Rassegna
La terapia genica dell’emofilia A e B
Massimo Franchini, Giorgio Gandini, Marzia de Gironcoli, Pier Luigi Piccoli,
Giuseppe Aprili
Servizio di Immunematologia e Trasfusione – Centro Emofilia, Azienda Ospedaliera di Verona, Verona
The aim of gene therapy for haemophilia is to
correct the genetic defect by introducing a normal
functioning factor VIII or IX gene into the patient's cells.
In this overview the main gene transfer systems
(viral and non-viral systems) and the 2 different gene
therapy programs (ex vivo and in vivo) are analyzed.
The present situation as regards haemophilia A and
B gene therapy with advantages and disadvantages
of the different approaches is also considered.
The Authors conclude that great steps have been
made in gene therapy for haemophilia over the past
ten years; they presume that this treatment will be
available for haemophiliacs in the near future.
Parole chiave: terapia genica, emofilia A e B.
Key words: gene therapy, haemophilia A and B.
Introduzione
L'emofilia A e l'emofilia B sono 2 patologie ereditarie causate dalla carenza rispettivamente del fattore
VIII (FVIII) e del fattore IX (FIX) della coagulazione.
Entrambe queste malattie, essendo trasmesse come
caratteri recessivi legati al cromosoma X, colpiscono
solamente i maschi.
Le femmine, avendo un secondo cromosoma X
integro, sono portatrici della malattia ma usualmente
sono asintomatiche.
L'emofilia A colpisce approssimativamente
1:10.000 maschi, mentre l'emofilia B ha un'incidenza
di 1:30.000 maschi.
Il primo grande progresso nella terapia dell'emofilia
Ricevuto: 28 luglio 1999 – Accettato: 31 agosto 1999
Corrispondenza:
Dott. Massimo Franchini
Servizio di Immunoematologia e Trasfusione,
Ospedale Policlinico, Via delle Menegone 1, 37134 Verona
è stato rappresentato dall'introduzione, alla fine degli
anni '50, dei crioprecipitati ottenuti da plasma umano. Un ulteriore miglioramento è stato ottenuto alla
fine degli anni '60 con la produzione, con tecnologia
industriale, dei concentrati di FVIII e FIX ricavati da
grandi pool di plasma umano. Tuttavia, se queste terapie da un lato hanno allungato l'aspettativa di vita
dei pazienti emofilici, dall'altro sono state portatrici
di infezioni virali (virus dell'epatite B e C, HIV) per
la maggior parte dei pazienti trattati.
L'introduzione negli anni '80 dei concentrati di fattore VIII e IX virus inattivati ha notevolmente migliorato la qualità, in termini di sicurezza virale, della
terapia sostitutiva. Comunque, il maggior progresso
nella terapia dell'emofilia è stato raggiunto negli anni
'90 con la produzione, con tecniche di ingegneria genetica, del FVIII e IX ricombinante.
Uno dei problemi non ancora risolti nella terapia
dell'emofilia è rappresentato dallo sviluppo di inibitori
(alloanticorpi diretti contro il fattore esogeno) in circa il 20-30% dei pazienti trattati. L'inibitore rende
inefficace la terapia sostitutiva e pone seri problemi
terapeutici per gli emofilici.
Il clonaggio, nei primi anni '80, dei geni del FVIII
e IX della coagulazione, ha aperto la strada ad un
affascinante campo che rappresenta il punto di arrivo
della ricerca nell'emofilia: la terapia genica1.
Principi di terapia genica
Lo scopo della terapia genica non è quello di riparare il difetto molecolare, bensì quello di aggiungere
alla cellula il gene intatto sotto forma di DNA copia
(cDNA). Tale metodica prende il nome di sostituzione genica1-10.
LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 45 - num. 1 gennaio - febbraio 2000 (1 - 5)
1
M. Franchini et al.
Affinché la terapia genica abbia successo, devono
essere rispettati i seguenti requisiti.
1) Il gene terapeutico da trasferire (gene del FVIII o
del FIX) deve essere introdotto (transfettato) nella
cellula dove funzionerà normalmente ed efficacemente. La cellula (ad esempio epatocita,
fibroblasto, mioblasto, cellula emopoietica) diverrà così produttrice di fattore VIII o IX che rilascerà nel circolo sanguigno.
2) Una volta trasferito, il gene terapeutico deve funzionare a lungo, se possibile indefinitamente. Le
cellule transfettate, a loro volta, devono sopravvivere a lungo o essere in grado di trasferire il gene
alle cellule figlie.
3) Il gene trasferito deve essere in grado di produrre
quantità di FVIII o IX sufficienti a garantire la
normale emostasi.
