, ancora più importante, li sappiamo utilizzare
davvero. Vediamo un pò: “La scienza in quanto rappresentativa della
ragione e della logica se non si appropria una volta per tutte della parte
mistica dell’uomo nella sua ricerca della realtà, rischia di entrare in
dettagli, meravigliosi da un lato, ma troppo poco significativi perdendo
tempo e forse anche l’obiettivo finale della ricerca, l’uomo.
La religione invece dal canto suo, molto spesso adoperandosi in fantastiche
scorciatoie dialettiche esistenziali e inverosimili interpretazioni di realtà
ormai irreversibili, dimentica l’uomo stesso. Addentrandosi in
spasmodiche ricerche di verità assolute, introvabili. Basta guardarsi
indietro nella storia con un po’ di umiltà per vedere il fallimento di questi
atteggiamenti. Le verità assolute in quanto tali non sono alla portata
dell’essere umano che oggi popola il mondo.
La filosofia, madre del pensiero moderno, pur non sottraendosi al suo
meraviglioso ruolo di osservatrice imparziale, è attendista. Ci aiuta a
riconoscerci a farci crescere nel vuoto cosmico esistenziale e ci fa capire
quanto siamo lontano dalla conoscenza e più approfondiamo e più ci
rendiamo conto di quanto siamo lontani e inadatti.
15 gennaio 2015
Potrei andare oltre ma voglio fermarmi qui perché non è mia intenzione
fare inutili critiche e dare etichette a cose molto più grandi e importanti di
me. Questo breve elenco che ho fatto è per evidenziare come ognuna di
queste “dottrine” presa separatamente non porta alla sintesi ma tende
alla dispersione.
Ogni essere umano consapevolmente dovrebbe poter usare ogni strumento
intellettuale, dal più primitivo al più intuitivo per arrivare alla
conoscenza, stando molto attento a non amare gli strumenti che usa, ma
amando se stesso cercandosi con ogni mezzo. Nessuno pensi che esistono
strumenti validati, tutto può essere valido se porta alla conoscenza.
Forse questo è Dio, ciò che non divide ma che unifica, ciò che concretizza,
ciò che fa sintesi. Penso che nel passato ci siamo dimenticati spesso che
l’obiettivo unico da raggiungere siamo noi. Nella bibbia e in tanti altri
scritti religiosi è stato detto: ”trova te stesso e troverai Dio”. Oggi però
non abbiamo scuse e possiamo capire meglio cosa stiamo facendo, non
perché siamo migliori di chi ci ha preceduto, ma perché abbiamo la loro e
la nostra esperienza da riconoscere e portarla a frutto. Oggi ci siamo noi e
io sento di essere responsabile delle idee che mi sono state tramandate e
ancor più responsabile su come lascerò agli altri la parte di uomo che in
me si è vivificata e incarnata.
Ecco perché ancor oggi non posso permettermi di dire:
“ho capito, mi fermo”.
Claudio Luminati
15 gennaio 2015