Itinerario da Piazza di Tor Sanguigna a Piazza Sant`Eustachio

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Itinerario da Piazza di Tor Sanguigna a
Piazza Sant’Eustachio
Piazza di Tor Sanguigna – La trecentesca Tor Sanguigna , costruita per la famiglia feudale dei
Sanguigni, è ora incorporata in un gruppo di ordinari edifici. La torre è una di quelle che
costellavano la città nel medioevo, ricordo di un tempo in cui Roma era divisa in campi armati,
ciascuno con la sua roccaforte. Accanto alla piazza c’è Piazza Fiammetta, forse l’unica piazza al
mondo dedicata a una prostituta.
Via Zanardelli – Costruita tra fine Ottocento e primi Novecento, è dedicata a Giuseppe
Zanardelli, giurista, ministro e capo del governo. Visione umanitaria del carcere. I codici devono
essere compresi anche dal popolo. Propose il divorzio, ma il disegno si dovette ritirare per la
sollevazione popolare.
Piazza Ponte Umberto – Questa è la zona che rappresentava un passaggio obbligato per i
pellegrini diretti a S. Pietro e, per questa ragione, era ricca di alberghi, locande e affittacamere,
fiorentissimi soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento. In uno di questi alberghi alloggiò Dante
in occasione del Giubileo del 1300. Sulla piazza dirimpetto al ponte c’è il Museo Napoleonico,
interessante raccolta di oggetti mirabili lasciati a Roma da membri della famiglia di Napoleone. La
scala che fiancheggia il Museo conduce a Via dell’Orso.
Via dell’Orso – Il dislivello rispetto alla zona sovrastante è dovuto ai lavori eseguiti in
connessione all’arginamento del fiume. Il più importante dei locali d’ospitalità presenti nella zona
è stato la Locanda dell’Orso, rimasta in funzione fin quasi alla fine dell’Ottocento, quando però si
era ridotta in locale d’infima categoria (conducenti di diligenze, stallieri...), ma aveva ospitato
Rabelais, Montaigne, Goethe. Originariamente l’edificio era stato una comune casa romana del
primo Quattrocento (notevoli di nota: colonne e capitelli, archi e cornicioni, finemente lavorati).
Oggi è un ristorante di lusso. Sulla destra della strada si osservano due leoni di marmo (uno
adesso, quello all’angolo, è un calco, l’altro – originale – forse proviene da un sarcofago romano.
Via dei Portoghesi – Dove Via dell’Orso si allarga, cambia il nome in Via dei Portoghesi: qui, sulla
sinistra, si eleva la ornatissima facciata secentesca di S. Antonio dei Portoghesi, opera di Martino
Longhi il Giovane: il ricchissimo interno è rivestito di rari marmi di vari colori; nella prima cappella
a destra c’è un rilievo dello scultore neoclassico Antonio Canova e nella prima cappella a sinistra
un dipinto di Antoniazzo Romano, Vergine col Bambino e Santi; sul portale centrale c’è un organo
dorato del ‘700. Al n.18 c’è la Torre della Scimmia, che deve il suo nome ad un emozionante fatto
di cronaca: una scimmia, tenuta come animale domestico, porta un neonato sulla cima della torre,
ma viene invocata la Madonna...
Di fronte alla Chiesa di Sant’ Antonio c’è uno degli ingressi del Convento Agostiniano, costruito nel
Rinascimento insieme all’adiacente Chiesa di Sant’Agostino, ma rifatto interamente alla metà del
‘700 su disegno di Luigi Vanvitelli: uno sguardo al bel cortile può essere dato dall’androne.