4) Il trasferimento genico non deve danneggiare il
DNA della cellula target nè attivare oncogeni o
geni oncosoppresssori.
5) Il trasferimento genico non dovrebbe stimolare una
reazione immunitaria del ricevente che limiti l'efficacia della terapia genica e impedisca ulteriori
somministrazioni del gene terapeutico.
Il gene terapeutico viene trasportato nel nucleo della
cellula target da parte di vettori. I vettori possono essere di natura virale o non virale3. Ciascun vettore
dovrebbe essere in grado di assicurare una efficace
transfezione della cellula target ed una duratura
espressione del gene terapeutico. I vettori virali sono
attualmente preferiti ai sistemi non virali per la maggiore efficienza del trasferimento genico.
Le cellule possono essere modificate da questi vettori sia ex vivo (le cellule di un organo, ad esempio il
fegato, vengono prelevate dal paziente, stimolate a
dividersi in colture cellulari e transfettate dai vettori;
le cellule così modificate, con il vettore incorporato
nel loro DNA, vengono reimpiantate nel paziente) che
in vivo (iniezione diretta del vettore transfettante nel
tessuto o nelle cellule)2,3. Una volta penetrato nel nucleo cellulare, il vettore con il gene terapeutico può
integrarsi direttamente nel genoma della cellula oppure può rimanere come un'entità indipendente
(episoma). Dal momento che gli epatociti rappresentano la sede principale di sintesi del fattore VIII e IX
della coagulazione, è evidente che il fegato rappresenta l'organo target per il trasferimento del gene
terapeutico appropriato. Possono essere utilizzati anche altri tipi di cellule, quali ad esempio fibroblasti,
mioblasti, cellule emopoietiche; queste cellule, generalmente non produttrici dei fattori della coagulazione,
2
diventano in grado di sintetizzare la rispettiva proteina una volta transfettate con il gene terapeutico4.
1 Vettori virali
I vettori virali comprendono essenzialmente i
retrovirus, gli adenovirus (AV) ed i virus
adenoassociati (AAV)5, 7-9.
a) Retrovirus. Rappresentano il sistema di vettori virali maggiormente studiato. I retrovirus generalmente utilizzati sono virus murini modificati in
modo tale da non replicarsi una volta introdotti
nella cellula target. Infatti, le sequenze del genoma
di questi virus necessarie per la replicazione vengono tagliate e sostituite dal gene terapeutico (la
transfezione di cellule non seguita da replicazione
virale prende il nome di transduzione). I retrovirus
così modificati sono in grado di integrarsi stabilmente nel genoma della cellula ospite: il gene
terapeutico viene così copiato durante la
replicazione cellulare e trasferito alle cellule figlie.
Questo tipo di transfezione è in grado di assicurare una persistente espressione del gene terapeutico.
La necessità di transfettare cellule in replicazione
rappresenta il principale limite dei vettori
retrovirali, che per tale motivo vengono utilizzati
generalmente nella terapia genica ex vivo. Altri limiti al loro utilizzo sono rappresentati dalla capacità di trasportare solamente geni di limitate dimensioni (< 7 Kb) e dalla possibilità che essi causino, dal momento che si integrano nel genoma in
modo random, una disregolazione di alcuni geni
(proto-oncogeni, geni oncosoppressori) della cellula target.
b) Adenovirus (AV). Gli adenovirus vengono modificati in maniera simile ai retrovirus: vengono tagliate sequenze del DNA, viene inserito il gene
terapeutico e vengono indotte modificazioni del
genoma in modo da impedire la replicazione virale. Gli adenovirus ricombinanti così prodotti sono
in grado di transfettare cellule non in divisione:
essi, pertanto, possono essere iniettati direttamente nel circolo sanguigno del paziente (terapia in
vivo). Una volta iniettati, questi vettori ricombinanti hanno un tropismo per le cellule epatiche che
vengono transfettate e possono così produrre la
proteina carente. Gli AV ricombinanti non si integrano nel genoma della cellula ospite ma rimangono a livello episomiale nel nucleo cellulare. Gli
adenovirus sono vettori altamente efficienti: essi,
infatti, sono in grado di trasportare geni di dimensioni maggiori (8 Kb) rispetto ai vettori retrovirali.
Inoltre, dal momento che sono in grado di
La terapia genetica dell'emofilia A e B
transfettare cellule quiescenti, essi possono trasferire un elevato numero di copie del gene terapeutico.
