BOLIVIA Una speranza in più per i bambini dell’hogar San Lorenzo UN AIUTO –AI BAMBINI ABBANDONATI DI SANTA CRUZ IL PROGETTO LUOGO: Santa Cruz de la Sierra DESTINATARI: I minori ospiti dell’Istituto San Lorenzo CONTESTO Santa Cruz è la città più popolosa della Bolivia. Il panorama sociale è caratterizzato da forti disuguaglianze: in centro vivono le famiglie più ricche del paese eredi dei grandi latifondisti, malavitosi arricchitisi con i traffici illegali della cocaina, politici; nelle periferie degradate e prive di servizi fondamentali si concentrano i poveri, spesso immigrati dalle città quechua a aymara dell’Altopiano. Il risultato è una società senza punti di riferimento. La povertà diventa frustrazione e spinge gli uomini ad evadere nell’alcol, le donne ad emigrare in Italia e Spagna. Nei quartieri periferici la povertà materiale va di pari passo con la perdita di valori umani. L’uomo è intrappolato nella più feroce logica machista, la donna pure, perché cerca di volta in volta di conquistare la protezione di un uomo, accettando in cambio di subire violenze e tradimenti. Le prime vittime di questa situazione sono i bambini. Spesso abbandonati e abusati. INTERVENTI La Chiesa cattolica è in prima línea nel creare spazi per l’accoglienza e il recupero dei minori che provengono da forte disagio sociale. In tutto il Dipartimento di Santa Cruz gli istituti residenziali (in castigliano Hogares) per minori gestiti dalla Chiesa cattolica (ovvero da parrocchie, congregazioni religiose o direttamente dall’Arcivescovado) sono 35. Per coordinare gli Hogares cattolici della diocesi, l’arcivescovo di Santa Cruz, Mons. Sergio Gualberti, ha creato una commissione episcopale specifica il cui responsabile è padre Ottavio Sabbadin, salesiano veneto, da 30 anni al servizio dell’infanzia di Santa Cruz. L’obbiettivo della Commissione è quello di condividere esperienze e criteri per migliorare la situazione dei bambini, “fare gruppo” e presentarsi uniti di fronte alle istituzioni pubbliche e pretendere dallo Stato un contributo più significativo. In particolare, nel 1995 l’Arcidiocesi di Santa Cruz ha aperto in città l’Hogar San Lorenzo, un istituto che accoglie attualmente 95 bambini e bambine dagli 0 ai 5 anni inviati dai Servizi sociali per motivi di abbandono, violenza, estrema povertà. L’istituto ha bisogno di inserire tra il proprio personale due nuove figure una pedagogista e un’infermiera. IMPORTO: 8.150 euro SCHEDA PAESE La Bolivia, priva di sbocchi sul mare, è il quinto Paese più esteso del continente sudamericano con una superficie di 1.098.581 Km, cioè tre volte quella dell'Italia. Il paese può essere diviso in tre zone geografiche: vette andine e regione degli altipiani centrali ad ovest, le terre pianeggianti ad est. La sua popolazione di soli 9.427.219 di abitanti, circa un sesto di quella Italiana, vive per il 60% nella regione dell’altopiano andino. Dati Generali Boliva Italia Republica de Bolivia Repubblica Italiana Ordinamento dello Stato Repubblica Presidenziale Repubblica parlamentare Superficie (kmq) 1.098.580 301.340 Popolazione 10,461,053 61,482,297 Nome ufficiale La Paz (capitale amministrativa) Capitale Sucre (capitale costituzionale) Roma Moneta Boliviano Euro Lingua Spagnolo, Quechua, Aymara Italiano Religione Cristiana 95%, Protestante 5% Cattolica 90% Altre 10% Gruppi etnici Quechua 30%; Meticci 30%; Aymara 25%, Bianchi 15% Italiani 97% Altri 3% Indicatori socio-economici Bolivia Italia Indice di sviluppo umano (da 0 a 1) 0,663 0,881 Classifica indice di sviluppo umano (su 177 paesi) 108 25 % Popolazione sotto soglia povertà (1$ al giorno) 14 - PIL ($ pro capite) 4.800 30.100 Crescita annua del PIL 3,8 -2.3 Tasso di disoccupazione (%) 5,5% 10.9 Importazioni (miliardi di $) 5,36 469.7 Esportazioni (miliardi di $)) 6,9 483.3 Spesa educativa (% del PIL) 6,3 4,7 Analfabetismo (%) 13,3% 1,6 Spesa per la sanità (% del PIL) 4,08 9.5 Spesa Militare (% del PIL) 1,3 1,8 Indicatori Socio Culturali Bolivia Italia Popolazione Urbana (%) 67 68 Crescita annua popolazione (%) 2,2 0,34 Mortalità infantile (su 1.000 nati vivi) 40,94 3.3 Speranza di vita alla nascita (anni) 67,9 81,95 Quotidiani (copie ogni mille abit) 98,8 109 Radio (ogni mille abit.) 671 878 Tv (ogni mille abit.) 121 494 Internet (accesso ogni mille abitat) 69,4 450,9 Fonti: Guida del Mondo 2007/2008 Il mondo visto dal Sud, EMI; The world factbook, CIA; Human Development Report 2011; UNDP World Bank-World Development Indicators 2008; World Health Organization. Il territorio Il territorio boliviano è dominato dai rilievi delle Ande, che si estendono da nord a sud lungo l'intera sezione occidentale del paese e si snodano attraverso due sistemi montuosi distinti. Tra le due cordigliere si estende l'ampia, elevata regione dell’Altiplano comprendente il grande bacino navigabile del lago Titicaca, la più estesa superficie lacustre dell’America meridionale. Il paese è ricco di giacimenti di minerali, in particolar modo antimonio, stagno, tungsteno, zinco e piombo; fertili terreni coltivabili si trovano nelle valli della Cordigliera orientale e nel bacino amazzonico, dove numerose sono le piantagioni di canna da zucchero, riso, cotone, caffè, cacao