Cap. Pietro Russo
Anna Emilia Falcone
Rivista n° 318/2016
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BLACK-HOLE APPROACH ILLUSION
Analisi preventiva di una delle illusioni visive più subdole che ci possano capitare
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Sappiamo che quando voliamo, e non siamo in
grado di distinguere ciò che ci circonda, dobbiamo
fidarci degli strumenti del nostro aeromobile e non
delle nostre sensazioni. Tuttavia, in un volo notturno,
siamo in grado di guardare fuori dal cockpit e distinguere chiaramente tutte le luci dell’aeroporto e quelle
della pista e possiamo fidarci di ciò che vediamo?
La risposta è no! Perchè, volare di notte e con il
bel tempo, è più assimilabile ad un volo in condizioni
strumentali (IMC) che a vista (VMC). Infatti, i limiti
insiti nella natura umana ed una particolare posizione dell’aeroporto, possono essere spesso la causa
scatenante di alcuni incidenti aerei la cui probabilità
di occorrenza aumenta in particolari condizioni di
volo notturno.
Quello che sto per raccontare è un evento che mi
è accaduto tempo fa e che permette di comprendere
meglio ciò che ho appena asserito.
L’aeroporto dove presto servizio, presenta sia a
nord che a sud della pista di atterraggio, due zone
non illuminate: un tratto di mare ed una zona di
aperta campagna.
Queste condizioni di buio profondo, che si estendono per diverse miglia, sono particolarmente percepibili durante le virate base, dove la sensazione
che si avverte è quella di fare un “tuffo nel buio”.
Infatti, si è ben coscienti della possibilità di entrare
in una condizione di disorientamento spaziale che
può condurre in errore, soprattutto durante le fasi di
avvicinamento straight-in1.
In questa fase, il riferimento in lontananza delle
luci di pista, potrebbe darci la falsa sensazione di
mantenere un sentiero di avvicinamento costante e
condurci ad una perdita di Situational Awareness.
È il caso del black-hole approach che, se non evitato e contrastato efficacemente, ci può condurre
all’incidente di volo.
A tal riguardo, uno studio della Flight Safety
Foundation effettuato su un campione di 287 incidenti aerei catastrofici avvenuti tra il 1980 e il 1996,
ha dimostrato che il 36 percento degli incidenti è
avvenuto di notte e che il 60 percento di questi
ultimi è avvenuto durante le fasi di avvicinamento
e atterraggio.
Lo studio ha inoltre evidenziato che il rateo di incidenti aerei, durante la fase di avvicinamento ed atterraggio notturno, è di circa tre volte superiore al rateo
di incidenti durante le stesse fasi del volo in condizioni
di volo diurno2.
Ci sono due ragioni chiave che possiamo prendere
in esame per la spiegazione di questo fenomeno. La
prima è dovuta alle informazioni sensoriali assenti,
insufficienti o errate che determinano le cosiddette
“illusioni”. Anche piloti molto esperti cadono vittime
di illusioni visive che li portano a credere che la pista
sia più vicina di quanto in realtà essa sia o che la linea
di costa sia l’orizzonte naturale. Ma che cos’è un’illusione visiva e perché può essere un fattore di rischio?
2 Flight Safety Foundation, Human Factors & Aviation Medicine, nov-dic 1999.
1 È una procedura di avvicinamento “diretto” che prevede il passaggio dalla
fase di avvicinamento iniziale a quella finale, senza l’esecuzione delle
manovre intermedie, dove la traiettoria che segue l’aeromobile è allineata
con l’asse centrale della pista (NASTRO Vincenzo, Assistenza al volo e
controllo del traffico aereo Editore Ulrico Hoepli, Milano)
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Arc Radius
3 degree glideslope
Arc of Constant Visual Angle
FIG.1
Essa è una qualsiasi illusione che inganna l’apparato
visivo umano facendogli percepire qualcosa che non
è presente, o facendogli percepire in modo scorretto
qualcosa che nella realtà si presenta diversamente3.