Il principale limite all'utilizzo dei vettori adenovirali
è rappresentato dal fatto che le cellule infettate
producono proteine virali. Tali proteine sono immunologicamente attive e provocano risposte
immunitarie umorali e cellulari che distruggono le
cellule transfettate. Per tale motivo gli adenovirus
producono una elevata ma transitoria espressione
del gene terapeutico che transducono.
c) Virus adeno-associati (AAV). I vettori ricombinanti
derivati dai virus adeno-associati hanno recentemente suscitato l'interesse di molti ricercatori per
la loro capacità di transfettare cellule quiescienti o
in replicazione e per la loro non patogenicità.
Il limite maggiore di questi vettori è dato dalla capacità di trasportare solamente piccoli geni non
più grandi di 4,7 Kb, circa metà del FVIII cDNA
(8,8 Kb). Pertanto, l'utilizzo di questi vettori resta
limitato all'emofilia B (FIX cDNA = 1,4 Kb).
2 Vettori non virali
I principali sistemi non virus mediati di trasferimento dei geni all'interno della cellula sono rappresentati dal trasferimento recettore-mediato, dall'iniezione diretta del gene e dall'utilizzo dei liposomi3.
a) Trasferimento recettore-mediato. Il cDNA viene
coniugato con un ligando specifico per i recettori
di un determinato tessuto.
Il complesso ligando-cDNA viene così
internalizzato attraverso i recettori di quel tessuto
(ad esempio, recettori di epatociti). Questo sistema rappresenta un meccanismo altamente efficiente
di trasferimento genico.
Il limite di questa metodica è che il complesso
cDNA-ligando una volta internalizzato nella cellula non viene trasferito nel nucleo ma rimane in
un compartimento endosomiale, dove viene rapidamente degradato.
b) Iniezione diretta del gene. Il gene viene iniettato
direttamente in certi tessuti (ad esempio il muscolo scheletrico). Il DNA non viene integrato nel
genoma cellulare, ma rimane a livello episomiale.
Il principale limite di questa metodica è l'insufficienza del trasferimento genico.
c) Utilizzo dei liposomi. I liposomi, fondendosi con
la membrana cellulare, possono essere usati per
aumentare l'efficienza del trasferimento del gene
terapeutico nella cellula target.
I vettori virali sono attualmente preferiti ai sistemi
non virali a causa della loro maggiore efficacia di trasferimento genico.
Terapia genica dell'emofilia B
Gli studi di terapia genica nell'emofilia B sono significativamente più avanzati rispetto a quelli
sull'emofilia A: uno dei principali motivi è dato dalle
ridotte dimensioni del FIX cDNA rispetto al FVIII
cDNA (1,4 Kb vs 8,8 Kb) che lo rendono utilizzabile
da tutti i principali vettori di trasferimento genico3. I
primi esperimenti di terapia genica (terapia ex vivo)
nell'emofilia B sono stati eseguiti nel 1989: alcuni studiosi notarono che fibroblasti, prelevati da cani con
emofilia B e transfettati con vettori retrovirali contenenti il gene del FIX canino, erano in grado di produrre in vitro FIX biologicamente attivo. Tale capacità
era conservata anche quando queste cellule erano trapiantate nell'ospite, tuttavia i livelli di FIX prodotti
erano estremamente bassi (sub-terapeutici) e transitori11. L'unico studio condotto sino ad ora su esseri
umani è quello cinese iniziato nel 1991. Fibroblasti
vennero rimossi da 2 pazienti con emofilia B lieve.
Queste cellule vennero geneticamente modificate ex
vivo con un vettore retrovirale contenente il gene del
FIX umano, messe in colture cellulari e successivamente reimpiantate sottocute. Vennero eseguite 6
somministrazioni ad intervallo mensile. Durante questo periodo si osservò un incremento del FIX dal 3%
al 6% in un paziente12. Nel 1993 vennero eseguiti i
primi esperimenti di terapia genica in vivo. Ad alcuni
cani con emofilia B severa, parzialmente
epatectomizzati per indurre la replicazione degli
epatociti e permettere così la transfezione dei vettori
retrovirali, vennero iniettati attraverso la vena porta
vettori retrovirali contenenti il FIX cDNA canino.
Venne transfettato l'1% delle cellule epatiche e venne
riportata una prolungata espressione del gene del FIX
seppure a livelli sub-clinici13. In un esperimento successivo in vivo, un cane con emofila B severa venne
transfettato con vettori adenovirali (l'animale non veniva epatectomizzato dal momento che questi vettori
sono capaci di transfettare cellule non in replicazione).