e coca. Storia Alcuni reperti archeologici testimoniano la presenza di insediamenti umani sulle Ande boliviane già in epoca preistorica. Nel periodo precoloniale si susseguirono due importanti civiltà: quella esistita fra il 600 e il 1200, che aveva il suo centro nella città di Tiahuanaco, vicino al lago Titicaca, e quella dell'impero Inca (XIII-XVI secolo). Testimonianza viva di queste antiche civiltà sono i monumenti e le lingue tutt'oggi parlate dalle popolazioni aymara e quechua. Conquistati nel 1538 dallo spagnolo Hernando Pizarro, fratello minore di Francisco Pizarro, i territori dell'odierna Bolivia furono subito sfruttati dal punto di vista minerario e gli indios vennero impiegati come schiavi nelle miniere d'argento. Per circa due secoli l'area, annessa al vicereame del Perù col nome di Audiensia di Charcas o Alto Perù, fu una delle colonie spagnole più prospere e popolate. Il declino giunse nel XVIII secolo, conseguentemente a un periodo di crisi dell'attività mineraria. A seguito di una guerra d’indipendenza, nel 1825 la Spagna riconobbe l'autonomia del paese. La nuova Costituzione, redatta dal leader rivoluzionario Simón Bolívar, che diede il nome al paese, fu adottata dal congresso di Chuquisaca nel 1826. La Bolivia fu in seguito soggetta a continue guerre civili e moti rivoluzionari. Fra il 1836 e il 1839 fece parte di una confederazione con il Perù, cui pose fine un'invasione cilena; il periodo successivo fu caratterizzato da frequenti anche se brevi guerre per i confini fra i tre paesi. Dispute di confine Due trattati, sottoscritti nel 1866 e nel 1874, definirono i confini con il Cile, ponendo termine alla disputa per il possesso del deserto di Atacama e dei suoi giacimenti di nitrati. Tuttavia nella guerra del Pacifico del 1879 Cile e Bolivia tornarono a scontrarsi e quest’ultima perse accesso al mare. In generale, nel corso della sua storia il paese ha perso vaste aree in guerra o cedute a vario titolo a Brasile, Argentina, Perù e Paraguay. La disputa con il Perù si risolse nel 1930, mentre con il Paraguay venne combattuta, a partire dal 1932, nella guerra del Chaco. Questa travagliata costruzione dello spazio geografico nazionale pesa tuttora nella memoria boliviana. Infatti, il paese continua a fare pressioni sul Cile a livello internazionale per guadagnare un accesso al mare. L’instabilità politica e i governi militari Negli anni Trenta la situazione interna precipitò nel caos. Alla guida del paese si succedettero numerosi presidenti che riuscirono a governare per brevissimo tempo. La dittatura militare riuscì a strappare il paese alle disperate condizioni in cui versava dopo la pesante recessione coincisa con il conflitto del Chaco. Nel 1937 Toro e il suo governo militare furono rovesciati dal luogotenente colonnello Germán Busch che, nonostante l’emanazione di una nuova costituzione, sospese tutti i diritti costituzionali e instaurò una pesante dittatura. Negli anni ’40 si succedettero governi militari fino al colpo di stato del Movimento nazionalista rivoluzionario (MNR) con a capo il luogotenente colonnello Gualberto Villarroel. Il nuovo governo totalitario, nonostante la simpatia di alcuni suoi esponenti per le potenze dell'Asse, mantenne buoni rapporti con gli Alleati finché non fu rovesciato nel luglio del 1946. Dal 1946 al 1952 si susseguirono diversi governi civili e militari. Nel 1952 l’MNR ritornò al governo inaugurando una stagione di riforme importanti per il paese improntate ad un certo nazionalismo populista. Le miniere furono nazionalizzate e fu creata la società COMIBOL per gestirle; fu organizzata la Central Obrera Boliviana, sindacato che peserà molto nella storia del paese; fu varata la Riforma agraria che tuttora vigente e introdotto il suffragio universale. La stagione delle riforme fu interrotta da gravi problemi economici provocati dalla caduta del prezzo dei metalli, in particolare dello stagno, nel mercato internazionale. Gli anni ’50 e ’60 furono anni difficili che culminarono con altri governi militari. Quello di René Barrientos Ortuño varò una serie di riforme economiche fra cui la riapertura dell'industria mineraria agli investimenti privati interni e stranieri. Nell'ottobre del 1967 i militari sconfissero il tentativo rivoluzionario di Che Guevara: questi, ferito durante uno scontro a fuoco nei pressi della regione del Vallegrande, fu catturato e ucciso dai governativi. Dopo la morte di Barrientos nel 1969, continua la serie di governi, militari e di breve durata, culminata nel 1971 con un ennesimo colpo di stato. Questa volta fu il turno della dittatura Hugo Banzer Suárez, che governò a fasi alterne fino al 1978. Il ritorno del governo civile Nel 1978 Banzer si dimise per far posto a un governo civile. La transizione verso la democrazia impegnò il paese fino al 1982, quando finalmente il vincitore delle elezioni del 1979, Siles Suazo, poté salire al governo. Negli anni Ottanta una grave recessione economica colpì il paese. La caduta dei prezzi dello stagno, l’inflazione e il debito ereditato dai governi dittatoriali portò alla rovina l’economia boliviana. Per affrontare la crisi economica, il presidente Victor Paz Estensorro