E’ possibile distinguere, in base al meccanismo che
ne è causa, tre diversi tipi di illusioni:
• ottiche: quando sono causate da fenomeni puramente ottici e pertanto non legati alla fisiologia
dell’occhio umano (es. lo sposo che nella foto di
matrimonio “regge” il sole con il palmo della mano);
• percettive: quando sono legate alla fisiologia dell’occhio umano (es. immagini postume che si possono
vedere ad occhi chiusi dopo aver fissato un’immagine molto luminosa e contrastata);
• cognitive: dovute all’interpretazione che il cervello
dà dell’immagine (es. nel disegno di un cubo non
riusciamo a capire quale delle due facce è quella
anteriore e quale quella posteriore).
La seconda ragione per cui il numero degli incidenti
aumenta considerevolmente in condizioni di volo notturno è legata al diverso funzionamento del nostro
apparato visivo in scarsa o assente luminosità: i nostri
occhi non sono in grado di distinguere i colori di notte
così come durante il giorno.
3 http://it.wikipedia.org/wiki/Illusione_ottica.
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Infatti, la visione notturna è una funzione tipica dei
bastoncelli4, fotorecettori sensibili alla luce di bassa
intensità, che consentono una visione in condizioni di
scarsa luminosità, ma non la percezione cromatica,
che è garantita dai coni. Poiché noi ci basiamo
principalmente sulla variazione dei colori per percepire
distanza e dimensioni degli oggetti, possiamo intuire
quali siano le difficoltà durante un avvicinamento
notturno nello stabilire la distanza di un oggetto, ad
esempio la pista di atterraggio e le sue dimensioni.
Cos’è dunque la black-hole approach illusion5?
4 La retina è costituita da diverse varietà di cellule nervose e da due tipi di
fotorecettori: i coni e i bastoncelli. I primi, sono soprattutto presenti nella
zona centrale (regione foveale); sono responsabili della visione focale,
caratterizzata dall’elevata risoluzione, indispensabile per l’ottimale
percezione del dettaglio e dei colori. I bastoncelli sono assenti nella
regione centrale (fovea) e sono distribuiti nelle sue regioni periferiche.
Sono responsabili della visione periferica (ambientale) caratterizzata
da scarsa risoluzione, assenza di percezione dei colori, con sensibilità
alle sole gradazioni del grigio (dal bianco al nero). Essi, a differenza dei
coni, consentono l’immediata percezione dell’oggetto in movimento,
individuazione delle sole sagome e delle minime variazioni di luminosità
ambientale (CINIGLIO APPIANI Giuseppe, Argomenti di medicina
aeronautica, Edizioni Rivista Aeronautica) (fig. 2).
5 È l’illusione provocata dalla mancanza di informazioni visive intorno alla
pista, come nel buio della notte in cui è possibile distinguere solo le luci
pista, che conduce alla sensazione di entrare in un “buco nero” è quindi
un’illusione tipica dell’avvicinamento che, a causa del buio e della mancata
percezione di riferimenti visivi ambientali intorno alla pista, avviene in
maniera piatta e con contatto “corto”, cioè con un avvicinamento condotto
E’ un’illusione ottica che
si verifica durante le notti
particolarmente buie, nella
fase finale di un avvicinamento per l’atterraggio,
in quegli aeroporti, dove
non vi è illuminazione sulla
superficie tra l’aeromobile e
l’aeroporto di destinazione
e quest’ultimo è dotato di
una forte illuminazione 6.
In queste condizioni i
piloti hanno una forte tendenza a volare troppo bassi
rispetto al normale sentiero di discesa. Sebbene
la comunità scientifica non
sia ancora arrivata a capire il perché i piloti siano
portati a mantenere un angolo visivo costante, una
spiegazione di questo fenomeno data dalla Boeing
nel 1960 ed oramai condivisa a livello globale, consiste nel fatto che per ogni quota e distanza alla
quale ci avviciniamo all’aeroporto di destinazione
esiste uno specifico sentiero di volo che ci consente di mantenere un angolo visivo costante con la
pista di atterraggio.
Tuttavia questo sentiero di volo non è il classico
sentiero di avvicinamento che ci aspetteremmo di
volare bensì l’arco di una circonferenza (Figure 1 e 3).
Cos’è che rende la black-hole approach illusion particolarmente pericolosa e subdola?
ad una quota troppo bassa, poiché il pilota non stima correttamente la
distanza della pista (CINIGLIO APPIANI Giuseppe, Argomenti di medicina
aeronautica, Edizioni Rivista Aeronautica).
