Il libro liturgico dalla celebrazione alla vita quotidiana UNA GUIDA PER CAMMINARE NEL MISTERO di Manlio Sodi Il libro liturgico è visto, di solito, come uno strumento destinato a esaurire la sua funzione solo nell'ambito celebrativo. Sorge spontanea la domanda: al di là della celebrazione, il libro può essere considerato come uno strumento "educativo" tale da ricoprire un ruolo importante? A quali condizioni la conoscenza del libro liturgico determina l'approfondimento di quella "teologia liturgica" che dovrebbe orientare le molteplici applicazioni nella prassi ecclesiale? Su quali principi o punti di riferimento è possibile formulare una risposta adeguata? È dallo studio del libro liturgico che è possibile cogliere le modalità e i linguaggi con cui Cristo è presente nelle assemblee per mezzo delle celebrazioni che in ogni tempo e luogo sono state - e sono - espressione della vita di generazioni di fedeli che ci hanno preceduti nel segno della fede. La riforma liturgica annovera al suo attivo la serie completa dei libri liturgici - come ben evidenziato da "Rivista Liturgica" vol. 5, 2008. La messa in opera dei loro contenuti è il punto di passaggio obbligato per attuare il rinnovamento del culto nelle singole Chiese, e per illuminare e sorreggere la dimensione liturgica della vita dei fedeli. Per celebrare nella vita quanto è stato partecipato nel mistero è indispensabile "conoscere" il contenuto e i dinamismi della celebrazione stessa; a questo orientano "le premesse teologicoliturgiche" con cui si aprono tutti i libri liturgici. Ogni celebrazione è sempre un'esperienza di fede, una riconferma della speranza e un'apertura alla carità; ciò implica che l'insieme dell'azione liturgica valorizzi tutti quegli elementi e quelle possibilità di scelta che il libro liturgico contiene. La premessa per tale educazione richiede un'attenzione rinnovata nei confronti dell'assemblea la cui partecipazione alla pasqua di Cristo costituisce la ragione determinante di tutta la riforma liturgica. Dal momento che l'esperienza del mistero passa attraverso il rito, risulta ovvio che anche nella liturgia il dialogo tra Dio e il suo popolo non sfugge alle condizioni e alle leggi della comunicazione umana. Ciò richiama l'attenzione su tutti quegli elementi e accorgimenti che favoriscono tale complessa comunicazione, e fanno parte della competenza dei vari animatori della celebrazione, chiamati a svolgere un'intelligente opera di mediazione tra il mistero che si celebra e l'assemblea. Con l'invenzione della stampa, la comodità di avere il libro più maneggevole ha portato insensibilmente a eliminare i manoscritti liturgici che per loro natura erano differenti da Chiesa locale a Chiesa locale, e a pianificarne la così detta creatività. In questa linea l'opera del concilio Tridentino e dei Papi "è degna di altissima lode: ha salvato la liturgia dalla crisi del Cinquecento. È però anche opera limitata: mentre ha fissato la liturgia per superare la situazione caotica di quell'epoca, l'ha anche allontanata dalla vita reale, l'ha quasi "congelata", costringendo così la pietà dei fedeli ad allontanarsene per rivolgersi a forme di pietà popolare e devozionale, e dando origine, senza volerlo, alla cultura religiosa del Barocco" (Burkhard Neunheuser, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali, 1983, pp. 118-119). Le fonti liturgiche costituiscono una testimonianza del modo con cui le diverse comunità hanno espressa la loro vitalità. La fonte non può essere accostata solo come "fissa espressione", bensì deve essere presa in considerazione come testimonianza del modo con cui l'Ecclesia si è autocompresa. Si può pertanto asserire che la fonte possiede un valore di testimonianza che supera il tempo in cui è stata redatta. In essa si rispecchia quanto le generazioni precedenti avevano trasmesso, e sfocia nei libri liturgici come punto di arrivo; a sua volta, l'uso di questi libri diventa punto di partenza per celebrare la fede e per alimentare la vita spirituale. I testi liturgici antichi o contemporanei sono, simultaneamente, testimoni dei contenuti perenni della revelatio che diventa traditio in Ecclesia e ex Ecclesia, e della prassi della vita di fede della Chiesa. Nella fonte è infatti codificata l'esegesi vitale della Parola di Dio. La molteplice varietà di espressioni liturgiche è da considerarsi come la verifica della veridicità della tradizione viva. In questa linea, anche la compilazione dei libri liturgici