diede luogo ad un pacchetto di politiche economiche passate alla storia come Schock eterodosso. Il pacchetto prevedeva una serie di misure economiche liberiste molto radicali che, sebbene secondo alcuni aiutò ad uscire dalla crisi, produsse conseguenze sociali gravissime. In questi anni l’estrazione mineraria perdette terreno, costringendo molti minatori ad emigrare verso le città alla ricerca di alternative per mantenersi. La crisi economica produsse vittime anche nel fragile settore industriale boliviano e assottigliò le schiere di impiegati pubblici. Una parte della popolazione andina, sostenuta da politiche nazionali, emigrò nella zona del Chapare. Qui la coltivazione della coca, prevalentemente per la produzione di cocaina, divenne l’attività principale e una fonte di ingressi primaria per il paese. In questi anni gli Stati Uniti esercitarono forti pressioni affinché i governi prendessero decise misure contro il commercio di droghe ma solo nel 1985 Victor Paz Estenssoro tentò di ridurre la produzione di coca. In ogni caso le politiche governative e il sostegno statunitense non ottennero i risultati sperati. Il successivo governo di Jaime Paz Zamora non fu più efficace. Durante la presidenza di Gonzalo Sanchez de Lozada, eletto nel 1993, il difficoltoso cammino della Bolivia verso la democrazia continua. È in questi anni che vengono varate le leggi di partecipazione popolare e di decentralizzazione che daranno alle popolazioni contadine e indigene maggiori spazi di espressione e rappresentanza sulla scena politica boliviana. La questione della droga fu riaffrontata con decisione durante il governo dell’ex dittatore Hugo Banzer, che lanciò una campagna contro la coltivazione della coca. Accanto a politiche molto repressive, vi erano misure più conciliatorie. Infatti, ai coltivatori di coca (cocaleros), in cambio della distruzione delle piantagioni, veniva offerto un indennizzo in denaro. In questa occasione il movimento dei cocaleros assume una forza che non aveva mai raggiunto in passato. Nel 1998, dopo diverse settimane di sciopero e violenti scontri con la polizia, il governo e i cocaleros avviano delle trattative, ma non giungono ad un accordo. A settembre, migliaia di contadini del Chapare raggiungono La Paz in marcia per chiedere al governo più equi indennizzi e la smilitarizzazione della regione. Il conflitto tra governo e contadini si protrasse per tutto l'anno 2000, soprattutto nella regione del Chapare, dove si verificarono violenti scontri e diverse vittime. La soluzione pacificatrice fu trovata quando il governo si impegnò a definire un piano di aiuti economici per la riconversione delle coltivazioni di coca. Nel frattempo si abbatteva sul paese una grave crisi economica, che colpiva ceti bassi e medi. Gli effetti della crisi si sentivano ancora più duramente a causa delle politiche neoliberiste che avevano operato. La crisi era aggravata da drastici tagli alla spesa sociale. Nel paese andò così crescendo un forte malcontento e tra la fine del 2000 e gli inizi del 2001 le principali città boliviane furono paralizzate da lunghi e violenti scioperi. L’ascesa di Evo Morales In agosto 2001 il presidente Banzer, gravemente malato, rassegna le dimissioni ed è sostituito dal vicepresidente Jorge Quiroga Ramírez. Le successive elezioni presidenziali, svoltesi nell’agosto 2002, vedono Gonzalo Sánchez de Lozada, leader del MNR e già presidente della Bolivia negli anni Novanta, imporsi sul rappresentante dei cocaleros e candidato del Movimento verso il socialismo (MAS), Evo Morales. Per ridurre il disavanzo pubblico e far fronte alla recessione economica, che costringe quasi metà della popolazione a vivere al di sotto della soglia di povertà, De Lozada impone nel febbraio 2003 un piano di austerità assai gravoso e ripropone il progetto di esportazione di gas verso gli Stati Uniti. Le violente reazioni popolari e l’ammutinamento della polizia provocano nei giorni seguenti trenta vittime e centinaia di feriti, inducendo infine il presidente ad abbandonare il progetto e a riformare il governo. Nell'ottobre 2003 Sánchez de Lozada scappa a Miami (Florida) e viene sostituito dal suo vice Carlos Mesa. Carlos Mesa cerca di trovare un equilibrio tra le politiche del suo predecessore e le richieste dei movimenti sociali, ma gli scioperi e i blocchi stradali non si arrestano. Gli scontri raggiungono il culmine con la morte di un manifestante. Il 7 marzo 2005 Carlos Mesa rassegna le dimissioni e, con la capitale assediata, il Congresso, riunitosi a Sucre, elegge Eduardo Rodríguez, capo della Corte Suprema (terza carica istituzionale del paese) come nuovo Presidente della repubblica. Nel dicembre dello stesso anno Rodriguez indice nuove elezioni. È il trionfo del MAS, che ottiene oltre http://it.wikipedia.org/wiki/18_dicembreil 53% dei voti, portando alla presidenza della repubblica, Evo Morales. L'insediamento del primo presidente indio della Bolivia ha luogo il 22 gennaio 2006 con tre cerimonie: una a Tiahuanaco (antica capitale dell'omonima antica civiltà pre-incaica), una a La Paz in Plaza San Francisco e un'altra, sempre a La Paz, nella sede istituzionale del palazzo presidenziale. Il 