6 Government of Canada, Transport Canada, Aviation Safety Letter 2/2001.
Le ragioni sono principalmente due: la prima consiste nel fatto che guardando
gli strumenti, in caso di avvicinamento non di precisione
con indicazione del sentiero
di discesa, non riusciamo
immediatamente a renderci
conto della situazione; la
seconda ragione consiste
nel fatto che, anche qualora
fossimo coscienti del problema, saremmo comunque
indotti a credere a “quello
che vedono i nostri occhi” e
cioè essere sul giusto sentiero di avvicinamento.
Ci sono, inoltre, delle condizioni che accentuano l’effetto black-hole:
• un aeroporto situato nelle vicinanze di una città
fortemente illuminata (le luci daranno l’impressione di
essere più vicine di quanto in realtà sono veramente);
• un aeroporto situato sulla costa in una notte con
ottima visibilità (in questa condizione le luci della
pista e dell’aeroporto ci appaiono più vicine);
• il pilota non è familiar con l’aeroporto ed in particolare
con il rapporto lunghezza/larghezza della pista.
• un pilota abituato ad atterrare su una pista molto grande
e lunga sarà portato, in caso di pista più corta e stretta,
a condurre un avvicinamento basso e corto e viceversa;
• la pista d’atterraggio ha un’elevazione più bassa è
una pendenza diversa rispetto al terreno circostante.
In caso di avvicinamento ad una pista in salita il
pilota sarà portato ad effettuare un atterraggio corto
e basso, viceversa in caso di pista in discesa.
A
Angles A, B and C are equal
B
Approach
Path
C
Runway
FIG.3
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Dopo aver analizzato il fenomeno della black-hole
approach illusion, le sue caratteristiche, i fattori causali e le condizioni latenti che potrebbero aggravarlo,
viene da chiedersi: quali sono le ragioni, ovvero, quelle
barriere protettive che hanno impedito all’errore negli
ultimi trenta anni di trasformarsi in incidente?
Oltremodo, ci sono dei fattori latenti oltre quelli
già considerati?
Se esistono, cosa possiamo fare per mitigarli?
Sicuramente, l’introduzione dei corsi aerofisiologici a
cui siamo sottoposti durante il nostro iter formativo, ha
dato un notevole contributo in termini di prevenzione
dal fenomeno della black-hole approach illusion.
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La consapevolezza di poter entrare in disorientamento spaziale a causa di fenomeni riconducibili ad illusioni visive, permette di avere una migliore
Situational Awareness ed evitare di incorrere in errori
durante gli avvicinamenti in condizioni di black-hole
approach illusion. Inoltre, la presenza di strumentazione tipo PAPI e VASI ha contribuito fortemente alla
riduzione del pericolo di black-hole nelle ultime quattro
miglia dell’avvicinamento.
Infatti, non bisogna trascurare la supervisione
locale nella scelta e determinazione di punti geografici di ingresso ai circuiti VFR che, se ben gestiti,
mitigano molto la situazione di pericolo, garantendo
la necessaria separazione dal suolo sia in condizioni
marginali sia di notte.
Tra i fattori latenti da considerare, invece, c’è la
difficoltà nel riuscire a monitorare questo fenomeno.
Infatti, qualora ci trovassimo a volare al di sotto
del normale sentiero di avvicinamento, saremmo
portati a considerarlo come un mero errore di condotta del volo e non un inconveniente connesso al
fenomeno di cui si sta parlando con conseguente segnalazione.
Così facendo, non avviene quel corretto flusso informativo che permetterebbe la condivisione dell’informazione ai fini della prevenzione incidenti.
Infine, l’addestramento rimane l’elemento indispensabile per la prevenzione degli incidenti; sebbene la black-hole approach illusion non sia immediatamente riconoscibile da una rapida occhiata agli
strumenti principali, un cross-check adeguato ci
permetterebbe di notare le differenze dei parametri
di volo rispetto ad un normale avvicinamento (es.
velocità variometrica eccessiva).
In questa ottica, sarebbe ipotizzabile inserire nelle
sessioni annuali dei simulatori un evento di avvicinamento straight-in, in condizioni di volo VMC notturno.
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