Via della Scrofa – Ricalca esattamente il tracciato di un'antica strada romana che, incorporando
il percorso dell'attuale via di Ripetta, costeggiava a destra il Tevere (all'altezza dell'attuale ponte
Cavour) ed a sinistra il Mausoleo di Augusto e confluiva nella via Flaminia, all'altezza dell'odierna
piazza del Popolo. Si ritiene che l'antica via risalga al 29 a.C., ovvero all'epoca della costruzione del
Mausoleo di Augusto. Il nome di via della Scrofa deriva dall'insegna di una locanda ivi esistente già
nel Quattrocento, come si fa cenno in alcuni documenti del 1445, dai quali risulta che questa zona
era denominata "la Scrofa". Il piccolo simulacro raffigurante una scrofa, probabilmente un
frammento di un antico bassorilievo marmoreo, fu murato sulla facciata del convento degli
Agostiniani e trasformato in fontanella per volontà di papa Gregorio XIII soltanto nel 1580: da ciò
si deduce che non fu la fontana a dare il nome al luogo, poiché il toponimo esisteva già da oltre un
secolo. Via della Scrofa è condivisa da due rioni: il primo tratto, da largo Giuseppe Toniolo fino
all'incrocio con via della Stelletta (a destra) e via dei Portoghesi (a sinistra) appartiene al rione S.
Eustachio; il tratto dal suddetto incrocio fino al congiungimento con via di Ripetta appartiene al
rione Campo Marzio. Al civico 117 della via, ad angolo con piazza Nicosia, è situato palazzo
Aragona Gonzaga.
Piazza S. Agostino – La Chiesa di Sant’Agostino, che prospetta sulla piazza omonima, ha una
facciata semplice e graziosa, simile a quella – coeva – di Santa Maria del Popolo. L’interno fu
rimodellato da Luigi Vanvitelli. Presso la porta centrale c’è una statua della Vergine col Bambino di
Jacopo Sansovino, nota come Madonna del Parto (forza e serenità ispirate da Michelangelo e dalla
scultura classica). Sul terzo pilastro a sinistra c’è un affresco di Raffaello, Il profeta Isaìa. Sotto
l’affresco c’è un gruppo scultoreo con Sant’Anna, la Vergine e il Bambino, commovente ritratto di
famiglia di Andrea Sansovino, maestro di Jacopo. Nella prima cappella di Sinistra c’è la
meravigliosa Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. In una vasta cappella a fianco dell’altar
maggiore, disegnato dal Bernini insieme ai due angeli in alto, c’è la Tomba di Santa Monica, madre
di Sant’Agostino. Sull’altare una Madonna Bizantina del Trecento. In fondo alla parte destra del
transetto un Sant’Agostino e altri Santi del Guercino, un grande maestro del Seicento.
Piazza San Luigi dei Francesi – San Luigi dei Francesi è la più importante delle Chiese Nazionali
a Roma. La solenne facciata della fine del ‘500 è di Giacomo della Porta. La calda atmosfera
dell’interno è prodotta dal gioco della luce sui marmi rosa e gialli e dalle decorazioni di stucco
dorato. Nella Cappella dedicata all’apostolo Matteo ci sono tre capolavori del Caravaggio, La
vocazione di San Matteo, Il martirio di San Matteo, San Matteo e l’Angelo (una copia, quest’
ultima, attenuata, perché l’originale era troppo realistico). Nella cappella dedicata a Santa Cecilia
ci sono affreschi del Domenichino.
Via della Dogana Vecchia – Lasciata la Chiesa di San Luigi, si continua verso destra lungo Via
della Dogana Vecchia, dove si scorge l’austero Palazzo seicentesco, oggi residenza del Presidente
del Senato. Costeggiando Via del Salvatore, si arriva di fronte al Palazzo Madama, sede oggi del
Senato, costruito verso la fine del ‘500 come residenza dei Medici.
Corso Rinascimento – Il Palazzo della Sapienza, costruito per Sisto V da Giacomo della Porta nel
tardo ‘500, fu così chiamato perché sede dell’Università di Roma. Interessante soprattutto il
Cortile, su cui si affaccia anche la bella Chiesa di Sant’Ivo del Borromini: la Cupola della Chiesa e la
Lanterna a spirale sono espressione dell’inesauribile fantasia dell’artista.