1° maggio 2006, Evo Morales, decreta la definitiva nazionalizzazione dei giacimenti di idrocarburi del Paese, dispiegando militari e funzionari del Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos presso alcune installazioni petrolifere e di gas. Questa azione accontenta i movimenti sociali anche se non si tratta di una vera e propria nazionalizzazione. Il governo Morales ha imposto una forte tassazione (dal 50 all’82%) sull’estrazione degli idrocarburi, la quale resta ancora in mano alle multinazionali petrolifere mancando in Bolivia la tecnologia e il Know How necessari. La presidenza di Morales ha segnato l’inizio del “processo di cambio boliviano” volto all’integrazione delle popolazioni “indigeno- campesine” nella società e al rispetto dei loro usi e costumi, così come vuole la nuova costituzione - approvata il 25 Gennaio 2009 - che assume “… la sfida storica di costruire collettivamente uno Stato Unitario Sociale di Diritto Plurinazionale Comunitario …”. La gestione della multiculturalità boliviana si riflette nella costituzione di uno Stato Unitario Plurinazionale con il riconoscimento della diversità culturale delle 36 popolazioni indigene presenti nel territorio boliviano. Il concetto di Stato non corrisponde al concetto di Nazione. Quest’ultimo si forma da una particolare “… identità culturale, lingua, tradizione storica, istituzioni, territori, cosmo visione, la cui esistenza sia precedente all’invasione coloniale spagnola” (art.30 Cost.). La concretizzazione del riconoscimento delle popolazioni autoctone sta nella concessione dell’autonomia alle Popolazioni Indigene Originarie Contadine. Il così detto Presidente Indigeno è stato riconfermato con le elezioni del 6 dicembre 2009 che hanno dato al MAS i 2/3 della Assemblea Plurinazionale (Parlamento), una maggioranza schiacciante che permette al partito di Evo, tra le altre cose, di modificare la Costituzione, approvare la legge Quadro sulle Autonomie e sul Decentramento (legge fondamentale per la sovranità del governo) ed eleggere i membri del Comitato Nazionale Elettorale senza un dialogo con l’opposizion La Bolivia oggi La Bolivia è indipendente dal 1825. È uno Stato Plurinazionale, la forma di governo è una repubblica presidenziale governata dal gennaio 2006 dal suo primo presidente indigeno, Evo Morales, leader del Mas (Movimento verso il Socialismo), che noi definiremmo un partito di sinistra. Ordinamento dello stato e politica Paese politicamente instabile e conflittuale, la Bolivia negli ultimi anni ha vissuto momenti di forte scontro politico. Recentemente è la costituzione il fatto politico di maggiore risalto. Il 25 gennaio 2010 la nuova costituzione boliviana è stata approvata dal 62% della popolazione boliviana, ma le linee di divisione sono diverse. In primo luogo, quella tra le regioni orientali del paese, più ricche e bianche, e la zona andina. Infatti, i dipartimenti orientali di Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija hanno votano in maggioranza NO alla nuova costituzione, mentre quelli di Potosí, Oruro, La Paz e Cochabamba l’hanno approvata. L’altra divisione è tra le città e le campagne, con queste ultime, specialmente nella regione andina, fortemente favorevoli al progetto costituzionale. Le città, invece, hanno votato con minore entusiasmo il documento. I temi di scontro più caldi, tutti contenuti nella costituzione sono le autonomie regionali, dipartimentali, municipali e soprattutto indigene; la compresenza del diritto delle comunità indigene e di quello statale, fonte di potenziali conflitti; le relazioni tra stato e religioni; il modello economico, che riconosce grande influenza allo stato; i diritti dei popoli indigeni boliviani, e quindi il tema dell’intercultura e della convivenza tra diversi. Con le elezioni del 6 dicembre 2009, che hanno dato i 2/3 dell’Assemblea Plurinazionale al MAS, il governo Morales sta acquisendo sempre più potere avvicinandosi a quella che potrebbe dirsi una egemonia. La nuova legge anti corruzione approvata dal MAS ha effetto retroattivo ed in molti accusano il partito di utilizzarla come strumento di persecuzione politica. Vedi le accuse al capo dell’opposizione Manfred Reyes Villa, accusato e ricercato dopo un mese dalla conclusione delle elezioni politiche e costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti. Le elezioni municipali del 4 di Aprile 2010 hanno dato al MAS 5 dipartimenti su 9, anche se la vittoria non è stata schiacciante come era stata annunciata. Da distaccare la perdita del Comune di La Paz per Luis Antonio Revilla del Movimento sin Miedo. Ci si chiede dove sia diretto il processo di cambio condotto dal Movimento al Socialismo e se si dà uno sguardo a livello nazionale è difficile dirlo. Il Mas ha al suo interno 3 correnti di pensiero: una nazionalista, una indigenista e una marxista-leninista. Nascono perplessità anche sulla nuova Costituzione che, di per sé, non ha caratteristiche socialiste (prevede e difende la proprietà privata e l’investimento estero) e non stabilisce la nazionalizzazione effettiva degli idrocarburi. Certamente il processo di cambio boliviano è in un momento storico importante ed in questo momento dipende