La coscienza e la mente olografica.

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La coscienza e la mente olografica.
“La realtà è il contenuto della nostra coscienza”.
Eugene Wigner
“La coscienza è <<un rifiuto indefinito di essere qualsiasi cosa>>: uno spazio vuoto, netto e
limpido come il cristallo, che nessun pensiero definito, nessuna parola dei vocabolari potrà mai
adombrare o esprimere”
Pietro Citati (in “Nostalgia dell’Infinito”-la mente di
Valery)
Queste due citazioni, una di un grande fisico e l’altra di un grande letterato ci annunciano
eloquentemente quanto possa essere complessa una percezione condivisa del significato profondo
della coscienza, parola così familiare, così usata/abusata, così impenetrabile e prodigiosamente
astratta , così nobile e necessaria.
Ad un primo impatto con il termine, viene spontaneo fare una associazione con un altro termine
altrettanto astratto , necessario e misterioso: la mente.
Tentare di dare un significato condiviso ad entrambi i termini, mente e coscienza, è una ardua sfida
sia per la scienza che per l’arte. Viene spontaneo assegnare alla coscienza un ruolo di
consapevolezza all’interno delle molteplici funzioni mentali ma sarebbe un errore considerare
separatamente gli attributi dell’una e quelli dell’altra come fossero due “entità” separabili. Mente e
coscienza non possono essere scisse (così come lo sapzio non può essere separato dal tempo!)
perché qualora ci trovassimo di fronte ad una mente senza coscienza l’esistenza non avrebbe senso
tanto che come vedremo è opinione di molti autorevoli fisici e neuroscienziati che alla coscienza
debba essere riconosciuto un ruolo fondamentale nel dare significato all’esistenza nostra e
dell’universo in cui viviamo.
Se è più intuitivo percepire l’importanza dell’esperienza cosciente molto più articolata e complessa
è la comprensione del fenomeno in termini scientifici e gnoseologici. Una risposta esaustiva alla
domanda su che cosa sia la coscienza implicherebbe il ricorso ad un paradosso autoreferenziale nel
senso che occorrerebbe avere coscienza di che cosa sia esattamente la coscienza stessa.
D’altra parte non porsi il problema è una resa senza prospettive perché il problema della coscienza è
strettamente legato alla natura della realtà/materia. Per buona pace degli iperrealisti o per chi si
proclama realista, tutte le ricerche della fisica quantistica ci consegnano un significato del termine
“realtà” non come una proprietà intrinseca del mondo esterno a noi ma come un qualcosa collegato
alla percezione che ne abbiamo ed al nostro essere osservatori coscienti . Senza coscienza non ci
sarebbe nessun tipo di realtà.
Mentre le rivoluzioni scientifiche precedenti portavano l’uomo ad essere uno spettatore impotente
dell’immenso dramma cosmico, la meccanica quantistica colloca l’osservatore cosciente nel ruolo
di creatore, di attore protagonista nella rappresentazione della “realtà” (Paul Davies-Universi
possibili). Se teniamo conto di questa strabiliante rivoluzione saranno più comprensibili i modelli di
coscienza che andremo a trattare in questo capitolo.
D’altra parte i neuroscienziati cercano disperatamente di scoprire gli aspetti “fisici” e biochimici
responsabili di quella che possiamo definire una emergenza fondamentale nel panorama cosmico.
La maggior parte di loro sono inclini ad accettare la tesi che la coscienza sia in qualche modo
correlata al comportamento fisiologico del cervello ed in tale prospettiva vedono con interesse il
ruolo che la meccanica quantistica può svolgere nelle dinamiche che portano all’esperienza
cosciente . La meccanica quantistica è ritenuta dai fisici la teoria fondamentale della materia ed è
grazie ad essa se oggi anche noi artisti siamo calamitati ed affascinati dalle prospettive
ontologiche dei nuovi modelli di coscienza legati ad essa. Di particolare interesse sono le
implicazioni per la creatività artistica tradizionalmente dotata di strumenti più adattabili alle novità
delle bizzarrie quantistiche che alle acque stagnanti del “buon senso” e della tradizione culturale.