Piazza Sant’Eustachio – La Chiesa di S. Eustachio, originariamente una cappella, costruita da
Costantino sul luogo del martirio. Ristrutturata più volte, oggi è in versione tardo-barocca; ma il
bel campanile è medievale.
Al sommo della facciata il cervo con la croce; il santo: protettore dei cacciatori (e dei cornuti,
“eustacchioni”).
Il rione prende il nome dal martire… (produce “buona spiga, fruttifero”): Rione R VIII; (chirografo,
documento autografo di Benedetto XIV, 18 maggio 1743). Centro di vita intellettuale con la
Sapienza e il Teatro Valle. Chiese e corporazioni artigiane, comunità nazionali. Sventramenti per la
costruzione di Corso Rinascimento e Corso Vittorio.
DA PONTE UMBERTO A SANT’ANDREA DELLA VALLE
Ponte Umberto I – Conosciuto come ponte Umberto, collega piazza di Ponte Umberto I a piazza
dei Tribunali, nei rioni Ponte e Prati. Progettato dall'architetto Angelo Vescovali, fu costruito tra il
1885 e il 1895; fu dedicato al re d'Italia Umberto I, che inaugurò il ponte insieme alla la consorte
Margherita di Savoia. Presenta tre arcate in muratura rivestite di travertino e “pietra di Subiaco”
ed è lungo circa 105 metri.
Via dell’Orso – Che il Rione Ponte sia uno dei più affascinanti di Roma non ci sono dubbi. Sarà
perché il Tevere lo abbraccia in un’ansa, come fosse una mamma protettiva. Un autentico scorcio
magico è quello di Via dell’Orso, il cui simbolo ne è diventata proprio l’omonima Hostaria (Via dei
Soldati 25c). Il palazzo risale al ‘400 ma solo agli inizi del ‘500 passa da abitazione ad albergo, uno
dei migliori della città, tanto da soggiornarvi molti personaggi illustri come Goethe, Montaigne,
Gogol e, secondo la leggenda, persino Dante Alighieri in occasione del Giubileo del 1300. Oggi
questo posto è diventato un ristorante di alto livello e una discoteca tra le più in della capitale. Fin
da sempre Via dell’Orso (che prende nome da due bassorilievi – uno al civico 87 – raffiguranti un
leone, scambiato per orso) e le vie adiacenti sono state sedi di botteghe artigiane famose in tutta
la città. Tessuti, bronzo, argento, restauro, oro: i più abili artisti si trovavano proprio qui. Questa
via, che pare essere permeata delle atmosfere passate, sopravvive indenne da secoli, senza essere
stata intaccata da alcuno stravolgimento. E così, assieme ad essa, sopravvivono molte botteghe
artigiane i cui proprietari sono discendenti di quelli che le aprirono. Essi, uniti dallo stesso intento,
salvaguardare un patrimonio di tradizioni inestimabili, hanno fondato l’Associazione Artigiani di
Via dell’Orso, la quale partecipa attivamente ad iniziative culturali di vario genere (La domenica
dell’orso, mercatino domenicale di antiquariato; Vogue Fashion’s Night Out). Tra antichi portali,
bassorilievi romani e palazzetti cinquecenteschi, ci si imbatte in decoratori e incisori.
Via dei Portoghesi – Questa viuzza (che prende il nome da un ospizio del ‘300 per pellegrini
portoghesi), anche se piuttosto breve, presenta due punti di interesse molto forti: la Chiesa di S.
Antonio e la Torre dei Frangipane, entrambi all’angolo con Via dei Pianellari, fabbricanti delle
pianelle, mattoni per l’edilizia. La chiesa risale al ‘600: al suo interno, tra le numerose opere d’arte,
spicca senz’altro il bellissimo organo dorato. Di fronte, c’è il complesso statale che include la
famosa Biblioteca Angelica (civico 12). La torre dei Frangipane, che risale al 1014, è invece
protagonista di una curiosa leggenda: si narra che nel palazzo vivesse una famiglia con un neonato
e una scimmia. Un giorno l’animale prese il neonato con sé e si arrampicò fin sopra i merli della
torre (da cui il nome: Torre della Scimmia), saltellando e rischiando di farlo precipitare. I genitori,
assieme al popolo accorso, pregarono la Madonna affinché salvasse il piccolo. A quel punto, udito
un fischio, la scimmia ridiscese portando con cura il bambino nella sua culla. Da quel giorno i
genitori vollero che ardesse sempre una lampada davanti la statua della Vergine, che fecero
collocare sulla cima della torre.