dalle scelte di Evo Morales e del suo partito. La Politica economica Dal punto di vista della politica economica la Bolivia si trova in una situazione complessa, la maggior parte dei prodotti sono importati, questo perché da un lato non ci sono tecnologie e industrie così avanzate che permettono di arrivare alla lavorazione e alla realizzazione finale del prodotto, mentre dall’altro mancano investimenti dall’estero, sia perché Morales è restio ad affidare ad occidentali le sue risorse naturali, sia perché potenziali compagnie si fidano molto poco ad investire capitali in Bolivia, dopo che molte risorse su cui si impiegava denaro dall’estero sono state a poco a poco nazionalizzate. Tutto questo causa un fortissimo aumento dei prezzi, soprattutto dei beni di prima necessità, come farina, zucchero, gasolina, carne, etc. Tutto ciò ha provocato moltissime manifestazioni e scese in piazza da parte della popolazione locale, su cui grava il rincaro delle spese sempre più ingente. Lo scontro più forte è avvenuto nel mese di dicembre 2010, a seguito della politica del Gasolinazo, attuata da Morales, il quale ha decretato da un giorno all’altro l’aumento improvviso dell’80% del costo della benzina e del diesel. Nelle comunicazioni ufficiali del governo tale decisione era stata giustificata da tre motivi principali: lotta al contrabbando, bisogno di aumentare il prezzo al barile pagato alle transnazionali, possibilità di investire il risparmio ottenuto in sostegno diretto all’economia, ma molto piú probabilmente la manovra è stata messa in atto per rimediare ai problemi della compagnia petrolifera dello stato, che pur dettando le proprie leggi di mercato non riesce ad andare avanti…le pressioni delle manifestazioni e delle proteste della popolazione locale, che ha fatto sentire la propria voce, hanno però portato ed eliminare il decreto nel giro di pochi giorni. Per appianare l’inflazione che tutto questo aumento dei prezzi causa, il governo ha appena emanato una legge di aumento salariale (10%). Questa legge, però, non prevede orari di lavoro inferiori alle 8 ore al giorno, per cui tutti i lavori part- time non vengono riconosciuti, facendo perdere lavoro e entrate a tutti coloro che riuscivano a guadagnare qualcosa in più con attività secondarie portando, quindi, ancora maggiori difficoltà nel trovare impieghi regolari. Lo scontro sul tema salariale è stato molto forte nelgi ultimi mesi in Bolivia, i sindacati, infatti non solo non ritenevano il 10% un aumento sufficiente, ma criticavano anche il fatto che questo aumento riguardava solamente alcune categorie di lavoratori. Tutto questo ha naturalmente causato forti scontri, manifestazioni e proteste, fino al raggiungimento dell’accordo con la governazione di una maggiorazione salariale del 12%. La politica estera Sul fronte della politica estera, l’attuale governo intrattiene relazioni tese con gli Stati Uniti. Questo si è concretizzato nell’espulsione dell’ambasciatore statunitense perché accusato di lavorare al rovesciamento del governo Morales, l’interruzione dei programmi di eradicazione della coca e nella collaborazione con USAID e con la DEA, l’agenzia antidroga americana. Il governo degli USA ha risposto con la richiesta all’ambasciatore boliviano di uscire dal paese e cancellando l’importazione a condizioni preferenziali di alcuni prodotti boliviani (accordo APTDEA). Infatti il programma, che coinvolgeva circa la metà delle esportazioni boliviane, era legato alle politiche antidroga in Bolivia. Morales e il precedente governo americano hanno infatti due visioni differenti sulla gestione della coca: per Morales, contrariamente che per gli USA, “cocaina cero” (cocaina zero) non corrisponde a “coca cero”. Negli ultimi anni, la Bolivia si è avvicinata alle posizioni di Venezuela e Cuba, con cui negozia accordi commerciali alternativi all’ALCA – Area de Libre Comercio de las Américas, trattato proposto dagli Stati Uniti. Le società boliviana Nel bel mezzo di un ambiguo “processo di cambio” politico e plurinazionale, impegnata nella sua svolta a sinistra, la Bolivia è oggi un paese alle prese con assestamenti politici ed economici. Il MAS, partito al potere, celebrato come governo dei movimenti sociali campesini ed indigeni, celebratore internazionale della Madre Terra, di nuove politiche ambientali e di giustizia sociale (vedi nazionalizzazioni), sembra invece afflitto da una incapacità endemica di mediare nei conflitti con le diverse parti sociali che scalpitano dinnanzi preoccupanti black-out di democrazia e consenso politico. Maestri, medici, trasportatori, operai, gruppi indigeni, classe media hanno quotidianamente qualcosa da ridire all’operato di governo. Se l’economia nazionale ha raggiunto una stabilità economica notevole, favorendo tutte le classi sociali, latifondisti, banche, commercianti e imprenditori sembrano godere più di altri dei benefici economici del nuovo socialismo, o secondo alcuni post-capitalismo, di stato. La questione agraria, o della redistribuzione della terra, a fondamento del nuovo corso politico si è disintegrata nei primi anni della nuova costituzione, e non mancano rassicurazioni ai latifondisti delle “terre