Lo scopo principale delle neuroscienze è quello di chiarire l’enigma nascosto nella materia
cerebrale: come possono da tale sia pur nobile materia originare funzioni cerebrali così
straordinariamente complesse come la coscienza e la mente?
Dice Tuszynski : “che il cervello dia origine alla coscienza è una affermazione basilare della
moderna neuroscienza e noi la prenderemo come dato acquisito altrimenti saremo costretti a cercare
queste risposte nel regno della metafisica e della religione”.
La ricerca di un collegamento tra cervello e coscienza ha tenuto in scacco scienziati e filosofi nel
corso degli ultimi 2000 anni. Solo molto recentemente l’interesse di alcuni ricercatori si è rivolto
allo studio del cervello come organo di misurazione quantistica soprattutto per quel che riguarda la
descrizione fisica dei fenomeni legati all’esperienza cosciente dell’uomo ed in particolare alla
relazione mente/coscienza- materia/realtà. (…)
Non tutti però concordano nell’assegnare alla coscienza un ruolo fondamentale nella creazione
della “realtà”. Per Stuart Sutherland (Psicologo Inglese) “la coscienza è un fenomeno affascinante
ma elusivo; è impossibile specificare che cosa sia, che cosa faccia è perché si sia evoluta.” Al polo
opposto si colloca la riflessione del fisico Eugene Wigner, che assegnerebbe alla mente e di
conseguenza anche alla coscienza un ruolo fondamentale nel dare significato e senso alla realtà
osservata ed all’universo stesso. La mente e la coscienza secondo Wigner debbono necessariamente
esistere perché il mondo e la realtà esistano. Se nessuno osservasse il mondo, semplicemente il
mondo non esisterebbe. La meccanica quantistica può dare adito a diverse interpretazioni, come
vedremo , ma una cosa sembra evidente: senza osservatore cosciente, il mondo sarebbe costituito da
infinite possibilità che non si trasformerebbero mai in realtà. La realtà, secondo Wigner, è il
contenuto della nostra coscienza.
Come vedremo alcuni grandi uomini di scienza (Stapp, King …) ritengono che la meccanica
quantistica sia l’unica in grado di risolvere l’enigma mente materia e sostanziano questa idea
affermando che l’input dell’informazione nella coscienza dell’osservatore sia il momento
fondamentale per la costituzione della realtà (Paul Davies-Universi possibili).
Premesso ciò, tenteremo una nostra riflessione sulla coscienza sia pur parziale ed opinabile
soffermandoci su alcune acquisizioni scientifiche che a nostro avviso possono arricchire e stimolare
la creatività artistica e dare un senso diverso alle nostre esistenze.
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Materia e coscienza hanno in comune l’ordine implicato. Varie forme di energia, luminosa, sonora,
magnetica etc, sono artefici di un continuo processo di avvolgimento (enfoldment)
dell’informazione riguardante l’intero universo materiale in ogni regione spaziale. Attraverso
questo processo l’informazione può entrare nei nostri organi di senso e quindi attraverso il nostro
sistema nervoso può raggiungere il nostro cervello. Tutta la materia nei nostri corpi contiene
“avvolto” in un qualche modo l’universo.
Si chiede Bohm: è questa struttura avvolta, fatta sia di materia che di informazione, quella che per
prima entra nella nostra coscienza? Una risposta a questa domanda viene dalle ricerche di Pribram
sulla struttura cerebrale. Pribram ha scoperto che la memoria (l’informazione) riguardante un
determinato oggetto o una qualità non è custodita in una particolare cellula o area del cervello, ma è
distribuita nell’intero cervello. Questo processo di archiviazione dell’informazione rassomiglia a
quello dell’ologramma.......................
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