Via della Scrofa – Ricalca esattamente il tracciato di un'antica strada romana che, incorporando
il percorso dell'attuale via di Ripetta, costeggiava a destra il Tevere (all'altezza dell'attuale ponte
Cavour) ed a sinistra il Mausoleo di Augusto e confluiva nella via Flaminia, all'altezza dell'odierna
piazza del Popolo. Si ritiene che l'antica via risalga al 29 a.C., ovvero all'epoca della costruzione del
Mausoleo di Augusto. Il nome di via della Scrofa deriva dall'insegna di una locanda ivi esistente già
nel Quattrocento, come si fa cenno in alcuni documenti del 1445, dai quali risulta che questa zona
era denominata "la Scrofa". Il piccolo simulacro raffigurante una scrofa (nel tratto della via
appartenente al rione S. Eustachio), probabilmente un frammento di un antico bassorilievo
marmoreo, fu murato sulla facciata del convento degli Agostiniani e trasformato in fontanella per
volontà di papa Gregorio XIII soltanto nel 1580: da ciò si deduce che non fu la fontana a dare il
nome al luogo, poiché il toponimo esisteva già da oltre un secolo. Via della Scrofa è condivisa da
due rioni: il primo tratto, da largo Giuseppe Toniolo fino all'incrocio con via della Stelletta (a
destra) e via dei Portoghesi (a sinistra) appartiene al rione S. Eustachio; il tratto dal suddetto
incrocio fino al congiungimento con via di Ripetta appartiene al rione Campo Marzio. Al civico 117
della via, ad angolo con piazza Nicosia, è situato palazzo Aragona Gonzaga. un edificio che soltanto
in apparenza costituisce un complesso unico con il palazzo Soderini Cellesi al quale è unito, oltre
ad avere cortili intercomunicanti; in realtà si tratta di due edifici autonomi. Il primo fu costruito
nella metà del Cinquecento da Giambattista Aragona e venduto nel 1587 al principe Scipione
Gonzaga; nel 1645 fu acquistato da monsignor Cesa e poi in seguito dai Cellesi, che nella seconda
metà del Settecento lo vendettero ai Negroni, oriundi di Bergamo, i quali acquistarono anche il
palazzo Soderini e definirono più chiaramente l'unione dei due edifici. Nel Novecento l'edificio
passò ai principi Galitzin di origine russa. Il palazzo subì numerose trasformazioni nel corso dei
secoli, con caratteristiche barocche sovrapposte a quelle originarie, nonché la sopraelevazione
ottocentesca. Il portale principale si apre su via della Scrofa, architravato e sormontato da un
balconcino, sul quale si affaccia una porta-finestra con timpano semicircolare spezzato, al centro
del quale è situata una testa di donna; le altre quattro finestre del primo piano presentano timpani
triangolari e semicircolari. Al secondo piano si aprono cinque finestre architravate e decorate,
mentre quelle del terzo piano, più piccole, sono incorniciate. Il pianterreno presenta quattro
finestre inferriate, poste ai lati del portale, e due lapidi; la prima ricorda che TORQUATO TASSO
OSPITE DEL CARDINALE SCIPIONE GONZAGA SOGGIORNÒ PIÙ VOLTE E A LUNGO IN QUESTO
PALAZZO DAL MDLXXXVII (1587) AL MDXC (1590) – IL COMUNE DI ROMA NEL TERZO CENTENARIO
DELLA MORTE DEL POETA (1895). La seconda lapide così recita: LUIGI GONZAGA DELLA
COMPAGNIA DI GESÙ FU OSPITE IN QUESTO PALAZZO DEL CARDINALE SCIPIONE GONZAGA SUO
