Cap. Pietro Russo Anna Emilia Falcone Rivista n° 318/2016 2 See page 38 BLACK-HOLE APPROACH ILLUSION Analisi preventiva di una delle illusioni visive più subdole che ci possano capitare 3 Sappiamo che quando voliamo, e non siamo in grado di distinguere ciò che ci circonda, dobbiamo fidarci degli strumenti del nostro aeromobile e non delle nostre sensazioni. Tuttavia, in un volo notturno, siamo in grado di guardare fuori dal cockpit e distinguere chiaramente tutte le luci dell’aeroporto e quelle della pista e possiamo fidarci di ciò che vediamo? La risposta è no! Perchè, volare di notte e con il bel tempo, è più assimilabile ad un volo in condizioni strumentali (IMC) che a vista (VMC). Infatti, i limiti insiti nella natura umana ed una particolare posizione dell’aeroporto, possono essere spesso la causa scatenante di alcuni incidenti aerei la cui probabilità di occorrenza aumenta in particolari condizioni di volo notturno. Quello che sto per raccontare è un evento che mi è accaduto tempo fa e che permette di comprendere meglio ciò che ho appena asserito. L’aeroporto dove presto servizio, presenta sia a nord che a sud della pista di atterraggio, due zone non illuminate: un tratto di mare ed una zona di aperta campagna. Queste condizioni di buio profondo, che si estendono per diverse miglia, sono particolarmente percepibili durante le virate base, dove la sensazione che si avverte è quella di fare un “tuffo nel buio”. Infatti, si è ben coscienti della possibilità di entrare in una condizione di disorientamento spaziale che può condurre in errore, soprattutto durante le fasi di avvicinamento straight-in1. In questa fase, il riferimento in lontananza delle luci di pista, potrebbe darci la falsa sensazione di mantenere un sentiero di avvicinamento costante e condurci ad una perdita di Situational Awareness. È il caso del black-hole approach che, se non evitato e contrastato efficacemente, ci può condurre all’incidente di volo. A tal riguardo, uno studio della Flight Safety Foundation effettuato su un campione di 287 incidenti aerei catastrofici avvenuti tra il 1980 e il 1996, ha dimostrato che il 36 percento degli incidenti è avvenuto di notte e che il 60 percento di questi ultimi è avvenuto durante le fasi di avvicinamento e atterraggio. Lo studio ha inoltre evidenziato che il rateo di incidenti aerei, durante la fase di avvicinamento ed atterraggio notturno, è di circa tre volte superiore al rateo di incidenti durante le stesse fasi del volo in condizioni di volo diurno2. Ci sono due ragioni chiave che possiamo prendere in esame per la spiegazione di questo fenomeno. La prima è dovuta alle informazioni sensoriali assenti, insufficienti o errate che determinano le cosiddette “illusioni”. Anche piloti molto esperti cadono vittime di illusioni visive che li portano a credere che la pista sia più vicina di quanto in realtà essa sia o che la linea di costa sia l’orizzonte naturale. Ma che cos’è un’illusione visiva e perché può essere un fattore di rischio? 2 Flight Safety Foundation, Human Factors & Aviation Medicine, nov-dic 1999. 1 È una procedura di avvicinamento “diretto” che prevede il passaggio dalla fase di avvicinamento iniziale a quella finale, senza l’esecuzione delle manovre intermedie, dove la traiettoria che segue l’aeromobile è allineata con l’asse centrale della pista (NASTRO Vincenzo, Assistenza al volo e controllo del traffico aereo Editore Ulrico Hoepli, Milano) 4 5 Arc Radius 3 degree glideslope Arc of Constant Visual Angle FIG.1 Essa è una qualsiasi illusione che inganna l’apparato visivo umano facendogli percepire qualcosa che non è presente, o facendogli percepire in modo scorretto qualcosa che nella realtà si presenta diversamente3. E’ possibile distinguere, in base al meccanismo che ne è causa, tre diversi tipi di illusioni: • ottiche: quando sono causate da fenomeni puramente ottici e pertanto non legati alla fisiologia dell’occhio umano (es. lo sposo che nella foto di matrimonio “regge” il sole con il palmo