post-tridentini obbedisce al principio della formulazione progressiva e organica della struttura celebrativa, in seno al rito romano, come attuazione del principio dell'adattamento liturgico: realizzazione della lex credendi ripensata, rivissuta, filtrata dalla riforma tridentina, in nome della lex vivendi autenticamente cristiana, con l'intento di vivificare la lex orandi. E a sua volta la lex orandi alimenta la lex vivendi, rettificandone - o impedendone - eventuali deviazioni. Dato che ogni libro liturgico rappresenta un compendio di "teologia in atto" e una fonte inesauribile di spiritualità cristiana, anche i contenuti del libro godono di caratteristiche e di prerogative speciali. Così, i formulari stessi diventano uno strumento che catalizza le energie vitali della Chiesa orante. I testi (verba), i gesti (verba-preces), le celebrazioni (ritus) occupano un posto particolare. Solo dallo studio attento di tutti i contenuti si può dedurre il vero significato di cui essi vogliono essere i trasmettitori. A nessuno sfugge, a esempio, l'importanza della riforma liturgica tridentina. Al di là delle coordinate del tempo, essa dev'essere vista come lo strumento concreto attraverso cui l'economia di salvezza è stata riproposta in celebrazioni una cum Ecclesia. I formulari liturgici, infatti, sono finalizzati a far sì che il semel pro semper si attui nell'hodie liturgico ogni volta che l'Ecclesia celebra il memoriale dell'historia salutis. Ora, se è vero che "i criteri usati (...) per la revisione dei libri liturgici post-tridentini possono oggi suscitare numerose critiche, soprattutto in ordine alla pastorale", è anche vero che nella liturgia romana era la prima volta che si operava da parte della Sede apostolica una redazione di tutti i libri (cfr. Enrico Cattaneo, Il culto cristiano in Occidente. Note storiche, 1984, p. 318). Si pensi anche alle modalità con cui nella Sessione xxii, cap. viii, del concilio di Trento fu risolto il problema circa l'uso della "lingua del popolo" nella liturgia. La valutazione della riforma in causa deve essere letta alla luce delle coordinate del tempo e studiata sui testi del tempo. Mediante un adeguato comparativismo tali documenti assumono un tono tale da invitare a sfumare giudizi talora proferiti quasi in superficie. Perché il rinnovamento sia attuato in profondità, è necessario il concorso di svariate componenti: dalla pastorale alla catechesi, alla spiritualità, e prima ancora dalla formazione biblica. Ma il vertice di questo molteplice impegno è costituito dall'educazione alla celebrazione che realizza ciò che esprime. Ora, il libro è lo strumento che permette l'attuazione della celebrazione in quanto ne traccia la struttura, ne indica il contenuto, ne manifesta il mistero. Visto in questa prospettiva il libro assume un'importanza tale da superare il ristretto ambito celebrativo per coinvolgere anche il "prima" e il "dopo" che, nella prassi, si sovrappongono in quanto la vita si snoda tra una celebrazione e l'altra, dalla pasqua quotidiana e settimanale a quella annuale, e così fino alla pasqua eterna. Ne consegue che il libro è chiamato a svolgere un ruolo sia nell'ambito della celebrazione, sia nell'ambito della formazione attraverso il confronto con quei sussidi che offrono prospettive ampie e serie di approfondimento. L'affermazione conserva la sua consistenza se rapportata con un concetto dinamico di celebrazione; con un modo di vedere e realizzare la celebrazione come "azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato" (Premessa al Messale, n. 16). Nel contesto, il libro assume il ruolo di strumento che "orienta, prepara, guida" l'interazione di questi molteplici dinamismi propri dell'umano e del divino, che nella celebrazione realizzano il loro punto di convergenza. In quanto strumento per la celebrazione, il libro non è mai definitivo, ma sempre "perfettibile"; per questo ha bisogno di essere adattato secondo i diversi livelli di competenza e continuamente "mediato" perché la celebrazione sia ogni volta un segno del mistero di Cristo che si incarna nel vissuto di ogni persona. Nell'offrire gli elementi della celebrazione il libro liturgico parla con il linguaggio della tradizione: quella che viene celebrata è la fede della Chiesa di sempre, riespressa in modo sempre nuovo anche attraverso i testi eucologici. Ecco perché l'accostamento del libro liturgico implica un rinnovamento interiore, un aggiornamento culturale, teologico e pastorale. Il contenuto