CUGINO NEL NOVEMBRE 1585 – IL COMUNE DI ROMA NEL QUARTO CENTENARIO DELLA MORTE
DEL SANTO. NOVEMBRE 1991. L'angolo smussato dell'edificio, ad angolo con piazza Nicosia,
presenta un'edicola sacra di forma pentagonale raffigurante la Madonna in trono con Bambino,
affiancati da due angeli e sormontati dalla colomba. L'edicola, ricca di molti ex voto, presenta
anche la seguente iscrizione: VERGINE IMMACOLATA MARIA MADRE DEL DIVINO AMORE FATECI
SANTI GRAZIA MADONNA. Lo stesso angolo smussato presenta anche, al pianterreno, una vascasarcofago eretta nel XVI secolo durante il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni. È
caratterizzata da una semplice vasca rettangolare di granito romano, con ampi bordi arrotondati,
che riceve acqua da due bocchette simmetriche inserite sulla parete di appoggio entro altrettante
formelle di marmo modanate. Su piazza Nicosia vi è l'ingresso secondario costituito da un portale
ad arco bugnato.
Piazza S. Luigi dei Francesi – San Luigi dei Francesi è una chiesa che affaccia sulla piazza
omonima, non distante da Piazza Navona, nel rione Sant'Eustachio. È la chiesa nazionale dei
francesi di Roma dal 1589. La comunità francese di Roma, che già possedeva una piccola cappella
nei pressi di Sant'Andrea della Valle, alla fine del XV secolo permutò questa cappella con altri
possedimenti dell’abbazia di Farfa in Roma, per costruirvi una nuova e più spaziosa chiesa
nazionale. I lavori furono eseguiti da Domenico Fontana su progetti di Giacomo Della Porta, e
grazie alla munificenza di Caterina de' Medici, dal 1518 al 1589; chiesa fu consacrata l’8 ottobre
1589. Sebbene consacrata a Maria Vergine, a San Dionigi l'Areopagita e al re San Luigi IX, essa è
conosciuta soprattutto con quest' ultimo nome. Fin dagli inizi della sua costruzione essa fu eretta a
parrocchia per i residenti francesi della città; inoltre è sede del titolo cardinalizio di San Luigi dei
Francesi. La chiesa, dal punto di vista artistico, è un'esaltazione della Francia attraverso la
rappresentazione dei suoi santi e dei suoi più grandi personaggi storici.
Nella facciata sono rappresentate le statue di Carlo Magno, San Luigi, Santa Clotilde, Santa
Giovanna di Valois. All’interno vi sono affreschi con le Apoteosi di San Luigi e San Dionigi ed il
racconto della vita di Clodoveo.
Due sono i luoghi che racchiudono veri e propri capolavori dell’arte del XVII secolo. Nella seconda
cappella della navata di destra vi è l’affresco con storie di Santa Cecilia del Domenichino (161617); mentre nella quinta cappella della navata di sinistra (cappella Contarelli) vi sono tre capolavori
assoluti del Caravaggio: il Martirio di San Matteo, San Matteo e l'angelo e Vocazione di San
Matteo.
Via della Dogana Vecchia – Strada di collegamento tra Piazza Navona e Piazza della Rotonda,
culla del Pantheon, che si sviluppa nella parte settentrionale dell’ansa del fiume Tevere, è una
straordinaria strada che custodisce una serie di monumenti di alto valore artistico, tra i quali
spiccano i cinquecenteschi Palazzo Giustiniani, la Casa di Galeotto Caccia con annessa fontana, ed
il particolare della targa dedicata al degrado urbano della città di Roma.