della mano); • percettive: quando sono legate alla fisiologia dell’occhio umano (es. immagini postume che si possono vedere ad occhi chiusi dopo aver fissato un’immagine molto luminosa e contrastata); • cognitive: dovute all’interpretazione che il cervello dà dell’immagine (es. nel disegno di un cubo non riusciamo a capire quale delle due facce è quella anteriore e quale quella posteriore). La seconda ragione per cui il numero degli incidenti aumenta considerevolmente in condizioni di volo notturno è legata al diverso funzionamento del nostro apparato visivo in scarsa o assente luminosità: i nostri occhi non sono in grado di distinguere i colori di notte così come durante il giorno. 3 http://it.wikipedia.org/wiki/Illusione_ottica. 6 Infatti, la visione notturna è una funzione tipica dei bastoncelli4, fotorecettori sensibili alla luce di bassa intensità, che consentono una visione in condizioni di scarsa luminosità, ma non la percezione cromatica, che è garantita dai coni. Poiché noi ci basiamo principalmente sulla variazione dei colori per percepire distanza e dimensioni degli oggetti, possiamo intuire quali siano le difficoltà durante un avvicinamento notturno nello stabilire la distanza di un oggetto, ad esempio la pista di atterraggio e le sue dimensioni. Cos’è dunque la black-hole approach illusion5? 4 La retina è costituita da diverse varietà di cellule nervose e da due tipi di fotorecettori: i coni e i bastoncelli. I primi, sono soprattutto presenti nella zona centrale (regione foveale); sono responsabili della visione focale, caratterizzata dall’elevata risoluzione, indispensabile per l’ottimale percezione del dettaglio e dei colori. I bastoncelli sono assenti nella regione centrale (fovea) e sono distribuiti nelle sue regioni periferiche. Sono responsabili della visione periferica (ambientale) caratterizzata da scarsa risoluzione, assenza di percezione dei colori, con sensibilità alle sole gradazioni del grigio (dal bianco al nero). Essi, a differenza dei coni, consentono l’immediata percezione dell’oggetto in movimento, individuazione delle sole sagome e delle minime variazioni di luminosità ambientale (CINIGLIO APPIANI Giuseppe, Argomenti di medicina aeronautica, Edizioni Rivista Aeronautica) (fig. 2). 5 È l’illusione provocata dalla mancanza di informazioni visive intorno alla pista, come nel buio della notte in cui è possibile distinguere solo le luci pista, che conduce alla sensazione di entrare in un “buco nero” è quindi un’illusione tipica dell’avvicinamento che, a causa del buio e della mancata percezione di riferimenti visivi ambientali intorno alla pista, avviene in maniera piatta e con contatto “corto”, cioè con un avvicinamento condotto E’ un’illusione ottica che si verifica durante le notti particolarmente buie, nella fase finale di un avvicinamento per l’atterraggio, in quegli aeroporti, dove non vi è illuminazione sulla superficie tra l’aeromobile e l’aeroporto di destinazione e quest’ultimo è dotato di una forte illuminazione 6. In queste condizioni i piloti hanno una forte tendenza a volare troppo bassi rispetto al normale sentiero di discesa. Sebbene la comunità scientifica non sia ancora arrivata a capire il perché i piloti siano portati a mantenere un angolo visivo costante, una spiegazione di questo fenomeno data dalla Boeing nel 1960 ed oramai condivisa a livello globale, consiste nel fatto che per ogni quota e distanza alla quale ci avviciniamo all’aeroporto di destinazione esiste uno specifico sentiero di volo che ci consente di mantenere un angolo visivo costante con la pista di atterraggio. Tuttavia questo sentiero di volo non è il classico sentiero di avvicinamento che ci aspetteremmo di volare bensì l’arco di una circonferenza (Figure 1 e 3). Cos’è che rende la black-hole approach illusion particolarmente pericolosa e subdola? ad una quota troppo bassa, poiché il pilota non stima correttamente la distanza della pista (CINIGLIO APPIANI Giuseppe, Argomenti di medicina aeronautica, Edizioni Rivista Aeronautica). 