basse” sulla mancanza di pericoli di espropriazione o occupazione delle terra. Secondo alcuni analisti, il MAS è un arbitro nell’ ambizioso percorso verso una decolonizzazione delle istituzioni statali. Secondo altri il MAS starebbe continuando al usare quelli stratagemmi neo-coloniali, in parte riformulati, per consolidare il potere (rifondare l’educazione per un buon cittadino, che non vuol dire un cittadino autonomo, strategia della tensione tra le diverse parti sociali nella politica interna, leggi cocaleros contro movimenti indigeni). Una delle particolarità boliviane consiste nel fatto che quest’ultimo è forse l’unico paese dell’America Latina, e probabilmente del mondo, ad avere dei colonizzatori interni: i cocaleros per l’appunto. Alla ricerca di nuovi terreni (e nuove infrastrutture) all’interno dei quali piantare (o eccedere) un cato di coca, spesso riassorbita del narcotraffico, nuove zone del paese vengono disboscate, de-territorializzate, inquinate per il coltivo più redditizio al mondo. Tuttavia, metà e forse più, delle responsabilità appartengono ai paesi consumatori di cocaina. Nonostante i proclami anti-imperialisti propri del MAS, che spesso servono solo ad allontanare le imprese, il vero motore di crescita economica del paese a detta di molti si poggia sul narcotraffico che alimenta l’Impero. Parlando degli errori di Evo durante la discussissima XIII Marcia Indigena in difesa del TIPNSIS, un giornalista ha dichiarato: “non ci troviamo dinnanzi il primo presidente indigeno, bensì dinnanzi al primo presidente cocalero”. Il vero cuore politico della Bolivia è il Tropico di Cochabamba, il Chapare, roccaforte dei cocaleros e del sindacalismo di stato. All’interno del panorama e della traballante geografia economica-politica nazionale il territorio di Cochabamba, dal quale si sono innescati numerosi processi ed avvenimenti (Guerra del agua) che hanno generato il cambio, si colloca tra due aree sensibili del paese, terre alte e terre basse, con la sua particolarità politica chapareña. Durante gli ultimi mesi la città è stata, settimanalmente, intasata da scioperi, manifestazioni e scontri violenti. La presenza di una società civile aperta, dinamica è multiforme, frutto del processo di cambio innescato dal basso, sembra continuar ad essere il volante e il guidatore capace di raddrizzare politiche e decisioni nazionali che stanno scontentando la maggioranza dei cittadini boliviani. La religione Il cattolicesimo, praticato da circa il 90% della popolazione, è la religione maggiormente professata seppur conviva con forme di sincretismo religioso in cui si mescolano tradizioni legate al culto andino, alla Terra e alla fertilità. Con la nuova Costituzione Politica di Stato il cattolicesimo non è più la religione ufficiale dello stato boliviano che si dichiara stato laico. Esigua ma in incremento la minoranza di protestanti (metodisti evangelici) e animisti. Etnie e lingue Le lingue ufficiali sono lo spagnolo, il quechua e l’aymara propri della regione dell'altipiano e andina e il tupí-guaraní, diffuso nella parte orientale del Paese. Queste lingue costituiscono solo una parte dell’immenso patrimonio idiomatico della Bolivia che raggiunge circa trecento varietà linguistiche. Principali lingue Castigliano Quechua Aymara Guaraní Lingue straniere 87,4% 34,3% 23,5% 1,0% 3,1% Educazione Partendo dal dato che solo il 7% dei minori che vivono in aree rurali completa gli otto anni di scuola primaria previsti dalla legge, ed il tasso di abbandono riguarda in particolare le bambine, dal maggio 2006, il Governo Morales ha dato il via alla massiccia campagna “Yo si puedo” del Programa de Alfabetización Nacional. Nel Programma, realizzato con l’appoggio dei ministeri dell’educazione di Cuba e Venezuela, si inserisce anche il “Bono Juancito Pinto” del novembre 2006, in cui il Governo, successivamente alla nazionalizzazione degli idrocarburi aveva definito, attraverso una legge di sovvenzionare 1.200.000 bambini e bambine con un buono di 200Bs per ciascuno a sostegno degli studi tra il primo e il sesto anno scolare. A metà maggio 2008 il Governo dà la notizia che l’80% delle 823.256 (dato 2007) persone analfabete della Bolivia 524.382 ora sanno leggere e scrivere, 141.460 sono in classe e 24.400 stanno accedendo al programma e 157.414 verranno presto inseriti. Il dipartimenti di Oruro e Cochabamba sono ora liberi dall’analfabetismo, mentre La Paz si attesta ad un livello del 86%. L'istruzione è gratuita e obbligatoria dai 6 ai 14 anni di età, ma la maggior parte delle scuole si trova nei distretti urbani e non possono quindi essere frequentate da chi vive nelle zone rurali. L’infanzia La condizione dell'infanzia nel Paese è migliorata dopo la scelta politica di far rientrare nell’assicurazione sanitaria di base i servizi per le donne incinte, le donne con figli piccoli ed i bambini al di sotto dei cinque anni di età. Permangono, tuttavia, fenomeni quali la malnutrizione cronica e l'anemia soprattutto tra bambini al di sotto dei tre anni. Pur con alcuni miglioramenti la mortalità infantile è ancora alta: 50 ogni mille nascite entro il primo anno di età e 61 ogni mille nati vivi entro i primi 5 anni