Corso Rinascimento incrocia il Corso Vittorio Emanuele II, nel centralissimo rione Sant’Eustachio di
Roma. Corso Rinascimento fa da culla al meraviglioso Palazzo Madama, sede del Senato della
Repubblica italiana già dal 1871, il quale deve il nome a Margherita d’Austria, vedova di
Alessandro de’ Medici, chiamata la “madama”. Elegante ed imponente, il palazzo venne definito
da Giuliano Sangallo nel 1503, per volere del cardinale Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico e
futuro papa Leone X e deve l’attuale impianto e la sontuosa facciata all’artista Paolo Marucelli. In
seguito la destinazione a sede del Senato della Repubblica comportò la realizzazione delle sale di
rappresentanza, visitabili fino alle tribune dell’aula assembleare.
Affacciata su Corso del Rinascimento, a pochi passi da Piazza Navona, la Chiesa di Sant’Ivo alla
Sapienza è opera della maturità artistica del Borromini. Inserita nel corpo edilizio del Palazzo della
Sapienza, oggi sede dell’Archivio di Stato di Roma, al termine dell’esedra del cortile disegnata da
Giacomo della Porta, ha una geometria complessa e dinamica. Sulla base rettangolare il geniale
architetto imposta un esagono, all'interno di un triangolo, sui cui lati si trovano le cappelle e le
absidi semicircolari. Sull’esagono centrale si eleva la meravigliosa cupola, il cui tamburo lobato
introduce all’elica della sovrastante lanterna e alla scalinata, oltre le quali svetta l’aerea gabbia in
matallo della croce e del globo.
Piazza Sant’Andrea della Valle – La basilica fu progettata e costruita da Giacomo Della Porta,
Francesco Grimaldi, e Carlo Maderno tra il 1590 e il 1650. I lavori furono finanziati dal cardinale
Alessandro Peretti di Montalto, nipote di papa Sisto V. Nel 1608 Maderno fu incaricato di
completare l'edificio, ampliando il transetto ed innalzando la cupola. Invece la facciata barocca fu
aggiunta tra il 1655 e il 1663 da Carlo Rainaldi.
La facciata, di gusto tardo-barocco, fu realizzata dal 1655 al 1665 da Carlo Rainaldi che ampliò il
progetto originario di Carlo Maderno. In travertino, alta, sontuosa, presenta due ordini di colonne
appaiate e lesene corinzie. Al centro un finestrone sovrasta il portale, mentre ai lati si hanno
nicchie con statue e finte finestre. Le statue nelle nicchie sono di Domenico Guidi (San Gaetano e
San Sebastiano) e di Ercole Ferrata (Sant'Andrea apostolo e Sant'Andrea d'Avellino). La facciata è
caratterizzata da marcati chiaroscuri, dovuti alla abbondante presenza di colonne e cornicioni con
forte aggetto. I lavori per la facciata furono finanziati dal cardinale Francesco Peretti di Montalto,
nipote di Alessandro, l'originale finanziatore dell'opera. La tradizionale voluta di raccordo è
assente nella parte destra, mentre nella parte sinistra è sostituita da un caratteristico angelo con
l'ala alzata, di Ercole Ferrata. Le due statue muliebri sopra la porta sono di Cosimo Fancelli.
La pianta della chiesa è a croce latina con una vasta navata e un transetto poco pronunciato,
fiancheggiata da otto cappelle laterali. Lo schema planimetrico è riconducibile al modello della non
distante chiesa del Gesù, sebbene con alcune differenze: in particolare, le cappelle di Sant'Andrea
della Valle sono meno profonde e sensibilmente più alte, sottolineando così il forte ritmo verticale
dell'edificio.
Due ulteriori cappelle laterali si affacciano sull'abside, ampia e ricca di ori e affrescata da Mattia
Preti con il trittico Crocifissione di Sant'Andrea, Martirio di Sant'Andrea e Sepoltura di Sant'Andrea.
La volta è a botte, affrescata. L'interno della chiesa è fastoso e luminoso, pur mantenendo una
struttura ordinata ed elegante, maestosa, e non stupisce che Giacomo Puccini l'abbia scelta per
ambientare il primo atto della Tosca (anche se la cappella Attavanti di cui si parla nell'opera è
un'invenzione poetica).