Circa il 25% delle cellule epatiche dell'animale vennero transfettate dal vettore adenovirale contenente il
FIX cDNA e questo portò ad una elevata produzione
di FIX (300%). Tuttavia i livelli calarono a meno
dell'1% dopo 3 settimane. Inoltre, l'esperimento non
potè essere ripetuto nello stesso animale dal momento
che si era verificata l'immunizzazione con produzione
di anticorpi contro antigeni adenovirali espressi dal
vettore14. Risultati più incoraggianti (maggiore durata dei livelli terapeutici di fattore IX) sono stati ottenuti associando alla terapia adenovirale terapia
3
M. Franchini et al.
Tabella I: principali caratteristiche dei vettori virali
cDNA
Integrazione Necessità di Vantaggi
trasportato nel genoma replicaz. cell.
Retrovirus
< 7 Kb
SI
SI
1) efficiente transduzione
2) integrazione nel genoma
3) espressione persistente
Adenovirus
(AV)
< 8 Kb
NO
NO
1) transduzione di cell. non in replicaz. 1) risposta immune verso AV
2) trasporto geni di grandi dimensioni 2) espressione transitoria del gene
3) elevati livelli di espressione genica
NO
NO
1) espressione persistente
2) non patogeni
3) integrazione nel genoma
Virus adeno- < 4.7 Kb
associati
(AAV)
immunosoppressiva con ciclosporina15. Recentemente, hanno suscitato l'interesse dei ricercatori i vettori
derivati da virus adeno-associati16,17. Questi vettori,
non patogeni ed in grado di infettare cellule quiescenti
ed in replicazione, iniettati intramuscolo o nella vena
porta di topi immunoincompetenti, hanno determinato una persistente produzione di FIX a livelli
terapeutici. Sono attualmente in corso esperimenti su
cani con emofilia B.
Terapia genica nell'emofilia A
Le dimensioni del gene del FVIII hanno rappresentato il maggiore ostacolo all'applicazione della terapia genica nell'emofilia A. Infatti, la regione codificante del gene del fattore VIII (8,8 Kb) supera la capacità di trasporto dei vettori retrovirali ed adenovirali.
Sostanziali progressi sono stati compiuti tagliando 3
Kb dal FVIII cDNA senza perdita della funzionalità
della proteina3. Questo settore del cDNA corrisponde
all'esone 14 che codifica per la regione B (B domain)
del FVIII. Questa regione, la cui funzione non è nota,
è presente solamente nella proteina inattiva e viene
tagliata durante l'attivazione. Esperimenti su animali
con emofilia A severa utilizzando vettori adeno o
retrovirali con il FVIII cDNA privato del B domain
hanno portato all'espressione transitoria di livelli
terapeutici di FVIII18,19.
Il futuro della terapia genica
L'interesse della terapia genica è attualmente orientato sui vettori virali, in particolare gli adenovirus ed
i virus adeno-associati. Tuttavia, devono essere superati alcuni ostacoli: i virus adeno-associati possono
4
Svantaggi
1) necessità di cell. in replicazione
2) inserzione random nel genoma
3) possibile attivazione di oncogeni
1) trasporto geni di piccole dimensioni
trasportare solo geni di limitate dimensioni (fino a 4,7
Kb) e, pertanto, il loro utilizzo è attualmente limitato
all'emofilia B. Viceversa, gli adenovirus non possono
essere somministrati ripetutamente nello stesso soggetto, a causa della risposta immunitaria alle proteine
virali. Inoltre, gli esperimenti effettuati fino ad oggi si
sono avvalsi di modelli animali: resta, pertanto, da
chiarire fino a che punto essi sono validi nell'uomo,
considerando che la maggior parte degli esseri umani
è immunizzata nei confronti dei virus adenovirali ed
adeno-associati. Un altro problema importante riguarda il possibile sviluppo di inibitori diretti contro il
FVIII o FIX transgenico.
Comunque, nonostante molte domande siano ancora irrisolte, la terapia genica dell'emofilia in questi
10 anni ha compiuto enormi progressi e non è difficile
ipotizzare un suo utilizzo nel trattamento dei pazienti
emofilici in un futuro non lontano.
Riassunto
Lo scopo della terapia genica dell'emofilia è quello di correggere il difetto genetico introducendo nelle cellule del paziente un gene del FVIII o IX normalmente funzionante. Le cellule così modificate sono
in grado di produrre livelli terapeutici del fattore
carente. In questa rassegna vengono analizzati i principali sistemi di trasferimento genico (virale e non
virale) e i 2 differenti programmi di terapia genica
(ex vivo e in vivo). Vengono inoltre presentate le attuali conoscenze sulla terapia genica dell'emofilia A
e B con vantaggi e svantaggi delle differenti metodiche. Gli Autori concludono che la terapia in questi
10 anni ha compiuto enormi progressi e che non è
difficile ipotizzare un suo utilizzo nel trattamento dei
pazienti emofilici in un futuro non lontano.
La terapia genetica dell'emofilia A e B
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