racchiuso nel libro riguarda tutto un cammino formativo che precede e accompagna la celebrazione, e che in questa trova il vertice, la sintesi e la fonte. È in tale prospettiva che bisogna evidenziare la dimensione pedagogica che il libro liturgico offre. Gli ambiti che vengono coinvolti sono molteplici e rinviano tanto ai contenuti che ai destinatari: a) i "contenuti" rimandano alla formazione biblica, teologica in genere e teologico-liturgico-sacramentale in particolare; inoltre alla pastorale, alla catechesi, alla spiritualità, e a tutte quelle componenti che interagiscono in ordine alla partecipazione; b) quanto ai "destinatari" c'è da ricordare l'assemblea, coloro che svolgono un ministero al suo interno, i catechisti e, in genere, gli operatori pastorali. Nel contesto della teologia e della pastorale liturgica i punti fermi da tenere presenti possono essere sintetizzati attorno a cinque considerazioni: Educatore primo del popolo di Dio è lo Spirito che orienta la Chiesa pellegrina nel tempo guidandola "alla verità tutta intera" (Giovanni, 16, 13). Il raggiungimento di questa meta è accompagnato da coloro che svolgono il ministero della presidenza; soprattutto a questi è affidato il libro liturgico. Destinatari privilegiati sono gli educatori del popolo di Dio e, parallelamente, l'assemblea che trova in tali mezzi ciò che le permette di partecipare in modo più intenso all'azione liturgica. La formazione impartita attraverso il libro liturgico ha lo scopo di rinnovare il culto per rinnovare la vita. Ciò comporta una riscoperta dei valori del sacerdozio comune, e l'acquisizione di una sintesi nel progetto di vita. Mezzi adeguati per sostenere un simile impegno educativo sono: la stessa azione liturgica; gli elementi propri della celebrazione (Parola, eucologia, struttura rituale e così via) che costituiscono il contenuto del libro; un uso rispettoso e creativo del libro stesso, valorizzando i contenuti delle "Premesse" e il dispositivo rubricale. Ritmi privilegiati di tale pedagogia sono: la celebrazione che postula un "prima" e rimanda a un "dopo"; l'insieme delle celebrazioni che strutturano l'anno liturgico; i vari interventi della pastorale e catechesi liturgica, per i quali il confronto con il libro costituisce un elemento imprescindibile; e, infine, il ritmo della deontologia invita l'operatore a un atteggiamento di formazione permanente. I principi su cui si basa questa capacità educativa del libro liturgico hanno un fondamento che di seguito sintetizziamo. Nel libro liturgico lex credendi e lex orandi raggiungono una sintesi tale che non trova uguali in nessun altro ambito della vita della Chiesa o del singolo fedele. Il libro educa a celebrare bene per vivere meglio ciò che si celebra; è dunque uno strumento destinato a mediare il mistero nella vita attraverso la celebrazione. "Sebbene l'azione liturgica non sia, per se stessa, una forma particolare di catechesi, essa ha però un suo criterio didattico, che affiora anche nel Lezionario (...) tanto che il Lezionario stesso si può considerare a buon diritto uno strumento pedagogico per incrementare la catechesi" (Premessa al Lezionario, n. 61). Quanto è detto esplicitamente del Lezionario, si può estendere a ogni altro libro liturgico dove è espresso il significato delle formule e dei riti. La capacità pedagogico-educativa del libro, infine, si presenta con le categorie di universalità, linearità e adattabilità. Il libro liturgico risulta uno strumento che s'impone all'attenzione dell'animazione pastorale come segno e fonte di unità, pur nella diversità che caratterizza tanto le singole Chiese locali come ogni assemblea liturgica. A motivo del contenuto e dell'obiettivo cui è destinato, il libro liturgico costituisce un punto di convergenza per l'attenzione dei responsabili della celebrazione, e insieme il punto di verifica per continuare a realizzare nella vita, mediante la pastorale e la catechesi, ciò che è stato celebrato nel mistero. Tutto questo comporta una conoscenza approfondita dei contenuti racchiusi in tale strumento: solo così la riforma potrà raggiungere gli scopi per cui è stata realizzata: la partecipazione vera e piena del fedele al mistero del Cristo. Solo una conoscenza adeguata del libro può permettere a chiunque svolge un ruolo nella celebrazione di essere un vero mediatore tra il libro e l'assemblea, tra la norma universalmente valida e le esigenze proprie della singola comunità. (©L'Osservatore Romano - 14 marzo 2009)