La Cappella Lancellotti si distingue per la qualità delle sculture. La cappella è opera di Carlo
Fontana (1670). La prima cappella a sinistra è dedicata alla famiglia Barberini. Fu allestita da
Matteo Castelli dal 1604 al 1616 su commissione del cardinale Maffeo Barberini, che divenne in
seguito papa Urbano VIII. La pala che orna l'altare è di Domenico Passignano (1616). Alla sua
decorazione lavorarono dal 1609, Pietro, Gian Lorenzo Bernini, Cristoforo Stati, Francesco Mochi e
Ambrogio Bonvicino.
La terza cappella a sinistra ospita un dipinto, piuttosto rovinato, eseguito da Giovanni De Vecchi
nel 1614. Il valore di questa opera è simbolico, in quanto ritrae San Sebastiano, la cui chiesa
sorgeva dove ora si trova Sant'Andrea Della Valle.
Secondo la tradizione, Sebastiano fu un valoroso soldato romano, capitano dei Pretoriani sotto
Diocleziano (280). Fervente cristiano, assisteva i martiri nelle prigioni, e per questo fu messo a
morte da Diocleziano. Venne giustiziato dagli arcieri: nell'iconografia cristiana è raffigurato trafitto
da numerose frecce. Narra la leggenda che la matrona romana Luciana trovò il suo corpo proprio
dove ora si erge Sant'Andrea della Valle. Nel IV secolo venne eretta sul sito una piccola chiesa, che
divenne meta di assidui pellegrinaggi.
La cupola, realizzata da Carlo Maderno, è la terza in altezza della città di Roma, preceduta solo da
quella della basilica di San Pietro in Vaticano e dalla più recente cupola della chiesa dei Santi Pietro
e Paolo all'EUR. All'esterno, il tamburo riprende il tema delle colonne binate della cupola di San
Pietro.
È molto luminosa grazie ad un ordine di finestre intervallate da semi-colonne, in numero di otto.
La presenza delle finestre, se da un lato permette l'illuminazione sontuosa che caratterizza la
chiesa, dall'altro rende difficilmente distinguibile il meraviglioso affresco della cupola, realizzato da
Giovanni Lanfranco tra il 1621 ed il 1625. Il lavoro venne condotto in concomitanza, e
probabilmente in competizione, con l'affresco dei pennacchi (o peducci) e del transetto absidale,
con storie di Sant'Andrea, eseguiti dal Domenichino tra il 1621 ed il 1628. La cupola ritrae la Gloria
del Paradiso, mentre i pennacchi rappresentano i Quattro evangelisti. Tra i due artisti, entrambi
appartenenti alla Scuola Carracci, c'era forte competizione, tanto che lo Zampieri accusò Lanfranco
di averlo spinto da un'impalcatura, dopodiché fuggì a Napoli.
Sull'ampia cantoria in controfacciata, realizzata nel 1905 da Enrico Caraffa, si trova l'organo a
canne della basilica, costruito nel 1909 da Carlo Vegezzi–Bossi e Guido Buccolini e restaurato nel
1964 da Leandro Buccolini e ancora nel 1975. Attualmente (2012), l'organo è a due tastiere di 61
note ciascuna e pedaliera di 32 ed è a trasmissione elettrica.
Probabilmente il nome della chiesa si deve al Palazzo Della Valle, che sorge accanto sulla stessa
via, corso Vittorio Emanuele, al numero 101. Il palazzo, realizzato da Lorenzo Lotti (detto il
Lorenzetto, scultore ed architetto legato a Raffaello) intorno al 1517, presenta il nome del
cardinale Andrea della Valle scolpito sopra il portone.
La piazza antistante la chiesa e che da questa prende nome è ornata da una fontana che proviene
dalla scomparsa piazza Scossacavalli, distrutta per i lavori di demolizione della spina di Borgo e la
conseguente creazione di via della Conciliazione. L’autore è Carlo Maderno (1614).
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