anni. L'accesso all'istruzione scolastica è in aumento, senza sostanziali differenze di genere. Nelle aree rurali, tuttavia, solo una minima parte dei bambini termina il ciclo di istruzione primaria. Complessa rimane la situazione dei bambini lavoratori. Unicef stima che oltre 313.000 bambini sono impegnati in varie forme di lavoro minorile, tra cui 115.000 bambini tra 7 e 13 anni e 198.000 adolescenti tra 14 e 17. Tra le peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile, l’impiego nelle piantagioni di canna da zucchero e nella raccolta delle noci brasiliane implica la migrazione stagionale di popolazioni che, per 6-8 mesi, si trasferiscono dagli altopiani occidentali del Paese nei bassopiani orientali, in contesti socioculturali e climatici profondamente diversi da quelli di origine. Costretti a svolgere mansioni usuranti e a vivere in condizioni estremamente dure, in campi improvvisati e abitazioni di fortuna, bambini e famiglie versano in condizioni di miseria, esposti a malattie endemiche e ad altri rischi. Per la loro natura mobile, i campi sono spesso privi d’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, all’assistenza medica e all’istruzione primaria, mentre la vita nella boscaglia comporta altri pericoli per la salute, per la per l’esposizione a malattie endemiche come la dengue, le malattie diarroiche e respiratorie. Ai rischi derivanti dalle misere condizioni di vita, si aggiungono quelli propri di un lavoro che implica l’uso di strumenti pericolosi, come ad esempio i machete, e condizioni lavorative particolarmente dure. Uno dei problemi più urgenti, particolarmente diffuso nella capitale, riguarda i cosiddetti "ragazzi di strada", minori abbandonati che devono badare a se stessi vivendo di espedienti. Le cause di questo fenomeno sono differenti: una grande responsabilità risiede nelle numerose crisi economiche che hanno segnato la storia boliviana e che hanno determinato la disintegrazione di un numero sempre maggiore di famiglie. A ciò si accompagna una non-valorizzazione dell'istruzione scolastica ed un problema di segregazione verso le fasce più deboli. In generale la causa principale dell’abbandono minorile va ricercata nel nella grave condizione di povertà in cui versano numerose famiglie. APPROFONDIMENTI FOCUS: GLI HOGARES DI SANTA CRUZ Santa Cruz è la città più popolosa della Bolivia: conta circa due milioni di abitanti, ma in realtà nessuno conosce esattamente quante persone ci vivano, perchè quotidianamente arrivano intere comunità che abbandonano la campagna in cerca di un futuro migliore ammassandosi nella periferia. Per questo fenomeno la città negli ultimi 50 anni ha conosciuto un’espansione incontrollata e disordinata. Le disuguaglianze socio economiche a Santa Cruz sono evidenti. Nel centro vivono le famiglie più ricche del paese: eredi dei grandi latifondisti, gente che si è arricchita col boom della cocaina, dinastie politiche. Ma dirigendosi verso la periferia ci si inoltra in quartieri privi dei più elementari servizi basici (strade asfaltate, fognature, acqua potabile, servizi di trasporto, scuole), caratterizzati da estrema povertà, violenza e instabilità. La forte immigrazione degli ultimi decenni ha portato in città quechua e aymara dell’altopiano, menoniti canadesi, brasiliani, coreani, superstiti guaraníes e guarayos. Il risultato di questo fenomeno migratorio è una nuova società, che ha perso le coordinate culturali dei padri, è priva di valori socio familiari precisi e pertanto soggetta al richiamo suadente del guadagno facile e dei modelli importati dal ricco Occidente. La povertà diventa fonte di frustrazione e desiderio di rivalsa. Il tasso di alcolismo tra gli uomini è molto alto e le donne, quando possono emigrano in Italia o Spagna in cerca di lavoro. La famiglia è annientata da decenni. Nei quartieri periferici la povertà materiale va di pari passo con la perdita di valori umani. L’uomo qui è intrappolato nella più feroce logica machista, la donna pure, perchè cerca la protezione di un uomo, accettando in cambio violenze e tradimenti. I bambini sono la categoria, inevitabilmente, più esposta a questa situazione. E’ spaventosamente alto il numero di bambini affidati ai servizi sociali perché vittime di violenza, abbandono o privati delle condizioni minime per poter crescere serenamente. La Chiesa cattolica è in prima linea nel creare spazi per l’accoglienza e il recupero dei minori che provengono da forte disagio sociale. In tutto il Dipartimento di Santa Cruz gli istituti residenziali (in castigliano Hogares) per minori gestiti da parrocchie, congregazioni religiose o direttamente dall’Arcivescovado sono 35. Per coordinare gli Hogares cattolici della diocesi, l’arcivescovo di Santa Cruz, Mons. Sergio Gualberti, ha creato una commissione episcopale specifica il cui responsabile è padre Ottavio Sabbadin, salesiano veneto, da 30 anni al servizio dell’infanzia di Santa Cruz. L’obbiettivo della Commissione è quello di condividere esperienze e criteri per migliorare la situazione dei bambini, “fare gruppo” e presentarsi uniti di fronte alle istituzioni pubbliche e pretendere dallo Stato un contributo più significativo. Gli Hogares