6 Government of Canada, Transport Canada, Aviation Safety Letter 2/2001. Le ragioni sono principalmente due: la prima consiste nel fatto che guardando gli strumenti, in caso di avvicinamento non di precisione con indicazione del sentiero di discesa, non riusciamo immediatamente a renderci conto della situazione; la seconda ragione consiste nel fatto che, anche qualora fossimo coscienti del problema, saremmo comunque indotti a credere a “quello che vedono i nostri occhi” e cioè essere sul giusto sentiero di avvicinamento. Ci sono, inoltre, delle condizioni che accentuano l’effetto black-hole: • un aeroporto situato nelle vicinanze di una città fortemente illuminata (le luci daranno l’impressione di essere più vicine di quanto in realtà sono veramente); • un aeroporto situato sulla costa in una notte con ottima visibilità (in questa condizione le luci della pista e dell’aeroporto ci appaiono più vicine); • il pilota non è familiar con l’aeroporto ed in particolare con il rapporto lunghezza/larghezza della pista. • un pilota abituato ad atterrare su una pista molto grande e lunga sarà portato, in caso di pista più corta e stretta, a condurre un avvicinamento basso e corto e viceversa; • la pista d’atterraggio ha un’elevazione più bassa è una pendenza diversa rispetto al terreno circostante. In caso di avvicinamento ad una pista in salita il pilota sarà portato ad effettuare un atterraggio corto e basso, viceversa in caso di pista in discesa. A Angles A, B and C are equal B Approach Path C Runway FIG.3 7 Dopo aver analizzato il fenomeno della black-hole approach illusion, le sue caratteristiche, i fattori causali e le condizioni latenti che potrebbero aggravarlo, viene da chiedersi: quali sono le ragioni, ovvero, quelle barriere protettive che hanno impedito all’errore negli ultimi trenta anni di trasformarsi in incidente? Oltremodo, ci sono dei fattori latenti oltre quelli già considerati? Se esistono, cosa possiamo fare per mitigarli? Sicuramente, l’introduzione dei corsi aerofisiologici a cui siamo sottoposti durante il nostro iter formativo, ha dato un notevole contributo in termini di prevenzione dal fenomeno della black-hole approach illusion. 8 La consapevolezza di poter entrare in disorientamento spaziale a causa di fenomeni riconducibili ad illusioni visive, permette di avere una migliore Situational Awareness ed evitare di incorrere in errori durante gli avvicinamenti in condizioni di black-hole approach illusion. Inoltre, la presenza di strumentazione tipo PAPI e VASI ha contribuito fortemente alla riduzione del pericolo di black-hole nelle ultime quattro miglia dell’avvicinamento. Infatti, non bisogna trascurare la supervisione locale nella scelta e determinazione di punti geografici di ingresso ai circuiti VFR che, se ben gestiti, mitigano molto la situazione di pericolo, garantendo la necessaria separazione dal suolo sia in condizioni marginali sia di notte. Tra i fattori latenti da considerare, invece, c’è la difficoltà nel riuscire a monitorare questo fenomeno. Infatti, qualora ci trovassimo a volare al di sotto del normale sentiero di avvicinamento, saremmo portati a considerarlo come un mero errore di condotta del volo e non un inconveniente connesso al fenomeno di cui si sta parlando con conseguente segnalazione. Così facendo, non avviene quel corretto flusso informativo che permetterebbe la condivisione dell’informazione ai fini della prevenzione incidenti. Infine, l’addestramento rimane l’elemento indispensabile per la prevenzione degli incidenti; sebbene la black-hole approach illusion non sia immediatamente riconoscibile da una rapida occhiata agli strumenti principali, un cross-check adeguato ci permetterebbe di notare le differenze dei parametri di volo rispetto ad un normale avvicinamento (es. velocità variometrica eccessiva). In questa ottica, sarebbe ipotizzabile inserire nelle sessioni annuali dei simulatori un evento di avvicinamento straight-in, in condizioni di volo VMC notturno. 9