cattolici, infatti, offrono un servizio in regime di sostituzione dello Stato. E’ lo Stato nelle sue varie articolazioni che dovrebbe garantire ai minori boliviani condizioni di vita dignitose. Ma di fatto la Chiesa cattolica, le altre confessioni religiose e le associazioni di volontariato civile suppliscono alla mancanza dell’intervento pubblico. Lo Stato contribuisce in maniera poco più che simbolica. Basti ricordare che la somma versata agli hogares per l’alimentazione dei bambini copre il 45% della spesa affrontata dagli istituti per l’acquisto degli alimenti. Inoltre il personale qualificato pagato con fondi pubblici è il 15% dei dipendenti che attualmente lavorano negli Hogares di Santa Cruz. La rimanenza è coperta dalla solidarietà nazionale e, soprattutto, internazionale, senza la quale gli Hogares sarebbero costretti a chiudere i battenti definitivamente. Ogni Hogar ha un suo carisma ed è specializzato nel trattamento di un tipo di disagio sociale specifico. Esistono, ad esempio, hogares per figli di detenuti, per bambini tossicodipendenti, per bambini denutriti, per disabili, per minori vittime di violenze intra-familiari. Insomma: il panorama è davvero vario e l’offerta molto articolata, ma ancora non basta: per le vie di Santa Cruz, nelle carceri, nelle degradate periferie sono ancora moltissimi i minori esposti a disagi e violenze quotidianamente. Uno degli Hogares cattolici dell’arcidiocesi di Santa Cruz è l’Hogar San Lorenzo. E’ funzionante dal 1995. Si tratta di una struttura pubblica, di proprietà del Governo Dipartimentale di Santa Cruz. Tuttavia la pubblica amministrazione non ha le competenze e l’esperienza necessaria alla gestione dell’istituto (oltre che i fondi necessari) e ha quindi ne affidato direzione e amministrazione alla Chiesa cattolica di Santa Cruz. All’Hogar San Lorenzo arrivano minori provenienti da tutta la città. A volte i bimbi vengono ospitati all’Hogar poche ore dopo la loro nascita. Normalmente sono gli assistenti sociali e gli operatori della Defensoría de la Niñez (una istituzione creata appositamente per la tutela dei diritti dei bambini) a individuare casi bisognosi e a portare i bimbi all’Hogar. Le tipologie di disagio che colpiscono i nostri bambini sono le più disparate: dalla violenza intra-familiare, all’abbandono, dall’estrema povertà ai minori che condividono con i genitori il carcere. In ogni caso i bambini vengono portati al San Lorenzo per offrire loro quella sicurezza e serenità che, per vari motivi, non hanno trovato presso il nucleo familiare. Gli obbiettivi dell’Hogar San Lorenzo sono: a) Offrire ai bambini ospitati un ambiente sano e sicuro, dove possono crescere in salute, con una buona e completa alimentazione e l’opportuna assistenza sanitaria; b) Garantire ai bambini ospitati affetto e accoglienza, con un trattamento ispirato all’Amore cristiano per i più indifesi; d) Offrire ai bambini un’opportuna stimolazione primaria, per sviluppare le loro capacità e accompagnare il normale sviluppo psico-fisico dei bimbi; e) Garantire ai bambini la partecipazione all’asilo (livello pre-kinder e kinder), necessari per il successivo inserimento nella scuola dell’obbligo, livello primario. In particolare l’Hogar San Lorenzo riceve un contributo dalla pubblica amministrazione per l’alimentazione giornaliera di 8 Bolivianos per bambino, una somma equivalente alla metà della reale spesa. Ma soprattutto la difficoltà sta nel mantenere il personale in misura sufficiente affinché i piccoli ospiti dell’Hogar siano assistiti nel migliore dei modi. Il Governo Dipartimentale copre lo stipendio di un terzo dei lavoratori attualmente impiegati all’Hogar. La differenza dipende dalla solidarietà internazionale, dagli amici europei e dalle donazioni. Il presente progetto ha come obbiettivo specifico quello di migliorare la situazione aumentando quantitativamente il personale addetto ai bambini, facendo, inoltre, in modo che il personale sia dotato di una formazione adeguata per la cura di bambini in tenera età. PER SAPERNE DI PIÙ Bibliografia “Qualche cosa si muove in Bolivia” di Alessandro Grandi, da: www.peacereporter.net http://www.peacereporter.net/ “Il basso profilo Usa nella crisi della Bolivia” di Pier Francesco Galgani, da: www.paginedidifesa.it “Bolivia: Messaggio pastorale dei vescovi sull’assemblea costituente convocata dal neopresidente Morales” da: www.oecumene.radiovaticana.org. “La Seconda nascita della Bolivia”, Eduardo Galeano. Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2006 “Le vene aperte della Bolivia” / A.Graziano L.Lionelli – Mani Tese, n. 429, gennaio 2006, pp9-11. “Historia de Bolivia”, José de Mesa, Teresa Gisbert, Carlos D. Mesa Gisbert, Editorial Gisbert, La Paz 2007 Filmografia “El tío de la mina”, Bolivia 2005, regia Richard Ladkani, Kief Davidson “El cementerio de los elefantes”, Bolivia, regia Tonchy Antezana “El día en que murió el silencio”, Bolivia 1998, direttore Paolo Agazzi, distribuzione Manga Films “¿Quién mató a la llamita blanca?”, Bolivia 2006, direttore Rodrigo Bellott. “Di buen día a papá”, Bolivia-Argentina-Cuba 2005, direttore Fernando Vargas. “Tambièn la lluvia”, Bolivia 2010, regia Icìar Bollaìn